Giovani del 2000

Giovani del 2000

Informazione per i giovani del III millennio

ANNO XXII numero II (77) giugno 2020

Direttore
Maurizio Martini
Vice Direttore
Prof. Antonio Quatraro
Redattori
Massimiliano Matteoni
Luigi Palmieri
Giuseppe Lurgio
Sito web
Mario Lorenzini
sede
via Leonardo Fibonacci 5, 50131
Firenze (FI)
Telefono e fax 055 580523
E-Mail redazione@gio2000.it
Sito internet www.gio2000.it
Tipologia: periodico trimestrale
Pubblicazione registrata presso il Tribunale di Firenze al n. 4197 del 26.06.2000

Gli articoli contenuti nel periodico non rappresentano il pensiero ufficiale della redazione, ma esclusivamente quello del singolo articolista.

Rubriche


In questo numero:

Editoriale
Il lock down è veramente finito? di Mario Lorenzini
Cucina
Il piatto unico di Rossana Badaschi
Cultura
I fratelli sono sempre diversi di Andrea Giachi
Pelle sana con 3 albicocche secche al giorno di Anadela Serra Visconti
Rilassare il corpo, rilassare la mente di Anadela Serra Visconti
Le parole sbagliate di Mario Lorenzini
L'aria come terapia di Giuseppe Lurgio
Il coronavirus e i disabili di Stefania Doronzo
Filosofia
Il tappo della gazzosa di Vito Coviello
Informatica
Gli ultimatum di Microsoft: Windows 7 niente supporto di Mario Lorenzini
Basta con i pop-up di notifica! di Mario Lorenzini
Tutta la nostra tecnologia al tempo del Covid-19 di Mario Lorenzini
Medicina
Pandemia da SARS-COVID-19: Prospettive diagnostiche. Stato dell’Arte di Stefano Pellicanò
Parliamo di farine di Rossana Badaschi
Novità in sanità pubblica: V parte (VII) di Stefano Pellicanò
Novità in Medicina: XVI parte di Stefano Pellicanò
Prospettive terapeutiche farmacologiche e vaccinali per SarsCov2. Stato dell’Arte di Stefano Pellicanò
COVID-19: il vaso di Pandora è stato scoperchiato di nuovo? di Stefano Pellicanò
Novità in Farmacopea: XVI parte di Stefano Pellicanò
Racconti e poesia
Viola di Silvia Pecchioli
Donna Rosa di Patrizia Carlotti
Giannina e donna Peppina di Giuseppe Furci
Addio di Antonella Iacoponi
Riflessioni e critiche
Quando ripartirà il turismo in Italia? di Flavio Lucchini
Gli abusi di potere dei gestori della legalità di Mario Lorenzini
"Io non vedo, dammi una mano per mantenere le distanze" di Flavio Lucchini
Tempo libero
Suicidio mancato di un avaro di Varo Landi
Tutti i colori del West di Gianfranco Pepe
Per sorridere un po di Giuseppe Lurgio
Comunicati
La musica incontra il Vangelo La storia dei The Sun di Martina Ortis
La Girobussola non si ferma! di Paolo Giacomoni
Sorriso e cecità… un binomio che fa sorridere di Sabrina Baldin
Il villaggio del fanciullo S. Antonio a Matera Un qualificato servizio di carità, di formazione umana e sociale di P. Angelo Sardone, rogazionista
Offerta Pacchetti Speaky Facile di Office Center

Editoriale

Il lock down è veramente finito?

di Mario Lorenzini

Siamo davvero oltre il fiume? Dopo la fase 2 siamo tornati alla normalità? Una cosa è certa. Questa esperienza ci ha segnato profondamente, per sempre. Nel bene e nel male. Molti hanno avuto problemi psichici derivati dal confinamento. Le attività hanno perso… praticamente tutto. I rapporti sociali sono stati spezzati. La mia speranza guarda ai più attenti e pazienti che sapranno trarre le conclusioni più vicine alla verità: chi o che cosa ci ha portato in questa situazione? E, soprattutto, possiamo fare qualcosa e, che cosa, per evitare catastrofi analoghe in futuro? Ecco l’unico dato positivo. La consapevolezza che non siamo superuomini e che dovremmo fare molto di più per non ritrovarci tra un po’, daccapo. La globalizzazione, le interconnessioni telematiche, i rapporti commerciali; ma anche l’estesa possibilità di viaggiare, visitare paesi sull’altra faccia del globo, dove ci sono amici e parenti che, un secolo fa, avremmo potuto incontrare una sola volta nella vita. Tutto questo ha portato numerosi vantaggi ma, ahimé è stato il veicolo principale del virus che ci ha colpiti. Avremmo dovuto pensarci. Se lasciamo la porta di casa aperta, ecco i nostri parenti che ci regalano la loro presenza, ma poi, potrebbero arrivare i ladri. Forse è bene chiudere. O controllare meglio chi passa davanti casa e decidere se farlo entrare. E, in caso di ingressi indesiderati, inaspettati o non valutabili in un primo momento, essere in grado di respingerli. Il ritardo o l’inadeguatezza, se non l’assenza di misure similari, hanno contribuito ai numeri dei terrificanti bollettini a cui i servizi di informazione ci hanno abituato. Contagiati, guariti e morti. Tutto è stato modificato in maniera tanto più incisiva in quei paesi dove è mancato il supporto per combattere questa pandemia. In piccolo, anche questo giornale ne ha risentito. Siamo stati più tempo in casa, sono pervenuti più articoli. I viaggi che il nostro amico Pepe condivide con noi, non ci saranno nel prossimo numero; le associazioni che organizzano viaggi, ora parlano sì, di pianificare, ma in un modo più sicuro, tradotto asociale, da rimandare in uno sperato prossimo giorno, indefinito; gli articoli di medicina si riempiono di Covid-19. È l’argomento del momento, del quale avremmo fatto volentieri a meno. La soluzione a tutto ciò non ce l’ho nemmeno io. Posso dire, in parallelo con chi è sulla mia stessa lunghezza d’onda che, un sistema per risolvere un problema è quello di … non crearlo e basta. Chiamatela come volete: utopia, esagerazione, valutazione sbagliata. Ma non si possono negare i fatti. Per un errore il virus è stato rilasciato da un laboratorio o è frutto di leggerezza igienica che ha permesso i primi contagi animale-uomo; per altri errori si è favorita la proliferazione della malattia. E per altre incapacità direttive o eccessiva e assurdamente presente burocrazia, si è stati tardivi nell’adottare strategie di contenimento, adoperare farmaci sperimentali. E i miseri compensi ai ricercatori italiani che, certamente, non spingono nella difficile individuazione di cure e vaccini. Quel poco di bene che ho citato in apertura starebbe nel ravvedimento, nell’ammissione di aver adottato una politica dannosa. Ma l’uomo ha ancora la capacità di imparare, soprattutto dai propri errori?


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Cucina

Il piatto unico

di Rossana Badaschi

IL piatto unico ed i vantaggi per la nostra salute. Ora mettiamoci al lavoro… Scopriremo come sia semplice portare in tavola piatti completi adatti anche a coloro che devono tenere sotto controllo i valori del colesterolo cattivo (HDL), per intolleranti al latte o derivati o persone che escludono alimenti di origine animale dalla loro dieta. Se siete appassionati della sana cucina si trovano differenti preparazioni con ricette di piatti unici (alcune veloci altre più laboriose) anche in base alle stagioni. Ecco quindi qualche suggerimento gastronomico per realizzare piatti unici sperimentando ricette e gusti nuovi da aggiungere ai nostri menù quotidiani. Ingredienti, per qualcuno, inusuali ma che hanno una storia da raccontare e profumi da scoprire e che sapranno sicuramente valorizzare ed esaltare la preparazione di piatti alternativi, sani, sfiziosi, saporiti e a basso impatto ambientale. Bulghur ortolano con prezzemolo e noci 2 bicchieri di bulghur, 400 g di polpa di pomodoro a pezzetti, 4 carote, 160 g mais giallo, 50 g di noci, un trito di cipolla, sedano, olive e prezzemolo, olio extra-vergine di oliva, lievito di birra in scaglie, salsa di soia, sale integrale Sciacquate il bulghur e mettetelo in una pentola con il doppio del volume di acqua, portate ad ebollizione, aggiungete un pizzico di sale e spegnete il fuoco; sarà pronto dopo circa 15 minuti ed avrà completamente assorbito l’acqua. Nel frattempo mondate e lavate le verdure. Ponete un cucchiaio di olio extra vergine di oliva in una pentola antiaderente e fate insaporire il trito di prezzemolo, sedano, cipolla e olive. Aggiungete le carote tagliate a piccoli tocchetti, il mais giallo, la polpa di pomodoro e cuocete per alcuni minuti. Unite il bulghur precedentemente cotto, le noci tritate, qualche goccia di salsa di soia e il lievito di birra in scaglie. Prima di servire condite con un filo di olio extra-vergine di oliva e decorate il piatto a piacere. Hamburger vegetali con fiocchi d’avena 200 g di fiocchi di avena (o altro tipo di fiocchi, 120 g di lenticchie secche (o 300 g di lenticchie già cotte), un bicchiere di pane grattugiato, 4 carote, una cipolla, un gambo di sedano, una manciata di olive snocciolate, 2 cucchiai di capperi, olio extra vergine di oliva, salsa di soia (shoyu o tamari). Mettete in una ciotola i fiocchi di avena e fateli ammorbidire per 10 minuti coprendoli con una quantità d’acqua pari al loro volume ed insaporite con un pizzico di sale. Nel frattempo mondate le verdure, lavatele e sminuzzatele con un frullatore, aggiungendo anche le olive ed i capperi. In una pentola antiaderente ponete qualche cucchiaio di olio extra vergine di oliva, fate insaporire le verdure per qualche minuto e, quasi a fine cottura, aggiungete le lenticchie cotte e qualche goccia di salsa di soia. Frullate ora i fiocchi di avena ammollati; incorporate i vegetali fatti precedentemente saltare in padella, il pane grattugiato e, aiutandovi con un coppapasta dal diametro di circa 6-8 cm., formate gli hamburger sino ad esaurire l’impasto e disponeteli su di una teglia. Livellate la superficie inumidendo un cucchiaio in un po’ di acqua e cuocete i burger in forno, già caldo, per circa mezz’ora a 200 °C. Insalata di avocado, carote juilienne e frutta a guscio Un cespo di lattuga, 4 carote, un gambo di sedano, un avocado, 150 g di mix di frutta oleosa (pinoli, noci, arachidi), lievito di birra in scaglie, olio extra vergine di oliva, succo di un limone, salsa di soia (shoyu o tamari). Mondate le verdure e lavatele. In una ciotola ponete l’insalata tagliata a strisce sottili, le carote a julienne, l’avocado a dadini e aggiungete il succo di limone per non fare annerire i vegetali. Unite poi la frutta oleosa e condite con il lievito di birra in scaglie, qualche goccia di salsa di soia e un filo di olio extra vergine di oliva. Per valorizzare il piatto unico, si consiglia di accompagnare l’insalata con un primo di cereali (e derivati) oppure con del pane o altri prodotti da forno. Mozzarella Veg in carrozza Ingredienti preparazione della mozzarella: 250 g di yogurt di soia, 2 cucchiai di amido di mais (o fecola di patate), un cucchiaio di olio di girasole, un cucchiaino scarso di sale integrale, un cucchiaino di agar agar (in scaglie o in polvere). In una pentola ponete lo yogurt, aggiungete l’olio di girasole, l’amido di mais (o la fecola di patate), il sale e l’agar agar. Accendete il fuoco a fiamma bassa e mescolate bene con una frusta i vari ingredienti cuocendoli per 2-3 minuti, sino a quando cominceranno a raggiungere una consistenza piuttosto densa. Oleate uno stampo, versate il composto ottenuto e ponetelo in frigorifero per 6-8 ore. Utilizzate la mozzarella vegetale in tutte le vostre preparazioni, come quella classica. Si conserva in frigorifero per 2-3 giorni. Ingredienti preparazione della mozzarella in carrozza: 16 fette di toast (circa 320 g), 500 g di mozzarella vegetale, 2 bicchieri pane grattugiato, un bicchiere di farina di ceci, olio extra vergine di oliva, qualche oliva snocciolata (facoltativo), 2 cucchiaini di curcuma, sale alle erbe. Preparate una pastella con la farina di ceci alla quale aggiungerete la curcuma, il sale alle erbe ed una quantità di acqua sino ad ottenere la consistenza abbastanza densa. Bagnate una fetta di pancarrè, adagiate la parte inumidita nel pane grattugiato, farcite con la mozzarella veg (ed eventualmente qualche oliva snocciolata), bagnate un’altra fetta di pancarrè e, con la superficie asciutta, chiudete il toast che ricoprirete con il pane grattugiato, pressando leggermente con le mani entrambe le superfici, ricordando di passare nella pastella, e nel pane grattugiato, anche i bordi del toast. In una pentola antiaderente ponete un po’ d’olio extra vergine di oliva e fate dorare i toast, da un lato e dall’altro, per qualche minuto sino a quando saranno ben croccanti. Asciugateli leggermente con della carta assorbente, tagliateli a metà (a triangolo) e servite il piatto accompagnato da verdure a piacere (crude o cotte). Polpette di quinoa e lenticchie con polvere di curcuma Ingredienti per 40 polpette: 400 g di quinoa, 300 g di lenticchie cotte, 300 g di passata di pomodoro, 200 g di pane grattugiato, mezza cipolla tritata, olio extra-vergine di oliva, un cucchiaino di preparato vegetale per brodo, origano, curcuma, sale integrale. Sciacquate la quinoa e cuocetela per circa 15 minuti con una quantità d’acqua pari al doppio del suo volume, aggiungendo un cucchiaino di preparato vegetale per brodo. A cottura ultimata unite in una ciotola la quinoa, le lenticchie cotte, 200 g di passata di pomodoro, l’origano e il sale. In un frullatore mettete un terzo del composto, frullatelo con qualche cucchiaio di passata e ponetelo nuovamente nella ciotola incorporando 2 cucchiai di cipolla finemente tritata e una quantità di pane grattugiato che consenta di formare delle polpette, che farete dorare per alcuni minuti in una pentola antiaderente, dopo aver fatto insaporire la restante cipolla in qualche cucchiaio di olio extra-vergine di oliva. Versate un po’ della passata di pomodoro su di un piatto, adagiate le polpette e spolverate con la curcuma. Grano saraceno con ragù di fagioli alla messicana Ingredienti preparazione del grano saraceno: 2 bicchieri di grano saraceno, circa 4 bicchieri di acqua, sale. Ingredienti preparazione del ragù di fagioli alla messicana: 500 g di passata di pomodoro, 500 g di fagioli borlotti già cotti, una cipolla piccola, prezzemolo, peperoncino, pepe (facoltativo), olio extra-vergine di oliva, sale. Preparazione del grano saraceno: ponete il grano saraceno in una pentola con circa il doppio del volume d’acqua, portate ad ebollizione, aggiungete un pizzico di sale, coprite con il coperchio e spegnete il fuoco: sarà pronto dopo circa 15 minuti ed avrà assorbito tutta l’acqua. Preparazione del ragù di fagioli alla messicana: frullate circa la metà dei fagioli borlotti aggiungendo un quantitativo di acqua sino a ridurli in purea. In una pentola versate qualche cucchiaio di olio extra-vergine di oliva, unite la cipolla finemente affettata, il peperoncino, un pizzico di pepe e la passata di pomodoro. Aggiungete ora la purea di fagioli, quelli restanti interi (tenuti da parte) e cuocete con recipiente coperto per circa 15 minuti. Servite il grano saraceno con il ragù di fagioli alla messicana, spolverate con del prezzemolo tritato e condite con un filo d’olio extra vergine di oliva. Crocchette deliziose di riso integrale e legumi al timo 2 tazze di riso integrale cotto, una tazza di lenticchie rosse decorticat cottee, un bicchiere di pane grattugiato e mezzo bicchiere per la panatura, qualche oliva snocciolata e sminuzzata, olio extra-vergine di oliva, timo, salsa di soia (shoyu o tamari). Ponete tutti gli ingredienti in una ciotola. Con le mani formate delle crocchette e passatele nel restante pangrattato. In una padella mettete un po’ di olio extra-vergine di oliva e fate dorate le crocchette per 2-3 minuti per lato. A fine cottura condite con qualche goccia di salsa di soia e servitele ben calde. Per la realizzazione delle ricette si consiglia di utilizzare ingredienti da agricoltura biologica.


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Cultura

I fratelli sono sempre diversi

di Andrea Giachi

Ho visto un sacco di bambini, ragazzi, adulti nella mia vita ed è sempre stato così. "Non ci voleva tanto per capirlo" direte voi. Lo so. Comunque, sta di fatto che, tempo fa, incuriosito dal fatto (forse anche per la nascita dei miei figli) comprai perfino un libro: "Vite Separate. Perché i fratelli sono così diversi" (Judy Dunn e Robert Plomin) Non dico che capii tutto, ma qualcosa in più sì. Almeno iniziai ad accettare il fatto che: 1) Ognuno è unico; anche se noi, nella nostra "bacata" mente, visto che sono dei bambini, pensiamo che non sia così. Invece no. Ognuno di loro vuole essere riconosciuto, apprezzato, amato per quello che è... 2) Ognuno vive esperienze diverse: Anche se ha fratelli. Anche se abita nella casa con un altro. Ok, non ci credete. Fermiamoci un attimo a riflettere. Non credete che due fratelli, per l'allattamento diverso o per la presenza o mancanza di una persona cara, o per un periodo vissuto in una casa, mentre l'altro in un'altra, ecc.... sia NORMALE che siano opposti l'uno all'altra? 3) Ognuno guarda e impara dalla vita a suo modo: ognuno trasforma e crea la PROPRIA personalità dalla SUA idea che si è fatto rispetto a quello che ha vissuto o che sta vivendo. "Scusa, ma l'aspetto fisico? Perché anche quello è diverso?" Questione di probabilità, dicono. Sta di fatto, comunque, che il succo del discorso è che dobbiamo amarli per quello che sono. Aiutarli ad essere felici nella loro unicità. Sostenerli, correggerli, stimolarli nel loro percorso. Ecco, questo è il punto. Non sono un prodotto preconfezionato come avremmo voluto? Meglio così. Per noi e per loro. Perché così avremo SEMPRE l'opportunità di crescere e di conoscerli durante TUTTO il nostro percorso.


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Pelle sana con 3 albicocche secche al giorno

di Anadela Serra Visconti

I cibi che ci proteggono la pelle dal sole: una tabella per scegliere quelli più ricchi in betacarotene. Ormai è comprovato scientificamente come i cibi ricchi in betacarotene e carotenoidi (provitamine che nel nostro organismo si convertono in vitamina A proteggano la pelle dal sole. Sia in termini di scottature, che di invecchiamento cutaneo che come prevenzione dei tumori cutanei. È molto importante in questo senso avere molta cura della pelle in termini di prodotti solari protettivi (creme ad alta protezione) e nei dosaggi del sole, evitando gli orari tra le 12 e le 16. Ma anche l'alimentazione gioca un ruolo fondamentale. Dovremmo consumare a livello preventivo/protettivo 1 porzione al giorno scegliendola tra gli alimenti della seguente tabella, che sono quelli che apportano una più alta dose di betacarotene, qui espressa in Unità Internazionali (U). Il dosaggio si intende per una porzione media. TABELLA PER PORZIONI MEDIE DI CIBO - fiocchi di mais = 1.100 U - zucca = 3.700 U - granchio = 4.700 U - salmone = 1.300 U - albicocche = 900 U - albicocche secche = 7.900 U - melone = 3.400 U - mango = 11.000 U - prugne = 1 .330 U - prugne secche = 2.580 U - anguria 1 fetta = 3.540 U - broccoli cotti = 3.800 U - carote crude = 11.000 U - carote cotte = 15.000 U - succo di carote = 24.750 U - spinaci cotti = 14.580 U - pomodori = 1350 U In sintesi, scegliendo di consumare una porzione al giorno di uno di questi alimenti citati nella tabella potrete garantirvi una buona protezione solare anche dall'interno, anche senza ricorrere ad integratori solari.


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Rilassare il corpo, rilassare la mente

di Anadela Serra Visconti

Le tecniche del relax. Normalmente, riuscire a rilassarsi non è semplice! Ma trovare metodi che ci aiutino riacquistare uno stato di calma e di benessere, è importante per recuperare forza ed energia. In realtà, ciò che dobbiamo recuperare è l'autocontrollo, inteso nel migliore dei sensi: un equilibrio psico-fisico che ci permetta di usare le nostre capacità al meglio e al momento opportuno. Per ritrovare questo stato di serenità, possiamo abbiamo due vie, peraltro complementari: 1) scegliere attività fisiche energiche, utili a "scaricare" lo stress, poiché dopo ci si sente stanchi e rilassati 2) scegliere attività fisiche distensive, ginnastiche "dolci" e tecniche di rilassamento per il corpo e la mente. Praticando tutte queste attività, riusciamo a ridurre il nostro livello di stress. Si riduce la produzione di cortisolo, a vantaggio degli ormoni della giovinezza, come il DHEA e il GH. Inoltre, è stato dimostrato che con il movimento si ossigenano meglio non solo i muscoli, ma anche il cervello, che rilascia serotonina e endorfine, due sostanze antistress. Qui di seguito alcune attività che possono aiutarci a recuperare il relax perduto. Scegliete quelle che vi sono più congeniale, possibilmente ascoltando anche il parere del medico. Lo yoga: è una disciplina nata in India e data 5000 anni fa. È basata sul concetto di equilibrio tra corpo e mente. Attualmente, è ritenuta una delle più efficaci formule antistress. Non solo: è anche una vera e propria forma di fitness che coniuga il relax mentale con la graduale riarmonizzazione estetica del corpo. Può essere praticato da persone di tutte le età. Prevede esercizi di concentrazione mentale (meditazione) e fisici. Gradualmente, si ottiene una maggiore elasticità muscolare, grazie agli esercizi di piegamento, distensione e allungamento di tendini e legamenti. Si può fare nei centri yoga o a casa propria. Praticato da come antistress anche in alcune aziende. Lo stretching: Il termine "stretching" deriva dall'inglese e significa allungamento, estensione. Consiste in esercizi che prevedono l'allungamento muscolare e la mobilizzazione delle articolazioni attraverso l'esecuzione di esercizi di stiramento. E' un'attività lenta, dolce e rilassante e tra l'altro, l'allungamento dei muscoli paravertebrali, ci aiuta a migliorare la postura, facendoci sembrare "più alti". Per il suo effetto calmante è ottimo per chi fa una vita agitata e dorme poco e male. Ginnastica isotonica (sollevamento pesi) Un programma di potenziamento muscolare "leggero" favorisce la produzione di ormone della crescita ( il GH). Potete usare manubri leggeri o estensori. Tra tutte le attività fisiche è quella che meglio modella il nostro corpo, ma non solo. È anche quella che ci aiuta a fissare maggiormente il calcio nelle ossa, fondamentale per prevenire l'osteoporosi causata dalla menopausa. Si è visto che per stimolare il GH ed aumentare il calcio osseo sono sufficienti 30 minuti di esercizi , ripetuti 3 volte a settimana. Le attività aerobiche, come la corsa (jogging), la bicicletta, il nuoto, i corsi di aerobica in palestra o il cardiofitness con gli attrezzi, sono ottimi per scaricare energie compresse e, in questo modo, agiscono antistress. Sono le attività che più ci aiutano a dimagrire, con una perdita media di 700 kcal per l'uomo e circa 500kcal per la donna, in 1 ora di attività. È importante calcolare i battiti con il cardiofrequenzimetro: in media è tra i 120 ed i 140 battiti che si bruciano le calorie. Sforzi inferiori o superiori, sono inutili. Consigliate per un'ora, tre volte a settimana favoriscono il sonno. Non devono però essere praticate la sera, altrimenti lo rendono difficile. Esistono in palestra anche le cosiddette "biciclette del buonumore": sono cicloergometri (ovvero bici da palestra) dotate di uno schermo, con particolari led luminosi che, mentre pedaliamo, stimolano la produzione di serotonina. il metodo Pilates: è un tipo di ginnastica "dolce" che permette di aumentare la forza e la flessibilità del corpo senza aumentare la massa muscolare. Si tratta di una serie di movimenti coordinati che coinvolgono il corpo e la mente, compiuti con l'ausilio di particolari attrezzi e sotto la supervisione di istruttori con specifiche competenze. Fornisce armonia fisica ed equilibrio. E' adatto a tutti, a prescindere dalla preparazione fisica. la danza del ventre (Belly dance): non solo è divertente e distensiva, ma, come dicono gli americani è uno dei migliori "body-shaping", ciè modellatori del corpo, soprattutto femminile. La musica orientale ha un ritmo distensivo, sensuale e tranquillo, ma allo stesso tempo accattivante, che fa sentire meno il peso del movimento. È una ginnastica "completa", in quanto vengono usate tutte le parti del corpo, dalle mani, all'addome, ai glutei, alle gambe. Attraverso i movimenti coreografici e incantatori delle braccia e del bacino si può anche riscoprire ed accentuare la propria sensualità. Tonifica e rimodella la silhouette ed è particolarmente adatta per ridurre "la pancetta" sia nella donna che nell'uomo.


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Le parole sbagliate

di Mario Lorenzini

Tra le inesattezze che caratterizzano la nostra comunicazione scritta, rileviamo talvolta errori dovuti all’uso di parole che di solito sono utilizzate prevalentemente in modo orale. Se poi a queste persone capita di dover mettere neero su bianco anche un breve appunto contenente proprio quelle parole, allora si nota la non perfetta grafia delle stesse. Questi errori sono a volte difficili da percepire proprio per l’assonanza nel testo. Soltanto se facciamo attenzione possiamo intercettarli. Ma vediamo di cosa si parla: Tran tran; ma si può scrivere anche con il trattino tran-tran o, in unica parola, trantran. Derivato dalla voce onomatopeica che simula il ripetersi continuo di un rumore prodotto da una macchina. Nel linguaggio comune sta a indicare un andamento monotono delle cose. Si dice infatti: «è il solito tran-tran della vita di tutti i giorni». Molti sbagliano pronunciando, chiaramente, tram tram. Ovviamente non c’è niente a che vedere con il mezzo pubblico. Ambaradan. Benché questa sia l’attuale versione corretta del termine, la possiamo sentire pronunciare tranquillamente ambaradam, con pmaggior probabilità da persone in su con gli anni. Come mai, e perché non ritengo questo un vero e proprio errore? La ragione è da ricercare nell’etimologia di questo vocabolo. Nel 1936, In Etiopia, i soldati italiani si scontrarono con gli quelli abissini. Il fatto avvenne sull’altopiano di Amba Aradam. Quando i militari fecero ritorno in Italia, cominciarono a riferirsi a situazioni di forte confusione dicendo frasi del genere: «è un gran Ambaradam». Col tempo, la consonante finale è stata riportata erroneamente, causando però, quella che oggi è ritenuta la forma corretta, ossia ambaradan, con la n finale. Perciò, a mio parere personale, se vi capita di sentire la pronuncia con la m finale, evitate ogni commento. Ad occhio critico non si capisce come mai non si tenga a volte con to della storia, mantenendo la forma più attinente all’originale. Ramadan. Il mese di digiuno islamico è a volte interpretato erroneamente, proprio come nella parola precedente, con la m finale, ramadam. Qui non ci sono dubbi: la grafia esatta è Ramadan, con la n finale. Inriverente, inrinunciabile, inrevocabile, inripetibile. Non continuo l’elenco perché ritengo abbiate capito. Gli aggettivi o gli avverbi che iniziano con la consonante r, costruiscono il loro contrario non con il prefisso in, ma i + il raddoppio della consonante iniziale. Come irrimediabilmente, tanto per dirne un’altra. Le versioni corrette sono le seguenti: Irriverente, irrinunciabile, irrevocabile, irripetibile. Puppurì o purpurì, lo sento, ahimè, pronunciare in entrambi questi due modi scorretti. Le trasposizioni dalle altre lingue spesso inducono in errori. E ne viene sbagliata anche la pronuncia. È il caso di questa parola, la cui grafia corretta è pot-pourri; la provenienza è francese. Il lemma si compone di pot, “vaso”, e di pourri, “marcio”. Indica in realtà una composizione di fiori secchi. Attenzione: come sempre se non conoscete il modo esatto della scrittura di una parola straniera, non usatela! Esistono tanti altri sinonimi, la nostra lingua ne è piena: un misto, un’accozzaglia, un insieme variegato, ecc.


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L'aria come terapia

di Giuseppe Lurgio

PREMESSA Questo articolo da me scritto e il risultato di una serie di letture e approfondimenti sul tema in oggetto e quindi non ritengo abbia un valore scientifico certo. anche se le fonti sono molto attendibili, io non sono un medico per poter dare un commento sulla veridicità di ciò che ho riportato. A tale scopo ognuno valuta il testo come meglio crede. Un essere vivente, facendo eccezione per alcuni microrganismi, può rimanere senza cibo per svariate settimane, senza bere per qualche giorno, ma senza l'aria non sopravvive che per pochi minuti. In questo articolo ci occuperemo proprio dell'uomo come essere vivente che vive di aria. Non a caso nel capitolo primo del libro della Genesi il soffio Divino dà la vita al fango. Per creare l'uomo, DIO parte da un pezzo di fango spento e insignificante. ma non appena gli soffia sopra. ovviamente aria, il fango diventa materia viva, quindi aria uguale vita. Nella percezione comune, la respirazione è vista come un automatismo - tanto che usiamo modi di dire come "naturale come respirare". Il respiro in quanto funzione fisiologica è una funzione vegetativa autonoma, che avviene senza il controllo della volontà, ma che può essere modificata coscientemente, con un controllo volontario. La natura ha reso l'aria sempre disponibile per tutti. Più aria pura entra di giorno e di notte nei nostri polmoni meglio funziona il nostro cervello dal quale dipende il buon funzionamento di tutto il nostro corpo. L'aria pura che inspiriamo purifica il sangue e lo rigenera, brucia alcuni tipi di grassi, elimina l'anidride carbonica., Poiché assorbiamo ossigeno non solo con i nostri polmoni ma, notoriamente, anche attraverso la pelle definita questa, da alcuni, come il nostro terzo polmone è consigliabile vestirsi il più possibile con indumenti leggeri e morbidi attraverso i quali i pori della nostra pelle possono assorbire il massimo dell'ossigeno (la pelle è in realtà il più esteso e vasto organo del nostro corpo e quindi richiede anche grande quantità di aria pulita per far sì che svolga bene la sua funzione). Per prima cosa provvediamo a cambiare spesso l’aria dei nostri appartamenti nelle ore diurne e notturne. Certamente l'aeroterapia non è facile da seguire nelle grandi città, dove l'inquinamento atmosferico supera talvolta i livelli della massima pericolosità. Situazioni del genere, talvolta veramente sfavorevoli, non devono fermarci e anzi devono spingerci a ricercare il più possibile, durante i weekend o nei periodi festivi, l'aria pura e vivificante magari della campagna, della collina, dei monti e del mare. Così facendo uniremmo all'aerterapia, l'elioterapia e l'esercizio fisico che sono altri fattori che contribuiscono a far alzare il livello di benessere fisico del nostro organismo. La nostra buona salute non sarà mai il risultato della scelta di una sola terapia o regola di vita. ma sicuramente e determinata da un mix diregole, abitudini e stili di vita applicate con una certa costanza e determinazione affinchè diventino non ossessive ma direi "quasi abitudinarie" Un esempio e proprio l'imparare il modo di respirare del quale ne parleremo in seguito. La medicina, specie tempo addietro, ha spesso sperimentato che pazienti affetti da patologie respiratorie e non solo se sottoposti per lungo tempo alla respirazione continua di aria pura e esente da sostanze inquinanti migliorano notevolmente il loro quadro clinico. Naturalmente l'aer terapia andrebbe praticata sopratutto anche a scopo preventivo proprio per cercare di non far ammalare il nostro corpo. Riallacciandoci al concetto espresso prima possiamo affermare di non saper respirare bene. Purtroppo, oggigiorno moltissimi abitanti delle nostre inquinatissime metropoli e non solo, non sanno più respirare correttamente perché hanno perso l'abitudine a respirare ampiamente e quindi i polmoni non si riempiono correttamente colpa anche del benessere e di conseguenza la vita troppo sedentaria contribuisce a ciò. Quindi specialmente trovandoci all'aperto al fine di inspirare la massima quantità possibile di ossigeno dovremmo praticare la respirazione profonda. Non occorre seguire speciali regole o metodiche di respirazione: quelle migliori e più vivificanti potranno sempre essere realizzate mediante una lunga camminata, una gara di nuoto, il giardinaggio, una scalata alpinistica o un qualsiasi altro sport non violento ma impegnativo. Una respirazione consapevole non solo nutre il nostro organismo, ma favorisce anche la nostra evoluzione spirituale. Purtroppo, abbiamo disimparato il ritmo naturale del respiro: non sfruttiamo tutta la capacità dei nostri polmoni, e questo riduce l'apporto di ossigeno all'organismo ed è causa di invecchiamento precoce. Addirittura, l'insufficienza cronica di ossigenazione secondo alcuni scienziati è uno dei fattori più certi del "male del secolo", ovvero il cancro. La mente e il respiro svolgono le funzioni più importanti dell'organismo umano. Di solito non ci rendiamo conto che ci vogliono un grosso sforzo e grande concentrazione per fermare l'una o l'altro. Sono attivi 24 ore al giorno volontariamente o involontariamente. Il respiro è l'energia mentale. Respirare è la sorgente di tutto il nostro potere nell'universo fisico. Il semplice atto respiratorio è, di fatto, il migliore guaritore del corpo fisico. Le guarigioni possono avvenire soprattutto grazie alla respirazione. Respirare è così semplice e ovvio che nessuno fa caso al suo potere immenso. Il 70% delle tossine e scorie del corpo viene espulso attraverso la respirazione. La sudorazione è seconda come importanza; urinare e defecare assolvono ancora meno della respirazione e della sudorazione. Senza respirare, l'organismo umano morirebbe soffocato e avvelenato. La respirazione corretta è una medicina potente che abbiamo sempre a disposizione gratuitamente. Non appena capiremo come funziona, potremo ripeterla in qualsiasi momento finché non avremo imparato a respirare automaticamente nel modo giusto. Respirare correttamente non è difficile, dopotutto i neonati e i bambini piccoli lo fanno ancora in modo spontaneo. In seguito, crescendo, subentrano altri fattori come il chiudersi in sé stessi o il crearsi paure o semplicemente la sedentarietà oggi in particolare indotta da un uso eccessivo degli strumenti informatici i quali oltre a inchiodare alla sedia i nostri ragazzi per ore e ore pregiudicandone la muscolatura. deformano o meglio modificano anche il modo di respirare. Si pensi a quante volte durante una partita con un videogioco si trattiene il respiro inconsciamente presi dalla tensione dell'azione che si sta eseguendo. Per questo è importante in primo luogo imparare a respirare consapevolmente, aiutandoci con gli esercizi di respirazione. L'obiettivo è riprendere a respirare automaticamente in modo profondo e rilassato. Non appena il respiro riprenderà a muoversi con la sua naturale armonia all'interno del nostro corpo, ci accorgeremo di stancarci molto meno. Un effetto particolarmente piacevole della respirazione corretta è la sensazione di maggior vitalità, insieme a un aspetto più giovane e fresco. Se ora, in questo preciso momento fate dapprima due o tre piccoli respiri e poi uno profondo inspirando e espirando con consapevolezza, ovvero pensando a cio che state facendo avvertirete subito una sensazione di benessere. Naturalmente esistono svariate tecniche di respirazione ma tutte passano per i suddetti concetti. Qui di seguito vi propongo un esercizio molto semplice, ottimo per capire e provare. Se si volesse poi approfondire l'argomento esistono molti testi ma vorrei consigliarvi di Leonard Orr, Konrad Halbig. Il libro del rebirthing, che ho io stesso consultato. Esercizio: respirare correttamente Siediti in una posizione comoda, ma con la colonna vertebrale diritta. Ora concentrati sul tuo respiro. Inspira a fondo nell'addome, poi fai un'espirazione lenta e profonda. Mentre inspiri, l'addome si espande naturalmente, durante l'espirazione sei tu a contrarlo leggermente verso l'interno, in direzione della colonna vertebrale. Esercitati da uno a cinque minuti, poi fai una pausa. Consiglio: maggiore sarà la consapevolezza con cui svolgerai i tuoi esercizi di respirazione e più rapidamente il tuo corpo si abituerà alla nuova modalità di respiro. Esercitati sempre in condizioni di rilassamento interiore ed evita ogni pressione. Bene, dopo questo esercizio mi piace concludere questo piccolo resoconto con uno scritto del grande Osho Rajneesh che fu un mistico. Filosofo e maestro spirituale indiano. Respirare: il mantra più profondo Tratto da: "Il Libro Arancione". "Respirare: il mantra più profondo" Il respiro entra in te: lascia che il tuo essere sia uno specchio del respiro che entra. ora il respiro esce: lascia che il tuo essere sia uno specchio del respiro che esce e sen­tirai discendere su di te un silenzio straordinario. Seguire il respiro che entra ed esce, entra ed esce, è il mantra più profondo che sia mai stato inventato. Tu respiri qui e ora. Non puoi respirare nel domani e non puoi respirare nel passato. Devi respirare in questo momento, anche se nel frattempo sei in grado di pen­sare al domani e riesci a pensare al passato. Così, il corpo rimane nel presente e la mente continua a saltare tra il passato e il futuro. Esiste una dissociazione tra il corpo e la mente. Il corpo risiede nel presente e la mente non è mai nel presente: non si incontrano mai. Non si incro­ciano mai! Ed è a causa di questa dissociazione che sorgono ansia, tensione e angoscia. Sei teso: questa tensione è ansia. La mente deve essere portata al presente, per­ché non esiste un altro tempo.


