Giovani del 2000

Giovani del 2000

Informazione per i giovani del III millennio

ANNO XXIV numero I (84) marzo 2022

Direttore
Alessandra Delle Fave
Vice Direttore
Maurizio Martini
Capo Redattore
Mario Lorenzini
Redattori
Massimiliano Matteoni
Luigi Palmieri
Giuseppe Lurgio
Sito web
Mario Lorenzini
sede
via Leonardo Fibonacci 5, 50131
Firenze (FI)
Telefono e fax 055 580523
E-Mail redazione@gio2000.it
Sito internet www.gio2000.it
Tipologia: periodico trimestrale
Pubblicazione registrata presso il Tribunale di Firenze al n. 4197 del 26.06.2000

Gli articoli contenuti nel periodico non rappresentano il pensiero ufficiale della redazione, ma esclusivamente quello del singolo articolista.

Rubriche


In questo numero:

Editoriale
Ma dove sono le emergenze? di Mario Lorenzini
Cucina
Edizione speciale di Giuseppe Lurgio e Rossana Badaschi
Cultura
Le grandi eresie del Cattolicesimo di Stefano Pellicanò
Il mare dentro di Maria Teresa Montanaro
Cronopatia: l’ossessione di approfittare del tempo di Lista Mente gruppo Sublimen
Perchè sognamo? di Lista Mente gruppo Sublimen
Filosofia
Cammino di Alessio Begliomini
Informatica
Windows 11 il nuovo sistema operativo di Microsoft: Eseguire l’upgrade o (tentare di) non aggiornarsi? di Mario Lorenzini
Il mito crollato: Da CEO della numero uno del software a spietato imprenditore finanziatore di losche aziende di Mario Lorenzini
La moneta digitale ci salverà? Attenti alla tecnologia di Mario Lorenzini
Medicina
La dieta per i diverticoli di Stefano Pellicanò
Novità in Farmacopea: XXIII parte di Stefano Pellicanò
Novità in Medicina: XXIII parte di Stefano Pellicanò
Novità in Sanità Pubblica: XIV parte di Stefano Pellicanò
Maschera alla fragola di Anadela Serra Visconti
Massaggio e automassaggio di Anadela Serra Visconti
Racconti e poesia
Arriva Tazio di Antonella Iacoponi
Il drago di Giuseppe Furci
Il pianto di Laika di Stefano Pellicanò
Io sono raro di Paula Morandi Treu
Riflessioni e critiche
In memoria del prof. Dante Bassetti (1940- 2005) e del prof. Luc Montagnier, premio Nobel della Medicina 2008 (1932-2022) di Stefano Pellicanò
Il signor D. E il mio benessere psicofisico di Annalisa Conte
In Italia la Costituzione e la Democrazia sono… sospese! di Stefania Doronzo
Tempo libero
La socialità di Martino Troncatti di Giuseppe Lurgio
Anche i non vedenti giocano a baseball! di Matteo Comi
Per sorridere un pò di Giuseppe Lurgio
Libri
Le persone non servono - Lavoro e ricchezza ai tempi dell’intelligenza artificiale di Mario Lorenzini
DIMMI COME SOPRAVVIVERE CON MIO FIGLIO! di Giuseppe Lurgio e Andrea Giachi
Manuale di igiene e profilassi di Stefano Pellicanò
Comunicati
Aggiornamenti di Girobussola di Paolo Giacomoni
Antonio Quatraro, ex direttore del giornale e grande uomo. La sua scomparsa a cui nessuno avrebbe mai pensato di Mario Lorenzini

Editoriale

Ma dove sono le emergenze?

di Mario Lorenzini

Da due anni il paese è sotto uno stato di emergenza sanitaria. La COVD-19 non se n’è ancora andata? E chi lo sa, qualcuno potrebbe rispondere. Molti direbbero fermamente di no, un’altra porzione della popolazione pensa di sì. Partiamo dalla considerazione che si definisce emergenza un qualcosa che appunto, emerge, cioè viene fuori inaspettato e contro cui non siamo preparati. Oggi, 2022, sappiamo con cosa abbiamo a che fare, non da ieri, quindi non esiste più quella condizione. Il nostro governo è sembrato dapprima incapace a contrastare efficacemente la pandemia: Lockdown, coprifuoco, distanziamento sociale. Poi sono arrivati i “vaccini”. Ed è stata subito corsa alla protezione, intesa dal nostro ministro della salute come unica via di uscita dal virus presente. Nel frattempo, abbiamo assistito al fenomeno, purtroppo ancora in corso: la deplorevole discriminazione verso chi non si è inoculato il siero. Le disquisizioni sulla validità o sicurezza del trattamento non sono argomento di queste poche righe, le lascio volentieri ai medici. Certo preferirei che questa scienza si rendesse credibile. Uno scienziato ha un compito da assolvere che lo porta ad essere assorbito per molte ore nel suo studio, nel suo laboratorio, dove sperimenta, confronta, teorizza. È così che si rende attendibile. Non ha tempo per scrivere brevi post su FB o apparire frequentemente su varie emittenti televisive o giornali. Le “virostar”, termine coniato fresco fresco, hanno inteso proporre la loro verità così come si fa negli spot pubblicitari. Ahimè, in molti casi, ci sono riusciti. Perché oggi non si presta attenzione ai contenuti, ma alla loro veste esteriore, siamo in fondo superficiali, non abbiamo tempo per approfondire. E queste star si sono proposte come saltimbanchi pubblicitari piuttosto che esperti in infettivologia. Molti hanno dato loro credito, ma qualcuno ha dubitato. Oggi ci ritroviamo con quasi 5.000.000 di over 50 non inoculati; una scelta direi da rispettare di fronte a una primizia da assumere come cura e una condizione della curva epidemiologica in netto miglioramento da settimane. Siamo in adorazione di un governo che calpesta la Costituzione (v. articolo su questo numero) continuamente, addirittura vorrebbe modificarla, cosa eccezionale che non può essere fatta da un giorno all’altro, ma prevede un iter parlamentare complesso, proprio a tutela di quella democrazia che i padri fondatori della Repubblica italiana hanno conquistato dolorosamente. Lo stato di emergenza sanitaria è ormai inconsistente, ma anche la diafana “emergenza umanitaria” rappresentata dalla guerra in Ucraina non ha eguali in paesi più vicini al conflitto come Romania, Ungheria o Polonia. L’auspicio è che tutto questo cessi. La guerra, le emergenze, e tutti gli “annessi e connessi”, come le restrizioni e l’obbligo vaccinale di cui non ce più così bisogno. Torniamo alla normalità, alla vita, una volta per tutte.


