Giovani del 2000

Informazione per i giovani del III millennio

ANNO XX - numero III (70)
SETTEMBRE 2018

Direttore
Maurizio Martini
Vice Direttore
Prof. Antonio Quatraro
Redattori
Massimiliano Matteoni
Luigi Palmieri
Giuseppe Lurgio
Sito web
Mario Lorenzini
sede
via Leonardo Fibonacci 5, 50131 - Firenze (FI)
Telefono e fax 055 580523
E-Mail redazione@gio2000.it
Sito internet www.gio2000.it
Tipologia: periodico trimestrale
Pubblicazione registrata presso il Tribunale di Firenze al n. 4197 del 26.06.2000

Gli articoli contenuti nel periodico non rappresentano il pensiero ufficiale della redazione, ma esclusivamente quello del singolo articolista.

Rubriche


Articolisti…cercasi

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3) Gli articoli devono pervenire in redazione entro il 15 del mese precedente l'uscita del giornale; a tal proposito ricordo che le uscite trimestrali sono le seguenti: marzo, giugno, settembre, dicembre; conseguentemente, le scadenze per la presentazione degli scritti sono: 15 febbraio, 15 maggio, 15 agosto, 15 novembre. E’ importante far comprendee che la rivista può uscire nell’arco del mese previsto solo grazie alla puntualità degli articolisti. Agli articoli pervenuti oltre tale termine si applica la procedura seguente:
a) pubblicati comunque, in base alla mole di lavoro della redazione e all'interesse dello scritto;
b) pubblicazione rimandata al numero / ai numeri successivi, sempre come sopra, in caso di articolo non strettamente correlato al periodo temporale e quindi valido anche in futuro;
c) non pubblicato a causa di notevole materiale già presente in precedenza e/o rivista in fine lavorazione;
4) I testi pervenuti in redazione possono essere inseriti nel periodico, cestinati, conservati, in ogni caso non restituiti, senza motivazione comunicata dalla redazione stessa;
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6) Il carattere di stampa del corpo dell'articolo, relativamente al file in formato pdf, è il "Tahoma", dimensione 10 punti. In generale, il layout della pagina è su due colonne, con formattazione giustificata. Questo tanto perché lo scrittore possa utilizzare lo stesso font per calcolare, orientativamente, il numero delle pagine del proprio articolo;
7) L’articolista non è tenuto a calcolare il numero delle pagine del proprio scritto, anche se ciò può essergli utile, al fine della consapevolezza dell’effettiva foliazione del suo scritto, per non scrivere troppo, o troppo poco . Non è tenuto altresì a rispettare lo stile descritto sopra come il carattere e la sua formattazione; gli articoli nel file pdf vengono tuttavia uniformati nel modo seguente:
a) Titolo dell’articolo in font Times New Roman, dimensione 12 punti, stile grassetto. Il titolo deve inoltre essere il più corto possibile;
b) nome dell’articolista in font Arial, dimensione 10 punti, stile grassetto e corsivo;
c) corpo del testo in font Tahoma, dimensione 10 punti, paragrafo allineamento giustificato e testo ripartito su due colonne;
altre personalizzazioni proprie di chi invia lo scritto saranno annullate; naturalmente, l’articolista è libero di scrivere nel modo e nel tipo di formattazione che più lo aggrada, al fine di potersi esprimere al meglio, consapevole del fatto che tali opzioni e scelte verranno perse per adeguamento formale alla struttura della rivista; 8) Requisiti minimi. Per poter essere inserito nel periodico, i canoni indispensabili richiesti sono:
a) scrittura in un italiano corretto e comprensibile; errori grammaticali o di sintassi, come alcuni refusi, saranno corretti o meno a discrezione della redazione. In caso di un’eccessiva presenza di queste inesattezze la redazione potrà decidere se cestinare il tutto o, in caso di contenuto particolarmente interessante, contattare l’articolista proponendogli di riformulare, in toto o in parte, il suo scritto;
b) Assenza di riferimenti espliciti a inclinazioni politiche. La rivista non è schierata o portavoce di una qualsiasi corrente politica. La nostra rivista è apolitica;
c) Rispetto della decenza e della morale, inteso come assenza di offese o termini ingiuriosi e di cattivo gusto, rivolti a figure o persone; è ammessa la satira o la piacevole ironia, se opportunamente dosata;
9) Inserimento in rubrica. L’articolista può indicare la rubrica di appartenenza del suo scritto, diversamente la Redazione inquadrerà di propria scelta l’articolo; L’elenco delle rubriche è riportato vicino al sommario. Gli articoli possono rientrare in una delle categorie ascritte;
10) A pubblicazione ultimata, ossia con gli articoli già inseriti negli spazi dedicati, l’articolista non può chiedere la rimozione, tantomeno la modifica dello stesso o la sua sostituzione con una versione più recente;

Giovani del 2000

In questo numero:

Editoriale
Il pugno arrugginito di Mario Lorenzini
Comunicati
Proposte di viaggio accessibile di Girobussola
Storie di animali domestici di Giuseppe Lurgio
Marco Polo ci porta alle terme di Mario Lorenzini
Un sacco di belle proposte da settembre a dicembre di Girobussola
DONNE NEL BUIO. Un libro in regalo per tutti i lettori di Giuseppe Lurgio
Cucina
Non buttiamo il pane raffermo, riutilizziamolo! di Sonia Larzeni
Lo stoccafisso di Varo di Varo Landi
Cultura
Il “bel scrivere” 4: gli elenchi di Mario Lorenzini
Liquirizia: un vero toccasana per la salute di Giuseppe Servidio
Filosofia
Dialettica della materia pensante di Massimo Scaligero
I Movimenti mondialisti nella storia contemporanea di Renzo Coletti
Elementi di Astrosofia ; scritto originale di Jonathan Hilton
Informatica
Riviste inaccessibili di Mario Lorenzini
Medicina
Novità in Medicina: IX parte di Stefano Pellicanò
Novità in Farmacopea: VIII parte di Stefano Pellicanò
Alimentazione sana nei luoghi di lavoro di Rossana Badaschi
Musica
La musica, una fedelissima compagna di viaggio di Stefania D'Oronzo
Racconti e poesia
Tobia di Silvia Pecchioli
In te di Mila
Il tempo del pittore di Antonella Iacoponi
Il passaggio di Giuseppe Furci
Storie di cani: Tita di Angela Sassu
Portami via di Patrizia Carlotti
Riflessioni e critiche
Vodafone: lo sapevate che… di Mario Lorenzini
La missione dei corrieri di Mario Lorenzini
Caro signor Landi di Francesca D'Alò
Quando l'unione non fa la forza di Mario Lorenzini
Cecità: lottare o accettarla? di Varo Landi
Tempo libero
Marocco: correre scalzi sulle dune di Linda Cavicchi
Intervista ad Anadela Serra Visconti di Giuseppe Lurgio
Per sorridere un po di Giuseppe Lurgio

Editoriale

Il pugno arrugginito

di Mario Lorenzini

Le navi cariche di profughi attraccano, cercando di far sbarcare i propri passeggeri; c’è chi non è d’accordo. Il nostro ministro degli interni dice la sua ma, quanto vale questa parola? L’Europa non aiuta, tergiversa, e come tanti altri, si oppone ai provvedimenti di respingimento dei migranti. Insorgono i partiti dell’opposizione, le associazioni umanitarie, la magistratura e, immancabilmente, i buoni samaritani del momento. La tensione cresce, senza che le cose cambino. E’ l’immobilismo, che fa comodo al sistema, ma non alle persone in difficoltà coinvolte. Dai seggioloni di Bruxelles dove si stendono regole comunitarie che non valgono per tutti, vedi proprio l’accoglienza, non arrivano sostegni, ma dinieghi. Mi dite a cosa serve tutto questo battibeccare tra le istituzioni? Forse ai talk show che ospitano le varie forze politiche? Si parla tanto, confusamente, chi espone le proprie ragioni pare essere nel giusto. Poi si dimentica e non si fa niente. Pensate, abbiamo scordato anche chi c’è al governo perché, come vedete, ha ben poca voce in capitolo. Capisco le opinioni dell’opposizione, i consigli ai quali purtroppo, dobbiamo sottostare da parte della comunità europea ma qui, nella nostra Italia, chi comanda? Il pensiero che gli italiani hanno espresso formalmente eleggendo la coalizione o il partito più forte, che cosa conta a tutt’oggi? Come mai poco o nulla accade? Chi ci rimette sono le persone che ho nominato prima, quelle con problemi. Attenzione! Non mi riferisco ai migranti o solo a loro; ci sono anche gli sfollati sotto il ponte di Genova. E tutti quelli che non hanno ancora un alloggio dall’ultimo terremoto. E chi non lavora più per motivi di riorganizzazione dell’azienda, ecc. Come ha detto qualcuno, i migranti non sono il problema. Io direi che è proprio così. Vista l’ambiguità della nostra lingua, si può intendere in due modi: facciamoli scendere tutti, anche se non hanno un lavoro e una casa, ci pensano le cooperative sociali (che prendono sovvenzioni ma che poco danno ai loro assistiti). Oppure, proprio perché i migranti non sono il problema, lasciamoli pure lì, a tempo indefinito, rispediamoli da dove vengono o al resto dei paesi membri. Pensiamo al vero problema allora, cioè a tutte quelle categorie che ho menzionato prima. Non abbienti, a causa del fallimento della propria attività, gente colpita da calamità naturali che, ugualmente ai migranti, non ha un tetto. Insomma non si riesce a prendere una posizione. Per meglio esemplificare, c’è chi perde tempo, senza assumere un comportamento definito e chi invece, insiste nel suo atteggiamento, sfidando i colossi della politica inerte. Pare però che nessuna di queste posizioni sia conveniente. Chi fa il finto diplomatico, attendendo che gli altri si muovano per primi, non è più un saggio, è solo un organo che non agisce, e non solo Dio sa quanto c’è bisogno d’azione in Italia. Chi invece mantiene una linea cosiddetta “dura” ma coerente, viene addirittura tacciato di ideologia fascista. La politica sta generando dei forti attriti (vergogna!), benché la sua funzione sia quella di mediare, trovare una soluzione, in maniera il più possibile rispettosa delle parti e dei soggetti in essere. Quando si dice che ci vuole un pugno di ferro per risolvere i problemi forse le varie opposizioni potrebbero guidare, indirizzare questa forza, non rovinare tutto; il processo di ossidazione che perpetuano alcuni partiti non porta da nessuna parte. Non facciamo arrugginire il nostro paese. Impareremo mai ad essere buoni politici e non chiacchieroni da salotto?


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Comunicati

Proposte di viaggio accessibile

di Girobussola onlus

Cari amici, Ve l’avevamo promesso! Ecco nuova fiammante la proposta di viaggio a Berlino! Dal 27 settembre al 1 ottobre, nella città in cui è passata la storia d'Europa! In collaborazione con gli amici dell’Associazione ONLUS NoisyVision, questo viaggio ci porterà tra le tante facce di una capitale in perenne mutazione, dai traumi del ventesimo secolo alla rinascita degli ultimi anni. Particolarità di questa occasione sta anche nel fatto che avremo come guida d’eccezione Dario Sorgato, berlinese d’adozione, ipovedente e ipoacusico, fondatore della stessa NoisyVision, che accompagnerà i visitatori in un viaggio dentro la vita di un berlinese con disabilità visiva. Esploreremo le svariate idee di città su ambo i lati del muro, ci avventureremo fra bunker sotterranei e monumenti avveniristici, banchetteremo con delizie turche e autoctone lungo il canale, conosceremo il volto della grande Nefertiti, e scopriremo i tanti modi in cui i berlinesi spendono uno dei loro beni più apprezzati: il tempo libero. Cinque giorni all'insegna delle sorprese che questa irrequieta e vivace città ha da sempre in serbo. Contributo: 850 euro con accompagnamento, 590 senza; da aggiungere solo il volo aereo (con possibilità ad oggi ancora molto economiche!) e vitto. Il pernottamento è incluso (camera doppia con servizi in camera)" E rinnoviamo le proposte ancora disponibili: Gaeta dal 20 al 27 agosto: mare, sole ed escursioni, mozzarelle e tielle per un relax non pigro! Costi: 850€ più vitto e notti. La doppia in hotel viene 100€ per notte. Se ci state, cerchiamo una casa e dovremmo spendere di meno, ma fatevi vivi presto! Norvegian wood dal 27 luglio al 5 agosto - dalle soluzioni avveniristiche di Oslo alla natura selvaggia del resto della norvegia. Costi: € 1950 a persona. Con tuo accompagnatore 1650. Più volo, vitto e pernottamenti: 500-700€ in camera doppia. Guatemaya e Belize dall'8 al 22 dicembre - la cultura maya e i caraibi, tra mercati indigeni, le vicissitudini storiche, la condizione attuale, l'artigianato, la spiritualità e la musica dei discendenti degli antichi Maya Costi: 2690€ (2290 con tuo accompagnatore, a persona, vitto compreso tranne 5 pasti, +aereo. Per informazioni e prenotazioni: Marta - 320 25 19 115 Paolo Giacomoni 051 614 28 03 - 334 83 00 187


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Storie di animali domestici

di Giuseppe Lurgio

Cari lettori e lettrici. Vorrei rivolgere un appello a chi di voi possiede un cane, che sia un cane guida o un semplice cane da compagnia un gatto o un qualunque animale a cui siete affezionati, non ha importanza, purché sia protagonista di una storia particolarmente significativa come potete ad esempio leggere nel racconto che troverete più avanti e che si intitola "Tita". Naturalmente ci potete inviare anche uno scritto dove si parla del vostro amico a quattro zampe raccontando emozioni, gioie, dolori e quant'altro esso suscita in voi. Chiameremo a tal proposito questa serie dedicata ai nostri amici "Storie dei nostri amici animali". Se vi va l'idea di scrivere un bel racconto fatelo al più presto senza timidezza e inviatelo alla nostra redazione all'indirizzo e-mail redazione@gio2000.it


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Marco Polo ci porta alle terme

di Mario Lorenzini

A Montegrotto, provincia di Padova, si trova l’hotel Marco Polo, splendida struttura che offre, oltre a uno stabilimento termale integrato, una serie di servizi di notevole interesse. Le stanze, modernamente arredate, sono accoglienti e dotate di quanto richiesto per assicurare confort agli ospiti: bagno con doccia, phon, frigo, aria condizionata e tv LCD con SAT sono solo alcuni degli accessori che contribuiscono al benessere dei clienti; un kit spa, composto da accappatoio, telo e ciabattine, e un set di cortesia bagno, rendono ancor più gradevole il soggiorno. Potrete trovare due piscine comunicanti, una scoperta, utilizzabile come solarium nel periodo estivo; Adiacente alla stessa il parco attrezzato con lettini e divanetti, un plus di sicuro effetto che completa il complesso. Con particolare riferimento a bellezza e salute del corpo, non mancano trattamenti eseguiti da professionisti qualificati come massaggi curativi, rigeneranti, rilassanti, ecc., con l’adozione o meno di sostanze biologiche di alta qualità, oltre a un piccolo spazio con strumenti per il fitness. Al piano sottostante la piscina sono collocate la sauna, la grotta termale e il percorso Kneipp utile alla circolazione sanguigna. E che dire della cucina? Dopo un ricco buffet il maitre vi proporrà un variegato menu, culminato dal dessert. Dopo aver iniziato la giornata con una gustosa e ricca colazione dolce o salata. Tra la reception e la sala da pranzo trova posto il bar con un ampio spazio dove le persone possono intrattenersi ai tavolini, spesso anche con serate a sfondo musicale. Credo che le tre stelle stiano davvero strette al Marco Polo terme, vista la mole e il pregio di ciò che fornisce. Ma il punto di forza che sostiene il tutto è sicuramente il personale: dal bancone informativo, alla zona bar, alla sala da pranzo, risulta pressoché impossibile non trovare doti come simpatia, cortesia e disponibilità. Tutto questo, unito alla posizione favorevole, vicina ai colli euganei e a pochi passi dalla stazione ferroviaria, ne fa un punto di riferimento per le vacanze relax di ognuno. Essendo stato in questo albergo più volte con mia moglie, e con esperienza positiva riscontrata anche da nostri amici, posso dire, con cognizione di causa, che qui, la ricettività per le persone disabili visive, e per tutti in generale, è al top. Non ci siamo sentiti né a disagio, né in difficoltà. Come detto sopra, la preparazione del personale, il suo rapporto con la clientela, ci hanno dimostrato un ottimo feedback. Ragion per cui, mi sento di raccomandare caldamente l’hotel terme Marco Polo a tutti i lettori della rivista. Per informazioni: www.hotelmarcopoloterme.it V.le Stazione, 12 - 35036 Montegrotto Terme (PD) - Italy ?+39 049 793640


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Un sacco di proposte da settembre a dicembre

di Girobussola onlus

Cari amici, Infuocati dall'entusiastica risposta che abbiamo ricevuto per le nostre ultime proposte, specie per Berlino e per Gaeta, nonché, naturalmente, dal caldo di questi giorni, abbiamo varato un nutrito calendario da settembre a dicembre che riportiamo qui sotto.. Dopo il calendario, trovate brevi descrizioni e costi per ognuno dei viaggi proposti. Agli interessati, che ci scriveranno o ci chiameranno per telefono, invieremo invece il programma dettagliato. Tutti i costi sono pensati per 4 partecipanti; se vieni con un tuo accompagnatore, il contributo a persona è più favorevole; ogni attività, nonché l'intero viaggio sono appositamente studiati perché chi non vede possa goderne appieno. Per facilitare la ricerca, prima di ogni descrizione troverete un asterisco. Ecco allora il CALENDARIO VIAGGI, da settembre a dicembre 2018 Siena città delle stelle, dal 7 al 9 Settembre Cilento e Costiera Amalfitana, dal 17 al 23 Settembre oppure solo Costiera Amalfitana, dal 20 al 23 Settembre Napoli, dall'11 al 14 Ottobre Venezia, dal 18 al 21 Ottobre A grande richiesta! Berlino bis, dal 31 Ottobre al 4 Novembre Bologna, dal 7 al 11 Novembre Lisbona-Porto, dal 14 al 18 novembre Guatemala e Belize, dall’8 al 22 dicembre — Ecco invece qualche informazione su ognuna delle precedenti proposte: * Siena Città delle stelle, 7-9 settembre: Gli studi e le analisi urbane dell’Arch. Mario Tassoni, pubblicate nel suo libro omonimo "Siena città delle stelle" hanno rivelato lo stretto rapporto tra gli assetti urbanistici di Siena e gli assetti celesti, sia sotto il profilo formale che simbolico. Visiteremo la città assieme all'architetto, mediante esperienze tattili in diversi luoghi della città, attraverseremo edifici, fonti battesimali delle contrade, chiese, oratori, porte e assi viari che formano un disegno astronomico, rendendo Siena la custode di pietra delle leggi dell’universo. Un itinerario tra filosofia, storia, architettura, astronomia, arte e folklore. Costi: 400€, (300 con tuo accompagnatore), a persona, più vitto e alloggio. Nel costo è compresa una cena in ristorante tipico. Hotel: 40-50€ a notte, posto in doppia. — * Costiera Amalfitana dal 20 al 23 settembre: tra terra e mare, Cene di pesce, botteghe di insigni ceramisti, laboratori di marmellate e pasticceria, l'arte antica degli impagliatori, le superbe vestigia della Campania Felix dei romani e i santuari di quando Amalfi era repubblica marinara. Poi la mozzarella, le alici... passeggiando nel profumo immenso dei limoneti! Costi: 585€, (445 con tuo accompagnatore), a persona, compresi l'alloggio in doppia e la cena del primo giorno. Escluso il vitto degli altri giorni. * Per chi lo desidera, sarà possibile aggiungere a questi quattro giorni una permanenza in Cilento dal 17-20 settembre: mare, relax, mozzarelle ed esperienze subacquee opzionali, prima in piscina, poi al mare, seguiti e accompagnati da istruttori professionisti. Costi comprensivi dal 17 al 23 settembre (Cilento + Costiera Amalfitana): 1085€, (790 con tuo accompagnatore), a persona, più una cena e alloggio ad Amalfi +100€ opzionali per le esperienze subacquee. Hotel in Cilento: 40-50€ a notte in doppia. — * Napoli 11-14 ottobre: un entusiasmante tuffo nella tradizione e folklore partenopei. Visiteremo il centro storico più esteso e ricco di chiese del mondo, i decumani e la via dei presepi con le sue botteghe artigiane, riscopriremo la Napoli sotterrata dei greci e dei romani nel laboratorio di archeologia degli scavi di San Lorenzo Maggiore, incontreremo un antico artigiano del cammeo della tradizione torrese, ci addentreremo nella mitica città perduta di Pompei, proveremo a penetrare le bizzarre tradizioni a cavallo tra sacro e profano e naturalmente faremo diverse degustazioni tra pizze, babà, sfogliatelle, mozzarelle e limoncelli, accompagnati dalle sonorità tipiche della musica napoletana. Costi: 550€, (450 con tuo accompagnatore), a persona, inclusi i pasti. Escluso l'alloggio. Hotel: 30€ a notte in doppia. — * Venezia, 18-21 ottobre: quattro giorni per sperimentarsi in prima persona a soffiare il vetro a Murano, remare alla veneziana tra i rii del centro, gustare il caffè come Goldoni, visitare laboratori delle maschere di uno dei più celebri carnevali del mondo, poi a bere e mangiare nei bàcari, dove i turisti normalmente non vanno! E sabato pomeriggio andiamo al Guggenheim per il progetto Doppio Senso: una magnifica occasione multisensoriale per scoprire l’arte del XX secolo! Su questo viaggio abbiamo anche un video: https://www.youtube.com/watch?v=Ct10GmyPV8g Costi: 450€, (350 con tuo accompagnatore), a persona, più vitto e alloggio. Hotel: 70-100€ a notte in doppia. — * Berlino bis, dal 31 ottobre al 4 novembre: la città in cui è passata la storia d'Europa! Questo viaggio ci porterà tra le tante facce di una capitale in perenne mutazione, dai traumi del ventesimo secolo alla rinascita degli ultimi anni. Esploreremo le svariate idee di città su ambo i lati del muro, ci avventureremo fra bunker sotterranei e monumenti avveniristici, banchetteremo con delizie turche e autoctone lungo il canale, conosceremo il volto della grande Nefertiti, e scopriremo i tanti modi in cui i berlinesi spendono uno dei loro beni più apprezzati: il tempo libero. Cinque giorni all'insegna delle sorprese che questa irrequieta e vivace città ha da sempre in serbo. Costi: 850€, (590 con tuo accompagnatore), a persona, incluso alloggio, esclusi volo e vitto. — * Lisbona-Porto 14-18 novembre: Ad ascoltare dal vivo la nostalgia del Fado, in una taverna, bevendo Porto o Madera, se preferite; a seguire le orme degli Arabi che qui hanno vissuto diversi secoli, ad ascoltare la voce dell'oceano, da quelle spiagge al limite di un continente da cui salparono Vasco De Gama e Magellano quando il Portogallo era una superpotenza, a sentire le stesse onde in quella loro parlata dolce che sa di genovese! Poi saremo al cospetto di monasteri come fortezze e forse scopriremo le cicatrici di una non dimenticata dittatura. Da Lisbona, a Porto a gustare una cucina che mescola i sapori del mare con quelli delle lontane colonie. Costi: 1000€, (750 con tuo accompagnatore), a persona, più volo e vitto. — * Bologna 7-11 novembre: e se credevate che la città vi fosse già nota, vi accorgerete che con noi sarà come scoprirla di nuovo: la gastronomia, certo, ma anche l'impronta medievale del suo centro storico, poi le memorie e le ferite, da quella del museo di Ustica a quella alla stazione del 2 agosto... e non volete passare dal Cavazza? Adesso lì ci sono il museo Anteros con riproduzioni tattili di celebri quadri, e il museo Tolomeo che raccoglie gli ausili che hanno aiutato tanti di noi (e anche altri prima di noi) a superare gli ostacoli del lavoro, dello studio e della vita in autonomia. Costi: 280€, (180 con tuo accompagnatore), a persona, più vitto e alloggio. Hotel: 30-40€ a notte in doppia. — * Guatemala 8-22 dicembre: Un’avventura che vi porterà tra mercati indigeni, la storia, l'artigianato, la cultura e la spiritualità dei discendenti degli antichi Maya, a provare i loro strumenti musicali, la loro arte della tessitura, a pescare, cenare e persino abitare con loro. Parteciperemo alle loro cerimonie, conoscendo piante, animali, bellezze naturali, ma anche i reperti archeologici del passato e le splendide realizzazioni comunitarie del presente, caratterizzate da eco-sostenibilità, sicurezza, solidarietà e uguaglianza di genere. Partecipare a questa esperienza significa anche contribuire economicamente al sostentamento dei piccoli gruppi etnici guatemaltechi. Parte delle attività saranno pagate direttamente ai locali. Costi: 2690€, (2290 con tuo accompagnatore), a persona, vitto e alloggio compresi tranne 5 pasti, escluso volo. — Ringraziamo le associazioni Esplora (Siena, Cilento, Napoli, Venezia), Noisy Vision (Berlino), Sobremesa (Costiera Amalfitana) e The Labyrinth (Guatemala) per la collaborazione offerta nella realizzazione delle proposte che vi abbiamo presentato. Per maggiori informazioni e prenotazioni: info@girobussola.org Luigi - 331 963 93 28 Paolo Giacomoni - 051 614 28 03 - 334 83 00 187 Intanto, comunque, buona giornata Paolo


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DONNE NEL BUIO. Un libro in regalo per tutti i lettori

di Giuseppe Lurgio

Uno come me abituato a scrivere e a parlare di personaggi di vario genere non dovrebbe trovare alcuna difficoltà nel descrivervi un amico che tra l'altro conosco da tanto tempo. Eppure ora che devo parlare di Vito Coviello non so da dove iniziare tanto ci sarebbe da raccontare di lui. A Vito non piace mettersi in mostra e quindi mi limiterò a pochi cenni ma soprattutto voglio spiegarvi il motivo di questo mio breve scritto. Vito è nato a Sarnelli nel 1954. Vive attualmente a Matera, dove e sposato. Diventato cieco 17 anni fa per un glaucoma cortisonico non si e mai arreso e anzi ha intrapreso con buon successo una carriera di scrittore anche autobiografico. Ha già pubblicato un libro che è una serie di racconti è si intitola "I SENTIERI DELL’ANIMA". Suo è anche il libro "DIALOGHI CON L'ANGELO". Il suo ultimo lavoro letterario si intitola "DONNE NEL BUIO", un bellissimo libro dedicato alle donne e del quale Vito ha voluto regalarcene una copia così che anche voi lettori e lettrici potrete scaricarlo e leggerlo direttamente dal nostro sito che è www.gio2000.it alla sezione libri. Naturalmente noi della Redazione ringraziamo vivamente Vito per averci concesso tale onore. Qui di seguito troverete una bella ed esaustiva recensione del libro fatta dalla professoressa di filologia Arjana Bechere, di origine albanese che vive in Italia dal 1998. Bene, termino con ancora un ringraziamento a VITO. A voi lettori e lettrici non mi resta che augurarvi buona lettura! “Donne nel buio” di Vito Coviello, 2018 Recensione La calda voce e il timbro determinante del narratore coinvolge e trascina l’animo in un lungo viaggio di sensazioni, odori, sapori, profumi, essenze, ebrezze di tempi che echeggiano il passato stravolgendo l’attimo del presente e inseguendo il futuro. Ecco, i personaggi che scopri e quasi denudi nella loro interezza sono donne cui il destino pone quesiti e pegni irrefrenabili della loro stessa fragilità a cui la legge della vita non guarda o sente, bensì agisce, cura e guarisce, piaghe e ferite profonde. Si giunge così a conoscere la storia di Maria e la sua solitudine, di Malian l’inno all’amore tra madre/figlio e figlio/genitrice, una dicotomia per nulla scontata e banale. E allora l’amore di Malian per suo figlio e l’attesa maggiore di riconoscersi madre/nonna nel lungo abbraccio della nipotina (donna anche lei ) che eleva ancor di più il titolo del racconto stesso. Udire Malian è come inginocchiarsi dinanzi alla pietas, alla Pietà del marmoreo capolavoro del genio di Michelangelo Buonarroti. Il dramma che conobbe la Vergine che accoglie fra le braccia il figlio è presente nel racconto di Malian quando prega affinché suo figlio le donasse una gioia grande, la piccola creatura che nascerà, la nipote. Questo momento si innalza con l’accostamento dell’immagine d’arte della donna madre di tutte le madri, creatura amata e invocata da tutti gli uomini, da tutti gli esseri viventi, donne, uomini, bambini, ricordata e menzionata con rispetto persino nel corano, la Vergine Maria madre di Gesù Cristo, la rassegnazione da lei vissuta passa in tutti i racconti delle “donne nel buio”, dove però la rassegnazione è pacata e per nulla turbante. Donne presenti come inno di vita. L’amore è il tema principale, è il leitmotiv dei racconti. Non è qui, solo un amore noto tra due amanti, compagni o coniugi ma riguarda tutte le espressioni che il concetto conosce sin dalla sua origine e nascita, così lo ripercorri nei sonetti della scuola trobadorica, nelle rime perfette dei versi d’amore. Ulteriore elemento di analisi è la rappresentazione del sogno/sonno presente nel racconto di Brunella, donna e immagine cara al narratore stesso che la investe del più grande ruolo di guida “virgiliano” al proprio cammino. Un amore quello partito in giovane età appena adolescenti e proseguito avanti con l’arte del corteggiare lento e armonioso, reminiscenze di antichi tempi dotati della pazienza e dell’attesa. Un amore delle segrete stanze freudiane e dell’amor platonico, con richiami onirici e versetti che si uniscono in cerchi di bellezza infinita su chi ode pur non avendo orecchie per sentire e su chi vede pur non avendo occhi per guardare. Il richiamo tra queste due anime è forte come il canto delle sirene omeriche. Brunella rappresenta l’elemento di unione fra Dio e l’uomo, è proprio la forza di questa straordinaria donna che riporta il narratore a conoscere non la chiesa con le sue mastodontiche mura bensì la fede che le mura stesse detengono e riportano il genere umano a ricordarsi del filo iniziato tra il Creatore e l’essere finito. Nell’immagine di questa “donna nel buio” che unisce finito e infinito, Brunella pertanto, occupa il più ampio spazio nella vita dell’uomo narratore, poeta e amico Vito Coviello. Destino e Dio vengono così ad unificarsi uno all’ altro, una contrapposizione davvero minimale, leggera, soave, raccolta infine nel soffice e commovente messaggio de “il treno”. Qui, ancora una volta il personaggio cui l’autore dedica il racconto è sempre una donna, Angela. Il lungo monologo tra la voce narrante, l’io predeterminante e il dialogato diretto con la congiunzione della piccola voce del bambino che coglie l’handicap e lo vive con la massima naturalezza. Ancora qui, scopri l’ironia del narratore, come egli sopravvivi al dolore e alla sofferenza, che reca un nome impronunciabile come la “trabeculectomia” ma che davanti ai bambini presenti sul treno diventa un passaggio naturale una forma ludica intelligente e molto fine, così il personaggio della Marvel personificato dagli occhiali neri di Vito attraggono i bambini che riescono a trasformare il dramma in gioco. Momento questo del viaggio intriso di malinconia, speranza, dolore, vita. Perché in Vito Coviello non leggi altro che l’inno allo straordinario privilegio che ogni uomo possiede ed è quello di vivere anche il buio con una luce interiore che nulla gli occhi potrebbero vedere, toccare e realmente sentire. Con affetto e stima, un grazie perché ci riporti alla sensibilità di una vita troppo spesso data per scontato. Arjana Bechere per Vito Coviello


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Cucina

Non buttiamo il pane raffermo, riutilizziamolo!