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Il coronavirus e i disabili

di Stefania Doronzo

Viviamo un periodo storico senza precedenti e le nostre vite sono state messe a dura prova da un virus che è venuto improvvisamente a sconvolgere le nostre abitudini. Quella che ora dobbiamo combattere una vera e propria crisi economica dato che molte sono le attività che con la chiusura forzata hanno avuto ripercussioni per se stesse e per i loro dipendenti, ma si è delineata sempre più anche come una crisi d’identità. Il COVID-19 non ci sta togliendo solo la vita, ma ci ha tolto il bene costituzionale più prezioso: la libertà. Infatti, l’unica possibilità che abbiamo per evitare di contagiarci e contagiare altri, è stare più tempo possibile in casa e limitare i contatti ravvicinati, l’unica arma che possiamo utilizzare per sconfiggerlo. In questa anormale condizione, ciò che viene messo a dura prova, è soprattutto il nostro equilibrio psico-fisico che dinanzi ai dati diramati quotidianamente circa i decessi e i contagiati, dinanzi alle restrizioni della libertà con le quali dobbiamo imparare a convivere, ci impedisce di affrontare tutto con la dovuta lucidità. A pagarne un alto prezzo, come sempre in questi casi, sono i disabili e i più fragili. Il coronavirus sta colpendo indirettamente circa 3 milioni di italiani disabili e le loro famiglie che sono costrette in molti casi, pur non avendone le competenze, a sostituirsi e a sopperire alle figure professionali che le supportavano. Molti disabili inoltre, vivono soli, e anche dinanzi alle semplici attività quotidiane come fare la spesa o andare a lavorare, necessitano di un’assistenza che si fa fatica a reperire o a trovare disponibile. Le assistenze domiciliari ridotte al minimo, la paura di andare in giro con un accompagnatore se pur per casi di necessità come lavoro o altre esigenze, stanno mettendo a dura prova lo spirito di adattamento che li contraddistingue. Credo fermamente che la capacità dei disabili di reinventarsi e provare a trovare una soluzione a tutti gli ostacoli che si presentano nel percorso della vita non manca mai, anche perché ancor prima di essere privati della libertà in virtù della condizione essi vivono già una privazione quotidiana, legata alla disabilità, e questo se avvantaggia da un lato, chiede uno sforzo maggiore in una situazione dove non si anno punti di riferimento dato che il disorientamento la fa da padrone e coinvolge tutti. Oltretutto la chiusura della scuola ha lasciato a casa, da un giorno all’altro, migliaia di bambini e di ragazzi diversamente abili. Alunni autistici, disabili psichici, disabili sensoriali per citarne solo alcuni, ma anche alunni con DSA (Disturbi Specifici dell’apprendimento) e BES (Bisogni Educativi Speciali) lasciati alle proprie famiglie o a chi li custodisce. Queste famiglie stanno vivendo un dramma nel dramma: tutto d’un tratto si sono trovati soli in casa a farsi carico dei bisogni di questi ragazzi per la mancanza di quelle figure professionali che li supportavano, li formavano, li assistevano a scuola o nei centri diurni preposti ad ospitarli e spesso non riescono a sostituirsi a tutte le necessità che la scuola, le associazioni o le strutture appropriate sopperiscono. A molti disabili fa bene, anzi diventa indispensabile, il contatto sociale, sentirsi parte di un gruppo come è appunto la classe a scuola. Sentono la necessità di uscire dalle mura abitative e di avere contatto con la natura o con gli animali. Richiedono di esperienze fuori dalla quotidianità domestica e la prolungata assenza di alcune loro abitudini in alcuni casi li rende violenti, aggressivi e nervosi, in altri casi apatici, tristi e demotivati. Pure gli alunni con BES sono penalizzati più del dovuto perché sono impossibilitati a seguire da casa la didattica a distanza utilizzata dai docenti in quanto sprovvisti o dell’opportuna strumentazione tecnologica o della connessione internet o semplicemente perché privi del comune smartphone. Questo significa abbandonarli a sé stessi e a creare ulteriori disuguaglianze sociali e culturali negli ambienti scolastici. Per tanti anni si è parlato della scuola e della necessità di informatizzare la didattica che, per i disabili come quelli sensoriali, costituisce davvero il ponte tra il loro mondo e l’integrazione sociale, ma, purtroppo, troppo poco si è fatto in questo senso. Vuoi per la mancanza di fondi, vuoi per una superficiale pianificazione della didattica nella scuola, vuoi per la mancanza di una formazione mirata del personale docenti oggi la scuola mostra tutte le sue debolezze soprattutto nei confronti di quegli alunni più bisognosi. L’insegnamento scolastico necessita degli ausili per ogni singola condizione e per questo motivo bisogna ripensare urgentemente il mondo del sostegno fatto non solo di insegnanti specializzati, ma che abbiano una profonda conoscenza degli ausili informatici da inserire in ogni contesto didattico multidisciplinare. L’emergenza sanitaria di questi giorni ci insegna che non siamo invulnerabili e che niente può essere sottovalutato. Ma non tutti i mali vengono per nuocere. Questa situazione ci induce a riflettere e a riconsiderare le criticità di questo sistema che devono essere limate in ogni contesto. Probabilmente da questa brutta storia, anche il mondo dell’istruzione e dell’educazione ne uscirà rafforzato. Con la didattica a distanza adottata da molti insegnanti sono state gettate, seppur forzatamente, le basi per una nuova didattica e, quando ritorneremo a vivere una vita normale, partendo dalle buone pratiche, sarà più semplice lavorare sulle problematiche riscontrate, a cominciare proprio con il sanare le distanze dagli ultimi che non devono rimanere sempre più indietro degli altri. Sono convinta dunque, che se saremo in grado di cogliere la sfida che ci attende, non tutto andrà perduto e che molti possono essere gli spunti per ridisegnare un sistema di welfare più vicino all’esigenze dei cittadini più vulnerabili. Penso allo Smart Working che farebbe comodo a molti disabili con difficoltà di deambulare, se diventasse la regola e non l’eccezione, penso al servizio a domicilio della spesa e agli acquisti online che molti hanno scoperto solo adesso, e penso alla digitalizzazione dei servizi erogati dalla pubblica amministrazione che deve diventare una costante. Infine, credo che davvero sia arrivato il momento di fare quel salto di qualità e diventare un paese smart. Non si può più pensare al futuro senza la tecnologia, e se davvero si faranno passi avanti in questo senso i primi a beneficiarne saranno i disabili che vedono in questa, la porta principale per realizzare la tanto desiderata inclusione sociale. In questi anni la politica preferito erogare sussidi piuttosto che fornire servizi alle persone con disabilità, trascurando spesso l’ipotesi di investire nella formazione, nella tecnologia, nella cultura e nel supporto alle famiglie e forse è giunta l’ora di cambiare rotta. Si dice che stiamo vivendo una guerra, anche questa volta potremmo uscirne più forti di prima, ma lo potremo fare solo se le forze saranno distribuite per andare incontro ai bisogni di ogni cittadino. Con la consapevolezza delle nostre potenzialità e sulla base dei valori di uguaglianza e di giustizia sociale si dovrà costruire uno Stato più vivibile per tutti, un Paese dove nessuno finalmente resti indietro.


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Filosofia

Il tappo della gazzosa

di Vito Coviello

Il modo migliore, specie nei pomeriggi estivi, per stare al balcone era quello di gustarsi una gassosa vedendo il mondo passare al di sotto. La mia generazione la ricorda con nostalgia. Per il vero, ci sono ancora piccole produzioni anche in Basilicata di quell’acqua frizzante, aromatizzata leggermente al limone e con poco zucchero. Imprenditori da premiare, innanzitutto per il fatto di essere sopravvissuti alla concorrenza delle multinazionali gassate che dominano il mondo. Anche i colossi producono bevanda analoga, ma più zuccherata e con un sapore più marcato. Per la gassosa siamo, ormai, al prodotto di nicchia. Tramontati i tempi in cui si “migliorava” il sapore del vino che viaggiava verso l’aceto con l’espediente di mescolare tre quarti di rosso con una gassosa, oggi ben pochi la bevono e, soprattutto, la riescono a trovare nelle rivendite. E pensare che, all’epoca, la “gazzosa” era un premio per i più piccoli. Te la potevi godere (non ghiacciata, come avresti voluto, perché “fa male” dicevano) di diritto in occasione delle feste patronali, dopo aver ricevuto qualche denaro per poter “folleggiare”. Ora la gassosa è soggetta alla normativa comunitaria sull’igiene e la preparazione delle bevande. Sterilizzata e sigillata con il tappo a corona, ci fa tornare agli anni Cinquanta, quando la chiusura delle bottiglie era costituita da un tappo a leva di ceramica e una guarnizione di gomma di colore arancione. Il vetro, ovviamente, a rendere. Erano tempi in cui non si sprecava niente e le bottiglie di gassosa potevano contenere una giusta dose di vino per il pasto di chi restava sul luogo di lavoro o essere utilizzate per la preparazione della salsa di pomodoro “a pezzetti”. Qualche anno prima, nel secondo dopoguerra, l’imbottigliamento delle gassose era fatto in modo geniale, ma non del tutto igienico. Le bottiglie contenevano, al loro interno, una pallina di plastica dura che con l’effetto del gas immesso all’interno, faceva salire la piccola sfera. La pressione del gas la manteneva in posizione di chiusura, tanto che per berne il contenuto bisognava vincere la pressione del gas, spingendo con il pollice la pallina nella bottiglia, con la buona pace di ogni norma igienica. Del resto, uscivamo da una guerra devastante, che ci aveva lasciato morti, macerie e pidocchi. I parassiti furono sconfitti dal DDT, che poi si rivelò essere cancerogeno e fu sostituito con altro. Noi, quelli del tappo di gomma, eravamo considerati dei fortunati, perché non avevamo vissuto il peggio della guerra, ma solo il “meglio” del Piano Marshall e delle sue ultime provvidenze. Tappo di ceramica compreso, roba da privilegiati.


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Informatica

Gli ultimatum di Microsoft: Windows 7 niente supporto

di Mario Lorenzini

Come la frutta e la verdura, anche i sistemi operativi, pare, scadono! Eufemismi a parte, dopo diversi anni di utilizzo, aggiornamenti importanti e di sicurezza, non è più possibile mettere delle pezze a un progetto ormai obsoleto. Ci si deve per forza rinnovare. Parlando di Windows, morto xp e passati al più stabile Windows 7, abbiamo avuto un po’ di pace, nonostante l’introduzione del suo successore, Windows 10. Si è cercato, anche in questo caso, di far entrare, quanto più possibile, il nuovo S.O. La giustificazione è sempre stata quella della sicurezza. La forzatura, in effetti, è stata la mancanza, parziale o totale, di supporto contro i nuovi attacchi informatici; parliamo di virus, malware, fishing. Ma anche di nuovi criteri di crittografia e browser più sicuri. A tal proposito cito l’arretratezza che internet explorer ha dimostrato fin dalla notte dei tempi, tant’è che, per far sopravvivere windows XP ancora per un po’, molti hanno disabilitato IE e installato software di navigazione di terze parti, ad es. Mozilla Firefox o Google Chrome. A onor del vero, anche Edge, con tante belle promesse al seguito, ha decretato in Windows 10 la piena incompatibilità con i software di lettura schermo per i non vedenti. Un bel capitombolo per Microsoft; non si riesce a comprendere questa inversione di tendenza, contraria a tutte le moderne direzioni che puntano all’integrazione dei disabili mediante la fruizione dei siti web con tecnologia assistiva. Ma questa è un’altra storia di cui, peraltro, ho già discusso su queste pagine. Vediamo, su cosa verte la questione? Partiamo da questo messaggio che, a parte pochi utenti, molti avranno già avuto il dispiacere di visualizzare sul proprio pc con Windows 7: Il supporto per il tuo pc windows 7 è terminato A partire dal 14 gennaio 2020 termina il supporto per windows 7 Il tuo pc è più vulnerabile a virus e malware A causa di: 1. Nessun aggiornamento della sicurezza 2. Nessun aggiornamento software 3. Nessun supporto tecnico Microsoft consiglia fortemente di utilizzare Windows 10 su un nuovo pc per disporre delle più recenti funzionalità di sicurezza e protezione contro software dannoso. Altre informazioni – visualizza più tardi. Altre informazioni e visualizza più tardi sono due pulsanti di opzione. Qual è il senso di questo messaggio? Intanto, avvisarci della prossima necessità di aggiornare il sistema alla versione attuale, Windows 10. Questo perché non saranno più garantiti i consueti aggiornamenti forniti dalla casa di Redmond. Ciò comporterà una maggiore vulnerabilità del sistema. A tutto questo possiamo sommare la perdita di prestazioni per nuove tecnologie di scambio informazioni non più sostenute. Insomma, Ci viene detto di cambiare il motore della nostra macchina, altrimenti, con rallentamenti o andamenti a singhiozzo, resteremo a piedi. Possiamo pensare che, alla fine, non sia un male così grave. Windows 7 è rimasto in voga per molti anni, dando la possibilità a tutti di conoscerlo, sfruttarlo e, per l’appunto, prendere nota dei suoi limiti. Ora che c’è di meglio, abbiamo la possibilità di essere nuovamente aggiornati, fruendo delle innovazioni informatiche. Ma se non volessimo fare il salto? Semplicemente, se non ne avessimo il bisogno immediato? A molti software routinari installati nel pc non serve cotanta fresca tecnologia. Se pensiamo a programmi di fatturazione, videoscrittura, ma anche software per grafica e video avanzati, i produttori continuano a supportare con varie release di update, questi pacchetti. Se il problema è, come sempre, la pericolosità degli accessi alla rete,possiamo tamponare in vari modi: 1 cambiare browser, es. Chrome; 2 munirci di un buon antivirus; 3 dotarci anche di un firewall. In ultima battuta, fuori dall’elenco, ma non per questo meno importante, ricorrere al backup dei nostri dati vitali. Ma mamma Microsoft non demorde. Il messagio di cui sopra è modale, a pieno schermo. Non lo potete evitare, non lo potete chiudere, a meno di non confermare una delle due scelte. Resta inteso che il messaggio si ripresenterà, non so bene con quale cadenza ma, presumibilmente, sempre più frequentemente nel tempo. Non è finita qui. Anzi, direi che la cosa peggiore non l’ho ancora riportata. Non solo si consiglia, come viene recitato, fortemente, il passaggio a Windows 10, si dice di farlo su un nuovo computer. Certo, molti utenti avranno un pc obsoleto, magari malfunzionante, e prenderanno la palla al balzo per effettuare un ammodernamento non solo software ma anche hardware. Però, altri utenti, saranno nella condizione di non volere o non poter effettuare questo rinnovamento: spendere per un nuovo notebook o desktop, una spesa non prevista, almeno da noi, ma che ci viene “imposta”. Ci sono poi persone che hanno acquistato soluzioni potenti, con windows 7, che quindi hanno una strumentazione pienamente funzionante, da non ritenersi sorpassata. Il messaggio è perciò fuorviante. Chi non conosce a fondo le caratteristiche del proprio computer potrebbe essere indotto a intendere che comunque sia d’obbligo acquistare una macchina nuova, altrimenti windows 10 non funzionerebbe. Non è vero. Suggerisco a Microsoft di evitare, in futuro, notifiche del genere. Vorrei chiarire anche il riferimento alla tecnologia non necessaria. Ho parlato di videoscrittura e altri software; di essi, si apprezzano le nuove funzionalità rese disponibili dai produttori. Non ho detto che non voglio aggiornare i vari softwaare applicativi nel mio pc. Ma piuttosto, che essi possono continuare a vivere, anche all’interno di Windows 7. C’è poi un altro punto, che è il primo che ci ritroviamo continuamente sotto gli occhi. Perché tener duro e non installare il nuovo sistema, posto che abbiamo verificato che la nostra macchina supporta Windows 10 e non dobbiamo comprarne una nuova? Forse per non perdere del tempo a cercare nei menu azioni che non esistono più. O semplicemente, che si attivano con tortuosi meccanismi, a noi sconosciuti e non sempre così logici da individuare. La questione è sempre la stessa: si cambia l’interno della vettura per migliorarne le prestazioni e aggiungere capacità, ma anche il cruscotto di questa automobile cambia. L’interfaccia utente è sempre stata il motivo che ha rallentato gli aggiornamenti. Le persone si abituano a fare le cose in un certo modo. Microsoft cambia il codice interno, migliorando quello che già esisteva, in termini di rapidità di esecuzione e sicurezza. Insieme viene modificata anche l’interfaccia utente, ed è questa che desta, a volte, molte perplessità. Non possiamo scorporare le due cose: ci prendiamo il nuovo Windows 10? Bene, nuove funzionalità, nuova interfaccia. E, statene certi, potrebbe non piacervi. Prova ne sono le varie utility di terze parti da installare per ripristinare il vecchio menu start, tanto discusso al tempo della sua introduzione. Credo che questosia ormai un processo irreversibile. Chissà, magari questi cambiamenti si ripeteranno sempre più freneticamente e noi non avremo il tempo di affezionarci alla visione attuale delle cose e accetteremo quella rivisitata in arrivo. E magari capiterà anche la cosa inversa che non ci aspettiamo: un gradito approccio alle varie attività migliore del precedente. Ne è passata di acqua sotto i ponti dal primo pc Windows; attualmente questa è la tendenza e non e fattibile invertirla.


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Basta con i pop-up di notifica!

di Mario Lorenzini

Che cos’è un pop-up? È un messaggio in finestra di browser, che appare, a seconda del software e dell’azione intrapresa in quel momento, in un riquadro posto al centro dello schermo oppure in un piccolo ritaglio, spesso in basso a destra, o comunque nella cosiddetta “area di notifica”, posta vicino all’orologio e al “vassoio” di sistema . In questo caso, spesso le notifiche scompaiono da sole, dopo pochi istanti; altre volte richiedono l’intervento dell’utente per conferme e decisioni. Alcuni tipi di pop-up sono sostituiti dai banner pubblicitari, ritenuti un po’ meno invasivi. In questo modo, l’utente può tranquillamente sorvolare sul banner stesso, scorrendo la pagina web, tralasciando le informazioni visualizzate. Se vogliamo rileggere quello che c’è scritto, possiamo sempre andare su o giù nel documento e ritrovare il messaggio. A volte questo scompare, per lasciare il posto a un altro, o a sequenze di avvisi. Ma torniamo ai pop-up della sezione notifiche. A dirla tutta, il fatto che questi appaiano proprio lì, è frutto di uno studio secondo il quale, dovrebbero essere così, meno “moleste”. Un bel messaggio, che appare proprio mentre stiamo scrivendo un documento word, magari in sovraimpressione nel bel mezzo dello schermo, è sicuramente noioso. Valida giustificazione può essere soltanto una comunicazione piuttosto grave, come quella di una minaccia virale; ma di solito, in questa occasione, si tratta di un altro tipo di finestra, che interviene con ragione, a spezzare il nostro lavoro per motivi di sicurezza. Il rischio di un attacco informatico è sicuramente un valido motivo per interrompere l’operatore, anche chiedendogli di intraprendere semplici operazioni al fine di scongiurare il peggio. Allora, e le finestrelle che dicevamo prima? Voi state leggendo informazioni da un sito di vostra conoscenza, o inserendo dati in una tabella di Excel. Con la coda dell’occhio vedete un piccolo rettangolo che vi dice qualcosa. Potete leggere tranquillamente, basterà un istante. Non perderete il filo del vostro lavoro. Oppure notate che il pop-up stesso sta svanendo. Sintomo della poca importanza che aveva. E allora, minimamente infastiditi, continuate a scrivere o riempire celle. Altra cosa se, il rettangolino (a volte con bordi carinamente arrotondati) permane. Beh, diamogli un pizzico di attenzione: chiudiamo quella specie di fumetto usando il mouse sulla x, non prima di aver velocemente letto il contenuto. Sì, siamo stati interrotti per un tempo maggiore, ma non così tanto da perdere la concentrazione su ciò che stavamo facendo prima. Quindi, obiettivo raggiunto per i pop-ups; la comunicazione è stata consegnata, ma senza troppo disturbo. E, senza problemi, l’utente si è lievemente distaccato da quel che stava facendo ed ha ripreso il suo lavoro senza intoppi. Ma ne siamo così sicuri? A parte il fatto che le notifiche pop-ups si assommano per via delle installazioni sul nostro pc, conseguentemente le interruzioni sono sempre di più. Ma, ancora, siccome la lingua batte dove il dente duole, la questione accessibilità, anche qui fa acqua. Perché? Cosa accade con la sintesi vocale? Ho rilevato che, nella quasi totalità dei casi, il pop-up viene correttamente pronunciato a voce. L’utente non vedente si accorge della sua presenza. Questo provoca però disagio. Spesso il focus è spostato sul messaggino, si è costretti a leggerne il contenuto. Nei casi più fortunati è sufficiente la pressione del tasto ESC per eliminare il pop-up. Poi, utilizzando la combinazione ALT+TAB, ritorniamo alla nostra applicazione. In altri casi, dobbiamo saltare fino al pulsante che ci consente la chiusura; nel peggiore dei casi dobbiamo cercare la famosa crocetta di S. Andrea. Ma, senza vedere, non è facile gestire il mouse. Certo, Jawss offre la possibilità di utilizzare un cursore virtuale e muovere materialmente il puntatore sui vari oggetti; ma è una grande perdita di tempo, una faticaccia, e non tutto risulta intercettabile. Così decidiamo di lasciare lì aperto il pop-up e tornare con la combinazione di tasti di cui sopra, al nostro programma. Se abbiamo a disposizione un amico o un familiare che ci dà una mano, possiamo chiedergli di effettuare il clic al posto nostro (perdita di autonomia…). C’è poi un’altra categoria di messaggi pop-up, quella più menefreghista. Sono i bop-up invisibili al sintetizzatore. Noi non ce ne accorgiamo. Essi appaiono e scompaiono, o rimangono in sovraimpressione, ma il motore di sintesi vocale non riesce a interagire con loro. Capita che, in quel momento, un nostro collega passi dietro le nostre spalle, vedendo il box, grande o piccolo che sia, e ci dica: “Ma che hai sullo schermo?”. E noi, naturalmente, cadiamo dalle nuvole. Poi, se la cosa è già successa, o se siamo abbastanza esperti, tecnologicamente parlando, capiamo e chiediamo gentilmente di leggerci il messaggio e, ovviamente, di togliercelo di torno. Di nuovo, non si riesce a capire come, nel 2020, ci siano ancora software house che realizzano applicazioni senza tener conto della implicazione della compatibilità estesa anche a persone disabili visive. Tra l’altro, lo ribadisco, non c’è un costo aggiuntivo né un grande dispendio in termini di codice, per rendere fruibile materiale web o un’app. Continuo a confidare nella sparizione, non tanto dei messaggi pop-up, ma della ignoranza informatica che contraddistingue alcuni sviluppatori “della Domenica”. Ciò che è possibile fare per non visualizzare questi messaggi sono un paio di azioni conosciute: impostazioni del browser e di Windows stesso. La prima opportunità riguarda i pop-up che, di default, Chrome ha disattivati. Per cambiare questo comportamento dobbiamo andare nel menu del browser di Google e dopo aver cercato le voci altro e impostazioni, recarsi nella sezione privacy che ci consente di disattivare le visualizzazioni riferite ai siti web. Se vogliamo fare la stessa cosa nel sistema Windows, dobbiamo utilizzare il pannello di controllo e,, dalle impostazioni di sistema, spuntare la voce “disattiva tutte le notifiche”. Provate queste due azioni. C’è sempre qualche piccola app ribelle, ma dovreste eliminare quasi tutto il fastidioso. Col tempo, qualche sito cercherà di riproporvi la riattivazione dei messaggini; state attenti e, se le cose dovessero tornare indietro, ripetete le operazioni per la disabilitazione di questi avvisi.


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Tutta la nostra tecnologia al tempo del Covid-19

di Mario Lorenzini

Di questi tempi del virus, ce ne ricorderemo per lungo tempo. Ci siamo ancora dentro e, a parte i fattori medici e politici, che dovrebbero essere in prima linea per aiutarci a uscire dal problema, ci sono le tecnologie che cercano, al di fuori del carattere umano, di alleviare il distanziamento sociale. Skype è un software che affonda le proprie radici nel passato, forse quello più noto, soprattutto in ambito desktop. Consente l’effettuazione di chiamate via web. A parte abbbonamenti per la telefonata da pc a telefono fisso, nella quasi totalità dei casi, l’utilizzo di skype avviene gratuitamente, da pc a pc. La forza di Skyhpe risiede nella sua diffusione che il prodotto dimostra da molti anni; oltre a ciò, la possibilità di effettuare chiamate di gruppo. Si possono selezionare un numero massimo di 49 persone per un totale, compreso il chiamante, di 50 interlocutori. Ovviamente, se andiamo in videochiamata, il numero si riduce in dipendenza della bontà della banda. Per comodità o come ausilio all’accessibilità, riporto parte delle scorciatoie da tastiera: CTRL+N avvia una nuova conversazione CTRL+MAIUSC+P avvia una chiamata vocale CTRL+MAIUSC+K avvia unavideochiamata CTRL+E interrompi Alt+2 richiama la lista dei contatti CTRL+M attiva o disattiva il microfono CTRL+MAIUSC+Kattiva o disattiva fotocamera Ci sono molte altre combinazioni di tasti. Decidete voi quali sono più utili alle vostre esigenze di utilizzo, magari cambiandole. Da un certo periodo di tempo, coinciso con l’impossibilità di frequentazione lavorativa o scolastica imposta dalle ultime disposizioni in materia di distanziamento sociale, app come skype o Google meet hanno subìto una forte impennata nella curva di uso. Costrettyi a una reclusione forzata nel nostro ambiente domestico, i contatti sono stati virtualmente, e purtroppo o per fortuna, parzialmente soppiantati da questi software. L’e-learning, che soltanto in misura minimale si era affacciato sui dispositivi degli studenti , è divenuto un must per favorire il continuo delle lezioni. È stata ed è ancora una bella scommessa, sia per gli insegnanti, sia per il ministero dell’istruzione coinvolto. Impreparazione, arretratezza delle infrastrutture, reticenza dei docenti; alcuni di questi ultimi forse un po’ giustificati dalla vicinanza dell’età pensionabile. Anche il mondo dei media televisivi ha visto trasmissioni con ospiti in studio deserte o quasi, in diretta video con gli invitati nella propria abitazione. E per ultima, la gente comune che, durante la giornata, non potendo recarsi dai propri cari, dialoga con loro attraverso un tablet o uno smartphone. La buona notizia è data da questa CHANCE CHE NON AVREMMO AVUTO NEI DECENNI PRECEDENTI. Quella negativa è rappresentata dal fatto che, in questa occasione, la nostra infrastruttura dati ha evidenziato tutta la sua debolezza. A parte il frame rate basso che riporta indietro alle prime pellicole del secolo scorso che davano il senso di questo movimento a scatti, spesso il degrado del flusso dati si manifesta con molte perdite di fotogrammi, e una qualità audio molto scadente, dove la voce si sente a tratti, con volume ad andamento crescente e decrescente, con effetto metallico e in certi casi, perdite di sequenze audio che compromettono la comprensione del dialogo. Si tenta a volte di riconnettersi, provando, come dicono i presentatori dei talk-show, di ripristinare il collegamento. Ma il termine non è esattoRipristinare significa riportare alle condizioni precedenti. Ma quelle condizioni erano già pessime. Si tenta quindi, di instaurare una connessione migliore. Ma qual è, realmente, il livello di evoluzione della nostra rete? Qui già andiamo nel variegato. La rete che porta il segnale digitale, è ancora in fase di stesura. La fibra ottica, che di cui si parla ormai da 30 anni, sta aumentando, ma non certo alla velocità profetizzata dai gestori; una banda passante elevata, riscontrabile solo nei centri urbani più grandi come, Milano, torino, Bologna tanto per dirne alcuni. Quando si inizia ad andare nei centri periferici, il decadimento delle prestazioni è inevitabile. La fibra si limita alla centrale. Non arriva certo al cabinet vicino casa o addirittura nella stessa. Poi c’è ancora il rame che, poverino, fa quel che può. Le situazioni più decentrate sono gestite daglii operatori più importanti. Ma, in alternativa, si scelgono soluzioni wan, che consentono una connettività wireless ma prestazioni decisamente scadenti salvo qualche rara realtà. Ragion per cui, tra le varie cose a cui dovremo mettere mano, in un futuro prossimo, c’è anche la rete italiana delle telecomunicazioni. Chi abita in un grande centro non può rendersi conto del fatto che esistono località non raggiunte dalla banda larga. Qui lo smart working è solo un’occasione per scappare di casa e recarsi in una metropoli. I ragazzi non possono usufruire delle lezioni online impartite dai loro insegnanti. Ci sono sicuramente a monte condizioni geografiche avverse, questo però non deve scoraggiare i tecnici a migliorare la qualità, a volte sarebbe meglio dire la tenuta, della connessione. Chissà, forse tra gli effetti del Corona virus, potremmo scoprire che l’input della crescente quantità di banda sia stato raccolto.


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Medicina

Pandemia da SARS-COVID-19: Prospettive diagnostiche. Stato dell’Arte

di Stefano Pellicanò

Premessa Cari lettori, negli ultimi mesi sui mass media siamo “stressati” dall’emergenza pandemia da COVID-19 e, pertanto, ci eravamo proposti di scrivere solo per le rubriche “Novità in Medicina” e “Novità in Farmacopea”, visto che quotidianamente arrivano novità pseudo- o scientifiche e vista anche la pubblicazione trimestrale del nostro Giornale. Poiché, purtroppo, stiamo constatando che ormai nelle televisioni impazzano virologici della domenica e pseudo-esperti, che dicono tutto e il contrario di tutto, fornendo notizie infondate e fuorvianti, abbiamo ritenuto che sull’argomento sarebbe corretto dare la parola agli Infettivologi, i cultori della materia. Dall’esperienza, con molta umiltà, della pubblicazione di oltre 200 pubblicazioni scientifiche e due incontri personali col prof. Luc Montagnier, lo scopritore del virus HIV, causa dell’AIDS, nascono quindi gli articoli, strettamente collegati, aggiornati alla data odierna (“Stato dell’Arte”), 30 aprile 2020: “Pandemia da Sars-Covid-19: Prospettive diagnostiche”; “Prospettive terapeutiche farmacologiche e vaccinali per Sars-Cov2” dove valuteremo le difficoltà per la ricerca di una terapia specifica e per l’allestimento di un vaccino e “Covid-19: il vaso di Pandora è stato scoperchiato di nuovo ?” dove, tra l’altro, parleremo del ruolo dei pipistrelli nelle infezioni virali, faremo un confronto con le pandemie del passato e valuteremo la miopia politica degli ultimi anni. Abbiamo cercato di utilizzare un linguaggio comprensibile a tutti, e ci rendiamo conto che nel primo articolo ci sono, molti termini di farmaci, necessariamente “complicati”. Pur non essendo dipeso da noi, ovviamente, ci auguriamo di farci perdonare non annoiandovi e con la solita rigorosità scientifica che ci viene riconosciuta. a) Linee guida della Repubblica Popolare di Cina Le linee guida dell'Ospedale Zhongnan (Università di Wuhan) suggeriscono la diagnosi in soggetti che, oltre a una storia di viaggio a Wuhan o contatto con infetti, presentano almeno due dei seguenti sintomi: febbre, segni radiologici di polmonite, globuli bianchi normali o ridotti o linfociti ridotti. Secondo uno studio dell'Ospedale Tongji di Wuhan la TAC sarebbe più sensibile (98%) rispetto alla reazione a catena della polimerasi (71%; fonte:Italian.cri.cn, 26/02/2020), a causa di falsi negativi nel test PCR a causa di problemi con il campione o durante l'esecuzione mentre si ritiene che i falsi positivi siano rari (fonte: JAMA, February 2020). b) Protocolli dell’Organizzazione Mondiale della Sanità L'OMS ha pubblicato diversi protocolli di test su radiografia o TAC toracica e su un esame di reazione a catena della polimerasi inversa in tempo reale (rRT-PCR) su campioni di espettorato o di sangue (fonte: World Health Organization. 20/01/ 2020; Centers for Disease Control and Prevention, DCD, 29 e 31/01/2020). c) I tamponi Di solito la positività al Sars-Cov2 non supera le quattro settimane ma in alcuni casi, tra cui una 23enne, ricoverata al Policlinico Sant’Orsola di Bologna il 28 febbraio, all’ultimo tampone eseguito il 16 aprile risulta ancora positiva (e in isolamento) da 55 giorni (fonte: il Resto del Carlino, 22/04/2020). Da una ricerca dell'Università di Padova, a due mesi dal primo caso di positività a Vo’ Euganeo (PD), tra i primi focolai italiani, i tamponi eseguiti a 6,9 giorni di distanza rispettivamente all’85,9% e al 71,5% della popolazione, indicano che il 43.2% dei casi confermati erano asintomatici e, eseguiti all’inizio e alla fine del confinamento domiciliare, hanno rilevato la presenza dell’infezione rispettivamente nel 2.6% e 1.2% dei casi; la maggior parte delle nuove infezioni sono avvenute prima del confinamento o da persone asintomatiche che vivevano nella stessa casa senza grandi differenze a livello statistico nella carica virale tra sintomatici e asintomatici. Lo studio fornisce nuovi spunti sulla frequenza delle infezioni asintomatiche e della loro contagiosità (fonte: MedRxiv, 2020. Da validare dalla comunità scientifica). Ricercatori dell’Istituto Spallanzani di Roma, mediante tampone oculare hanno isolato il virus dimostrando che, oltre che nell’apparato respiratorio, è in grado di replicarsi anche nelle congiuntive, quindi gli occhi potrebbero essere una delle sue porte di ingresso/uscita e una potenziale fonte di contagio e che i tamponi oculari possono essere positivi anche quando quelli respiratori sono negativi. Ulteriori studi con tamponi oculari, su ampie casistiche, sono necessari per verificare fino a quando il virus continua a essere attivo nelle lacrime e potenzialmente infettivo (fonte: Annals of Internal Medicine, 2020). d) I test sierologici La diagnosi, oltre che con i tamponi, può essere formulata anche con test sierologici, testando gli anticorpi IgM e IgG (fonte:Yicai Global, 2020), utilizzando un campione di siero, positivo anche se il paziente è guarito e il virus non è più nell'organismo (fonte: Science, 27/02/2020). Alcuni studi hanno mostrato che il 10-20% delle persone contagiate con sintomi aveva pochi o nessun anticorpo rilevabile. Adesso uno studio della Chongqing Medical University ha rilevato nei 285 pazienti analizzati (100%) la presenza degli anticorpi IgG, cioè quelli prodotti durante la prima infezione, seppure in quantità variabili, ha quindi confermato che tutti i malati di COVID-19 sviluppano gli anticorpi. Ciò significa che il test sierologico può essere utile per diagnosticare i pazienti sospetti, risultati negativi al tampone per il coronavirus, e per identificare quelli asintomatici (fonte: Nature Medicine, 2020), tuttavia ancora non si sa se siano protettivi. In tempi record sono stati messo a punto diversi test sierologici ma, come i farmaci e i vaccini però, prima di trarre conclusioni dal punto di vista scientifico, epidemiologico e politico-sociale, ne va valutata l’accuratezza e l’effettiva utilità. Dovrebbero darci risposte certe su quanti pazienti hanno sviluppato anticorpi contro il virus, qual è la sua letalità reale, il tasso di prevalenza per fasce di età, il ruolo degli asintomatici nella diffusione della malattia e indizi su quale percentuale della popolazione abbia già sviluppato una certa immunità al virus. e) Affidabilità dei test sierologici Teniamo presente che la maggior parte dei test non è abbastanza affidabile e se lo fosse non è detto che riveli l’immunità alla re-infezione. Per verificarne l’accuratezza, i kit dovrebbero essere testati su centinaia di soggetti ammalati e altrettanti sani ma finora la maggior parte delle valutazioni ha coinvolto solo alcune decine di individui con dubbi sull’affidabilità, soprattutto per quanto riguarda il numero di falsi positivi. Due studi di test sugli anticorpi, su 3.300 e 500 arruolati, rispettivamente in USA (California, fonte: MedRxiv, 2020) e in un paesino della Germania, suggeriscono una prevalenza di infezione molto più alta rispetto ai dati ufficiali suggeriti probabilmente perché il virus si è diffuso negli USA e in alcune parti dell’UE almeno un mese prima della sua “scoperta”. Ancora, i test utilizzati in entrambi gli studi sono stati valutati su un piccolo numero di persone, il che potrebbe influenzare l’accuratezza dei risultati (fonte: Nature, 2020). Un altro fattore fondamentale da valutare è il tempismo, infatti se il test viene eseguito troppo presto il corpo può non aver avuto il tempo di sviluppare gli anticorpi specifici ottenendo un falso negativo ma in atto on sappiamo con esattezza dopo quanto tempo dall’infezione essi si sviluppano (fonte: Nature, 2020). f) Lo studio Solidarity II dell’OMS A tale scopo l’OMS ha lanciato, a inizio aprile, il programma Solidarity II, uno studio che coinvolge diversi Paesi con l’obiettivo di testare campioni di sangue per valutare la presenza di anticorpi contro il virus oltre a piccoli sondaggi “immunologici” in tutto il mondo, Italia compresa. g) La patente di immunità Per avere una patente di immunità occorrerebbe disporre di un test che identifichi gli anticorpi neutralizzanti, che impediscono al virus di entrare nelle cellule, quindi capaci a bloccare l’infezione (fonte: Nature, 2020) in quanto un soggetto potrebbe averne tanti ma non essere protetto, come avviene, ad es., nell’infezione da HIV o nell’Epatite da HCV. È quindi fondamentale, ma non sempre avviene, che i test siano in grado di rilevare soprattutto questi anticorpi e d’altronde non sembra che tutti gli ammalai li abbiano sviluppati. Secondo una ricerca cinese 10 su 175 non produce anticorpi neutralizzanti rilevabili, quindi non è chiaro se abbiano o meno un’immunità protettiva. I test sierologici, comunque, permettono di mappare il virus dal punto di vista epidemiologico, capire qual è la durata della memoria immunitaria e sapere quanti sono gli infettati per determinare il tasso di mortalità. h) Nuovi test diagnostici Presso il Policlinico San Matteo (PV) è stato sviluppato un nuovo test sierologico ad alto volume di processamento per rilevare la presenza di anticorpi, in attesa del marchio CE e dell'autorizzazione all'uso di emergenza dall’FDA. Ricercatori dell’Università dell’Insubria sperimenteranno, all’Ospedale di Circolo (VA), su un centinaio di pazienti, un test rapido della saliva che consentirebbe di scoprire la positività in appena 10’ (fonte: ANSA, 2020). Il test è simile a quello per la gravidanza: si applica un campione di saliva su una piccola striscia di carta assorbente e, in caso di positività, si formerà una banda colorata. La sua novità consiste nella semplicità, rapidità e nel fatto che, a differenza dei test sierologici che evidenziano gli anticorpi, evidenzia direttamente il virus e quindi è possibile stabilire se il soggetto è infetto in quel preciso momento. i) Immunità di gregge L’immunità di Gregge è la capacità di un gruppo di resistere a un’infezione, verso la quale una grande proporzione dei membri del gruppo è immune. Si tratta di una forma di protezione indiretta che si verifica quando la malattia è stata superata con anticorpi propri, senza vaccinazione o dopo quest’ultima, di una parte significativa di una popolazione che fornisce una tutela anche agli individui che non hanno sviluppato direttamente l'immunità. Per determinare quanta ne serva per mitigare altre epidemie di COVID-19 servono diverse variabili, come l'R0, cioè il numero di persone contagiate da una positiva, che attualmente si pensa sia di 2,2 per il nuovo coronavirus. Sulla base di queste stime, si ritiene che almeno il 60% della popolazione dovrebbe avere l'immunità protettiva, sia da infezione naturale o da vaccino ma il problema è se questi anticorpi li sviluppa anche chi ha avuto pochi o nessun sintomo. Sembra probabile che, nel breve e medio periodo, la naturale esposizione al virus non dia il suo livello richiesto e pertanto, quando disponibile, servirà una vaccinazione di massa (fonte: Lancet, 2020). l) Pandemia, sistena fognario e patente d’immunità Durante l’epidemia da SARSCoV-1 (2003), studiosi cinesi dimostrarono la sua trasmissione attraverso produzione di droplets contaminati provenienti dal sistema fognario che venivano reintrodotti all’interno delle abitazioni attraverso le condotte d’aria degli impianti di condizionamento, climatizzazione e ventilazione; che la sopravvivenza, monitorandone la presenza nelle acque nere di un Ospedale, arrivava a 14 giorni con 4° e 2 giorni con 20° e che poteva sopravvivere fino a 96? nei fluidi corporei come espettorato, feci e siero, ma è meno stabile nelle urine. Due recenti studi, uno cinese e uno USA, hanno rilevato frammenti di RNA di COVID-19 nelle feci (fonte: Gastroenterology doi: 10.1053/j.gastro.2020.02.055; N Engl J Med 2020 Jan 31) e uno cinese ha dimostrato la sua presenza in un campione di feci mediante colture cellulari (fonte: China CDC Weekly 2020;2,8,:123-4) ma in atto non sono stati segnalati comunque casi di trasmissione oro-fecale del virus SARS-CoV-2 e non è chiaro se il nostro corpo si liberi del virus ancora in vita o solo di resti inattivi e non contagiosi. L’analisi delle acque reflue potrebbe rappresentare uno strumento aggiuntivo nella lotta al coronavirus. Pur diffondendo soprattutto per via respiratoria, il microrganismo finirebbe anche nelle feci un paio di giorni prima della comparsa dei sintomi. In Francia, a Parigi, dopo che sono state riscontrate tracce del virus, in 4 campioni su 27, nella rete idrica utilizzata per pulire le strade, per le fontane e per innaffiare i giardini e i parchi, in via precauzionale è stata sospesa la pulizia “a rivolo” con l’acqua direttamente prelevata dalla Senna e non trattata. Nessun rischio invece per l’acqua potabile delle case perché le tracce di virus sono talmente diluite da non poter raggiungere la quantità necessaria per il contagio e perché viene disinfettata (fonte: www.repubblica.it, 20/04/2020). I gestori del Servizio Idrico Integrato di Milano e della Provincia di Monza e della Brianza, l’Istituto di Ricerca sulle Acque (Cnr-Irsa) di Brugherio (MB), in collaborazione con il laboratorio di Microbiologia Clinica, Virologia e Diagnostica delle Bioemergenze dell’ASST Fatebenefratelli Sacco hanno attivato i primi controlli mirati sulle acque reflue delle reti fognarie nelle due provincie analizzando campioni in entrata e in uscita dagli impianti per determinare la presenza del Sars-CoV-2. Le analisi preliminari hanno mostrato suo materiale genetico nei reflui in ingresso ai depuratori di Milano e Monza e Brianza che collettano circa due milioni di persone, dopo i casi analoghi in Olanda e a Parigi, ma è stato rassicurante verificare che il virus viene annientato dagli impianti di depurazione e le acque a valle ne risultano prive. Inoltre, altre indagini preliminari indicano che la vitalità del virus sia del tutto trascurabile già all’ingresso nei depuratori, che non si può disperdere nell’ambiente acquatico e che le particelle vitali presenti nei campioni di feci umane non sopravvivono nella rete fognaria. Questa presenza nelle fogne potrebbe essere utilizzata per monitorare e prevenire l’epidemia e fornire la “patente di immunità”. In Australia, nel Queensland, si sta sperimentando il tampone delle acque reflue. In caso di negatività, si può pensare di darla a interi quartieri o città, agevolando la riapertura e l’allentamento del confinamento domiciliare, viceversa passando a misure di isolamento sociale più severe, con molto anticipo rispetto alla rilevazione di pazienti sintomatici negli Ospedali come è avvenuto in Olanda, dove il virus è stato rintracciato nelle fognature dell’aeroporto di Tilburg diversi giorni prima della segnalazione del paziente uno olandese.