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Cucina

Edizione speciale!

di Giuseppe Lurgio e Rossana Badaschi

Un saluto a tutti voi che con interesse seguite da tempo questa rubrica dedicata al cibo. Di norma queste pagine spaziano dalla storia, agli usi, alle proprietà organolettiche e medicamentose di un determinato alimento per finire con una serie di facili ricette. Questa premessa serve solo per dirvi che, in questo numero, farò un’eccezione alla regola e vi proporrò una serie di ricette cosiddette “salutari” che la dottoressa Rossana Madaschi nutrizionista e dietista da anni nostra apprezzata articolista ci ha gentilmente offerto. Buon appetito e, buona salute! 1) Farinata profumata alle verdure Ingredienti * 540 grammi di acqua * 160 grammi di farina di ceci * verdure di stagione a piacere: 2 carote, mezza cipolla, mezzo porro, 2-3 foglie di cavolo, una punta d'aglio, un rametto di rosmarino fresco (o altri aromi) * un cucchiaio di olio extra - vergine di oliva * sale q.b. Preparazione In una ciotola ponete la farina di ceci, aggiungete la quantità di acqua indicata, frullate e lasciatela riposare per una decina di minuti. Nel frattempo, lavate, mondate e tagliate tutte le verdure: le carote a julienne, la cipolla a fettine sottili, il porro a mezzaluna, il cavolo a striscioline sottili e preparate un trito di rosmarino e aglio. Scaldate una pentola antiaderente, aggiungete un cucchiaio di olio extra-vergine di oliva, unite le verdure e fate cuocere qualche minuto a fiamma viva. Ultimate la loro cottura, condite con il sale e distribuite le verdure su una teglia foderata con la carta da forno; versate la pastella e cuocete a 220 °C (preferibilmente con il forno ventilato) per circa 20 minuti. 2) Farrotto con pinoli e zafferano Tempo di preparazione: 40 minuti Ingredienti * 300grammi di farro perlato * 40grammi di pinoli * 300grammi di verdure di stagione * 3 cucchiai di olio extravergine di oliva * una bustina di zafferano * sale (q. b.) Preparazione Lavate le verdure e tagliatele in modo sottile. In una pentola ponete l'olio extravergine di oliva e fate insaporire i vegetali per alcuni minuti. Unite il farro precedentemente sciacquato e aggiungete una quantità di acqua calda e salata pari al doppio del volume del cereale; cuocete a fiamma bassa con coperchio per circa 30 minuti. A cottura quasi ultimata stemperate a parte lo zafferano in poca acqua, unitelo al farro e aggiungete i pinoli. Prima di servire condite con un filo d'olio extravergine di oliva. 3) Maionese senza uova (no latte, no uova, no glutine, no colesterolo, vegetariana/vegana) Tempo di preparazione: 2 minuti Ingredienti * 250 grammi di olio di girasole * 100 grammi di latte di soia * 2 1/2 cucchiai di aceto di mele * un cucchiaino di sale integrale * un cucchiaino raso di curcuma * un pizzico di pepe Preparazione Versate il latte di soia in un bicchiere da mixer, aggiungete l'olio di girasole, l'aceto di mele, la curcuma, il sale, un pizzico di pepe e frullate tutti gli ingredienti per qualche istante sino a ottenere la consistenza desiderata. Ponete la salsa in frigorifero per 2-3 ore e utilizzatela nelle varie preparazioni come la maionese classica. Si conserva in frigorifero per circa 2 giorni. Per la buona riuscita della ricetta è importante utilizzare gli ingredienti alla stessa temperatura. 4) Crema deliziosa di anacardi (no latte, no uova, no glutine, no colesterolo, vegetariana/vegana) Tempo di preparazione: 2 minuti (e 12 ore di ammollo preventivo degli anacardi) Ingredienti * 250 grammi di anacardi * 5-6 cucchiai di acqua * un cucchiaino di olio di mais (facoltativo) * un cucchiaino di aceto di mele * un pizzico di sale integrale Preparazione Mettete in ammollo gli anacardi per circa 12 ore. Trascorso questo tempo, scolateli, poneteli in un frullatore, aggiungete tutti gli altri ingredienti e frullate nuovamente sino a ottenere una crema spalmabile (si consiglia di frullare a intermittenza per non surriscaldare troppo il composto). Questa preparazione si può utilizzare per farcire panini, come salsa per antipasti, per condire primi piatti, secondi o per accompagnare verdure crude e cotte. Si conserva in frigorifero per 4-5 giorni. 5) Cuore di cioccolato fondente" Ingredienti * 400 grammi di cioccolato fondente * mezzo bicchiere di acqua * 6-8 cucchiai da minestra di fiocchi d'avena * 50 grammi di cocco in scaglie * zucchero a velo (facoltativo) Preparazione Ponete il cioccolato spezzettato in una pentola, unite l'acqua e fatelo sciogliere lentamente a fuoco basso (attenzione a non farlo attaccare sul fondo); incorporate i fiocchi d'avena e il cocco. Versate il composto su una teglia ricoperta con la carta da forno e aiutandovi con un cucchiaio inumidito formate un cuore. Mettete in frigorifero per circa 2 ore. Rimuovete la carta da forno, disponetelo su di un piatto e cospargete la superficie con lo zucchero a velo.