di Sonia Larzeni

Ed eccoci di nuovo qui, oramai le ferie estive stanno per svanire e si ritorna alla vita di sempre compreso naturalmente tutto ciò che riguarda il nostro nutrirci! In questo numero vorrei parlarvi di alcune preparazioni a base di pane. Ma in particolare voglio soffermarmi sul pane rimasto in dispensa e che se non si utilizza andrebbe inesorabilmente buttato nella pattumiera. Tutto ciò oltre a essere uno spreco in termini economici e anche una questione morale se ci soffermiamo a pensare a quante persone si sfamerebbero con quel pane che a noi non va più giù. E anche vero che molte massaie riutilizzano il pane raffermo facendo il famoso pan grattato che poi alla fine quando se ne fa tanto va comunque buttato. Ed ecco allora che mi e venuta l'idea di proporvi alcune ricette che prevedono proprio l'uso del cosiddetto "pane vecchio" che se opportunamente trattato e capace di creare preparazioni gustosissime e anche molto economiche che di questi tempi non guasta di certo! Il migliore pane per certe preparazioni resta sempre quello cosiddetto "casareccio" ma va benissimo qualsiasi tipo di pane che sia stato opportunamente conservato lontano da umidità e calore. E buona norma quando si decide che un determinato pezzo di pane non sarà piu usato a tavola tagliarlo a fette o a dadini regolandosi anche lo spessore prevedendone l'uso a cui poi sarà destinato come diciamo cibo di "riciclo". Quindi metterlo in forno a calore moderato così da farne evaporare l'umidità. Quando siete sicuri che sia secco potete riporlo in sacchetti di carta in luogo asciutto ma non per troppo tempo. Bene dopo queste premesse che mi sembravano d'obbligo vado a proporvi qualche bella idea che oltre a essere buona e salutare e anche ad effetto! *) Partiamo allora con un primo piatto dove si andrà ad usare del pane sbriciolato grossolanamente. Pasta alle acciughe con pane sbriciolato Ingredienti per quattro persone: grammi 350 di vermicelli o un altro tipo di pasta a piacere) due tazze di pane semi raffermo sbriciolato non troppo finemente Un pizzico di origano grammi 200 di acciughe salate tre spicchi d'aglio peperoncino a piacere olio, sale e pepe quanto basta Mettete il pane sbriciolato in una teglia, bagnatelo leggermente con olio e fatelo dorare in forno, mescolandolo ogni tanto. Nel frattempo, diliscate e dissalate con cura le acciughe, lavatele, asciugatele e tagliatele a pezzettini. In una pentola con abbondante acqua salata in ebollizione, fate cuocere la pasta che scolerete quando è ancora al dente. In un tegame piuttosto grande, fatevi soffriggere senza bruciarlo l'aglio. Quindi, unitevi le acciughe, l'origano e il peperoncino. Fate insaporire il tutto, mescolando ogni tanto. Poi, togliete l'aglio. Scolate i vermicelli o la pasta che avevate scelto e fateli saltare in padella con le acciughe. Cospargete con una macinata di pepe, unitevi la mollica e, dopo aver dato una buona mescolata, servite subito. *) E ora passiamo a una vera prelibatezza anche se preparata con il pane rimasto in dispensa! Gnocchi di pane alla veneziana Ingredienti per 6 persone: Per preparare gli gnocchi: 500 grammi di pane raffermo 100 grammi di farina 100 grammi di pancetta 1 cipolla non troppo grande 1 mazzetto di prezzemolo 0,5 l di latte intero 3 uova 0,5 dl di olio extravergine di oliva 30 grammi di burro sale quanto ne basta. Per condire gli gnocchi: 1,5 l di brodo di carne ( si può preparare anche con il dado) 100 g di parmigiano grattugiato. preparazione Mettete a bagno il pane spezzettato grossolanamente nel latte e fatelo ammorbidire. Intanto tritate la pancetta, la cipolla e il prezzemolo e metteteli a rosolare in una piccola casseruola con l’olio e il burro. Strizzate molto bene il pane e versatelo in una terrina, unite il soffritto, la farina, facendola cadere da un setaccio, e mescolate. Infine inglobate le uova, uno alla volta, e salate leggermente: dovrà risultare un impasto piuttosto consistente. Eventualmente aggiungete altra farina. Formate delle polpettine grandi come una nocciola e accomodatele su un canovaccio infarinato. Portate a bollore il brodo e lasciatevi cuocere gli gnocchetti di pane, poi versate tutto in una zuppiera e portate in tavola, servendo a parte il parmigiano grattugiato. *) In questa ricetta conviene usare del pane non troppo vecchio e che abbia ancora un po di morbidezza. Pane farcito e fritto. Ingredienti per 4 persone: 8 fette di pane casereccio leggermente raffermo 600 grammi di funghi misti 250 grammi di carni miste tritate (manzo, tacchino, prosciutto cotto, salsiccia) uno spicchio d’aglio un ciuffo di prezzemolo 2 uova pangrattato quanto basta 2 cucchiai di olio extravergine d’oliva olio per friggere sale, pepe quanto basta. Preparazione Pulite i funghi e tritateli finemente insieme allo spicchio d’aglio sbucciato. scaldate l’olio extravergine in una padella antiaderente, unite il trito preparato e cuocete per 4-5 minuti a fuoco basso, mescolando spesso. Regolate di sale, pepate, aggiungete il misto di carni tritate e il prezzemolo, pure tritato; lasciate insaporire il tutto per circa 5 minuti e togliete dal fuoco. Eliminate la crosta alle fette di pane e suddividete il composto di carne e funghi su quattro fette che coprirete con quelle rimaste in modo da ottenere dei panini. Rompete le uova in una ciotola, sbattetele con una forchetta, immergetevi i panini preparati, sgocciolateli e passateli subito nel pangrattato. Scaldate abbondante olio per friggere in una padella, tuffatevi i panini preparati e friggeteli finchè saranno dorati e croccanti. sgocciolateli su un foglio di carta assorbente, salateli e serviteli ben caldi. ps. Conviene infilzare le due fette di pane con degli stuzzicadenti per evitare che durante la fase di frittura si possano aprire. *) Questa ricetta si distingue per la sua estrema semplicità e per il sapore veramente particolare. Pasticcio di pane. Ingredienti per quattro persone: Dodici fette di pane semi raffermo tagliato a fettine tipo pancarrè 140 grammi di fontina tagliata a fette tre uova grammi 250 di panna da cucina tre cucchiai di formaggio grana grattugiato burro, noce moscata, sale e pepe. Preparazione Disponete in una pirofila ben imburrata e possibilmente di forma quadrata o rettangolare metà del pane. Copritelo con fette di fontina in uno strato compatto, quindi sistemate il panE rimasto. Sbattete le uova, incorporatevi la panna, salate, pepate e insaporite con una grattata di noce moscata. Versate sulla preparazione, cospargete di grana e mettete la pirofila in forno a 200 gradi per 35 minuti. *) Ora invece prepareremo delle ottime polpette! Polpette di pane vecchio Ingredienti per 6 persone: grammi 500 di pane casareccio raffermo tre uova grammi 200 di parmigiano grattugiato grammi 200 di mortadella oppure di prosciutto cotto due cucchiai di prezzemolo finemente tritato pane grattugiato circa 100 grammi latte, noce moscata, sale quanto basta. Preparazione Tagliate il pane a pezzettini e lasciatelo, a bagno nel latte finché si è ammorbidita anche la crosta. In una terrina amalgamate il parmigiano, la mortadella o il prosciutto cotto tritati, le uova, il prezzemolo, una grattugiata di noce moscata e un pizzico di sale. Aggiungete all'impasto ottenuto, il pane ben strizzato e mescolate a lungo, amalgamando bene tutti gli ingredienti. Se l'impasto dovesse risultare troppo molle aggiungete del pan grattato. Con il composto, fate delle polpettine che rotolerete nel pan grattato e fatele friggere in una padella con abbondante olio fumante. Scolate le polpettine dall'unto eccessivo e servitele tiepide. *) Questa preparazione veramente semplicissima da eseguire vi assicuro che e davvero una bontà! Insalata mista sul pane. Ingredienti per 4 persone. 400 grammi di pane raffermo 3 carote medie un cespo di insalata 250 grammi di mais conservato al naturale 200 grammi di mozzarella 6 pomodori rotondi da insalata 1 cucchiaio di capperi dissalati 10 olive verdi e 10 olive nere snocciolate e tagliuzzate grossolanamente origano, sale, pepe 5 cucchiai di olio 3 cucchiai di aceto. Preparazione: Tagliare il pane a pezzettini non troppo grandi, disporlo su un piatto da portata, quindi condirlo con un'emulsione preparata con 2 cucchiai di olio, 2 di aceto e 2 di acqua fredda. Grattugiare le carote e disporle sul pane. Lavare l'insalata, tagliarla a pezzi non troppo grandi e aggiustarla sul pane. Scolare il mais e versalo sulle foglie. Tagliare la mozzarella a cubettini e i pomodori a listarelle e unirli al resto. Aggiungere ora i capperi e le olive Ultimare con 2 cucchiai di olio, sale, una presa di origano e riporre in frigo fino al momento di servire. *) Questa preparazione piuttosto rustica e molto apprezzata da chi cerca sapori forti e particolari. Pancotto alle erbe Ingredienti per 4 persone: 400 grammi di pane raffermo 2 spicchi di aglio 4 foglie di salvia 8 rametti di prezzemolo 1 rametto di rosmarino 1 peperoncino piccante paprika dolce in polvere 8 cucchiai di parmigiano grattugiato pepe nero 6 cucchiai di olio di oliva sale quanto basta. Preparazione: In un tegame scaldare 4 cucchiai di olio, rosolare il peperoncino, gli spicchi di aglio sbucciati e tagliati a metà, la salvia, il rosmarino e il prezzemolo tritato. Aggiungere il pane spezzettato e rosolare per qualche minuto. Eliminare il peperoncino e l'aglio e versare 1 litro e mezzo di acqua (o brodo), un pizzico di sale, mescolare nuovamente e portare ad ebollizione. Abbassare la fiamma e cuocere per 10/15 minuti mescolando di tanto in tanto. A fine cottura aggiungere la metà del parmigiano, mescolare e distribuire la zuppa nelle scodelline individuali o in mancanza va bene anche il normale piatto. Cospargere con il resto del parmigiano, irrorare con un filo di olio, cospargere con un pizzico di paprika, uno di pepe appena macinato e servire. *) Bene, ora passiamo a qualcosa di dolce ma sempre a base di pane riciclato! Torta di pane e frutta secca Ingredienti per più persone: 300 grammi di pane raffermo mezzo litro di latte 60 grammi di uvetta 60 grammi di mandorle sgusciate 60 grammi di noci sgusciate 60 grammi di nocciole sgusciate 10 cucchiai di zucchero 3 cucchiai di farina di cocco 8 biscotti secchi burro per imburrare 2 cucchiai di pangrattato 1 pizzico di sale 100 grammi di cioccolato al latte 2 cucchiaini di zucchero a velo. Preparazione: Tagliare il pane a pezzettini e metterlo in una ciotola. Coprirlo con il latte e lasciarlo a macerare per almeno 2 ore, mescolando di tanto in tanto.. Mettere a mollo anche l'uvetta in acqua tiepida. Trascorso questo tempo schiacciare con una forchetta il pane, unire l'uvetta sgocciolata, la farina di cocco, 6 biscotti sbriciolati, le mandorle, le nocciole e le noci tritate grossolanamente, 8 cucchiai di zucchero, un pizzichino di sale e mescolare a lungo finchè il composto risulti molto omogeneo. Imburrare una teglia e cospargere la superficie con il pangrattato, scuotendo per rimuovere l'eccesso. Versare il composto nella teglia e livellare la superficie. Cospargerla con 2 cucchiai di zucchero e 2 biscotti sbriciolati e mettere a cuocere in forno già caldo (180/200 gradi) per circa mezz'ora o fino a quando la superficie è dorata. Controllare con uno stecco di legno la cottura: deve uscire asciutto. Levarla dal forno e lasciarla raffreddare completamente. Trasferirla in un piatto da portata. Spezzettare il cioccolato e metterlo in un padellino, aggiungere 2 cucchiai di latte (o di acqua) e fare sciogliere a fiamma bassissima, mescolando in continuazione con un cucchiaio di legno. Versare il cioccolato fuso sulla superficie della torta e cospargere di zucchero a velo lasciato cadere da un colino. Lasciare solidificare il cioccolato prima di tagliare a fette. *) E per finire un altro dolce gustosissimo! Buona preparazione e mi raccomando, sempre più ricicloni! Quadratini di pane alle albicocche Ingredienti per più persone: 200 grammi di pane raffermo mezzo litro di latte 100 grammi di albicocche secche 50 grammi di uvetta 10 cucchiai di zucchero 2 cucchiai di farina di cocco 5 cucchiai di confettura di albicocche 3 cucchiai di rum 1 pizzico di sale 1 cucchiaio di zucchero a velo. Preparazione: Tagliare il pane a pezzetti, metterlo in una ciotola, coprirlo con il latte e lasciarlo a macerare per almeno 2 ore in frigorifero, mescolando di tanto in tanto. Mettere a mollo anche le albicocche e l'uvetta in 2 ciotoline separate. Dopo di che schiacciare con una forchetta il pane, aggiungere le albicocche tritate, l'uvetta sgocciolata, il cocco, lo zucchero, un pizzichino di sale e mescolare molto bene. Foderare una teglia quadrata con un foglio di carta da forno, versare il composto nella teglia e livellare la superficie. Metterla in forno già caldo (180/200 gradi) per circa mezz'ora o fino a quando la superficie è dorata.. Levarla dal forno e lasciarla raffreddare completamente. Tagliarla a quadratini, cospargere ogni quadratino con 1 cucchiaino di confettura diluita con il rum. Trasferire i quadratini di albicocche in un piatto da portata, cospargere conn lo zucchero a velo e servire.


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Lo stoccafisso di Varo

di Varo Landi

Sappiate che a me non piace il pesce, ma ci sono alcune eccezioni. Una di queste eccezioni è lo stoccafisso, che però cucino a modo mio, seguendo la tradizione di mia madre quando era in vita. Chi farà questo piatto ne resterà estasiato per la sua bontà. Si possono fare diverse versioni, da solo o aggiungendo patate, olive o entrambe. Se si usano patate, si tenga di conto che le patate cuociono più rapidamente. La mia ricetta ha bisogno di una cottura prolungata perché l’ammollo è di sole 24 - 36 ore, mentre per le ricette classiche i tempi di ammollo sono molto più lunghi. Ma è diverso il profumo risultante. Pure il gusto è diverso. Io tendo a dare spiegazioni particolareggiate perché devono servire a non vedenti e neofiti. Anche loro otterranno ottimi risultati. Partiamo dallo stoccafisso allo stato secco; non trovandolo si userà quello già ammollato, diverso per tanti aspetti. Basterà mezzo stoccafisso di medie dimensioni. Qui ci sarà una prima sorpresa, nel vedere quanto cresce in peso e volume. Si capirà il vantaggio del prodotto secco. Come fare: mettere su un piano robusto il pesce e prenderlo letteralmente a martellate, per romperne le fibre. Una volta fatta questa operazione, si mette lo stoccafisso in una pentola piena di acqua non salata. Potremo mettere la pentola nel frigorifero, per evitare la presa di odori forti. Con l’ammollo, lo stoccafisso si gonfia e la pelle si stacca. Si risciacqua subito il pesce, poi si riempie nuovamente la pentola con altra acqua fresca. Ora si comincia a togliere la pelle ed eventuale grasso. Poi toglieremo le lische e le ossa. Molte lische si troveranno dentro i pezzi di pesce. Toglieremo tutto ciò che è lische e frammenti di lische. Durante questa operazione si può frantumare la carne in tanti pezzettini anche molto piccoli. La particolarità di questa ricetta è anche quella di uno sminuzzamento fino del pesce. Dopo di che si elimina l’acqua per avere tutto ben pulito. Certamente le mani prenderanno un odore forte, ma gradevole. Lo toglierete con un pezzo di limone e sapone. A questo punto si passa alla cucina: Una bella cipolla secca Una grossa costola di sedano Una grossa carota Due spicchi d’aglio Una manciata di prezzemolo tritato Una foglia di alloro Tre chiodi di garofano Un pezzo di peperoncino piccante attenzione che se si trattasse di Habanero, si deve fare i conti con la sua potenza) Possibile usare pepe, sale 300 gr di pomodori freschi spellati e privati dei semi, o pommarola Mettere in una casseruola sul fuoco, con alcuni cucchiai di olio extravergine di olive, cipolla, sedano, carota triturati. Fuoco adatto per un buon soffritto. Il soffritto è giusto quando la cipolla prende un colorino dorato, per chi non vede, si annusa il profumo. Si mette tutto lo stoccafisso, si ruma bene aggiungendo il prezzemolo. Si fa asciugare con la fiamma poi, quando lo stoccafisso inizia ad attaccare, si può aggiungere mezzo bicchiere di vino bianco, facendolo evaporare totalmente. Dopodiché si mettono subito i pomodori. Si ruma bene. Non deve attaccare niente, eventualmente si aggiunge olio. Si aggiusta di sale. Dopo si copre con il coperchio e, ogni tanto si mescola con un cucchiaio, tenendo sotto controllo il fondo del tegame. Dicevo che la cottura sarà prolungata e quindi, intorno a un oretta. Il sapore sarà molto buono e il pesce risulterà, diciamo, al dente. Con ammollo prolungato lo stoccafisso diverrà più tenero, ma l’odore sarà più forte e, meno gradevole. Io vado con i miei gusti, per cui si può aggiustare. Dicevo che è possibile aggiungere patate o olive. In questi casi ci regoleremo con sale e acqua, perché le patate assorbono acqua che, comunque, deve prosciugarsi. Si mettono le patate in modo che possano cuocere circa 30 / 40 minuti. Di più se si vuole addensare l’intingolo. Note: Questa ricetta prevede un ammollo più breve di quello per altre ricette, perché vuole un profumo più gradevole. Il pesce sarà, di conseguenza, più sodo, quindi con cottura più lunga, ma il sapore ci guadagnerà. A cottura ultimata il liquido sarà ristretto. Perché non gustarlo con una buona polenta? Le mondine fatte al fornello Ho deciso di presentare ora questo argomento, perché la trimestralità del giornale, lo farebbe uscire troppo tardi: seppure in dicembre ci siano anch'ora castagne, queste cominciano a scarseggiare e, ad essere fuori stagione. Il periodo giusto sarebbe quello di ottobre e novembre, mentre le prime castagne saranno verso fine settembre. Le possiamo trovare anche in gennaio, ma un tantino forzatamente. Delle mondine potrei parlarvi molto, perché sarebbe utile averne buona conoscenza che, invece, nella gente, è scarsa. Ho notato che nelle varie sagre delle mondine, vengono fatti errori grossolani, tanto che tantissime volte troviamo mondine bruciate e di cattiva qualità. Per tanti sarà un argomento considerato difficile ma, seguendo le mie indicazioni, tutto sarà facilissimo e sicuro. Mondine fatte in casa? Le mondine si fanno sulla fiamma viva da buona legna, con padella forata ed aperta! Si cuociono bene con fuochi all'aperto, o in un focolare casalingo che ormai è difficile avere in casa. Si, però si può fare diversamente, usando un fornello casalingo a gas. Qualcuno dirà che le mondine si fanno anche in un forno elettrico. Certo! Sempreché ogni castagna venga incisa con un coltello perché il vapore che si genera non la faccia scoppiare. Ma dobbiamo tenere presente, anche, che io mi rivolgo a ciechi ed ipovedenti, per i quali l'uso di padelle aperte, sulla fiamma viva, non è tanto possibile. Gli scettici si preparino a ricredersi, e a fare mondine ottime e facilmente. Useremo la fiamma della cucina di casa, con il bruciatore più grande. Si sporcherà cucina ed ambiente? No perchè in cottura faremo funzionare l'aspiratore e, dopo la cottura useremo un aspirapolvere per risucchiare i residui bruciati. E' necessario attrezzarci. Invece di una padella aperta, acquisteremo una padella chiudibile, con diametro di circa venticinque centimetri, per cuocere circa 600 grammi di castagne, che devono potersi muovere agevolmente, quando si scuotono. Esistono anche padelle motorizzate, ma non le ho provate, per cui si tratta di una opzione da sperimentare. Dobbiamo parlare anche di castagne. perché le buone mondine si fanno con buone castagne. Ma quali sono le castagne buone? La scelta è vasta, ci sono castagne poco consigliabili, come qquelle comuni e miste che spesso si sbucciano male. Poi ci sono i marroni giapponesi che sono grossi, belli ecc. ma che sono poco saporiti e troppo grossi per le mondine. Allora, prendete nota: Carpinesi: castagne piccole, ma molto saporite, direi le migliori; le troviamo in diverse zone della lucchesia, della garfagnana ecc. Ottima zona è quella di Pescaglia. Castagne dell'Amiata. che si trovano facilmente. Poi ci sono le castagne dei colli fiorentini. Tra le migliori ci sono i marroni ed i marroncini di alcune selve toscane e dell'Emilia, in genere provenienti dal modenese. Da non confondere col marrone giapponese. Ottimo sarebbe il marron bono, dal sapore intenso. Tutte queste varietà si sbucciano molto bene dopo la cottura. A volte c'è il problema che la castagna si sbucci spontaneamente mentre cuoce e così, perdendo la protezione della buccia, può bruciare. Ecco, prima dell'acquisto, magari, domandare quale varietà viene proposta. Comunque, i marroni si riconoscono dal colore striato della buccia, tendente al chiaro. Come altra nozione voglio dire che tutti credono che per fare le mondine sia bene fare appassire per alcuni giornni, le castagne al sole. Metterle al sole va bene per alcune pratiche di mantenimento, ma io lo sconsiglio per cuocere le mondine. Vi dico il mio motivo: La buccia appassita, diviene molto dura e in fase di cottura, il vapore trova resistenza a sfogare, per cui la castagna esplode più facilmente. Invece la castagna fresca, ha buccia tenera o la fiamma la rompe prima della bollitura che, quando giunge, sfoga senza esplosione. Dopo questa chiacchierata, siamo pronti a cuocere le mondine: vi darò istruzioni facili ma efficaci. Mettere nella padella un quantitativo di castagne tale che rimanga lo spazio per poterle muovere scuotendole. Posizionare la padella ben centrata sul bruciatore grande, facendo in modo che il suo manico sia posizionato in un modo facilmente ripetibile ad ogni successivo passaggio, I non vedenti saranno facilitati durante la cottura. Accendere a fuoco alto il fornello e l'aeratore. Tenere in quella posizione la padella, fino a che le castagne non cominciano a scoppiettare. Appena smettono, sollevare la padella e, velocemente, farla ruotare di centoottanta gradi e riposizionarla dopo l'inversione di facciata. Effetto: Le prime castagne si sono strinate e cominciano ad avere la buccia lesionata, e sono quelle che hanno preso la fiamma, mentre le altre si sono solo scaldate. Si attende che le castagne ricomincino a scoppiettare,. quando smettono, si solleva la padella e si scuote energicamente, in modo che le castagne si mescolino, Poi si riposiziona la padella dopo avere fatto ruotare il tutto, di 180 gradi. Effetto: Si avranno castagne miste, con buccia intaccata e buccia integra. Poco dopo le castagne riprendono a scoppiettare. quando smettono, significa che la fiamma non agisce più su castagne integre, Per cui si solleva la padella, la si scuote, e la si ruota sull'altra faccia, poi la si riposiziona. Dopo il riposizionamento le castagne riprendono a scoppiettare. Conviene muovere di pochi centimetri qua e là la padella per permettere alla fiamma di entrare in altri fori e agire su altre castagne. Poi si rialza il tutto e si scuote energicamente, invertendo la superfice della padella. Ciò,lo faremo ad ogni inversione. Passaggio dopo passaggio, tutte le castagne avranno la buccia lesionata dalla fiamma e, non potranno più scoppiare. Ad ogni inversione si mescoleranno le castagne più cotte, con quelle meno cotte. Ma, alla fine, tutte riceveranno la stessa quantità di calore. Quando saranno pronte le mondine? Lo saranno quando smetteranno di scoppiettare. Perché non ci saranno più bucce da rompere. Nella operazione, non solo si romperanno le bucce, ma cuoceranno tutte le mondine, perché nella padella si sarà provocata una temperatura elevata e uniforme. Le mondine saranno pronte anche quando diventeranno leggermente annerite. Io, per questo controllo mi faccio indicare da mia moglie o da un vedente. Comunque, il mancato scoppiettio, è già una indicazione sicura. Si deve tenere presente che prolungare troppo la cottura espone al rischio di bruciare tutte le castagne, o almeno quelle fuoruscite dalla buccia. Se si sente odore di bruciato, è possibile che qualche castagna si sia sbucciata e,non sia più protetta. Controllare o far controllare, ed eventualmente portare via le mondine cotte. In genere il tempo di cottura completa si aggirerà intorno ai dieci minuti. Ma ogni bruciatore darà il suo tempo, come influirà anche la grossezza delle castagne e il loro grado di freschezza. Per cui si deve fare esperienza. Le castagne ben cotte avranno la buccia rigonfiata e separata. Le mondine dovranno risultare tenere dentro e leggermente croccanti fuori... La spiegazione può sembrare complicata, ma rileggendo si noterà che in fondo è tutto semplice. Conviene sbucciare subito tutte le mondine, perchè alcune varietà, come si raffreddano, possono sbucciarsi meno facilmente. Un pochino di fuliggine si sarà fatta ma, usando un aspirapolvere con uno spazzolino, elimineremo il problema. Le castagne non usate? Tenetele in un sacchetto di carta, ma in un posto fresco, altrimenti tendono a seccare. Se, invece si conservano all'umido, possono germogliare e saranno buone solo per fare una nuova selva!


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Cultura

Il “bel scrivere” 4: gli elenchi

di Mario Lorenzini

Vi capita mai di dover scrivere un elenco di elementi? Possono essere una lista di istruzioni per il montaggio di un modellino, una lista di ingredienti per una ricetta di cucina, una serie di amici con associati e-mail, pagina facebbook e cellulare. Che si tratti di un argomento o un altro, le soluzioni sono due: scrivere tutto di seguito, separando con virgole; oppure utilizzare gli elenchi. Diciamo subito che la prima opzione è fattibile nel caso in cui gli elementi siano pochi. Quando invece abbiamo a che fare con molti punti da discutere si applica la struttura sopra detta. Facciamo un esempio. Supponiamo di voler elencare alcuni amici, mettendo in risalto una loro caratteristica fisica rilevante, avremo: Mario è molto alto con capelli marroni; Elisa ha i capelli lunghi e biondi; Giovanni è il più piccolo del gruppo, con un viso rotondetto; Maria ha mani affusolate e porta i capelli corti; Ecco già un modo rudimentale per evidenziare le caratteristiche di questi ragazzi. Che cosa notiamo? A differenza di un elenco continuo separato da virgole e senza andare a capo, la leggibilità e migliore. Risaltano in modo più immediato i singoli punti, riusciamo a individuare prima il nome di una persona. Questo era solo un esempio piuttosto breve, ma poniamo di aver avuto 50 o 100 elementi. Saremmo stati facilitati nel rintracciare un dato nome, senza affaticarci. Ogni componenente la lista può essere separato dagli altri con un punto, una virgola o un punto e virgola. A volte si può omettere il segno di interpunzione. A seconda della lunghezza della descrizione di ogni elemento si adopererà una pausa maggiore. Se elenchiamo dei semplici ingredienti per una ricetta non importerà mettere alla fine di ogni rigo alcunché. Se gli elementi sono un po’ più lunghi perché necessitano di una maggiore spiegazione, si adopereranno virgole o punti e virgole. Quando ogni componente della lista si spinge impegnando diverse righe esplicative, in questo caso è bene utilizzare il punto fermo. E’ importante la coerenza. Se, nel vostro scritto, fate largo uso di elenchi aventi elementi diversi ma descritti nello stesso modo, tipo alcune ricette di cucina, usate sempre gli stessi separatori. Se non avete usato punteggiatura nella prima ricetta, fate lo stesso nella seconda e così via. Se avete usato delle virgole a fine di ogni ingrediente, usate una virgola anche nelle ricette successive. Come migliorare l’intelligibilità dei vostri elenchi Interrompere la continuità del testo con una serie di oggetti, ognuno dei quali che se ne va a capo, già contribuisce a rendere l’elenco in evidenza. Ma si può fare di più. Per cominciare si possono aggiungere dei rientri all’inizio di ogni elemento, ecco la differenza: Mario è molto alto con capelli marroni; Elisa ha i capelli lunghi e biondi; Giovanni è il più piccolo del gruppo, con un viso rotondetto; Maria ha mani affusolate e porta i capelli corti; Si sconsiglia di usare la barra spaziatrice per creare distanza alla sinistra della pagina. Questo perché, a seconda dell’interpretazione dei font di stampa su altri sistemi, gli elementi possono apparire incolonnati in maniera errata. Utilizzare il tasto tab per inserire delle tabulazioni. Potete modificare lo spazio definito per ogni tabulazione nelle impostazioni del vostro programma di videoscrittura. Potete altresì digitare più caratteri di tabulazione, ma non esagerate. Rischiate così di posizionare il testo troppo verso destra e, conseguentemente, rendere la lettura sgradevole. Tipi di elenchi Ci sono sostanzialmente due tipologie di elenchi: quelli puntati e quelli numerati. Il primo non fa distinzione sequenziale tra gli elementi; all’inizio di ogni elemento, prima della tabulazione, ci sarà un simbolo, sempre lo stesso. Avete presente il tondino nero o quello vuoto, o il rombo anteposto nelle liste? Nel secondo tipo, prima dell’indentazione si pone un numero progressivo. Questo facilita ulteriormente il reperimento, ad esempio, del punto 24. Potete sostituire i numeri con altri caratteri che indichino progressione, ad esempio lettere, maiuscole o minuscole e perché no? Numeri romani. Questo genere di elenco ha senso anche nell’indicare una serie di azioni da compiere in un ordine stabilito. Riprendiamo l’esempio di una ricetta culinaria. Uovo al formaggio INGREDIENTI: • 1 uovo • Sale • Olio • 1 sottiletta o altro formaggio a fette PREPARAZIONE 1. In una padella dalle dimensioni ridotte far scaldare l’olio; 2. rompere l’uovo e versarlo in padella; 3. girare l’uovo con un utensile, stando attenti che non si attacchi al fondo; 4. aggiungere sale a piacimento; 5. a cottura quasi ultimata mettere una fetta di formaggio, lascianolo sciogliere un poco; Sì, comprendo la notevole difficoltà della mia ricetta… Ecco entrambi i tipi di elenco. Una descrizione di elementi, staccata dal resto del testo, è necessario sapere quali ingredienti servono per la ricetta, tanto per averli, quindi utilizziamo un elenco puntato. Poi, visto che dobbiamo descrivere il processo di realizzazione della ricetta, passo a passo, ecco un elenco numerato. Gli effetti sono stati ottenuti con gli automatismi del software. Evidenziato tutto l’elenco andate a ricercare nel menu la voce elenchi puntati o numerati. Questi saranno applicati immediatamente. E veniamo alla seconda parte dell’articolo, quella in cui ci sono gli errori riscontrati negli scritti pervenuti. ? Cio / Ciò - pronome dimostrativo, col significato di quello. Si scrive con l’accento sulla o e non senza; ? Cosidetto / Cosiddetto – questo aggettivo si scrive con la doppia d e t, a meno che non si scriva, meno usato, in modo staccato, così detto; ? Finchè / finché – questa congiunzione si scrive con l’accento acuto e non quello grave; ? Chè / che – in qualunque modo sia usata, congiunzione, pronome, ecc., non si pone l’accento; ? Sopranome / soprannome - Questo sostantivo è stato scritto con una sole n. Dimenticanza?; ? Stò / sto – il verbo stare, io sto, lei sta, non si accenta; ? Mè / me – anche il pronome me non si accenta; ? Riusciì / riuscii – il passato remoto, modo indicativo, del verbo riuscire, non prende l’accento sull’ultima i; ? Udiì / udii – Lo stesso vale per il verbo udire; ? Sovracarico / sovraccarico – La parola si scrive con la doppia c, non sovracarico; Ho approfittato per sfoggiare anche qui un altro tipo di elenco puntato. Mi raccomando, attenzione alla grafia.