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Parliamo di farine

di Rossana Badaschi

Oggi parliamo di…farine! Vorrei infatti descrivere alcune alternative alla classica farina bianca, detta anche farina 00, quella probabilmente più utilizzata e che, per prima, ci giunge alla mente quando parliamo di questa tipologia di alimenti. In realtà, dal un punto di vista nutrizionale è la più povera. Infatti, si ottiene attraverso la macinazione industriale della cariosside (comunemente chiamata chicco) di grano, attraverso l’eliminazione del germe, il quale è ricco in aminoacidi, acidi grassi, sali minerali, vitamina B ed E, e della parte più esterna, importante fonte di fibre. Ricordiamo inoltre che a seconda del grado di abburattamento o raffinazione (dalla meno raffinata alla più raffinata), la farina di grano tenero può essere anche definita integrale o di tipo 2, 1, 0 e 00. Nel caso della farina integrale il frumento viene macinato mantenendo le membrane di rivestimento esterne ed il germe, quindi la farina che si ottiene è più scura, ricca di crusca (che favorisce la peristalsi intestinale e previene la formazione di alcuni tumori) e più completa dal punto di vista nutrizionale, grazie anche alla presenza dei nutrienti che abbiamo citato prima. Attenzione invece ai “falsi integrali”! Infatti, spesso a livello industriale viene unita alla farina raffinata la crusca in modo da ottenere un prodotto integrale, mentre si consiglia di acquistare la farina integrale ottenuta esclusivamente dalla macinazione del chicco integro. Per quanto riguarda la farina di tipo 1 e tipo 2, si presentano solitamente più bianche, di grana sottile e contengono parti di crusca (anche se in quantità inferiore rispetto a quella integrale). Anche la farina di tipo 0 (zero) presenta una grana sottile, ma possiede solo una piccola percentuale di crusca e viene spesso utilizzata per il pane o la pizza; mentre, come abbiamo già scritto, la tipo 00 (doppio zero) è finissima, molto bianca ma, pur essendo ricca di amido e proteine, è priva di crusca perché proviene dalla macinazione della sola parte interna del seme e viene generalmente utilizzata per la produzione di pasta, pizza, dolci o come addensante. Inoltre, sul mercato, sono disponibili anche altre tipologie di farine che derivano da cereali forse meno conosciuti e utilizzati rispetto al frumento, ma che permettono di preparare piatti altrettanto gustosi. Elenchiamone alcune. Farina di Mais. Soprattutto a Bergamo non si può non nominare questo prodotto! Questa farina si ottiene attraverso la macinazione dei semi di mais e può essere macinata più o meno finemente a seconda del suo utilizzo. Il mais è un prodotto nutriente, la farina che ne deriva lo è altrettanto ma con una scarsa presenza di vitamine B1 e B2. La cariosside è anche ricca in lipidi, acidi grassi monoinsaturi, polinsaturi, amido e fibra. Il caratteristico colore giallo intenso dei grani è dato da un carotenoide, la zeaxantina che ha una potente azione antiossidante. Sono presenti anche diversi sali minerali (potassio, calcio, fosforo, magnesio, ferro, rame, zinco, selenio) ed è priva di glutine, pertanto adatta anche alle persone celiache. Farina di Avena. Questo prodotto è ottenuto dalla macinazione dei semi d’avena, preceduta dalla separazione dei tegumenti esterni (crusca) che sono ricchi di cellulosa indigeribile per l’organismo umano. La farina di avena è ricca in vitamina B1, proteine, zinco e, rispetto agli altri cereali, anche in grassi, quindi ha un maggior potere saziante. Infine, contiene una classe di polisaccaridi indigeribili i “betaglucani” che aiutano ad abbassare il colesterolo, oltre ad essere un alimento a basso indice glicemico, adatto quindi anche ai diabetici. Farina di Farro. È una farina ricca in vitamine del gruppo B. Essa ha un significativo contenuto di metionina, un aminoacido essenziale che aiuta a combattere la formazione dei radicali liberi, al contrario del frumento in cui è carente. Buona anche la quantità di fibra che, unitamente alla grande capacità di assorbire acqua, rendono questa farina una buona alleata contro la stitichezza, oltre che nelle diete ipocaloriche in quanto fornisce un buon senso di sazietà. Farina di Orzo. Possiede un elevato contenuto di fibre che le conferiscono proprietà lassative e stimolanti. In aggiunta ha proprietà antiinfiammatorie, sedative (grazie alla presenza di silicio) e aiuta ad abbassare il colesterolo cattivo. L’orzo è noto sin dall’antichità per la sua proprietà galattogena, cioè stimola la produzione di latte materno. Farina di Grano Saraceno. A dispetto del nome non si ricava da un cereale né tantomeno dal grano, bensì da una pianta della famiglia del rabarbaro. È naturalmente priva di glutine ed ha un buon contenuto di vitamine, in particolare la vitamina B1, PP, alfa-tocoferolo (vitamina E), ferro e acidi grassi polinsaturi. Un’altra caratteristica positiva è data dalla presenza di rutina, una molecola antiossidante con virtù antiaggreganti e antitrombotiche. Questa farina non contiene glutine. Farina di Miglio. È ottenuta dalla macinazione del miglio giallo decorticato. In Italia è poco diffusa ma questa farina possiede proprietà interessanti. Infatti, svolge un’azione rinforzante su unghie, capelli e smalto dei denti per la presenza di acido silicico che stimola la produzione di cheratina. In essa troviamo inoltre le vitamina A, E, K, le vitamine del gruppo B e alcuni sali minerali (ferro, fosforo, calcio, magnesio, zinco). Notevole è il contenuto proteico: per questo motivo è un alimento consigliato per sopperire carenze nutritive, agli inappetenti, ai bambini e adolescenti in fase di crescita, nelle situazioni di stress fisico e intellettuale. Anche questo cereale è privo di glutine. Farina di Quinoa. La farina di quinoa si ricava dalla lavorazione a pietra dei semi di questa pianta erbacea originaria dell’America Latina. Si tratta quindi di uno pseudocereale che, dal punto di vista nutrizionale, ha un elevato contenuto di proteine ad alto valore biologico ed è particolarmente ricco di un aminoacido essenziale, la lisina, in genere poco rappresentato nei cereali. Contiene carboidrati a basso indice glicemico, alcuni sali minerali (potassio, fosforo, magnesio, selenio, ferro, zinco, rame) oltre ad alcune vitamine, in particolare la vitamina E, B2 e C. Anche questa farina è adatta ai celiaci in quanto naturalmente priva di glutine. Farina di Amaranto. L’amaranto è un altro pseudocereale privo di glutine. Esso cresce su di una pianta di origine americana, dal quale si ottiene una farina ricca in aminoacidi essenziali, in particolare la lisina. Buona fonte di sali minerali come potassio, fosforo, calcio e di vitamina E. Vorrei fare una piccola, ma importante precisazione in merito alle farine di cereali o pseudo cereali privi di glutine. Per evitare il rischio di contaminazione incrociata durante la lavorazione e/o il confezionamento, è sempre opportuno verificare che sulla confezione della farina vi siano riportati il simbolo della spiga barrata o la dicitura “senza glutine” (o “gluten free”), che garantiscono l’effettiva assenza di glutine. E, dopo questa breve carrellata sulle varie farine, spero di avervi lasciato un pizzico di curiosità per sperimentare squisite ricette con questi nuovi ingredienti amici della salute!


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Novità in sanità pubblica: V parte (VII)

di Stefano Pellicanò

A) SARS-COVID-19: disagio sociale degli operatori sanitari. Dopo la pandemia una da malattie mentali nella popolazione ? Diversi studi hanno dimostrato che gli operatori sanitari coinvolti nell’epidemia di SARS del 2003 riportavano alti livelli di stress, ansia, depressione e avvertivano incertezza e stigmatizzazione. Dalle poche ricerche pubblicate finora, sembra che l’attuale pandemia da SARS-COVID-19 *** abbia effetti simili. In Italia, dall’inizio della pandemia, sono stati contagiati circa 17.000 professionisti sanitari. Una ricerca ha indagato il disagio sociale dei circa 600 operatori sanitari, medici specialisti (63%), infermieri (21%) e specializzandi (9%), principalmente del reparto di Oncologia (59%), che ha scelto di vivere lontano dai familiari (30%), per evitare il rischio di trasmissione domestica, soprattutto donne (circa il 75%). Oltre l’83% degli intervistati dichiara di non vivere da solo (il 54% “si”, il 16% “abbastanza”) pertanto quasi un terzo ha deciso di trasferirsi lontano dalla famiglia per non esporla ad un maggiore rischio di contagio; nel 7,6% dei casi si è trasferito il nucleo familiare mentre nel 6,7% sono stati i figli. Coloro che scelgono di rimanere insieme alla propria famiglia hanno, naturalmente, adottato misure di sicurezza per ridurre il rischio di infezione, come una divisione della zona notte, il mantenimento delle distanze di un metro o più e una rinuncia ai contatti ravvicinati specie con i bambini. Il distanziamento sociale, come nella restante popolazione, ha coinvolto soprattutto gli anziani: l’80,7% non vede i genitori da oltre 14 giorni. L’isolamento ha portato anche alla lontananza dai propri figli, il 60,7% non ha contatti ravvicinati con loro da meno di 7 giorni e il 32% da oltre due settimane. Le difficoltà maggiormente riscontrate sono state il reperimento di badanti (10,7%) e baby-sitter (22,5%) e quello della spesa (54,4%). L’83% degli operatori è consapevole del rischio e si sente maggiormente esposto rispetto alla popolazione generale a causa della propria professione ma il timore del contagio è rivolto soprattutto ai propri familiari (72,4%); due su tre hanno avuto ripercussioni sulla propria vita familiare (fonte:Women for Oncology Italy, 2020). Il 22 aprile è stato pubblicato sulla rivista Medrxiv un questionario, da compilare dagli operatori sanitari italiani, dal 27 al 31 marzo, giorni immediatamente precedenti il picco di contagio, in cui il S.S.N. era sotto pressione, per valutarne gli effetti sulla loro salute mentale, studio “gemello” di quello condotto dall’Università dell’Aquila e Territori Aperti, in collaborazione con l’Università di Roma Tor Vergata (articolo in revisione). Il questionario, completato da 1.379 operatori, è stato diffuso online sui social e i riceventi sono stati invitati ad inoltrarlo ad altri. Ha esaminato le caratteristiche del posto di lavoro (di prima o di seconda linea) e le informazioni relative all’impatto diretto del virus. Dai dati è emerso che quasi il 50% riporta sintomi da stress post-traumatico, quasi il 25% depressione grave, quasi il 22% stress, il 20% ansia e l’8% insonnia. Le percentuali stress post-traumatico e depressione grave sono risultate maggiori rispetto alla popolazione generale (37 vs 17%). I medici di medicina generale che hanno partecipato presentano soprattutto sintomi da stress post traumatico, mentre gli infermieri e gli assistenti sanitari maggiormente di insonnia grave. L’esposizione al contagio è stata associata ad un maggior rischio di depressione (fonte: articolo in revisione). Questi risultati concordano con le analisi condotte a Whuan e nella provincia di Hubei della Repubblica popolare di Cina. 42 esperti della ICSPRC (International COVID-19 Suicide Prevention Research Collaboration) hanno individuato otto fattori economici, psicologici e sociali, legati alla pandemia, sia in soggetti già con problemi psichiatrici e non, che possono aumentare il rischio di suicidio, dalle preoccupazioni finanziarie alle violenze domestiche e all’abuso di alcol, indicando i provvedimenti da intraprendere per contrastarne gli effetti, dal supporto ai disoccupati all'aiuto psicologico, attivando le help line telefoniche o magari attraverso videochiamate. L'Italia è più attrezzata di altri Paesi, grazie alla rete dei CSM (Centri di Salute Mentale), anche se impoverita dai continui tagli, come tutto il S.S.N. (fonte: Lancet Psychiatry, 2020). B) Comitato per i Medicinali per Uso umano (CHMP) dell’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA): punti salienti dell’ultimo meeting (27-30 gennaio) Il CHMP ha raccomandato la concessione dell’autorizzazione all’immissione in commercio per quindici farmaci: Givlaari (givosiran), il primo trattamento per la porfiria epatica acuta in età > a 12 anni; Rybelsus (semaglutide), per il diabete di tipo 2, il primo trattamento con agonista del recettore del peptide-1 glucagone simile (GLP-1), una classe di farmaci non insulinici di tipo 2, per uso orale; Vaxchora, per la profilassi contro il colera; Liumjev (insulina lispro), per il trattamento del diabete mellito negli adulti; Nilemdo (acido bempedoico) e Nustendi (acido bempedoico/ezetimibe) per l’ipercolesterolemia primaria e dislipidemia mista; Nubeqa (darolutamide), per il carcinoma della prostata; Staquis (crisaborole), per il trattamento della dermatite atopica; un biosimilare, Ruxience (rituximab), per il del linfoma non Hodgkin, la leucemia linfatica cronica, l’artrite reumatoide, la granulomatosi con poliangioite e poliangite microscopica e del pemfigo vulgaris. Raccomandati i quattro equivalenti: Azacitidina betapharm (azacitidina) e Azacitidina Mylan (azacitidina), per il trattamento di sindromi mielodisplastiche, leucemia mielomonocitica cronica e mieloide acuta; Triossido di arsenico Mylan (triossido di arsenico), per la leucemia promielocitica acuta e Cinacalcet Accordpharma (cinacalcet), per l’iperparatiroidismo secondario, del K paratiroideo e dell’iperparatiroidismo primario. Raccomandato il rilascio dell’autorizzazione all’immissione in commercio anche per gli ibridi Budesonide/Formoterolo Teva Pharma B.V. (budesonide/ formoterolo fumarato diidrato), per l’asma e le malattie polmonari ostruttive croniche, e Trepulmix (treprostinil sodico), per il trattamento dell’ipertensione polmonare tromboembolica cronica. Per Ameluz, MabThera, Rezolsta, Suliqua, Tybost e Venclyxto, infine, il CHMP ha raccomandato l’estensione delle indicazione terapeutiche (fonte: Pillole dal Mondo n° 1780, 11 febbraio 2020). C) La tubercolosi (Tbc) rimane il killer infettivo più letale con 1,5 milioni di decessi nel 2018 Il 24/III/1882 lo scienziato tedesco Robert Koch (1843-1910) annunciò di aver scoperto il batterio Mycobacterium tuberculosis, l’agente etiologico della tubercolosi (tbc), aprendo la strada alla sua diagnosi e terapia. Questa patologia respiratoria si trasmette in modo simile al COVID-19, attraverso goccioline di saliva, ed era caratterizzata da tosse, dolore toracico, febbre, sudorazioni notturne, debolezza e dimagrimento (“mal sottile” o “mal d’amore”) mentre oggi, in genere, i sintomi possono essere assenti o ridotti, scoperta in occasione dell’esecuzione di una radiografia del torace. Se non curata adeguatamente può essere letale, talvolta c’è una multi-resistenza agli anti-tubercolari, le più pericolose, che, nel solo 2018, hanno colpito 484.000 persone, con dieci milioni di infettati, quasi 30.000/die, con 1,5 milioni di morti, circa 4.000/die (fonte: O.M.S.). Gli sforzi globali per combatterla hanno permesso, dal 2000 al 2018, di salvare 58 milioni di vite. In atto resta ancora uno dei pericoli maggiori specialmente in alcuni Paesi dell’Africa e del Sud-Est Asiatico. D) Al Sud scarse cure domiciliari e troppa migrazione sanitaria In Italia, secondo il Rapporto sui ricoveri ospedalieri 2017 (SDO), nel 2016, ci sono stati 800.000 ricoveri fuori Regione dovuti soprattutto all'impossibilità di fruire delle prestazioni in quella di residenza mentre l'ISTAT ha rilevato che circa un over 65 su 10 fa fatica o rinuncia a curarsi per le distanze da percorrere dai piccoli ai grandi centri urbani. Queste migrazioni sanitarie comportano diverse difficoltà, dall'ospitalità al pagamento dei costi di trasferimento tra casa e ospedale (fonte: Convegno “Curare è prendersi cura. La salute al centro”, Associazione Italiana contro Leucemie, AIL, Roma, 14/11/2019). E) Privacy a rischio con i social usati in modo inappropriato Per comprendere come si può commettere una violazione della privacy di un soggetto anche senza menzionarne espressamente il nome, e per cui in molti casi neanche basta “pseudonimizzarlo” scrivendone solo le iniziali puntate, bisogna soffermarsi sulla nozione di “dato personale” (art. 4 del Regolamento UE 2016/679), che definisce come tale “qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabile (“interessato”), dove si considera identificabile chi “può essere individuato, direttamente o indirettamente, con particolare riferimento a un identificativo come il nome, un numero di identificazione, dati relativi all’ubicazione, un identificativo online o a uno o più elementi caratteristici della sua identità fisica, fisiologica, genetica, psichica, economica, culturale o sociale”. Il fenomeno, non solo in Italia, dell’uso scorretto dei social network trai gli Operatori Sanitari sta diventando sempre più frequente. Già nel 2017 il Ministero della Salute spinse la Federazione Nazionale dell’Ordine dei Medici a scrivere un monito agli Ordini provinciali, invitando gli iscritti a ponderare al loro uso in relazione alla professione, ribadendo l’obbligo del rispetto dell’art.1 del Codice Deontologico (“ comportamenti assunti al di fuori dell’esercizio professionale quando incidenti sul decoro della professione”); dell’art. 10 (“mantenere il segreto professionale anche nel caso di un paziente deceduto” e dell’11 (“rispetto della riservatezza, in particolare dei dati inerenti alla salute e alla vita sessuale. Il medico assicura la non identificabilità dei soggetti coinvolti nelle pubblicazioni o divulgazioni scientifiche di dati e studi clinici”). II 27/09/ 2019 un primario chirurgo in un paesino della Campania ha diffuso su un social i dati riguardanti una paziente e il suo credo religioso, descrivendo tutta l’amarezza di un caso di decesso dovuto alla mancata trasfusione in una testimone di Geova. Pur non avendo citato nome e cognome, non è stato difficile, in un paesino, identificarla collegandola ai motivi e al suo credo religioso pertanto il chirurgo non ha osservato il Codice della Privacy e di Deontologia Medica. Il fenomeno non è solo italiano, ad es. nell’arco di cinque anni, oltre 1.200 dipendenti del Servizio Sanitario Inglese hanno ricevuto provvedimenti disciplinari a causa dell’uso improprio dei social e almeno 65 sono stati licenziati per aver condiviso online informazioni riservate sui pazienti. F) Chirurgia plastica e social media I social stanno acquistando sempre più importanza su diversi aspetti della vita quotidiana e stanno rivoluzionando l'approccio alla medicina, in quanto con pochi click i pazienti accedono a ogni tipo informazione e condividono esperienze e difficoltà. Uno dei rischi è che, soprattutto i giovani, guardando immagini di visi e corpi perfetti e ritoccati con filtri, possano sopravvalutare i propri difetti estetici. Uno studio australiano ha mostrato che le foto di volti ritoccate abbiano un effetto negativo su chi le guarda, al contrario di quelle non modificate dai filtri (fonte: Body Image, 2019) ed uno U.S.A., del settembre 2019, ha segnalato che i social influenzano la decisione di sottoporsi all'intervento di aumento del seno. Un ulteriore studio ha evidenziato che in Canada e U.S.A. l’82,2 % dei post di Instagram di chirurgia plastica è riconducibile a medici senza preparazioni specifiche (fonte: Aesthetic Surgery Journal, 2019). Appare evidente che, in questo scenario, è sempre più importante identificare i professionisti validi, verificandone i titoli ed il percorso formativo sul portale della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici chirurghi e Odontoiatri (FNOMCEO) e ovviamente ponendo domande senza timore che avranno risposte precise se abbiamo di fronte professionisti seri.


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Novità in Medicina: XVI parte

di Stefano Pellicanò

A) DIABETOLOGIA a) Il metabolita 4-Cresolo della flora intestinale stimola la crescita delle cellule beta nel pancreas che producono insulina Uno studio coordinato dall'Università di Parigi, svolto anche sui topi, ha mostrato che il 4-cresolo a bassa concentrazione migliora il diabete di tipo 1 e 2 con riduzione dell'obesità e dell'accumulo di grasso nel fegato, un aumento della massa pancreatica, la stimolazione della secrezione di insulina e la proliferazione delle cellule beta nel pancreas. I risultati dello studio confermano l'impatto della flora intestinale sulla salute umana, prospettando nuove terapie per diabete, obesità e le malattie del fegato grasso (fonte: Cell Reports, 2020). B) GASTROENTEROLOGIA a) Diarrea sintomo (sottovalutato?) del COVID-19 Studiosi del Second Hospital of Hebei Medical University di Shijiazhuang (Cina), esaminando le conclusioni di tre studi, hanno riscontrato che la maggior parte dei pazienti presentano febbre e tosse con incidenza di leucopenia, febbre e diarrea che differivano significativamente, soprattutto la diarrea. Poiché la proteina spike del virus condivide lo stesso recettore di ingresso cellulare ACE-2 del coronavirus SARS (che mostra una trasmissione oro-fecale), lo hanno valutato in vari tessuti umani, riscontrando che era altamente espresso negli enterociti prossimali e distali nell’intestino tenue, così come lo erano due recettori di ingresso di altri coronavirus. Sulla base di questi risultati le cellule epiteliali dell’intestino tenue, che esprimono ACE-2, potrebbero essere più vulnerabili all’attacco di COVID-19 che, d’altronde, potrebbe servirsi della trasmissione oro-fecale (fonte: Gut, 2020). Anche studiosi del Tan Tock Seng Hospital di Singapore hanno ipotizzato il coinvolgimento enterico dei coronavirus in quanto circa il 10% dei soggetti presenta sintomi gastrointestinali pertanto, finché non emergeranno ulteriori dati, bisognerebbe sospettare nei casi di febbre e sintomi gastrointestinali in pazienti che hanno viaggiato molto o sono venuti a contatto con molte persone. La possibilità di coinvolgimento enterico ha importanti conseguenze per il controllo delle infezioni in quanto i coronavirus sono suscettibili agli antisettici contenenti etanolo e ai disinfettanti che con cloro o candeggina, da tener presente quando si usano prodotti per pulirsi le mani o disinfettanti per lavare gli ambienti (fonte: Lancet Gastroenterology and Hepatology, 2020). b) Infezione da SARS-CoV-2 a decorso più lieve nei pazienti con malattie infiammatorie intestinali? Nei precedenti focolai di SARS e MERS l’immunosoppressione non è risultata un fattore di rischio di infezione infatti nessun paziente, con malattie infiammatorie intestinali come unico fattore di rischio, ha sviluppato patologie gravi per loro conseguenza. Il decorso del COVID-19 sembra essere più lieve in queste malattie che, spesso, ricevono trattamenti immunosoppressivi, il che faceva invece ipotizzare una maggiore vulnerabilità all’infezione ma, d’altra parte, le terapie immunomodulatorie potrebbero anche sopprimere la risposta citochinica iper-infiammatoria del nuovo virus. Negli ultimi mesi all’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergano sono stati ricoverati, per CoVid-19, 479 pazienti senza anamnesi di queste malattie mentre dei 522 pazienti seguiti dallo stesso Ospedale, cui era stato raccomandato di non modificare la terapia, nessuno, in atto, è stato colpito (in base alle proiezioni si sarebbero dovuti verificare circa 21 casi) forse perché i bloccanti delle citochine potrebbero avere effetti benefici, precisamente il bloccante recettoriale dell’IL-6 potrebbe essere utile per trattare la polmonite da CoVid-19. Ulteriori studi sono necessari per stabilire se le malattie infiammatorie intestinali svolgano un ruolo protettivo, se siano i farmaci a svolgerlo o se i pazienti possano trovarsi meglio con l’isolamento sociale per via dell’immunosoppressione; in ogni caso questi pazienti, a prescindere dalla terapia, devono smettere di fumare, in quanto il fumo incrementa il rischio di infezione (fonte: Gastroenterology online, 02/04/2020). C) INFETTIVOLOGIA a) SarsCov2: scoperto il ruolo dell’enzima ACE-2 nella relazione tra polmonite e fumo Ricercatori della British Columbia University e del St.Paul Hospital di Vancouver (Canada) hanno analizzato alcuni campioni prelevati dai polmoni di 21 pazienti affetti da broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) e di 21 sani, hanno misurato il livello dell’enzima di conversione dell’angiotensina II (ACE-2), molecola riconosciuta in precedenti studi come un punto d’accesso che consente al Covid-19 di entrare nelle cellule polmonari e lo hanno confrontato, distinguendo tra fumatori, ex fumatori e non. I risultati hanno mostrato livelli più elevati di ACE-2 nei pazienti con BPCO e nei fumatori. Questi risultati sono stati confermati dal confronto con due studi precedenti su 249 soggetti (suddivisi tra fumatori, ex fumatori e non). Poiché i livelli di ACE-2 si abbassano appena si smette di fumare appare evidente che per proteggersi dalle forme gravi di COVID-19 tra le cose che si possono fare ce n’è una che può essere tanto faticosa (psicologicamente) quanto vantaggiosa: smettere di fumare (fonte: European Respiratory Journal, 12/03/2020: 55). b) Caratteristiche cliniche da SARS-CoVid-19 non differiscono nei pazienti con co-infezione HIV Uno studio dell’Università di Barcellona su 543 pazienti, di cui 5 con coi-nfezione HIV-CoVid-19, conclude che l’infezione da HIV interessi l’1% dei ricoveri per CoVid-19 a Barcellona, che il quadro clinico risulta simile a quello della popolazione generale e nessuno dei pazienti è deceduto nonostante 2 siano stati ricoverati in terapia intensiva. Uno studio molto recente ha mostrato che ritonavir + lopinavir risulta inefficace come monoterapia contro le polmoniti gravi da CoVid-19 e, pertanto, ulteriori studi sono necessari sull’efficacia di questo trattamento in pazienti con CoVid-19 sotto terapia combinata nelle prime fasi della malattia. È stato inoltre recentemente riportato che il darunavir risulta inefficace sul SARS-CoV-2 a causa della scarsa affinità con la sua proteasi. Il trattamento del CoVid-19 comprendeva idrossiclorochina in 4 pazienti, combinato con azitromicina in 3 pazienti. La pandemia resta un problema globale e la generazione di informazioni potrebbe migliorare la prognosi dei pazienti con co-infezione da Hiv e SARS-CoV-2 (fonte: Lancet Hiv online, 15/04/2020). c) Scoperto il nuovo ceppo HIV-1 gruppo M sottotipo L (dopo venti anni) Ricercatori di Abbott Diagnostics, lo ha individuato su un campione prelevato nel 2001 nella Repubblica Democratica del Congo, nell’ambito di uno studio per la prevenzione della trasmissione materno-fetale e classificato come sottotipo L, una sotto-tipologia che contava, ad oggi, solo altri due tipi di virus HIV e che con questo terzo può essere ufficialmente distinta come sottotipo a sé. Poiché esso sarebbe più simile ai virus più antichi ci sarebbero ulteriori ceppi circolanti facendo ipotizzare che l’epidemia di HIV è ancora in corso e in evoluzione (fonte: Journal of Acquired Immune Deficiency Syndromes, 2019). d) Infezione da HIV: il nuovo test OLA-Simple rileva le mutazioni farmaco-resistenti Con l’incremento dei tassi di resistenza alle terapie antiretrovirali, l’OMS raccomanda ai Paesi con tassi pre-trattamento > 10% di iniziare la terapia con un regime preferenziale di prima linea contenente dolutegravir e NRTI, ma dato i costi elevati, gli NNRTI sono ancora preferiti in molte comunità, nelle quali la stessa OMS raccomanda il test delle resistenze, prima di iniziare il trattamento, per selezionare un regime efficace, test a loro volta limitati ai laboratori centralizzati. Ricercatori del Seattle Children’s Research Institute e dell’Università di Washington hanno sviluppato il sistema OLA-Simple, semplice, economico ed efficace quasi quanto i sistemi di sequenziamento di nuova generazione con un’accuratezza > 90%. Il test è semplice, economico ed idoneo per i Paesi a basso livello di risorse in cui i pazienti dispongono di scarse opzioni terapeutiche, in cui l’uso della migliore combinazione di farmaci massimizza i risultati. Il test potrebbe guidare prontamente sulla necessità di un’eventuale cambio di terapia (fonte: AIDS online, 19/03/2020). e) Identificato l’anticorpo proteina PfGarp, che distrugge il parassita della malaria Nel mondo, ogni giorno, 1.100 persone muoiono di malaria, 405.000 morti/anno. Nel 2017 ci sono stati 219 milioni di casi e 435.000 decessi e, l’anno seguente, 228 milioni di contagi con 405.000 decessi mentre tra il 2000 e il 2014 il numero di morti è sceso del 40%, da 743.000 a 446.000 (fonte: World Malaria Report 2019). La maggior parte dei casi avvengono nell'Africa sub-sahariana dove, nel 2018, circa 11 milioni di gravide sono state infettate, di conseguenza quasi 900.000 bambini sono nati con un basso peso alla nascita. Ricercatori della Brown University, analizzando il sangue di bimbi che ne avevano una naturale resistenza immunitaria, hanno individuato la proteina anticorpo PfGarp e i primi test sui primati non umani avrebbero dimostrato risultati promettenti per un vaccino basato su quell'anticorpo. In uno studio in laboratorio, invece, sarebbero morti tra il 98% e il 99% dei parassiti. Questi anticorpi attiverebbero un meccanismo di autodistruzione che causa una morte programmata delle cellule dei parassiti (fonte: Nature, 2020) D) LABORATORIO a) Allo studio un led ultravioletto anti SARS-COVID-2 per sterilizzare superfici e, potenzialmente, anche aria e acqua Ricercatori dell'Università della California, a Santa Barbara hanno realizzato dei led stratificando un film di un materiale che conduce corrente su un substrato di carburo di silicio. L'idea è di usare raggi ultravioletti UV-C in grado di sterilizzare quasi al 100% superfici nell'arco di 30”, eliminando il SARS-CoV-2. Poichè questi raggi sono pericolosi, vanno usati solo quando non sono presenti persone negli ambienti, per cui si sta cercando di sviluppare un sistema di automazione che accenda i LED solo in assenza di soggetti. Questo sistema di sterilizzazione potrebbe essere utilizzato per pavimenti e superfici ospedaliere e per pulire le protezioni indossate dagli operatori sanitari (fonte: ACS Photonics, 2020). b) Test di carico orale di glucosio (OGTT) per predire il diabete con cinque anni di anticipo L’OGTT si esegue assumendo 75 gr di glucocsio sciolti in acqua e misurando la glicemia 2? dopo. Ricercatori della Società Italiana di Diabetologia, dell’Università “Magna Graecia” di Catanzaro e “Tor Vergata” di Roma, hanno seguito quasi 400 arruolati per cinque anni, dopo che avevano fatto il test OGTT rilevato però a 1?, osservando che i soggetti con normale tolleranza al glucosio, ma valori del test > 155 mg/dL, mostravano un aumento del 400% del rischio di sviluppare diabete di tipo 2 rispetto ai controlli e che pazienti finora considerati a basso rischio (valori di glicemia > a 155 mg/dL), possiedono un peggiore profilo di rischio cardiovascolare e una possibilità molto più alta di sviluppare diabete di tipo 2 rispetto ai soggetti che le linee guida internazionali individuano come a rischio. Sembra dunque un test semplice, economico e discriminante per valutare la possibilità di incappare nel diabete cinque anni prima che la malattia si manifesti (fonte: Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism). c) Cancro alla prostata: nuovo metodo diagnostico Uno studio clinico prospettico dell’Unità di Neuroimmunologia dell’IRCCS Fondazione Santa Lucia e del Dipartimento di Scienze Urologiche del Policlinico Umberto I di Roma è stato applicato su 240 campioni, dimostrandone una precisione diagnostica del 100% di specificità (nessun falso positivo) e il 96% di sensibilità. Quando questo metodo sarà definitivamente messo a punto sarà possibile una prevenzione secondaria più efficace basata sua sulla terapia chirurgica che medica infatti mentre finora il dosaggio dell’ antigene prostatico specifico (PSA) non era in grado di discriminare tra patologie benigne e maligne, spesso coesistenti. Il nuovo test, invece, attraverso un prelievo ematico permette di diagnosticare la natura della neoplasia (fonte: Cancers n°21/2019). E) OCULISTICA a) La tecnica Crispr-Cas (taglia e incolla il DNA) per correggere cellule malate nell'occhio La tecnica sperimentale, applicata in un paziente colpito da una rara forma di cecità ereditaria incurabile, è consistita nell'iniettare nell'occhio un virus innocuo, che nel suo genoma trasporta tutto il necessario per produrre in loco le forbici molecolari ultra-precise della Crispr. Il trattamento sarà testato su altri 17 pazienti (sperimentazione “Brilliance”), condotta all'Università dell'Oregon. L'obiettivo è farle agire nelle cellule della retina sensibili alla luce (fotorecettori), per correggere la mutazione del gene CEP290 che provoca la distrofia chiamata Amaurosi congenita di Leber (Acl). b) Smog e aumento del rischio glaucoma Il glaucoma è una malattia neurodegenerativa, principale causa di cecità irreversibile che interessa oltre 60 milioni di pazienti in tutto il mondo. Di solito deriva da un accumulo di pressione dal fluido nell'occhio, causando danni al nervo ottico che collega l'occhio al cervello. Secondo una ricerca coordinata dall’ University College di Londra i soggetti che vivono nei quartieri con maggiore inquinamento da polveri sottili avevano almeno il 6% in più di probabilità di averlo rispetto a chi viveva nelle aree meno inquinate, oltre ad avere significativamente più probabilità di avere una retina più sottile, uno dei cambiamenti tipici della progressione del glaucoma. Poiché, però, la pressione oculare, non è stata associata all'inquinamento, secondo gli studiosi lo smog influenza il rischio di glaucoma attraverso la costrizione dei vasi sanguigni o il particolato potrebbe avere un effetto tossico diretto che danneggia il sistema nervoso e contribuisce all'infiammazione (fonte: Investigative Ophthalmology & Visual Science, 2019). F) ONCOLOGIA a) Nuova rivoluzionaria ipotesi sulla formazione delle metastasi La formazione di metastasi provoca il 90% dei decessi dovuti alle neoplasie ma finora non era chiara la loro relazione con il tumore primario. Era certo che il processo metastatico richiede il distacco di una cellula tumorale dal tessuto originario che, in seguito, deve infiltrarsi tra le cellule epiteliali fino a raggiungere i vasi sanguigni o il fluido linfatico, per poi viaggiare all’interno del liquido, fino a raggiungere e colonizzare un nuovo tessuto. Solo l’1% delle cellule che si staccano dal tumore primario originano metastasi. Studiosi del Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York, hanno constatato che le metastasi si sviluppano a causa della riprogrammazione delle cellule neoplastiche, che acquisiscono le proprietà delle cellule staminali rigenerative, quindi la formazione delle metastasi sarebbe dovuta alla riattivazione, nel posto e nel tessuto sbagliato (nelle cellule tumorali) di geni deputati alla rigenerazione cellulare, piuttosto che a mutazioni genetiche delle cellule tumorali primarie, come si è pensato fin ora. La scoperta apre la strada a nuove prospettive terapeutiche e gli studiosi hanno già sviluppato degli anticorpi diretti contro la molecola L1CAM, deputata alla rigenerazione tissutale, componente essenziale per la diffusione delle cellule dei tumori di seno, polmone, rene e colon-retto, verso altri organi, in particolare cervello, polmone, fegato e le ossa che, negli studi in vitro, si sono dimostrati altamente efficaci contro le cellule dei pazienti che producono suoi livelli elevati (fonte: Nature Cancer, 2020). b) Trovata la parte dell'enzima soppressore PP2A che frena le neoplasie Ricercatori internazionali guidati dall'Università del Michigan hanno identificato in 3D, grazie a un microscopio, una parte dell'enzima soppressore PP2A che agisce da pedale molecolare che frena vari tipi di neoplasie. Conoscere la sua struttura aiuterà a ottenere molecole specifiche per bloccare la crescita dei tumori e, poichè PP2A è coinvolto anche in malattie cardiovascolari e neuro-degenerative, si aprono nuovi scenari terapeutici anche per lo scompenso cardiaco e l’Alzheimer (fonte: Cell, 2020). G) VIROLOGIA a) Scoperto un virus molto grande con geni propri dei batteri Studiosi dell’Università della California a Berkeley, in collaborazione con altri di Canada, Danimarca e Giappone hanno scoperto un virus molto più grande dei suoi simili, con un corredo di proteine caratteristico dei batteri che potrebbe costituire il ponte fra i batteriofagi non viventi e i batteri, ibridi tra i tradizionali virus e i tradizionali organismi viventi. Appartengono alla famiglia dei virus parassiti dei batteri, sono anomali per le loro grandi dimensioni e anche perché contengono almeno 351 geni, divisi in 10 gruppi, che di solito si trovano nei batteri. Il più grande ha un patrimonio genetico di 735.000 paia di basi. All’interno di questi pacchetti di geni è emerso un corredo di strumenti sorprendente, tra enzimi e proteine, comprese quelle utilizzate nella tecnica che taglia-incolla il Dna, Crispr-Cas. Una è la sosia della forbice molecolare Cas-9 nei batteri (dove Phi è la lettera greca con cui sono indicati i fagi). Aver trovato una proteina simile alla Cas-9 è la prova per capire la capacità dei batteri di difendersi dai virus e averlo trovato nei virus costituisce un’opzione terapeutica notevolissima per affrontarli. Molti di questi geni sono sconosciuti e potrebbero essere una fonte di nuove proteine per applicazioni in ambito medico, industriale o agricolo (fonte: Nature, 2020).