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Cultura

Le grandi eresie del cattolicesimo

di Stefano Pellicanò

Alle origini il Cristianesimo ha presentato un assetto ideologico-dottrinale non sempre coeso almeno fino al grande Concilio ecumenico di Nicæa I [Nicea], (325) e poi Constantinopolis (381), Efeso (431) e Chalcedonia (451) avvalorato dalla comparsa dei Vangeli Apokryphos o apocrifi, cioè sconosciuti o segreti e non nel senso di non autentici come inteso dopo il III sec. con la compilazione di testi ortodossi dogmatici. Così tra II - IV sec. avvenivano feroci discussioni e/o risse per le diverse interpretazioni dottrinali su anima, Trinità, Madonna, Vangeli e natura dello Spirito Santo ma talvolta la lotta agli eretici era un intreccio politico-religioso utilizzato per eliminare chi minacciava il potere imperial-spirituale come confermato talvolta in base al contesto storico che le eresie venivano prima condannate in appositi Concili poi riabilitate indi magari ricondannate. I. Adozionismo La dottrina cristologica dell'Adozionismo di Paolo di Samosata, vescovo di Antiochia di Siria (260 – 272) compromette la fede trinitaria poiché considera Gesù una creatura speciale, chiamata da Dio a una missione particolare ma che resta su un piano inferiore rispetto al Creatore infatti viene adottato dal Padre al momento del suo battesimo nel fiume Giordano diventando Figlio di Dio e acquisendo natura divina. Secondo l’Adozionismo gnostico di Basilide, Carpocrate e degli Ofiti Gesù era figlio di Maria e Giuseppe ma, grazie alle virtù della sua anima ferma e pura che era dotata della reminiscenza delle cose viste durante il soggiorno presso il Padre, gli furono concessi dei poteri particolari. II. Arianesimo Secondo l’Arianesimo del monaco e teologo Ario (256 - 336) di Alexandrea ad Aegyptum [Alessandria d’Egitto] Dio, principio unico, indivisibile, eterno e ingenerato, non condivide con altri l’ousìa o essenza divina di conseguenza il Figlio, in quanto generato, non partecipa della sua sostanza [negazione della consustanzialità] e quindi non può essere considerato Dio allo stesso modo del Padre perché la natura divina è unica ma può al massimo esserne una creatura superiore, divina ma finita cioè con un principio e per questo diversa dal Padre infinito. Essendo un figlio e quindi generato non può essere identico al Padre per cui la Trinità è costituita da tre diverse persone (“treis hypostaseis”). Quindi Padre, Figlio e Spirito Santo non sono di una sola e identica natura, sostanza o essenza ma il Figlio è una creatura e lo Spirito Santo è creatura di una creatura creato personalmente dal Figlio e Cristo ha assunto soltanto la carne senza l'anima. III. Gnosticismo Lo Gnosticismo (da ???s??, conoscenza) del fisosofo dell’Aegytus [Egitto] Valentino è una fusione della filosofia di ???t?? [Platone] e ???t???? [Plotino] con elementi di derivazione giudaico-cristiana (Elcasaiti), frigia, egizia, siriaca, iranica, Marcionismo, Bardesanismo e forse ciò spiega la sua larga diffusione. Secondo lo Gnosticismo l’Essere Primo (Padre o Bythos, Profondo) dopo ere di silenzio e contemplazione, originò il mondo divino (Pleroma) di trenta Emanazioni (Eoni) raggruppati in coppie (sincizie) maschili e femminili. Questo primo Eone contiene in sé Ennoia (Pensiero) o Charis (Grazia) o Sige (Silenzio). L'Essere Perfetto in seguito concepisce il secondo e il terzo Eone: il maschio Caen (Potere) e la femmina Akhana (Verità, Amore). Da Profondo e Silenzio quasi come coniugi si ebbero Intelletto e Verità, che hanno prodotto, in onore del Padre, altri otto Eoni poi Verbo e Vita e, da questi, altri dieci Eoni e poi l'uomo e la Chiesa origine, essi, di dodici Eoni. Dagli Eoni Abisso e Intelletto emanò la coppia Cristo e Spirito Santo e dal Pleroma l'Eone Gesù e gli angeli, compagni degli uomini spirituali, completamento dell’opera di formazione (Illuminazione). Cristo sarebbe stato mandato dal Padre con un corpo spirituale o celeste passando dalla Vergine senza assumerne carne. Quando l’Eone Sophia emanò senza un partner si ebbe il Demiurgo o Creatore - dimezzato, il Dio del Vecchio Testamento, padre e Dio degli esterni al Pleroma, chiamato Yaldabaoth, Hysteraa,Saklas (folle) o Rex Mundi per i Catari, una creatura che non doveva esistere, esterna al Pleroma creatore sotto impulso di Achamoth (Ireneo, Adversus Haereses) di sette cieli al di sopra dei quali egli risiede, del diavolo (Kosmokrator), degli angeli malvagi e dell’uomo dopo la creazione del mondo. Dopo l'Uno emanò gli Eoni Cristo e Sophia o Spirito Santo, per salvare l'umanità dal Demiurgo. Poichè l'Eone Cristo/Spirito Santo formò Sophia Achamoth secondo la sostanza e l'Eone Gesù secondo la gnosi forse quest’ultimo era presente in Cristo già alla nascita che poi prese la forma della creatura