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Liquirizia: un vero toccasana per la salute

di Giuseppe Servidio

In Calabria si dice che le sue radice arrivano all'inferno. Ma sono proprio queste che, una volta trasformate, ci regalano tante diverse leccornie. A guardarle così nessuno sospetterebbe che quegli innocenti boccioli azzurrognoli che macchiano la terra di chiazze cobalto nascondono un segreto che si chiama liquirizia. Proteggono le lunghe radici fibrose che scendono giù fra i dirupi del litorale jonico cosentino. Sono lì almeno da 35 secoli, infilati nella roccia fra la sabbia e l'arggilla, un premio della natura che non ha bisogno di di vanga e sudore. Sì perche la pianta della liquirizia, il cui nome scientifico è _Glycyrrhiza _gabra, cresce spontanea, senza particolari cure e concimazioni. L'unico intervento è la raccolta che si fa fra ottobre e marzo. Dalla terra alle caramelline il passo è breve, un giro di macchina e in fabbrica si compie il miracolo delle mille delizie. Forse è per questa generosità che la storia della sua trasformazione è molto antica ed è legata alle vicende del latifondo e delle famiglie feudatarie meridionali. E' sulle sponde levantine dello Stivale fra Catanzaro e lo Jonio che cresce quella più buona, certificata perfino dall'Enciclopedia Britannica che le conferisce il primato mondiale. L'elevato tasso di glucoside, uno zucchero naturale contenuto nel succo della liquirizia calabrese,la rende più gradevole al gusto, e con grandi proprietà terapeutiche. La migliore sul mercato, insomma, ma no da ora. Veniva consumata 1.500 anni prima di Cristo, e ne parla pure Ippocrate come corroborante e rimedio contro l'impotenza. Le sue radici, tanto lunghe che si diceva arrivassero all'inferno, pur contribuendo ad azzotare il terreno, dovevano essere estirpate prima di procedere a qualsiasi coltura. La raccolta, in un'economia strettamente dipendente dall'agricoltura, consentiva così di sfruttare il campo nell'anno di riposo della rotazione, dando lavoro anche ai contadini provenienti dalle zone più depresse della regione. In Calabria c'è una famiglia che più di altre ha stretto il suo nome alla storia di questa pianta. Amarelli, come dire caramelle, confetti e piccoli piaceri. Una dinastia che dal 1731 produce liquirizia pura, costituendo una parte importante dell'economia di questa terra, identificandosi con essa fino a trasformarla in un simbolo sostenibile, ammirato dagli osservatori di tutto il Mondo. Dal 1731 i Baroni Amarelli impiantarono a Rossano il loro primo concio alternando alla cura del patrimonio agricolo anche un forte impegno militare e politico. Già nel quattordicesimo secolo i calabresi avevano imparato a masticare il succo della liquirizia, non solo per diletto, ma anche per placare in certi momenti i morsi della fame. Un ricordo della cultura materiale, un anello essenziale del patrimonio genetico di questo lembo di Mezzogiorno assediato dal latifondo, e illuminato solo dai i vincoli sentimentali di alcuni casati. Nel 1800 con il miglioramento dei trasporti e con i privilegi e le agevolazioni fiscali concessi dai Borbone, l'attività imprenditoriale della liquirizia cominciò a fornire redditi cospicui. Se ne innamorarono i francesi che diffusero la moda delle pasticche da camera fra gli aristocratici europei. Faceva tendenza l'uso ricordato nelle memorie di Giacomo Casanova di "prenderne a letto una o due caramelline per rinfrescare l'alito prima di un incontro amoroso". Il diciottesimo secolo segnò il monopolio assoluto della liquirizia calabrese. Le raccolte di fondi del Banco di Napoli fino al 1855 qui arrivavano fino a 140 milioni, contro i 452 dell'intera Italia. E le ferrovie Sabaude erano alimentate per un terzo proprio dal trasporto della liquirizia nel resto del paese e dell'Europa. Nel 1890 la resa complessiva era di 5.000 quintali, trecento addetti e cinque industrie, tre in Calabria e due in Abruzzo. Limportanza del prodotto dipendeva, oltre che dal consumo diretto, anche dall'utilizzo dell'aroma nella concia del tabacco, e per l'industria farmaceutica. Profumiera e dolciaria. "Nel 1907 Nicola Amarelli capì per primo che c'era bisogno di rinnovamento. Introdusse nella lavorazione due caldaie a vapore destinate rispettivamente a preparare la pasta di radice e ad estrarne il succo, mentre una pompa a motore da 200 atmosfere metteva in azione i torchi idraulici per comprimere di nuovo la pasta e ricavarne altro liquido", ricorda Manuela Piancastelli, biografa della famiglia. Ma è fra il 1935 e il 1940 che la liquirizia calabrese rischiò davvero l'estinzione. La minaccia aveva il volto della Corte di giustizia alimentare degli Stati Uniti: una sentenza conferiva alle radici l'esclusiva farmaceutica di edulcorante, scombinando il mercato italiano. In piena contrazione dei consumi, gli americani erano disposti così a pagare fino a quattro volte il prezzo della liquirizia, pur di accaparrarsi l'intera raccolta. "I proprietari delle fabbriche provarono a stare dietroa questa politica folle dei prezzi, ma non ce la fecero. Uno ad uno i conci chiusero le porte per sempre. I Baroni Amarelli per fronteggiare le allettanti proposte che giungevano dagli agenti dei colossi dolciari statunitensi, cominciarono a svendere terreni e proprietà. Fecero bene perchè con la guerra gli americani andarono via, nel frattempo fu modificata la legge su i prodotti farmaceutici e furono consentiti altri edulcoranti più economici", spiega Manuela Piancastelli. La guerra finì. E ripresero i consumi, anzi esplosero. Le sorti dell'azienda passarono nelle mani di don Geppino e di suo fratello Fortunato, i quali anche difronte ad una incombente crisi decisero di non mollare. Anzi fecero di più, ammodernarono gli impianti e moltiplicarono la varietà dell'offerta. E' in quegli anni che si affaccia sulla soglia della famiglia, una giovane napoletana fresca di laurea in legge. Si chiama Sina Mengano e da lì a poco sposerà il figlio di don Geppino, Franco. Insieme al cognato Giorgio si farà carico di rispolverare il blasonato marchio e di puntare sulla comunicazione per rilanciare in grande stile il valore della liquirizia. "Non è stato difficile", sostiene. "Il nostro prodotto è il frutto di uno atavico attaccamento al territorio, e di una straordinaria capacità di impresa fin dall'anno 1000". Chi ha scommesso sulla tradizione, senza rinunciare a investire in tecnologie e in ricerca, è Natura Med, una giovane realtà imprenditoriale nata a Cosenza da meno di dieci anni, ma con progetti che affondano stimoli e passioni nell'industria Zagarese, un marchio del 1886. Il nuovo management dal 1998 ha posto di nuovo in primo piano la qualità del suolo calabrese, consolidando oggi un eccellente bilancio di 100 tonnellate di estratto di radice. "La missione è assicurare non solo l'assoluta integrità del prodotto, ma anche il rispetto dell'ambiente, a monte ed a valle del ciclo produttivo", afferma il presidinte Antonio Massarotto. "Ecco perché l'azienda si considera parte integrante di un progetto economico in grado di coniugare produttività, ecologismo, innovazione e sviluppo". Le tecniche di lavorazione tradizionali ispirano ancora oggi il processo industriale. Una macchina trituratrice sfilaccia le radici accuratamente pulisce. Una pressa provvista di filtri le riduce in poltiglia. Un getto continuo di acqua bollente ne estrae il succo concentrato. Fino alla vasca finale dove una piccola mola lo rigira per dargli maggiore consistenza. "Certo non c'è più il fuoco diretto sottola grande conca in cui bolle la nera pasta, né ci sono più uomini che girano faticosamente la liquirizia che si fa sempre meno fluida, ma c'è ancora un mastro liquiriziaio che che controlla l'esatto punto di solidificazione. Solo una grandissima esperienza, che si tramanda da secoli di padre in figlio, può riuscire a far comprendere, senza errore malgrado le quotidiane variazioni atmosferiche, il momento in cui il composto ha raggiunto la durezza ottimale", afferma Sina Amarilli. Per ottenere liquirizia gommosa o aromatizzata alla pasta cotta si aggiunge la gomma arabica o altri aromi naturali. Per la liquirizia pura nei vari formati, la fase successiva è quella del raffreddamento: un lungo serpente di liquirizia scorre su i binari di una cremagliera; essiccazione in forno. La lucidatura avviene esclusivamente con l'impiego di forti getti di vapore acqueo, senza aggiunta di alcuna sostanza chimica. Le liquirizie, nere, brillanti e seducenti, sono pronte per essere confezionate in eleganti scatolette metalliche che riproducono antiche immagini tratte dagli archivi della casa. Per non dimenticare il perfetto equilibrio fra famiglia, regione ed economia. Nel 2001 è nato a Rossano il primo museo della liquirizia. Cinquecento metri quadrati creati all'interno di uno dei palazzi di famiglia, spiegano gli antichi processi lavorativi, le attrezzature, la fatica e l'ingegno dei contadini calabresi. Un angolo riproduce un vecchio ufficio spedizioni, con le casse di legno, i timbri, le fatture. Agli estremi della galleria da un lato la ricostruzione di un punto vendita ottocentesco, e dall'altro una grande vetrata fa intravedere la lavorazione attuale. La gamma dei prodotti Amarilli comprende tutto quanto si può ricavare dalle 250 tonnellate di radici raccolte ogni anno: il semplice bastoncino di legno grezzo, le liquirizie pure dal profumo naturale o con aggiunta di aroma di anice o di menta, le liquirizie gommose profumate all'arancia e alla viola, la liquirizia confettata, dal classico Bianconero al ricercatissimo Sassolino dello Jonio. Ma anche quelli più fantasiosi come il liquore, il rosolio, la grappa, il cioccolato, i biscotti, i torroncini, i tagliolini, l'acqua di colonia e lo shampoo-doccia. Una vera bandiera è per nature Med la certificazione biologica, la tracciabilità della filiera, una certezza garantita su diverse linee di distribuzione: dolciaria, liquori, farmaci, erboristeria. Tronchetti, scagliette, briciole aromatizzate al limone o all'anice, rotelle sono invece rivolti ad un pubblico giovane e curioso. "La ricerca è uno dei nostri punti di forza. Cerchiamo di introdurre idee nuove e competitive", spiega Massarotto. "L'imminente concessione della Dop è il risultato del nostro impegno a difesa dei valori della liquirizia calabrese". I mercati esteri più interessati sono quelli europei e statunitensi. Con particolare attenzione ai circuiti farmaceutici (depurativa e disintossicante, per la cura dell'ipotensione) erboristerie (tisane, rimedi per la tosse e mal di gola, gastrite, coliche addominali). In Spagna è considerata un parafarmaceutico. Negli Stati Uniti è un dolcificante ipocalorico. Per tutti è un eccellente coadiuvante della cura del tabagismo. "Noi siamo fortunati. Il nostro prodotto, pur collocandosi fra i beni di lusso, costa poco ed è accessibile a tutti. Soddisfa ma non impegna quasi nulla sotto il profilo economico. E poi il mercato è abbastanza diversificato", spiegano in Amarilli. Solo il 10\100 della liquirizia lavorata in Italia arriva dalla Calabria, il resto dei produttori si approvvigiona in Cina, Pakistan e Turchia. Secondo una stima della Col diretti, ogni anno vengono prodotti in Italia 25 milioni di chili fra caramelline e gommose, pari a 300 mila tonnellate di grezzo, di cui 270 mila di importazione e 30 mila nazionale (quella calabrese è il 75\100). Il grezzo calabrese è il più caro in assoluto, 4,5 euro al chilogrammo con una resa di trasformazione che varia dal 20 al 40\100. La liquirizia è un tonificante e un formidabile corroborante. Grazie ai suoi principi attivi è impiegata anche per le proprietà antistaminiche, antispastiche, per l'iposurrenalismo e per alcune dermopatie. Non fa ingrassare e questo è un merito riconosciuto dai buongustai di tutta Europa. La liquirizia degli estimatori e dei clienti famosi è in continuo aggiornamento. Pavarotti considerava gli Amarilli una irrinunciabile passione. Katia Ricciarelli, Josè Carreras, Lucio Dalla non possono farne a meno prima delle loro performance. Gianni Agnelli amava le scatoline con i chicchi puri all'amenta, inseparabili compagne allo stadio e in Fiat. In gastronomia si coniuga con i dolci, ma anche con tutte le altre pietanze. Lo sanno bene i grandi chef, da Ducasse a Saccarino, che se la tengono stretta nelle cucine, esibendola come una star nei loro preziosi menu.


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Filosofia

Dialettica della materia pensante

di Massimo Scaligero

Dalla dottrina materialistica viene escluso che possa essere conosciuto l'Io come principio autonomo, viene escluso che esista un Io extracorporeo,perché l'Io non cade sotto la percezione dei sensi,mentre è vero tutto ciò che viene percepito mediante i sensi. Ma vero per chi? Per l'Io che non esiste? L'esclusione dell'Io dal primitivo-attivista viene operata mediante la forza di un Io che vuole veramente escludersi e per escludersi deve essere veramente presente come Io. In definitiva egli, mediante le forze dell'individualità, tende a realizzare quella condizione della comunità animale, o dell' 'anima di gruppo" animale -la società-formicaio o la società-alveare - che esclude la presenza dell'individualità. Lo vuole mediante le forze dell'individualità rese estranee alla loro origine,costrette alla non conoscenza del loro principio. Ora, se si vuol dare una definizione dell'ego, ossia dell'Io istintivo,dell'Io legato alla corporeità e tendente a nobilitare anche ideologicamente le sue inclinazioni animali, si dovrebbe appunto parlare di forze dell'individualità rese estranee al loro principio. La privazione del principio della forza a cui pur si ricorre è evidente nel non riconoscere la indipendenza dell'idea dalla materia, mentre si agisce come se questa indipendenza ci fosse, di continuo presumendo di agire mediante idee sulla realtà. Altra forma della contraddittoria privazione è il pensare, l'ideare, il concepire rivolti al noto tema e simultaneamente -come si osserva- il non voler saper nulla del soggetto di tale pensare,ideare, concepire. Questo soggetto è un essere reale? Non è un essere reale, altrimenti tutta la concezione materialistica cade,perché finalmente sarebbe trovato l'essere irriducibile al processo della materia, testimone del divenire materiale, essere autentico in quanto sovrammateriale. Oppure tale soggetto è un'astrazione : ma allora con maggior forza si ripropone la domanda: astrazione di chi? La contraddizione più seria è quella,già posta in rilievo,riguardo al percepire: tutta la realtà è la materia, la cui assolutezza dipende dal fatto che essa viene percepita. Ma chi la percepisce, se non qualcuno che può porsela come oggetto, in quanto l'ha realmente fuori di sé? Perché se la materia è il fondamento e il principio, tutto ciò che essa genera dovrebbe essere saggio : quindi se essa genera qualcuno che ritiene reale lo spirito, e perciò la metafisica e il divino, tale generazione non potrebbe che essere giusta. Come mai esistono sfruttatori e sfruttati :la colpa è della materia o di qualcuno fuori di essa? Perché se la colpa è della materia, veramente tale colpa non può essere riconosciuta se non da qualcuno che è fuori della materia. La giustificazione filosofica di Marx, la nota storia dell'oggetto che fa sorgere il soggetto il quale a sua volta opera sull'oggetto, è semplicemente un gioco dialettico, una parodia hegeliana, qualcosa che non regge : a meno che non sia riconosciuto il soggetto vero, reperibile persino dietro tale giuoco di parole: perché questo giuoco diviene giusto, sùbito che si riferisca al soggetto che fa sorgere dinanzi a sé l'oggetto, non perché l'oggetto lo porti a questo, ma perché esso comincia a opporsi a qualcosa, che perciò gli si oppone e , opponendosi, diviene oggetto. La materia come oggetto nasce appunto dalla contrapposizione dello spirito a essa. Se la materia fosse la grande e originaria genitrice, essa dovrebbe essere la grande responsabile. Nessun individuo potrebbe riconoscere a sé stesso responsabilità : nessuno potrebbe prendere una iniziativa sapendo di non muovere da un punto in cui non sia lui a voler muovere ed agire, indipendentemente dal supporto corporeo. Nessuno dovrebbe dire :io voglio, io penso, io faccio.


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I movimenti mondialisti nella storia contemporanea

di Renzo Coletti

IL MARXISMO Prima di trattare gli avvenimenti centrati sulla Prima Guerra mondiale è opportuno parlare di alcuni importantissimi movimenti di idee, che hanno sensibilmente influenzato la politica internazionale degli ultimi cento anni: ci riferiamo al marxismo, al pangermanesimo, al panslavismo, al palladismo americano ed al rosicrucismo europeo. Nel 1829 gli Illuminati tennero un meeting a New York, presieduto dall'Illuminista britannico WRIGHT. Questi informava i convenuti che gli Illuminati intendevano unire i gruppi Nichilisti e Atei con tutte le altre organizzazioni sovversive in una grande organizzazione internazionale che avrebbe diffuso il comunismo. HORACE GREELEY, giornalista, e CLINTON ROOSEVELT, antenato di FRANKLIN DELANO R00SEVELT, formavano un comitato per reperire i fondi necessari alla impresa. La nascita del Comunismo era tuttavia preparata dalle società segrete europee. Come risultato della Rivoluzione Francese del 1830 si formò e si estese nella Francia una rete di movimenti sovversivi sotterranei che si richiamavano alla dittatura del proletariato. Nel 1834 veniva fondata a Parigi la Lega Segreta Democratica degli Esiliati; nel 1836 da questa nacque il GEHEIMIBUND DER GERECHTEN ( La Lega Segreta dei Giusti), guidata da SCHUSTER, SCHAPPER, BAUER, WEITLING; nel 1839 il comitato centrale di questa Lega si trasferiva a Londra. Dietro questa società segreta, erede del TUGENDBUND, manovravano gli Illuminati; furono questi, cioè SCRAPPER, BAUER e MOLL che nel gennaio del '47 invitarono MARX ed ENGELS a collaborare con la Lega dei Giusti, anzi JOSEPH MOLL incaricò MARX di stilare il Manifesto della Lega. Nell'estate dello stesso anno la Lega, in un congresso cui non poteva partecipare KARL MARX, si trasformò in organismo di azione politica, assumendo il nuovo nome di Lega di Comunistí. Un secondo congresso si tenne a dicembre e adottò le teorie di MARX, che quella volta era presente: fu questo congresso che incaricò ufficialmente il filosofo ed il suo amico ENGELS di redigere un Manifesto, che in verità era stato già commissionato da MOLL. Nel MANIFESTO il solo lavoro di MARX è stato di postdatare e codificare i principi e i progetti fissati 70 anni prima da WEISHAUPT, fondatore dell'Ordine degli Illuminati. Il Manifesto fu perciò pubblicato senza il nome degli autori: solo dal 1868, quando MARX ed ENGELS erano ormai famosi, ne fu attribuita ad essi la paternità. Sembra inoltre che anche un certo LAFITE, appartenente a società segrete americane, collaborasse alla redazione del Manifesto, CLINTON ROOSEVELT, HORACE GREELY e lo stesso LAFITE sovvenzionarono MARX e finanziarono l'edizione. Il Manifesto fu pubblicato a Londra ai primi di febbraio del '48; pochi giorni dopo scoppiava la Rivoluzione a Parigi e la bandiera rossa faceva la sua apparizione sulle barricate. IL PANGERMANESIMO Come abbiamo già accennato, quasi contemporaneamente al marxismo, gli Illuminati organizzavano un'altra formidabile forza: il Pangermanesimo. Questo movimento, che ha radici affondate in tutta la storia della nazione tedesca, si era sviluppato ad opera della massoneria nel 1700, incarnandosi nell'attività politica di FEDERICO IL GRANDE di Prussia. Sotto i successori di questo re il patto con la massoneria era stato sempre conservato, salvo nel 1848, quando FEDERICO GUGLIELMO IV si era opposto al progetto della Germania Unita sotto la stia Corona Imperiale. Ma con KARL RITTER, professore di Storia, Geografia e Scienze Geopolitiche, il Pangermanesimo rompeva parzialmente la gerarchia tra le forze tendenti ad dominio dei mondo, e si poneva come scopo e allo stesso tempo strumento del dominio mondiale. Le ricerche storiche convinsero questo studioso che un ristrettissimo numero di ricchi ed influenti banchieri internazionali, che non erano legati con alcuna nazione geografica, ma che si immischiavano degli affari di tutte le nazioni, aveva organizzato o finanziato i gruppi rivoluzionari di tutto il mondo per realizzare le sue segrete ambizioni. Il piano a lunga scadenza di questa oligarchia di banchieri era ottenere il controllo della produzione, delle risorse naturali e del potenziale umano della terra intera. Contro questo piano RIITER formulò un altro piano col quale pretendeva che la Germania avrebbe prima dominato l'Europa e poi il mondo. E poiché RITTER aveva notato che quasi tutti, se non tutti, i grandi Banchieri Internazionali appartenevano a quella che è, erroneamente, ritenuta la « stirpe » giudaica, e che nella loro conquista del potere erano appoggiati dal popolo ebraico, egli stabilì che occorreva contrapporre al semitismo imperante un antisemitismo ed una esaltazione dei valori razziali ariano-germanici. Alcuni capi del gruppo pangermanista aderirono al piano di RITTER ed iniziarono la lunga preparazione della loro ribellione al sistema bancario internazionale. All'esaltazione della razza germanica corrispondeva in Russia l'esaltazione dell'elemento slavo. Abbiamo già accennato alle dottrine panslave delle società segrete russe implicate nei moti decabristi e al progetto di confederazione dei popoli dell'Europa Orientale contenuto nel Catechismo degli Slavi Uniti. Questo progetto di Confederazione non venne abbandonato e, nel Convegno Massonico di Strasburgo nel 1847, si auspicò, tra le altre cose, la formazione di tre confederazioni. romana, germanica, slava, come preludio agli Stati Uniti d'Europa. Negli anni seguenti l'ideale slavo fu abbracciato dal nichilista BAKUNIN. Infatti, il socialismo anarchico di questi coincideva col terrorismo nei confronti dell'Impero zarista e con il panslavismo nei confronti degli altri popoli. Nel 1862 BAKUNIN riprese ed allargò il programma dei decabristi; nell'opuscolo «Al MIEI AMICI RUSSI E POLACCHI» egli dichiarava: «Gli Slavi, i Polacchi, ci sono necessari. Essi stessi ci aiuteranno quando l'ora del combattimento panslavista sarà giunta, quando sarà rivendicata tutta la terra stava nella Prussia Orientale, la Bucovina, la Galizia, la Boemia, in tutta l'Austria e, la Turchia... Siamo noi Slavi che dobbiamo aprire la via ai Grandi Eletti». La rivendicazione quindi si estende alla stessa Prussia Orientale, ponendo in aperto contrasto il panslavismo che tende verso l'Europa Centrale ed il pangermanesimo che sogna le pianure dell'Europa Orientale. Vi inoltre, nelle parole di BAKUNIN, un accenno al carattere strumentale del panslavismo, a favore dei misteriosi Grandi Eletti. Il contrasto tra BAKUNIN e MARX fu in realtà dovuto alla diversa visione che avevano del futuro assetto dell'Europa; ciò che Bakunin rimproverava soprattutto ai marxisti era il loro pangermanesimo: «Il sogno dei socialisti è la egemonia tedesca, l'onnipotenza tedesca, prima intellettuale e morale, poi materiale». IL PALLADISMO Frattanto, al di là dell'Atlantico, dopo la guerra civile, si organizzava una nuova forza che ancora oggi ha una influenza straordinaria sulle vicende del mondo. Fu negli Stati Uniti che l'italiano GIUSEPPE MAZZINI fondò l'Alleanza Repubblicana Universale: il suo grande scopo era l'instaurazione della Repubblica Universale, con l'aiuto e sotto il potere invisibile delle sette massoniche. Questo programma in passato era stato fortemente ostacolato dalla disparità di obbedienze e riti massonici; per superare l'ostacolo MAZZINI si proponeva di organizzare una più segreta e autoritaria gerarchia all'interno della massoneria. In questa opera l'italiano fu aiutato dal generale americano ALBERT PIKE, che unì la sua conoscenza dell'esoterismo luciferino con l'esperienza rivoluzionaria di MAZZINI. PIKE organizzò il RITO PALLADIANO NUOVO e RIFORMATO, stabilendo 3 Consigli Supremi a CHARLESTON (South Caroline), ROMA e BERLINO, e 23 Consigli subordinati sparsi nel mondo. I saggi palladistí esercitavano la loro influenza attraverso le Logge, rimanendo tuttavia sconosciuti ai frammassoni, sia pure di grado elevato; essi controllavano segretamente le massonerie americane, lo scozzesimo mondiale e le obbedienze ad essi collegate. Attraverso questa organizzazione ramificata il PALLADISMO dirigeva una azione sempre più sincronizzata delle massonerie, tendenti verso lo scopo fondamentale deciso una volta per tutte: il Governo Mondiale. Tra il 1859 ed il 1871 PIKE lavorò sui dettagli di un programma politico e militare che comprendeva tre guerre mondiali e tre grandi rivoluzioni, ritenute necessarie per portare la cospirazione al suo stadio finale durante il 20" secolo. Tale programma si è finora realizzato; PIKE prevedeva che Comunismo, Pangermanesimo, Sionismo, e altri movimenti internazionali, fossero organizzati e usati per fomentare queste guerre e rivoluzioni. Le divergenze tra gli Imperialismi di Germania e Gran Bretagna provocavano la prima guerra mondiale, durante la quale avveniva la grande rivoluzione bolscevica. La seconda guerra mondiale era fomentata utilizzando le rivalità tra Nazismo e Sionismo. Questa guerra avrebbe permesso la nascita dello Stato di Israele e l'aumento della potenza comunista. Infine i contrasti tra Sionismo e Mondo islamico avrebbero provocato l'ultima delle guerre mondiali, a cui si sarebbe aggiunto un cataclisma sociale finale. A questo punto, distrutto interamente il vecchio ordine, si sarebbe passati al completamento del NUOVO ORDINE. Per l'attuazione di questo programma i Palladisti affidavano un ruolo di primo piano agli Stati Uniti d'America. Non a caso nel 1872, un anno dopo la stesura del piano PIKE, il presidente americano GRANT annunciava. «Il mondo civilizzato tende verso il repubblicanesimo, verso il governo del popolo da parte dei suoi rappresentanti e la nostra Grande Repubblica è destinata a servire da guida a tutte le altre». Era l'annuncio ufficiale della leadership americana, una leadership che maschera dietro gli Stati Uniti la potenza occulta dei gruppi segreti. IL BRITISH ISRAEL Nella nuova fase politica, che partiva dalla guerra mondiale, un ruolo di primo piano spettava ad un nuovo gruppo di pressione a tendenza mondialista: il movimento BRITISH ISRAEL. Questo movimento nacque ufficialmente a Londra nel 1919, ma certamente, sotto altre forme, ha operato anche in epoca anteriore: si doveva probabilmente ad esso la riconciliazione tra il Palladismo americano ed il Rosacrucismo inglese; di questa riconciliazione ed alleanza il BRITISH ISRAEL era segno e programma. Gli elementi costitutivi del programma erano il biblismo protestante permeato di temporalismo giudaico per l'aspetto religioso, l'imperialismo anglosassone per l'aspetto politico ed il fabianismo per l'aspetto economico. Il BRITISH ISRAEL vedeva (e vede tuttora) il vero popolo di Dio nei popoli Anglosassoni, ai quali apparterrebbe di diritto l'Imperium Mundi. La Gran Bretagna, i dominions, gli Stati Uniti, e i Giudei costituirebbero tutta la razza di Israele a cui spetta di instaurare un governo mondiale chiamato, nelle Sacre Scritture, il regno di Dio. La dinastia ed il trono d'Inghilterra sarebbero la discendenza ed il trono del re DAVID. Il BRITISH ISRAEL è quindi, innanzitutto, un movimento razzista, che ripone ambizioni e mezzi nella potenza politica Anglosassone. Il popolo protestante degli Stati Uniti discenderebbe dalla tribù di MANASSE, quello protestante inglese da EFRAIM; nel regno di Dio da essi instaurato gli altri popoli, razze inferiori, potrebbero essere soltanto chiamati a partecipare al regno, perché unicamente alla pura razza ariana anglosassone spetta il dominio del mondo. Nei rapporti col cattolicesimo il BRITISH ISRAEL rivela la sua assoluta mancanza di scrupoli: secondo esso le nazioni cattoliche romane (Francia, Spagna, Italia, Germania, ecc.) saranno vittime della collera divina (proprio come diceva JAN AMOS KOMINSKY, alias COMENIO) che le spazzerà via per sempre. Ciò non potrebbe avvenire se non attraverso una rivoluzione atea sul continente: il suo mezzo, il comunismo MURRAY BUTLER, uno dei principali profeti del gruppo affermava nel 1937: «Il comunismo è lo strumento col quale si getteranno a terra i governi nazionali, a favore di un governo mondiale, di una polizia mondiale, di una moneta mondiale». Il BRITISH ISRAEL è stato fin dalla nascita collegato con una società segreta, il cui apparato esterno è rappresentato dalla TAVOLA ROTONDA. Questa organizzazione, di cui fecero parte Lord MILNER e Lord ROTHSCHILD, era finanziata dalle banche LAZARD BROTHERS e MORGAN. Nello stesso 1919, che vedeva nascere ufficialmente il BRITISH ISRAEL, uomini legati a questa organizzazione ed alla Tavola Rotonda, decidevano a Parigi la creazione del ROYAL INSTITUTE of INTERNATIONAL AFFAIRS (R.I.I.A.). La sezione americana di questo istituto prese il nome di COUNCIL on FOREIGN RELATIONS (C.F.R.); entrambi dirigono attualmente la politica estera inglese ed americana.


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Elementi di Astrosofia ; scritto originale

di Jonathan Hilton

La sfera planetaria di Plutone è attualmente connessa con l'umanità e il 4 luglio 2018 trova la propria congiunzione con Marte. Dal punto di vista eliocentrico,dal 4 luglio scorso Marte è congiunto a Plutone esattamente nel nodo discendente di Plutone. Marte passa in congiunzione con il nodo di Plutone circa ogni due anni ma ciò che ora sta avvenendo è unico perché accade al momento che Plutone si trova sul proprio nodo discendente. Dal 12 luglio di quest'anno anche la Terra sta congiunta con Plutone (opposizione Sole/Plutone) nel suo nodo discendente,esattamente alla luna nuova,allineandosi con Sole, Marte e Plutone stesso. Questo allineamento di Sole,Luna,Marte,Terra e Plutone non avviene fin da quando Plutone venne scoperto,al principio degli anni Trenta dello scorso Secolo. In un precedente articolo ho introdotto la prospettiva eliocentrica,centrale per la ricerca Astrosofica che procede da Willi Sucher. Egli ha di nuovo presentato le realtà planetarie nel proprio loro valore di sfere dell'essere, viventi; e non solo,come fa la fisica della moderna astronomia,quali corpi materiali e basta. Queste sfere dell'essere qual sono i Pianeti,esprimono l'attività delle Gerarchie nel sistema planetario. L'intima attività delle sfere dell'essere planetarie e le reciproche relazioni di ognuna di loro con le altre,trova espressione in quelli che sono chiamati elementi astronomici delle sfere. Tra questi elementi ci sono i nodi. Questi elementi non sono statici ma progrediscono o regrediscono secondo lo scenario di fondo delle stelle fisse quale lentamente si modifica, a sua volta, nel corso di migliaia di anni, stabilendo così una mutua relazione con gli altri elementi delle sfere planetarie. Rudolf Steiner descrive nella quinta conferenza del suo libro intitolato LE ESSENZE SPIRITUALI NEI CORPI CELESTI, proprio queste relazioni,armoniche, quale opera dei Cherubini. Ciò che avviene qui lo diviene per intervento dei Troni,che generano il movimento planetario;ma sono i Cherubini a realizzare dei movimenti planetari la reciproca armonia. Infatti Rudolf Steiner afferma che: "l'armonia di movimento tra un pianeta e l'altro corrisponde all'attività dei Cherubini. La regolazione dei movimenti combinati planetari è l'opera dei Cherubini". In questo senso, noi possiamo ora pensare di questi movimenti planetari non più solo in termini di corpi fisici nello spazio. In realtà, ritenere che i pianeti stiano nello spazio come corpi fisici e basta, sarebbe "maya" cioè illusione. E la realtà di questi movimenti planetari e la loro armonia è in relazione con i movimenti dei viventi, ulteriori corpi celesti dello Zodiaco: ciò cui Willi Sucher ha per anni e anni devotamente dedicato i suoi penetranti studi. Ora ci vogliamo qui focalizzare sui nodi della sfera di Plutone. Rudolf Steiner ci risulta che non abbia detto nulla su Plutone, del quale siamo venuti a conoscenza proprio cinque anni dopo la scomparsa del Dottore, cioè nel 1930. Ma Steiner descrive i cosiddetti 'altri pianeti oltre la sfera di Saturno' come outsiders del nostro Sistema Solare e non già come parte di questo in senso classico. La ricerca di Willi Sucher ha fatto un poco di luce su questi altri pianeti outsiders del nostro Sistema Solare. Attraverso di loro noi possiamo arrivare a cogliere aspetti dell'evoluzione della coscienza dell'Uomo , potendo muovere verso lo sviluppo di nostre più elevate facoltà: sovrasensibili. Una elaborazione dettagliata di questo argomento sorpassa, invero, i limiti che ci siamo posti per questo articolo. Tuttavia,diciamo subito che la sfera di Plutone si connette all'ambito più profondamente velato e meno sviluppato dell'Uomo:la trasformazione della volontà e del corpo fisico. Plutone è la sfera da cui procedono le forze delle decadute e avverse entità degli Asura: appartenenti al gruppo degli spiriti della personalità o Arcai. E queste entità lavorano per legare in maniera sempre più stretta l'Ego della persona umana alla materia, affinché l'evoluzione terrestre e della umanità sulla Terra non evolvano. Rudolf Steiner ha descritto queste entità asuriche in vari modi; e in particolare lo ha fatto nella conferenza da lui tenuta a Berlino il due giugno del 1907; in seguito, nella sua conferenza di Basilea del primo ottobre 1911, Egli affermerà :"Se ciò che dimora nella armonia delle sfere discende fino ad arrivare nella regione delle entità asuriche, allora quivi si generano forze ancor più terribili le quali non sarà possibile che rimangano tuttavia occulte per molto tempo. Possiamo solo augurare che nel momento in cui queste forze appaiono, e che sono forze più potenti della maggior scarica elettrica, gli esseri umani siano riusciti a purificarsi da ogni macchia di egoismo in loro". La sfera di Plutone è, da una parte , connessa con la trasformazione del fisico mediante l'Io spirituale ; e , nel contempo, apporta, all'opposto, un egoismo intento a mummificare permanentemente il decaduto ego umano nella materia. Plutone è sì connesso con questa terribile forza della sotto-natura la quale pur Willi Sucher dice collegata con la energia nucleare. Ed è interessante notare, che la prima scissione nucleare artificiale sia avvenuta nel 1932, appena due anni dopo la scoperta astronomica del pianeta Plutone: essenzialmente, questa scoperta ha aperto le porte per tutti gli ulteriori sviluppi fisici della ricerca atomico-nucleare. Data la attuale situazione sociale nel mondo intero, vale rimeditare quello che Rudolf Steiner afferma, ancora, sugli esseri asurici :"C'è la possibilità che il mondo americano ottenga il dominio mondiale; avverrà tuttavia, se allora non sorge la Tripartizione sociale, che questo dominio da parte del mondo americano avrà come inevitabile conseguenza per la civiltà in ogni parte del mondo la di lei malattia e morte: un regalo del potere asurico!". Perché è così importante riconoscere ,ora, ciò che sta in relazione coi nodi di Plutone? I nodi planetari, rispetto al movimento delle sfere nella loro relazione reciproca, sono SEGNATURE astronomiche relative alla intersezione tra una sfera planetaria e il piano della eclittica dell'ambito Sole/Terra : portali aperti fra le varie sfere planetarie con quella della Terra. Un pianeta che passa per un nodo, come è avvenuto il 4 luglio scorso da parte di Marte sopra il nodo di Plutone, indica astronomicamente che la sfera del pianeta stesso si connette direttamente con la sfera dell'altro e, contemporaneamente, col portale nodale della nostra Terra. E questo qui è un reale dato spirituale che trascende il suo aspetto solo apparentemente fisico-astronomico. Dunque : che significato ha questa attività di Plutone per l'umanità di oggi? E' dalla metà del 2015 che Plutone ha fatto ingresso nell'orbita del proprio nodo discendente,che attraverserà lentamente fino al 2021,operando una influenza molto potente in direzione della sfera terrestre, il che significa, perciò, l'attivarsi di un lungo tempo di "sfida" da parte di Plutone. Il 4 luglio del 2018, Plutone ha raggiunto esattamente la longitudine del suo nodo discendente, specie di culmine, congiungendosi con Marte. E Marte è di certo la sfera planetaria del nostro Sistema Solare connessa con aggressione e guerra. Marte è la sfera la cui influenza ci ha condotto fino alla conoscenza obiettiva della fisica del mondo, come al sentimento personale di indipendenza. Ma per tutto ciò si è andati ben oltre, determinandosi un abuso: evidenziato dall'apparire ed accrescersi della cosmovisione del tutto materialista moderna, fino alla più diffusa considerazione oggi dell'essere umano appena come animale e finanche sorta di computer. La sfida di Marte consiste nel promuovere, oltre la indipendenza, l'egoismo terreno, il quale può solo riflettere ogni ulteriore realtà del mondo come 'Altra'...: da ciò, la visione Tradizionale di Marte come Iddio della Guerra. Proprio a tal punto, ora, -giova ripeterlo- Marte si congiunge con Plutone sul nodo di questi discendente : e nelle stelle della costellazione del Sagittario. E queste stelle del Sagittario sono strettamente connesse col divenire della identità individuale dell'Uomo, col l'atto in Lui che trasforma la natura inferiore (il cui simbolo sagittariale è il Cavallo) nell' IO spirituale avvenire (la freccia sagittariale diretta innanzi). Il Sagittario fa carico del dilemma della reale dignità dell'Essere Uomo in connessione alla sua propria individua identità. Allor che noi guardiamo verso la Grande Congiunzione del 2020,vedremo ulteriormente quali attività planetarie avvengano in Sagittario: attività delle quali la presente attività di Marte e della Terra in connessione con Plutone, è porta a preparazione di quegli eventi. Ora la prova è quella, da parte nostra esseri umani, di contrastare le forze asuriche entro un mondo macchiato da frammentazione ed egoismo distruttivo; e aprirci la via nel reale potere di trasformazione della volontà del Cristo