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Prospettive terapeutiche farmacologiche e vaccinali per SarsCov2. Stato dell’Arte

di Stefano Pellicanò

Premessa Cari lettori, negli ultimi mesi sui media siamo martellati dall’emergenza COVID-19 e, pertanto, ci eravamo proposti di scrivere solo per le rubriche “Novità in Medicina” e “Novità in Farmacopea”, visto che quotidianamente arrivano novità pseudo- o scientifiche e vista anche la pubblicazione trimestrale del nostro Giornale. Poiché, purtroppo, stiamo constatando che ormai nelle televisioni impazzano virologici della domenica ed esperti che tali non sono, che dicono tutto e il contrario di tutto, fornendo notizie infondate e fuorvianti, abbiamo ritenuto che sull’argomento sarebbe corretto dare la parola agli specialisti in Malattie Infettive, i cultori della materia. Dall’esperienza, con molta umiltà, della pubblicazione di oltre 200 pubblicazioni scientifiche e due incontri personali col prof. Luc Montagnier, lo scopritore del virus HIV, causa dell’AIDS, nascono quindi gli articoli, strettamente collegati, aggiornati alla data odierna (“Stato dell’Arte”), 30 aprile 2020: “Prospettive terapeutiche farmacologiche e vaccinali per SarsCov2” dove valuteremo le difficoltà per la ricerca di una terapia specifica e per l’allestimento di un vaccino; “Pandemia da Sars-Covid-19: Prospettive diagnostiche” e “Covid-19: il vaso di Pandora è stato scoperchiato di nuovo ?” dove, tra l’altro, parleremo del ruolo dei pipistrelli nelle infezioni virali, faremo un confronto con le pandemie del passato e valuteremo la miopia politica degli ultimi anni. Abbiamo cercato di utilizzare un linguaggio comprensibile a tutti, e ci rendiamo conto che nel primo articolo ci sono, molti termini di farmaci, necessariamente “astrusi”. Non è dipeso, ovviamente, da noi ma ci auguriamo di farci perdonare non annoiandovi e con la solita rigorosità scientifica che ci viene riconosciuta. ***** Andando indietro nel tempo, dall’inizio del secolo, ogni decade abbiamo avuto un’epidemia da coronavirus: nel 2000 la SARS (Severe Acute Respiratory Syndrome), nel 2010 la MERS (Middle-East Respiratory Sindrome) e ora, nel 2020, la COVID-19 (CoronaVIrus Disease 19) o Malattia Respiratoria Acuta da SARS-CoV-2 (Severe Acute Respiratory Syndrome Coronavirus 2) o Malattia da coronavirus 2019. È notorio che i coronavirus tendono a dare delle pandemie e poi a spegnersi gradualmente, soprattutto quando c’è una riduzione della loro entropia sociale pertanto l’attuale virus, grazie all’isolamento domiciliare, potrebbe auto-spegnersi anche con i primi caldi, quando ci sarà anche una riduzione delle goccioline che si essiccheranno e, quindi, con minori possibilità di passare da un soggetto all’altro. Come già avvenuto per l’AIDS, di fronte a questa pandemia, la ricerca di nuovi mezzi diagnostici e di una possibile terapia, farmacologica o vaccinale, è partita subito. In atto nel mondo ci sono oltre 2 milioni di pazienti affetti, la maggior parte guarirà senza bisogno di alcuna terapia ma il 20%-30% circa svilupperà una grave polmonite o una cardiopatia. 1) Prospettive farmacologiche Mancando un trattamento specifico, i CDC statunitensi (Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie) hanno consigliato farmaci antinfluenzali, liquidi, riposo (fonte: CDC, 09/08/2019) e, nei casi più gravi, la ventilazione artificiale o l'ECMO ( Ossigenazione Extracorporea a Membrana). In atto, fine aprile 2020, per questi pazienti non esistono trattamenti efficaci, quindi individuare dei farmaci, tra quelli già esistenti per altre malattie, è sicuramente il modo più rapido per trovarne uno valido mentre i più efficaci sono probabilmente quelli specifici ma per ottenerli, però, occorrono in genere anni in quanto bisogna studiare e comprendere il meccanismo d’azione del virus, mettere a punto delle molecole ad hoc, testarle in vitro, in laboratorio, e iniziare gli studi clinici sui pazienti. Anche se i primi hanno un profilo di sicurezza noto, non si sa che effetto possano avere nei pazienti affetti da COVID-19 e non si conoscono gli effetti collaterali in quelli con patologie pregresse, come diabete, malattie cardiovascolari o neoplasie, che rappresentano la maggior parte dei casi gravi di polmonite, insieme agli anziani. In atto sul sito ClinicalTrials.gov sono registrati 745 studi, 697 nel database dell’OMS; gli studi europei registrati sull’EU Clinical trial register, sono 114; uno sforzo enorme ed inedito della comunità scientifica internazionale infatti ogni giorno vengono proposti nuovi studi e nuove terapie. Le fasi dell’infezione del virus SARS-COVID-19 e i bersagli principali dei farmaci sperimentali Ripercorriamo le fasi dell’infezione virale per capire come e dove agiscono i farmaci attualmente oggetto di studio. Un team multicentrico di Boston, tra cui il Massachusetts Institute of Technology, ha scoperto, rispettivamente nei passaggi nasali, nei polmoni e nell'intestino le cellule “a calice” 3*** che producono muco, i pneumociti di classe 2 che servono al funzionamento degli alveoli polmonari e gli enterociti assorbenti i nutrienti dopo la digestione, agendo da apripista al processo infettivo. Questo sottogruppo di cellule presentano, contemporaneamente, le proteine TMPRSS2 (figg. sotto) e a lato cui il virus si attacca, e il recettore per l'enzima ACE-2 (figg. sopra), indispensabili per dar luogo all'infezione, pertanto lo studio di esse potrebbe consentire 5*** di capire come bloccarne l'ingresso (fonte: Cell, 2020). Entrato, quindi, per via aerea SARS-COVID-2 punta alle cellule del tratto respiratorio, in particolare inferiore, quindi bronchi e polmoni, che presentano in superficie ACE-2 (fig.sotto), l’aggancio usato dalla proteina Spike del virus per entrare e la TMPRSS2 necessaria per l’attivazione di Spike. Il virus, quindi, entra nelle cellule per endocitosi [modificazione della forma della sua membrana plasmatica, che crea uno spazio per racchiudere il materiale da introdurre] mediata dal recettore ACE-2, molto espressa sulle cellule epiteliali polmonari alveolari AT2 particolarmente suscettibili alle infezioni virali. 4*** Uno dei regolatori noti dell’endocitosi è la proteina AP2 associata alla chinasi 1 (AAK1) la cui interruzione potrebbe, a sua volta, interrompere l’ingresso del virus nelle cellule. Come vedremo suoi diversi inibitori sono stati approvati. Dopo l’aggancio (attraverso ACE-2), il virus fonde la sua membrana con quella della cellula e il suo materiale genetico, una molecola di RNA, viene rilasciato all’interno della cellula in una specie di “bolla”, una vescicola acida con tutte le informazioni necessarie alla vita del microrganismo, proprio come il nostro DNA. Quindi, con l’aiuto della cellula ospite, alcune formano il capside (l’involucro del virus), altre servono per replicare l’RNA e produrne molte altre copie quindi, dopo essere stato tradotto in proteine e col loro assemblamento, si creano moltissimealtre particelle virali. Una sola cellula può rilasciarne milioni prima di essere distrutta e tutte queste particelle possono infettare nuove cellule, provocando la reazione del sistema immunitario che, a volte, per una sua reazione eccessiva può portare all’attacco delle cellule polmonari stesse e all’ostruzione dei polmoni che può sfociare in sindrome da distress respiratorio acuto e infine alla morte. Da notare che la proteina Spike, la punta della corona esterna del coronavirus usata nei nuovi vaccini per stimolare il sistema immunitario, ha alcune similitudini, con quelle dell’HIV, ancora inesistente (vedremo cosa comporta). Ricercatori della Sybilla Biotech e dell' Istituto Nazionale di Fisica hanno scoperto, nel recettore ACE-2, due tasche o stati intermedi che si formano col suo ripiegamento su se stesso. In meno di un mese hanno quindi esaminato 9.000 farmaci esistenti e individuato 35 in grado di legarsi alle due tasche. Ora potranno iniziare i test per capire se potranno diventare farmaci anti-COVID-19. A) La sperimentazione farmacologica nella Repubblica Popolare di Cina Passiamo adesso sinteticamente in rassegna i trattamenti proposti, cominciando dalla Repubblica Popolare di Cina, dove, a Wuhan, città in cui si svolgevano esperimenti sul genoma del coronavirus sui pipistrelli, tutto è cominciato (deliberatamente, secondo un’ipotesi complottista). Il 6-metilprednisolone (6-MP) è stato studiato positivamente su 201 pazienti con polmonite COVID-19 o ARDS (Sindrome da Distress Respiratorio Acuto; fonte: JAMA Intern Med, March 2020). Ricercatori della Qingdao University hanno individuato trenta potenziali farmaci (fonte: Drug Discov Ther, vol. 14, nº 1, 2020: 58 - 60) ed è previsto uno studio più ampio (fonte: Chin Med. J., March 2020). Proposto il Montelukast (fonte: Drug Discov Ther, vol. 14, nº 1, 2020: 58-60), già proposto per l’infezione da virus Zika, specie in gravidanza. Ancora sono in corso di sperimentazione: Arfilzomib (fonte: Drug Discov Ther, vol. 14, nº 1, 2020: 58-60); 6*** il Pirfenidone (Esbriet°) usato finora per la fibrosi polmonare idiopatica (fonte: News.abplive.com, 07/03/2020); TAK-888 (fonte: www.koreabiomed.com, 06/03/2020); Disulfiram che agirebbe da inibitore competitivo o misto (fonte: Antiviral Res., vol. 150, February 2018: 155–163); Chalcone o Calcone; Cinanserin, un inibitore della proteasi simil-3C del virus; Deoxyrhapontin; Polydatin o Piceide; Px12, un inibitore della tioredossina, una proteina facilmente inducibile da molti tipi di stress esogeno; Remestemcel-L, prodotto con cellule staminali mesenchimali, è in fase di studio in ARDS virus-associata (fonte: Medrxiv 2020); Bortezomi, il primo inibitore del proteasoma [complesso multiproteico che degrada i polipeptidi cellulari] sperimentato sula febbre e piastrinopenia da flebovirus, nell'infezione da virus herpes simplex in associazione con aciclovir (fonte: MBio, vol. 10, nº 3, May 2019) e in vitro in alcune forme aggressive di linfoma non-Hodgkin; Ebselen, molecola sintetica di organo-selenio con attività antinfiammatoria, citoprotettiva e antiossidante (fonte: Mol. Biol. Rep., vol. 41, nº 8, August 2014: 4865–79). Varie Associazioni cinesi studiano il CVL218-S-32-C, un inibitore selettivo del recettore poli-ADP-ribosio polimerasi 1, con attività inibitoria contro la replicazione del virus e attività antiinfiammatoria (fonte: Biorxiv.org, in stampa). Studi per l'epidemia di SARS del 2002-2004 hanno suggerito il ruolo potenziale dell'Ossido nitrico inalato nelle complicanze polmonari (fonte: Clin. Infect. Dis., vol. 39, nº 10, November 2004: 1531-5) pertanto è in corso uno studio di fase 2 che prevede una collaborazione tra Xijing Hospital, Massachusetts General Hospital e Fondazione IRCCS Ca’Granda, Ospedale Maggiore Policlinico, su 104 pazienti con ARDS grave con l'obiettivo di prevenire la progressione della malattia. L’antimalarico Clorochina, già testata per la SARS (fonte:Biochemical and Biophysical Research Communications, vol. 323, nº 1, 8 ottobre 2004: 264-8), a febbraio è risultata efficace in vitro (fonte: English.news.cn, www.xinhuanet.com; Bioscience Trends, vol. 14, February 2020: 72-73; Cell Research, vol. 30, nº 3, 2020-03: 269–271) e il Dipartimento Provinciale di Scienza e Tecnologia e la Commissione Provinciale per la Salute di Guangdong ne hanno raccomandato l'uso (fonte: Chinese Journal of Tuberculosis and Respiratory Diseases, vol. 43, nº 0, 20/2/2020: 19) mentre in vitro l’Idrossiclorochina è risultata tre volte più efficace e con minori effetti indesiderati (fonte: Infectious Diseases Society of America, 09/03/2020: 99). Poiché è insorto il problema della scarsità di quest’ultima l'India, ha rivisto i divieti della sua esportazione. È stato ipotizzato che Clorochina e Idrossiclorochina agirebbero entrando nella “bolla” che si forma intorno al virus, in seguito alla fusione con la cellula ospite, e di modificarne il pH, impedendo così che l’infezione prosegua. All’Ospedale di Whenzhou si sta pensando a una sperimentazione-pilota sulla Bromexina, farmaco anti-tosse. Linee guida per il trattamento della polmonite da coronavirus nella Repubblica Popolare di Cina (terapia per max 10 giorni) (fonte: Drug Discov Ther, vol. 14, nº 1, 2020: 58–60) - IFN-a: 5 milioni U o dose equivalente x 2 /die per aereosol - Lopinavir/ritonavir (Kaletra°) cps 200 mg/50 mg: 2 cps x 2/die - Ribavirina endovena: 500 mg x 2-3/die in combinazione con IFN-a o lopinavir/ ritonavir - Clorochina fosfato cpr: 500 mg (300 mg per clorochina) x 2/die - -Umifenovir cpr, cps, sc. (Arbidol°, non autorizzato in Italia e USA): 200 mg x 3 volte/die. Studiosi dell'Ospedale Tongji, Tongji Medical College, Huazhong University of Science and Technology di Wuhan, hanno descritto tre familiari trattati con beneficio con l'uso combinato di farmaci della medicina occidentale e Shuang-huang-lian orale liquido (SHL), prodotto della medicina tradizionale cinese (fonte: Comitato di farmacopea statale, farmacopea cinese. Stampa dell'industria chimica, Pechino, Cina, 2015), da approfondire (fonte: Front Med, March 2020). L’SHL è una combinazione antimicrobica con Lonicerae Japonicae Flos. Scutellariae Radix e Fructus Forsythiae (fonte: Phytomedicine, vol. 21 nº 4, March 2014:461-9) che attenua l'iperresponsività delle vie aeree principalmente attraverso l'inibizione dell'attivazione dei mastociti e dell'immunità Th2 mediata (fonte: Front Med, March 2020), inoltre, secondo studiosi dell'Institute of Medical Plant Plant, Chinese Academy of Medical Sciences & Peking Union Medical College di Pechino, abbassa anche i livelli di citochine infiammatorie (fonte: Hhindawi.com). L’osservazione della struttura molecolare del virus ha permesso a ricercatori dell'Accademia Cinese delle Scienze, di progettare i due inibitori della proteasi 11a e 11b in grado di bloccarlo in coltura cellulare. La sperimentazione della prima, dopo i topi, prosegue a livello preclinico, per valutarne la tossicità, prima di passare alla sperimentazione sull'uomo (fonte: Science, 2020). Ricercatori della Corea del Sud, in uno studio in corso di pubblicazione, hanno testato, su cellule in cultura infette, 49 farmaci approvati dalla Food and Drug Administration (FDA) identificandone 24 con efficacia antivirale . Altre terapie farmacologiche a) Antagonisti del recettore per l'angiotensina II (sartani) Poichè il virus utilizza il recettore ACE-2 per entrare nelle cellule da infettare sono stati proposti nella prevenzione della polmonite ma in atto senza conclusioni definitive (fonte: Medscape.com, 25/03/2020). b) Antiacidi In un’indagine condotta in Cina è stata osservata una mortalità inferiore tra i pazienti che assumevano Famotidina per il mal di stomaco, rispetto a quelli che usavano prodotti a base di Omeprazolo. Un vasto studio negli USA, che doveva rimanere “riservato”, coinvolge 1200 arruolati in 23 Ospedali dove viene somministrata endovena a dosaggi 9 volte più alti di quelli abituali e il farmaco è diventato introvabile. Si ritiene che abbia la proprietà di legarsi ad un enzima presente nel COVID-19 ma in atto non è possibile concludere se funziona, in quanto i dati erano troppo preliminari. c) Antibiotici È notorio che gli antibiotici non hanno azione antivirale ma, econdo studiosi dell’University of British Columbia di Vancouver, le Tetracicline, potrebbero essere valutate come profilassi o trattamento in quanto hanno dimostrato attività antivirale contro altri virus, potenti effetti antiinfiammatori, buon assorbimento polmonare e sono molto più sicure dell’Idrossiclorochina. L’idea sta incontrando il consenso di molti clinici e ricercatori in tutto il mondo (Pharmacotherapy online,08/04/2020). d) Antinfiammatori Baricitinib (Olumiant°), inibitore di JAK1/2, usato nell'artrite reumatoide (fonte: Lancet, vol. 395, nº 10223, February 2020) e Ciclesonide, un glucocorticoide. e) Anticorpi monoclonali e immunosoppressori La prima molecola mirata per aggredire il coronavirus Sars-CoV2 è stato un Anticorpo monoclonale, specializzato nel riconoscere e attaccare la proteina Spike, proposto dall'Università olandese di Utrecht (fonte: BioRxiv, on line, marzo 2020). Proposti anche Alcannina o Shikonin che ha attività antimicrobiche, antinfiammatorie, antitumorali e cicatrizzanti (fonte: Artif Cells Nanomed Biotechnol, vol. 48, nº 1, December 2020: 716); Anakinra e Emapalumab (fonte: Bresciaoggi.it, 27/03/2020); Brilacidina (fonte: Emedicine.medscape.com, 2020). Camostat mesilato (Foipan°), 7*** approvato solo in Giappone, in grado di inibire la fibrosi di fegato e reni, l'esofagite da reflusso post-operatorio e la pancreatite, è un inibitore della serin proteasi simile alla tripsina, che inibisce la funzione del canale epiteliale del sodio nelle vie aeree che, secondo ricercatori tedeschi, bloccherebbe l'ingresso del virus nelle cellule polmonari (fonte: Pharmaceutical-technology.com, 2020). Ancora poichè l'innesco iniziale della proteina Spike di COVID-19, da parte della proteasi transmembrana serina 2, è essenziale per l'ingresso di SARS-CoV, MERS-CoV e SARS-CoV-2, attraverso l'interazione di questa proteina con il recettore ACE-2 (fonte: J. Virol., vol. 93, nº 6, March 2019), potrebbe costituire (fonte: Cell, March 2020) un'efficace trattamento off-label [al di fuori delle condizioni autorizzate dagli enti predisposti]. Uno studio clinico è partito in Danimarca, che dovrebbe dare dei risultati entro l’anno. Ancora Ciclosporina A (fonte:Drug Discov Ther, vol. 14, nº 1, 2020: 58–60); Ifenprodil (NP-120) (fonte:Emedicine.medscape.com, 2020); LEAPS epitopo [o determinante antigenico, cioè la piccola parte di antigene che lega l'anticorpo specifico] (fonte: Emedicine.medscape.com, 2020; Novimmune e Tzls-501 (fonte: The Lancet, volume 395: 497-506, online January 24, 2020); Tdzd-8 o Tideglusib un inibitore della glicogeno sintasi kinasi-3. Oggetto di studio anche l’anticorpo Sarilumab (Kevzara°) anch’esso, come Tocilizumab, inibitore dell’interleuchina 6 (fonte: Emedicine.medscape.com). A marzo sono partiti studi negli USA e da aprile è stato lanciato un trial che coinvolge diversi Paesi in UE, tra cui l’Italia, ma anche Canada e Russia. Un’altra opzione terapeutica attuata, tra l’altro, per Ebola, SARS e MERS, viene dalla plasmaferesi, il trasferimento di plasma (la parte liquida del sangue) dei guariti in quanto se ci sono abbastanza anticorpi, questi possono essere forniti ai pazienti permettendo loro di sviluppare la cosiddetta immunità passiva che consiste nel fornire all’organismo degli anticorpi già pronti, che possono agire immediatamente contro il virus. Studi in Cina, su quindici pazienti, hanno mostrato un miglioramento ma occorrono studi su casistiche più ampie (fonte: News.abplive.com, 07/03/ 2020; Geneonline.news, 2020). L’FDA ha approvato uno studio in un centinaio di Ospedali USA con un protocollo in cui col prelevo di 400 mL da ogni donatore si trattano due pazienti; anche in Italia diversi Ospedali, sono pronti a partire con le sperimentazioni. Una 28enne incinta ricoverata all'Ospedale di Mantova è guarita, evitando la ventilazione assistita per proteggere il feto, forse il primo caso al mondo (fonte: ANSA, 2020). Sempre a Mantova, nell’ambito del protocollo siglato col Policlinico San Matteo (PV), sono stati trattati 24 malati con risultati incoraggianti ma in atto mancano evidenze univoche. B) La sperimentazione farmacologica in Italia A metà aprile, in poco meno di un mese, l’AIFA ha valutato, grazie a un iter rapido per l'emergenza, ottanta domande di autorizzazione per l'avvio di sperimentazioni/studi clinici su farmaci anti-Covid-19 e dieci, su sedici con parere favorevole, sono già partiti. L’anticorpo monoclonale Tocilizumab, il farmaco anti-artrite reumatoide, 8*** -lupus e –psoriasi, che agirebbe sul virus e sul tipo di citochina responsabile della fortissima infiammazione che lo sostiene, inibendone il recettore specifico, è stato incluso nelle linee guida per il trattamento di COVID-19 dalla Commissione Nazionale di Sanità Cinese (fonte: Reuters, 04/03/2020; ChinaXiv.org, 2020); alcuni Ospedali italiani hanno avviato dei protocolli terapeutici (come il Tocilizumab 2020-001154-22, l’RCT-TCZ-COVID-19 dell’AUSL-IRCSS di Reggio Emilia e TOCIVID-19 dell’Istituto Nazionale Tumori, IRCSS, Fondazione G. Pascale di Napoli; (fonte: Lastampa.it, 15/03/2020) mentre l'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha iniziato uno studio di fase 2 su 330 pazienti intubati da non oltre 24?, per valutarne efficacia e sicurezza (fonte:Aifa.gov.it, 17/03/2020). I ricercatori dell’Università di Brescia hanno comunicato che nel 77% dei primi 100 trattati presso gli Spedali Civili (tra il 9 e il 20 marzo) le condizioni respiratorie sono migliorate o stabilizzate. Si tratta, in atto, della più ampia casistica mondiale, che fa seguito ai risultati incoraggianti ottenuti in 20 pazienti in Cina e nei primi due pazienti italiani trattati all’Ospedale Cotugno di Napoli (fonte: Autoimmunity Reviews, in stampa). Ancora lo studio Hydro-Stop, ASUR-AV5 Ascoli Piceno, esamina la somministrazione precoce di Idrossiclorochina (Plaquenil°), un altro il Sarilumab COVID-19 valuterà il Sarilumab, un anticorpo monoclonale anti-interleuchina-6; un altro ancora, il Sobi.Immuno-101, l'associazione di Emapalumab (Gamifant°), anticorpo monoclonale anti-interferone gamma (IFN?) usato nella Sindrome emofagocitica, con Anakinra (Kineret°), un antagonista del recettore per la interleuchina-1. Sono anche in studio le combinazioni dei farmaci anti-AIDS Lopinavir/ritonavir (Kaletra°), Danuravir/cobicistat (Rezolsta°), Darunavir (Prezista°), Ritonavir (Norvir°) e degli Antimalarici, utilizzati già in Cina. L’AIFA ha annunciato l’avvio di uno studio clinico in Lombardia sul Favipiravir (Avigan°), un antivirale attivo contro diversi virus a RNA, non autorizzato in UE e USA, utilizzato in Giappone e Cina nelle pandemie influenzali, in via sperimentale che però presenta, come possibili effetti collaterali, teratogenicità (malformazioni fetali), comparsa di tumori maligni e mutazione del virus in un ceppo molto più aggressivo. Secondo uno studio pilota, in Cina, con un trattamento di 14 giorni, il farmaco, inibendo l’enzima che permette la riproduzione del virus nella cellula infetta e ne blocca la crescita, riduce i sintomi. In Giappone è partita una sperimentazione clinica direttamente di fase III su pazienti già colpiti dal virus e controllata direttamente dal governo. Il Remdesivir (GS-5734), un antivirale analogo nucleotidico per il trattamento del virus Ebola e Marburg, che somiglia all’adeonosina, una delle basi azotate che compongono l’RNA, ha dimostrato attività antivirale contro altri virus a RNA a singolo filamento, come il virus respiratorio sinciziale umano, virus Junin, virus della febbre da virus Lassa, virus Nipah, virus Hendra e i coronavirus, compresi quelli di SARS e MERS (fonte: Sciencemediacentre.org, 2020; The Feed, 2020; www.moh.gov.sg, 2020). Agisce attaccando l’enzima polimerasi nsp12, il motore molecolare che permette al COVID-19 di moltiplicare il suo RNA e di moltiplicarsi. Da uno studio dell’Università di Chicago (USA) su 113 pazienti gravi ne sarebbero morti soltanto due, mentre per gli altri si sono registrati miglioramenti in pochi giorni (fonte; Stat, 2020). La ricerca è iniziata a febbraio, all’apice dell’epidemia in Cina, in atto sono in corso studi su 2400 pazienti gravi in 152 differenti Centri in tutto il mondo e su 1600 con sintomi lievi in 169 Paesi. In Italia in 12 Centri sono partiti gli studi GS-US-540-5773 e GS-US-540-5774 dove viene sperimentato confrontando due protocolli di diversa durata di trattamento per valutarne l’efficacia nelle polmoniti con compromissione della funzionalità respiratoria e non. Se i dati preliminari saranno confermati, potrebbe diventare il primo trattamento approvato contro la malattia e rendere inutile l’eventuale vaccino. L’FDA ha già annunciato che gli darebbe via libera in tempi record. A fine aprile, però, i risultati sui suoi effetti sono contrastanti in quanto la Casa produttrice annuncia “risultati incoraggianti” mentre The Lancet parla di "benefici non significativi". Già oggi, in alcuni Ospedali italiani dove si tratta il Covid-19, la Clorochina cpr (Aralen°) viene assunta da medici e infermieri nella speranza che abbia efficacia di profilassi ma il suo uso va sconsigliato ai “fai-da te” in quanto non va assunta nella carenza di glucosio-6-fosfato deidrogenasi (favismo) in cui può scatenare crisi emolitiche potenzialmente letali oltre al problema della sua cardiotossicità (in terapia anti-malarica bisogna eseguire un ECG al giorno !). Ruxolitinib (Jahavi°) chemioterapico della famiglia degli inibitori delle JAK, sperimentato su 4 ricoverati in Toscana, per il quale l'AIFA ha approvato un protocollo (fonte: Firenzetoday.it, 29/03/2020) per uso compassionevole [farmaco non ancora approvato dalle autorità sanitarie, impiegato al di fuori degli studi clinici] che agirebbe riducendo la grave reazione infiammatoria (Sindrome da rilascio di citochine) da utilizzare nelle insufficienze respiratorie che non necessitano di ventilazione assistita invasiva. Anche in Israele è da poco partito un suo programma di uso compassionevole. AIFA sta anche valutando l’Opaganib, un composto con proprietà antinfiammatorie e antivirali. La Fondazione per la Ricerca biomedica avanzata di Padova, in collaborazione con l’Università, ha ipotizzato un legame tra virus e tumore alla prostata, in quanto l’enzima TMPRSS2 è un marcatore tipico della neoplasia e, poiché gli inibitori specifici sono in grado di fermarne lo sviluppo, potrebbe rivelarsi efficace anche sul virus. Comunque prima di avviare una ricerca bisogna capire se l’inibitore usato per la prostata è in grado di bloccare TMRPRSS2 anche nelle cellule del polmone umano, come avviene nei topi. In Veneto l’Istituto Veneto di Medicina Molecolare, in collaborazione con la Regione Veneto e l’Università di Padova sta verificando la percentuale di malati di tumore alla prostata tra i Covid-19 i cui risultati verranno pubblicati a breve. Autorizzato anche uno studio multicentrico sull'uso di Colchicina, utilizzato nella gotta e nei disturbi su base auto-infiammatoria, coordinato dall'Azienda Ospedaliera di Perugia è uno randomizzato [studio nel quale gli arruolati sono assegnati in modo casuale] coordinato dall'Università di Parma, in pazienti con Covid-19 e polmonite in condizioni stabili. Dopo due studi clinici con Colchicina, AIFA ha anche autorizzato uno studio randomizzato 9*** di fase 2, coordinato dall'Università di Pisa, che valuterà, in pazienti con polmonite, efficacia, sicurezza e tollerabilità dell’inibitore della AAK1 Baricitinib, altro anti-artrite reumatoide, che agisce anche da anti-infiammatorio in quanto inibitore delle Janus chinasi (JAK), enzimi intracellulari coinvolti nella modulazione dei segnali di un gran numero di citochine, coinvolte nella progressione della flogosi. Poiché la sua concentrazione inibente è sufficiente già a dosaggio terapeutico (2 mg o 4 mg per os/die), sono stati proposti studi clinici, nell’ipotesi che possa ridurre sia l'ingresso del virus che l'infiammazione. Le alterazioni della coagulazione e le complicazioni trombotiche nei 10*** pazienti rappresentano una delle più importanti variabili associate a mortalità pertanto, già a gennaio, l’OMS (fonte: WHO, 28/01/2020: 8) ha raccomandato la somministrazione sottocute di eparina, preferibilmente a basso peso molecolare anche se si è visto, in alcuni casi, l’inefficacia della dose standard di 4.000 U.I. Essa ha una struttura molto simile all’eparan solfato, molecola presente sulla superficie cellulare dell’organismo e usata dal virus per aderire alla cellula, prima di entrarvi e liberare all’interno le sostanze tossiche citochine. L’anticoagulante attrae il virus che vi si attacca risparmiando le cellule sane. A seguito dei risultati in Cina in vitro e sui malati, la sua efficacia sarebbe associata alla capacità di interferire anche con la “tempesta citochinica” che caratterizza la fase iper-infiammatoria dell’infezione, che è quella più pericolosa per il paziente. Uno studio dell’Università di Cagliari ha mostrato che il virus può causare trombosi polmonare, aggravando pesantemente il quadro clinico forse evocando una risposta immune attraverso cellule come linfociti e monociti che, stimolati localmente, liberano grandi quantità di mediatori dell’infiammazione, che attivano la coagulazione del sangue (fonte ANSA, 2020). Dopo i primi risultati, a Piacenza, che hanno mostrato elevata azione antitrombotica sui sintomi circolatori, l’AIFA ha autorizzato lo studio multicentrico INHIXA-COVID19, coordinato dall'Università di Bologna, che prevede l’impiego di Inhixa®, anticoagulante biosimilare di enoxaparina sodica, eparina a basso peso molecolare, per valutarne sicurezza ed efficacia nel trattamento di pazienti con quadro clinico moderato o severo. Nei 14 centri ai 300 arruolati verrà somministrata a diversi dosaggi, per via sottocutanea in mono-somministrazione/die, a 100 pazienti 4.000 U.I. e a 200 con dosi intermedie 6.000, 8.000 o 10.000 U.I., in base alla massa corporea. A differenza di altri farmaci utilizzati in off-label, enoxaparina presenta un rapporto rischio/beneficio favorevole poiché la sua efficacia contro i fenomeni tromboembolici in questi pazienti è superiore agli eventuali effetti avversi, infine l’uso è fortemente consigliato in pazienti Covid-19 che assumono antiretrovirali, per l’elevato rischio emorragico derivante dalla loro interazione con farmaci anticoagulanti orali. C).La sperimentazione farmacologica in U.E. A metà aprile 2020 l’EMA (Agenzia Europea del Farmaco) sta valutando 40 medicinali e 12 vaccini e, ripetiamo, gli studi registrati sull’EU Clinical trial register, sono 114. I farmaci comprendono la combinazione di antivirali Lopinavir/ritonavir (usato contro l'AIDS); gli Interferoni e Beta-interferoni (usati per la sclerosi multipla), piccole molecole rilasciate dalle cellule del sistema immunitario che sembrano inibire la replicazione virale; diversi Anticorpi monoclonali, che agiscono su alcune componenti del sistema immunitario; l'Idrossiclorochina e la Clorochina. L’Università di Oxford, per stabilire se quest’ultima abbia un effetto di profilassi, ha avviato un maxi-studio con 40.000 arruolati in U.E., Africa e Asia tra medici e infermieri che si trovano a stretto contatto con i malati contagiosi. La stessa Università ha promosso lo studio Randomised Evaluation of COVid-19 thERapY (RECOVERY) per valutare, inizialmente, Lopinavir-ritonavir, Desametasone, uno steroide anti-infiammatorio, l’Idrossiclorochina e l’antibiotico Azitromicina. A marzo 2020 un team internazionale guidato dall'Università di Lubecca ha proposto la Molecola 13b, che si lega all'enzima proteasi e lo blocca, da sperimentare in clinica (fonte: Science, 2020). D) Lo studio dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) L'OMS ha cominciato l'arruolamento di migliaia di pazienti per il grande studio “Solidarity” che prevede sperimentazioni su 4 farmaci anti Covid-19: Clorochina e Idrossiclorochina, Remdesivir (sperimentato in 12 centri italiani), Ritonavir/lopinavir, da solo e associato a Interferone beta (fonte: pharmastar.it, 28/03/2020). L’AIFA ha aderito il 09/04/2020. 2) Altri test in provetta (in vitro) Mentre i trial clinici si 11*** moltiplicano, proseguono anche gli studi in vitro, oltre quelli già citati, per selezionare altri farmaci da testare sui pazienti anche se c’è da sottolineare che in genere i risultati ottenuti in vitro sono diversi rispetto a quelli osservati nel corpo umano vista la sua maggiore complessità. Fra gli ultimi il farmaco EIDD-2801 è in grado di inibire la replicazione del virus nelle cellule polmonari umane coltivate in laboratorio mentre in uno studio australiano l’antiparassitario Ivermectin ha ridotto in 48? la carica virale. 3) Le prospettive vaccinali Poiché molti aspetti dell’infezione da COVID-19 non sono ancora noti, prima di parlare di un vaccino sarebbe importante sapere se la protezione immunitaria dipenderebbe dagli anticorpi anti-virus o dalla reazione dei linfociti T killer, quanto durerebbe e se i guariti sono protetti da un secondo contatto con il virus. Teniamo presente che, secondo il Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie della Corea del Sud, 163 ex pazienti guariti completamente (2,1%), si sarebbero riammalati e non tutti i 7.829 guariti sono stati ri-sottoposti al test; anche in Cina sono stati osservati casi simili (fonte: ANSA, 2020). Questi pazienti nuovamente positivi non sembrerebbero contagiosi anche se circa il 44% avrebbe lievi sintomi. Probabilmente i test di immunità rilevano residui del virus nell’organismo. Poichè la sequenza genetica del virus è diventata disponibile solo all’inizio di gennaio, è facile prevedere che i tempi saranno incerti, lunghi e anche se la comunità scientifica internazionale sta facendo uno sforzo enorme per accelerare al massimo, certamente non inferiori a 1-2 anni, in quanto ci sono tempi tecnici da rispettare. Nella migliore delle ipotesi serviranno almeno diciotto mesi per portare a termine gli studi di fase 1, che consiste nelle verifiche su sicurezza e capacità di provocare una risposta immunitaria, poi si passa alla fase 2, in cui vengono stabilite dosi e schedule di somministrazione, quindi alla fase 3, cioè lo studio di efficacia su soggetti a rischio e infine quelli di analisi dei risultati da parte delle Agenzie regolatorie. Si possono stringere i tempi ma, poiché i passaggi sono obbligati, tutti i vaccini disponibili finora hanno richiesto un minimo di otto anni, tra ideazione e immissione sul mercato. Un motivo di scetticismo è che molti dei danni non derivano direttamente dal virus, ma dall’eccesso di infiammazione che si scatena nell’organismo, ancora non sappiamo se gli anticorpi indotti dal vaccino miglioreranno la situazione. È stato comunque già attuato, come vedremo, il ricorso a studi challenge che, sostituendo la fase 3, potrebbero consentire il risparmio di molti mesi (fonte: J Infect Dis online, 31/03/2020). Ricordiamo che, dopo circa venti anni, aspettiamo ancora il vaccino per l’AIDS “pronto subito” forse non tenendo presente che, data l’estrema variabilità del gene regolatore Tat, non sarà mai possibile trovarlo per tutti i tipi di HIV anche se, in questo caso, il genoma sembrerebbe stabile ma, secondo ricercatori del Campus Biomedico e dell’Area Science Park di Trieste, dell’Università del Maryland, dopo aver analizzato 220 genomi, COVID-19 europeo-americano avrebbe perso le caratteristiche cinesi mutando il 9 febbraio in Gran Bretagna (con un 12*** drammatico incremento dei pazienti infettati), con delle varianti che lo renderebbero potenzialmente più instabile e più contagioso, frutto di una mutazione dell'enzima polimerasi RNA dipendente, essenziale per la sua replicazione (fonte: Journal of Translational Medicine, 14/04/2020). Sappiamo che il tasso di mutazione dei virus a RNA è fino a un milione di volte più alto di quello dei loro ospiti, pertanto circolando e replicandosi in un numero di individui così grande, le possibilità di mutazione aumentano ulteriormente. Se il Covid-19 continuasse a cambiare, anche di poco, c'è il rischio concreto che possa diventare irriconoscibile per la memoria del sistema immunitario nei guariti o vaccinati o diventi farmaco-resistente e sarebbe complicato avere un vaccino per entrambi, esattamente come avviene per quelli antinfluenzali, con il rischio di acquistare vaccini inutili. Ricordiamo che né per la SARS né per la MERS ne sono stati preparati, facendo invece ricorso agli anticorpi dei guariti. L’Istituto Superiore di Sanità ha invece smentito in conferenza stampa che in Italia circoli un ceppo di virus più aggressivo che invece sarebbe come il cinese di Wuhan. Il 24 marzo è stata pubblicata la relazione di un meeting virtuale tra OMS, International Coalition of Medicines Regulatory Authorities (ICMRA), EMA e FDA, con le regole per lo sviluppo di vaccini contro COVID-19, con i punti chiave dati preclinici e la necessità di affrontare il rischio teorico che possano esacerbare la malattia, prima di iniziare studi clinici sull’uomo. Il vaccino dovrebbe minimizzare l’induzione di una risposta immunitaria eccessiva che, in caso di infezione, anziché prevenire la malattia, la aggrava (immuno-potenziamento); essere idoneo per gli over-60 o con diabete o ipertensione, per gli operatori sanitari esposti ad alti carichi virali e per lo stoccaggio (potrebbe non essere disponibile in tempo per la pandemia in atto). A) Vaccini in progettazione o in studio o in fase preclinica Nel mondo sono allo studio vari vaccini, con potenzialità diverse, dei 90 candidati in fase di test almeno sei si stanno sperimentando sull'uomo. Sono otto le vie seguite per metterli a 13*** punto. Una delle più tradizionali, utilizzata da pochi gruppi di ricerca, si basa sul virus SarsCov2 in forma indebolita o inattivata; più numerosi, invece, quelli che utilizzano il materiale genetico del virus che in alcuni casi viene trasportato nelle cellule utilizzando come navetta altri virus resi inoffensivi oppure introdotto con altre tecniche. In Cina è stato sviluppato il vaccino vettore adenovirus ricombinante dall'Istituto di Medicina Militare dell'Accademia delle Scienze Militari, dal 16 marzo (fonte: News, 14/04/2020). La Sinovac, ricorrendo alla precedente esperienza del vaccino anti-SARS, in collaborazione con istituzioni cinesi, ha prodotto un vaccino inattivato con buona reazione di neutralizzazione incrociata a diversi ceppi di COVID-19. Le aziende italiane Takis Biotech ed Evvivax insieme alla Applied DNA Sciences ne hanno progettato quattro, a DNA, basati su PCR di materiale biologico di malati cinesi, pronti per test su animali (fonte: Adnas.com, 2020). Ricercatori della Advent-Irbm, con sede a Pomezia (RM), che hanno messo a punto il vaccino italiano anti-Ebola, il cui brevetto è stato acquistato nel 2013 da una società britannica, hanno concluso ad aprile la fase dei test di laboratorio e dato inizio direttamente ai test clinici con l’invio di 550 dosi del vaccino allo Jenner Institute dell’Università di Oxford (Regno Unito) dove sarà testato su altrettanti volontari sani. Se i risultati saranno positivi le prime somministrazioni potranno avvenire a settembre, al personale sanitario e alle forze dell’ordine in “uso compassionevole” e poi, nei primi mesi del 2021, fornito ai S.S.N. Studiosi del National Institutes of Health's Rocky Mountain Laboratory (Montana, USA) a marzo hanno curato sei macachi con dosi singole di questo vaccino, esposti poi a grandi quantità del virus e dopo 28 giorni erano tutti sani. In U.S.A. la Johnson & Johnson (J&J) e l’University of Pittsburgh School of Medicine studiano il vaccino-cerotto PittCoVacc, sviluppato nel 2003 per la SARS ma non sperimentato a causa della sua scomparsa improvvisa con test sui topi risultati promettenti. Applicando il cerotto, di 1,5 cm, sul polpastrello, braccia o spalle si prova una sensazione di aver poggiato un velo e un vago prurito in quanto comprende 400 micropunture che iniettano una dose di vaccino pari a un 1/5 della dose necessaria per un’iniezione rilasciando la proteina “spike”, la chiave del virus per entrare nell’organismo. A questo punto il sistema immunitario, riconosciutolo come estraneo, inizia a produrre anticorpi contro di esso, quando poi il soggetto verrà contagiato, gli anticorpi già sviluppati bloccheranno l’infezione. Questo vaccino appare di relativa semplicità di creazione, di grande convenienza, poiché se ne deve produrre una quantità enorme, e facilità d’uso. Dopo l’autorizzazione dell’FDA, in massimo due mesi dovrebbe partire la sperimentazione clinica, per stabilire la dose adatta e, se dovessero proseguire i risultati positivi, la produzione comincerebbe entro cinque mesi (fonte: EBioMedicine, The Lancet, 02/04/2020). L'Istituto Nazionale Americano per le Allergie e le Malattie Infettive (NIAID) collabora con Moderna Inc. per il vaccino mRNA-1273, in fase I, e il 16 marzo è iniziato lo studio sull'uomo (fonte: NPR, npr.org, 21/03/2020): si inietta RNA che, entrato nelle cellule, viene tradotto nella proteina spike che dovrebbe indurre una risposta immunitaria protettiva. È una scommessa in quanto finora i vaccini composti da acidi nucleici si sono rivelati poco efficaci nell’uomo ma si è iniziato con questo perché lo sviluppo è più semplice e veloce, pur lavorando anche al metodo classico, con proteine ricombinanti o virus inattivato. La J&J ha reclutato 108 partecipanti, con un follow-up di sei mesi, nel marzo 2020, per lo studio di fase I per l’Ad5-nCoV, vaccino ricombinante con Adenovirus tipo 5, come vettore (fonte:Jnj.com,2020) i cui dati di sicurezza ed efficacia dovrebbero essere disponibili entro la fine dell'anno e pronto per l'uso d'emergenza all'inizio del 2021. L’Azienda utilizza la tecnologia AdVac® e PER.C6®, la stessa utilizzata per produrre il vaccino Ebola e i suoi candidati al vaccino Zika, RSV e HIV che sono in fase II e III (fonte: ClinicalTrials.gov, 2020). Sempre in USA, l’FDA ha autorizzato la sperimentazione del vaccino Ino-4800 a base di DNA, in collaborazione con un'Azienda cinese, dopo i promettenti test sugli animali, con la somministrazione della prima dose a 40 volontari adulti sani, che sarà seguita da una seconda 14*** tra quattro settimane. Se la sperimentazione continuerà con successo, dopo i dati di sicurezza e immunogenicità, previsti entro la fine dell’estate, si procederà agli studi 15*** di efficacia. Sono previste un milione di dosi entro la fine del 2020 per ulteriori studi e usi di emergenza (fonte: BBC News, bbc.com, 30/01/2020; Ir.inovio.com, March 12, 2020). La bio-tech americana Kentucky BioProcessing, sta sottoponendo a test pre-clinici un vaccino che utilizza una tecnologia basata sulla rapida crescita delle piante di tabacco. Ha clonato una parte della sequenza genetica del virus (potenziale antigene), lo ha inserito nelle piante di tabacco per farlo riprodurre e poi l’ha purificato. Aspetti vantaggiosi sono la sicurezza e la velocità (le piante di tabacco non ospitano agenti patogeni per l’uomo e accumulano le proprietà del vaccino 6 settimane prima rispetto ai metodi tradizionali); la stabilità a temperatura ambiente e la potenziale risposta immunitaria anche con la somministrazione di una singola dose. Covid-19 S-Trimer è basato su una proteina ricombinante con l’adiuvante Matrix-M a base di saponina (fonte: Gsk.com, 2020; Ir.novavax.com, 2020). La Altimmune Inc. sta studiando su animali un vaccino ntranasale (fonte: Ir.altimmune.com, 2020). Si è constatato che alcuni vaccini sono efficaci anche su malattie diverse da quelle per le quali sono studiati infatti, ad.es., quando in URSS negli anni Settanta si effettuò una campagna di vaccinazioni anti-polio a tappeto, nella stagione invernale successiva non si verificarono quasi casi di influenza e la stessa osservazione è stata fatta a Singapore. Sono state pertanto proposte sperimentazioni con i vaccini anti-tubercolosi (tbc) e anti-poliomielite .Studiosi dell’Università di Melbourne (Australia) stanno somministrando, a migliaia tra anziani, medici, infermieri e operatori sanitari, gruppi ad alto rischio, per testarne l’efficacia, il vaccino Bacille Calmette-Guerin o BCG, introdotto negli anni ’20 per combattere la tbc, che contiene un ceppo vivo ma indebolito di suoi batteri, che provoca una risposta immunitaria adattativa, ancora utilizzato in molti Paesi in via di sviluppo dove è stato osservato come, oltre a prevenire la tbc, ridurrebbe l’incidenza di infezioni respiratorie. La maggior parte dei vaccini la crea a un singolo patogeno ma il BCG può anche rafforzare il sistema immunitario innato, cioè quelle difese di prima linea che impediscono ai patogeni di entrare nel corpo e di infettarlo. Poiché esistono molti vaccini BCG, contro vari ceppi di tbc, bisognerà individuare quali rafforzano maggiormente il sistema immunitario innato vs il virus (fonte: Reuters Health News, 2020). Sperimentazioni simili sono iniziate anche a Boston e U.E. (Olanda), sempre su operatori sanitari. Studiosi dell’Institute of Human Virology dell’University of Maryland partiranno tra un mese e mezzo con uno studio utilizzando il vaccino per la Poliomielite, somministrato con poche gocce sulla lingua, partendo dal presupposto che il genoma di Covid-19, polio e influenza è a RNA pertanto, ipotizzano, che il vaccino stimoli il sistema immunitario ad agire anche sugli altri virus. Questo vaccino proteggerebbe per qualche mese ma potrebbe essere ripetuto tranquillamente. I risultati della sperimentazione si avranno in autunno, in tempo per un’eventuale seconda ondata della pandemia. Ricercatori dell'Imperial College di Londra hanno annunciato il 20 marzo che stanno sviluppando un vaccino RNA auto-amplificante, sviluppato dopo 14 giorni dalla ricezione dellasequenze genomiche dalla Cina (fonte: imperial.ac.uk, 2020). Conclusioni Nella lotta alla pandemia da SARS-Covid-19 la ricerca dunque procede ad una velocità inedita e a livelli diversi. E poiché la quantità genera qualità, gli studi clinici per testare i farmaci più promettenti si moltiplicano, uno sforzo globale senza precedenti, su tutti i fronti, per contrastare il virus. Non ci sono dubbi del fatto che un tale dispiegamento di energie e risorse darà i suoi frutti, anche se non è possibile in atto prevedere quando.