umana Gesù per insegnare all'umanità la via per raggiungere la gnosi, cioè il ritorno al Pleroma. L’Eone Gesù e il seme spirituale impiantato da Sophia Achamoth abbandonarono Cristo alla crocifissione non veramente morto sulla croce [Docetismo, apparire]. Il male in un mondo creato da un unico Dio venne attribuita a Sophia, l'ultimo Eone femminile, che pretendeva di ascendere al Primo Essere, per sua natura inconoscibile e raggiungere la conoscenza (Illuminazione) formando Eoni perfetti secondo la sostanza (Emanazione) e la gnosi (Conoscenza), come per gli Eoni del Pleroma, cui si oppose Limite facendola rinsavire e questo processo occorse anche per Sophia Achamoth (Sapienza) e nel mondo materiale con gli uomini spirituali. Forse Valentino immaginava una unica Sophia poi espulsa dal Pleroma mentre per le sue Scuole venne sdoppiata in una unità superiore (Achamoth) a opera dell'Eone Gesù e i suoi angeli e una inferiore che inoltre trasformò le sue passioni in sostanza in parte cattiva e in parte buona (sostanza psichica) soggette alle passioni. La Redenzione sarebbe giunta grazie a Gesù, inviato per portare la gnosi e la salvezza agli spirituali mentre nel Cristianesimo attraverso la Grazia della Fede (Efesini 2, 8). Le diverse Sette gnostiche si estinsero entro la fine del III sec., assorbite dalla Chiesa o dal Manicheismo. IV. Manicheismo Il Manicheismo, predicato da Mani, teologo del vasto Impero dei Parti o Arsacide [Armenia, Iran, Iraq, parte del Caucaso e Asia Centrale] è una religione alla cui base c'è un dualismo radicale e assoluto, metafisico ed etico, che pervade macro- e microcosmo cioè due principi, la Luce e le Tenebre, coevi, indipendenti e contrapposti influenzano l'esistenza e la condotta umana in ogni aspetto con un originale e coerente universalismo, pacifismo e vita povera e missionaria degli adepti, scrittura e arte del libro fondamentali per il patrimonio delle Sacre Scritture redatte da Mani stesso e il suo Sigillo dei Profeti visto come conclusione delle profezie redentrici (non legislative come Mosè) da Adamo a Noè soprattutto Zoroastro, Buddha e Gesù. Infatti fonde elementi cristiani di derivazione giudaico-cristiana (Elcasaiti) e gnostica, in particolare di Bardesane e di Marcione con una riformulazione del dualismo zoroastriano e di elementi della morale e dell'organizzazione simile a quella dei buddisti. Questa eresia si diffuse rapidamente nell'Impero sasanide quindi a Occidente a cominciare da Siria ed Egitto poi a Roma, nel Nord Africa e quindi in tutto l'Impero, sia a Oriente in Asia centrale, fino a India, Cina e Siberia. Secondo il Manicheismo è “virtuoso” proteggere e salvare la Luce che è imprigionata nella materia e quindi in ogni essere vivente, anche animale e/o vegetale. La salvezza viene raggiunta con la morte dopo aver completato il processo di liberazione della Luce che ciascuno ha in sé altrimenti la particella di Luce sarà travasata in altre catene corporee. Ciò comporta l'astensione dall'atto sessuale in quanto protrae la prigionia della Luce in un altro essere e l'astensione dall'uccisione della vita in ogni forma, anche per gli animali e le piante per non far soffrire la loro Luce. Queste norme così severe comportano una doppia morale cioè molto rigida per un gruppo ristretto di “Eletti” o “Perfetti” e più elastica per gli altri credenti,“Uditori” o “Catecumeni”. Le due comunità hanno uno stile di vita completamente diverso e pochi eventi comuni come la preparazione dei pasti da parte degli Uditori, la confessione e il versamento delle elemosine che nella misura di un settimo o un decimo di quanto posseduto, erano il pilastro di funzionamento della Chiesa manichea. Gli Eletti erano tenuti a osservare rigorosamente i seguenti comandamenti: non mentire; non mangiare carne; non uccidere neanche animali e piante; essere puri col divieto assoluto di compiere l'atto sessuale; godere di una felice povertà; vivere dei doni della comunità; non possedere nulla tranne una veste bianca come simbolo di purezza e cibo per un giorno. Gli Eletti devono rispettare le regole dei digiuni e delle preghiere, non avere fissa dimora ma dedicarsi alla predicazione del messaggio di speranza e di pace; non possono svolgere opere manuali, compresa la preparazione del cibo compito degli Uditori. Il pasto degli Eletti è in pratica una cerimonia religiosa con il suo corredo di inni e preghiere reinterpretato come un mezzo per liberare la Luce che è imprigionata nella materia. Oltre a provvedere al sostentamento degli Eletti gli Uditori, per avvicinarsi alla Salvezza, devono rispettare comandamenti che vietavano di adorare gli idoli; seguire falsi profeti; eseguire pratiche magiche; essere irriverenti verso gli Eletti; bestemmiare; macellare animali; bere bevande fermentate; spaventare, ferire e uccidere uomini