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Informatica

Riviste inaccessibili

di Mario Lorenzini

Si è parlato e si parla ancora di accessibilità, con riferimento ai siti web. Che ne è invece del settore editoriale? Esistono pubblicazioni accessibili? Nello specifico intendo libri e materiale che normalmente reperiremmo in libreria o in edicola. Allora, la situazione è la seguente: gli audiolibri e i formati testuali, per gli utenti non vedenti, tipo file pdf. In questo campo troviamo realtà free o commerciale, vale a dire a pagamento. Ci sono fondazioni e associazioni senza scopi di lucro che ospitano sul proprio server opere di dominio pubblico, destinate, in particolare, ai minorati sensoriali della vista. In genere, per accedere con credenziali rilasciate dai gestori di queste infrastrutture, è necessario l’invio della documentazione comprovante l’invalidità. E ora mi rivolgo al settore non gratuito. Qui stanno fiorendo idee relative agli audio libri. Ci sono grandi classici del passato ma anche scrittori emergenti che stanno puntando su questo nuovo business. In fondo, un buon libro, letto da una voce professionale come quella dei doppiatori televisivi, non è solo appannaggio dei non vedenti, ma gradevole per chiunque. A volte la distribuzione avviene tramite download, oppure su supporto magnetico. Il tutto con costo a singolo prodotto scelto, o pagando per un abbonamento che consente di ricevere diversi pacchetti, il che è vantaggioso in termini economici. E tralasciando il settore dei libri, vorrei disquisire su un’altra realtà. Sì perché i libri, più corposi rispetto a periodici d’informazione varia, hanno un target d’utenza diverso, o perlomeno complementare, rispetto a questi ultimi. Un’informazione massiccia, la conoscenza di un argomento in modo approfondito, con tante nozioni, anche se non recentissime, possono essere contenuto in un tomo costoso. Per avere aggiornamenti continui, a cadenze fisse, sugli argomenti più disparati, vengono in nostro aiuto i vari magazine, settimanali, mensili, ecc. E qui, il fattore accessibile? Un disastro. Capisco l’impossibilità della riproduzione audio dei testi che, in contemporanea, dovrebbero essere presenti in edicola. Ci sono costi da sostenere, e ci vuol tempo, difficilmente riducibile, per registrare, con degli attori che abbiano una qualità vocale idonea, audio a livello professionale; perciò, soluzione uno scartata. Soluzione due. L’informatica in questo frangente ci dovrebbe aiutare. Pensiamo alla redazione di articoli all’interno di un giornale, tutti usano un word processor. Il risultato è un file che può essere letto con naturalezza dalle sintesi vocali presenti sui computer dei non vedenti. Purtroppo, a parte qualche vecchia esperienza con riviste distribuite su floppy disk, adesso il panorama delle testate editoriali anche famose, non offre molto. Esistono realtà più o meno localizzate che cedono in abbonamento i propri quotidiani di zona. Se la condivisione è fatta in modo non grafico, è possibile utilizzare gli ausili informatici per leggere i contenuti. Qui entriamo nel campo della sensibilità degli editori, o dei direttori di un giornale piuttosto che un altro. Ecco la mia recente esperienza. Da molti anni sono un fedele lettore di PC professionale. Per chi non fosse del settore, PC professionale rappresenta una fonte autorevole d’informazione sul mondo dell’informatica: dai desktop ai notebook, agli smartphone di ultima generazione. Non mancano i benchmark che provano le prestazioni di vari componenti come schede grafiche e processori; poi si possono trovare articoli sullo sviluppo software e le novità in anteprima dei sistemi operativi. E mi scuso sin d’ora per tutto il dettaglio che non ho aggiunto. Basti questo per sapere che io, come molti altri che trascorrono la loro vita incentrandola su questo argomento, non possiamo fare a meno di un’informazione capillare come quella fornita da questo giornale mensile. Essendo ipovedente, ho sempre utilizzato, per anni, il videoingranditore, dispositivo tiflotecnico che molti non sanno cosa sia ma, chi è costretto per varie patologie oculari ad adoperarlo, sa benissimo di cosa parlo; per i…”non addetti ai lavori”, basti pensare a un monitor, collegato a una telecamera che inquadra la pagina della rivista, posta su un piano scorrevole. I caratteri e le immagini sono così ingranditi, anche di settanta volte e oltre. Sfortunatamente, la lettura in questo modo, è piuttosto faticosa. Si riesce a vedere quello che a occhio nudo non è possibile, ma gli occhi si stancano, alla fine. Tant’è che, da diverso tempo ormai, utilizzo uno scanner con icr, in grado di acquisire il testo per poi farmelo leggere dal pc. A un certo punto, mi sono fermato a riflettere: sapevo già che il mio giornale preferito offriva in abbonamento, non solo la versione cartacea, ma anche quella digitale. Risparmio a parte, ho deciso di registrarmi sul sito www.abbonamenti.it, sul quale, tra l’altro, potete trovare molte altre testate note. Con mio grande stupore, quando sono andato sul sito, dopo aver inserito i dati di accesso, e provato a leggere la rivista corrente, mi sono ritrovato catapultato in un sistema di visualizzazione completamente grafico. Un browser letteralmente applicato: con il mouse, infatti, si possono sfogliare le pagine; un suono accompagna quest’azione, proprio come se noi, con il dito, girassimo una pagina, arricciolando l’angolo. È possibile zoomare ma, ahimè, il tutto come se si trattasse di un file jpeg. Alla sgradita sorpresa decido di inviare una mail al servizio abbonamenti, facendogli presente il problema. Il mancato rispetto delle norme concernenti l’accessibilità, unito all’incredulità per non aver trovato rispetto di questi canoni proprio in una rivista di informatica che, oltretutto, non è il notiziario della nostra parrocchia. Dopo alcuni giorni la risposta, così sintetizzata: “…abbiamo esaminato con attenzione la sua mail, provvederemo quanto prima a risolvere il problema…”. Doppia domanda che balza alla mente mia: hanno capito veramente come fare senza batter ciglio? Possibile che nessun non vedente abbia mai utilizzato il servizio di questo abbonamento, altrimenti la cosa sarebbe già risolta. Mi viene la tentazione di rispondere, chiedendo come avrebbero affrontato la cosa, e in che misura temporale. Poi penso, lasciamo trascorrerei un po’ di tempo, magari alla prossima uscita chissà. In fondo, dico tra me e me, dal punto di vista pratico, non ci vuole nulla, si tratta solo di riorganizzare l’assemblaggio degli articoli. Trascorso un mese circa, concomitante con l’arrivo del numero successivo, vado sul sito in oggetto, sperando di trovare la rivista come la volevo io, magari sempre affiancata dal vecchio formato, forse più accattivante per chi vede. E invece no. Stessa storia, solita musica. Allorché invio una seconda mail, nella quale spiego dei file pdf, della sintesi vocale, ecc., sottolineando il fatto che non sta certo a me indicare come, tecnicamente, sciogliere questo nodo. Dopotutto, stiamo trattando di una rivista di informatica, ragion per cui, non gli dovevo insegnare niente. Dopo aver ricevuto la conferma dell’arrivo della mia mail con la solita mail automatica, e trascorso un po’ di tempo, mi giunge una mail da Eugenio Moschini, direttore di Pc professionale. Lo stesso si scusa con me per il ritardo nella risposta ma il servizio abbonamenti gli aveva girato in ritardo la mia mail. Mi dice inoltre che il giornale nasce già alla fonte in versione pdf. Il nocciolo della questione è la pirateria; in passato erano stati messi online i numeri della rivista e, qualche hacker con pochi scrupoli, aveva reso disponibili gratuitamente gli stessi su un sito incriminato. Poi mi si chiedeva se avevo qualche idea da indicargli per bypassare il problema. Ecco la mail integrale: Gentile Mario Sono Eugenio Moschini, il direttore di PC Professionale. Mi scuso innanzitutto per il ritardo della risposta, ma purtroppo l’ufficio abbonamenti non mi ha inoltrato prontamente la sua richiesta. PC Professionale “nasce” in pdf, quindi non ci sarebbe nessuna modifica da fare, se mi conferma che il formato pdf è adatto a essere letto. Il vero problema è la pirateria, ci siamo già scontrati con siti che mettevano in download la nostra rivista, in formato pdf, il giorno stesso dell’uscita edicola, creandoci come immagina non pochi problemi. Per questo la nostra versione digitale (usufruibile da PC/ Mac e piattaforme Android e iOS) è in un formato chiuso e non in pdf. Anche se so perfettamente che ne farebbe un utilizzo personale e lecito, devo capire con il mio editore quale potrebbe essere la strada percorribile per fornirle il pdf in contemporanea con l’uscita edicola. Se ha suggerimenti sono ben accetti Cordiali saluti Eugenio Rispondo di aver letto con piacere la risposta proprio dal direttore, che non avevo intenzione di chiamare in causa. Dopo un attento pensiero alle parole di Moschini, un po’ spiazzato per una richiesta della quale sembravo essere il pioniere, ecco come ho replicato: Buongiorno, intanto ringrazio per aver avuto la sua attenzione. Avevo in mente di scrivere anche al direttore per l’appunto, poi, come tante volte accade, si lascia perdere. Invece ho avuto il suo contatto. Dunque, la soluzione perfetta, come mi si insegna in informatica, non esiste. Non dubitavo certo del fatto che fosse possibile avere i documenti in pdf, del resto in passato offrivate le annate precedenti del giornale su DVD. Nel mio ufficio (amministrazione pubblica) c’è chi fa le fotocopie trasformandole in pdf, ma quella è solo una specie di ridenominazione di un file grafico, quindi per me inutile. Ci sono invece le buste paga e le newsletter interne, perfettamente fruibili per me. Il problema da lei sollevato, quello della pirateria, è ormai tanto vecchio, quanto irrisolvibile. I cantanti sanno benissimo che molti dei loro fan scaricano i brani singoli o i CD dalla rete con un software P2P, e allora che fare? Loro si fanno pubblicità, in un modo o nell’altro, e poi guadagnano con i concerti e magari uno store online. Chiaramente questo non è applicabile a una testata editoriale. E’ vero che il cartaceo costa di più, proprio per il materiale fisico, ma non potete per questo regalare le versioni digitali per diffondere la rivista. E’ vero pure che chiunque può prendere un giornale in edicola, leggerlo velocemente in breve tempo, poi passarlo ad un amico e così via. Gli altri non pagherebbero. Non è pirateria ma perdita di clientela allo stesso modo. Bisogna, a mio modesto parere, fare dei calcoli previsionali sul contro e i pro: un eventuale minimo rischio diffusione illecita, in favore di una conoscenza da parte di lettori che prima erano impossibilitati a leggere quelle informazioni. Ho molti amici col mio stesso problema visivo e anche non vedenti assoluti, un’amica, in particolare che lavora come ricercatrice al CNR, laureata a pieni voti e che ha sempre lamentato la difficoltà del reperimento del materiale informatico, costretta, come me, a scannerizzare testi o a farseli leggere. Tecnicamente, i software adobe e magari altri, offrono soluzioni per limitare l’accesso alla copia di porzioni di testo o alla sua stampa; sistemi che, con un po’ di smanettamento, è possibile aggirare. Certo, il gioco deve valere la candela. Il mio pensiero è questo: esistono ladri capaci di disattivare sistemi di allarme molto sofisticati, che proteggono ville maestose. Forse sono proprio bravi, ma hanno anche un’attrezzatura costosa, complessa da usare. Ma, naturalmente, come detto sopra, loro sanno benissimo che troveranno un sacco di soldi. I ladruncoli da strada non riuscirebbero ad entrare. Il costo del vostro abbonamento digitale è molto basso, forse un sistema di protezione con password potrebbe essere sufficiente. Un sistema automatizzato, come quello che provvede alla stampa degli indirizzi degli abbonati potrebbe includere nel file pdf il nome dell’abbonato. Io non vorrei che Luigi Rossi avesse una copia del mio giornale digitale con scritto all’interno Mario Lorenzini. Inoltre, si potrebbe realizzare, con l’abbonato, un contratto che informi lo stesso sulle conseguenze penali relative alla duplicazione, copia o comunque divulgazione di materiale elettronico digitale non autorizzato. Personalmente, per meno di 30 euro annue, io non vorrei mai rivolgermi a pirati per avere in mio possesso una copia di pc professionnale. Si potrebbero scoraggiare ancor di più i pirati abbassando ulteriormente il prezzo, con abbonamenti biennali o triennali. In ultima, visto che il problema sta anche nella contemporaneità dell’uscita, dato che molti, me compreso, non acquistano il giornale il giorno stesso, ma anche dopo 7-10 giorni, si potrebbe rendere disponibile la versione pdf dopo, appunto, una settimana dall’uscita in edicola. Siamo in un paese dove si stenta ad entrare nell’impalpabile digitale, non credo che nessuno brontolerebbe se PC professionale in pdf accessibile fosse disponibile dopo 10 giorni. Tutto questo è legato al fatto che gli utenti di un servizio sono obbligati a collegarsi inserendo ogni volta le proprie credenziali e, cercando nell’archivio, prelevino il materiale cui hanno diritto. Ma non tutti fanno così. Ci sono ad esempio dei gestori di energia elettrica o gas che, agli utenti registrati che non ricevono più la bolletta cartacea, spediscono una mail con la stessa allegata. L’utente può andare sul sito con user name o password per consultare il passato, ma la bolletta corrente la può tranquillamente prendere dalla mail e magari, salvarla come faccio io, sul proprio hard disk. Si potrebbe pensare ad una soluzione simile per i file pdf di pc professionale: sarebbero inviati in allegato via e-mail, per i soli utenti disabili. NON sarebbero però presenti sull’archivio online dei numeri digitali. Così nessuno potrebbe tentare di scaricarli illecitamente. Gli eventuali responsabili della diffusione pirata sarebbero i non vedenti che la ricevono. Se queste soluzioni, che mi sono venute in mente così, senza addentrarmi troppo nei tecnicismi, non sono sufficienti, questo mi spiace. Consideri che in Italia ci sono oltre 200.000 persone con disabilità visiva, le stime parlano di un aumento futuro. Sono tutti molto più istruiti di una volta e, mi creda, molto votati all’informatica. Apprezzerebbero e comprerebbero probabilmente un giornale come il suo. Se ha necessità di informazioni aggiuntive, può contattarmi. I pdf, per essere sicuri della loro “leggibilità”, possono essere testati con la versione demo del software JAWS, prelevabile e utilizzabile per 40 minuti ad ogni lancio. Sito internet: www.subvisionmilano.com La saluto caramente e mi scuso per la lungaggine. Mario Nel momento in cui scrivo questo articolo (20 agosto) nulla è mutato. Non ho avuto più messaggi da nessuno e l’ultimo numero della rivista è identico ai precedenti. Sia ben chiaro: non incolpo il giornale in questione per la mancanza del supporto accessibile. La lentezza con cui si approcciano molti problemi sta nella molteplicità delle relazioni da intrattenere con soggetti e situazioni, oggi davvero numerose. Capisco come la rivista si appoggi a un’altra azienda che si carica della distribuzione del formato elettronico in quel modo. E cambiare significa riprogettare, smontare, riformulare, a volte non da zero. Bisogna cambiare schema mentale. Ed io che faccio nel frattempo? Acquisto come sempre la versione cartacea in edicola, la scansiono e me la faccio leggere dalla sintesi vocale. Chissà che prima dello scadere del mio abbonamento le cose non cambino. Se così non sarà, certamente non lo rinnoverò. Il sistema, come detto, è indirizzato alle masse, persone che guardano la rivista, ci vedono bene. E’ brutto a dirsi, ma la soluzione al problema sarebbe che tutti divenissimo ciechi, cosicché si renderebbe indispensabile un cambio di rotta. Mi auguro che, prossimamente, non quella testata soltanto, ma anche le altre che ho potuto riconoscere sul sito www.abbonamenti.it e che non sto qui a elencare, possano essere scaricate e fruite anche da persone non vedenti. Si è parlato e si parla ancora di accessibilità, con riferimento ai siti web. Che ne è invece del settore editoriale? Esistono pubblicazioni accessibili? Nello specifico intendo libri e materiale che normalmente reperiremmo in libreria o in edicola. Allora, la situazione è la seguente: gli audiolibri e i formati testuali, per gli utenti non vedenti, tipo file pdf. In questo campo troviamo realtà free o commerciale, vale a dire a pagamento. Ci sono fondazioni e associazioni senza scopi di lucro che ospitano sul proprio server opere di dominio pubblico, destinate, in particolare, ai minorati sensoriali della vista. In genere, per accedere con credenziali rilasciate dai gestori di queste infrastrutture, è necessario l’invio della documentazione comprovante l’invalidità. E ora mi rivolgo al settore non gratuito. Qui stanno fiorendo idee relative agli audio libri. Ci sono grandi classici del passato ma anche scrittori emergenti che stanno puntando su questo nuovo business. In fondo, un buon libro, letto da una voce professionale come quella dei doppiatori televisivi, non è solo appannaggio dei non vedenti, ma gradevole per chiunque. A volte la distribuzione avviene tramite download, oppure su supporto magnetico. Il tutto con costo a singolo prodotto scelto, o pagando per un abbonamento che consente di ricevere diversi pacchetti, il che è vantaggioso in termini economici. E tralasciando il settore dei libri, vorrei disquisire su un’altra realtà. Sì perché i libri, più corposi rispetto a periodici d’informazione varia, hanno un target d’utenza diverso, o perlomeno complementare, rispetto a questi ultimi. Un’informazione massiccia, la conoscenza di un argomento in modo approfondito, con tante nozioni, anche se non recentissime, possono essere contenuto in un tomo costoso. Per avere aggiornamenti continui, a cadenze fisse, sugli argomenti più disparati, vengono in nostro aiuto i vari magazine, settimanali, mensili, ecc. E qui, il fattore accessibile? Un disastro. Capisco l’impossibilità della riproduzione audio dei testi che, in contemporanea, dovrebbero essere presenti in edicola. Ci sono costi da sostenere, e ci vuol tempo, difficilmente riducibile, per registrare, con degli attori che abbiano una qualità vocale idonea, audio a livello professionale; perciò, soluzione uno scartata. Soluzione due. L’informatica in questo frangente ci dovrebbe aiutare. Pensiamo alla redazione di articoli all’interno di un giornale, tutti usano un word processor. Il risultato è un file che può essere letto con naturalezza dalle sintesi vocali presenti sui computer dei non vedenti. Purtroppo, a parte qualche vecchia esperienza con riviste distribuite su floppy disk, adesso il panorama delle testate editoriali anche famose, non offre molto. Esistono realtà più o meno localizzate che cedono in abbonamento i propri quotidiani di zona. Se la condivisione è fatta in modo non grafico, è possibile utilizzare gli ausili informatici per leggere i contenuti. Qui entriamo nel campo della sensibilità degli editori, o dei direttori di un giornale piuttosto che un altro. Ecco la mia recente esperienza. Da molti anni sono un fedele lettore di PC professionale. Per chi non fosse del settore, PC professionale rappresenta una fonte autorevole d’informazione sul mondo dell’informatica: dai desktop ai notebook, agli smartphone di ultima generazione. Non mancano i benchmark che provano le prestazioni di vari componenti come schede grafiche e processori; poi si possono trovare articoli sullo sviluppo software e le novità in anteprima dei sistemi operativi. E mi scuso sin d’ora per tutto il dettaglio che non ho aggiunto. Basti questo per sapere che io, come molti altri che trascorrono la loro vita incentrandola su questo argomento, non possiamo fare a meno di un’informazione capillare come quella fornita da questo giornale mensile. Essendo ipovedente, ho sempre utilizzato, per anni, il videoingranditore, dispositivo tiflotecnico che molti non sanno cosa sia ma, chi è costretto per varie patologie oculari ad adoperarlo, sa benissimo di cosa parlo; per i…”non addetti ai lavori”, basti pensare a un monitor, collegato a una telecamera che inquadra la pagina della rivista, posta su un piano scorrevole. I caratteri e le immagini sono così ingranditi, anche di settanta volte e oltre. Sfortunatamente, la lettura in questo modo, è piuttosto faticosa. Si riesce a vedere quello che a occhio nudo non è possibile, ma gli occhi si stancano, alla fine. Tant’è che, da diverso tempo ormai, utilizzo uno scanner con icr, in grado di acquisire il testo per poi farmelo leggere dal pc. A un certo punto, mi sono fermato a riflettere: sapevo già che il mio giornale preferito offriva in abbonamento, non solo la versione cartacea, ma anche quella digitale. Risparmio a parte, ho deciso di registrarmi sul sito www.abbonamenti.it, sul quale, tra l’altro, potete trovare molte altre testate note. Con mio grande stupore, quando sono andato sul sito, dopo aver inserito i dati di accesso, e provato a leggere la rivista corrente, mi sono ritrovato catapultato in un sistema di visualizzazione completamente grafico. Un browser letteralmente applicato: con il mouse, infatti, si possono sfogliare le pagine; un suono accompagna quest’azione, proprio come se noi, con il dito, girassimo una pagina, arricciolando l’angolo. È possibile zoomare ma, ahimè, il tutto come se si trattasse di un file jpeg. Alla sgradita sorpresa decido di inviare una mail al servizio abbonamenti, facendogli presente il problema. Il mancato rispetto delle norme concernenti l’accessibilità, unito all’incredulità per non aver trovato rispetto di questi canoni proprio in una rivista di informatica che, oltretutto, non è il notiziario della nostra parrocchia. Dopo alcuni giorni la risposta, così sintetizzata: “…abbiamo esaminato con attenzione la sua mail, provvederemo quanto prima a risolvere il problema…”. Doppia domanda che balza alla mente mia: hanno capito veramente come fare senza batter ciglio? Possibile che nessun non vedente abbia mai utilizzato il servizio di questo abbonamento, altrimenti la cosa sarebbe già risolta. Mi viene la tentazione di rispondere, chiedendo come avrebbero affrontato la cosa, e in che misura temporale. Poi penso, lasciamo trascorrerei un po’ di tempo, magari alla prossima uscita chissà. In fondo, dico tra me e me, dal punto di vista pratico, non ci vuole nulla, si tratta solo di riorganizzare l’assemblaggio degli articoli. Trascorso un mese circa, concomitante con l’arrivo del numero successivo, vado sul sito in oggetto, sperando di trovare la rivista come la volevo io, magari sempre affiancata dal vecchio formato, forse più accattivante per chi vede. E invece no. Stessa storia, solita musica. Allorché invio una seconda mail, nella quale spiego dei file pdf, della sintesi vocale, ecc., sottolineando il fatto che non sta certo a me indicare come, tecnicamente, sciogliere questo nodo. Dopotutto, stiamo trattando di una rivista di informatica, ragion per cui, non gli dovevo insegnare niente. Dopo aver ricevuto la conferma dell’arrivo della mia mail con la solita mail automatica, e trascorso un po’ di tempo, mi giunge una mail da Eugenio Moschini, direttore di Pc professionale. Lo stesso si scusa con me per il ritardo nella risposta ma il servizio abbonamenti gli aveva girato in ritardo la mia mail. Mi dice inoltre che il giornale nasce già alla fonte in versione pdf. Il nocciolo della questione è la pirateria; in passato erano stati messi online i numeri della rivista e, qualche hacker con pochi scrupoli, aveva reso disponibili gratuitamente gli stessi su un sito incriminato. Poi mi si chiedeva se avevo qualche idea da indicargli per bypassare il problema. Ecco la mail integrale: Gentile Mario Sono Eugenio Moschini, il direttore di PC Professionale. Mi scuso innanzitutto per il ritardo della risposta, ma purtroppo l’ufficio abbonamenti non mi ha inoltrato prontamente la sua richiesta. PC Professionale “nasce” in pdf, quindi non ci sarebbe nessuna modifica da fare, se mi conferma che il formato pdf è adatto a essere letto. Il vero problema è la pirateria, ci siamo già scontrati con siti che mettevano in download la nostra rivista, in formato pdf, il giorno stesso dell’uscita edicola, creandoci come immagina non pochi problemi. Per questo la nostra versione digitale (usufruibile da PC/ Mac e piattaforme Android e iOS) è in un formato chiuso e non in pdf. Anche se so perfettamente che ne farebbe un utilizzo personale e lecito, devo capire con il mio editore quale potrebbe essere la strada percorribile per fornirle il pdf in contemporanea con l’uscita edicola. Se ha suggerimenti sono ben accetti Cordiali saluti Eugenio Rispondo di aver letto con piacere la risposta proprio dal direttore, che non avevo intenzione di chiamare in causa. Dopo un attento pensiero alle parole di Moschini, un po’ spiazzato per una richiesta della quale sembravo essere il pioniere, ecco come ho replicato: Buongiorno, intanto ringrazio per aver avuto la sua attenzione. Avevo in mente di scrivere anche al direttore per l’appunto, poi, come tante volte accade, si lascia perdere. Invece ho avuto il suo contatto. Dunque, la soluzione perfetta, come mi si insegna in informatica, non esiste. Non dubitavo certo del fatto che fosse possibile avere i documenti in pdf, del resto in passato offrivate le annate precedenti del giornale su DVD. Nel mio ufficio (amministrazione pubblica) c’è chi fa le fotocopie trasformandole in pdf, ma quella è solo una specie di ridenominazione di un file grafico, quindi per me inutile. Ci sono invece le buste paga e le newsletter interne, perfettamente fruibili per me. Il problema da lei sollevato, quello della pirateria, è ormai tanto vecchio, quanto irrisolvibile. I cantanti sanno benissimo che molti dei loro fan scaricano i brani singoli o i CD dalla rete con un software P2P, e allora che fare? Loro si fanno pubblicità, in un modo o nell’altro, e poi guadagnano con i concerti e magari uno store online. Chiaramente questo non è applicabile a una testata editoriale. E’ vero che il cartaceo costa di più, proprio per il materiale fisico, ma non potete per questo regalare le versioni digitali per diffondere la rivista. E’ vero pure che chiunque può prendere un giornale in edicola, leggerlo velocemente in breve tempo, poi passarlo ad un amico e così via. Gli altri non pagherebbero. Non è pirateria ma perdita di clientela allo stesso modo. Bisogna, a mio modesto parere, fare dei calcoli previsionali sul contro e i pro: un eventuale minimo rischio diffusione illecita, in favore di una conoscenza da parte di lettori che prima erano impossibilitati a leggere quelle informazioni. Ho molti amici col mio stesso problema visivo e anche non vedenti assoluti, un’amica, in particolare che lavora come ricercatrice al CNR, laureata a pieni voti e che ha sempre lamentato la difficoltà del reperimento del materiale informatico, costretta, come me, a scannerizzare testi o a farseli leggere. Tecnicamente, i software adobe e magari altri, offrono soluzioni per limitare l’accesso alla copia di porzioni di testo o alla sua stampa; sistemi che, con un po’ di smanettamento, è possibile aggirare. Certo, il gioco deve valere la candela. Il mio pensiero è questo: esistono ladri capaci di disattivare sistemi di allarme molto sofisticati, che proteggono ville maestose. Forse sono proprio bravi, ma hanno anche un’attrezzatura costosa, complessa da usare. Ma, naturalmente, come detto sopra, loro sanno benissimo che troveranno un sacco di soldi. I ladruncoli da strada non riuscirebbero ad entrare. Il costo del vostro abbonamento digitale è molto basso, forse un sistema di protezione con password potrebbe essere sufficiente. Un sistema automatizzato, come quello che provvede alla stampa degli indirizzi degli abbonati potrebbe includere nel file pdf il nome dell’abbonato. Io non vorrei che Luigi Rossi avesse una copia del mio giornale digitale con scritto all’interno Mario Lorenzini. Inoltre, si potrebbe realizzare, con l’abbonato, un contratto che informi lo stesso sulle conseguenze penali relative alla duplicazione, copia o comunque divulgazione di materiale elettronico digitale non autorizzato. Personalmente, per meno di 30 euro annue, io non vorrei mai rivolgermi a pirati per avere in mio possesso una copia di pc professionnale. Si potrebbero scoraggiare ancor di più i pirati abbassando ulteriormente il prezzo, con abbonamenti biennali o triennali. In ultima, visto che il problema sta anche nella contemporaneità dell’uscita, dato che molti, me compreso, non acquistano il giornale il giorno stesso, ma anche dopo 7-10 giorni, si potrebbe rendere disponibile la versione pdf dopo, appunto, una settimana dall’uscita in edicola. Siamo in un paese dove si stenta ad entrare nell’impalpabile digitale, non credo che nessuno brontolerebbe se PC professionale in pdf accessibile fosse disponibile dopo 10 giorni. Tutto questo è legato al fatto che gli utenti di un servizio sono obbligati a collegarsi inserendo ogni volta le proprie credenziali e, cercando nell’archivio, prelevino il materiale cui hanno diritto. Ma non tutti fanno così. Ci sono ad esempio dei gestori di energia elettrica o gas che, agli utenti registrati che non ricevono più la bolletta cartacea, spediscono una mail con la stessa allegata. L’utente può andare sul sito con user name o password per consultare il passato, ma la bolletta corrente la può tranquillamente prendere dalla mail e magari, salvarla come faccio io, sul proprio hard disk. Si potrebbe pensare ad una soluzione simile per i file pdf di pc professionale: sarebbero inviati in allegato via e-mail, per i soli utenti disabili. NON sarebbero però presenti sull’archivio online dei numeri digitali. Così nessuno potrebbe tentare di scaricarli illecitamente. Gli eventuali responsabili della diffusione pirata sarebbero i non vedenti che la ricevono. Se queste soluzioni, che mi sono venute in mente così, senza addentrarmi troppo nei tecnicismi, non sono sufficienti, questo mi spiace. Consideri che in Italia ci sono oltre 200.000 persone con disabilità visiva, le stime parlano di un aumento futuro. Sono tutti molto più istruiti di una volta e, mi creda, molto votati all’informatica. Apprezzerebbero e comprerebbero probabilmente un giornale come il suo. Se ha necessità di informazioni aggiuntive, può contattarmi. I pdf, per essere sicuri della loro “leggibilità”, possono essere testati con la versione demo del software JAWS, prelevabile e utilizzabile per 40 minuti ad ogni lancio. Sito internet: www.subvisionmilano.com La saluto caramente e mi scuso per la lungaggine. Mario Nel momento in cui scrivo questo articolo (20 agosto) nulla è mutato. Non ho avuto più messaggi da nessuno e l’ultimo numero della rivista è identico ai precedenti. Sia ben chiaro: non incolpo il giornale in questione per la mancanza del supporto accessibile. La lentezza con cui si approcciano molti problemi sta nella molteplicità delle relazioni da intrattenere con soggetti e situazioni, oggi davvero numerose. Capisco come la rivista si appoggi a un’altra azienda che si carica della distribuzione del formato elettronico in quel modo. E cambiare significa riprogettare, smontare, riformulare, a volte non da zero. Bisogna cambiare schema mentale. Ed io che faccio nel frattempo? Acquisto come sempre la versione cartacea in edicola, la scansiono e me la faccio leggere dalla sintesi vocale. Chissà che prima dello scadere del mio abbonamento le cose non cambino. Se così non sarà, certamente non lo rinnoverò. Il sistema, come detto, è indirizzato alle masse, persone che guardano la rivista, ci vedono bene. E’ brutto a dirsi, ma la soluzione al problema sarebbe che tutti divenissimo ciechi, cosicché si renderebbe indispensabile un cambio di rotta. Mi auguro che, prossimamente, non quella testata soltanto, ma anche le altre che ho potuto riconoscere sul sito www.abbonamenti.it e che non sto qui a elencare, possano essere scaricate e fruite anche da persone non vedenti.