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COVID-19: il vaso di Pandora è stato scoperchiato di nuovo?

di Stefano Pellicanò

Premessa Cari lettori, negli ultimi mesi sui mass media siamo “stressati” dall’emergenza pandemia da COVID-19 e, pertanto, ci eravamo proposti di scrivere solo per le rubriche “Novità in Medicina” e “Novità in Farmacopea”, visto che quotidianamente arrivano novità scientifiche o pseudo-tali e vista anche la pubblicazione trimestrale del nostro Giornale. Poiché, purtroppo, stiamo constatando che ormai nelle televisioni impazzano virologici della domenica e pseudo-esperti, che dicono tutto e il contrario di tutto, fornendo notizie infondate e fuorvianti, abbiamo ritenuto che sull’argomento sarebbe corretto dare la parola agli Infettivologi, i cultori della materia. Dall’esperienza, con molta umiltà, della pubblicazione di oltre 200 pubblicazioni scientifiche e due incontri personali col prof. Luc Montagnier, lo scopritore del virus HIV, causa dell’AIDS, nascono quindi gli articoli, strettamente collegati, aggiornati alla data odierna (“Stato dell’Arte”), 30 aprile 2020: “Covid-19: il vaso di Pandora è stato scoperchiato di nuovo ?” dove, tra l’altro, parleremo del ruolo dei pipistrelli nelle infezioni virali, faremo un confronto con le pandemie del passato e valuteremo la miopia politica degli ultimi anni; “Prospettive terapeutiche farmacologiche e vaccinali per Sars-Cov2” dove valuteremo le difficoltà per la ricerca di una terapia specifica e per l’allestimento di un vaccino e “Pandemia da Sars-Covid-19: Prospettive diagnostiche”. Abbiamo cercato di utilizzare un linguaggio comprensibile a tutti, e ci rendiamo conto che nel primo articolo ci sono, molti termini di farmaci, necessariamente “complicati”. Non è dipeso, ovviamente, da noi ma ci auguriamo di farci perdonare non annoiandovi e con la solita rigorosità scientifica che ci viene riconosciuta. ***** Secondo il poeta greco Esiodo (VIII sec. a.C. – VII sec. a. C.) Zeus, per vendicarsi di Prometeo, il titano che gli aveva rubato il fuoco per darlo agli uomini, decise di regalare la bellissima Pandora agli uomini donandole il vaso, che non conteneva grano ma i mali dell’umanità (gelosia, malattia, pazia, vecchiaia e il vizio), raccomandandole di non aprirlo. Pandora, non tardò però a scoperchiarlo, liberando così tutti i mali del mondo. Sul fondo rimase solo la speranza che non fece in tempo ad allontanarsi prima che il vaso venisse chiuso di nuovo. Aprendo il vaso, Pandora condannò l'umanità a una vita di sofferenze, realizzando così la punizione di Zeus finché lo aprì nuovamente per far uscire anche la speranza e il mondo riprese a vivere (Le opere e i giorni). Il poeta, quindi, traccia un universo in cui distingue 5 età dell'uomo, dalle origini quando era felice, senza bisogno di lavorare, poi andando sempre più avanti in decadenza, verso le condizioni più tristi. Il periodo primario per eccellenza è l'Età dell'Oro, seguita poi dall'età dell'Argento, quella degli eroi, poi l'Età del Bronzo e infine l'Età del Ferro, quella coeva al poeta. Seguendo le forme di virtù e civiltà del passato eroico dei Greci, Esiodo confida in un possibile ritorno di calma spirituale all'Età dell'Oro, dato che Zeus ha dotato gli uomini del concetto di “giustizia” Genoma umano e retrovirus Nel 2001, la prima bozza del sequenziamento del genoma umano mostrò che circa l’8% è costituito da sequenze HERV di DNA, cioè provenienti da retrovirus (human endogenous retrovirus, retrovirus umani endogeni) rivelando che il nostro rapporto con i virus è iniziato milioni di anni fa, prima che si arrivasse all’Homo Sapiens. I virus si insediarono nei cromosomi di spermatozoi e cellule uovo dei nostri avi, così il DNA retrovirale è stato trasmesso alle generazioni successive. Nella maggior parte dei casi, queste sequenze sono inattive ma alcuni di questi geni, di tanto in tanto, producono un pò di RNA di cui non si conosce la funzione ma si ipotizza un ruolo nello sviluppo di malattie come schizofrenia, malattie autoimmuni fino ale neoplasie. Uno di questi retrovirus endogeni, comunque, codifica per la proteina sincitina, espressa nella placenta, importante per la formazione delle sue strutture (fonte: Popular Scienc, n°1, 2020). Il ruolo dei pipistrelli nelle infezioni virali La rivoluzione neolitica di circa diecimila anni fa, quando alcuni uomini decisero di non ess ere più nomadi, ha profondamente modificato il nostro rapporto con gli animali e, quindi, con i microrganismi di cui sono portatori. È stato ipotizzato che quando la trasmissione di infezioni da una specie all’altra è diventata più probabile, forse l’esposizione ai nuovi patogeni provocò patologie piuttosto letali ma i sopravvissuti e i virus, però, sono cresciuti assieme, il sistema immunitario umano ha imparato a difendersi ma ogni volta che entriamo in contatto con un virus nuovo si ricomincia da capo (Harald Brüssow in L’Europa, il toro e il Minotauro: l’eredità biologica di una storia d’amore neolitica). Una ricerca dell’University of California, ha rivelato che l’infezione virale nei pipistrelli porta a una risposta rapida del loro sistema immunitario che spinge il virus fuori dalle cellule, proteggendoli, ma spingendo anche il virus a riprodursi più rapidamente nell’ospite, prima che questo inizi a difendersi. Alcuni sono in grado di attivare questa forte risposta antivirale, ma anche di bilanciarla con una risposta anti-infiammatoria, ospitano molti virus e in particolare i coronavirus, che costituiscono il 31% del loro viroma. Secondo molti esperti la deforestazione favorisce la trasmissione dei patogeni dagli animali all’uomo e forse è quella di aree sempre più vaste del Sud-Est asiatico, ad es., a spingerli ad avvicinarsi alle aree urbane e se infettati non si ammalano ma offrono ai virus un ambiente perfetto per replicarsi e per poter poi infettare i mammiferi. Sembra che durante le migrazioni obbligate, la loro carica virale aumenti, le loro feci o urine si depositano sulla frutta, vengono ingerite da altri mammiferi (primo passaggio di specie) e, dopo essere ospitati dai pipistrelli, per infettare l’uomo, passano attraverso un intermediario. Così i filovirus di Ebola (attraverso gorilla e scimpanzé), Marburg (le scimmie verdi africane), il virus Hendra (Australia, 1994) ha attaccato i cavalli, il virus Nipah (Malesia, 1999) venne trasmesso dai maiali, il coronavirus della SARS (Severe Acute Respiratory Syndrome) attraverso gli zibetti, piccoli felini che vengono mangiati in Cina (2002) e il Lyssavirus della rabbia del pipistrello australiano (1996, 2012), senza intermediario. Le grandi epidemie/pandemie nella storia dell’uman Una pandemia è definibile come una grande epidemia a livello mondiale. Del passato citiamo soltanto Colera, Influenza spagnola, Malaria, Peste, Poliomielite, Sifilide, Tifo petecchiale, la (riemergente) Tubercolosi e il Vaiolo. Il Colera era una malattia endemica di alcune zone asiatiche, soprattutto dell'India, segnalata già nel 1490 nel delta del Gange. Nell'Ottocento, a causa dei movimenti militari e commerciali col Regno Unito, cominciò a diffondersi in quasi tutto il globo generando sette pandemie nel corso del XIX secolo, sei delle quali giunsero anche in Italia (1835-1837, 1849, 1854-1855, 1865-1867, 1884-1886 e 1893). L’ultima epidemia, con 278 casi (1973), in Campania, Puglia e Sardegna caisò 24 morti. L’Influenza spagnola, del 1918-1920 fu una pandemia causa di 50-100 milioni di morti, su una popolazione mondiale di circa 2 miliardi (fonte: Historical Estimates of World Population, Census.gov), la prima delle pandemie del XX secolo dovuta al virus dell'influenza H1N1 (fonte: La Grippe Espagnole de 1918, PPT, Institut Pasteur), in atto la più grave pandemia della storia dell'umanità, superiore alla Peste nera del XIV secolo (fonte: J Appl Microbiol., vol. 91, n° 4, ottobre 2006: 572–9; Bulletin of the History of Medicine, vol. 65, n° 1, 1991: 4–21; Virus.stanford.edu; Bulletin of the History of Medicine, vol. 76, n° 1, 2002: 105–15). Portata in UE forse dai soldati americani, in realtà forse non era molto più aggressiva di altre influenze precedenti (fonte: JAMA, vol. 72, n° 10, 1919: 720–3; Journal of Infectious Diseases, vol. 24, n° 6, 1919: 594–617) ma circostanze speciali (guerra, malnutrizione, campi medici e ospedali sovraffollati, scarsa igiene) contribuirono a una letale superinfezione batterica (fonte: Journal of Infectious Diseases, vol. 195, n° 7, 2007: 1018–28; Journal of Infectious Diseases, vol. 196, n° 11, 2007: 1717–8). La Malaria infetterebbe l'umanità da oltre 50.000 anni. La sua diffusione attuale nei Paesi industrializzati avvuene in seguito a spostamenti da zone in cui è endemica. Nel mondo, ogni giorno, ne muiono 1.100 persone, 405.000/anno. Nel 2017 ci sono stati 219 milioni di casi con 435.000 decessi e, l’anno seguente, 228 milioni di contagi e 405.000 decessi mentre tra il 2000 e il 2014 il numero di morti è sceso da 743.000 a 446.000 (40%, fonte: World Malaria Report 2019). La maggior parte dei casi avvengono nell'Africa sub-sahariana dove, nel 2018, circa 11 milioni di gravide sono state infettate, di conseguenza quasi 900.000 bambini sono nati con un basso peso alla nascita. La Peste era già nota nella Bibbia, dove si legge in Deuteronomio 32.23-24 « […] Saranno estenuati dalla fame, divorati dalla febbre e da peste dolorosa ». Lo storico Tucidide, nella sua Guerra del Peloponneso, descrive la pestilenza che colpì Atene durante la guerra contro Sparta (431-404 a.C.) che, forse, contribuì a causarne la sconfitta. Anche Aristotele, Galeno, Ippocrate di Coo, Platone e Rufo di Efeso descrissero epidemie. Nel 541 d.C. Costantinopoli fu duramente colpita dalla “Peste di Giustiniano”, raccontata dallo storico Procopio di Cesarea, che, dopo averne ucciso circa il 40% della popolazione si propagò a ondate per tutto il Mediterraneo fino al 750 circa con 50 - 100 milioni di morti, la prima pandemia della storia. Quando arrivò a Roma nel 590, la tradizione narra che venne fermata grazie a una processione penitenziale voluta da papa Gregorio Magno, durante la quale apparve l'Arcangelo Michele. Anche nel mondo islamico, a partire dall'Egira [l'esodo di Maometto, assieme ai primi devoti musulmani, dalla natia Mecca alla volta di Yathrib] si ebbero almeno cinque pestilenze, descritte cone la Peste di “Shirawayh” (627-628), di “Amwas” (638-639), la “violenta” (688-689),“delle vergini” (706) e quella “dei notabili” (716-717). Nel Medioevo il termine peste indicava molte malattie caratterizzate da alta mortalità e diffusione quali il colera, morbillo o vaiolo. L'espressione Peste nera nacque nel Trecento dall'osservazione della comparsa, su cute e mucose dei malati, di macchie scure e livide di origine emorragica. Fu una pandemia che, durante gli anni '30 del XIV secolo, in fasi successive si diffuse dall'altopiano della Mongolia, a Cina, Siria e poi a Turchia, Grecia, Egitto e penisola balcanica. Nel 1347 arrivò in Sicilia e da lì a Genova; nel 1348 in Svizzera, tranne il Cantone dei Grigioni, e tutta la penisola italica risparmiando parzialmente il Ducato di Milano, passò quindi in Francia e Spagna; nel 1349 raggiunse Inghilterra, Scozia e Irlanda; nel 1353, dopo aver infettato tutta l’UE, i focolai della malattia si ridussero fino a scomparire, dopo circa 20 milioni di morti, un terzo della popolazione del continente, e circa 100 milioni di vittime globalmente. Nel 1629-1633 un’altra epidemia di Peste interessò Italia settentrionale, Toscana e Svizzera provocando circa 1.100.000 morti. La peste del 1630 fu un'epidemia di peste diffusasi nel periodo tra il 1629 e il 1633 che colpì, fra le altre, diverse zone dell'Italia settentrionale, raggiungendo anche il Granducato di Toscana, la Repubblica di Lucca e la Svizzera, con la massima diffusione nell'anno 1630. Il Ducato di Milano, e quindi la sua capitale, fu uno degli Stati più gravemente colpiti L'uomo ha convissuto per migliaia di anni con il poliovirus come patogeno endemico e, anche se le principali epidemie di Poliomielite (riconosciuta come malattia nel 1840) erano sconosciute prima della fine del XIX secolo, è stata una delle malattie infantili più temute del XX secolo. Dal 1880 in UE iniziarono grandi epidemie che, poco dopo, si diffusero anche negli USA. Nel 1910 le epidemie sono diventate eventi regolari in tutto il mondo, soprattutto nelle grandi città e durante i mesi estivi. Un vaccino, realizzato nel 1950 ha permesso di ridurla notevolmente e si dovrebbe arrivare alla sua eradicazione, traguardo in atto raggiunto solo per il vaiolo (1978) e per la peste bovina (2011). Ripetute ondate di Tifo epidemico causarono la morte di migliaia di persone durante la Seconda guerra mondiale, a causa delle condizioni igieniche, e nei gulag sovietici. L'origine esatta della Sifilide è incerta, ne sono state rinvenute tracce su campioni ossei precolombiani in Argentina, Perù, Messico, Guatemala, Antille e USA e si sarebbe diffusa in UE tramite marinai di Cristoforo Colombo (1492), La prima epidemia nota scoppiò a Napoli nel 1495, con la discesa nella penisola dell’esercito del re francese Carlo VIII, composto per lo più da mercenari che, col ritorno verso nord, la diffuse in tutta Italia, poi in tutta UE e in Oriente. La prima scoperta certa del Mycobacterium tuberculosis, responsabile della Tubercolosi (Tbc) riguarda un bisonte di circa 18.000 anni fa mentre uomini preistorici l’avevano già nel 4000 a.C. In Occidente costituì la maggior preoccupazione pubblica nel XIX e inizi del XX secolo e, fino a metà di quest’ultimo, era alla lunga mortale. Nel 2007 vi erano circa 13,7 milioni di cronici attivi; nel 2010 8,8 milioni di nuovi casi e 1,45 milioni di decessi, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, i cui abitanti hanno spesso un sistema immunitario più compromesso a causa degli alti tassi di AIDS. Nel XX secolo ha ucciso circa 100 milioni di persone. Si ipotizza che il Vaiolo sia presente dal II millennio a.C. circa, che abbia ucciso circa 400.000 europei/anno durante il XVIII secolo e sia stato responsabile di un terzo dei casi di cecità. Si ritiene che sia stata la causa di 300-500 milioni di decessi durante il XX secolo, solo nel 1967, ci furono 15 milioni di malati e 2 milioni di morti (fonte: OMS). L'OMS, nel 1979, l’ha dichiarato eradicato, l'unica malattia eradicata nella storia dell'umanità fino al 2011, quando la peste bovina ha subito lo stesso destino. Negli anni ’50 – 70 l’attenzione degli infettivologi fu attratta dall’Itterizia e in un entusiasmante crescendo vennero diagnosticate le Epatiti A, B, C, D e E. Nel 1976 si ebbe la prima epidemia di Ebola, in Congo, caratterizzata da congiuntivite e febbre emorragica, in seguito al contatto con scimpanzé, gorilla, pipistrelli della frutta (probabilmente i primi portatori), scimmie della foresta e istrici. All’epoca non esisteva il concetto di dispositivi monouso (arrivato solo con l’AIDS), infatti le stesse siringhe di vetro, con aghi di metallo, venivano utilizzate ripetutamente, senza sterilizzazione, probabilmente per questo la malattia, che si trasmetteva attraverso lo scambio di fluidi corporei, si diffuse. Negli anni ’80 si ebbe il il Morbo della Mucca Pazza e l’AIDS. Si ipotizza che in Africa il programma di vaccinazione antivaiolosa Vaccinia dell’OMS, usando ripetutamente la stessa siringa per scarificare, negli immunodepressi abbia dato origine a quest’ultimo in quanto è dimostrato che il virus HIV (fig.) era da sempre presente in Africa e non patogeno come, ad es. la Candida che eseguendo un tampone faringeo sarà positiva un gran parte della nostra popolazione, senza dare problemi e non bisognare di terapia negli immunocompetenti. Nel 1999 si ebbe l’epidemia di Febbre da West Nile che a New York negli anziani causava problemi neurologici anche letali. Il flavivirus, originario di una provincia a Ovest del Nilo identificato già nel 1937, raggiunse gli USA probabilmente con soggetti infetti o con zanzare portatrici a bordo di un aereo. Nel tempo si è constatato che i Coronavirus sono responsabili di diverse patologie in mammiferi e uccelli, dalla diarrea nei bovini e suini a malattie respiratorie delle vie superiori nei polli. Nell'uomo provocavano infezioni delle vie respiratorie, spesso di lieve entità come il raffreddore comune, ma in passato talvolta bronchiti e polmoniti potenzialmente letali. Nel 2002 con l’epidemia di SARS (Severe Acute Respiratory Syndrome) per la prima volta nel nuovo millennio fu un coronavirus a fare il salto di specie dagli animali agli uomini, dove prima avevano provocato solo lievi sintomi simil-influenzali. La nuova infezione respiratoria che, a partire da Hong Kong si diffuse in 29 Paesi, contagiò oltre 8.000 pazienti e 800 decessi, con una letalità del 9,6%. Nell'ottobre 2005 i mass media allarmarono per l’imminente arrivo di una probabile letale pandemia da Influenza aviaria (o Peste aviaria). Con molta umiltà, all’epoca relazionammo, su invito, sostenendo subito che probabilmente eravamo di fronte ad una colossale bufala. Dopo qualche anno, venne rivelato che una Casa farmaceutica americana, sull’orlo del fallimento, foraggiò esperti in tutto il mondo per seminare il panico sui mass media per poter vendere ai governi un proprio antivirale grazie al quale le sue sorti si risollevarono ma nessuno Stato chiese il rimborso per l’inutile spesa. Nel 2009 si ebbe una pandemia influenzale da virus H1N1 (o influenza suina), un ceppo relativamente nuovo del virus influenzale A che presentava una combinazione di geni dei virus dell’influenza suina, aviaria e umana. Dal 13 ottobre all'8 novembre 2009, i casi stimati in Italia sono stati 1.521.000 con una percentuale dei decessi dello 0,029%o, contro il 2%o della normale influenza. A inizio 2016 i mass media hanno cominciato a propinarci quotidianamente notizie allarmistiche sul virus Zika (ZIKV, fig.), responsabile della malattia “Zika”o “febbre Zika” in realtà isolato per la prima volta in Uganda nel 1947 da scimmie della foresta Zika, riserva naturale vicino a Entebbe e al lago Victoria, da cui prese il nome e per la prima volta da un malato in Nigeria; dal 1968. Al 2012 si sono registrati casi di infezioni umane solo in Africa centrale e nel sud-est asiatico, poi si è diffuso nelle isole del Pacifico, due anni dopo in America latina con una prevalenza stimata in Brasile nel 2015 di 440.000 - 1.300.000 nuovi casi. Nel 2015 si sono registrati i primi casi in Portorico, U.S.A. (Florida) e in U.E. A inizio febbraio 2016 i casi segnalati in UE riguardavano tre inglesi, due spagnoli e nove italiani tutti rientrati dai Caraibi o dall’America del Sud. La preoccupazione internazionale, analogamente a quanto verificatosi con l’infezione da Chikungunya, era che si verificasse un'ampia diffusione del virus grazie ai viaggiatori in partenza dagli aeroporti internazionali brasiliani, quasi dieci milioni, diretti in America (65%), UE (27%) e Asia (5%) e che i giochi della XXXI Olimpiade di Rio dal 5 al 21 agosto 2016 avessero potuto agire da catalizzatore per ZIKV, arrivato in Brasile probabilmente in occasione dei mondiali di calcio del 2014 con una rapida diffusione in tutto il globo. Sull’argomento abbiamo scritto (Infezione da virus Zika (ZIKV), nuova emergenza sanitaria o bufala internazionale? Giovani del 2000, anno XVIII; n° I, 60, marzo 2016) ipotizzando che forse eravamo di fronte ad una bufala internazionale (magari per togliere i Giochi Olimpici a Rio), quello che è certo che dopo l’Olimpiade “miracolosamente” i media non ne hanno più parlato. Dal 2012 al 2018 c’è stata l’infezione da Mers-CoV, il coronavirus responsabile dell’epidemia di MERS (Middle-East Respiratory Sindrome o Sindrome Respiratoria Mediorientale), ancora più pericolosa con circa 2.200 casi e 790 decessi, in particolare in Giordania e in Arabia Saudita; in quest’ultima attribuita alla vicinanza tra uomini e cammelli. Dall’inizio del secolo, quindi, ogni decade abbiamo avuto un’epidemia da coronavirus e ora, nel 2020, la COVID-19 (CoronaVirus Disease 19) o Malattia Respiratoria Acuta da SARS-CoV-2 (Severe Acute Respiratory Syndrome Coronavirus 2) o Malattia da coronavirus 2019. Sulla base delle esperienze accumulate a quel momento diversi biologi misero in guardia sul rischio di insorgenza di una nuova malattia da coronavirus trasmessa dai pipistrelli ma purtroppo, a posteriori possiamo affermare che le epidemie di SARS e MERS non sono state sfruttate pienamente per studiarli pertanto siamo arrivati impreparati all’ultima pandemia che sta creando e creerà problemi sul fronte sanitario, sociale ed economico. In realtà questa epidemia segue lo stesso schema delle altre, cioè si è diffuso un nuovo patogeno cui la popolazione non è abituata a conviverci o a combatterlo quindi non ci sono né adattamento né immunità ma ciò che cambia, rispetto al passato, è la sua diffusione più rapida, ad es., dell’influenza spagnola perché un secolo fa, ad es., per spostarsi dalla Cina all’Italia ci voleva più di un mese mentre nel 2020 bastano 12? di volo. L’eterna lotta contro le Malattie Infettive Abbiamo già scritto (“L’uomo e le malattie infettive una lotta che non conosce fine”, il Quotidiano, 14/02/2008; “I Reparti di Malattie Infettive restano a rischio chiusura”, il Quotidiano, 28/02/2008; “L’uomo e le malattie infettive, una lotta senza fine: i superbatteri antibiotico - resistenti sfida del XXI secolo. Stiamo entrando in una Era post-antibiotica ?”, Giovani del 2000, online; anno XVIII, n° III, 62, settembre 2016) che la lotta tra l’uomo e le Malattie Infettive è senza fine in quanto trovata un’adeguata terapia per una seguirà, magari dopo molti anni, la comparsa di una nuova. La scoperta dei sulfamidici, della penicillina e degli antibiotici illuse che la lotta contro i microrganismi fosse ormai vinta così in epoca pre-AIDS, parecchi Stati dell’U.E. incautamente avevano smantellato le loro Divisioni di Malattie Infettive trovandosi così impreparati alle nuove problematiche. In Italia venne stabilito (in teoria) che i vari Reparti avessero dei posti-letto loro riservati ma in realtà vennero curati quasi esclusivamente in quelle Divisioni per cui si ritenne erroneamente che tutte le malattie infettive si fossero ridotte a tale patologia e che non esistesseno più (nonostante le casistiche di meningite, malaria, scabbia, esantematiche complicate, ecc.) per cui una volta che questa è diventata una patologia cronica, siamo passati dal dover assumere 12 farmaci/die a due, i governi degli ultimi anni eliminarono o ridussero drasticamente i posti-letto. In realtà al 2020 oltre 37 milioni di persone nel mondo sono HIV+, il numero più alto mai registrato e si prevedeva che un nuovo ceppo potrebbe non essere rilevato dai test, non essere efficacemente controllabile con i farmaci e rendere inutili eventuali futuri vaccini in quanto è notorio che, data l’estrema variabilità del gente Tat del genoma, già adesso non è possibile allestirne uno valido per tutti i ceppi. Ebbene alcuni ricercatori ne ha individuato uno su un campione prelevato nel 2001 nella Repubblica Democratica del Congo, nell’ambito di uno studio per la prevenzione della trasmissione materno-fetale e classificato come sottotipo L, una sotto-tipologia che contava, ad oggi, solo altri due tipi di virus HIV e che con questo terzo può essere ufficialmente distinto come sottotipo a sé. Poiché esso sarebbe più simile ai virus più antichi ci sarebbero ulteriori ceppi circolanti facendo ipotizzare che l’epidemia di HIV è ancora in corso e in evoluzione (fonte: Journal of Acquired Immune Deficiency S yndromes, 2019). È facile profetizzare che le epidemie continueranno a verificarsi, spesso con conseguenze devastanti per i Paesi meno sviluppati mettendo a dura prova i loro sistemi sanitari nazionali con l’esaurimento delle loro limitate risorse disponibili. A prescindere della comparsa di nuove patologie le cinque malattie che rappresentano una sempre maggiore minaccia alla salute e che potrebbero potenzialmente sempre trasformarsi in epidemie sono: Colera, Malaria, Morbillo, Meningite e un gruppo di malattie emergenti e riemergenti provocate da batteri come Tripanosoma, Rickettsie e Babesie, responsabili rispettivamente di Tripanosomiasi, Rickettiosi e Babesiosi; virus come il virus Ebola e parassiti, i plasmodi della Malaria, la Leishmaniosi viscerale o Kala Azar e le arbo-virosi, trasmesse principalmente da punture di insetto come Dengue, Febbre gialla, l'Encefalite del Nilo occidentale e quella giapponese coi quali il virus Zika (ZIKV) è strettamente correlato. Conclusioni Dal nostro rapido escursus appare evidemte che l’umanità fin dalle origini ha lottato contro le malattie infettive risultandone sempre vincitrice, magari dopo anni e a prezzo di milioni di morti. Ricordiamo che solo dall’800 disponiamo di un arnamentario diagnostico/terapeutico impensabile nei millenni precedenti. La differenza fondamentale tra l’attuale pandemia da COVID-19 e le precedenti è che nonostante le previsioni di una “futura” infezione virale non abbiamo, come detto, sfruttato appieno gli “allarmi” di SARS e MERS e, parlando nello specifico dell’Italia, onestà intellettuale, senza voler addentrarsi in considerazioni politiche, di cui con molta umiltà saremmo capaci (L’articolo 32 della Costituzione è ancora in vigore? I e II parte, rispettivamente in Giovani del 2000 , on-line, marzo e dicembre 2016, anno XVIII, n° I e IV), ci sia consentita qualche (modesta) amarissima considerazione da politicamente indipendente. È incontestabile che la vera Storia non viene sempre scritta dai contemporanei perche influenzati dallo spirito del tempo ma dai posteri, anche a distanza di secoli. Come esempi abbiamo citato Giuda, Nerone; i “secoli bui”, il feudalesimo; Maramaldo, il genocidio degli indiani d'America; la battaglia di Azincourt, l'alchimia, alcuni retroscena della IIª guerra mondiale (l’aggressione alla Francia e l’entrata in guerra dell’Italia, le fosse di Katyn, ecc.); l'assassinio di John Kennedy (1963), ecc. (fonte: Genocidio. La conquista del Regno delle Due Sicilie …). Ebbene rteniamo, con molta umiltà, che quando l’attuale dramma sanitario-economico si concluderà (?) dovremo ricordarci dei cinici incompetenti dilettanti allo sbaraglio che dovranno rispondere ad alcuni quesiti di fronte all’implacabile Tribunale della Storia oltre che all’Ente Supremo. Era noto che a Wuhan (a città sub-provinciale della Repubblica Popolare di Cina, capoluogo e città più popolosa della provincia di Hubei) si svolgevano esperimenti sul genoma del coronavirus sui pipistrelli e la città, tra l’altro, era collegata con voli diretti anche con l’Italia (da lì tutto è cominciato, deliberatamente, secondo un’ipotesi complottista). Dovremo ricordarci di chi anziché attivarsi subito dal punto di vista infettivologico alle notizie che arrivavano (tardivamente) dalla Repubblica Popolare di Cina ci rassicurava in televisione che “potevamo stare tranquilli”, che “una problematica come quella cinese in Italia non sarebbe mai arrivata”, di chi, “per tranquillizzarci”, è andato al ristorante cinese; di chi ha dato disposizione di interrompere i voli diretti con la Cina ma si è dimenticato di far controllare i viaggiatori provenienti da altri scali (pertanto, ad es., arrivando dalla Cina transitando da Francoforte); di chi ha chiamato “sciacalli allarmisti” chi chiedeva misure di protezione tranne poi dire che “non su aspettava quanto accaduto…” (fonte: giornali e telegiornali nazionali); di chi ha annunciato tre giorni prima che non si sarebbe potuto scendere al Sud scatemando la corsa alle stazioni ferroviarie (fonte: giornali nazionali e telegiornali). Mentre mancavano i tamponi per chi era in prima linea qualcuno asintomatico l’ha fatto subito (fonte: giornali nazionali e telegiornali). Ancora dovremo esigere che, in Italia, si incrementino e non si taglino più sempre i fondi della sanità e della ricerca scientifica “per risparmiare”. Senza cadere nella retorica ce lo chiede il rispetto dovuto ai 205.463 contagiati (tra i 101.551 attualmente positivi 81.708 in isolamento domiciliare, 18.149 ricoverati e 1.694 in terapia intensiva) e soprattutto il ricordo dei 27.967 deceduti (fonte: Dipartimento della Protezio nZ Civile, al 30 aprile 2020). È facile ipotizzare che la lotta tra l’umanità e le Malattie Infettive non si concluderà mai pertanto, in queste malattie, poiché nulla è davvero prevedibile, bisogna essere pronti per quello che ci si aspetta e, nello stesso tempo, stare attenti a quello che non ci si aspetta.