e animali; commettere adulterio; sposare più di un coniuge omettere di soccorrere afflitti e bisognosi; mentire; ingannare e rubare. Gli Uditori erano tenuti a quattro preghiere al giorno (alba, mezzogiorno, tramonto, notte) e ad alcuni periodi di digiuno. La Chiesa era guidata da Mani e dai suoi successori che risiedevano a Babilonia e poi a Samarcanda. Il capo della Chiesa era aiutato da soli uomini precisamente dodici “Apostoli” o“Maestri”, settantadue “Vescovi” o “Diaconi” e da trecentosessanta “Presbiteri” o “Intendenti”. Gli altri Eletti e le Elette svolgevano le funzioni di predicatori, scribi, cantori e addetti alle fondazioni pie. Le preghiere di Uditori e Eletti erano rivolte al Sole di giorno e alla Luna di notte. La Chiesa possiede monasteri nei quali gli Eletti studiano e sono preparati alla vita di missione. La loro principale festa è Bema (il “trono”) in ricordo della passione di Mani e dell'ascesa al cielo della sua particella di Luce. La festa si svolge all'equinozio di primavera preceduta da trenta giorni di digiuno e da una veglia con preghiere e canti nella notte precedente. All'alba con i primi raggi del sole, l'inno all'Aurora glorifica il ritratto di Mani posto su un trono sollevato da cinque scalini. La cerimonia prevede la recitazione di preghiere, la confessione generale, la lettura del Vangelo di Mani e dell'ultima Lettera del Sigillo scritta dal carcere  e infine inni e canti di gioia per la trionfale ascensione. La confessione, sia privata che pubblica, settimanale, annuale o in occasione del Bema rientra fra gli obblighi gli Eletti e degli Uditori. Gli Eletti si confessano tra loro e poi confessano gli Uditori, il lunedì. La musica degli strumenti a corda e a fiato e il canto, da semplici cantilene a canti corali, sono ampiamente utilizzate come mezzo di elevazione e liberazione della Luce. L'influenza di Marcione su Mani è evidente nella separazione del Dio Padre e di Gesù Cristo dal Dio Creatore ripresa appunto da Mani nella sua epica dei due Regni e nell'interpretazione del ruolo salvifico di Cristo e negli argomenti contro l'Antico Testamento che rimandano a Marcione. Altre influenze si possono riscontrare nella organizzazione dei credenti in Perfetti (o Eletti) e Uditori e nell’attenzione posta nel fissare un preciso canone delle Sacre Scritture cristiane. Mani è stato inoltre influenzato da Bardesane, specie per quanto riguarda la cosmogonia e in particolare la concezione attiva dell'Oscurità, intesa come mancanza di Luce ma anche come forza invadente e contaminante. Per entrambe l'universo visibile è stato creato da elementi corrotti dall'Oscurità da purificare. Comunque l’epica lotta tra i regni della Luce e dell'Oscurità, un pauroso racconto di avidità, lussuria e cannibalismo, non fa parte degli insegnamenti di Marcione ed è molto più elaborata e drammatica della metafisica di Bardesane. Questa concezione può essere stata influenzata dallo gnosticismo di Valentino, un movimento molto eterogeneo ritenuto eretico anche dai neo-platonici infatti si ritrovano in Mani numerosi suoi dettagli mitologici come gli Archeoni, gli Eoni, i Sigizi e il Demiurgo. Credenze manichee trovano inoltre corrispondenza in testi apocrifi di ispirazione gnostica come che Cristo sia stato crocifisso in ogni roccia e ogni albero nel Vangelo di Tommaso, la Croce di Luce dei manichei viene discussa negli Atti di Giovanni. Mani conosceva inoltre l'Inno della Perla incluso negli Atti di Tommaso. Nel Manicheismo si ritrontrano alcuni elementi comuni con il Cristianesimo in quanto Mani fu profondamente influenzato dal Cristianesimo di Siria e Mesopotamia del III secolo. I suoi primi oppositori, i battisti giudeizzanti presso i quali era vissuto fino a 24 anni, infatti lo accusano di aver mangiato pane greco riferendosi alla predicazione di Paolo i cui insegnamenti erano largamente diffusi in quelle regioni. Mani sosteneva di essere un Apostolo di Cristo e di aver ricevuto la sua rivelazione in modo simile a Paolo. Il Manicheismo trova raramente tolleranza dai vari governi e viene spesso duramente perseguitato e in Occidente le leggi contro i manichei furono utilizzate per secoli per combattere eresie cristiane basate su un dualismo di origine gnostica. V. Marcionismo Ci sembra interessante trattare questa religione che non fu un’eresia del cattolicesimo ma una religione coeva. Il Marcionismo del vescovo e teologo Marcione di S???p? [Sinope] considera la Trinità separata in tre esseri completamente distinti con un dualismo religioso cioè la creazione del mondo della tradizione biblica ispirata dal Demiurgo (divunità ingiusta), cui si contrappone il Dio di Amore predicato da Gesù rifiutando il Vecchio Testamento che procede dal Dio giusto, creatore del mondo mentre il Nuovo procede dal Dio della bontà. Sotto l'impero del