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Medicina

Novità in Medicina: IX parte

di Stefano Pellicanò

A) DIABETOLOGIA a) Diabete tipo 2 e vitamine In passato la ricerca si è soprattutto focalizzata sugli effetti delle carenze vitaminiche ma ormai, nei Paesi occidentali, questo rischio è limitato, mentre può essere possibile, con un'alimentazione squilibrata, assumere eccessi di alcune vitamine. Uno studio condotto presso l’INSERM (Centro di Ricerca in Epidemiologia e Salute Pubblica) a Villejuif (Francia) ha coinvolto oltre 70 mila donne monitorate per oltre 25 anni, sottoposte a un questionario sulla loro alimentazione raccogliendo informazioni su consumo e frequenza del consumo di circa 200 alimenti e utilizzando i contenuti stimati dei 27 micronutrienti per ogni alimento considerato i ricercatori sono risaliti al consumo individuale dei 27 elementi. E’emerso (Journal of Diabetes) che coloro che seguivano una dieta caratterizzata da elevati consumi di cibi contenenti vitamine B2 e B12 (fegato, carni, ecc), con un livello vitaminico fino a 5 volte di più quello raccomandato o con elevati consumi di vitamina A (anch'essa presente soprattutto in cibi di origine animale) E ancora che una dieta carente in vitamina C, che si trova soprattutto in frutta e verdura, è associata a un 30% di maggiore probabilità di ammalarsi di diabete. Il rischio si riduce del 25% se si segue una dieta con elevati livelli di B3 e magnesio di cui è ricco il caffè e con l’ aumento di consumo di cibi contenenti manganese, ad es. il cioccolato fondente. Ulteriori studi sono necessari per chiarire meglio i meccanismi biologici delle suddette associazioni. B) GENETICA a) L’elisir di lunga vita è genetico ? In uno studio tedesco dell’Istituto Leibniz sull’invecchiamento sono stati confrontati i dati genetici di 17 specie di roditori e sono risultati 250 i geni sotto-attivati nei roditori longevi ma allo stesso tempo sovra-attivati nelle specie che hanno una vita più breve pertanto proprio questi geni potrebbero essere stati selezionati positivamente dall’evoluzione per avere una vita lunga e sana (fonte: Plos Genetics). Tra loro Rhebl1, Amhr2, Psmg1 non sono mai stati collegati ai processi di invecchiamento generale e alla durata della vita ma contribuiscono direttamente allo sviluppo di malattie associate all’invecchiamento dell’uomo, come il cancro o il morbo di Alzheimer. L’85% dei geni dei roditori di lunga vita è identico al DNA umano ma, a differenza degli esseri umani, inclini alle malattie legate all’età, i roditori con vita più lunga hanno un rischio molto basso di manifestarle. C) GERIATRIA a) Proteina beclin-1 e invecchiamento La proteina beclin-1 è responsabile dell’autofagia, il meccanismo cellulare che permette la degradazione e il riciclo dei componenti cellulari danneggiati allungando la vita del 12%. Ricercatori del Centro per la Salute dell’Università del Texas sud-occidentale avevano dimostrato che la sua mutazione aumentava il tasso del riciclo nel cervello e nei muscoli e migliorava le funzioni cognitive dei topi malati di Alzheimer; ora hanno scoperto che la stessa mutazione promuove la longevità e riduce il rischio di sviluppare tumori e diverse malattie cardiache e renali (fonte: Nature). D) INFETTIVOLOGIA a) Batteriemia da Staphylococcus aureus: tre pratiche aumentano sopravvivenza La batteriemia da S. aureus è associata con tassi di mortalità del 20 - 30%. Secondo i risultati di uno studio osservazionale condotto nell’Università dell’Iowa (fonte: JAMA Internal Medicine, 2017) su quasi 37.000 pazienti trattati tra il 2003 e il 2014 un’appropriata terapia antibiotica, ecocardiografia e consulenze infettivologhe sarebbero le tre pratiche di assistenza sanitaria emerse dalla evidence-based medicine efficaci nel prolungare la sopravvivenza di pazienti con batteriemia da S. aureus con una riduzione dei tassi di mortalità associata all’applicazione di queste tre pratiche del 57,3%. b) Nuovo meccanismo dell'immunodeficienza nei pazienti H.I.V.+ Finora si è sempre pensato che l'immunodeficienza fosse causata dal fatto che il virus H.I.V. uccidesse le cellule. Uno studio, condotto su oltre 60 pazienti e durato un anno, condotto da ricercatori del Centro di eccellenza per le ricerche biomediche e del dipartimento di Medicina Interna dell'Ospedale San Martino dell'Università di Genova ha mostrato che i linfociti CD8+ regolatori sono particolarmente sviluppati nel sangue dei pazienti affetti da neoplasie e da H.I.V. e sopprimendo le loro risposte del sistema immunitario, li predispongono a tutte le malattie associate alle condizioni di immunodeficienza (fonte: The Journal of Allergy and Clinical Immunology). Le prospettive terapeutiche della ricerca potrebbero consentire di curare i malati di H.I.V. con le terapie biologiche antitumorali. E) LABORATORIO a) CancerSEEK: nuovo test ematico per gli otto tumori più comuni Il CancerSEEK può identificare otto fra i tumori più comuni: colorettali, epatici, esofagei, gastrici, mammari, ovarici, pancreatici e polmonari misurando il DNA tumorale circolante da 16 geni ed 8 biomarcatori proteici e impiegando il machine learning per analizzare i dati. Se il test venisse implementato su vasta scala per lo screening costerebbe circa 500 dollari USA, quindi notevolmente di meno rispetto agli attuali test di screening come colonscopia e mammografia, risultando peraltro più comodo. Studi prospettici sono necessari su ciascuna tipologia di tumore, considerata in un’ampia popolazione di pazienti (Science online 18/I/2018). F) NEUROLOGIA a) Morbo di Alzheimer e blocco della memoria A un anno dai risultati di esperimenti condotti presso l’IRCSS Santa Lucia e l’Università Campus Bio-Medico di Roma (fonte: Nature Communication) che evidenziavano anche l’effetto del mancato rilascio di dopamina da parte della VTA (area tegmentale-ventrale) sulla perdita di motivazione della persona seguiti dalla somministrazione di farmaci agonisti-dopaminergici per osservare se questi farmaci stimolano la plasticità cerebrale, e quindi la conservazione delle facoltà cognitive, si è scoperta, eseguendo test cognitivi e risonanze magnetiche su 29 pazienti con Alzheimer, 30 soggetti con declino cognitivo lieve e 51 persone sane, una correlazione tra dimensioni e funzioni della VTA con le dimensioni dell’ippocampo e le funzioni cognitive dell’individuo, precisamente più piccola risulta la VTA, minori le dimensioni dell’ippocampo e la capacità del soggetto di apprendere e ricordare. In pratica se questa area (deputata al rilascio di dopamina, un’ importante “molecola messaggera” del cervello) funziona poco, ne risente il “centro della memoria”, l’ippocampo, quindi la capacità di apprendere e ricordare (Journal of Alzheimer’s Disease). Si tratta del primo studio al mondo che dimostra questo collegamento negli esseri umani; la scoperta potrebbe rivoluzionare la diagnosi precoce e le terapie per questa forma di demenza, spostando l’attenzione su farmaci che stimolano il rilascio di dopamina. Questa scoperta può potenzialmente condurre a un nuovo modo di intendere gli screening per la popolazione anziana in caso di primissimi segnali di Alzheimer, modificando la modalità in cui vengono acquisite e interpretate le scansioni diagnostiche del cervello e utilizzando differenti test per la memoria. b) Proteina EGFL7 anti-sclerosi multipla (S.M.) La S.M. è una delle patologie autoimmuni più comuni che causano disabilità nei giovani adulti nei quali le cellule immunitarie (cellule T) attraversano la barriera emato-encefalica, cioè la barriera fisiologica tra il sistema circolatorio del sangue e il sistema nervoso centrale (S.N.C.), entrando nel cervello e danneggiandone la copertura protettiva delle fibre nervose o mielina con conseguente degenerazione funzionale delle cellule nervose e i sintomi neurologici che provocano disabilità. Ricercatori del Centro Medico dell'Università di Mainz e di Montreal hanno scoperto che, nella S.M. l'infiammazione del S.N.C. era accompagnata da un aumento, da parte della barriera emato-encefalica, del rilascio della proteina EGFL7 che si lega alle cellule immunitarie, impedendone l'ingresso nel S.N.C. e che l'esposizione a EGLF7 rende la barriera emato-encefalica più efficace e riduce il passaggio delle cellule immunitarie nel cervello con conseguente miglioramento della sintomatologia (fonte: Nature Communications). Questi risultati sperimentali sono stati confermati in un modello di barriera emato-encefalica. Adesso in linea di principio queste nuove scoperte potrebbero essere utilizzate per trattare questa grave patologia. c) Emicrania: perché le donne ne soffrono di più Uno studio, condotto da ricercatori dell’Università dell’Arizona, su topi, si è basato sul ruolo dello scambiatore di protoni di sodio (NHE1), che regola il trasporto di protoni e ioni di sodio attraverso le membrane cellulari, comprese quelle che costituiscono la barriera emato-encefalica. Quando NHE1 non è presente a livelli sufficientemente elevati o non funziona correttamente, può causare un’attivazione del dolore e quindi emicrania. Può anche alterare direttamente la capacità dei farmaci per l’emicrania stessa di attraversare la barriera emato-encefalica. Esaminando topi sia maschi che femmine si è scoperto che i livelli di espressione di NHE1 erano quattro volte più alti nel cervello dei ratti maschi mentre nei ratti femmina i livelli più alti di estrogeni corrispondevano a valori più bassi di NHE1 espressi nelle cellule endoteliali che formano i vasi sanguigni nel cervello (fonte: Meeting 2017 dell’American Society for Biochemistry and Molecular Biology). I risultati della ricerca fanno ipotizzare che le donne siano più suscettibili all’emicrania perché le fluttuazioni dell’estrogeno (l’ormone sessuale principale), portano a cambiamenti nell’espressione di NHE1, lasciando il cervello vulnerabile all’attivazione del dolore. G) ONCOLOGIA a) Meccanismo d’azione del tumore al seno triplo negativo Il tumore al seno triplo negativo è particolarmente aggressivo, non risponde alle terapie specifiche e spesso sfugge alla diagnosi fino alla fase avanzata. Ricercatori del Centro di Biologia Integrata dell’Università di Trento (CIBIO) sono riusciti a ricostruirne l’origine in provetta utilizzando cellule umane sane dalla ghiandola mammaria e introducendovi gli elementi (oncogeni) delle cellule tumorali identificando i meccanismi attraverso i quali cambia continuamente volto e non reagisce alle terapie (fonte: Nature Communications). Lo studio ha permesso di capire che le cellule tumorali sin dai primissimi momenti cambiano faccia, riprogrammandosi in cellule con caratteristiche del tutto diverse. H) REUMATOLOGIA a) Nuove linee guida SIOT sull'Osteoporosi e le fratture da fragilità Oggi l'Osteoporosi colpisce circa 5 milioni di italiani e le fratture da fragilità sono la malattia che consegue all'indebolimento dell'osso (100.000 nuove fratture di femore nella popolazione ultrasessantacinquenne/anno). Si tratta di una vera e propria pandemia destinata ad aumentare per il progressivo aumento dell'età media della popolazione. La Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia (SIOT) ha pubblicato a fine 2017 le linee guida sull'Osteoporosi e le fratture da fragilità e il documento pubblicato sul Journal of Orthopaedics and Traumatology è stato adottato dall'International Osteoporosis Foundation. Le Linee guida affrontano il problema della continuità terapeutica del paziente fratturato, il più fragile, inoltre viene proposta l'istituzione di determinati percorsi, come è stato fatto per l'ictus, con la dizione di "FractureUnits" o "Fracture Liaison Services", strutture collaudate nel mondo anglosassone che permettono di seguire nel tempo il paziente con fragilità ossea per ridurre l'alto rischio di fratture, utilizzando un'educazione mirata allo stile di vita, la supplementazione con vitamina D e l'uso di farmaci antifratturativi (in fascia A) che permetteranno prevenzione e un notevole risparmio per il Sistema Sanitario Nazionale. I) SESSUOLOGIA a) kisspeptina (l’ormone del bacio) e desiderio femminile Attualmente non ci sono trattamenti validi per le donne che soffrono di un basso desiderio sessuale. Ricercatori della Liège University in Belgio e della Saarland University in Germania usando topi femmina hanno scoperto che la kisspeptina aumenta l’attrazione per il sesso opposto e l’attitudine sessuale. I feromoni secreti dal topo maschio attivano questi neuroni che, a loro volta, trasmettono questo segnale ai neuroni dell’ormone che rilascia gonadotropina per stimolare l’attrazione verso il sesso opposto e alle cellule che producono il neurotrasmettitore ossido nitrico per innescare comportamenti sessuali. I risultati mostrano che la kisspeptina controlla la pubertà, la fertilità, l’attrazione e le attitudini sessuali (fonte: Nature Communications). Lo studio apre nuove prospettive per il trattamento di pazienti con disturbi come il disordine ipoattivo del desiderio sessuale. L) TRAPIANTI a) Trapianti: primo caso UK di donazione reni da paziente H.I.V. sieropositivo Le nuove terapie antiretrovirali hanno trasformato la qualità di vita delle persone infette e l’HIV è diventata ormai una patologia gestibile, con la possibilità di avere accesso a trattamenti come il trapianto d’organo o donare i propri organi dopo la morte e questa pratica potrebbe aiutare a risolvere il problema delle lunghe liste d’attesa, almeno tra i pazienti sieropositivi. Dopo il Sudafrica, per la prima volta in Gran Bretagna (Fonte: Clinical Kidney Journal), reni provenienti da un donatore sieropositivo 55 enne deceduto per emorragia cerebrale in cui l’infezione da HIV era sotto controllo, con una carica virale sotto le 50 copie/ml negli ultimi tre anni e un numero di CD4+ oltre 200 cellule per millimetro cubo di sangue negli ultimi sei anni, sono stati trapiantati a due riceventi HIV-positivi, un 60enne di colore caraibico che era in lista d’attesa da 563 giorni che ha richiesto la dialisi dopo il trapianto con, al quinto giorno, un rigetto mediato da cellule T e arterite rispondendo ad opportuno trattamento e un 45enne in lista da 306 giorni in cui il trapianto ha funzionato bene da subito con dimissione dopo otto giorni dall’intervento. A due anni dal trapianto, entrambi i pazienti stanno bene e l’infezione da HIV continuerebbe a essere sotto controllo.


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Novità in Farmacopea: VIII parte

di Stefano Pellicanò

A) EPATOLOGIA a) Epatite C: Maviret® (glecaprevir/pibrentasvir), nuovo trattamento pangenotipico Maviret ®, trattamento privo di ribavirina, si compone di due nuovi antivirali ad azione diretta (glecaprevir/ pibrentasvir) che agiscono, inibendole, sulle proteine essenziali per la replicazione del virus dell’epatite C a dosaggio una somministrazione al giorno per otto settimane. L’approvazione del trattamento si è basata sui dati generati da otto studi registrativi nell’ambito dei quali sono stati valutati oltre 2.300 pazienti di 27 nazioni, affetti da infezione da HCV di tutti i principali genotipi (GT1-6), comprese le popolazioni speciali di pazienti con tassi elevati di guarigione, superiori al 97%. È indicato per tutti i principali genotipi (GT1-6); nei pazienti non cirrotici; nei naïve (quindi la maggior parte dei 71 milioni di persone affette in tutto il mondo), nei non-responder a IFN ([peg]IFN +/- RBV o SOF/RBV +/- pegIFN), nei cirrotici compensati e con infezione HCV dei principali genotipi; nei nefropatici cronici gravi o da infezione cronica da HCV di genotipo 31. Infine nella compromissione renale di qualsiasi entità non si richiede un aggiustamento del dosaggio. B) GASTROENTEROLOGIA a) Jorveza (budesonide) per l’esofagite eosinofila (E.E.) I pazienti con E. E., una rara condizione infiammatoria dell’esofago, presentano un numero elevato di globuli bianchi eosinofili nel tessuto dell’esofago, condizione allergica/infiammatoria cronica che può manifestarsi sia nei bambini che negli adulti, prevalentemente negli uomini. I sintomi variano con l’età e comprendono dolore o difficoltà di deglutizione, vomito e talvolta l’esofago può restringersi bloccando il passaggio del cibo. Attualmente non è disponibile alcun farmaco autorizzato per l’E. E. e l’E.M.A. (Agenzia Europea per i Medicinali) a novembre u.s. ha valutato Jorveza con procedura di valutazione accelerata. Il suo principio attivo, budesonide, è un gluco-corticosteroide, autorizzato per molti anni nel trattamento di disturbi autoimmuni come l’asma e la malattia infiammatoria intestinale. Budesonide, somministrato sotto forma di spray per inalazione, è stata utilizzato come off-label anche nell’E. E. e gli effetti sulla mucosa esofagea infiammata sono stati descritti in modo ampio dalla letteratura scientifica, con la remissione istologica nel 90% dei pazienti. Gli effetti collaterali più comuni includono infezioni fungine locali, cefalea, nausea, dispepsia, malattia da reflusso gastroesofageo, riduzione dei livelli di cortisolo e edema labiale. Il parere adottato dal Comitato per i Medicinali per Uso umano (CHMP) rappresenta un passo intermedio nel percorso di accesso ai pazienti e sarà ora inviato alla Commissione Europea per l’adozione di una decisione sull’autorizzazione all’immissione in commercio in tutta l’U. E. C) GENETICA a) Patisiran per l’Amiloidosi ereditaria da accumulo di transtiretina (hATTR) L’amiloidosi legata alla transtiretina è una malattia genetica rara (colpite 50mila persone in tutto il mondo), multisistemica, che esordisce fra i 40 e gli 80 anni progressivamente debilitante e spesso mortale, causata da mutazioni nel gene TTR, una proteina prodotta nel fegato che, mutata, causa un accumulo anormale di proteine amiloidi che danneggiano gli organi, i tessuti del corpo, i nervi periferici ed il cuore. Provoca deficit di forza e di sensibilità agli arti, alterazioni della motilità gastrointestinale con malassorbimento e perdita di peso, ipotensione e disfunzione erettile, determinando una neuropatia incurabile. Una malattia fatale, con una sopravvivenza media di 10 anni dall’esordio e un’aspettativa di vita che varia da 2 a 15 anni dall’esordio della sintomatologia. Fino ad oggi, le uniche opzioni di trattamento sono state il trapianto di fegato e il tafamidis, un farmaco che rallenta la progressione della neuropatia ma con molti casi di no responder. Una terapia sperimentale, il “Patisiran”, ha superato tutti gli endpoint primari e secondari in uno studio di fase III, nel trial APOLLO, il più grande studio randomizzato mai completato per questa malattia e si avvia verso la commercializzazione (fonte: I meeting europeo sull’amiloidosi ATTR, Parigi, 2 - 3 novembre 2017). Il farmaco si basa sulla tecnica dell’RNA interference (RNAi) e agisce prendendo di mira e silenziando l’RNA messaggero specifico, bloccando potenzialmente la produzione di proteina TTR prima che si formi. Ciò può aiutare ad eliminare i depositi di amiloide TTR nei tessuti periferici e a ripristinare potenzialmente la funzione di questi tessuti. I pazienti studiati hanno mostrato progressi nelle attività quotidiane, nello stato nutrizionale e nella forza motoria, una riduzione della sintomatologia e delle disabilità. D) IMMUNOGLOBULINE a) Intratect® (immunoglobulina umana normnale, IVIg) 100 g/l soluz per infusione Classificazione ai fini della rimborsabilità: classe C (nn); ai fini della fornitura: OSP - utilizzabili esclusivamente in ambiente ospedaliero o in ambiente ad esso assimilabile (G.U. n° 245 del 19/10/2017). E) INFETTIVOLOGIA a) Trogarzo (ibalizumab-uiyk) per l’infezione da H.I.V. L’F.D.A. (Food and Drug Administration) ha approvato Trogarzo (ibalizumab-uiyk), un nuovo antiretrovirale per adulti affetti da H.I.V. già trattati senza successo (HIV multiresistente, MDR HIV) somministrato per via endovenosa una volta ogni 14 giorni e utilizzato in combinazione con altri farmaci antiretrovirali. La sua sicurezza e efficacia sono state valutate in uno studio clinico su 40 pazienti con H.I.V. multiresistente col raggiungimento della soppressione, nel 43% dei casi, dopo 24 settimane. Le reazioni avverse più comuni sono diarrea, vertigini, nausea ed eruzione cutanea. Tra gli effetti collaterali gravi rientrano invece rash e sindrome da immunoricostituzione. F) NEUROLOGIA a) Comunicazione EMA (Agenzia Europea per i Medicinali) sul farmaco Zinbryta per la Sclerosi Multipla L’EMA ha concluso la revisione confermando che Zinbryta può provocare un danno epatico immuno-mediato imprevedibile e potenzialmente fatale, fino a sei mesi dopo la sua sospensione (negli studi clinici, l’1,7% dei pazienti presentava una grave reazione epatica) dovrà essere usato solo in caso di risposta inadeguata ad almeno due terapie che modificano la malattia (DMTs) e non possono essere trattati con altri DMTs. Il Comitato per i Medicinali per Uso umano (CHMP) ha adottato ora il parere definitivo dell’EMA, che sarà inviato alla Commissione Europea per l’adozione di una decisione giuridicamente vincolante. b) Ocrevus (ocrelizumab) per la sclerosi multipla recidivante (RMS) e primariamente progressiva (PPMS) Ocrevus costituisce un’ulteriore opzione di trattamento per la RMS mentre è il primo medicinale per i pazienti con PPMS. La raccomandazione del CHMP dell’EMA si basa su tre studi clinici di fase III con 1.423 pazienti con sclerosi multipla (due studi in pazienti con RMS e uno con PPMS). Il trattamento, nei pazienti con RMS, ha ridotto significativamente il tasso di recidiva annualizzato del 46,4% a 96 settimane rispetto al trattamento con interferone beta-1a. Nei pazienti con PPMS, il trattamento ha invece portato ad una riduzione del 24% del rischio di progressione della disabilità confermata a 12 settimane rispetto al placebo con maggiore beneficio nella fase iniziale della malattia. Le reazioni avverse più comuni sono correlate all’infusione e infezioni. Il Comitato per i Medicinali per Uso umano (CHMP) ha adottato ora il parere definitivo dell’EMA, che sarà inviato alla Commissione Europea per l’adozione di una decisione giuridicamente vincolante. G) OFTALMOLOGIA a) Luxturna (voretigene neparvovec-rzyl per il trattamento della distrofia ereditaria della retina (D.E.R.) associata alla mutazione biallelica del gene RPE65 Le D.E.R. costituiscono un ampio gruppo di disordini genetici della retina, associati a una disfunzione visiva progressiva, e sono causate da mutazioni in uno qualsiasi di oltre 220 differenti geni. Negli U.S.A. si stima che i pazienti affetti sono circa 1.000 - 2.000. I portatori di mutazione biallelica hanno una mutazione, non necessariamente la stessa, in entrambe le copie del gene RPE65 che fornisce istruzioni per la creazione di un enzima essenziale per una vista normale. I pazienti mostrano nel tempo un progressivo deterioramento della vista, spesso durante l’infanzia o l’adolescenza, che può arrivare fino alla cecità completa. L’F.D.A. (Food and Drug Administration) ha approvato Luxturna (voretigene neparvovec-rzyl), una nuova terapia genica, somministrabile solo ai pazienti che hanno cellule retiniche vitali, somministrato tramite iniezione subretinica, eseguito separatamente in ciascun occhio, in giorni separati, ad almeno sei giorni dalle procedure chirurgiche dopo un breve pre-trattamento con prednisone orale., a prima a somministrazione diretta che agisce introducendo una copia normale del gene RPE65 direttamente nelle cellule retiniche utilizzando un virus adeno-associato presente in natura, modificato utilizzando tecniche di DNA ricombinante, che in seguito producono la proteina normale che converte la luce in segnale elettrico nella retina. La sua sicurezza e efficacia sono state valutate su uno studio clinico di Fase 3 con 31 partecipanti, in cui sono stati dimostrati miglioramenti significativi dal basale a un anno nella capacità di compiere un percorso ad ostacoli, a bassi livelli di luce. Le reazioni avverse più comuni includono iperemia congiuntivale, cataratta, aumento della pressione intraoculare e lacerazione retinica. H) ONCOLOGIA a) Acalabrutinib (Calquence) nel linfoma mantellare Il linfoma mantellare è un raro tipo di linfoma non-Hodgkin, dalla crescita rapida e particolarmente aggressivo, il 3 - 10% di tutti i casi di linfoma non-Hodgkin negli U.S.A. (fonte:National Cancer Institute presso i National Institutes of Health o NIH). La statunitense F.D.A. (Food and Drug Administration) ha approvato acalabrutinib (Calquence) per il suo trattamento negli adulti non-responder a una precedente terapia o recidivi. È un inibitore di chinasi che agisce bloccando un enzima necessario alla neoplasia per moltiplicarsi e diffondersi. In un trial a braccio singolo con 124 pazienti si è assistito al 40% di risposta completa e 41% parziale. Gli effetti collaterali comuni includono anemia, astenia, cefalea, diarrea, ecchimosi, dolore muscolare, trombocitopenia e neutropenia; tra quelli gravi ci sono emorragie, infezioni e fibrillazione atriale. È controindicato durante l’allattamento b) Zelboraf (vemurafenib) nel trattamento per la malattia di Erdheim-Chester La malattia di Erdheim-Chester è una neoplasia ematica a crescita lenta che origina nel midollo osseo e provoca un aumento della produzione di istiociti che provocano tumori che infiltrano molti organi e tessuti. Si stimano 600-700 pazienti in tutto il mondo, circa il 54% dei quali con mutazione BRAF V600. L’F.D.A. (Food and Drug Administration) ha approvato Zelboraf (vemurafenib) per la malattia di Erdheim-Chester (ECD), il primo trattamento approvato, un inibitore di chinasi che agisce bloccando alcuni enzimi che promuovono la crescita cellulare. In un trial con 22 pazienti in undici casi si è avuta una risposta parziale mentre la risposta globale si è verificata in un solo caso. Gli effetti collaterali comuni includono dolore articolare, rash maculopapulare, alopecia, affaticamento, intervallo QT prolungato e papilloma.Tra quelli gravi, invece, sviluppo di nuovi tumori (cancro della pelle, carcinoma delle cellule squamose o altri tumori), crescita dei tumori nei pazienti con melanoma BRAF “wild-type”, reazioni di ipersensibilità (anafilassi e sindrome DRESS), gravi reazioni cutanee (sindrome di Stevens-Johnson e la necrolisi epidermica tossica), danni epatici, fotosensibilità, reazioni gravi agli occhi (uveite), reazioni immunitarie dopo il trattamento radioterapico, insufficienza renale; danni allo sviluppo del feto in gravidanza. c ) Lutathera (lutezio Lu 177 dotatato) per il trattamento dei tumori neuroendocrini gastro-entero-pancreatici (GEP-NET) I GEP-NET sono un raro gruppo di neoplasie con opzioni di trattamento limitate dopo che la terapia iniziale non riesce più a fermare la loro crescita. L’F.D.A. (Food and Drug Administration) ha approvato il primo radiofarmaco per il loro trattamento negli adulti positivi al recettore della somatostatina cui si lega per poi entrare nelle cellule tumorali permettendo alle radiazioni di danneggiarle. La sua approvazione è stata supportata da due studi: uno randomizzato su 229 partecipanti che l’ hanno ricevuto in combinazione con il farmaco octreotide o solo octreotide in cui la sopravvivenza, libera da progressione, è risultata più lunga nei pazienti trattati con Lutathera con octreotide; il secondo studio su 1.214 pazienti il restringimento totale o parziale del tumore è stato riscontrato nel 16% dei casi in un sottogruppo di 360 pazienti con GEP-NET. Gli effetti indesiderati comuni comprendono linfopenia, aumento del GGT, AST e / o ALT, nausea, vomito; iperglicemia, ipopotassiemia, aumento di AST e / o ALT e GGT. Tra quelli gravi leucemia, mielosoppressione, sindrome mielodisplastica secondaria, tossicità renale ed epatotossicità, crisi ormonali neuroendocrine, infertilità e danni allo sviluppo del feto. d) Erleada (apalutamide): primo trattamento per il tumore prostatico non metastatico resistente alla castrazione Negli U.S.A. quella alla prostata è la seconda forma di neoplasia più diffusa tra gli uomini (fonte: National Cancer Institute o NCI presso i National Institutes of Health o NIH), con 161.360 nuove diagnosi nel 2017 e prevedendo 26.730 decessi. Circa il 10-20% di essi sono resistenti alla castrazione e, al momento della diagnosi di resistenza alla castrazione, nel 16% dei casi non ci sono evidenze di diffusione. La Food and Drug Administration (FDA) ha approvato Erleada (apalutamide), il primo trattamento per il tumore prostatico non metastatico, resistente alla castrazione, che agisce bloccando l’effetto che hanno sul tumore gli androgeni, ormoni come il testosterone che possono promuoverne la crescita. La sicurezza e efficacia si basano su uno studio clinico randomizzato su 1.207 pazienti, con una sopravvivenza mediana libera da metastasi di 40,5 mesi rispetto ai 16,2 mesi di coloro che hanno ricevuto il placebo. Gli effetti indesiderati comuni comprendono affaticamento, ipertensione, rash cutaneo, diarrea, nausea, perdita di peso, artralgia, cadute, vampate di calore, diminuzione dell’appetito, fratture ed edema periferico. Tra quelli gravi rientrano, invece, cadute, fratture e convulsioni. I) PSICHIATRIA a) Approvato Abilify MyCite (aripiprazolo), il primo farmaco con un sistema di tracciamento digitale La F.D.A. (Food and Drug Administration) ha approvato Abilify MyCite, il primo medicinale con un sistema di tracciamento digitale di ingestione. L’aripiprazolo, approvato nel 2002 per il trattamento della schizofrenia, di episodi maniacali acuti e misti associati a disturbo bipolare e come trattamento aggiuntivo per la depressione negli adulti, ha avuto un sensore ingeribile incorporato nelle pillole che registra se il medicinale è stato assunto. Il sistema funziona inviando un messaggio dal sensore nel farmaco ad un wereable patch, un cerotto che trasmette le informazioni ad un’applicazione mobile in modo che i pazienti possano monitorare sul proprio smartphone l’ingestione. Gli effetti collaterali più comuni di Abilify sono nausea, vomito, costipazione, mal di testa, vertigini, acatisia [incapacità di stare o rimanere seduto], ansia, insonnia, irrequietezza e irritazioni cutanee nel sito del posizionamento del patch di Abilify MyCite. Controindicato nei pazienti con psicosi associata alla demenza.