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Novità in Farmacopea: XVI parte

di Stefano Pellicanò

A) ANTIBIOTICI a) Scoperto halicin un nuovo super antibiotico Ricercatori del Massachusetts Institute of Technology grazie all'intelligenza artificiale hanno identificato un nuovo super antibiotico chiamato “halicin”, in omaggio al supercomputer Hal 9000 del film “2001: Odissea nello spazio”, che ha dimostrato, nei test di laboratorio, di poter eliminare batteri anche multi-resistenti (fonte: Cell, 2020). B) NEUROLOGIA a) Scoperto un metabolita della serotonina che controlla la sclerosi multipla (SM) In condizioni fisiologiche, il sistema immunitario riconosce e distrugge i patogeni responsabili di malattie infettive, senza danneggiare le proprie cellule e tessuti, grazie alle proteine ad attività “checkpoint”, cioè che controllano e, quindi spengono, la risposta immunitaria quando si dirige erroneamente verso le proprie cellule o tessuti o quando è eccessiva. Ricercatrici dell'Università di Perugia, hanno scoperto una molecola naturale, un metabolita della serotonina, che potenzia l'attività di IDO1, un enzima ad attività “checkpoint”, alla base dell'effetto protettivo nei topi con una forma sperimentale di SM e del potenziamento dell'attività di IDO1 in linfociti di pazienti con SM, che altrimenti risulta deficitaria. Questo risultato permetterà lo sviluppo di farmaci capaci di potenziare l'attività enzimatica di IDO1 nella SM e in altre patologie autoimmunitarie come diabete giovanile, tiroidite, psoriasi ecc. (fonte: Proceeding of the National Academy of Sciences,PNAS, 2020). C) OCULISTICA a) Tepezza (teprotumumab-trbw) per la malattia dell’occhio tiroideo Questa patologia oculare è caratterizzata da infiammazione dei muscoli e dei tessuti adiposi dietro l’occhio con proptosi (protrusione oculare o rigonfiamento esterno), con sintomi come dolore, difficoltà a chiuderli, visione doppia e sensibilità alla luce. È il primo farmaco approvato dall’FDA, sulla base di due studi su 170 pazienti. A coloro cui è stato somministrato, il 71% nello studio 1 e l’83% nello studio 2 ha dimostrato una riduzione della proptosi superiore a 2 mm, rispetto al 20% (studio 1) e al 10% (studio 2) dei placebo. Le reazioni avverse più comuni sono state spasmi muscolari, nausea, alopecia, diarrea, affaticamento, iperglicemia, perdita dell’udito, pelle secca, disgeusia e cefalea (fonte: Pillole dal Mondo n° 1769, 27 gennaio 2020). D) ONCOLOGIA a) Tumore alla cistifellea: un farmaco ne blocca l'aggressività Studiosi dell'IRRCS de Bellis di Castellana (BA), utilizzando tessuti umani e un farmaco sperimentale, hanno dimostrato, per la prima volta, che è in grado di bloccare la ricezione di informazioni e inibire l'aggressività del colangiocarcinoma, bloccando la neoangiogenesi, cioè la formazione di nuovi vasi sanguigni indispensabili anche per la vita delle cellule neoplastiche.


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Racconti e poesia

Viola

di Silvia Pecchioli

-Eccomi qua, mi chiamo Viola, come il settimo colore dell'arcobaleno; sono un bellissimo cucciolo di Labrador biondo come mio padre e mia madre; occhi vispi, naso nero, olfatto perfetto e fondo schiena ben arrotondato come siamo tutti noi della nostra razza; terminando con una coda sempre ben disposta a muoversi per dimostrare la mia allegria ogni volta sia necessario parlare agli umani; mi muovo su quattro zampe robuste; mi sento privilegiata e felice perchè mi hanno appena comunicato che andrò a scuola e non per tutti i cani, ma solo per alcuni che sono scelti per la guida: cioe per accompagnare persone che non vedono nei loro spostamenti quotidiani e nel le loro necessità; pensate: i miei begli occhioni scuri che guardano attenti e scrupolosi al posto di chi non può usarli; andremo a spasso per la città, visiteremo giardini e potrò calpestare l'erba fresca e bagnata di rugiada dove avrò qualche momento di libertà se il mio padrone me lo permette, mi recherò a visitare qualche luogo di lavoro: sono curiosa di vedere gli uffici dove ci sono sedie, scrivanie e quegli strumenti che si chiamano computer, nuova scoperta della tecnologia che permette alle persone che accompagno di rendersi autonomi e di fare passi avanti: a proposito non ho pronunciato questa frase a caso; vedrò negozi, centri commerciali e ristoranti, anche se i miei padroni non potranno allungarmi nemmeno un boccone di quello che mangiano: peccato e lo sapete che noi siamo dei gran golosoni, andrò al mare dove potrò nuotare insieme agli umani e incontrare tanti miei fratelli e sorelle: non vi sembra bello ritrovarsi nell'acqua a rinfrescarsi nelle giornate calde d'estate giocando e spruzzandoci schizzi d'acqua insieme chissà: a dei miei compagni di scuola; e anche in montagna d'inverno: non vedo l'ora di affondare le mie zampe nella neve e farmi delle lunghe passeggiate tenendomi per mano: oh, ricordatevi che quando m'incontrate per strada in questo modo di non farmi le feste, di fischiarmi oppure di farmi i complimenti perchè non posso distrarmi, devo stare attenta alla persona che mi è stata affidata e quindi se non rispondo non è perchè sono scorbutica, ma perchè non posso sbagliare e far correre dei pericoli ad alcuno, sono un cane serio e voglio far bene il mio lavoro. Prima però devo essere affidata a una famiglia per abituarmi a una vita sociale, mi dispiace lasciare i miei genitori e i miei fratelli, ma non a tutti capita di essere stata scelta per un compito così importante: li rivedrò per le grandi occasioni, oggi ci sarà una festa di commiato in mio onore con un buffet a base di pollo, manzo e croccantini: vedo già le ciotole apparecchiate; adesso vi saluto vado a mangiare: ho l'acquolina in bocca e mi sto leccando i baffi sentendo il profumo del cibo nell'aria. -Bye bye: mi correggo bau bau. Viola


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Donna Rosa

di Patrizia Carlotti

Musa dagli innumerevoli valori, ipnotizzi l' uomo con un profumo inebriante, intenso,
Sorprendente guerriera, delicata e forte nello stesso tempo,
Cambi veste ma la grinta rimane...
Mostrandoti, ami stare al centro, ma se non si fa attenzione ferisci e fai male...
Seduttrice accattivante ,
si avverte la tua presenza da lontano,
trasportata dal vento la tua essenza stordisce e innamora...
fiore di maggio regnante in ogni giardino, padrona assoluta d'ogni focolare domestico...
Piccole donne crescono in autunno da terra intiepidita dal calore dell'estate appena trascorsa...
Sei unica, amata e prestigiosa da sempre, spregiudicata allora come adesso,
Sei Afrodite che salvò Adone,
Sei Cleopatrache passeggiava nella sua dimora sopra un tappeto di petali di rosa,
sei una sacerdotessa con sul capo una corona di rose bianche,
sei Iside...onorata da tutti con oli profumati,
sei supremo riconoscimento militare incoronata al più alto grado,
sei una strega che tradisce con i suoi artigli, ma furba tìincanta sfiorandoti con la sua pelle vellutata,
Sei la vergine Maria.


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Giannina e donna Peppina

di Giuseppe Furci

Come le succede puntualmente da qualche giorno a questa parte, esattamente dal primo di giugno, Giannina non ha bisogno della sveglia, per destarsi. A buttarla giù dal letto provvede inesorabilmente il proprio orologio biologico. Abbandona il bungalow alle prime luci dell’alba in preda all’euforia più sfrenata, pregustando con avidità il piacere della solita passeggiata mattutina lungo la spiaggia deserta. E pensare che Chierichetto, come viene soprannominato il cugino Carlo Maria, è stato costretto a pregarla in ginocchio, a mani giunte ed in lacrime, per convincerla a cedere. La signorina, oppressa dallo stress del tran-tran quotidiano come mai le era capitato in precedenza, non ha potuto evitare, contro la propria volontà, di staccare la spina delle attività abituali, seppur temporaneamente. L’occasione gliel’ha fornita Chierichetto, parlandole casualmente, nel corso di una chiacchierata telefonica, della festa prevista nel proprio villaggio turistico durante l’ultimo fine settimana di maggio. “Che ne diresti, se mi aggregassi alla compagnia?” gli ha chiesto in tono in apparenza estremamente scherzoso. Sperava ancora con tutta l’anima di riuscire a tener duro, sotto il peso degli impegni pressanti a cui doveva far fronte in campo lavorativo. “Evidentemente la mia cuginazza è assai più fusa di quanto vorrebbe dare a vedere! -ha commentato Chierichetto con aria preoccupata-. In caso contrario saprebbe che per lei le porte del villaggio sono sempre spalancate.” “Ma non lo vedi che scherzo, rimbambito!” Normalmente, in occasioni del genere, la ragazza si rivolgeva scherzosamente al cugino con l’appellativo di citrolazzu, ossia cetriolazzo, sinonimo dialettale calabro di individuo simile ad un cetriolo dalle dimensioni notevolissime, tanto grosso e lungo quanto stupido. “Domenica mattina, verso le cinque, passerò da casa tua, e voglio vedere, se avrai ancora il coraggio di dire di no! -ha proclamato Chierichetto, conscio del vero significato del particolare.- Non ho mai nascosto, mi auguro te ne ricordi, che sono alla continua ricerca della scusa per rinnovare i fasti della nostra infanzia, quando tua madre mi mandava a cercarti in giro per il paese, da questo o da quell’altro nostro parente, o a casa di qualche tua amichetta. Quasi sempre, come sicuramente ricorderai, ero costretto ad afferrarti per i capelli e a trascinarti a viva forza al cospetto della zia, che non esitava a darti il resto. La prossima volta, contrariamente ad allora, non avrò bisogno dei cani di caccia, per rintracciarti, e farò più in fretta.” Il giovanotto si è presentato nell’abitazione della cugina alle quattro e mezza di sabato mattina senza nessun preavviso. all’ultimissimo momento il committente aveva preteso che la festa durasse due giorni ed una notte, invece che una giornata. Ovviamente Giannina era a letto. Ciò che non poteva essere ovvio per niente era che dormisse di gusto, caso più che eccezionale negli ultimi tempi. Ce n’è voluto, prima che si svegliasse, e, quando finalmente si è decisa a dare soddisfazione al parente, al termine di una battaglia senza tregua, era ancora troppo stordita, per rendersi conto dell’anticipo della vacanza. È stato appena l’acqua fresca del rubinetto del bagno le ha schiarito la mente, che ha sostituito i borbottii, già di per sé affatto benevoli, con un fiume in piena di parolacce, insulti e minacce. C’è mancato addirittura un pelo che aggredisse fisicamente Chierichetto, reo di aver dimenticato che lei lavora anche il sabato. “Questo sabato non lavorerai!” ha sentenziato candidamente l’imputato, approfittando di alcuni secondi di apnea a cui l’ira aveva inevitabilmente costretto la cugina ad andare incontro. “Come minimo sei pazzo!” è riuscita a commentare Giannina con gli occhi fuori dalle orbite, prima di finire preda di un nuovo attacco isterico che la faceva tremare dalla testa ai piedi, inibendole l’uso della parola. “Pazzo o non pazzo, oggi non lavorerai! -ha ribadito Chierichetto afferrandola decisamente per i capelli-. Vieni con le buone, oppure devo trascinarti via così come ti trovi?” La signorina, ancora in abbigliamento notturno, non ha tardato ad afferrare l’antifona, finendo per piagnucolare: “E con i miei superiori come la metto? Lo sai, vero, che, essendo l’unica che riesca a togliere loro le castagne dal fuoco in ogni circostanza, non sono affatto propensi a tollerare la mia assenza.” “Tranquilla, li ho già inquadrati! Spero non abbia dimenticato che l’ho già fatto in altre occasioni, quando la mia cuginazza non poteva, o non aveva proprio voglia, di andare a lavorare. D’accordo, è capitato raramente, ma è capitato!” Man mano che in macchina si avvicinavano al villaggio, Chierichetto diventava sempre più taciturno, segno inequivocabile, data la sua esuberanza proverbiale, che era assillato da un problema più che serio. Messo alle strette come solo lei sapeva fare, ha finito per confessare che per quel sabato non poteva contare su nessuno degli animatori che prestano la loro opera nel villaggio. I tizi, non avendo saputo per tempo del prolungamento della festa, avevano preso degli impegni che non potevano evitare di onorare, e lui non sapeva come fare per ovviare al problema. “Perché non volevi dirmi niente?” gli ha domandato Giannina, furibonda più che mai, ricordandogli che si ritrovava accanto la soluzione del problema, per di più a costo zero. “Perché non volevo che pensassi che ti ho costretta a prenderti un giorno di ferie per fare un piacere a me.” “Stronzo! Merda della malora!” è esplosa la ragazza con astio, sfogando la propria rabbia con la dispensa a iosa di calci, pugni e graffi contro il sedile su cui era impoltronata, il tutto condito con un pianto accorato. Quegli insulti le erano usciti dal profondo del cuore, lei che, pur non scandalizzandosi di fronte a niente, ha sempre aborrito simili epiteti. Se non lo ha aggredito con le unghie e con i denti, come avrebbe desiderato con tutta l’anima, è stato per non mettere a repentaglio la vita di entrambi, visto che era lui a guidare. Chierichetto non ha esitato ad ammettere con la massima schiettezza di essere il primo a considerarsi il più imbecille tra gli imbecilli. Mai e poi mai avrebbe dovuto farsi condizionare da un momento di debolezza, ben sapendo che la grettezza non fa parte del bagaglio genetico della cugina. Nonostante l’ammissione di colpa, è stato costretto a sudare le fatidiche sette camicie, per riuscire a calmarla. Quel sabato Giannina ha furoreggiato alla grande, come mai le era successo le volte precedenti, quando, tra le tante attività che svolge normalmente, era stata impegnata nel sociale ed in numerosi altri ambiti, e sì che anche in quelle occasioni aveva riscosso un successo lusinghiero. Aveva fatto le cose talmente bene, quel sabato, che il giorno dopo, malgrado fossero presenti alcuni animatori della casa, tutti gli ospiti, dai più grandi ai più piccini, hanno preteso che fosse sempre lei a condurre le danze. Come non bastasse, ha finito per guadagnarsi anche l’ammirazione incondizionata dei professionisti del mestiere. Conclusione: era stata costretta a fare gli straordinari, è vero, in cambio, però, si era divertita pazzamente anche lei, il che, unito alla gratificazione morale, le ha permesso di liberarsi completamente dello stress accumulato in tanti mesi di lavoro. Era inevitabile, dunque, che covasse nel proprio cuore la massima gratitudine nei confronti del cugino. “Dal primo di giugno, cuginetta cara, sei assunta nel mio villaggio in qualità di animatrice principe, o, per meglio dire, principessa!” le ha annunciato trionfalmente Chierichetto, mentre la riaccompagnava a casa. “Se non mi assumi come regina, cuginazzo caro, non se ne fa niente!” ha ribattuto Giannina con l’aria di chi considerava la cosa alla stregua di una semplice battuta. “Non sto scherzando!” ha esclamato Chierichetto con forza, facendosi estremamente serio per non lasciarle il minimo dubbio sulla bontà del proprio annuncio. Nuovo battibecco, infinitamente più feroce del precedente. Giannina era fermamente decisa a non cedere, contrariamente a ciò che aveva fatto sabato mattina. Non poteva piantare di punto in bianco le proprie attività abituali, anche se solo per un periodo limitato di tempo. Non se la sentiva di rischiare di vanificare gli enormi sacrifici a cui era stata costretta a sottoporsi, prima di riuscire ad affermarsi nel mondo del lavoro, ben sapendo che sarebbe stato difficilissimo, se non impossibile, riguadagnare le posizioni acquisite al prezzo diun’infinità di rospi non indifferenti da ingoiare. Riviveva mentalmente, con dolore e con rabbia, ogni cosa in rapidissime sequenze, alla stregua di un film mozzafiato, senza essere costretta a far nulla per ricordare. Un rospo per tutti: quella racchia di una delle sue superiori, invidiosa della sua avvenenza non comune, cercava il pelo nell’uovo per vessarla a piè sospinto, arrivando addirittura ad inventarselo, il pelo nell’uovo, quando non c’era. Eppure, malgrado sul piano del lavoro fosse quasi una nullità, aveva raggiunto la propria posizione con estrema facilità mediante l’uso senza ritegno alcuno del proprio corpo. Giannina era pienamente consapevole che, se c’era riuscita la strega, a maggior ragione lei sarebbe riuscita a volare parecchio più alto. Solo che lei era strafelice di non essere fatta della stessa pasta della befana, nonostante che la propria capacità di tenere i capoccia a debita distanza si ritorcesse contro se stessa. Chierichetto si dimostrava ancor più deciso a far pendere l’ago della bilancia dalla propria parte. Sbaglio, o ieri mattina hai detto che i tuoi capi sono tutt’altro che disponibili, a mollarti?” ha obbiettato sarcasticamente. “Perché fai il finto tonto? Sai benissimo che un conto è farmi mollare per uno, due, tre, quattro giorni, un altro è farlo per uno, due, tre, quattro mesi. Ovviamente nel secondo caso li costringerei a sostituirmi con qualcun altro. Ammetti che avessero la fortuna, che poi tanta fortuna non è, di trovare qualcuno appena decente, sarebbe la volta buona di scaricarmi definitivamente. Se poi si trattasse di una ragazza dall’accondiscendenza facile, toccherebbero il cielo con le dita.” “Dimentichi, mia cara, che il tuo cuginazzo sa come toccare certi tasti.” “E tu, mio caro, dimentichi che la tua cuginazza intende farsi largo esclusivamente con le proprie forze.” In effetti la signorina si è sempre rifiutata di ricorrere all’aiuto di qualcuno, anche a quello del cugino, preferendo rischiare di far la fame, pur di non sentirsi dire che le proprie conquiste siano il frutto dell’intervento altrui. La diatriba è continuata senza alcun costrutto fino all’arrivo a casa di Giannina. Chierichetto, in un ultimo, disperato tentativo, si è prostrato ai piedi della cugina, supplicandola a mani giunte. Non avrebbe implorato a quel modo neppure la Madonna. Avrebbe continuato ugualmente a cozzare contro il muro, se la zia Carmela e lo zio Gianni, che assistevano alla scena, non fossero intervenuti con la massima fermezza, minacciando la figlia di farle fare la monaca di clausura in casa, nel caso avesse insistito nel proprio diniego. Giannina è stata costretta a far buon viso a cattiva sorte, ben sapendo che i genitori non avrebbero esitato ad attuare la minaccia, ed il colmo è stato che, alla resa dei conti, ha finito per nutrire nei loro confronti la massima gratitudine. Abitualmente lo scenario preso in considerazione per la sua passeggiata è quello che va dal lido privato del cugino agli scogli, là dove la montagna si tuffa nel mare ponendo termine alla spiaggia, e percorre i numerosi chilometri con i piedi in acqua. Raramente si avventura in direzione opposta. Anche stamattina, come parecchie altre volte, di fronte agli scogli la curiosità di appurare cosa ci sia dall’altra parte la tenta di brutto, ed ancora una volta, non capisce perché, non sa decidersi a tuffarsi nel mare per osservare la montagna dal punto più favorevole. Il colpo di grazia glielo assesta un evento straordinario: improvvisamente una donna, nascosta tra gli scogli, comincia a strillare con frenesia sempre crescente, inveendo a tutto spiano contro un giovanotto che sta nuotando vigorosamente verso le rocce. Giannina non ha problemi ad identificare, nella persona che urla, donna Peppina, una vecchietta dalla voce inconfondibile e molto al di là negli anni, che conosce benissimo, e rimane esterrefatta. Ancora oggi, a dispetto dell’età, donna Peppina è molto arzilla, decisa e volitiva, ma non sa nuotare, e giungere via terra sul posto non è agevole per un giovane, figurarsi per lei! A Giannina non rimane il tempo per altre considerazioni. Deve intervenire subito, per costringere il giovane a battere in ritirata prima che l’isterismo procuri, a donna Peppina, quanto meno un infarto. Il tizio non ne vuole che sapere, di fare marcia indietro, malgrado non possa avere alcun dubbio di essere il destinatario degli epiteti, sebbene si trovi ancora parecchio distante dalla meta, talmente distante che la ragazza non aveva fatto caso a lui. Giannina si libera in men che non si dica di ciò che si trova addosso, ovviamente ad eccezione del costume da bagno, e si tuffa in acqua con l’atteggiamento di chi sa come fare, per farsi rispettare. Non tarda a scoprire che l’intruso è un ospite del cugino, Enzo, un ragazzo molto serio. Proprio per questo la cosa la lascia allibita. Enzo le va incontro con un sorriso rassicurante. L’incontro avviene più o meno a metà strada. “Le garantisco, signorina, che non volevo fare nulla di male, -mormora il giovane con sincera contrizione-. Intendevo soltanto cercare un posto tranquillo per appartarmi con la mia ragazza.” “Purtroppo hai scelto il momento sbagliato! -osserva Giannina con un sorriso di comprensione-. Comunque, se vogliamo vedere il bicchiere mezzo pieno, e dobbiamo vederlo, mezzo pieno, ti è andata bene ugualmente. Non potevi individuare un posto migliore! Pensa un po’, non lo conosceva neppure una come la sottoscritta, che della zona pensava di conoscere tutto!” “Sempre che la signora sia d’accordo!” commenta il giovane con uno scetticismo non indifferente. Giannina non se la sente di biasimarlo per la scarsa fiducia che dimostra nei propri confronti. Sa che i suoi dubbi derivano dal fatto che, essendo un lombardo venuto in Calabria in qualità di turista per la prima volta, non conosce l’ambiente. “Sarà sicuramente d’accordo, purché tu e la tua ragazza scegliate il momento più opportuno!” lo tranquillizza Giannina. La propria sicurezza, come gli spiega, deriva dal fatto che, conoscendo la mentalità del soggetto in questione, non ha dubbi che donna Peppina si terrà rigorosamente alla larga dal posto per il resto della giornata. “Se ti fidi di me, fra poco andrò a trovarla per sondare il terreno, -aggiunge premurosamente, sollecitata, in questo senso, dalla perplessità del giovane-. Appena ci incontreremo, ti farò sapere come stanno esattamente le cose.” Enzo la ringrazia col massimo della riconoscenza. La cosa le offre il destro per chiedergli come mai stavolta è andato contro natura, insistendo a portare avanti la propria azione, contrariamente a ciò che fa di solito, quando si accorge di far danno. “Ti ho visto spesso con questi occhi,” puntualizza per chiarirgli le idee prima che sia lui, a chiederle spiegazioni in merito. “Se neppure lei si è accorta che avevo cambiato direzione, devo dedurre che la signora non ha tutti i torti, a continuare a strillare come una dannata, -commenta sconsolatamente Enzo-. L’unica licenza che mi sono concessa, rispetto al solito, è stata quella di dirigermi da un’altra parte, supponendo che ciò bastasse, a calmarla.” “Ogni occasione è buona, per fare esperienza!” Conclude la ragazza con un sorriso di autocommiserazione, riconoscendo schiettamente di aver preso a propria volta un abbaglio. I saluti non vanno per le lunghe ed ognuno dei due se ne va per la propria strada, Enzo da dove è venuto, Giannina verso la scogliera. Donna Peppina tutto fa, meno che smettere di urlare. La sua manifestazione canora, anzi, aumenta istericamente di intensità man mano che la ragazza procede verso la meta. Giannina è costretta ad avvicinarsi di parecchio, prima di riuscire a scoprire che la vecchietta accompagna la propria esibizione con mille strepiti, sfruttando, come palcoscenico, una spiaggia minuscola ben celata in una conca tra gli scogli. “Donna Peppina! Sono io, Giannina!” Le grida a squarciagola, con la speranza che l’altra la riconosca e se ne stia buona. “Non è con te, che ce l’ho! ma con quel porco matricolato!” ringhia l’altra con voce stridula. “Non l’avete visto, che se n’è andato?” Insiste la ragazza per mettere le cose in chiaro. “Si, che l’ho visto! Ma lo sai pure tu che non se ne voleva andare!” “L’importante è che se ne sia andato! Il resto non conta, credete a me! -osserva Giannina per tagliar corto, costretta a toccare con mano che sarebbe pura utopia, sperare di convincere la propria interlocutrice che non ha corso nessun rischio.- Ora ve ne state buona e mi racconterete tutto con calma fra poco.” La vecchietta si convince miracolosamente ad ubbidire. E’ il segno tangibile, per la ragazza, che, pur conservando una vista da falco, a dispetto dell’età avanzata, l’anziana donna aveva preso lucciole per lanterne anche nei suoi confronti, che ce n’è voluto, perché si rendesse conto che era proprio lei. “Mi hai fatto prendere uno spavento che non ti dico! -mormora donna Peppina con un profondo sospiro di sollievo, quando si ritrova di fronte la nipote di una cara amica che ha visto nascere e crescere.- Mannaggia a te, monellaccia che non sei altro!” l’apostrofa quindi in tono di severo rimprovero. Se la sua voce è carica di un affetto infinito, il suo volto esprime la totale disapprovazione per la sua condotta. “Perché, a voi risulta che non sono una ragazza a posto?” “Certo, che sei una ragazza seria! Vorrei vedere chi non lo fosse, al tuo posto, con la famiglia che ti ritrovi alle spalle! Però quello è un porco nato, cresciuto e pasciuto! Ed i porci nati, cresciuti e pasciuti non guardano in faccia nessuno! Hai visto che non aveva rispetto neppure per un’onorata signorina come me? Devi stare più attenta, a chi incontri e dove li incontri, se vuoi trovarti bene nella vita! Guarda me, per esempio! Sapessi quanta gente mi ronza attorno anche adesso che non sono più giovane! Perfino stamattina, come hai visto, qualcuno ci ha provato! Figurati che succedeva ai tempi che furono! Ma io ho sempre tenuto tutti a distanza di sicurezza, proprio com’è successo stamattina col porco!” Ancora oggi, a dispetto della sua veneranda età, è una donna bellissima ed emana un fascino che lascia incantato chiunque la incontri, giovane o meno giovane che sia. Figurarsi che cosa doveva essere nei giorni della gioventù! A detta dei più anziani del paese, e non si può fare a meno di dar loro credito, non avrebbe avuto problemi a sposare il più ricco tra i più ricchi, malgrado appartenesse alla più povera e umile delle famiglie. Purtroppo è incappata nella sfortuna di farsi condizionare da una mentalità antidiluviana, che l’ha indotta a non lasciare scampo ai numerosissimi spasimanti, tra i quali parecchi di alto rango. Ed il colmo è che continua a non rendersi conto che deve prendersela soltanto con se stessa, se ha finito per condurre una vita da eterna zitellona. Le sue interminabili prediche moralizzatrici sono proverbiali in tutto il circondario, e guai a chi si azzarda a contraddirla! Giannina è tra le poche persone, se non l’unica, che riescono a limitare i danni al minimo indispensabile, ed anche in quest’occasione, alla stregua delle altre occasioni, finisce puntualmente per guadagnarsi la sua stima. Può, così darsi da fare per soddisfare la propria curiosità senza tema di urtare la sua suscettibilità. Che ci fate, qui?” “Sono venuta a fare il bagno.” “Perché, per fare il bagno, avete scelto un orario tanto insolito ed un posto così disagevole, da raggiungere?” “Se ci pensi bene, mia cara, non puoi non capire che non c’è orario migliore di questo, per fare il bagno. L’acqua è calda e l’atmosfera è quella ideale! Guarda che spettacolo offre il panorama! Altra cosa che non guasta: a quest’ora è difficilissimo che qualcuno venga a disturbarti. Prima di stamattina, infatti, non mi era mai capitato che un porco matricolato venisse ad importunarmi. Eppure è una vita, che vengo qui! Che la mia spiaggia non si raggiunga facilmente, inoltre, lo dici tu! Mi tocca, è vero, perdere un po’ di tempo, ma io ci arrivo abbastanza facilmente. Dove lo troverei un altro posto più bello e più appartato di questo? La gente, lo sai, non si fa mai i cavoli suoi! Te lo immagini, che succederebbe, se andassi a fare il bagno dove vanno tutti e all’ora che vanno tutti? Diventerei lo zimbello della gente! Per una donna onorata e rispettata come me, meglio morire, credi a me, che diventare lo zimbello di grandi e piccoli! Che donne splendide, erano, le mie nonne! Come le donne del loro tempo, sorvegliavano tutti i loro congiunti, dai più grandi ai più piccini, e guai a chi sgarrava di un millimetro! Le nonne di oggi, invece, sono delle sporcaccione loro stesse! Figurarsi se hanno voglia di correggere i nipoti, e soprattutto le nipoti! Così succede che anche voi ragazze andate in giro nude, per la gioia dei ragazzi e di tutti gli uomini in genere!” “Vi sembro nuda, io?” azzarda Giannina. “Guardati il petto e le cosce, rimbambita che non sei altro! E tu sei una di quelle che vanno in giro più coperte! Figurati che fanno quelle che non sono serie come te! Guarda me, invece! È così che dovreste vestirvi tutti, specialmente voi ragazze!” Donna Peppina indossa un indumento che la copre per intero da sotto il mento fino ai piedi, braccia comprese. Giannina preferisce tenere per sé il resto delle innumerevoli obbiezioni, meglio non tirare troppo la corda, e le chiede di mostrarle il percorso che fa per raggiungere la deliziosa spiaggetta ospitata dalla conca tra gli scogli. “Un’altra volta! Adesso no! -sentenzia l’arzilla vecchietta-. Il porco prima, tu dopo, mi avete fatto perdere troppo tempo! Ora vattene, per piacere! Voglio godermi l’ultimo bagno in santa pace!” “Perché, l’ultimo bagno? -le domanda la ragazza, più perplessa che mai.- Non mi pare che siate in punto di morte!” “In punto di morte no, ma in pericolo sì! -replica donna Peppina con decisione, facendo le corna con entrambe le mani-. Ormai il porco ha scoperto il mio paradiso. Questo significa, se non lo hai ancora capito, che andrà a dirlo a tutti, e tutti verranno anche qui. E pensare che era una vita che ogni estate, tutte le mattine a quest’ora, potevo godermi il bagno indisturbata! -piagnucola, terminando il discorso con uno sconsolato “Addio, amatissimo mare!” “Perché dovete farla tanto tragica? -esplode Giannina con un sorriso rassicurante-. Conosco abbastanza bene il giovanotto e posso garantirvi che, non solo non verrà mai più a disturbarvi, ma non rivelerà a nessuno il vostro segreto.” “Sei sicura?” le domanda l’altra, incerta se prenderla in parola o meno. “Certo, che sono sicura! –conviene Giannina con slancio, confidando nell’aiuto di qualche Santo per risultare credibile. Soffre parecchio al solo pensiero che lei debba rinunciare ad uno dei pochissimi piaceri, se non l’unico, che la vita le riserva.- Mi avete vista nascere e crescere, ricordate? Perciò dovreste sapere che io mantengo le promesse con tutti. Se poi c’è di mezzo una persona che voglio bene, si può dormire su sette cuscini, e a voi voglio più che bene, lo sapete, no? Potete dormire su sette cuscini, dunque, se vi prometto che so come prenderlo, Enzo, per convincerlo a fare ciò che dico io, -prosegue alla conferma-. Che c’è, ancora?” le chiede vedendola perplessa più che mai. Donna Peppina esita parecchio, prima di decidersi ad aprir bocca. “Dimmi una cosa: non è che, per convincerlo a lasciarmi in pace, gli farai fare il porco con te? Giannina, che non aveva avuto problemi ad intuire dove intendesse parare, fa artificiosamente l’offesa, scoppiando in lacrime. Conclusione: non ha bisogno di spiccicar parola, per ricevere le scuse più sentite. Donna Peppina si dimostra veramente dispiaciuta sia per aver messo in dubbio la sua parola, che per aver pensato male di lei. “Se andassi vestita in maniera più decente, non guasterebbe sicuramente! -ritorna quindi alla carica, a dimostrazione che la lingua batte sempre dove il dente duole-. Nonostante tutto, però, sei oro, rispetto alla maggior parte delle donne di oggi, signore o signorine che siano!” conclude con estrema convinzione. la ritrovata sintonia consente, alla ragazza, di sondare il terreno per mettersi nelle condizioni di mantenere la promessa fatta ad Enzo. Appura, così, che donna Peppina viene a mare soltanto verso quest’orario, che rientra a casa non più tardi di un’ora dopo e che, durante il resto della giornata, se ne rimane lontana da qui. “Ed ora, se non ti dispiace, vorrei fare il bagno in santa pace!” Il commiato è più che sintetico. Giannina si tuffa in acqua e sparisce rapidamente dietro gli scogli per recuperare gli indumenti che aveva addosso prima del proprio coinvolgimento nella vicenda. Non fa in tempo a raggiungere la spiaggia. Donna Peppina la richiama disperatamente a sé. “Giannina, aiuto! Mi mangiano!” Ritorna precipitosamente indietro e trova la vecchietta impegnata in una danza indiavolata in mare. L’acqua la copre fino alla vita, gonfiandole la veste alla stregua di un enorme pallone. Invece di calmarsi, alla vista della soccorritrice si agita ancor più freneticamente. “Corri, ti prego! Mi mangiano!” Chi vi mangia? In giro non si vede nessuno!” “I pesci, cretina! I pesci!” Giannina è costretta a sollevarla e a portarla sulla spiaggia di peso, ostacolata tremendamente dal pallone e dai suoi movimenti sconnessi. “Ora potete rilassarvi!” la esorta premurosamente, deponendola per terra con la massima delicatezza consentita dalle circostanze, anche se la cosa la costringe a dar fondo a tutte le proprie energie. “Rilassarmi un corno, quelli continuano a mangiarmi! -strilla la malcapitata con quanto fiato ha in gola, proseguendo ad agitarsi selvaggiamente-. Guarda sotto, presto!” Giannina si infila sotto la veste e rimane di sasso. Un tappo ricoperto di lana a filo chiude la vagina ed una sarda, rimasta impigliata nel cordame, fa di tutto per liberarsi dalla trappola. La ragazza, sotto gli effetti dei calci, è costretta a superare rapidamente lo shoc. Strappa il tappo con un colpo secco e lo scaglia rabbiosamente fuori dalla strana tenda che la ricopre, riuscendo ad uscire a sua volta all’aperto appena in tempo per evitare un robusto getto di urina. “E quello?” domanda a donna Peppina indicandole il tappo. “Doveva servire, come sempre, per non fare entrare l’acqua, ed invece mi ha salvato da un altro porco che veniva dal mare! -replica candidamente la vecchia, trasformando la propria agitazione in furibondo sdegno-. Oggi non sai da chi ti devi guardare! Addio, mare! Non mi bagnerai più nemmeno se mi pagherai a peso d’oro!”


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Addio

di Antonella Iacoponi

Per tutte le donne che vogliono essere libere
Come l’inverno lascia andare la primavera, donandola al cielo,
come il mare lascia libere le onde,
che corrono a baciare la spiaggia,
come l’iris sprigiona il proprio aroma,
che permea l’aria e delizia il cuore,
così, ti imploro, lascia andare il mio corpo:
ti resta soltanto quella piccola parte di me,
l’anima vola lontano, proprio mentre ti sto parlando,
tra montagne punteggiate da mille idee, per una vita nuova,
ipotesi invitanti come bianche stelle alpine,
soffici e sorprendenti, come promesse di neve.
Più tenterai di trattenermi, più diverrò distante, eterea…
Ti supplico, lasciami andare,
così da poter respirare di nuovo,
liberando entrambi dal profondo dolore che ci siamo arrecati,
dal peso opprimente di parole acuminate,
frecce che trafiggono i cuori,
dal fardello dei torti subiti,
che diviene sempre più ingombrante.
Non senti anche tu quanta arida freddezza si erge tra noi?
La valigia è già uscita, mi sta aspettando in macchina;
si è stupita nello scoprirsi, d’un tratto, così leggera!
Ho abbandonato la sofferenza sul retro della casa,
porterò solo l’essenziale, la voglia di ricominciare.