primo l'umanità visse oppressa dalla Legge e punita con severità; il Dio buono allora ebbe pietà inviando il redentore Gesù Cristo che non nacque dalla Vergine, non soffrì né morì e fu fatto crocifiggere dal Dio cattivo per vendetta. Il Marcionismo è tra i precursori dello Gnosticismo col tentativo di combinare il vangelo con il neo-platonismo. Posizioni simili si riscontrano nel IV sec. nel Priscillianismo in Hispania e Provenza del vescovo Priscilliano di Abula [Avila], dottrina anti-trinitaria agnostica-manichea che riscosse un gran successo per il rifiuto dell'unione Chiesa - Impero, della corruzione e dell’arricchimento delle gerarchie ecclesiastiche. VI. Mitraismo Il Mitraismo (vedi anche “Il culto del dio Mitra e quello rivale di Gesù: storia di due religioni parallele”, GIO2000, settembre 2016, anno XVIII, n° III (62) origina nel Mediterraneo orientale intorno al II-I sec. a.C., forse a Pergamo o nei pressi di Tarso (Cilicia) e nella cultura ellenistica era confuso con Apollo-Helios, col sacrificio caratteristico di un toro (tauroctonia) assente nel culto indo-persiano e simbolico in quello romano. Il culto del Mitra persiano, confuso con Ahriman, il dio che uccise un toro, passò in Occidente, arrivando a Roma col ritorno delle legioni dall'Oriente nel I secolo a.C. diffondendosi anche nell'Imperium raggiungendo il suo apogeo nel III - IV secolo. Professava l’universalismo ma escludeva in genere le donne e poiché dava un senso di continuità a schiavi e legionari, cioè a chi era lontano dalla famiglia, piaceva ai soldati, perché dio delle armi e campione degli eroi; ai burocrati imperiali; schiavi, liberti e agli imperatori Commodo (180 - 192), Settimio Severo (193 – 211) e Diocleziano (284 – 305), per il sostegno che offriva alla loro natura divina. I commilitoni finivano per convertirsi ai suoi principi di lealtà attratti soprattutto dalle sue concezioni misterio-sofiche che ruotavano intorno all'idea dell'esistenza dell'anima e della sua liberazione alla morte del corpo con la possibilità di pervenire all'aeternitas attraverso le sette sfere planetarie. Mitra proteggeva i giusti dalle forze demoniache e come nemico degli spiriti del male e delle tenebre proteggeva le anime, le accompagnava in paradiso e le giudicava. La sua espansione nell’Imperium venne influenzata notevolmente dalla scoperta della precessione degli equinozi da parte di Ipparco di Nicea (190 -120 a.C.) causata da Mitra che associò le distanze dei pianeti dalla Terra (Luna e Sole compresi perché considerati tali) con l’ordine dei giorni della settimana. All'incirca nel III secolo, i culti di Apollo e Mitra iniziarono a fondersi nel sincretismo romano [fusione di elementi fra religioni diverse] e nel 274 l'imperatore Aureliano (270 – 275) rese ufficiale il culto del Sol Invictus, costruendogli un nuovo tempio e dedicandogli un nuovo corpo di sacerdoti (pontifices Solis invicti). Poco dopo il Mitraismo confluì nel culto del Sol Invictus. L'inizio del IV secolo segnò l'inizio del suo declino, poco dopo l'Impero perse la Dacia, le invasioni dei popoli del nord distrussero molti templi lungo la frontiera dell'Impero (la principale roccaforte del culto) e la guerra civile conclusa con la vittoria dell’imperatore Costantino (274-337) su Massenzio (278 – 312) il 28 ottobre 312 nella battaglia di Ponte Milvio. L'unità dei cristiani (10 % della popolazione), era indispensabile per la stabilità della potenza imperiale ed egli non ignorava la Chiesa che, tramite i vescovi, era l'unica mediatrice della fonte divina del potere ed era coinvolto nelle lotte teologiche con interventi molto duri nei confronti degli eretici. Dopo la vittoria Costantino impose il Cristianesimo come religione di Stato e i mitrei vennero distrutti. Il Mitreismo ritornò in auge durante l’imperatore Giuliano (361 – 363), chiamato l'Apostata dai cristiani, l'ultimo imperatore che tentò di restaurare la religione romana dopo che essa era stata abbandonata a favore del Cristianesimo e con l’Editto di tolleranza del 362 nei confronti di tutte le religioni si poterono riaprire i templi pagani e celebrare i sacrifici mentre tornarono dall'esilio i vescovi cristiani eretici. Il Mitraismo venne bandito definitivamente dall’imperatore Flavio Teodosio I (379 – 395), il Grande per gli scrittori cristiani, l'ultimo imperatore di un Impero unificato che fece del Cristianesimo la religione unica e obbligatoria dell'Impero per cui nel 394 i mitrei vennero distrutti e sopra vi furono costruiti chiese e basiliche così la religione più seguita per tre secoli, alla fine dell’età imperiale usata come ultimo baluardo del Paganesimo contro il dilagare del Cristianesimo, venne quindi ricordata come superstizione pagana e il suo posto, come religione persiana passata poi in Occidente, fu preso dal Manicheismo.