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Alimentazione sana nei luoghi di lavoro

di Rossana Badaschi

Per quale motivo è importante promuovere la salute nell’ambiente di lavoro? Il benessere fisico, psichico e sociale è essenziale per la qualità della vita e, considerando che sul posto di lavoro si trascorrono molte ore, diventa fondamentale che un’azienda non solo si impegni a soddisfare i requisiti giuridici di salute e sicurezza, ma possa anche promuovere buone pratiche per migliorare le condizioni generali del dipendente, ricordando che il benessere “personale” è il benessere “del personale” e di conseguenza dell’impresa. Il datore di lavoro potrebbe infatti rivestire un ruolo attivo per promuovere attività che possano contribuire alla prevenzione di numerose malattie caratteristiche della nostra epoca, quali ad esempio ipertensione, obesità, diabete e patologie cardiovascolari, molte delle quali hanno alla base fattori di rischio comuni ma, per fortuna, modificabili. Infatti, da studi clinici è stato dimostrato che esistono 4 variabili che incidono sulla possibilità che una persona si ammali meno. Le prime due sono costituite dall’avere una dieta sana e un BMI inferiore a 30. Si ricorda che il BMI (o IMC, Indice di Massa Corporea) è il rapporto tra il peso dell’individuo e la sua altezza al quadrato espressa in metri ed è utilizzato come un indicatore dello stato di peso forma. Abbiamo poi un terzo fattore che consiste nel praticare almeno 3,5 ore di attività fisica alla settimana (circa 30 minuti al giorno) e un’ultima variabile ugualmente rilevante: non aver mai fumato. In qualità di esperta di alimentazione, vorrei sottolineare il ruolo chiave di un’impresa nella promozione di scelte salutari. Numerose idee e progetti sono stati da me già sperimentati in aziende che attuano questo genere di misure preventive, anche al di fuori dei luoghi di lavoro. Esse rappresentano non solo un invito, ma anche una concreta opportunità rivolta ai lavoratori per cambiare il proprio stile di vita. Queste buone pratiche sono descritte nel progetto WHP (vedi box con dettagli) con relativi allegati scaricabili dal sito www.retewhpbergamo.org. Un’attività molto semplice e non costosa, potrebbe consistere ad esempio in una campagna con messaggi promozionali da inserire ogni mese in busta paga. Un allegato potrebbe rappresentare ad esempio la “Piramide alimentare” che è stata diffusa negli Stati Uniti a partire dal 1992 e si propone come schema visivo per educare le persone ad alimentarsi correttamente ed in modo equilibrato. Alla base si trovano gli alimenti che possiamo utilizzare in quantità maggiore, mentre al vertice sono situati quelli da consumare con maggior moderazione. Essa si fonda su 3 messaggi base che sono: varietà nel cibo, equilibrio e presenza ogni giorno di alimenti dei vari gruppi. Infatti è fondamentale ricordare che nessun alimento assunto singolarmente è in grado di soddisfare tutte le esigenze del nostro organismo e che ogni alimento, presente nelle varie sezioni della “Piramide alimentare”, può essere sostituito con un altro cibo appartenente allo stesso gruppo. In busta paga potrebbe essere inserito anche un allegato con la tabella della “Frutta e verdura di stagione”. Questi vegetali sono ricchi di vitamine, sali minerali (soprattutto se di stagione) e l’invito al loro consumo è collegabile anche al fatto che la nostra alimentazione può essere carente di questi nutrienti, anche come conseguenza di cattive abitudini alimentari quali pasti consumati in fretta, menù non equilibrati o dieta scorretta. Inoltre, l’elevata presenza in fibre nella frutta e verdura contribuisce a svolgere numerose funzioni, come ad esempio prevenire alcuni tumori o procurare un senso di sazietà che aiuta a introdurre meno calorie. Considerando inoltre che sovrappeso e obesità sono fattori di rischio per infarto, ictus, diabete, tumori e mortalità precoce in genere, un messaggio in busta paga potrebbe evidenziare anche alcuni consigli o slogan per mantenersi in forma, come ad esempio “Sport e alimenti da sempre vincenti!”, “Riduci le porzioni”, “Scegli alimenti con pochi grassi”, “Mangia più frutta, verdura e cibi integrali”, ecc. Altri consigli possono essere anche affissi alle pareti della struttura aziendale attraverso manifesti o cartelli collocati in punti strategici o di maggior passaggio, come ad esempio l’area refezione dove possono essere attaccate locandine di alimentazione, oppure vicini all’ascensore con la scritta: “Usa le scale, non prendere l’ascensore!” elencando i numerosi vantaggi: migliora l’umore, l’elasticità di arterie e vene, favorisce il buon funzionamento dell’intestino, migliora la massa ossea e ci permette anche di bruciare calorie! Oltre a ciò, in alcune aziende vengono distribuiti opuscoli informativi sulla nutrizione, ad esempio riguardanti “Le 10 linee guida per una sana alimentazione”, oppure sono redatti periodicamente da esperti articoli per nutrirsi di salute, che possono essere inviati ai dipendenti tramite posta elettronica. In alcuni casi, infatti, la promozione della salute predilige proprio il canale delle email, al fine di raggiungere in modo capillare molti dipendenti. Un esempio è costituito dal programma “Una mail al giorno” (www.unamailalgiorno.it), che prevede l’invio di messaggi gratuiti tramite e- mail, per incoraggiare e sostenere i comportamenti protettivi per la salute, Altre imprese hanno anche attivato convenzioni con diverse strutture quali studi di consulenze dietetiche, centri sportivi, centri benessere, oppure organizzano periodicamente incontri formativi di educazione alimentare che prevedono conferenze e convegni, estendendo l’invito anche ai familiari dei dipendenti. Alcune ditte hanno ideato persino concorsi a premi o hanno inserito cibi di qualità nei distributori automatici, in primis frutta, cereali e semi misti oleosi. Le aziende che dispongono di una mensa, potrebbero rendere sempre disponibile frutta e verdura presenti nei menù di tutti i pasti serviti, introdurre pane a basso contenuto di sale e pane integrale, oppure proporre menù che rispettino la stagionalità dei cibi e introducendo, in alternativa all’amata pasta, anche cereali integrali antichi come orzo, farro, avena, miglio o presentare con maggior frequenza piatti a base di legumi. Una buona pratica, molto apprezzata dai dipendenti, è anche l’educazione alimentare attraverso la realizzazione di corsi di cucina naturale, facendo conoscere e riscoprire alimenti dimenticati o poco utilizzati nell’odierna alimentazione. Gli argomenti trattati all’interno di questi incontri pratici favoriscono un maggior utilizzo dei cereali integrali, legumi, frutta e verdura, semi oleosi, frutta a guscio, germogli e propongono ricette sane, facili da preparare, ma soprattutto gustose! Gli incontri di cucina naturale possono essere organizzati con cadenza periodica e sono solitamente strutturati in una prima parte di educazione alimentare teorica supportata con materiale didattico, in una seconda parte pratica legata alla preparazione di ricette ed in un’ultima parte con la degustazione di tutto il menù realizzato. Questi incontri si possono svolgere all’interno dell’azienda, presso la cucina aziendale (o locale dedicato), oppure anche in strutture esterne e sono organizzati sia durante che dopo l’orario di lavoro, al fine di consentire la partecipazione a tutti i dipendenti. Un altro esempio di buona pratica per l’educazione alimentare, da inserire come progetto nelle mense aziendali, è la realizzazione di tovagliette copri vassoi con messaggi di salute. Vorrei citare un modello di tovaglietta realizzato da un’impresa che ha scelto come argomento: “Per mangiare equilibrato abbina i piatti con i colori giusti”. Questo messaggio è stato sviluppato abbinando a vari colori, diverse categorie di alimenti e rispettivi principi nutritivi. Ad esempio al colore giallo sono stati abbinati alimenti ricchi di carboidrati come cereali e derivati (pane, pasta, riso, gnocchi, ecc.), al colore rosso alimenti ricchi di proteine (quali carne, pesce, uova, formaggi e legumi) e così via. Grazie poi a delle immagini-guida, i commensali venivano invitati ad effettuare il giusto abbinamento dei colori al fine di comporre un menù equilibrato. Queste sono solo alcune delle iniziative per sensibilizzare i lavoratori ad una sana alimentazione e apportano vantaggi concreti a tutti i dipendenti, senza distinzione di ruoli. L’impresa diviene inoltre percepita come socialmente responsabile e promuove un’immagine di sé positiva perché attenta ai bisogni del personale. Creando legami all’interno dell’azienda e migliorando il clima lavorativo e il senso di appartenenza (con ricadute positive anche sui familiari e sulla collettività), si favoriscono quindi l’accrescimento del benessere psicofisico nei luoghi di lavoro e la prevenzione di molte patologie. È proprio il caso di dire che: “Promuovere la salute è una bell’impresa!” Da mettere in un box “La rete WHP Bergamo è una rete di 108 aziende che si impegnano a realizzare buone pratiche nel campo della promozione della salute dei lavoratori, secondo un percorso predefinito la cui validità è garantita dall’Agenzia di Tutela della Salute. La rete si è sviluppata grazie alla collaborazione tra ATS e Confindustria Bergamo con la collaborazione, il sostegno e il patrocinio della Provincia di Bergamo, dell’Organismo Paritetico Provinciale per la sicurezza sul lavoro, delle Società scientifiche del settore e di altri Enti e Istituzioni. Il modello di accreditamento che caratterizza il programma WHP è stato ideato e sperimentato nella Provincia di Bergamo ed è stato esteso nel 2013 a tutta la Regione Lombardia. Il Programma WHP ha ottenuto nel 2011 il certificato di partner di eccellenza della Rete Europea ENWHP e nel 2012 il logo della campagna del Ministero della Salute “Guadagnare Salute”. Il modello prevede un accreditamento annuale con il conferimento di uno specifico logo “Luogo di lavoro che promuove la salute”, assegnato a nome della Rete Europea ENWHP (European Network for Health Promoting Workplace). I luoghi di lavoro che aderiscono alla Rete iniziano un percorso che prevede la realizzazione di buone pratiche efficaci nel campo della promozione della salute: alimentazione corretta, contrasto al fumo di tabacco, incentivi all’attività fisica, promozione della sicurezza stradale, contrasto all’abuso di alcol e promozione del benessere personale e conciliazione vita lavoro”. Riferimenti bibliografici e sitografici: -“Promuovere la salute nei luoghi di lavoro. l’esperienza della rete whp Bergamo” Autore Marco Cremaschini. Con la collaborazione di Roberto Moretti, Marinella Valoti, Giorgio Barbaglio, Giuseppe M. Masanotti, Roberto Fiandri Cultura e salute Editore Perugia e ATS Bergamo - www.ats-bg.it - www.salute.gov.it - www.retewhpbergamo.org - www.enwhp.org - osha.europa.eu/it/topics/whp - www.ispesl.it/whp/index.asp - www.nice.org.uk - www.dors.it - www.who.int/occupational_health/globstrategy/en/ - www.thecommunityguide.org/worksite/index.html Rossana Madaschi Ec.Dietista e Docente di Scienza dell’Alimentazione Cell. 347.0332740 e-mail: info@nutrirsidisalute.it www.nutrirsidisalute.it


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Musica

La musica, una fedelissima compagna di viaggio

di Stefania D'Oronzo

A me la musica ha cambiato la vita, e la vita ha cambiato me... Sono le parole di una famosa canzone di Pino Daniele in duetto con Giorgia, ma forse, possiamo azzardare che l’incontro con la musica ha cambiato davvero tante vite e soprattutto la musica è in grado di travolgerci e plasmarci con le sue tonalità e colori. Una fedelissima compagna di viaggio, è questa la , missione inconsapevole della musica, restituisce il sorriso a chi lo ha perduto, allevia la solitudine di chi trascorre gran parte del suo tempo in compagnia di quattro mura e niente più, è una grande fonte di ispirazione, funge anche da imput per una buona meditazione, insomma, le qualità della musica, sembrano essere davvero tante e possiamo spingerci anche oltre affermando che la musica, controindicazioni non nè ha. Lei non fa male, non arreca danno a nessuno con i suoi suoni, non causa disturbi, non è invadente, non incute dolore se non quando le chiedi di prenderti per mano per viaggiare nei ricordi colmi di malinconia, in altre parole, una compagna di viaggio perfetta. Credo che non vi sia persona che non abbia avuto almeno un incontro superficiale o profondo, con la musica sia essa da ascoltare cantare o da suonare, sì perché la musica spesso e volentieri ti travolge al punto di fare della stessa, il tuo principale hobby o meglio ancora la tua professione, suonare uno strumento musicale o cantare, è una delle esperienze più belle che la musica regala, perché diventi tu protagonista di questo favoloso incontro, e magicamente diventi anche il dispensatore di grandi emozioni che fanno gioire il cuore di chi si lascia trasportare. Chi suona o canta viaggia verso mondi inesplorati che toccano le corde più profonde dell’anima e chi ascolta viaggia alla ricerca della pace e del benessere psico-fisico. Ci sono infatti diversi motivi per cui ci avviciniamo alla musica e gli stessi possiamo dire che accomunano sia chi si avvicina ad uno strumento musicale o al canto e sia chi semplicemente ascolta, le motivazioni partono da una passione di fondo per la musica che poi si orienta verso un dato genere musicale, musica classica, jazz, hip hop, reggaeton, e così via, il genere che più ci rappresenta e meglio riesce ad esprimere le parole che non riusciamo a pronunciare… ma al di là della passione che spesso e volentieri si delinea e si rafforza strada facendo, ci si avvicina alla musica per svariati motivi, per relax, per meditazione, per compagnia mentre facciamo le pulizie di casa, mentre siamo in auto o mentre leggiamo un libro, per ricaricare le batterie, visto che la musica riesce anche a dare quel pizzico di ottimismo per tornare a lottare nel viaggio della vita più motivati di prima e in fine funge anche da anti stress, scarica tensione, aiuta ad esteriorizzare i nostri sentimenti, là dove si arresta il potere delle parole. Inoltre, la magia della musica, dona benefici ad un ampio ventaglio di disabilità e malattie attraverso la musico-terapia. Tutte le popolazioni della Terra fin dall’antichità attribuivano ai suoni e alla musica degli effetti benefici soprattutto sull’umore e sugli stati nervosi. E non solo in occidente. In Cina e in India si attribuiva alle note musicali la capacità di condurre alla guarigione. La medicina tradizionale, pur non riconoscendo la musico-terapia come medicina effettiva, ne raccomanda l’applicazione in alcune situazioni patologiche, per alleviare il dolore nei malati allo stadio terminale, per stimolare disabili e persone colpite da gravi traumi, per trattare ansia, depressione e insonnia, nella gravidanza per favorire lo sviluppo fisico e mentale del feto, nei casi di cattiva digestione. L’influenza benefica delle note musicali si manifesta sia nell’applicazione passiva, sotto forma di ascolto, sia nella sua forma attiva , con il canto o suonando uno strumento musicale. Numerosi studi scientifici hanno provato che la musica influisce sul cervello, e quindi sulle attività neuronali, che vengono stimolate e producono, le betaendorfine, ormoni del “buonumore”, che hanno una capacità analgesica. Inoltre, le note musicali e il suono incidono, a livello organico, sulla pressione del sangue, sulla circolazione, sul ritmo del respiro e addirittura sui movimenti dell’intestino. Dal punto di vista cerebrale invece, la musica svilupperebbe la concentrazione e in particolare le capacità di calcolo e a lungo andare modificherebbe anche l’anatomia del cervello, in altri termini possiamo definire che la musica è il più completo farmaco non chimico. Infine, qualcuno potrebbe ritenere che l’affermazione secondo cui la musica non ha controindicazioni, non corrisponde al vero in virtù dei tanti episodi che vedono le tante vite spezzate a causa del successo raggiunto grazie alla musica, ma dal mio punto di vista non è la musica in senso stretto a suggerire di percorrere sentieri pieni di insidie e credo che tutto dipenda dalla fragilità e dalla debolezza presente in ogni uomo. Noi in quanto tali infatti, non siamo perfetti ne tanto meno onnipotenti, di conseguenza a volte ci capita di non saper gestire determinate situazioni, per svariati motivi, è quello che accade con il successo a molti musicisti e cantanti come a molti sportivi o attori, si nasce con determinati talenti, ma poi per affrontare il mondo della competizione dei riflettori sempre puntati, delle grandi sfide, delle capacità di tenere i motori sempre accesi anche quando vorresti posare la chitarra e rifugiarti nell’isola che non c’è, ci vogliono altri talenti, e questi, non sempre sono virtù presenti in coloro che entrano a far parte del mondo dei così detti grandi. Pertanto, non è la musica a determinare siffatte situazioni, ma è la fragilità insita in ciascuno di noi che in modo più o meno evidente incide nell’esperienze della vita, questa società ci vuole sempre attivi, in un perenne stato di vigilanza, non ammette un pit stop ai box e nemmeno inciampi, ecco perchè spesso personaggi famosi della musica come dello sport o del cinema, sono caduti, non è la loro passione o professione a tradirli ma è il modo di vivere a cui stiamo andando incontro che fa le sue vittime visto che ci chiede di essere sempre attivi e in forma come se fossimo robot. Tornando alla nostra fedele compagna di viaggio, il consiglio è comunque quello di fare come dice Wendell Oliver ovvero un bagno di musica una volta o due alla settimana per alcune stagioni, per scoprire che fa all'anima quello che il bagno d'acqua fa al corpo, sì, è davvero così, una serata in compagnia di buona musica e meglio ancora se dal vivo, ci rigenera e ci appaga e quando questa, come avviene soprattutto in estate, sale al cielo toccando le stelle perché sceglie le piazze delle nostre magnifiche città come palcoscenici naturali, capisci che Platone non si sbagliava nel descrivere la musica come una legge morale che dà un’anima all’universo, le ali al pensiero, uno slancio all’immaginazione, un fascino alla tristezza, un impulso alla gaiezza e la vita a tutte le cose.


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Racconti e poesia

Tobia

di Silvia Pecchioli

Salve, mi chiamo Tobia e sono un incrocio tra un cocker e uno spinone oppure chissà quale altra razza, non so come erano i miei genitori e i miei nonni, mi ricordo molto bene però quando i miei padroni mi sono venuti a prendere con tanto di pettorina e guinzaglio nuovo di zecca e all’ultima moda comprato in un negozio esclusivo solo per noi; sentivo parlare i miei padroni qualche mese fa di vacanze al mare: di sabbia di tuffi nel mare blu e di giochi col pallone sulla spiaggia da parte dei bambini; e io pensavo: - Va bene, pregustando tutto ciò accucciato sul divano, così è arrivato il giorno, sono saltato in macchina e siamo partiti, a un certo punto ci siamo fermati in una grande strada con le macchine che sfrecciavano in varie direzioni, ho pensato: - Ci stiamo fermando per fare pipì, anch’io ne ho voglia e difatti mi hanno fatto scendere, ma non mi hanno fatto nemmeno finire di espletare le mie funzioni che sono ripartiti: forse per distrazione, perché non si sono ricordati di me che sono qui in questa enorme strada con le macchine che sfrecciano avanti e indietro a forte velocità su questo asfalto rovente che le mie povere zampe non riescono a sopportare e inoltre: ho fame, ho sete tanto che la mia lingua penzola e lascia impronte di saliva sul cemento; - Non si ricordano quando mi preparavano quei pranzetti prelibati in quella bella ciotola che mi avevano comprato, di quando giocavamo insieme e di quando me ne stavo al calduccio nella nostra casa d’inverno, forse ho commesso qualcosa di sbagliato e da quando sono qui che ci penso, eppure erano così felici quando mi hanno preso, non cisarà posto nella pensione: io aspetto magari quando è finita la vacanza mi vengono aprendere. - Intanto questo luogo si sta popolando di altri miei fratelli, sono: - Pastori tedeschi, barboncini, cavalieri del re e un'altra razza che non saprei definire, sono bianchi con tante toppe nere, ma dove li ho visti, ah! Eccoora mi ricordo, li ho visti in un video che guardavano spesso i miei padroncini: - Si chiamavano Pongo e Peggy e anche loro hanno avuto un’esperienza avventurosa anche se è finita bene; - Nel frattempo stiamo diventando tutti amici, cerchiamo difarci coraggio a vicenda, prendiamo qualche boccone dai passanti e ci raccontiamo della nostra bella vita passata ingannando il tempo nell’attesa che tornino auguriamo loro buone vacanze. - Bauu!


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In te

di Mila

Mi piace quando mi sfiori le labbra
Con un bacio leggero e
Mi sussurri
"Stringimi forte"
Così. senza motivo.
Mi piace quando prendi le mie mani fra le tue
E le stringi
Come se dovessimo salvarci insieme.
Percepisco ogni movimento del tuo corpo, Ogni parola sussurrata a metà Ogni variazione del tuo timbro di voce Perché io sono proprio li, adagiata sotto la tua pelle.
E non posso e non Voglio staccarmi
Perché alla tua carne
è attaccata la mia anima...


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Il tempo del pittore

di Antonella Iacoponi

A Salvador Dalì, in: La preesistenza della memoria

I rintocchi seguono il tempo del sogno,
Scandiscono un minuto, un’ora molle,
Mentre il dipinto spunta: un guizzo, un segno;
una creativa vena ribelle
guida la mano impaziente,
l’orologio segue i battiti del cuore,
le lancette sfiorano il quadrante,
in frenetica danza; due ore,
ed ecco: l’opera è terminata!
Un’ora si dilata, diviene infinita,
quando la tela resta incompiuta:
ogni colore, ogni tratto è una goccia di vita.


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Il passaggio

di Giuseppe Furci

Peppe esce di casa per recarsi ad Ematra, un paese che dista una ventina di chilometri da Croivo. Giunge alla fermata dell’autobus qualche secondo dopo la partenza della corriera. Non si perde d’animo, non è la prima volta che succede, e si mette in cammino a piedi con la speranza che per l’ennesima volta qualche automobilista di buon cuore gli dia un passaggio. Babbo Natale si materializza nelle vesti di un camionista a bordo di un grosso automezzo, un forestiero mai visto dalle parti di Croivo e dintorni. In cabina non c’è posto, per via di mille cianfrusaglie che l’autista non poteva sistemare altrove, e Peppe non ha problemi ad accettare di accomodarsi sul cassone. Il suo fisico atletico lo assiste egregiamente, mentre si dà da fare per salire sul camion dal lato posteriore, e non tarda a dare il via per la ripartenza. Non è per nulla preoccupato dalla circostanza che il cassone sia occupato soltanto da una cassa da morto accostata all’abitacolo del guidatore con uno dei due lati lunghi. In mancanza di alternative, non si fa alcuno scrupolo nel sedersi sul coperchio della bara, cosa che avrebbe evitato volentieri, per rispetto verso l’eventuale inquilino, non per paura! Per effetto di uno di quei temporali estivi, che si presentano in una zona estremamente circoscritta quando meno te lo aspetti, il cielo si copre improvvisamente di neri nuvoloni. Peppe si rifugia precipitosamente all’interno della bara, rimettendo il coperchio al suo posto appena in tempo per non farsi sorprendere da una pioggia torrenziale. “Meno male che qui dentro non c’è nessun morto! -osserva con sollievo.- In due saremmo stati un po’ stretti!” A renderlo ancor più felice, provvede la presa d’atto che il fondo della bara è interamente occupato da un soffice e comodo materasso pronto per l’uso. Si sente talmente a proprio agio, che non tarda a cadere beatamente in un sonno tanto profondo da farlo assomigliare ad un vero cadavere. In questo frangente un secondo individuo, raggiunto ad un paio di chilometri dal paese, poco oltre la zona interessata dal temporale, mentre è in marcia verso la propria meta a piedi, chiede soccorso allo stesso camionista. Si tratta di Ciccio, un compaesano di Peppe, diventato proverbiale in tutto il circondario ed oltre per la propria avarizia. La sua spilorceria è tale che, per risparmiare i soldi del biglietto dell’autobus, non esita a spostarsi da un luogo ad un altro a furia di passaggi, quando gli va bene, a piedi, se gli va male. Non lo convincerebbero a cambiare idea neppure il terremoto più devastante o il diluvio universale! Ovviamente anche a lui viene posta, come condizione per la concessione del passaggio, la necessità di accomodarsi sul cassone. Figurarsi se Ciccio si lasci condizionare da un dettaglio tanto insignificante! Non lo smontano neppure l’enorme difficoltà di arrampicarsi su per la sponda posteriore del camion, il suo fisico mingherlino non gli consente di fare di meglio, e la circostanza che l’altro passeggero, quello menzionato dal proprietario dell’automezzo, non risponda alla sua richiesta di soccorso. Una volta arrampicatosi sul cassone, non nota la più pallida traccia del presunto compagno di viaggio. E’ inevitabile, dunque, che la bara lo induca a concludere con un tuffo al cuore che il tizio si riferisse al morto. “Bella compagnia!” mormora allarmandosi di brutto e tenendosi il più lontano possibile dalla bara, in coda al veicolo, pronto a saltare giù dal camion al primo accenno di pericolo Sotto l’effetto del terrore dei morti, che lo perseguita da sempre, non perde di vista la cassa da morto neppure per un attimo, aspettandosi di vedere saltare fuori il cadavere da un momento all’altro. Se avesse saputo in anticipo come stavano le cose, non avrebbe esitato a proseguire a piedi, in attesa dell’arrivo di un altro automobilista, a dispetto della necessità di far presto. Ora che si trova in ballo, paura o non paura, non se la sente di tirarsi indietro. Al proprio risveglio, volendo verificare se piove ancora, Peppe alza il coperchio di quel tanto che basta per tirare fuori un braccio, ignaro della presenza di un secondo ospite sul cassone. Ciccio, alla vista del braccio che si agita in tutte le direzioni, si convince che il morto ce l’abbia con lui, che voglia trascinarlo all’interno della bara, e si lancia giù dal camion in corsa con un urlo selvaggio. Per fortuna il camion ha appena superato una curva a gomito a velocità molto bassa. Così succede che il malcapitato finisca ingoiato da una montagna d’erba, oltre la strada, che attutisce notevolmente l’impatto col terreno. Preso atto con sollievo che l’erba lo nasconde alla vista altrui, Ciccio decide di rimanere immobile e silenzioso, sperando che il morto non lo scopra. Peppe si rende conto immediatamente della situazione e salta fuori dalla cassa da morto in preda all’apprensione più nera. Sebbene non abbia fatto in tempo ad osservarlo e pur continuando a non vederlo, non ha problemi a localizzare il fifone. Il fatto che il tizio non dia segni di vita lo rende ancor più ansioso. Lanciato l’allarme, si dà da fare per soccorrerlo nel più breve tempo possibile. Ciccio, scoperto e sempre convinto di avere a che fare con il morto, non ci pensa due volte ad andare in escandescenza. Per Peppe, sorpreso da una reazione tanto irrazionale, sarebbero veramente dolori, se il camionista non giungesse in suo soccorso. I due hanno il loro bel da fare, per indurre l’uomo alla ragione, e, quando ci riescono, si sentono accusare decisamente di tentato omicidio. Ciccio sostiene col fuoco negli occhi che Peppe si è messo d’accordo con i suoi familiari per ucciderlo, così da metterli nelle condizioni di prendersi la sua eredità, e che l’autista si è prestato al gioco per l’ottima riuscita del piano. “Vi denuncerò tutti, e vi farò finire in galera per il resto della vostra vita, mascalzoni che non siete altro!” sentenzia con la bava alla bocca, girando loro le spalle ed allontanandosi di gran carriera verso Croivo, per contattare, sostiene, il proprio avvocato. “Tranquillo, non lo farà! -garantisce Peppe all’indirizzo dell’autista.- E non per fare un piacere a noi. E’ talmente attaccato ai soldi, che tirare fuori un centesimo, per lui, significa privarsi di una costola, e l’avvocato costa!”


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Storie di cani: Tita

di Angela Sassu

Anche se io ho avuto tre cani guida, uno più bello e intelligente dell'altro, oggi voglio raccontarvi una storia vera vissuta con la mia prima accompagnatrice a quattro zampe. Si chiamava Tita, così chiamata dal suo primo padrone che evidentemente doveva essere un grandissimo ammiratore del calcio brasiliano. Infatti Tita e il soprannome di Sidney Cristiano dos Santos, un grande attaccante e poi allenatore degli anni passati. Ma torniamo al mio Tita, uno splendido pastore tedesco con i colori e tutte le caratteristiche tipiche della razza. Era una cagnolona dolcissima con gli umani e con tutti gli animali, tant'è che era riuscita a conquistare la gatta persiana di casa che come caratterino, era più simile ad una pantera! Io ero una giovane mamma con una bimba di circa due anni e abitavamo in una casetta in campagna; con un grande piazzale davanti. Questo spiazzo si restringeva in un vialetto che portava al cancello e ad una stradina tipo condominiale, che poi sboccava su una grande e trafficata strada asfaltata. A volte il cancello restava aperto per praticità ma quel giorno in cui si svolse il dramma che sto per narrare, avrebbe dovuto essere chiuso tanto che io ne ero convinta ma ahimè, mi sbagliavo perché qualcuno inavvertitamente, e quindi senza avvisarmi, lo aveva lasciato aperto. La mia bimba, era un animaletto selvatico, era una pedalatrice di triciclo che neanche Valentino Rossi poteva starle dietro, come tutti i bimbi della sua età, non era quasi per niente obbediente e, per poterla tenere d'occhio, diciamo così, aveva una campanella bloccata nel retro di una scarpetta; giocava, anzi direi correva, col suo triciclo nel piazzale, tentando di investire la povera Tita che faceva avanti e indietro con tantissima pazienza; ad un tratto, suonò il telefono dentro casa e io andai per rispondere, furono solo due o tre minuti e, al ritorno, la peste non era più lì ma pedalava a tutta velocità, cantando a squarciagola qualcosa di incompressibile dirigendosi verso il cancello... Un qualcosa di inenarrabile balenò nel mio cervello, prima il dubbio che il cancello non fosse chiuso e poi, il pensiero che Barbara da un momento all'altro potesse sbucare nella strada principale ed essere investita da qualche auto che sentivo sfrecciare veloci. Tremavo di paura e terrore e per un istante restai pietrificata senza riuscire a pensare e a gire… Per fortuna fu solo un attimo anche se a mè sembrò un eternità." Barbara, barbara..." chiamavo io con la voce strozzata dalla paura sperando con tutta me stessa che si fermasse ma lei era troppo presa dal suo gioco per sentirmi. a quel punto, ho chiamato Tita che mi è venuta a fianco mentre cercavo di inseguire alla meno peggio il bolide in fuga. Riuscii ad acchiappare il collare del cane che correndo accanto a me, cercava di allontanarmi dai rami delle piante e, quando ci ritrovammo sulla stradina, mi spingeva verso il centro per non toccare i rampicanti che fuoriuscivano dai muri di cinta. Fu nel mezzo del percorso del viottolo di circa 50 metri che udii il rombo di un camion che stava percorrendo la via asfaltata principale e che incrociava la stradina dove Barbara proseguiva la sua corsa e io con Tita dietro a lei... Ora la paura era diventata disperazione dopo che avevo pure perso una scarpa ed aver abbandonato l'altra, d'istinto ho lasciato il collare di Tita e le ho gridato: "Vai, vai e ferma Barbara, presto, presto!!!." Non so se è perché avesse compreso le mie parole o si era resa conto lei stessa del pericolo incombente ma, un fatto è certo, Tita è scattata in avanti come un fulmine a rincorrere la bambina e a bloccarla gettandosi davanti a lei facendola poi cadere sull'erba intanto che arrivavo io e cadevo sopra ad entrambe mentre il camion ci passava poco distante... Credo che una così grande paura non si possa dimenticare facilmente, infatti ricordo che, siamo rimaste abbracciate tutte e tre e mentre Barbara rideva, Tita scodinzolava felice, io sono crollata in un pianto liberatorio… Non so se sono riuscita a trasmettere in parole tutto il dramma che in quella occasione abbiamo vissuto perchè in certe situazioni al buio,le cose si svolgono talmente in fretta e con un sovraccarico di adrenalina che, le parole da sole, praticamente non rendono quasi per niente i fatti narrati... Grazie ancora mia dolcissima e amata Tita.


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Portami via

di Patrizia Carlotti

portami via dall’ipocrisia,
voliamo lontano dalla staticità di questi giorni tentacolari…
Corriamo veloci non facciamoci prendere…
Il tempo è messo in attesa,
lo stallo s’interrompe da lacrime e dolore per poi arrestarsi di nuovo e perdersi nell’oblio.
Portami via dalla tristezza,
colora di gioia l’attimo che fugge,
infondi in me la pace…
Portami via da questo grigiore,
via dal temporale violento in un caldo giorno d’estate…
Circondiamoci solo dalla luce e dalla purezza dell’amore…
Portami via insieme a teper sempre a scoprire nuovi orizzonti.