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Riflessioni e critiche

Quando ripartirà il turismo in Italia?

di Flavio Lucchini

Stanno facendo il giro del web in questi giorni le immagini e i video delle città italiane vuote: riprese dai droni mostrano centri storici e monumenti nel silenzio assordante. Se non si pensasse alla ragione di questo abbandono, le immagini avrebbero anche un certo fascino spettrale. Ma c’è un altro spettro che aleggia in questo scenario apocalittico: quando si rialzerà il turismo italiano? Gli alberghi sono vuoti e registrano ormai quasi sempre il 100% delle prenotazioni cancellate (quando va bene il 75%). Venezia, ma anche Roma, Firenze, Milano etc. ovunque si paga il prezzo di un settore trainante, oggi paralizzato. In attesa di sapere quando l’Italia si riprenderà, passo dopo passo, si pensa anche ad un contributo per aiutare una delle vittime astratte del Covid-19: il settore turistico. Tra le proposte che Federalberghi intende girare al governo, c’è anche la predisposizione di un bonus per le vacanze della stagione estiva 2020. Oggi l’Italia è blindata: siamo tra i Paesi più colpiti dal corona virus ma anche tra quelli che hanno eseguito per primi i controlli a tappeto e gestito la situazione con misure di contenimento. Questo ci dà, in un certo senso, un vantaggio di tipo temporale. A logica, dunque, il turismo potrebbe ripartire dagli stessi italiani. In linea generale, anche le associazioni di consumatori invitano i clienti che hanno anticipato una caparra, ad andare incontro agli albergatori (esposti anch’essi a una durissima crisi), invitandoli magari ad accettare un voucher da riutilizzare in seguito e non un rimborso in contanti. Da quanto possiamo leggere o vedere nei diversi servizi televisivi, gli albergatori sono al lavoro, pronti a ripartire prima possibile ma hanno bisogno di aiuti statali per evitare il collasso. Si stanno preparando per quando sarà proclamata la fine di questa crisi. Nessuno sa se accadrà fra 15 giorni o fra un mese. Sono pronti per prepararsi alla stagione estiva e per accogliere i turisti. "Anche noi abbiamo voluto dividere il nostro processo di ritorno ad una normalità accettabile." scrive Ivan Barile, direttore dell'unico grande albergo attrezzato per i disabili visivi in italia, l'Olympic Beach in provincia di Pisa. "Da lunedì scorso siamo a Tirrenia con una squadra di tecnici per una sanificazione e igienizzazione di tutti i locali dell’albergo con macchinari e prodotti idonei indicati dal ministero della Salute." Scrive Barile sul social, "Inizieremo tutti quei lavori che ci permetteranno di essere pronti per una eventuale riapertura. Stiamo acquistando tutte quelle protezioni da mettere a disposizione degli Ospiti e dei nostri collaboratori per poter operare in piena tranquillità e sicurezza." conclude speranzoso. L’unica cosa certa è che questa crisi prima o poi finirà, da Giugno in avanti vorrebbero riprendere la normale attività de loro alberghi. Ma non ci sono solo le grandi società di albergatori, c’è anche chi possiede un piccolo albergo di proprietà e ha il mutuo da pagare, c’è chi invece si ritrova a pagare l’affitto. Aggiungiamo poi il discorso delle tasse italiane, tasse che in altri paesi non ci sono come l'IMU. In realtà, è una follia, se un albergatore ha l’albergo chiuso l’IMU lo deve pagare lo stesso, per loro è una fetta piuttosto importante. Vi sono alberghi in Italia che arrivano ad un milione di euro di IMU all’anno! Come possono pagare queste tasse con l’albergo chiuso? Si aspettano dal governo una mossa molto decisa e molto forte per togliere questa forma di tassazione diretta sul bene. La tassazione progressiva sul reddito, comunque altissima in Italia, è qualcosa che va pagato su un guadagno che hai fatto. In questa fase i guadagni stanno a zero, pagare le tasse francamente non è piacevole, lo possiamo capire tutti. Il secondo step dovrà però essere necessariamente, quando i tempi saranno maturi e sicuri, quello di riaprire le porte al turismo dall’estero, che è una fonte di entrate indispensabile per il nostro Paese. In media, in questo periodo dell’anno, i turisti stranieri già partivano con le prenotazioni per l’estate. Ad oggi è tutto fermo e nessuno sa dire con esattezza quanto tempo ci vorrà non tanto per tornare alla normalità ma quantomeno per ripartire. Prima di tutto, infatti, bisogna attendere che l’emergenza contagi finisca e non solo da noi, lo stesso sta succedendo in Spagna, in Francia e in Germania e nel resto dell'Europa, paesi che portano ogni anno molti turisti nel nostro paese. Noi in Italia le misure di contenimento le abbiamo adottate. Adesso per noi è solo questione di tempo. Oggi l’Italia è un Paese isolato dal resto del mondo, ma ci potremmo trovare per assurdo nella situazione in cui noi saremo quasi usciti dalla crisi, ma i tedeschi, i francesi, i russi ecc... saranno in piena bufera, quindi non verranno a fare le vacanze qui da noi. Su questo fronte bisogna lasciare uno spiraglio di ottimismo: “Nel momento in cui l’OMS proclamerà che non c’è più il virus in Italia non dubitiamo che i turisti ritorneranno, i tedeschi, i russi, gli americani e da tutto il mondo. È chiaro che non torneranno massicciamente, perché ci sono molte disdette, i grandi tour operator stanno spostando i turisti dalla meta Italia su altre destinazioni. Soffriremo una stagione non splendida, però dobbiamo essere positivi, e pensare che gli stranieri ritorneranno. "I nostri alberghi sono lì, belli, sterilizzati e puliti, non c’è motivo perché i turisti non tornino da noi”!"


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Gli abusi di potere dei gestori della legalità

di Mario Lorenzini

6 maggio 2020. Ci Possiamo ritenere fortunati, rispetto ad altre regioni. Perché? Perché il governatore Rossi ci ha gentilmente offerto le mascherine per tutto il mese di maggio. Basta mettersi in fila, attendere il proprio turno in farmacia e, muniti di tessera sanitaria, ci sono “concesse” delle bustine con i fantomatici dispositivi di protezione individuale. Dal 4 maggio, iniziata la tanto sospirata seconda fase, si ha più libertà. Non solo ci si può spostare verso i congiunti, extra comune, ma alcuni “permessi”, direi ovviamente, sono decaduti. Non è necessario l’autocertificazione per recarsi al lavoro; e, in tutti quei casi dove la lampante dimostrazione della propria I presenza in quel contesto, sia chiaramente indicazione dello scopo dell’uscita dalla propria abitazione. Certo, gli operatori preposti ai controlli devono usare intelligenza, logica ebuon senso; il decreto ultimo non può contenere nel dettaglio tutte le eventualità possibili. Insomma, se ci troviamo in fila, di fronte a uno studio medico, secondo voi siamo dei pericolosi spacciatori di droga? O se attendiamo di prendere un carrello davanti l’ingresso del supermercato, forse non stiamo facendo la spesa? Io e mia moglie la pensiamo così. Ma qualcun altro non è stato di questo avviso. Oggi, poco dopo le ore 15:00, nostra figlia è andata in farmacia proprio per avere le chirurgiche. Insieme con lei, opportunamente distanziate, oltre 10 persone che, civilmente, aspettavano le 15:30, orario di apertura. A un certo punto sono arrivati. Proprio loro sì, i bulli dell’esercito. In quattro, tuta mimetica e mitra spianato e, indovinate un po’, non hanno controllato gli spacciatori, che addobbano bellamente la zona stazione dove abitiamo; e nemmeno si sono ben guardati dall’ammonire quegli ubriachi che schiamazzano con le loro birre in mano, che ormai hanno fatto delle panchine la loro casa. No, si sono rivolti a Ilaria, chiedendole cosa stesse facendo, se fosse in fila (come tutti gli altri) per entrare in farmacia. «Certo», risponde Ilaria. «Ma l’autorizzazione ce l’hai?» chiede l’agente. L’autorizzazione, ovvero il foglio dove scrivere dove ci spostiamo e perché, stava in auto, in bianco. Ma si può riempire al momento. Ilaria ha risposto di sì e, abbandonando la fila, è andata a prendere il modulo, lo ha compilato, al fine di rendere paghi i militari che, detto tra le righe, mostravano un’aria strafottente con i loro sorrisetti. Come mai, di undici persone in coda, solo a lei è stato richiesto l’inutile giustificativo? Ma domandiamoci un’altra cosa? È questa la funzione delle forze dell’ordine? La loro capacità interpretativa su come attuare delle disposizioni governative? O forse, semplicemente, si vuol ostentare la tenuta militare tanto per giocherellare con una ragazzina. Non occorre una laurea o capacità divinatoria per capire che alcune persone, in piedi dinanzi all’insegna di una qualunque attività commerciale, sta lì solo perché vuole entrare in quel negozio. Non sta lì a prendere il sole, o a perdere tempo. Non voglio ripetere il solito pensiero di molti che i servizi come le forze dell’ordine, sono pagati con le nostre tasse, e che quindi vorremmo avere indietro tali prestazioni. Esprimo invece il mio pensiero: a volte mi pare che queste siano le forze del disordine. Si sente la loro mancanza in caso di bisogno e, se e quando ci sono, intralciano con dubbie richieste. Superfluo dire la solita cosa scontata, cioè che farebbero bene a fare il loro lavoro; aggiungo che sarebbe meglio non facessero tanto i bulli provoloni. Giacché siamo in argomento, riporto anche la mia esperienza personale, accaduta l’estate scorsa. Non c’era il covid-19 in quel periodo. Facendo molto caldo, con mia moglie siamo soliti uscire dopo cena per passeggiare. Non siamo i soli che escono a prendere una boccata d’aria per sottrarsi un po’ alla calura, non credo ci sia nulla di male. La città è popolata nelle strade anche a tarda ora. Se ben ricordo, siamo usciti poco dopo le ore 21:30. Patrizia è una camminatrice instancabile, ma ci siamo limitati a un’ora e mezza circa. Al rientro, diciamo poco dopo le 23, proprio a poche decine di metri dall’ingresso del nostro condominio, un’auto ci affianca e, finestrino abbassato ci dice: «Buonasera». Contraccambio il saluto della pattuglia: «Buonasera». Ma il saluto ci viene riproposto; nel frattempo l’automobile si ferma nella classica posizione “a lisca di pesce” e poi, la frase di rito: «documenti». Io e Patrizia rimaniamo un attimo sorpresi dalla richiesta: è nei poteri delle forze di polizia o carabinieri eseguire i controlli su persone; francamente, con tutto l’andirivieni di gente nel mio quartiere, con scarso rispetto della giustizia, non mi pare il caso di inserire nella lista dei soggetti da sottoporre a controllo due persone trasparenti e oneste. Essendo il coltello dalla parte del manico dei due carabinieri, abbiamo preso le nostre carte d’identità in mano, per farle vedere. Ma, contemporaneamente, un’idea, forse un po’ ingenua nella mia mente. La nostra città non raggiunge i 30.000 abitanti, io lavoro presso il comune dove, spessissimo, entrano poliziotti, finanzieri e altri del genere. Nell’allungare il mio documento a uno dei due carabinieri mi è venuto spontaneo: «ma, non mi riconoscete? Sono il centralinista del comune» «No, non la conosciamol» è stata la risposta secca e distaccata, mentre l’altro operatore chiamava la centrale dalla radio per confrontare i miei dati. Ci hanno chiesto dove abitavamo e io, con l’indice rivolto più o meno all’altezza del quarto piano: «Io abito lì, da quasi vent’anni, sono proprietario dell’appartamento in cui vivo». Questo oltre ad aggiungere altre informazioni personali a comprovare la mia stabilità e onestà di cittadino e lavoratore italiano senza macchia penale. Il tutto con una punta di risentimento che credo sia stata recepita. Sta di fatto che i due controllori ci hanno restituito velocemente i documenti, salutando e farfugliando delle scuse. La mattina seguente, ho telefonato alla stazione carabinieri di zona e raccontato l’accaduto. Mi sono lamentato del fatto che avessero solo lontanamente pensato di imbattersi in due loschi individui, non certo corrispondenti a me e Patrizia. Il maresciallo non sapeva niente dell’accaduto e, il fatto di non conoscermi poteva essere benissimo essere dato dall’intervento di una sezione carabinieri di un altro comune. Rimane, in queste e, purtroppo molte altrre storie similari, l’amaro in bocca. Perché L’esercito o chi si occupa di sicurezza in generale, se la riprende con la gente comune onesta? Perché non si fanno verifiche approfondite sui reali trasgressori? Tante volte, come nel caso di molte realtà geografiche come quella a cui appartengo, ci sentiamo in una Terra di nessuno; altre volte gli interventi sono tardivi o assenti. E quando fanno sfoggia delle loro divise, lo fanno con le persone sbagliate…


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"Io non vedo, dammi una mano per mantenere le distanze"

di Flavio Lucchini

Svolgere le normali attività della vita di tutti i giorni, muoversi nella città e comunicare con gli altri fa parte delle quotidianità del vedente, non ci rendiamo conto che per tutte queste attività usiamo soprattutto informazioni visive. Chi non vede o ha una visione limitata non può usufruire delle stesse informazioni. La minorazione visiva pregiudica in altissimo grado l'autonomia, la libertà di movimento, la capacità di orientamento e crea così nell'individuo una serie di difficoltà di natura psicofisica che investono tutta la sua vita sociale e professionale, causando, nella maggior parte dei casi, una totale dipendenza dagli altri. Le persone con disabilità visiva spesso si affidano a corsi mirati tenuti da professionisti per l'educazione alla mobilità e all'autonomia. L'intento di questo processo ha un ruolo determinante anche per la propria autostima, sentendosi in questo modo parte della società. Purtroppo, in questo delicato momento il coronavirus e il distanziamento sociale sta creando enormi disagi alle persone con disabilità visiva. In Italia ci sono oltre 360 mila ciechi assoluti e oltre un milione e mezzo di ipovedenti e pluriminorati. Persone in grande difficoltà perché la disabilità non consente loro di rispettare sempre la distanza di sicurezza dagli altri, in particolar modo nei luoghi affollati e sui mezzi di trasporto. Con le nuove direttive, sui mezzi pubblici, autobus, metropolitane e treni, è stata stabilita una segnaletica visiva sui seggiolini/sedili in cui le persone possono o non possono sedere. Anche se queste indicazioni fossero percettibili al tatto, come possiamo immaginare in questo momento, malgrado i guanti di usare il tatto, riteniamo che sia meglio evitare di toccare oggetti sui quali non abbiamo una sicurezza sulla pulizia e sanificazione. Come ovviare a questo disagio? Una campagna di sensibilizzazione sarebbe utile per fare in modo che i cittadini quando incontrano un cieco o ipovedente grave, possano dare una mano simbolica, perchè quella fisica si deve evitare, cercando con le parole , possibilmente senza urtare la sensibilità del disabile, per quelle segnalazioni utili, per cui la persona in difficoltà possa gestirsi nei movimenti. Per strada cercare di mantenere la distanza di sicurezza, visto che il cieco non può farlo per ovvi motivi. Per i mezzi pubblici dare le indicazioni per raggiungere un posto libero, senza doverlo accompagnare fisicamente. Bastano pochi gesti per avere il senso di civiltà, perché tutti possano vivere meglio anche in questo momento difficile.


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Tempo libero

Suicidio mancato di un avaro

di Varo Landi

Gigetto! Ciao Gigetto. Sono contento di rivederti... Come stai? Bene, bene Carlo. Ma perchè tanto entusiasmo? Ci eravamo visti appena una settimana fa! Si, si, ricordo, ma erano corse strane voci... Che voci, Carlo? Beh, avevo sentito che eri fermamente intenzionato a suicidarti, ed eri entrato in una armeria...E' vero? Avevo cercato di telefonarti, ma non mi avevi mai risposto... Si, si, è vero, ma, poi... Poi? Cosa è successo poi? Senti, ero andato dall'armaiolo di via dei cipressi. avevo chiesto di comprare una pistola calibro 7,65. Ma è sorto subito un problema. Che problema? Proprio consapevole di sprecare, avevo chiesto di darmi solo le cartucce, che stavano nel caricatore. Appunto, tanto per sprecare, perché me ne sarebbe bastata una sola... L'armaiolo mi diceva che avrei dovuto comprare tutta la scatola, pagandola subito in contanti, perché non poteva dare cartucce sfuse. Inutile insistere. E, allora ho rinunciato, perché troppo costoso! Potevo spendere meno impiccandomi ... Già, ma, vedo che non lo hai fatto.... Beh. Anche quì era sorto un problema. Quale? Mi sarebbe bastato due metri di corda. Ma il negozio di cordami, non voleva darmi due metri, ma, avrei dovuto comprare una intera matassa . Cosa fare Carlo? Ti pare comprare una intera matassa, quando due metri bastano e avanzano? Ho rinunciato. Beh, Gigetto, meglio così, ma allora potevi buttarti dal ponte. Sei matto Carlo? Ma, lo sai quanto è ghiaccia l'acqua, di questi tempi? No, no, devo trovare un altro sistema. Non ho trovato un altro sistema. Buttarmi dalla finestra? Potrei finire addosso ad un passante. Sotto una automobile? Ma quanti problemi morali e materiali per il povero automobilista.? Sotto un treno? Problemi idem per un povero macchinista.... Insomma, ci devo pensare. Pensaci, pensaci. Io ti suggerirei un sistema più piacevole... Quale? Vai nel quartiere delle Muse, dove ci lavorano diverse prostitute ... Dicono che hanno tutte l'aids. Con quella malattia te ne andrai al creatore, ma, almeno in modo piacevole! Buona idea Carlo. Allora ti saluto e, se non mi rivedi, pace! Trascorre un intero anno e, i due amici non si rivedono più. Ma, un giorno Carlo vede Gigetto che sta entrando in una armeria. Lo aspetta fuori. Poi: Ciao Gigetto! Come va? non ti ho più visto. Vedo che stai benone, hai un piglio forte e deciso, come va? Bene, bene. Devo ringraziarti per il tuo consiglio. Ah! Perché? E poi, vedo che sei andato in armeria... Cosa accade?Perchè sei andato in armeria ? Mi sono comprato una bella pistola e una scatola di cartucce. Ma, non erano sprecate? No, no, ora mi ci vogliono tutte! Perché mai? ne dovrebbe bastare una. No? E, no,mi devo anche allenare al poligono. E, perchè mai? Devo essere capace di difendermi. Difenderti? Da chi, e perché? Senti, è meglio che ti racconti: Ho seguito il tuo consiglio di un anno fa. Così ho frequentato tre bellissime ragazze. Una Russa. Una, Brasiliana. Una giapponese. Nessuna aveva malattie. Sono rimaste incinte tutte e tre. Ora aspetto almeno tre figli. E, che vuoi, che li lasci tutti senza padre? E poi, tutte e tre hanno uno spasimante . E, sono decisi tutti a farmela pagare. Capisci? Capisci?


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Tutti i colori del West

di Gianfranco Pepe

Lo stato americano dello Utah, il cui nome deriva dalla parola Yudah che nel linguaggio degli indiani Apache significa alto, incastonato come una rossa pietra preziosa tra Nevada, Arizona, Colorado, Wyoming e Idaho,è stato in gran parte al centro della nostra nuova avventura nelle remote terre del West. I suoi territori spesso aspri, selvaggi e desolati, le sue sconfinate praterie incorniciate da alte e innevate catene montuose, i grandiosi scenari dei più famosi film western, i solitari monumenti di arenaria rossa sparsi negli infiniti spazi senza confine, gli spettacolari ambienti rocciosi sapientemente lavorati nei millenni dal grande fiume Colorado, unitamente all’esuberanza naturalistica del parco di Yellowstone ammantato di neve e al silenzio esaltato dai pochi turisti presenti in questa stagione, ci hanno regalato continue sbalorditive sorprese, riempiendo i nostri cuori e le nostre menti di maestosa pace e bellezza. Luoghi in parte da noi già visitati anni fa in estate, ma che avevamo gran desiderio di rivedere in condizioni invernali. Prima della partenza dall’Italia temevamo però le tormente di neve che spesso si abbattono sugli Stati Uniti, e invece il nostro viaggio è sempre stato assistito dal bel tempo, col sole che ha acceso i colori e ha accresciuto il nostro entusiasmo. Sull’aereo che da Londra ci sta portando a Las Vegas, io, Frediana e le nostre inseparabili compagne di avventura Amelia e Annarita, cominciamo a goderci la prima di una lunga serie di meraviglie. In un buio mai totale, il sole che fa capolino sulla linea dell’orizzonte accompagna il nostro volo lungo la rotta polare in un sereno tramonto senza fine. Dal finestrino il nostro sguardo viene attratto da un grandioso spettacolo, insolito quanto splendido nel suo genere. Sotto di noi si estende all’infinito il mare glaciale della calotta polare, avvolto in una radente luce di un azzurro irreale che fa risaltare il bianco immacolato della grande banchisa di ghiaccio. Il mare a volte si insinua tra le banchine con serpeggianti linee d’acqua che frantumano il pack, mentre in altre zone prende il predominio estendendosi a perdita d’occhio, punteggiato solo da più isolati lastroni galleggianti. Tocchiamo delicatamente il suolo americano e già dalla pista dell’aeroporto le sfavillanti luci di questa tentacolare capitale del gioco ci abbagliano. All’uscita incontriamo Paolo, che al momento salutiamo come nostro autista-guida-accompagnatore, ma che alla fine del tour abbracceremo affettuosamente come nostro nuovo amico. Non siamo venuti sin qui per giocare o per immergerci nel rumoroso mondo dei divertimenti, ma non possiamo comunque astenerci dal fare un breve giro notturno nel famoso Strip di Las Vegas, per stupirci delle tante attrazioni nelle quali gli americani sono maestri. Passiamo davanti ai più famosi hotel, Il mastodontico Caesar Palace con i suoi centurioni romani, Il Venezia con il Canal Grande, il Paris con la sua Tour Eiffel, il Luxor con la sua gigantesca piramide e il Bellagio, davanti al quale, grazie al traffico paralizzato, riusciamo a goderci lo scintillante spettacolo delle fontane danzanti. Iniziamo la nostra avventura, una lunga cavalcata di oltre 3.600 chilometri, abbandonando lo Stato del Nevada mentre percorriamo la I15, una delle principali arterie del sud ovest americano. Dopo non molte miglia, entriamo nello Stato dello Utah e transitiamo nello Zion National Park, il primo di una lunga serie di luoghi fantastici. Già da prima, passando dal Virgin River Canyon, le tipiche e scenografiche rocce rosse di questa regione fanno la loro comparsa, e persino l’asfalto è stato posato del medesimo colore vermiglio per mimetizzarsi nell’ambiente. Parcheggiamo per affrontare il primo breve trekking che si arrampica sino ad un punto panoramico chiamato Canyon Overlook. Il tempo è bello ed essendo sabato c’è anche parecchia gente, tutti sempre e solo americani. Mentre noi siamo vestiti come se andassimo al Polo Nord, gli altri sono in calzoncini e maglietta ed in effetti, nonostante sia la metà di febbraio, fa più caldo di quanto avessimo immaginato. Le montagne che ci circondano hanno colori strabilianti che cambiano man mano che ci si avvicina alla cima. Il chiaro della sabbia caraibica della base lascia il posto al giallo pallido che si confonde con sfumature di nero, mentre strisce orizzontali di bianco e di rosa precedono il color mattone della sommità. Lasciando il parco, intorno a noi si susseguono paesaggi sempre splendidi e vari. In direzione nord est, imbocchiamo la 89, mentre ai nostri occhi si spalancano vaste praterie incorniciate dalle lontane innevate cime del Bryce Canyon che si avvicina. Al nostro arrivo sono passate le 17 ma c’è ancora molta luce e possiamo godere dal belvedere del Sunset Point della prima straordinaria vista su questo mare di bizzarri pinnacoli rossi impreziositi dal bianco della neve. Scendiamo anche con cautela sul percorso semi ghiacciato del Navajo Trail, un sentiero che ci consente di immergerci nel cuore di questo suggestivo ambiente naturale nella bella luce dell’imminente tramonto. Al mattino torniamo nel parco e subito ci rechiamo al punto panoramico più elevato, il Bryce View Point a 2700 metri di altitudine. Non indossiamo i ramponi ma la discesa che porta al belvedere è ghiacciata e dobbiamo tenerci prudentemente alle balaustre. Lo spettacolo che si apre ai nostri piedi è quello grandioso e magnifico che io e Frediana ricordavamo e che lascia tutti senza fiato. Da qui la vista abbraccia l’intero anfiteatro, con una zona centrale di boschi di conifere e con vallette laterali separate da dossi, tra le quali spiccano innumerevoli guglie e pinnacoli di varia forma e colore, mentre sullo sfondo il terreno degrada dolcemente verso le deserte immensità del parco dell’Escalante. Il colore rosso è sempre predominante, con le varie tonalità più chiare e più scure che sfumano nell’arancione e nel rosa, e il bianco della neve dà il tocco finale a questo meraviglioso dipinto. Ci trasferiamo poi al Sunrise View Point a 2400 metri, e anche qui facciamo un breve percorso su neve e ghiaccio, sempre con pochissima gente, sempre nelle condizioni ideali per goderci al meglio lo spettacolo. Questo belvedere si affaccia sul catino roccioso più in basso e da qui possiamo godere di una nuova prospettiva che mette più in risalto i particolari, e non c’è da stupirsi che queste strane formazioni, che ricordano spesso possenti totem, abbiano sempre ispirato agli indiani un forte senso di sacralità. Lasciamo il Bryce Canyon e nelle vicinanze della località di Kanab prendiamo la deviazione che in 10 miglia ci porta nel parco statale di Coral Pink Sand Dunes, un’altra chicca dove, Incastonate tra le rocce dello Utah, alte dune di sabbia di un incredibile color rosa salmone si ergono al centro della vallata. Ci inoltriamo tra le dune camminando faticosamente su di una sabbia impalpabile, sino a raggiungere la cima di una duna da cui possiamo godere dell’unicità di questo soffice mondo rosato. Un magico silenzio ci avvolge mentre il vento alza piccoli pennacchi di sabbia che abbelliscono ulteriormente il paesaggio. Transitiamo da Kanab e da qui inizia un tratto di strada davvero scenografico, che ci immerge nelle atmosfere dei film western. Per molte miglia ci accompagna una lunga catena di basse montagne dalle variegate sfumature di rosso, di ruggine e di bianco, dalla cima delle quali ci aspettiamo da un momento all’altro di veder comparire le sagome di un gruppo di indiani a cavallo che osservano la nostra diligenza. Entriamo in Arizona ed eccoci all’ultima tappa della giornata, l’Horseshoe Bend, un’altra veduta di impareggiabile bellezza, un’altro miracolo della natura. Parcheggiato il nostro super suv, un percorso sterrato, in estate frequentatissimo ed incandescente, ci conduce senza troppa fatica verso l’abisso che sovrasta un tratto del Colorado River. In questo punto il fiume ha modellato una grande ansa semicircolare a ferro di cavallo, che avvolge in un maestoso abbraccio la formazione rocciosa che si erge possente davanti a noi, e la vista vertiginosa che si gode affacciandosi dal parapetto è davvero impressionante. Lasciato il paese di Page, sulle sponde del grande lago Powell dove abbiamo alloggiato stanotte, partiamo in direzione della nostra nuova meta, la famosissima Monument Valley. Lungo la strada però ci fermiamo quasi subito per la visita del Lower Antelope Canyon, che ci regalerà incredibili suggestioni. Un simpatico e sorridente indiano Navajo ci conduce per un quarto d’ora sul sentiero sabbioso che porta all’ingresso del canyon, ma da qui non abbiamo ancora nessuna idea di quanto ci aspetti . Infatti, al contrario del suo gemello, l’Upper Antelope Canyon, il Lower Antelope Canyon non si trova al di sopra della superficie, ma è una vertiginosa spaccatura scavata e sagomata dall’acqua e dal vento all’interno della roccia. Oggi c’è il sole, ma la guida ci dice che questi stretti canyons col maltempo corrono il rischio di improvvise e violente inondazioni, e infatti alcuni anni fa qui morirono travolti dall’acqua una quindicina di persone. Scendiamo con attenzione su ripide scalette metalliche che ci portano alla base del percorso, immergendoci in un magico mondo di una bellezza surreale. In fila indiana, e da queste parti non potrebbe essere altrimenti, ci infiliamo in uno stretto cunicolo tra le rocce con il cielo che si intravede lassù, una sessantina di metri sopra di noi. A volte il passaggio è davvero strettissimo e ci chiediamo come possano farcela ad infilarsi qui dentro i ciccioni americani! Dietro ad ogni angolo, in cima ad ogni scaletta, al di là di ogni curva, alzando lo sguardo ci attende una sorpresa. Le pareti rocciose levigate dagli agenti atmosferici, dalle splendide tonalità cromatiche di rosso, di arancione e di viola, a volte sagomate in forme tondeggianti, a volte più stratificate, danno l’impressione di onde che si accavallano una sull’altra precipitando verso di noi. In certi punti la spaccatura si allarga un po’ e la luce che riesce a penetrare accentua le ombreggiature e le sfumature di colore, ed esalta le forme bizzarre che accendono la fantasia: una testa di donna dai capelli al vento, la proboscide di un elefante, un becco d’aquila, un cavalluccio marino. Ci muoviamo in questo angusto ambiente aiutandoci con le mani tra le strette pareti rocciose, per poi risalire lentamente entusiasti e divertiti verso la superficie. Puntando verso sud est, maciniamo poi altre miglia attraversando immensi altipiani sempre sui 1500 metri di quota, ed eccoci all’ingresso della Monument Valley, icona dei più conosciuti film del vecchio West. Ci troviamo nella parte più meridionale dello Utah, al confine con Arizona, Colorado e New Mexico. Subito imbocchiamo la scenic drive, la strada sterrata che attraversa il parco e che io e Frediana percorremmo 24 anni fa. Soffia un vento fastidioso piuttosto freddo e purtroppo in questo momento il sole è velato e il grigiore generale spegne un pochino il nostro entusiasmo. Ritroviamo le incredibili formazioni rocciose pazientemente scolpite dal vento del deserto, che possiamo ammirare dai tanti punti panoramici, le 3 sorelle, l’Elefante, la North Window, il John Ford Point, dove il profilo di un indiano a cavallo si staglia sulla cima della collina, come in ogni film western che si rispetti. Intanto il sole è tornato a splendere e con questa nuova luce tutto sembra più fantastico. Qui la natura si è davvero divertita, sbizzarrendosi in fantasiose sculture alte fino a 300 metri e il vastissimo panorama che ci circonda lascia stupefatti. Intorno a noi gli isolati monumenti di roccia rosata si perdono in un infinito ambiente desertico punteggiato solo da sparuti arbusti, mentre le lontane cime innevate del Colorado chiudono scenograficamente l’orizzonte. Abbiamo anche la fortuna di trovare un grande masso piatto un po’ appartato che funge da tavolo, dove possiamo assaporare il più solitario e panoramico dei pic nic. Ecco, è arrivato il tramonto, l’ora giusta per immortalare uno dei simboli di questo luogo, le 3 grandi sagome di pietra che, nelle adiacenze dell’ingresso del parco, si ergono imponenti davanti a noi. Il sole che scende alle nostre spalle infiamma di rosso le rocce, mentre le ombre si distendono sulla valle annunciando l’arrivo del crepuscolo. Siamo pronti a proseguire il nostro percorso nella terra dei Navajo e, ripresa la 163 verso nord, dopo poco ci fermiamo al punto panoramico dove Forrest Gump, nel suo famosissimo film, smise di correre dicendo “beh…mi sento un po’ stanchino!”. La strada è quasi deserta e così possiamo scattare molte foto sul centro della carreggiata, con la suggestiva inquadratura dei 10 chilometri del nastro d’asfalto che, perfettamente dritto, degrada verso lo scenario delle Mesas della Monument Valley che si stagliano sull’orizzonte. Poco più avanti passiamo da Mexican Hat, una strana formazione rocciosa che sembra proprio un uomo col sombrero e poi, sulla nostra sinistra, entriamo nel parco statale di Goosenecks. Si tratta in realtà di un semplice belvedere che si affaccia sul San Juan River che scorre 300 metri sotto di noi, dal quale possiamo ammirare lo stupendo scenario delle 4 ampie anse del fiume che serpeggiano sinuose in un maestoso ambiente naturale aspro e severo. Attraversiamo poi per un lungo tratto un altipiano sui 2000 metri e intorno a noi si aprono paesaggi sempre vari e bellissimi. Il perenne contrasto dell’erbetta di un tenue color salvia si fonde cromaticamente con il rosso delle strane formazioni naturali, che si susseguono lungo il percorso riempiendo di stupore i nostri sguardi. Stasera alloggiamo nella località di Moab, sulle rive del fiume Colorado, il principale artefice di tanta grandiosità, che ha sapientemente modellato nei millenni le meraviglie che ci circondano. Oggi per tutti noi, ma in particolare per il capogita, ovvero il sottoscritto, sarà una giornata speciale, grazie alla bellezza dei luoghi, agli occhi che riusciranno a donarmi belle sensazioni, ma anche alle 3 camminate che ci porteranno con grande entusiasmo di tutti nel cuore dell’Arches National Park. Alle 9 di un nuovo radioso mattino siamo tutti pronti ad entrare nel magico mondo degli archi. Sosta obbligatoria sotto il Balanced Rock, la grande roccia in bilico che sembra dover crollare da un momento all’altro, davanti alla quale si estende un ampio panorama su spettacolari formazioni rocciose come quelle dell’Organo o delle 3 Pettegole. Poi proseguiamo per diverse miglia sino al termine della lunga strada che attraversa il parco, Ci armiamo di bastoncini e la nostra allegra combriccola è pronta a partire per il primo trekking, su di un percorso poco impegnativo anche se un po’ ghiacciato in certi passaggi. Dopo mezz’ora di cammino arriviamo in un punto estremamente suggestivo dove ai nostri occhi appare lassù come per magia il sottile Landscape Arch, un fragile ed elegante capriccio della natura che si staglia nitidamente contro il cielo azzurro. Imbocchiamo poi la deviazione che ci porta alla partenza del sentiero che conduce alla principale attrazione del parco, l’indiscusso sovrano degli archi, il famoso e bellissimo Delicate Arch. Solitamente nella bella stagione vi è sempre una quantità spaventosa di persone che percorre questo sentiero, ma oggi invece le condizioni sono ideali, non c’è quasi nessuno e il terreno, asciutto e ghiacciato solo in pochissimi punti, ci consente di goderci la salita con grande rilassatezza. Arrivati in cima si spalanca al nostro incredulo sguardo un paesaggio di una bellezza e di una maestosità sbalorditive, che ci riempie gli occhi e il cuore di un’emozione quasi commovente. Il delicato grande braccio di pietra sembra sostenersi sul nulla e, incorniciato al suo interno, si apre un magnifico panorama su tutto l’anfiteatro sottostante. Durante la discesa riusciamo anche a scorgere alcune antilopi che rendono la nostra camminata ancor più gratificante. Le nostre emozioni però non sono ancora finite, ci dirigiamo al parcheggio dal quale partono i sentieri che portano alla South Window, alla North Window e al Double Arch. Saliamo agevolmente verso i primi magnifici monumenti di pietra sul facile sentiero da noi già percorso qualche anno fa, ma poi il nostro intrepido conduttore ci porta anche sul Primitive Trail, una deviazione un po’ meno agevole che ci fa passare in un magnifico ambiente alle spalle degli archi. Ubriachi di bellezza, prima di uscire dal parco facciamo un’ultima breve sosta al Balanced Rock, per assaporare ancora una volta la solenne atmosfera di questi straordinari paesaggi, nella luce dorata del sole che sta calando sull’orizzonte. Siamo davvero fortunati, anche oggi il tempo è splendido, soleggiato e limpido. Percorrendo la I70 verso ovest, ed entrando poi sulla UT24, una delle strade più panoramiche del paese, raggiungiamo la nostra nuova meta, il parco nazionale di Capitol Reef, un altro capolavoro geologico dai colori intensi e dalle forme più fantasiose: dirupi, cupole, cime vertiginose, canyon, mesas, ponti e archi naturali. Subito ci prepariamo ad affrontare una nuova camminata avventurandoci su di un sentiero denominato Hickman Bridge Trail, che ci porterà al cospetto dell’omonimo arco naturale per un nuovo fantastico pic nic. Salendo siamo incantati dagli ambienti che ci circondano, con i soliti cespugli di un delicato color verde salvia tendente quasi all’azzurro, e strane sfere nere di origine vulcanica che contrastano con il chiaro color seppia delle pareti rocciose. Siamo assolutamente soli, nella magnificenza di un magico silenzio, a pochi passi dal possente arco di pietra che ci osserva benevolo mentre consumiamo il nostro spuntino. Poco più avanti transitiamo nell’area di Fruita, lo storico villaggio mormone, la zona centrale del parco che ospita il Visitor Center e i grandi frutteti che in questa stagione però non hanno nulla da offrirci. Da qui inizia la Scenic Drive, lunga circa 11 chilometri, lungo la quale possiamo ammirare altre meraviglie come la Cattedrale, un monolito le cui forme ricordano un tempio dalle incredibili tonalità cromatiche, di color mattone scuro alla base che sfuma nel verde, e di color amaranto che si perde poi nel rosa nella parte più alta. Alla fine della strada asfaltata, sempre in beatissima solitudine, imbocchiamo una deviazione sterrata, la Capitol Gorge Road, che si inoltra in un canyon dal colore così intenso da rendere rossastra anche l’aria intorno a noi. Gli agglomerati rocciosi assumono fantasiose forme che ricordano palazzi, cattedrali o templi greci, con torri di pietra chiamate flauti, il cui colore rosso è interrotto da sottili striature bianche che avvolgono le colonne come un fine ricamo. Stanotte l’assordante silenzio dei canyons ha cullato dolcemente il nostro sonno. Oggi ci aspetta un lungo trasferimento verso nord, verso la capitale dello Stato, anche definita come il Vaticano dei Mormoni. Superiamo un passo a 2500 metri di altitudine, e poco più avanti, salutiamo definitivamente le ultime rocce rosse dello Utah che ci hanno così magnificamente accompagnato in questi giorni. Eccoci arrivati a Salt Lake City, una città relativamente piccola e gradevole, molto pulita e ordinata, circondata da tante interessanti attrazioni naturali e nella quale si trovano una serie di edifici sacri dall’aspetto a volte persino bizzarro. Nel luglio del 1847, il leader mormone Brigham Young, con la famosa espressione “This is the place”, elesse la valle del Grande Lago Salato come l’area dove si sarebbe stabilita la sua comunità religiosa ed oggi questo è sicuramente il luogo più significativo per comprendere la natura del mormonismo. Andiamo a cena in una delle più frequentate birrerie della città e, anche se la serata non è particolarmente gelida, , notiamo con sconcerto quanto siano calorosi questi americani, in giro leggerissimi, camiciola per lui, vestitino scollacciato per lei…mamma che freddo! Poco più a nord di Salt Lake City si trova il parco di Antelope Island, un’isola all’interno del Grande Lago Salato, che, in un’ennesima bella giornata di sole, raggiungiamo percorrendo l’Antelope Island Road, una sottile striscia di terra che passa al pelo dell’acqua. L’atmosfera che ci circonda è dolcissima e il silenzio è rotto solo dai richiami dei tanti uccelli presenti, e anche il paesaggio è dipinto di colori tenui e delicati. Il lago in parte ghiacciato è circondato da sabbia chiarissima, dal bianco della neve e da alcuni tratti di sale, mentre una cerchia di montagne avvolgono il panorama a 360 gradi. Raggiungiamo Buffalo Point, dal quale parte un facile sentiero che sale sulla sommità di una piccola collina e da quassù, immersi nella pace, possiamo godere di una vista privilegiata sul lago, sui lontani monti innevati, sull’alta cima che domina l’isola, e su alcuni placidi bisonti che si annoiano sulla riva della baia sottostante. Affrontiamo poi le lunghe 300 miglia che ci separano dalla meta odierna, la cittadina di West Yellowstone nello Stato del Montana ai confini occidentali dell’omonimo parco, puntando decisamente verso nord. Le basse montagne che delimitano le praterie che ci accompagnano lungo il percorso sono innevate, ma nelle pianure la neve lascia posto a strisce di verde dove si concentrano le mandrie delle succulente vacche americane. Deviamo sulla strada numero 20, che attraversa lo Stato dell’Idaho e che ci porta verso est tra ambienti sempre più carichi di neve. Sulla nostra destra in lontananza si intravedono le alte cime del parco del Gran Teton, mentre la strada comincia ad essere affiancata dalle piste sulle quali numerose motoslitte sfrecciano rombanti. Eccoci tornati a Yellowstone dopo 2 anni e mezzo dalla nostra visita estiva, il gioiello naturalistico che è stato forse il motivo principale che ci ha spinto ad organizzare questo viaggio. Alle 9 un piccolo mezzo cingolato parte alla volta del parco, il cui ingresso è poco lontano dal centro del paese. Anche oggi siamo assistiti dal bel tempo e gli ambienti magicamente innevati che sfilano intorno a noi, illuminati dalla luce di un sole ancora basso, sono a dir poco meravigliosi. Il vapore acqueo del Madison River che scorre a fianco della strada ha impreziosito i rami degli alberi di un sottile strato di ghiaccio, formando fantasiosi ricami di cristallo tra i quali il sole fa scintillare le sue lame di luce argentata. Il gatto delle nevi rallenta per permetterci di fotografare alcuni bisonti che stanno pigramente attraversando il fiume, e poco dopo raggiungiamo la Madison Junction, dove svoltiamo verso la zona dell’Old Faithful, il fedelissimo geyser più famoso del mondo, vicino al quale soggiorneremo per le prossime due notti. Per 16 miglia costeggiamo un altro fiume, il Firehole River, le cui acque sono più calde in quanto raccolgono quelle delle tante sorgenti termali di questa zona. Qui in inverno le mandrie di bisonti che in estate popolano la Hayden e la Lamar Valley vengono a scaldarsi le ossa, ed in effetti ne vediamo diversi, avvolti nel leggero vapore che sale dal corso d’acqua. Abbiamo giusto il tempo di entrare in albergo prima di metterci in attesa della prima esplosione del Vecchio Fedele, che, puntuale come sempre, innalza il suo bollente getto d’acqua verso il cielo riempiendo di stupore e di entusiasmo le molte persone presenti. Anche se il sole si sta un po’ velando, fortunatamente le temperature sono più gradevoli del gelo polare che avevamo temuto di trovare quassù, a circa 2300 metri di altitudine. Con un nuovo mezzo di trasporto chiamato snowcoach, una sorta di pullman dalle enormi ruote, guidato da una sorridente ranger, raggiungiamo il Midway Geyser Basin, un insieme di sorgenti termali dove si trova lo spettacolare Grand Prismatic Spring, l’indiscusso principe di tutti i bacini del parco. Indossiamo i ramponcini e camminiamo con attenzione sulle passerelle innevate, dove talvolta la neve si scioglie per poi righiacciare. Il sole nel frattempo è tornato ad illuminare la scena, ma il forte vapore che scaturisce dal contrasto tra l’acqua ribollente e la fredda aria esterna, arriva a folate a nascondere i fantastici colori delle sorgenti e delle piscine. Immersi in questa indescrivibile atmosfera, dobbiamo cogliere il fuggevole intervallo tra una folata e l’altra per fissare negli occhi, nella mente e nel mirino della macchina fotografica l’irreale trasparenza turchese delle polle, con il giallo, il verde o l’arancione che le circondano in concentrici arcobaleni, dando vita ad una vivace tavolozza di colori. Oggi la giornata sarà dedicata interamente ad una lunga escursione nella zona meridionale del parco, le cui strade formano 2 anelli, uno a nord e l’altro a sud, che si uniscono per qualche miglio formando un grande otto di circa 280 chilometri. Stamattina il bestione che ci trasporta sulle piste di neve battuta è condotto da una ragazza veramente brava, carina e simpatica e il nostro gruppo è composto da una dozzina di persone, tutte drasticamente americane. Sotto un cielo velato da leggere nuvole, ci dirigiamo verso sud , superiamo un passo a 2600 metri di altitudine e proseguiamo verso est raggiungendo il bacino termale di West Thumb. Da qui cominciamo a costeggiare l’immenso lago Yellowstone, che ci appare come una sconfinata, desolata distesa di un bianco immacolato. Quasi senza rendercene conto attraversiamo una delle vallate più belle del parco, la Hayden Valley, nella quale scorre lo Yellowstone River. In effetti però questo luogo idilliaco, che ricordavamo magnifico in estate con le sue praterie, i suoi bisonti al pascolo e il fiume che scorre serpeggiando tra le dolci colline, in tutto questo biancore non riesce a dare il meglio di sé. Le grandi mandrie si sono spostate verso la zona più calda e qui sembra essere rimasto un unico bisonte solitario, con il suo nero mantello riccioluto cosparso di neve. Ci fermiamo a lungo ad osservarlo mentre scava nella neve per cercare l’erba, affondando e muovendo a destra e a sinistra il suo testone come fosse un tergicristallo. Dopo 3 ore di viaggio arriviamo nell’area del Grand Canyon di Yellowstone e subito ci rechiamo al South Rim, il terrazzamento meridionale, dove si trovano 2 belvedere sul canyon e sulle Lower Falls, le cascate inferiori che precipitano nel vuoto con un salto di oltre 90 metri. A tratti un pallido sole fa capolino, accendendo la bellezza delle tonalità del giallo e del rosso che colorano le rocce che circondano questa maestosa gola, scavata dalla prorompente forza del fiume per 360 metri di profondità e 38 chilometri di lunghezza. Passiamo poi dai punti panoramici del lato opposto, da dove si vede e si sente rombare la potente cascata superiore e dai quali sicuramente si gode della più completa vista su questo grandioso e primordiale paesaggio. Riprendiamo il percorso completando l’intero grande anello meridionale del parco, e ad un tratto qualcuno avvista un coyote che spicca sul bianco della neve e che ci tiene compagnia per qualche minuto correndoci intorno. Superiamo il bacino termale di Norris, immettendoci poi ancora una volta sulla strada del Firehole River. Questa, quanto meno in inverno, è certamente la zona più affascinante del parco, e gli ambienti naturali che circondano il corso d’acqua sono davvero incantevoli. Persino la semplice immagine di alcuni cigni trombettieri e di diverse anatre, nel leggero vapore che scaturisce dalle calde acque del fiume, ci donano uno spettacolo naturale di estrema bellezza. Sostiamo nuovamente al Grand Prismatic, dove possiamo assaporare l’unicità di questo paesaggio, un paesaggio dantesco, con la flebile luce del sole che trapela tra le nuvole e tra gli odorosi vapori delle variopinte piscine, nel perpetuo rumore delle cascate e dell’infernale ribollire delle polle. In questa nuova giornata Yellowstone ci regalerà momenti davvero indimenticabili. Stanotte c’è stata una leggera nevicata, ma stamattina il tempo è stupendo, freddo e sereno, un clima ideale per goderci nel migliore dei modi le ultime ore del nostro soggiorno. Indossiamo i ramponi e raggiungiamo a piedi la vicina zona dell’Upper Geyser Basin, dove la forza geotermica del sottosuolo dà vita ad un mondo fantastico. La neve fresca rende ancor più magico il paesaggio, e la nostra camminata sulle passerelle che circondano le varie sorgenti termali ci riempie di incredula meraviglia ad ogni angolo. La bellezza delle polle, dei geyser, delle fumarole e delle piscine esplode nell’intensità dei mille colori dei minerali e dei microrganismi, esaltati dalla luce del sole. Bacini dai colori delicati nelle tonalità di grigio e di marrone, lasciano il posto a zone di colore più vivido, tra i quali il giallo e l’arancione sono i più surreali. In una piscina il verde smeraldo di una trasparenza cristallina è circondato da un tenue color albicocca, il tutto incorniciato dal bianco della neve e dal grigio traslucido del ghiaccio. Alcune polle ribollono, altre fumano, e in altre l’acqua limpida e immobile color azzurro cielo non lascia assolutamente sospettare la sua altissima temperatura. Nonostante l’Old Faithful Geyser non sia vicinissimo, la vista dell’esplosione del Vecchio Fedele in lontananza riempie il panorama di ulteriore suggestione. Siamo ammaliati da questo straordinario spettacolo ma, ahimè, è giunta l’ora di lasciare il parco. Con questo tempo splendido anche la strada che ci riporta all’esterno ci riserva stupende sensazioni. Vediamo molti animali, tra i quali tantissimi bisonti sparsi qua e là negli spettacolari ambienti intorno al fiume, in una foresta incantata ulteriormente abbellita dagli alberi innevati di fresco. Due coyotes ci tagliano la strada e ci corrono a fianco, mentre sulle sponde un airone cenerino e diversi cigni rosati contribuiscono a rendere il quadro davvero magnifico. Affrontiamo così l’ultima tappa del nostro viaggio, quella che ci porterà nella turistica località di Jackson Hole nello Stato del Wyoming. Ripercorriamo a ritroso un tratto di 50 miglia sulla 20 e poi svoltiamo sulla strada denominata Teton Scenic Byway. Le montagne si avvicinano rapidamente, sino a raggiungere un passo a circa 2600 metri di quota, dove i ripidi pendii abbondantemente innevati sono solcati da numerose tracce di sci alpinisti. Entriamo così in un altro grande parco nazionale, quello del Grand Teton, e quasi subito intravediamo in lontananza le mandrie di Cervi Wapiti, i maestosi cervi americani che ammireremo domani da vicino. Mentre al nostro sguardo si aprono immense praterie immacolate circondate dalle alte cime del parco, proseguiamo in direzione nord percorrendo tutte le 45 miglia che ci conducono sino al termine della strada, all’ingresso meridionale di Yellowstone chiuso per la stagione invernale. Quaggiù non c’è nessuno, solo uno sparuto gruppo di motoslitte, e così ci fermiamo a respirare a fondo l’ovattata atmosfera che ci circonda. Quasi per caso ci accorgiamo della vicinissima presenza di una bella volpe che, tranquillamente accovacciata, fa bella mostra di sé lasciandosi fotografare senza mostrare alcun fastidio… ciao fox! Nel ritorno, costeggiando lo Snake River, improvvisamente avvistiamo un altro animale sulla riva. E’ un coyote, o forse un lupo, che si sta placidamente specchiando nelle acque del fiume, regalandoci così un’altra indimenticabile immagine da portare a casa. E’ giunto l’ultimo giorno della nostra vacanza e il programma di stamattina prevede la visita del National Elk Refuge, un’area naturale protetta ai limiti del Parco Nazionale del Grand Teton. Qui durante l’inverno un’enorme quantità di cervi migra dalle zone più settentrionali, alla ricerca di queste immense pianure erbose, generalmente risparmiate dalle grandi nevicate. Saliamo su una slitta, un pesante carrozzone di legno trainata da 2 possenti cavalli, e in breve siamo vicinissimi all’enorme mandria di elk. Un ranger ci dice che in zona attualmente se ne contano circa 8.000, alcuni davvero maestosi, che esibiscono i loro regali palchi, le preziose corna che verranno poi raccolte e commercializzate dopo la loro caduta. Sono davvero belli, ma soprattutto sono davvero tantissimi, e questa forse e la cosa più straordinaria di questo luogo. Siamo ora pronti a sgranchirci le gambe e ad affrontare un ultimo trekking. Indossiamo ancora una volta gli indispensabili ramponcini e partiamo in direzione del Tagart Lake, uno specchio d’acqua incastonato tra le montagne. Nel frattempo le nuvole che stamattina offuscavano i panorami se ne sono andate, e il paesaggio intorno a noi è favoloso. La possente sagoma del Grand Teton ci sovrasta, stagliandosi coi suoi oltre 4.000 metri nel cielo blu, tra i rami delle betulle innevate…che meraviglia! Camminiamo su di una bella neve farinosa battuta dagli sciatori, sino a fermarci in un punto straordinariamente panoramico dal quale si scorge sotto di noi la bianca sagoma del lago. Non ci resta che guardarci intorno e goderci la bellezza di questo ambiente incantato, e tornare sui nostri passi immersi nella magia del bosco. Ritornati a Jackson Hole, proprio davanti al Visitor Center, scorgiamo, fotogenicamente appollaiata su di un ramo, una bella aquila dalla testa bianca che si lascia fotografare e che ci dà, in nome di questa stupenda natura, un ultimo saluto prima della nostra partenza. Torniamo a casa il 29 febbraio del 2020, un anno che si rivelerà come uno dei più drammatici della nostra storia. Ancora non ce ne rendiamo pienamente conto, ma abbiamo fatto appena in tempo a goderci questo entusiasmante viaggio, e tra pochi giorni saremo tutti malinconicamente bloccati nelle nostre case. Il nostro paese, ed in particolare la Lombardia, diventerà la terra martire del Corona Virus, presto cominceremo a vivere in un tempo sospeso, un tempo di ansie e di preoccupazioni, un tempo dal presente difficile e dal futuro incerto e chissà quando e come potremo rivivere ancora una così bella esperienza.