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Il mare dentro

di Maria Teresa Montanaro

Michi non è nato con il manuale delle istruzioni. È venuto al mondo come tutti gli altri bambini, e come gli altri è cresciuto, a modo suo, però. Era bellissimo da piccolo e ora, a cinque anni, lo è ancora di più. I suoi occhi sono immensi, di un meraviglioso marrone scuro, come quello del cioccolato fondente. Quando li fissi ti sembra di perderti, di restare sospesa in un precipizio tra realtà e magia. Occhi che raccontano il suo cuore, che dicono quello che la bocca non può pronunciare. Perché Michi è autistico, così lo hanno definito i dottori. La diagnosi, quel banalissimo pezzo di carta, quelle poche lettere combinate a formare la parola “autismo”, mi hanno ucciso! A me sembra solo il mio meraviglioso bambino. Il mare è il suo mondo, è il luogo dove si tranquillizza, si rasserena, ma soprattutto vive in piena libertà e sicuro da tutto e da tutti! Si lascia cullare, accarezzare, trasportare dall’acqua senza avere paura, senza cercare un punto di riferimento. Il viso immerso nell’acqua esprime felicità, gioia. Sorride, canta, nuota e, quando è stanco, fa “il pesciolino che galleggia”. Allarga le braccia, le gambe, a volte incrocia i piedi. È leggero come una piuma e, in questo stato, è in grado di rimanere per ore perché l’acqua placa, avvolge, attutisce i rumori del mondo. Ogni sua parte del corpo sprigiona voglia di vivere! Ha imparato a muoversi a rana, ad infilare la testa sott’acqua, a fare i tuffi. La sua conquista più straordinaria: il senso dell’immensità del mare! Quando arriviamo in una spiaggia, Michi si mette seduto, ma è difficile che resti sopra un telo: ne esce subito e si sdraia sulla sabbia. Tutto il suo corpo esplora il mondo che lo circonda. Ho imparato a cogliere ogni volta i suoi messaggi. Il mare è quello che vedo dentro di lui, quando lo inseguo e scruto i suoi occhi, quando cerco la sua anima, i suoi pensieri, quando faccio domande che si perdono nelle profondità di un oceano, così buio, da non lasciar vedere il brulichio della vita, là nel fondo. Una vita in cui ogni pensiero è un pesce d’argento, ogni suo dolore un corallo rosso e il suo amore è acqua limpida e pura. Michi non è l’autistico geniale del film che impara le cose a memoria per poi stupire amici e parenti. Lui è chiuso nel suo castello inespugnabile, ha costruito una fortezza intorno a sé, per difendersi da un mondo che non lo comprende. A volte si dondola avanti e indietro con la schiena, quel cullarsi così dolce e rassicurante lo fa sorridere. A volte si batte le mani sulle orecchie quando i rumori lo infastidiscono troppo, oppure si torce le dita, e se le tira così forte che ho paura che si faccia del male. Guardare mio figlio è la mia più grande gioia e il mio peggior dolore. Non esiste un solo attimo nella mia vita in cui io non stia pensando a lui. Sono lacerata dentro tra amore e odio. L’amore incondizionato che ogni madre prova per i suoi figli. E l’odio immenso, irrazionale e devastante che provo per quella cosa che lo avvinghia, che lo tiene prigioniero e lontano da me. Maledetti limiti della mia umanità che non mi permettono di parlare senza parole, di sentire senza capire, di vedere nel buio del suo infinito! L’autismo mi ha rubato mio figlio. Ricordo ancora, come fosse ieri, il giorno in cui l’incubo è iniziato. Era una fredda e piovosa domenica, avevo deciso di trascorrere il pomeriggio al centro commerciale. Volevo comprargli degli abiti nuovi, mi sembrava che crescesse così in fretta. Aveva due anni e lo avevo messo nel passeggino, sperando che si potesse addormentare. Ma, appena entrati nel grande atrio, ci eravamo ritrovati nel bel mezzo di una festa. C’erano palloncini ovunque e Michi guardava quell’esplosione di colori con gli occhi sgranati, sembrava ipnotizzato. Poi all’improvviso un palloncino è scoppiato, un rumore forte tra le chiacchiere della gente. Michi non è stato più lui: si è messo a urlare come se fosse impazzito, tirava calci e pugni, non c’era modo di calmarlo né di tenerlo fermo. Alcuni lo guardavano agghiacciati, altri voltavano la testa, per non vederlo. Negli occhi di Michi c’era il panico e io non potevo aiutarlo. Sentivo alle spalle i commenti della gente. “Che capriccioso” aveva sentenziato un’anziana signora in tono di disprezzo. Le lacrime mi bruciavano dentro gli occhi. Da quel giorno tutto è cambiato. Michi è autistico e non parlerà mai. Non imparerà a leggere, non imparerà a scrivere il suo nome né a contare! Piccolo tesoro: mille domande mi attraversano la mente. Come farò a trovare il coraggio di combattere e oltrepassare il muro dei pregiudizi? Sai, da qualche parte ho letto che non bisogna guardare solo la superficie del mare e non credere che il mare sia solo ciò che vediamo: una distesa di acqua blu, profonda e sconosciuta. È vero, da sopra può sembrare tutto uguale e a tanti può far paura. Può essere minaccioso e avere una forza distruttiva e devastante: come la tua diversità poteva esserlo per il mio cuore. Non mi sono arresa, mi sono immersa nelle sue acque profonde e ho scoperto che il mondo sommerso è meraviglioso, immenso, pullulante di vita e ricco di risorse di ogni genere: branchi di pesci di straordinaria bellezza, meduse delicate e trasparenti come cristallo pulsante, macchie colorate di indaffarati pesci pagliaccio...Una spettacolare esibizione di vitalità e bellezza! Tu rappresenti tutto questo: non sei “solo” un Michele infinito, espandibile alla massima potenza, che vuole emergere per farsi conoscere e amare. Io so che non è così, perché conosco il tuo mondo sommerso. Amo il tuo modo di sorridere, di abbracciare, di baciare e di comunicare. Amo la tua delicatezza, la tua dolcezza, la tua testardaggine e i tuoi rifiuti. Amo tutto di te, perché ho capito che puoi dare più amore e solo amore e che tutto va amato per “ciò che è” e non “nonostante quello che è”. Per quello che sei e non per quello che avresti potuto essere! Ho capito che non bisogna avere paura di ciò che non si conosce, che non bisogna giudicare, ma solo essere disponibili a capire per conoscere,imparare e sapere! In tutto questo mio cercare, alla fine, ho scoperto il significato di valori come la dignità,la serenità,la fede, la speranza, la verità. Valori che senza di te, non avrei conosciuto. Questi sono doni che ho ricevuto da te. Sei il “mio piccolo regalo prezioso”, la perla rara che ho trovato racchiuso in un’ostrica, pescata in quel mare sommerso, profondo e sconosciuto che tanto mi spaventava. Michi si siede sul divano e segue con aria assente le immagini che scorrono nella televisione. Sta cominciando a dondolarsi, è il suo modo per ricaricarsi quando è sotto pressione. Oggi si è comportato benissimo e questo mi basta per essere orgogliosa di lui, gli do un rapido bacio sulla fronte e vado in cucina a riordinare. Passano solo pochi minuti, dal salotto sento i suoi gorgoglii e decido che i piatti possono aspettare. In fondo oggi è il suo compleanno e voglio passarlo tutto con lui. Solo una candelina sulla torta che ho preparato per i suoi cinque anni. Se ne metto di più, lui si confonde e urla, poi le prende e le butta tutte per terra! Così io mi ritroverei in ginocchio sul pavimento a pulire la cera invece di cantargli “Tanti auguri”. Mi siedo vicino e lo stringo forte al cuore. Michi è la cosa più bella che ho, la più bella che c’è al mondo. Appoggio una mano sui suoi capelli e comincio ad accarezzarli. Lui alza lo sguardo e i suoi occhi si posano nei miei. E dentro di essi vedo un bagliore che lo illumina, uno scintillio che parla di vita, un’espressione che sembra gioia. Mi manca il respiro. Michi ora c’è, è qui con me, fosse anche solo per pochi secondi. Pochi istanti che sono più importanti di cinque anni. Quanto mi basta. Perché un attimo solo è sufficiente per alimentare una speranza mai spenta. Una speranza che non dovrà mai morire!