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Riflessioni e critiche

Vodafone: lo sapevate che

di Mario Lorenzini

I gestori telefonici, come quelli delle compagnie energetiche, ogni tanto se ne escono con una trovata delle loro. A parte l’opinabilità delle scelte commerciali, spesso si tratta solo di trucchetti per far spendere di più l’utente finale. Tipico di molti provider telefonici è includere nel pacchetto altri servizi (come la prenotazione dei posti al cinema…) che hanno un costo, non ben evidenziato in contratto. Naturalmente si possono togliere. E, dopo le prime verifiche dei costi, passati alcuni mesi, alcune ricariche, e essendo rimasti perplessi del come mai il credito scenda più del dovuto, si chiama l’operatore che, prontamente, poverino, fa da parafulmine a Vodafone, spiegandoci che è attivo il servizio tal dei tali e, ascoltata e ingoiata la nostra arrabbiatura per aver pagato qualcosa di cui non sapevamo disporre, ci disattiva il “servizio”. E, anche qui, attenzione! E’ un servizio qualcosa che ha una funzionalità a noi necessaria, gradita. Ma non qualcosa di oscuro che non utilizziamo, non richiesto. Ma, prima di accorgerci di questa furberia, mamma Vodafone ha già incassato un po’ di soldini. Tra le tante variazioni contrattuali applicate da Vodafone, già presente a fine 2016, di cui però in pochi si sono resi conto fino a poco tempo fa, la decisione di mettere a pagamento il numero 414, utilizzato per conoscere il credito residuo. Non ho verificato in dettaglio tutti i gestori del mercato; posso dirvi, così per citare nomi noti, TIM e Fastweb hanno il 40916 e il 4046, simili al 414, ma gratuiti. I 40 centesimi di euro estorti ai clienti Vodafone dopo ogni chiamata al numero 414 rimarcano la linea, o sarebbe meglio dire il solco, del nonsense puro. Evidentemente Questa società non sa più come battere cassa. Di certo non si fa buona pubblicità. Esistono delle alternative a questo numero. La più in voga è sicuramente quella di utilizzare l’app dedicata per monitorare i costi, ovviamente free. E’ chiaro che questa soluzione non sia attuabile su quei telefonini a tastiera che, può sembrare incredibile, sono ancora diffusi, specialmente tra le persone di una certa età. Quindi queste categorie, come le persone che non hanno dimestichezza con le interfacce web, sono costrette a pagare per conoscere quanto gli rimane da spendere sul cellulare. Altra alternativa è quella di chiamare il numero generale Vodafone, seguendo le indicazioni del menu, per arrivare alla voce dei costi. Certo è un percorso più lungo, che i non pratici della telefonia eviteranno. Si delinea pertanto uno scenario di piccolo imbroglio a carico delle categorie più deboli, quelle meno patite della telefonia e dell’informatica, che usano il telefonino solo per effettuare conversazioni o inviare saltuariamente sms. Dopo oltre un anno e mezzo di questa “bella novità”, mi pare difficile pensare a un passo indietro della società. Mi sembra però doveroso mettere al corrente quei pochi o tanti malcapitati, che ancora non si rendono conto che il numero 414 è a pagamento. E credo che l’immagine derivante di Vodafone sia davvero quella di una statua cadente, nonostante gli spot televisivi che la dipingono come il fornitore della maggior rete per telefonia e dati. Auguro alla stessa, e ai suoi dirigenti, che possano in futuro riflettere su scelte di mercato palesemente errate come questa.


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La missione dei corrieri

di Mario Lorenzini

Oggi, non sono solo le aziende a servirsi dei corrieri. I privati utilizzano sempre più spesso gli acquisti online. A volte la consegna della merce è delegata a poste italiane, molte altre volte, per vari motivi, ci pensano i corrieri espresso. La scelta del vettore ricade, con diversi effetti, sul destinatario. Esistono corrieri più economici, con un tempo di recapito a domicilio più lungo. Ce ne sono altri che sono in grado di consegnare in 24-48 ore, anche con imballi provenienti dall'estero. Poi, una piccola parte, si definisce "non espresso", e impiega anche 15 o più giorni per il proprio lavoro. A parte queste considerazioni iniziali, il lavoro espletato da questi operatori è sicuramente importante, di responsabilità e grande impegno. Molti di loro viaggiano tutta la notte per riuscire ad arrivare alla destinazione in tempo per il giorno successivo. Con condizioni climatiche di ogni sorta, raggiungendo gli utenti più nascosti. E' pertanto, a mio parere, un mestiere da valorizzare, forse un lavoro futuro da sfruttare. Sono purtroppo tristemente note le condizioni in cui questi lavoratori operano. Le ore lavorative sono molte, alcune non retribuite. Sono di poco tempo fa diversi scioperi, a carico di molti nomi noti, con lamentele circa il modo con cui queste figure sono pagati gli straordinari, nonché il basso stipendio di base. C’è da considerare il carico a cui sono sottoposte queste persone, unito all’elevato numero di consegne giornalieere da portare a buon fine. Mi sono imbattuto più volte in ritardi nelle consegne: materiale che avevo ordinato e che non mi era stato portato il giorno preventivato. C’è da dire che la maggior parte dei corrieri non avvisa telefonicamente del proprio arrivo. E accade molto spesso che il ricevente non sia in casa. Qualcuno di loro telefona in quel caso, ma pochi. Gli altri tornano alla filiale e ritentano il giorno successivo a portare a termine la spedizione. Questo è un ovvio disagio per l’utente finale che, oltre a non ricevere il pacco, è costretto a rimanere in casa per un lasso di tempo non ben definito, pena il rimando ai giorni dopo…Non sarebbe meglio fare una chiamata al destinatario? In fondo, con le tariffe flat dei cellulari, non costa nulla. Sgrava il corriere una volta per tutte dal suo compito, e i tempi vengono rispettati. Naturalmente la scelta del corriere è fatta dalla ditta venditrice, la quale si appoggia a uno o più specifici operatori per vari motivi, in primis la convenienza dovuta a un abbonamento economicamente vantaggioso al servizio; poi dipende ciò che si spedisce: esistono spedizionieri nazionali e altri che invece viaggiano in tutta Europa e oltre. Ci sono quelli delegati alla transizione di piccole buste o plichi, altri attrezzati con carrelli e sollevatori elettrici, adeguati per oggetti di grandi dimensioni e peso. Tra le mie esperienze di una certa rilevanza, posso raccontarvi il fattaccio accaduto con TNT. E’ stato il periodo in cui si parlava di quell’infiltrazione informatica che aveva danneggiato, per l’appunto, tra le varie reti informative, quella di alcuni corrieri. Dopo alcuni giorni di ritardo ho contattato la sede più vicina a me, quasi 30 km da casa mia. Chi mi ha risposto mi ha riferito della gravità del problema e che la merce era sì, da loro in magazzino, ma organizzata, dal punto di vista dell’archivio, in modo che tutto il tracciato se ne stava nei pc, al momento inutilizzabili. Quindi, il mio ordine era lì, da qualche parte, sugli scaffali di TNT, ma non sapevano dove. Dopo altri due giorni di attesa ritelefono e la situazione non era cambiata. Da appassionato informatico e persona di buon senso, capisco che, non solo questa ditta era organizzata male, come infrastruttura dei dati, in più non si stavano comportando bene nei miei confronti. Infatti, al mio insistere se mai avessero saputo quando il problema si sarebbe risolto, mi avevano risposto di venire a prendere il pacco in sede, cercandolo da solo. Io dico, ma se è tanto difficile rintracciare la merce senza riscontro informatico, come posso trovarla io, che sicuramente non conosco la disposizione sugli scaffali? Avrebbero potuto dirmi che, con calma, avrebbero effettuato, con me, una ricerca manuale. Inoltre, non vedo perché, visto che avevo pagato per la consegna a domicilio, avrei dovuto andare a mie spese, a ritirare il pacco. A questo punto dico ai “gentilissimi operatori” di TNT che non volevo più niente e che rifiutavo la consegna. Dopo ciò, ho scritto una mail al venditore, dicendogli che lui, il suo lavoro, l’aveva assolto, non era colpa sua ma del corriere se non avevo ricevuto niente. Gli avrei pagato comunque l’oggetto, anche senza riceverlo. E che è successo allora? La società in questione, comportandosi con modi da gentiluomo, mi ha risposto che non gli dovevo nulla. Avrebbe fatto rivalsa sul corriere. A distanza di tempo ho effettuato altri due ordini alla stessa società. Li ho ricevuti nell’arco di 1 / 2 giorni. Sapete perché? Pare che abbiano seguito il mio consiglio dato via e-mail, vale a dire cambiare spedizionieri. Adesso usano GLS. Ma chi è senza peccato scagli la prima pietra. L’ultimo acquisto in rete da me fatto, prevedeva l’arrivo nella giornata di lunedì, mi è stato consegnato da GLS venerdì. Ecco come è andata. Il corriere è passato per due giorni consecutivi, la mattina, senza avvisare. Eravamo, come tanti di noi, al lavoro. E non è ripassato di pomeriggio. Intorno alle 16 di martedì mi arriva una chiamata da parte del venditore che mi avvisa dei due tentativi (come li chiamano loro) di consegna, non riusciti. Gli rispondo che eravamo tutti al lavoro. Gentilmente, la signora mi chiede quando sarei stato disponibile. Di rimando gli propongo mercoledì o venerdì, dalle ore 12 in poi, ma non giovedì. Ed ecco la barzelletta. Me ne sono stato in casa tutto il mercoledì, ma il citofono non ha suonato. Giovedì pomeriggio, mentre ero al lavoro, mi squilla il cellulare: era il corriere che mi stava dicendo di essere davanti al portone del condominio e di non avermi trovato (ovvio!). Inutile spiegare che c’era stato un malinteso. Mi chiede lui direttamente quando sarei stato nuovamente in casa. Gli dico il giorno dopo, ossia venerdì, dopo le 12. Il pacco mi è stato consegnato (finalmente!) proprio venerdì, ma quasi alle ore 15! E va bene così, accontentiamoci. Mi sento di fare, ora più che mai, la cosiddetta critica costruttiva. So che sono parole già sparse al vento, gli operatori telefonici dei corrieri mi hanno dato ragione, io aspetto fiducioso che la musica cambi. Perché non contattare a quell’apparecchio ormai così diffuso chiamato telefono? Che sia fisso o cellulare? Non è solo una comodità dei destinatari del prodotto, questa cosa farebbe andare a buon fine una buona parte di consegne in più. Evitando sovraccarichi nei furgoni degli operatori, facendogli perdere meno tempo i giorni seguenti, per provare a riconsegnare. E meno male che ora ci sono le mail e molti avvisano con un messaggio sul giorno sicuro di consegna e una fascia oraria temporale il più ristretta possibile. In conclusione però, riconosco la grande valenza di questo lavoro. Mi sento di accettare anche qualche piccolo ritardo, come mi è successo con Bartolini, per carenze di personale. Del resto, come dicevo all’inizio, le persone usufruiscono oggi di questo servizio molto più che in passato. C’è la fiducia di comprare senza toccare, o magari vedendo una foto e leggendo una descrizione dal sito del fornitore. Un grande in bocca al lupo ai corrieri in generale per la loro grande opera.


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Caro signor Landi

di Francesca D'Alò

Caro signor Landi, Mi chiamo Francesca, sono non vedente praticamente dalla nascita e sono una lettrice del trimestrale “Giovani del 2000”. Leggendo l’ultimo numero del giornale sopra citato mi sono imbattuta nel Suo articolo intitolato “Cecità e ricerca” in cui Lei sottolinea l’importanza di combattere contro ogni tipo di cecità e il ruolo che la ricerca dovrebbe assumere in questo tipo di battaglia, fondamentale perché, a suo dire, la cecità è il peggior male possibile. Non ho niente contro di Lei anche perché non ci conosciamo neppure, e rispetto le Sue opinioni, ma leggendo il seguito del Suo scritto non ho potuto fare a meno di indignarmi per tante riflessioni che vi ho trovato. Da qui la necessità di risponderLe per dar modo ai lettori del giornale, di conoscere un altro punto divista e potersi fare un’idea con più elementi a disposizione. Lei ha ragione quando sostiene che i ricercatori dovrebbero impegnarsi per combattere la cecità e tutte le malattie che ad essa portano, ma allo stesso modo, ci si dovrebbe impegnare per combattere qualsiasi tipo di malattia dato che ci sono a mio avviso, malattie molto più invalidanti di quelle che portano alla perdita della vista così come ci sono menomazioni più invalidanti del non vedere. Penso a tante malattie metaboliche che portano l’individuo a una progressiva perdita di controllo delle funzioni vitali e poi alla morte, a tante malattie genetiche che portano tantissimi problemi fisici e non solo dato che molte portano anche a un ritardo mentale più o meno grave. Certo, non vedere è un bel limite, la vita da ciechi non è una passeggiata, ma chi può definire la vita una passeggiata? Inoltre, quando penso alle persone sulla sedia a rotelle, paralizzate dalla vita in giù o peggio, dal collo in giù, che hanno bisogno di qualcuno anche per le cose più elementari e intime come lavarsi e non possono essere autosufficienti in niente, oppure quando penso a tanti bambini che nascono con malattie degenerative gravi o grosse malformazioni o alle persone autistiche o con ritardo mentale, mi ritengo fortunata ad essere soltanto non vedente! Io almeno ho facoltà di intendere e di volere e i miei genitori non si devono preoccupare troppo di cosa sarà di me quando non ci saranno più! Non vedo, ma sono sana e non morirò precocemente se non mi capita un incidente, cioè non sono condannata a morte per definizione! Io non potrò fare tutto, ma almeno sono autosuficiente in ciò che riguarda la mia igiene personale, posso muovermi tranquillamente in un ambiente conosciuto e avrò bisogno di un aiuto per certe cose, di un occhio come diciamo noi ciechi in gergo, ma non ho bisogno di assistenza continua ventiquattr’ore su ventiquattro! Non è una fortuna signor Landi? Per lei è diverso, certo! Lei ha perso qualcosa che aveva e rimpiange questa perdita: ripensa con nostalgia a tutte le cose che poteva fare quando vedeva e che ora che ha perso la vista non può fare più, ma provi solo a pensare come sarebbe stato peggio se avesse perso oltre alla vista, anche la facoltà di intendere e volere e magari fosse costretto a vivere come un vegetale attaccato a una macchina! Io non conosco la Sua storia, non so come ha perso la vista né a che età, né quanto tempo è passato da quando vedeva ad adesso, né quanti anni ha, ma posso capire il suo scoramento e tutto ciò che Lei sente di aver perso e come viva tutto ciò come un limite. Capisco che la irriti chi definisce la cecità un valore aggiunto, ma vorrei che Lei comprendesse come mi irriti allo stesso modo chi la definisce una disgrazia e chi mi definisce una disgraziata perché non vedo e perciò ha pietà di me e mi commisera. Certo, la cecità non sarà un valore agiunto, ma non pensa che chi la definisce tale magari lo fa proprio per incoraggiare le persone come lei e cercare di far sì che non si buttino giù? Se uno è già depresso perché non ci vede, come pensa che si possa sentire se tutti lo vedono come un disgraziato? L’essere non vedente, per me che ci convivo da quando sono al mondo, non è né un valore aggiunto né una disgrazia: è una caratteristica come quella di avere ad esempio, i capelli biondi o gli occhi azzurri. Certo, è una caratteristica limitante, ma non una disgrazia o almeno, non la peggiore delle disgrazie. Ora, Lei mi potrebbe dire che è libero di pensare quel che vuole come io sono libera di fare altrettanto, ma il problema è che certe sue opinioni mi spaventano perché sono scritte in un articolo che altri ciechi o magari loro amici o familiari possono leggere e questo potrebbe essere deletereo per loro. Certo! Lei ha ragione quando dice che un cieco non può fare tutto come tanti invece asserirebbero, che non può fare tutti i lavori, certo, io non posso fare il geometra o il vigile o il saldatore, ma non per questo devo essere relegata a fare la centralinista o la fisioterapista! Posso fare l’insegnante, l’avvocato e con l’aiuto della tecnologia, magari posso fare anche un lavoro amministrativo. Certo, non potrò fare tutti gli sport e se ne farò qualcuno magari dovrà essere uno sport adattato, ma posso comunque fare sport. HO giocato a baseball per anni e certo, magari non potevo godere delle parabole che la pallina fa sul campo o di altri aspetti puramente visivima ho potuto godere della sensazione di giocare, di correre da sola all’aria aperta e di stare in una squadra con ciechi e vedenti. Certo, non ho solo problemi pratici, ma se ho perso la vista o anche se sono sempre stata cieca assoluta come nel mio caso, avrò anche problemi psicologici, ma ciò che mi angustia nella vita di tutti i giorni sono i problemi pratici di quando mi cade qualcosa e non riesco a ritrovarlo o di quando sono costretta sempre a dipendere dai mezzi pubblici perché non posso guidare una macchina o un motorino o una bici. Le dirò una cosa signor Landi: mi hanno cresciuta con l’assunto implicito “Questa cosa non la puoi fare perché non ci vedi” e questa frase mi veniva suggerita non verbalmente ma implicitamente per quasi tutto quello che avrei voluto fare o che mia sorella faceva e io no. Questo insieme ad altri fattori riguardanti il mio carattere e il mio vissuto familiare, mi ha resa una persona fragile e insicura, non troppo autonoma in tante cose anche se in altre mi sono riscattata, e da grande ho avuto una vera e propria rivelazione quando conoscendo altri non vedenti e confrontandomi con loro, hoscoperto che tante di quelle chose che a me venivano interdette, invece si potevano fare anche senza l’aiuto della vista! Ecco perché non voglio che passi il concetto che lei esprime, della cecità solo come limite! Non è questo quello di cui abbiamo bisogno, non solo noi ciechi, ma anche i normodotati che ci leggono! Questo tutti lo sanno già! C’è bisogno di sottolineare i valori positivi della cecità per fare in modo che la gente non ci guardi con pietà e non ci consideri degl’incapaci solo perché non vediamo! Sa quante volte vengo ferita da commenti di commiserazione che i passanti vedendomi camminare per strada fanno? Sa quante volte vengo ferita dalla loro mancanza di fiducia nelle mie affermazioni solo perché sono cieca o dal fatto che vogliono aiutarmi per forza anche quando non ho bisogno perché pensano che io abbia comunque e sempre bisogno di aiuto? Le giuro che queste sono le cose che mi feriscono e mi rendono triste, non l’essere cieca! Preferisco quelli che pensano che posso fare tutto anche se non vedo! Un altro concetto che non vorrei che passasse è quello che il cieco assoluto vive nel buio, in un mondo dove non c’è niente perché non ci sono le immagini e perciò manca la cosa più importante della vita. Capisco come a Lei manchi il mondo delle immagini, dei colori, della mimica e della gestualità e sicuramente manca anche a me se pure in modo diverso perché io non lo rimpiango come chi ha perso la vista da adulto, ma non è vero che il cieco vive in un mondo buio e triste, così come non è vero che il cieco è la persona più tranquilla del mondo perché non si rende conto di ciò che gli manca e si accontenta. Lei descrive il cieco come un uomo triste o inconsapevole, che non capisce nulla di ciò che gli succede intorno o di un film solo perché non vede, ma conosco ciechi che riescono a comprendere tanti fenomeni e a intuire tanto di più dei vedenti e che comunque si fanno descrivere ciò che non capiscono di un film potendo ridere anche loro di una situazione buffa rappresentata solo con le immagini o le espressioni! Lei dice che un cieco si perde tutta la bellezza del mondo, di quel mondo percepibile solo con la vista. Purtroppo è vero, ma non è vero che per questo un cieco non prova emozioni o non conosce il mondo della natura che lei descrive! Ci sono libri e documentari che descrivono quel mondo e non è neanche vero che un cieco non può apprezzare l’arte anche se certo, non può magari apprezzarla totalmente. Ciò che fa la differenza è la curiosità di una persona. Se si è curiosi allora si possono conoscere tante cose, ognuno a suo modo, se non lo si è si possono avere anche dieci decimi, ma certe cose non le si vedono nemeno e non si è diversi da un cieco che quelle cose non le vede davvero. Certo, tante cose un cieco se le perde purtroppo, ma sottolinearlo lo aiuta forse a stare meglio? Per la mia esperienza personale posso dire che far notare a un cieco quello che si perde non potendo vedere non fa che irritarlo perché sottolinea l’ovvio, e farlo sentire triste perché tanto non può farci niente. Allora cerchiamo di valorizzare ciò che il cieco può apprezzare e di trovare dei modi per fargli apprezzare ciò che si perde come ad esempio costruendo modellini tattili o descrivendo dov’è possibile. Io mi sento all’opposto rispetto al cieco che Lei descrive: certo, mi mancheranno le immagini, ma il mio mondo è fatto di suoni, di forme, di voci e di odori oltre che di consistenze, di storie e di sogni e tutte queste cose sono altrettanto importanti. L’immagine che lei descrive della spiaggia, per me non è un qualcosa di fantasma perché posso sentire le onde del mare e i ragazzi che vi sguazzano anche se non posso vederli! Posso sentire la sabbia sotto i miei piedi, il sole, il vento e l’acqua se decido di tufarmi e posso sentire l’odore del mare. Posso godere della natura anche senza vedere anche se certo, sono limitata, ma allora cosa devo fare? Devo spararmi? Lei non ci troverà tutti questi lati positivi in una vita senza la vista, senza immagini né colori, ma se mi piangessi addosso continuamente pensando a ciò che non ho o che non posso fare invece che alle cose che ho e che posso fare, questo non mi aiuterebbe. Già la vita è dura e complicata per tutti in generale e per i disabili in particolare, se ci si piange addosso non si fa che peggiorare la situazione. Ecco perché non sopporto chi lo fa perché non è utile né a se stesso né agli altri. Accettando i propri limiti e andando avanti con serenità pensando ai lati positivi di una condizione invece si vive meglio. Non è vero che solo perché non vedo non posso apprezzare il mondo, anzi! Posso apprezzarlo anchora meglio proprio perché non vedo! La mia curiosità, la mia sete di viaggiare e fare esperienze come andare a cavallo, pattinare e sciare è nata proprio dal fatto che quelle cose non vedendole fare, non le potevo esperire se non provandole e solo viaggiando o sciando o pattinando o cavalcando ho compreso tante sensazioni e tante cose che i vedenti magari comprendono vedendole in tv. Per concludere, non penso che lei sia in errore e io nel giusto: ognuno dice ciò che sente e questo va bene comunque, ma mi ha spaventata e irritata il suo scritto per le idee che contiene e ho voluto ridimensionarle portando idee opposte, proprio per aiutare quelli che come Lei vivono con tristezza e rimpianto la perdita della vista. Ho pensato a una persona appena diventata cieca che leggendo il suo articolo si sia immedesimata approvando tutte le sue parole, e per questo si sia intristita e scoraggiata ancora di più fino a pensare addirittura, magari, al suicidio, ho pensato a un genitore di un bambino cieco che leggendo il suo articolo si sia sentito ancor più scoraggiato di quandto non lo sia già. Quella persona o quel genitore conoscono già gli aspetti negativi della cecità che Lei sottolinea! Hanno bisogno di conoscere gli aspetti positivi! Di sapere che non è tutto nero, anzi! Perciò coraggio signor Landi! La vita è bella e degna di essere vissuta anche senza il dono della vista.


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Quando l'unione non fa la forza

di Mario Lorenzini

Per non uscire dal mondo di contraddizioni in cui viviamo, come pensare al senso di un titolo del genere? Qui c’è qualcosa che non torna…e, come ho appena detto, non è l’unica cosa di questo pianeta. Quindi, non stupitevi, è presto spiegato l’arcano. A che possiamo pensare? Ai sindacati? Queste associazioni, di varia categoria e impronta politica, dovrebbero fare, ma non lo fanno, il bene dei lavoratori. No, no, non iniziamo subito a pensare o ribattere con “ma che dice quello”, credetemi, e molti altri già lo sanno, ho perfettamente centrato il bersaglio. Questi cosiddetti “alleati” di chi, sempre più frequentemente, non viene rispettato per il proprio operato, per l’appunto, dal datore di lavoro, hanno perso tanto, tanto terreno. Dagli inizi del secolo scorso e, forse fino alla metà dello stesso, ci sono state rappresentanze che hanno permesso la continuazione della dignità degli onesti lavoratori, non appena si attentava agli stipendi o alle condizioni igieniche o di sicurezza degli stessi. Poi, con l’incalzare della politica, quella corrotta e perversa, le cose sono andate diversamente. Gli accordi dietro le quinte sono divenuti altri. I sindacalisti hanno calato le brache, accordandosi per un parziale mantenimento di un diritto assunto, ma perdendo altri privilegi? No, anche qui diritti, acquisiti nel tempo e con dure battaglie. E tutto, spesse volte, solo per mantenere la poltrona sotto il deretano, avere quella sensazione di comando che, un onesto dirigente, di un’associazione in difesa dei propri assistiti, non dovrebbe avere. E’ solo questione della solita mancanza di rettitudine. A volte, quando il membro del consiglio di un sindacato è molto giovane, i superiori gli insegnano come comportarsi. Riversano sull’ultimo arrivato tutta la sapienza fin lì imparata, le leggi, le gerarchie associative, i vari organi con cui dialogare, ecc. Tutto giusto. Ma poi l’anziano tende a strafare e, oltre a voler portare avanti un rapporto con gli associati non più al passo coi tempi, si vorrebbero frenare anche certe azioni utili ai lavoratori, sempre per quella bella politica di cui sopra. Ricordiamoci che un giovane è inesperto, ma ci mette poco ad apprendere. L’entusiasmo e la voglia di fare non sembrano essere ben accetti. Il collega anziano dovrebbe, a un certo punto, farsi da parte. E mettere via, se ci sono, e questo mi dispiace, gli interessi di qualsivoglia natura. Non si usano le associazioni per il proprio tornaconto! Avendo visto anche altre realtà associative, come le onlus, mi sono ritrovato di fronte a storie simili. E’ questo sicuramente un fatto grave, dato che tali associazioni, che hanno come fondamento l’assenza del lucro, nascono per aiutare persone caratterizzate da problemi, come malati affetti da varie patologie, o indigenti, comunque a sfondo umanitario. Eppure, vi posso assicurare che molte associazioni non fanno il loro dovere fino in fondo. I soci, o i membri del consiglio direttivo pongono in primo piano altre cose, non la priorità, il ruolo che riveste l’associazione. Molte volte la sede di questa istituzione viene vissuta da questi soggetti alla stregua di un circolo, all’interno del quale ritrovarsi per ridere, scherzare, magari prendendo un caffè e giocando al computer. Poi ci sono le riunioni; tante, troppe, inconcludenti. Gli anni passano, i soci denunciano il disagio, chiedono qualcosa a gran voce, ma senza essere ascoltati. Chi frequenta con regolarità i locali dell’associazione si comporta come se fosse un passatempo. Ed ecco il perché, sindacati e associazioni di vario genere, nascono e muoiono continuamente. Quelle che resistono storicamente, riescono a farlo con sostentamenti che provengono da varie fonti: in passato sovvenzioni statali, ora in netto calo; poi ci sono le manifestazioni che, oltre alla possibilità di far conoscere tali associazioni a tutti, prevedono una raccolta fondi da parte degli avventori. Ma anche qui le rispondenze sono al di sotto delle aspettative, in diminuzione. E’ oggettivo che ci siano un sacco di associazioni nel nostro paese ma che, inversamente, la gente non abbia più la liquidità dei tempi trascorsi. Di conseguenza, sono numerose le realtà associative, specie quelle più minuscole, che dimostrano una grave carenza organizzativa a causa di un minimo afflusso economico. Ciò è visibile anche entrando negli ambienti formalmente definiti come sedi, arredati in modo spartano, con materiale di fortuna, con difficoltà nel pagamento dell’affitto di quel locale. Per aggirare l’ostacolo alcuni soggetti ospitano la fisicità dell’associazione all’interno della propria abitazione, limitando al minimo gli accessi dei soci, che vengono indirizzati a un contatto virtuale, come e-mail, telefono e così via. Ci sono delle realtà che possono vantare il possesso di beni immobiliari, dai quali trarre benefici in termini monetari, come proventi da affitti o vendite. E, in qualche caso, soci facoltosi defunti lasciano una somma cospicua nelle casse della tesoreria, nella speranza che questo denaro sia amministrato saggiamente, nell’interesse comune. Non è detto che ciò succeda. Oppure, come accade solitamente, vengono perseguiti solo alcuni obiettivi, facenti parte sì, degli scopi associativi, ma che non rientrano nelle ultime richieste che molti soci hanno avanzato. Tutte queste associazioni hanno, come forza valente, il numero dei soci. Quando si è numerosi, si è anche più forti, a livello di rapporto con gli organi dello stato. Rientra pertanto, tra i cardini di ogni associazione, avere più iscritti possibili. Eccetto alcuni casi particolari, ogni socio è tenuto al pagamento di una quota, in genere annuale. Il versamento di tale importo può comportare dei vantaggi in termini di servizi erogati. Chiaramente, tali servigi devono incontrare le necessità, i bisogni, le aspirazioni del socio. Se ciò cambia nel tempo, il socio ha due opzioni: chiedere quel che lui reputa indispensabile per sé e magari, per altri compagni. In alternativa, in caso di mancato assolvimento delle richieste poste al consiglio, egli può decidere di non pagare la tessera. E’ un suo diritto, credo. Esprimendo così, il proprio disappunto circa la conduzione dell’amministrativo dell’associazione. Viviamo in un paese libero o no? La mia è solo una domanda, a voi la risposta. Però, se non concordo con ciò che pensa un’associazione, su come agisce, su quello che dovrebbe attuare ma non mette in pratica beh, non posso, non ho la forza di costringere tutto l’esecutivo ad accontentarmi. Però posso dissentire non rinnovando la tessera. E’ forse, un modo di protesta, affinchè i dirigenti, che non capiscono, o fingono di non intendere come mai alcune persone non siano più tesserate, la smettano di portare la carenza dei soci come punto di un’assemblea. Perché non chiedere ai soci quello che vogliono, semplicemente? Poi, ovviamente, non tutto può essere attuabile. Come ho detto prima, i dirigenti della sezione dovrebbero portare avanti progetti che i soci propongono, non qualcosa che piace solo a loro. Non ci lamentiamo poi che si deve essere uniti per lottare, non è bello frammentarsi in piccole associazioni. Quella è una situazione ottimale in cui i soci aventi diritto formulano richieste e, tenendo conto dei tempi e delle modalità di realizzazione, vedono esauditi i loro desideri. In concreto sono invece quelli che comandano, internamente all’associazione, a tirare avanti il carro dove e come vogliono loro. In questo caso, contrariamente al noto proverbio, l’unione non fa la forza. E allora, ognun per sé e Dio per tutti (altro adagio…)


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Cecità: lottare o accettarla

di Varo Landi

La Buona salute è uno dei maggiori beni primari che riguardano la nostra vita. Non ci sono dubbi. Però, qualcuno, riesce a farci confusione. Eh si, perché ho sentito dire da personaggi che la cecità non è una malattia, ma è una condizione...! E, così, se la cecità è una condizione ,si afferma la logica che, ce la dobbiamo tenere senza nemmeno tentare di curarne le cause. E, nemmeno lamentarci, perché, altrimenti, ci piangiamo addosso. E, anche questo concetto di piangerci addosso, espone a critiche chi vuole lottare contro le cecità. Io mi oppongo fermamente a questo concetto, dicendo che deve sparire dalle nostre idee. Ormai siamo cresciuti mentalmente, mentre la scienza ci propone un mondo in evoluzione, tale da portarci speranze. La cecità è una condizione si, ma è anche il risultato di una malattia o un trauma, o una degenerazione di uno o più geni. Pertanto dobbiamo ritenere che la cecità sia una malattia ,prima che una condizione . Le malattie possono essere curate ,almeno nei limiti delle conoscenze mediche. Questo è il concetto di base che deve guidarci. La cecità è una delle peggiori situazioni che possiamo avere. Ma, stranamente tante persone cieche si sentono fiere di essere cieche, ritenendosi persino di essere risorse: il colmo della ipocrisia! Io sono cieco da molti anni ,riesco a difendermi anche con lavoretti manuali usando il tatto e la mente. Ma, spesso mi rendo conto di creare problemi a chi mi sta intorno e mi vuole bene. Mentalmente chiedo scusa a mia moglie, alla quale non posso dare tutto come fanno le persone vedenti. Lei viene limitata quasi quanto me, dalla mia condizione di cieco assoluto e, supplendo ai miei limiti, lavora più di me, anche se cerco di pesare il meno possibile , aiutandola con le residue capacità personali e la volontà che mi contraddistingue. Ma, da qui, ad essere una risorsa ci corre molto. E sento mio dovere lottare anche per un rispetto verso di lei. Allora dico che diviene anche un nostro dovere cercare di combattere la cecità. Questo è un concetto importante che indica il nostro grado di civiltà e, di sensibilità. Si cade però, in un luogo comune, quello che vuole come impossibile uscire dalla cecità, creando un alibi alla mancanza di impegno. Non vengo a dire che dalla cecità si possa uscire ora. Dico che dobbiamo favorire i mezzi per uscirne. Dico che dobbiamo fare il possibile per uscirne. Oggi abbiamo un mondo scientifico assai avanzato che potrebbe aiutarci anche contro le cecità. Noi tendiamo, però, a non avere fiducia nella scienza , forse perché ci siamo creati la cultura del fatalismo. I ciechi sono grandi lettori che si sono fatti culture in tanti campi rimanendo arretrati proprio nel settore medico scientifico. Si giunge al paradosso che i ciechi siano pessimi aiutanti del mondo scientifico! Arrivando a credere che sia la scienza a non avere la volontà di guarirci, mentre sappiamo che alla scienza non sono dati sufficienti mezzi e stimoli. Però, preferiamo voltarci dall’altra parte. Spesso il giovane cieco si abbatte. Poi, si accontenta degli scarsi residui visivi rimasti, per accettare anche il buio assoluto concludendo che non c'è niente da fare. Magari non ha mai tentato niente, tranne che girare da un oculista ad un altro, senza trovare rimedio, incolpare il mondo scientifico. Non viene in mente che prima di trovare rimedi, i ricercatori devono studiare, cercare, provare, ecc.? Mentre le ricerche abbisognano di tempo, di controlli, di studi, ecc., mentre ci sono ostacoli, anche di provenienza etica e, di natura economica e politica. Potrei trovare chi mi contesta. Allora invito questi a controllare quanti contributi abbiamo dedicati alle ricerche contro le cecità. E' vero che abbiamo creato un gruppo per la prevenzione della cecità. Ma alla sua logica ci sono le cecità evitabili: le cecità acquisite e, quelle dovute ad atrofie del nervo ottico, o da traumi ,non contano, perché, ormai lì, non si può fare prevenzione. Qualcuno dice che mancano i fondi da dare alle ricerche. Ma santo cielo , dico io, si aiutano le ricerche anche con i riconoscimenti. Con la corretta divulgazione scientifica. Con l'informazione su i nostri centri di eccellenza. Con i ricercatori si deve dialogare, per mostrare interessi , anche perché i ricercatori investono volentieri nei settori dove ci sono richieste. I ricercatori sono persone dotate di intelligenza superiore, ma lavorano per guadagnare e, non per investire dove non esistono ritorni economici. Così trovo giusto divulgare e favorire gli interessi reciproci tra ricercatori e pazienti. Frequentando un forum, ho trovato che sono tante le persone che vanno all'estero per cercare un rimedio alla cecità. Non è chiaro cosa trovino: certo, poiché esistono organizzazioni lucrative, troveranno tante delusioni, sia perché cadute in tranelli, sia perché non tutto si può fare al momento, dove la medicina non ha risolto, ma, anche qualche miglioramento, a sentire qualcuno che era in tempo utile per curarsi, prima di perdite gravi. Non chiedetemi dettagli : si potrebbero aprire discussioni feroci. A me interessa diffondere il principio che solo la scienza può aiutarci e la scienza è fatta da ricerche . Ricerche costose. Il ricercatore deve essere gratificato e non considerato come un profittatore . Dare fiducia non significa essere creduloni, perché la fiducia la si concede a chi studia e ricerca, non a chi ti dice che ti curerà con un farmaco che non esiste, ma dovrebbe esistere in futuro. Come è accaduto ed accade. Il riferimento può riguardare il caso del professore che prometteva di usare la oncomodulina qualora entrasse in uso, per i suoi pazienti, mentre nel frattempo, si faceva pagare lautamente parcelle non fatturate e pesanti, dando solo integratori. Tante persone vanno all'estero per tentare di curarsi, attirate da pubblicità scorretta, mentre le nostre associazioni non sono preparate a informare con cognizione di causa. Certo che una cultura non si improvvisa. Sono sicuro che non tutti riterranno giusto il mio ragionamento, e non so con quanta buona fede. Magari, questi qualcuno, pur non credendo alla scienza, saltano da un oculista all'altro, per concludere che non c'è niente da fare, con ragione, perché non abbiamo tuttora mezzi. Sicuramente il sistema sanitario non ci aiuta con le tante inefficienze provocate da un mondo politico che toglie risorse, personale e tempo. Ma non è quello degli ambulatori il punto delle ricerche medico-scientifiche, come non lo è la farmacia. C’è chi dice che alle case farmaceutiche non conviene curare per guarire, semmai conviene vendere farmaci a vita ... ! Sembra davvero logico così. Ma se le nostre associazioni fossero adeguatamente preparate, potrebbero agire in sedi istituzionali, per aiutare i ricercatori e combattere le speculazioni. Purtroppo, siamo al paradosso che favoriamo una unica casa farmaceutica anche a livello istituzionale, mentre accettiamo che farmaci salvavista vengano venduti a prezzi esorbitanti, ed essere mutualizzati solo quando si giunge alla cecità, che è ormai, una condizione non riparabile. Intervenire precocemente salverebbe la vista e sarebbe molto più economico che intervenire tardi. Mi riferisco ai farmaci antiangiogenici. Anche per queste ragioni, da anni, cerco di sensibilizzare la UICI e i suoi iscritti affinché si vada in una direzione più vicina alle nostre esigenze di salute. Appunto, Il lato economico e sociale di noi tutti, è importante. Ma la salute e la vista sono più importanti. Lo scopo di questo articolo è quello di sensibilizzare, promuovendo riflessioni e prese di posizioni. Si invecchia, cari amici, non sempre potremo avere assistenze . Oggi vediamo male, domani non vedremo per niente. Oggi sopportiamo, poi dobbiamo cedere. Ecco, non tutti saranno d'accordo con me, io penso a quelli che si rendono conto e restano inerti e, ripeto a tutti: "le ricerche vanno verso le richieste, non verso i bisogni." Serve puntualizzare? Noi dobbiamo chiedere, dato che le richieste sono messaggi indicanti che noi ci siamo. Successivamente dovremmo essere coerenti. Voglio anche precisare che la scienza lavora anche per restituire la vista, non solo per evitare di perderla. Al cieco assoluto serve riacquistare, non prevenire. Pertanto ci serve tutto: prevenire, curare, riacquistare, supplire.