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Per sorridere un po

di Giuseppe Lurgio

* Un tizio, nel viottolo di accesso di casa sua, sta pulendo il giardino quando vede la sua bella e biondissima vicina andare alla cassetta delle lettere, aprirla, darle un'occhiata e richiuderla subito dopo, evidentemente contrariata. Poco dopo la ragazza esce nuovamente di casa, guarda nella cassetta delle lettere, la richiude con un colpo e rientra arrabbiatissima in casa. Alla terza volta il tizio le si avvicina e chiede: "Qualcosa non va?". "Tutto" – dice la biondona - "Quel maledetto computer continua a dirmi che è arrivata della posta ma vengo a vedere e non ci sta nulla, mi sa che si stia prendendo gioco di me.". * Tra due amiche: "Tuo marito è sempre geloso senza motivo?". "No!". "Non è più geloso?!?". "Sì, lo è sempre. Ma adesso almeno ha dei buoni motivi per esserlo!". * LEI: "Se io morissi all'improvviso, ti risposeresti?". LUI: "Certo che no...". LEI: "No? Perché no? Non sei contento di essere sposato?". LUI: "Beh, sì... che c'entra...?". LEI: "C'entra, perché non ti risposeresti se apprezzi il matrimonio?". LUI: "Vabbè, ok, mi risposerei, se ti può fare piacere...". LEI (con aria triste): "Ah, ti risposeresti...". LUI: "Beh, sì! Non parlavamo di questo?". LEI: "E tu dormiresti con lei nel nostro letto?". LUI: "E dove vuoi che la faccia dormire?". LEI: "E rimpiazzeresti le mie foto con le sue?". LUI: "Penso di sì... certo...". LEI: "E le lasceresti guidare la mia macchina?". LUI: "Beh, no, non ha la patente". LEI: - silenzio - LUI: "Oh no!". * La mamma a Pierino con tono da rimprovero: "Lo sai che cos'è lo studio?". "Sì, mamma, cibo per la mente". "Bravo! E allora perchè non ti metti a studiare invece di guardare la televisione?". "Mamma! Ma da oggi sono a dieta!". *Una gallina dice alle compagne: "Sapete una cosa? Stamane credo di avere avuto la febbre a 40". "Possibile? Te la sei misurata?" chiedono le altre galline preoccupate. "No,non lo misurata ma stamattina ho fatto un uovo sodo!". * Ciao Michele! Sei poi andato da quel dentistta che ti avevo consigliato? Sì Rita, ci sono andato la settimana scorsa!. Gli hai detto che sono stata io a dirti di andare da lui?. Certo che glielo detto. E lui ti ha trattato sicuramente con un occhio di riguardo,vero? Si Rita, infatti come gli ho fatto il tuo nome ha preteso che lo pagassi prima! * San Francisco. Due signore parlano dei rispettivi figli. La prima (orgogliosa): "Mio figlio e' laureato". La seconda (mestamente): "Mio figlio ha lasciato la scuola quando aveva 15 anni". La prima: "Il mio fa il dentista a Beverly Hills e guadagna quasi 600.000 dollari all'anno! Tuo figlio cosa fa?". La seconda: "Fa il gay a San Francisco!". La prima: "Il gay, a San Francisco?!?". La seconda: "Si'! E ha un sacco di amici! Uno, che fa il dentista a Beverly Hills, gli da' quasi 600.000 dollari l'anno!" * I denti, sono un pò come i numeri del lotto, si conoscono meglio e si apprezzano di piu' quando vengono estratti! * In una chiesa si sta tenendo il funerale di una donna. Alla fine della funzione, i portatori della bara, mentre escono dalla chiesa, inciampano in un gradino poco visibile, la bara cade e ne esce un debole lamento... Aprono il feretro e si scopre che la donna è ancora viva! Vive per altri dieci anni prima di morire. La cerimonia si svolge nella stessa chiesa della precedente e alla fine i portatori della bara escono nuovamente portando il feretro in spalla... Mentre camminano, si sente il marito che urla: "MI RACCOMANDO! FATE ATTENZIONE AL GRADINO!". * Passando per una strada parallela alla ferrovia un automobilista assiste a una scena alquanto curiosa. Sul prato antistante c'è un gruppo di mucche distese sulla schiena con le zampe all'aria. Oh Dio, pensa, sono morte? Stanno male? Lì vicino c'è un pastore che indifferente succhia un filo d'erba. Allora l'automobilista frena e preso dalla curiosità s'informa: "Scusi, ma che è successo? C'è stata una morìa, il virus della mucca pazza?". "Ma no - risponde flemmatico il pastore - Siccome oggi c'è lo sciopero dei treni, per non annoiarsi guardano gli aerei".


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Comunicati

La musica incontra il Vangelo La storia dei The Sun

di Martina Ortis

“Chi canta prega due volte”: così affermava S.Agostino, filosofo vissuto nel Medioevo. Al giorno d'oggi è possibile trovare collegamenti tra la musica e la religione per portare la Chiesa più vicina ai giovani del nuovo millennio? E' questo quello che cercano di fare i The Sun (Francesco “The President” voce, Gianluca “Boston” chitarra solista, Matteo “Lemma” basso, Riccardo “Trash” batteria) dopo una vita spesa in mezzo agli eccessi (droga, alcool e altre cattive abitudini) che troppo spesso rubano il futuro a giovani promesse della musica. Questo gruppo nasce dopo una lunga riflessione del cantante Francesco, raccontata nel libro La strada del sole disponibile nelle librerie: era il 2007, dieci anni erano passati da quando i Sun Eats Hours (vecchio nome della band) avevano fatto la loro entrata nel mondo della musica. Successo ed eccessi avevano provocato un grande cambiamento nell'animo dei ragazzi, soprattutto nel batterista Riccardo il quale doveva lottare contro il suo problema d'alcolismo. Fu un incontro in parrocchia vissuto da Francesco a cambiare radicalmente la sua visione del mondo e quella dei suoi amici: grazie alle parole che aveva ascoltato dai suoi coetanei quella sera, il cantante decise di riavvicinarsi al Vangelo e alla religione; questo portò molti cambiamenti all'interno della band: i testi sono passati dall’inglese all’italiano, il loro rock è diventato più leggero, nelle loro canzoni sono comparsi temi vicini alla fede. Le più famose etichette discografiche all'inizio guardavano con diffidenza questo cambiamento, ma in poco tempo i ragazzi trovarono sostegno per questo loro nuovo inizio e riuscirono a pubblicare nuovi cd col loro rinnovato nome: non più un sole che mangia le ore, ma che splende sempre nonostante le difficoltà della vita. Consiglio a tutti voi di ascoltare con attenzione le loro canzoni, facilmente reperibili su youtube, e le parole che condividono con il loro pubblico nei molti concerti testimonianza che fanno in giro per l'Italia. Parole semplici che cambiano il cuore e che arrivano fino ad accarezzarti l'anima.


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La Girobussola non si ferma!

di Paolo Giacomoni

Care amiche e cari amici, Noi stiamo lavorando! Non vi sembra? Allora vi dico: Sono già online "conosci Bologna" e "conosci Siena" e da oggi anche "conosci Berlino". Sono testi e musiche per conoscere meglio queste città: non male! Cliccate qui: http://www.gruppoemiliano.it/conosci.htm Poi abbiamo messo a punto un accordo col Tour operator Viaggi e Miraggi per ampliare la nostra offerta con proposte di turismo responsabile ed accessibile non appena ci si potrà muovere; Infine stiamo preparando delle guide passo passo all'esplorazione delle nostre ormai numerose mappe a rilievo, cosicché anche da casa potrete, seguendo le descrizioni, esplorare autonomamente monumenti, città, Paesi e territori. Poi, come voi, anche noi aspettiamo la tanto attesa "fase 2"... E intanto stiamo in casa, neanche sul balcone! Tanto, oggi piove! A presto e buona vita! Per La girobussola Onlus Paolo Giacomoni 051 614 28 03 - 334 83 00 187 www.lagirobussola.com


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Sorriso e cecità… un binomio che fa sorridere

di Sabrina Baldin

Mi presento, sono Sabrina Baldin, non vedente o meglio cieca assoluta. Sono sposata ormai da 22 anni con una persona vedente, lavoro al Messaggero di sant’Antonio di Padova dove seguo prioritariamente un progetto per le persone non vedenti e ipovedenti. Sono una persona attiva e mi piace se mi è possibile fare qualcosa per gli altri. Amo la vita e credo sia fondamentale cogliere le opportunità che questa ci presenta. Nel 2009 sono stata coinvolta in un’avventura assai particolare…. un mese prima della chiusura di una campagna elettorale nel mio comune mi è stato chiesto di dare una mano per preparare il programma del sociale tema a me molto caro. Ho accettato di buon grado e mi sono ritrovata a rivestire il ruolo di assessore con diverse deleghe oltre a quelle del sociale e, al secondo mandato ho rivestito anche la carica di vicesindaco. Grazie a questo impegno, ho avuto modo di conoscere tante persone fra le quali un’associazione con sede a Padova che si chiama “dottor clown Padova” che presta servizio a titolo di volontariato, in ospedale. Nello specifico la mission di questa associazione è regalare un sorriso alle persone ricoverate in ospedale in particolar modo, a Padova nei reparti di pediatria compreso quello di oncoematologia pediatrica e a Piove di Sacco nei reparti di geriatria e medicina. Inoltre, noi volontari clown, facciamo delle uscite di sensibilizzazione in scuole e aziende, andiamo in strutture per anziani e disabili quando ci contattano, partecipiamo ad eventi di sensibilizzazione anche nelle piazze, proponiamo qualche spettacolo preparato nella nostra semplicità per intrattenere magari un simpatico pubblico di persone disabili con i loro familiari, insomma dove è richiesta la nostra presenza, cerchiamo di partecipare. È un’associazione che mi ha sempre affascinato per la sua organizzazione, per la formazione dei volontari e per la missione sorriso. Ho organizzato con loro vari eventi e mi ero ripromessa, non appena avessi avuto tempo e qualora ci fosse stato un corso, di provare ad entrare a far parte di questo mondo. Nel 2018 hanno aperto le selezioni alle quali mi sono iscritta. Non vi nascondo che avevo un po’ di timore, non conoscevo nessuno se non qualche vecchio clown. Quel sabato mi sono fatta accompagnare presso la sede dell’associazione da una persona che neppure conoscevo insomma un appuntamento al buio vero e proprio! La giornata è stata impegnativa ma è andata bene nel complesso. Dopo Natale ci ahnno comunicato il risultato, eravamo circa in 50 e siamo passati in 24… C’ero anch’io tra quei 24 ero felicissima anche se mi era stato detto che anche da parte dei formatori c’era un po’ di timore e quindi che non potevano sapere se il corso avrebbe avuto esito positivo visto il mio handicap. E invece… è andato tutto benissimo e a giugno 2018 al termine di un percorso alquanto impegnativo con tanto di esame finale, ho ricevuto il mio naso rosso, un’emozione grandissima. Durante quei sei mesi è stato uno scambio reciproco, io ho ricevuto dai normodotati e io ho cercato di dare a loro quello che potevo. Tra noi che frequentavamo il corso, si era creato proprio un bel clima, un gruppo variegato di diverse età accomunati tutti da un unico e solo obiettivo: donare un po’ del nostro tempo a coloro che stanno vivendo momenti di sofferenza. Ho scelto come nome clown “dottoressa girasole”, un po’ per i colori solari del girasole ma anche e soprattutto perché il girasole è un fiore che se anche “cade”, trova sempre il modo per rialzarsi! Io, abitando, più vicina all’ospedale di Piove di Sacco, presto servizio proprio qui, nei reparti di geriatria e medicina. Vado ogni settimana il mercoledì ma se il gruppo del venerdì ha bisogno perché ci sono pochi clown, vado a dare una mano. Sento questa missione talmente mia, che non mi sono mai creata il problema di non vederci. Si esce sempre in coppia o in 3 qualora il numero dei presenti sia dispari. Mi sento a mio agio e, spesso, è più quello che ricevo dai pazienti che quello che riesco a dare. Noi non facciamo domande, non sappiamo e non vogliamo sapere la malattia delle persone, per noi sono tutti uguali e cerchiamo di fare del nostro meglio, regalando sorrisi e un po’ di compagnia, soprattutto agli anziani soli. Ho il mio camice clown anzi ne ho due: uno me lo ha dipinto una mia cara collega purtroppo da poco scomparsa e l’altro la sorella di una mia amica dottor clown. Come gli altri ho i miei oggetti clonw, il mio abbigliamento colorato e gli accessori che vanno a completare il clown. La formazione è continua in quanto a volte non è facile entrare in determinate dinamiche. Mi dicono tutti che sono molto disinvolta e questo credo sia dovuto al fatto che la cecità per me non è un problema è un limite che ho accettato e cerco, in ogni situazione, di mettere a proprio agio il mio o i miei interlocutori. Ognuno di noi ha i propri limiti, ma i limiti possono diventare delle grandi risorse. In questo periodo nel quale non possiamo andare in ospedale a fare il nostro servizio, a causa del Coronavirus, vi confesso che mi manca molto. A volte succede che quando vado a turno il mercoledì, sia un po’ stanca e magari, passatemi il termine, “scarica…” Invece a fine turno sono veramente rigenerata e la stanchezza…. un lontano ricordo! Sì, perché quello che condivido con i miei amici clown, gli incontri con i pazienti, sono davvero linfa vitale e a quel punto mi ripeto che sono davvero molto fortunata. L’associazione dottor clown Padova, si ispira a Charlie Chaplin, in particolare ad una frase che io trovo molto significativa: “un giorno senza un sorriso è un giorno perso”. Concludo con una piccola e umile riflessione personale. Quando ci alziamo al mattino salutiamo il nuovo giorno con un sorriso, in fondo la vita è il più grande dono che abbiamo ricevuto e un sorriso ci aiuta a superare anche quei momenti che ci sembrano invalicabili. Sorridiamo a questa vita anche quando affrontiamo la buia notte perché dopo di essa, splenderà sempre un nuovo giorno!


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Il villaggio del fanciullo S. Antonio a Matera Un qualificato servizio di carità, di formazione umana e sociale

di P. Angelo Sardone, rogazionista

1. Premessa Agli inizi degli anni ’50 del secolo scorso, mons. Vincenzo Cavalla, arcivescovo di Matera, aveva sentito parlare di una esperienza singolare che dal 1946 era stata avvia-ta a Bari, con il “Villaggio del Fanciullo S. Nicola”, una struttura aperta dai Padri Roga-zionisti nei pressi del Policlinico. Essa ricopiava l’impostazione che il 1917 l’americano padre Eduard J. Flanagan aveva dato istituendo nel Nebraska la “Città dei ragazzi”, un centro di accoglienza per l’infanzia abbandonata, divenuta il 1938 anche un celebre film con Spencer Tracy. Era stato incaricato P. Mario Labarbuta, un sacerdote della Congre-gazione dei Rogazionisti ed i risultati erano lusinghieri. L’arcivescovo ebbe pertanto l’idea di avviare anche a Matera una esperienza analoga per ragazzi bisognosi esposti al disagio della povertà e dell’orfanità. Il “risanamento dei sassi” a Matera, come voluto dall’on. Alcide De Gasperi con la realizzazione di moderni insediamenti, portò a privilegiare il rione “Lanera” sulla col-lina, dove si trasferirono i materani delle abitazioni caveose certamente di grande origi-nalità, ma con tutti i risvolti sociali di povertà ad ogni livello. Mons. Giacomo Palom-bella, arcivescovo di Matera dal 1954, volle i Rogazionisti nella città dei sassi, desti-nando per la costruzione di un villaggio per i fanciulli, un ettaro e mezzo di terreno, ap-partenente al Capitolo Metropolitano della diocesi di Matera. Sindaci e Prefetti di allora concorsero con i loro interventi alla positiva realizzazione di questa idea. Con la presta-zione di architetti, ingegneri e progettisti in breve i lavori partirono. Collaborò anche don Luigi Sturzo il celebre meridionalista che attraverso il Comitato permanente per il Mezzogiorno, fece pervenire i fondi per la costruzione dell’Opera di redenzione sociale dell’infanzia e dei minori del territorio materano, autentici “sciuscià”, per toglierli dalla strada e dalla miseria. 2. Nasce il Villaggio del fanciullo Il 19 settembre 1958 è la data di nascita del Villaggio del Fanciullo, cuore e pun-to di riferimento dell’intero quartiere Lanera. Lo si volle dedicato a S. Antonio di Pado-va, che il Santo Fondatore della Congregazione dei Rogazionisti, Annibale Maria Di Francia, aveva eletto celeste provveditore della sua Opera di carità. Sono celebri alcune espressioni del vicario generale del tempo, mons. Marcello Morelli che inneggiava alle braccia ed ai cuori dei “Rogazionisti che si sono fermati a Matera” fidenti nella provvidenza ed anche nella “immancabile cooperazione fraterna”. All’inaugurazione disse: «Lo chiamiamo Villaggio del fanciullo: non convitto, non casa di rieducazione, ma comunità, famiglia che a ragazzi sbandati e sprovvisti di pane e tet-to e luce e verità… per il loro reinserimento nella comunità degli uomini liberi». Ed an-cora più responsabilizzanti quelle dell’arcivescovo rivolge ai Rogazionisti: «Accettatela la nostra fiorente primavera di vita: preservatela dai venti del vizio e del peccato; porta-tela a feconda fruttificazione; ridonatela a Cristo, alla Patria, a Matera. E la grande re-sponsabilità che vi assumete non faccia tremare la vostra anima!» Fu costituita la prima Comunità religiosa con il Superiore P. Pietro Argentieri, P. Oronzo Putignano coordinatore dei minori ed un religioso laico, fratello Salvatore La-barbuta, assistente dei ragazzi. Fin dagli inizi i materani ritennero la nuova fondazione profondamente legata alla città ed alle aspettative religiose e sociali che la novità dell’istituzione adempiva. L’attenzione voleva essere particolarmente per i piccoli più diseredati dal punto di vista sociale, culturale, religioso, ambientale. Il Villaggio doveva essere proprio la casa per loro, i fanciulli tolti dalla strada e dalla miseria e trasmettere loro i valori più autentici della vita, della fede, della moralità. Per dare ai ragazzi una concreta possibilità di lavoro, già il 19 novembre 1958 si avviarono i primi corsi di Formazione Professionale aperti anche ai giovani della città, per elettricisti e meccanici, per poter offrire una modalità concreta di apprendimento e di inserimento fattivo nel mondo del lavoro, ed un doposcuola con 65 utenti. Negli anni successivi i giovani raggiunsero il numero di 95 tutti interni, cui si aggiunsero 59 iscritti esterni. Le specializzazioni furono molteplici: meccanici, elettricisti, idraulici, autocar-rozzieri, periti chimici restauratori d’arte apprendisti musicali etc. A tutta la suppellettile ci pensò l’arcivescovo e tanti benefattori divenuti imme-diatamente amici e simpatizzanti del Villaggio. Con celerità i ragazzi raggiunsero il numero di 35 unità, frequentanti le Scuole Elementari e quelle di Avviamento. Il 4 ottobre 1959 fu inaugurato il Viale Annibale Maria Di Francia che porta al Villaggio, con la presenza e la partecipazione dell’On. Emilio Colombo, ministro dell’Industria e del commercio. Nel 1960 con la direzione del maestro Salvatore Caramia nacque anche la banda musicale formata dai ragazzi del Villaggio. Per la loro semplicità e bravura presto in-cantarono Matera, prestando il servizio di strada e di palco soprattutto in occasione della festa di S. Antonio con marce e pezzi lirico-sinfonici. Agli inizi degli anni ‘70 usufruendo della disponibilità di un appezzamento di terra e di un grande salone a Scanzano, nei pressi del mare Jonio, si istituì la Colonia marina per i ragazzi. A partire dal 10 dicembre 1970 prese avvio la stampa antoniana propagandistica del Villaggio con la testata “S. Antonio” tuttora attiva. Negli anni ’80 le strutture pedagogiche e formative che sino ad allora avevano privilegiato gli orfani tradizionali, si aprirono anche ai minori con disagi economici, af-fettivi e sociali e quelli col diritto allo studio che non potevano usufruirne nei loro paesi di origine e avevano difficoltà a raggiungere Matera per le difficoltà orografiche del ter-ritorio. Si adeguarono pertanto alla nuova tipologia voluta dalle istituzioni, i servizi so-ciali che segnalavano i ragazzi, per consentire loro un tenore di vita più familiare. Ne furono protagonisti particolarmente P. Antonio Ricciardi che era stato anche economo e dimorò presso il Villaggio per 18 anni, certamente uno dei Superiori più attenti alla col-tivazione dei valori essenziali della vita e P. Antonio Di Tuoro che con la sua creatività umana e pastorale portò il Villaggio ulteriormente alla ribalta sulla scena cittadina e diocesana. Il Villaggio si aprì anche alla collaborazione degli obiettori di coscienza. Il 2007 cambiò il modulo pedagogico. Il nuovo superiore P. Giovanni Brizio Greco, con un interessante convegno tenuto al Palazzo Lanfranchi, rilanciò il Villaggio con la costituzione di 2 Comunità educative per minori con una presenza complessiva di oltre una ventina di ospiti e relative equipe formative. L’esperienza è andata avanti fino al 2014, sostituita nell’ottobre 2016 da un’altra opera la “Casa di accoglienza per mamma e bambino” per donne in difficoltà anche economiche, vittime di violenza e si è conclusa ad agosto del 2019. Sarà prossimamente sostituita dal Centro diurno per ra-gazzi disabili con laboratori, gestito dalla Cooperativa materana “Oltre l’arte”. Oltre i diversi superiori che si sono succeduti, è stata sempre significativa la pre-senza di sacerdoti, gregari ma non di secondaria importanza per l’azione educativa, e dei fratelli religiosi Coadiutori, efficaci collaboratori nell’arte formativa ed assistenzia-le. Il Villaggio del fanciullo è situato in una posizione davvero strategica dal punto di vista urbanistico, sociale e civile e risulta un crocevia di flussi soprattutto extraurbani. Una quindicina, tra strade e contrade, delimitano il perimetro confinale del suo territo-rio, nel quale insistono ben 8 istituti scolastici, dalla scuola media ai vari licei ed istituto alberghiero, il Centro direzionale della Regione Basilicata, la sede dell’Università di Matera e, sulla collina del castello Tramontano, la casa di spiritualità S. Anna, e, fino a qualche anno fa, l’ospedale civile. 3. La parrocchia-santuario di S. Antonio Il 1° gennaio 1960 mons. Palombella eresse ed affidò ai Padri Rogazionisti la parrocchia S. Antonio di Padova, accanto al Villaggio, dotandola di fedeli provenienti dallo smembramento della parrocchia di S. Rocco e dal Rione dei Sassi. La posa della prima pietra risale al 10 giugno 1962, con la benedizione dell’arcivescovo, alla presenza del prefetto di Matera, dei parroci della città, delle massime autorità civili e militari co-munali e provinciali, degli istituti religiosi e delle organizzazioni cattoliche, di una folta schiera del popolo di Dio, della banda dei ragazzi del Villaggio del Fanciullo e della Comunità religiosa. L’edificio sacro fu costruito dal Genio Civile di Matera nei mesi successivi dall’Impresa Belgrano. La documentazione storica rogazionista lo definisce “un bellissimo e moderno santuario dedicato a S. Antonio di Padova, presso il Villaggio del Fanciullo” … che do-veva essere “la parrocchia del fiorente Rione Lanera”. La consacrazione della chiesa avvenne lunedì 3 giugno 1963, primo atto della preparazione immediata alla festa di S. Antonio di Padova nella ricorrenza del VII centenario dell’esumazione del corpo del santo Taumaturgo, ed inserita in un fitto programma di manifestazioni messo a punto dal superiore del tempo, P. Michele Ferlisi. Quella prima celebrazione eucaristica alla presenza del popolo del Rione Lanera e di molte autorità civili e religiose, risultò “uno spettacolo che riempie di gioia tutti”. La domenica successiva, 9 giugno, nel corso della novena a S. Antonio, il predi-catore, mons. Aldo Forzoni, vescovo di Teggiano, procedeva alla benedizione delle campane. La conclusione delle manifestazioni veniva sancita dalla riuscitissima festa di S. Antonio celebrata la domenica 16 giugno, dalla processione del simulacro per le stra-de della Città. «Non si esagera - commenta entusiasta l’anonimo citato cronista - se si afferma che tutta la popolazione di Matera si sia riversata nel pomeriggio nel Rione Lanera e sia passata nella nostra chiesa per breve preghiera». Da allora, in questo lembo di alture della Città dei Sassi, ad opera dei Rogazionisti e di numerosi laici gio-vani ed adulti, si è sviluppato un inteso e qualificato apostolato pastorale e parrocchiale che ha camminato sempre di pari passo con altrettanto servizio caritativo e socio-educativo reso dal Villaggio del Fanciullo S. Antonio a beneficio di ragazzi provenienti dall’entroterra lucano, con particolari situazioni di vita e col diritto allo studio. Per tanti anni il gruppo di Comunione e Liberazione ha trovato nella chiesa parrocchiale un pun-to di riferimento formativo e liturgico. La parrocchia non è popolosa numericamente, ma vivace ed attraente per le mol-teplici iniziative spirituali, formative e carismatiche, ad opera dei confratelli parroci sus-seguitisi, a cominciare da P. Michele Ferlisi, P. Salvatore Sottile che ha lasciato un’orma indelebile nel cuore della gente per la sua bontà e semplicità, P. Giuseppe De Vito, P. Giuseppe Sergio P. Mimmo Dabrescia, P. Angelo Laddaga, P. Antonio Paciello attuale dinamico ed intraprendente parroco. L’elemento che caratterizza la significatività della sua identità ed azione oltre il servizio pastorale, è il culto e la devozione al santo taumaturgo padovano che continua ad attirare l’intera popolazione materana e dei dintorni non solo in occasione della festa a giugno. L’aula liturgica aperta giornalmente, è meta continua di devoti giovani ed adulti che sostano in preghiera. In questi ultimi anni, particolarmente a seguito della canoniz-zazione, accanto a S. Antonio, si è ulteriormente sviluppato il culto a S. Annibale Maria Di Francia, apostolo della preghiera per le vocazioni e padre degli orfani e dei poveri. 4. Conclusione La vicinanza e la stima dei vari arcivescovi nei confronti della parrocchia e del Villaggio, come anche quella delle istituzioni sociali, civili e militari, e soprattutto la vi-cinanza e l’apprezzamento della gente comune, conferma e sostiene l’esercizio, non sempre facile, del servizio sociale e del ministero carismatico soprattutto nelle attuali difficoltose circostanze economiche e sociali che mentre, da una parte evidenziano vi-stose falle e producono emergenze continue, dall’altra richiedono tempestività, intelli-genza, fede, costanza e generosità nelle attività socio-educative aldilà della mera filan-tropia e dell’assistenzialismo. P. Angelo Sardone, rogazionista an.sardone@rcj.org Villaggio del Fanciullo Padri Rogazionisti "S. Antonio" Viale Carlo Levi, 2 75100 Matera ______________ Telefono e Fax: 0835 336141 Email: vilfanmatera@libero.it Email: matera@rcj.org


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