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Tempo libero

Marocco: correre scalzi sulle dune

di Linda Cavicchi

Ci sono al mondo dei luoghi meravigliosi, luoghi che per viverli e visitarli nel modo giusto bisogna mettersi lo zaino in spalla, arginare parte paure e pregiudizi e cominciare un nuovo percorso in città ed ambienti naturali che stupiscono e rigenerano. Magari non si torna a casa riposati, ma la testa è piena di quel bagaglio di odori, lingue, storie che non ti abbandona e rimane al tuo fianco anche nella vita dei soliti impegni. A febbraio siamo stati in Marocco, partendo dall’Italia in due accompagnatori e quattro viaggiatori non vedenti, in un viaggio pensato apposta perché si potesse fruire della bellezza di un Paese che offre tanti spunti per un percorso multisensoriale. L’inverno in Marocco non è certo caldo, e grazie ai consigli degli accompagnatori locali sapevamo che cosa ci avrebbe aspettato: neve sull’Alto Atlas, freddo in montagna, freddo la sera, freddo all’ombra dei palazzi della medina, freddo dentro le tradizionali abitazioni marocchine dove è difficile trovare il sistema di riscaldamento delle case a cui siamo abituati. Nonostante ciò, chi ci vedeva partire con piumino, sacco a pelo e maglioni di lana aveva in bocca la stessa cantilena: beati voi che andate in Marocco, “al caldo”! Dall’aeroporto di Marrakech, l’Alto Atlas svetta innevato in lontananza ed appena atterrati abbiamo immediatamente compreso la definizione che diede il governatore francese Lyautey riferendosi al Marocco, ossia di un paese freddo ma con il sole caldo. Noi europei venivamo presi in giro dalle persone del luogo, ormai abituate a tollerare temperature così altalenanti, e con il nostro tic di vestirsi, svestirsi, rivestirsi, appena la temperatura non era di nostro gradimento… A Marrakech ci hanno accolti i nostri accompagnatori locali, una coppia di italiani che vive da 13 anni “alla marocchina” nella medina di Marrakech. La loro conoscenza delle persone del luogo e delle loro abitudini e tradizioni ci ha guidato nella parte più insolita del paese, a partire proprio dalla città rossa, Marrakech, una di quelle città da mille e una notte dove la modernità sembra che voglia intrufolarsi nella tradizione, senza però riuscire a sostituirsi ad essa. Ci siamo lasciati trasportare nel cuore di una città che nonostante sia battuta dal turismo di massa conserva intatta un’anima autentica tra le strade labirintiche della Medina, dove si trovano le merci in vendita, dai tappeti berberi ai cappelli di lana, dalle spezie ai cestini, passando per molti oggetti dell’artigianato locale. È qui che si incontrano persone come il nostro Moustapha, il musicista berbero ci ha “iniziati” alle varie sonorità delle numerose etnie che popolano il paese: qui si sono incrociati i berberi, popolazione originaria del paese con gli arabi e poi con gli harratini, discendenti degli schiavi e provenienti dall’Africa sub-sahariana. Moustapha ci ha introdotto al variegato panorama musicale del Marocco attraverso un percorso alla scoperta delle sonorità di ciascun strumento. Ci siamo divertiti a fare a gara a chi fosse più bravo a mettersi in gioco… partendo dal presupposto che nessuno ha spiccato un senso del ritmo! Calata la sera, dal panorama sulla terrazza della casa di Monica e Roberto si sente il richiamo della preghiera, una corale che si rincorre sopra i tetti della medina, nel silenzio da sogno che si crea all’ora della preghiera serale che è ancora la più sentita dai fedeli del Marocco. Una volta abituati al suono della preghiera delle 5 della mattina, quando finalmente abbiamo capito come non perderci nella medina, dopo aver comprato spezie ed hennè, è stata ora di ripartire: il nostro viaggio non si fermava certo lì! Insieme al nostro simpaticissimo autista Zacharias che non ci ha mai abbandonati, sempre scortati da Monica e Roberto, abbiamo superato Tizin’Tichka, un passo a più di 2100 metri di altitudine, per arrivare a Telouet, dove il mercante di tappeti Mohamed ci ha portati attraverso i vecchi villaggi berbero ed ebreo a visitare la kashba, con gli splendidi saloni in marmo di Carrara, decorati con stucchi e mosaici, ed infine a farci riconoscere le varie tessiture dei tappeti tradizionali realizzati dalle donne berbere. Nel giro di pochi chilometri, il Marocco offre un ampio ventaglio di ambienti e paesaggi: diviso in due dalle montagne innevate, si arriva ad una zona a metà tra il deserto e l’oasi verdeggiante, la Palmeraie della valle del Draa. La presenza del fiume permette la coltivazione di palme da dattero, e noi abbiamo soggiornato ospiti di Abdellah, coltivatore locale che ci ha spiegato tutto sui metodi di coltivazione di questa pianta. Il sapore dei datteri lì non è lo stesso di quelli che troviamo nelle ceste di Natale… assaporarli in un pic-nic sotto le foglie di palma ci fa cambiare del tutto l’idea del sapore che dovrebbe avere questo frutto! E dal verde del palmeto è un attimo ad arrivare alle propaggini del deserto del Sahara con oasi di palme e accampamenti berberi. Siamo arrivati al villaggio di Tagounite, la porta del deserto, dove abbiamo recuperato la nostra guida del deserto Laarbi. Appena giunti al bivacco, siamo tornati bambini e ci siamo catapultati sulle vicine dune per affondare i piedi nella sabbia fresca e soffice, pulitissima, quelle dune di sabbia di cui parlavano i documentari alla televisione, finalmente sotto i nostri piedi… e il tramonto quando arriva ci sospinge di nuovo nelle tende per mangiare e cantare musiche berbere in compagnia delle nostre guide. Il nostro concetto di comodità lì si perde completamente. Non c’è il bagno? Come hanno fatto da sempre i berberi? Come si cucina senza cucina? Come si dorme senza cuscino? Possiamo davvero fare a meno della presa elettrica, della connessione wi-fi? Il deserto è magia, ti prende e ti rimane dentro. La passeggiata del giorno dopo ci ha fatto ammirare la vastità dello spazio, la variazione di terreno che anche il deserto può avere, ed arrotolati i nostri turbanti da “uomini blu” sulle teste, da una tempesta di sabbia in lontananza abbiamo anche potuto cogliere l’ostilità di un ambiente così estremo… ma intanto, il tè nel deserto l’avevamo preso! Ma abbiamo dovuto salutare anche il deserto: superato il passo di Tichka, ci siamo avventurati fino al paesino di montagna di Imouzzer, dove ci ha accolti Mohamed, il presidente dell’Associazione Wifaq: in questo paese infatti i soldi dei viaggi responsabili come il nostro sono andati per progetti di irrigazione e costruzione di due piccoli bacini di raccolta dell’acqua per le estati secche, hanno potuto distribuire l’acqua in tutte le case, hanno messo in moto programmi di scuola primaria e materna e programmi educativi in collaborazione con scuole di pedagogia, hanno organizzato campi di lavoro estivi per ragazzi italiani, hanno costruito un ponte sul ruscello che attraversa il paese, hanno finanziato progetti di raccolta ed incenerimento della spazzatura, corsi di alfabetizzazione per le donne e la costruzione della Maison des Femmes. Sono queste le attività che vengono finanziate grazie ad un tipo di turismo non invasivo, anzi, le comunità visitate sono protagoniste nella gestione del denaro o di una parte di esso e dirette beneficiarie dei risultati economici che ne derivano. Sapendo questo, viaggiare diventa anche più bello. A rivivere queste esperienze nordafricane torneremo nel 2019, ishallah! Nel frattempo però la trama dei viaggi accessibili si infittisce e vi comunichiamo le prossime partenze: Andalusia: Siviglia, Malaga e Granada, dal 15 al 22 ottobre Polonia: Varsavia e Cracovia, dal 25 ottobre all’1 novembre Parigi: dal 10 al 15 novembre Portogallo: Lisbona, Coimbra, Fatima e Porto, dall’1 al 7 dicembre Per info ed iscrizioni ai viaggi: Mail: info@planetviaggiaccessibili.it Tel: +39 328 8628934 (Paolo Casarin) Web: www.planetviaggiaccessibili.it


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Intervista ad Anadela Serra Visconti

di Giuseppe Lurgio

E’ con immenso piacere e con tanta emozione che vi presento una nostra nuova collaboratrice che ha gentilmente accettato di impreziosire questo nostro periodico con la sua elevata competenza fornendoci materiale scientifico da poter pubblicare sulle nostre pagine.. Sto per farvi conoscere la dottoressa Anadela Serra Visconti. Un personaggio famosissimo in quanto conduce trasmissioni televisive sulla RAI e che senz'altro molti di voi hanno già visto ad esempio su UNO MATTINA. Ma soprattutto famosissimo per la sua professionalità in quanto medico specializzata in chirurgia plastica e estetica.. Prima di passare all'intervista, o meglio alla chiacchierata come mi piace definire la serie di domande, che in questa rubrica porgo ai miei ospiti, voglio incollarvi qui sotto un sunto della biografia della dottoressa Anadela Serra Visconti tratta direttamente dal suo sito che è il seguente: www.serravisconti.com BIOGRAFIA Anadela Serra Visconti si è laureata in Medicina e Chirurgia all'Università degli Studi di Pisa. Successivamente si è perfezionata in Medicina Estetica alla Scuola Internazionale di Medicina Estetica della Fondazione Internazionale Fatebenefratelli di Roma. Ha ottenuto il diploma dell' "Anti-aging Medicine Specialization AAMS" (Barcellona 2004). E' Membro della Società Italiana di Medicina Estetica, della Società Italiana di Mesoterapia, della Union Internationale de Médecine Esthétique e della American Accademy of Anti-Aging Medicine. E' Docente di un Master di Comunicazione Televisiva per Medici ( "Il medico in tv: comunicare la medicina estetica") alla Scuola Internazionale di Medicina Estetica della Fondazione Internazionale Fatebenefratelli di Roma. E' docente di un master per medici : "Il medico in TV: comunicare la Medicina Estetica", presso il Master di Comunicazione Etica in Medicina - Facoltà di Medicina - Università di Pisa. Giornalista pubblicista, ha sempre integrato l'attività medica con la divulgazione scientifica, sia attraverso articoli e libri che ideando e conducendo numerose rubriche televisive. Dall'86 collabora con la RAI come consulente scientifico di programmi di salute, bellezza e benessere. Da anni conduce una rubrica settimanale dedicata al benessere e alla medicina estetica su "Unomattina" e "Uno mattina Estate" (RAIUNO). Nel corso degli anni ha inoltre collaborato con numerose trasmissioni, tra le quali: "Più Sani, Più Belli" (RAIUNO), "Cominciamo Bene" (RAITRE), TG 2-Salute e Medicina 33 (RAIDUE), "Vivere Meglio" (Rete4). Attualmente è in Tv con i suoi consigli a UNOMATTINA su RAIUNO. Svolge la sua attività professionale prevalentemente a Roma, dove dirige un centro di medicina estetica, il "Beauty Management Medical Institute". Esercita anche a Spoleto ("Spoleto Check-up"). Ha scritto quattro libri: " Piacersi " ( Gremese ed.) 1989 " Bellezza d'autore " ( Gremese ed) 1996 "Una mela al giorno..." - Ricettine cosmetiche per il viso e per il corpo (RAI-ERI ed.) 2000 "Bye-bye stress" - Come recuperare il relax con le tecniche del benessere (RAI-ERI Ed.) 2006 D) Rieccomi ancora una volta nel ruolo che tanto mi piace di "intervistatore!". Come dicevo nella breve premessa che precede queste domande, avremo una ospite di tutto rispetto e per questo faccio subito parlare lei altrimenti mi emoziono! Parto con la solita domanda cosiddetta "rompighiaccio", chi è Anadela Serra Visconti nella vita pubblica e in quella privata? R) La differenza tra Anadela Serra Visconti nella vita pubblica e quella privata è che forse, in quella pubblica, come medico emerge un po’ meno, diciamo così, un aspetto artistico perché sono molto amante dell'arte. Amo l'arte contemporanea, il teatro, la musica e mi piace fare anche cose artistiche in prima persona. Ne ho fatte alcune e spero soprattutto di farne altre. Credo che in ognuno di noi ci sia una componente artistica che, prima o poi, sente l'urgenza di emergere e a me a poco a poco sta sorgendo questa urgenza di far uscire fuori di me la mia parte creativa D) Leggendo il tuo curriculum vedo che sei stata intervistata da grandi testate come "Class", "Golf", "Capital", "The chemist", "L'alcione", "Allure", "Cosmesi in Farmacia", "L'Accademia dei giardini", "Roma estetica", "Salute" de "La Repubblica", "Gente", "Il Mattino di Napoli", "Espresso", "Panorama", "Gioia", "Vitality", "Chi", "Flair", "Vanity Fair", "Diva e Donna", "Vip", "Il messaggero", "Libero", "Corriere della Sera", "Corriere Canadese", "TV 7" ecc. Ora essere intervistata da GIOVANI DEL 2000, un piccolo periodico on -line fatto da disabili che sensazione crea in te? R) Partecipare al periodico Giovani del 2000 mi crea una sensazione di benessere, ma soprattutto mi dà voglia o quanto meno mi spinge a fare un tentativo, di rendermi un pochino utile, cosa che comunque cerco sempre di fare quando mi rivolgo agli altri parlando della mia professione dando dei consigli semplici e pratici. D) Consultando il tuo sito e leggendo la tua biografia e il tuo curriculum vedo che sei una donna veramente impegnatissima. Mi spieghi come fai a fare anche altre cose come spettacoli con fini solidali e addirittura cantare e fare teatro! TI va di parlarci un po’ di questi tuoi per così dire "hobbies "? R) Tu li chiami hobbies, il teatro e tutte le mie performance, ma in realtà io non li considero hobbies ma delle vere e proprie esigenze! Io spero di finire la mia vita dedicandomi di più a queste cose perché, come ti dicevo prima, fare teatro, esprimere se stessi in forme artistiche, secondo me è un esigenza. Forse sbaglio, ma credo che l'abbiamo un po’ tutti basta solo tirarla fuori quando qualcuno ti stimola a farlo o come ho già detto quando senti forte l'esigenza. D) Bene, prima di passare a qualche domanda più per così dire "seria", intuendo anche la curiosità dei nostri lettori e particolarmente lettrici ti chiedo, tu sei nata in Argentina, come mai poi hai deciso di vivere in Italia? E legato al lavoro o a un fatto affettivo? R) A proposito dell'Argentina diciamo che io ho vissuto in Argentina fino a 13 anni, quindi non ho una vera e propria nostalgia anche se ti dirò che mi piacerebbe tornare. In effetti ho fatto il liceo in Italia, poi mi sono laureata a Pisa e quindi la mia vita si e svolta in Italia. Diciamo che sono affezionata sia all'Argentina come ricordo e mi piacerebbe ritornarci perché ci sono ritornata una volta ma molti anni fa, ma ovviamente sono molto affezionata anche all'Italia. D) Bene, dopo alcune domande, per così dire frivole, entriamo nel vivo della nostra chiacchierata e ti chiedo così a bruciapelo: in base ai tuoi studi oggi, il processo di invecchiamento del nostro corpo si può non dico fermare ma almeno rallentare di molto? R) Rallentare l'invecchiamento è una decisione. E una decisione che prendiamo noi, prima di tutto, con la nostra testa. Se la mente decide, il corpo poi risponde di conseguenza perché bisogna incominciare a pensare "giovane" e poi anche il corpo rimane giovane perché non assumiamo tutti quegli atteggiamenti legati all'invecchiamento. In parte bisogna effettivamente prendersi cura del proprio corpo ma e quasi tutto legato al nostro modo di pensare. D) Una domanda un po’ "provocatoria". Leggo che oramai per curare inestetismi non si usano più SOLO le vecchie soluzioni della nonna fatte di maschere o unguenti con prodotti vegetali ma in certi casi si ricorre a tecnologie o addirittura a prodotti chimici, vedi ad esempio TOSSINA BOTULINICA, TECNICA DEL FILLER "NASCOSTO", RADIO CAVITAZIONE, INTRALIPOTERAPIA ecc. CI Può essere il rischio di diventare belle ma nello stesso tempo di danneggiare qualche altro pezzo del nostro caro corpo? R) Allora io ho sempre dato molta importanza sia alle tecniche diciamo "naturali" che alle tecniche più sofisticate come le iniezioni di acido ianuronico, la tossina botulinica ecc. perché credo che si debba sempre integrare le cose. Voglio dire comunque che tutte le tecniche possono essere dannose quando sono mal utilizzate. Se invece sono utilizzate da un medico che abbia frequentato dei corsi corretti di medicina estetica chiaramente non vi è alcun pericolo, anche se è pur vero: bisogna fare prima un’anamnesi del paziente, insieme a una diagnosi di eventuali problematiche e poi naturalmente un check-up ovviamente con analisi del sangue e altro in base a tutta una storia del paziente. Dopo di ciò queste tecniche possono essere molto sicure e dare grandi benefici se ovviamente come detto sopra, sono precedute da una buona osservazione clinica ed eseguite da un medico che sappia usare bene queste tecniche. D) Per prevenire e migliorare il proprio aspetto fisico si è sempre in tempo o prima si parte e meglio è? Ci si deve preoccupare già in tenera età o ad esempio bisogna prendere provvedimenti solo quando scattano dei campanelli d'allarme? R) Dunque per migliorare il proprio aspetto fisico posso dire che si è sempre in tempo. Naturalmente la prevenzione e sempre la cosa più auspicabile ma non c'è un età giusta per incominciare. L'età giusta per la prevenzione è in giovane età perché esiste una cosmesi corretta che ci può prescrivere ovviamente il medico estetico e che può prevenire un invecchiamento precoce, può prevenire le rughe, con una corretta alimentazione può prevenire la cellulite o aumenti di peso ecc. Ma diciamo contemporaneamente che non è mai troppo tardi, quando uno ha voglia di migliorarsi. D) Sento spesso citare un luogo comune che sostiene che frequentare un centro estetico e sottoporsi a determinati trattamenti non e un privilegio per molti in quanto ci vogliono tanti soldi. Tu cosa puoi dire al riguardo? R) Rispetto ai soldi che ci vogliono per fare trattamenti estetici direi che se uno va da un medico estetico corretto intanto insegna un tipo di cosmesi, un tipo di alimentazione e attività fisica che si può fare poi tranquillamente a casa spendendo molto meno perché io sento spesso parlare di creme che costano centinaia di euro nelle profumerie, poi sento di terapie miracolose che vengono praticate di qua e di là. Io normalmente prescrivo, e noi medici estetici se siamo corretti prescriviamo solo prodotti di farmacia che hanno dei costi molto più bassi perché le creme di profumeria debbono avere il pacchetto lussuoso e poi c'è l'eventuale testimonial che può essere Claudia Schiffer o la Bellucci o altri personaggi famosi, quindi con ciò hanno costi più alti che la farmacia non ha. D) Negli ultimi anni si è verificato un aumento considerevole di persone di sesso maschile che frequentano assiduamente centri estetici. Secondo tè da dove nasce questa tendenza che un tempo era prerogativa delle donne? R) Frequentare i centri estetici non e stato affatto una prerogativa delle donne. Gli antichi Greci o i Romani erano soprattutto uomini. Nel ‘700 si mettevano parrucche e si imbellettavano anche gli uomini! D) Un tuo libro che si intitola “Una mela al giorno” parla di ricette di bellezza semplici naturali ed economiche fatte in casa con prodotti semplici da reperire. Quindi si può curare il proprio aspetto stando comodamente a casa? R) Nel mio libro "Una mela al giorno" do delle ricette naturali e molto semplici soprattutto maschere che si possono preparare all'istante e chiaramente non, avendo conservanti, non sono cose che si possono tenere a lungo in frigorifero. Vanno preparate e utilizzate. Molto spesso do come maschera uno yogurt intero bianco con dentro un cucchiaino di olio di oliva e qualche goccia di limone. Oppure suggerisco olii naturali come l'olio di mandorle dolci, o l'olio di germi di grano, l'olio di sesamo. Questi sono tutti olii che si trovano facilmente in erboristeria e che possono sostituire benissimo le creme anche per il corpo con costi molto più limitati. Di solito basta un olio, ad esempio quello di mandorle che è multiuso perché serve per struccarsi e poi come olio dopo bagno o dopo doccia per idratare la pelle, ottimo per fare impacchi nei capelli, quindi diciamo che con un solo prodotto possiamo fare tutta la cosmesi del nostro corpo spendendo tra l'altro pochissimo! D) Anatela Serra Visconti ha un sogno nel cassetto che vorrebbe si realizzasse e che ci vorrebbe confidare? R) Il segreto nel cassetto, bè certo c'è l'ho, però ve l’ho confessato anche prima! E un po’ dedicarmi sempre di più a tirar fuori la mia parte creativa legata all'arte che poi e una cosa che mi dà molta gioia. Ultimamente ho fatto un monologo scritto da me che poi ho recitato in una manifestazione, e sono stata anche applaudita e questo mi ha molto gratificata. D) Gli ospiti di questo spazio di solito lasciano ai lettori e lettrici un aforisma, un detto un loro pensiero o una loro filosofia di vita. Ti va di farlo anche tu? R) Bè, io non ho aforismi particolari da dare perché sono una che tende a non voler insegnare, piuttosto a voler imparare dagli altri. Vi posso dire che è importante vivere molto il presente evitando di vivere di ricordi perché questi sono una valigia piena zeppa che non lascia posto per le novità. Ecco invece cercare di svuotare un po’ questa valigia vivendo di più il presente e aprire il più possibile la mente a tutto ciò che e nuovo e a tutto ciò che non conosciamo, a tutto ciò che è imprevisto. Più la nostra vita è come una valigia un po’ vuota, e più la possiamo riempire di cose nuove e questo ci mantiene giovani D) Bene, siamo al termine di questo simpatico incontro. Voglio ancora ringraziarti per questa chiacchierata così piacevole che nonostante i tuoi impegni hai voluto concederci e per tutto ciò che ancora farai per il nostro periodico e soprattutto per le nostre lettrici. Io insieme alla Redazione ti salutiamo con un "arrivederci" e ti auguriamo solo belle cose! R) Sono stata veramente felice di conoscere te e GIOVANI DEL 2000! Un saluto ai lettori e lettrici e a tutti voi della redazione!


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Per sorridere un po

di Giuseppe Lurgio

*) LA DONNA, questa assurdità... A 15 anni fa la dieta; a 20 anni fa la dieta; a 30 anni si sposa e ancora fa la dieta... a 40 divorzia e cosa pretende??? GLI ALIMENTI!!! Ma CAVOLO!!!?? Non stavi a dieta??? *)Un avvocato particolarmente convincente è riuscito far assolvere il suo assistito che aveva ucciso sua madre, sua moglie e sua sorella. Prima che l'imputato esca, il presidente gli dice: "Poiché lei ha ancora un padre, non mi rimane che dire: A presto!". *)Caro Antonio, qualche giorno fa mi è capitata una cosa veramente insolita. Come sai sto per sposarmi e mi sono recato a casa della mia fidanzata per discutere con sua madre della lista nozze. Ci siamo resi conto che avevamo inserito troppe cose nella lista e così ne abbiamo approfittato per tagliare qualche voce qua e là. A un certo punto la mia futura suocera ha cominciato a guardarmi e mi ha detto che entro un mese sarei stato un uomo sposato e che avrebbe sempre desiderato fare del sesso con me! Come sai è una donna ancora molto bella e con un fisico notevole! Lei a quel punto si è tolta il maglione restando con una camicetta sbottonatissima e guardandomi intensamente negli occhi... ho deciso subito cosa dovevo fare e sono uscito dalla casa! Appena fuori ho trovato suo marito, nonché mio futuro suocero, appoggiato alla mia auto e lui sorridendo mi ha stretto la mano. Lei è uscita e insieme mi hanno detto che era una prova per capire se io ero una persona di cui potersi fidare e che a quel punto erano felicissimi per la figlia che avrebbe avuto un marito stupendo. Bè, caro Michele,io conosco la tua futura suocera e ti assicuro che se hai rinunciato a lei hai avuto proprio una grande forza di volontà!Bravo! Macchè forza di volontà, io ero uscito per andare a prendere i preservativi in macchina! *)Avviso affisso in una clinica privata: I signori pazienti con patologia cardiaca sono pregati di recarsi in segreteria per saldare il conto solo quando le loro condizioni saranno sensibilmente migliorate. *)Tre turisti a New York arrivano la sera tardi in albergo e si apprestano a raggiungere le loro stanze, al 45° piano, ma il portiere, contrito, li informa che gli ascensori sono guasti e fino al mattino dopo non c'è speranza di riparazione. I tre, dopo un attimo di sgomento, decidono di prenderla sportivamente e uno di essi dice agli amici: "Facciamo così. Lasciamo i cappotti che sono pesanti e qualche borsa che non ci serve subito qui al portiere e saliamo pian pianino. I primi 15 piani io vi racconto una storiella allegra, dal 16° al 30° ne racconta una Marco e dal 31° in su Giacomo. Così fanno e giunti al 31° piano il primo dice: "Su, Giacomo, adesso tocca a te!". E quello, con un'espressione disperata: "Sì... ma sarà una storia triste: ho lasciato le chiavi nel cappotto...". *)TARI Ho pagato 1500 euro di tassa sui rifiuti. Se sapevo che la spazzatura valeva così tanto, non la buttavo, la tenevo in casa! *)Avviso in fabbrica: "Le operaie che indossano maglie troppo larghe facciano attenzione alle macchine e quelle che le indossano troppo attillate facciano attenzione ai macchinisti!". *)Un tipo si butta con il paracadute ed è tutto preoccupato perché teme che il paracadute non si apra. L'istruttore lo rassicura: "Non ti preoccupare perché hai due paracadute di emergenza: se non si apre il primo, lo sganci e apri il secondo e se non si apre il secondo c'è il terzo". Il tipo si butta e, giunto all'altezza convenuta tira la maniglia del primo paracadute: niente! Comincia a sudare freddo ma resiste e sgancia il primo paracadute. Tira la maniglia del secondo ma anche questo non funziona. Disperato si appresta ad aprire il terzo. Ma anche il terzo ha dei problemi e non si apre. Ormai morto di paura, mentre precipita come un proiettile verso terra, vede un altro tipo in tuta blu che invece sta schizzando verso l'alto come un missile. Quando si incrociano disperato gli chiede: "Ehi tu, te ne intendi di paracadute?". E l'altro: "E tu te ne intendi di caldaie?". *)Inghilterra. Scompartimento di un treno. Un americano decide di attaccare bottone con un inglese, (bombettina, ombrello e Times sotto il braccio), e gli fa la morale proprio sulla riservatezza: "Certo che voi inglesi siete davvero troppo chiusi, troppo riservati. Per esempio, sono due ore che siamo qui, insieme, nello stesso scompartimento, e lei non ha scambiato nemmeno due parole. Con la sua aria superiore continua a fare finta di leggere il Times... Noi americani, al contrario, siamo più rilassati, più socievoli. Probabilmente viene dal miscuglio dei popoli... Prenda me: ho sangue italiano, sangue francese, un po' di sangue indiano e anche un po' di sangue svedese... Lei che ne dice?". "Sportiva, vostra madre, sir". *) Un tizio si reca da un terapista con aria molto depressa e gli dice: "Dottore, mi aiuti. Ho 35 anni e non ho la minima fortuna con le donne. Per quanto ci provi ripetutamente i risultati sono disastrosi". Il dottore lo incoraggia: "Caro amico, questo non è un problema grave. Bisogna avere fiducia in sè stessi. La aiuterò a guardare dentro di sè e vedrà che i risultati saranno in breve eccezionali. Però la cosa più importante è che lei ogni mattina si deve guardare allo specchio e con forte convinzione si deve dire: 'Io sono una persona eccezionale, divertente, intelligente e attraente'. Vedrà che nel giro di un mese i suoi problemi saranno risolti e un sacco di donne le ronzeranno attorno". L'uomo, contento dei consigli del terapista, lascia lo studio del medico. Passa un mese e il tizio ritorna con una faccia funebre dal dottore che gli chiede: "Allora? I miei consigli non hanno funzionato?". E il tizio: "Oh, no. Hanno funzionato, eccome! Sono circondato giorno e notte da donne favolose e sensuali". "E allora dov'è il problema" gli fa il dottore. E il tizio: "Io non ho problemi. È mia moglie che ne ha". *)Un matto esce dall'ospedale ed è fermamente intenzionato a comprarsi una Ferrari. Con le sole 500 euro che ha messo da parte gli danno lo sterzo e così si mette a correre, a piedi, con il volante in mano. Si ferma a un rifornitore e dice al benzinaio: "IL PIENO". Il benzinaio lo guarda e gli agita una mano davanti agli occhi per vedere se quel tizio è sveglio... E lui: "Ti ho detto di farmi il pieno, NON DI PULIRMI IL VETRO!".


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