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Cronopatia: l’ossessione di approfittare del tempo

di Lista Mente gruppo Sublimen

Guardiamo costantemente l’orologio? Abbiamo la sensazione che il tempo ci stia scivolando tra le dita? Possiamo prendere alcune misure per rendere più produttiva la nostra routine e migliorare così la qualità della vita. Viviamo nella società dell’immediatezza, tutto quello che ci circonda ci conduce a ritmi di vita frenetici. Ci preoccupiamo sempre di più che le nostre giornate siano davvero produttive e ciò può trasformarsi in un’ossessione chiamata cronopatia. Oggi non è ben visto il "dolce far nulla", è più normale e accettato dire di non avere tempo. Alcuni Addirittura, nascondono le loro intenzioni di rilassarsi. La società si aspetta da noi la massima produttività. Che cos’è la cronopatia? Questo treno della vita che molti di noi sono costretti a prendere può facilmente provocare la cosiddetta cronopatia, malattia caratterizzata dall’ossessione di sfruttare al meglio il tempo. Una preoccupazione intensa e costante per rendere le giornate più produttive. Al di là della cultura neoliberista che richiede una produttività costante, è difficile contrastare questa ossessione. Secondo lo psichiatra Marian Rojas Estapé, questa tendenza può essere molto dannosa per la società. Lo studioso parla della falsa idea secondo cui “la fretta e l’accelerazione producono maggiori e migliori risultati”. “Se qualcuno dice: «Non ho tempo, vado di fretta, sono molto impegnato». Lo assimiliamo come normale e corretto”, aggiunge. Inoltre, quando riconosciamo che la sua agenda non è molto fitta, ci sorprendiamo e tendiamo a giudicare negativamente la persona che abbiamo davanti". Conseguenze dell’essere schiavi del tempo Questa preoccupazione per il tempo può avere gravi conseguenze da un punto di vista psicologico. E, peggio ancora, può influenzare la nostra vita quotidiana in modi diversi. Difficoltà a pensare chiaramente. Vivere in uno stato costante di accelerazione e iperattività, impedisce di pensare con lucidità. Non si gode delle pause e della calma necessarie per stabilire le priorità. La percezione del tempo è più accelerata. La sensazione che il tempo stia sfuggendo si autoalimenta. Vale a dire: più siamo ossessionati dall’idea di sfruttare al massimo il tempo, maggiore è la sensazione che ci stia scivolando tra le dita. Estranei alle proprie emozioni. Quando ci preoccupiamo di essere produttivi, è facile ignorare il nostro universo interiore. La cronopatia può allontanarci dalle nostre stesse emozioni. Non abbiamo il tempo per ascoltarle e identificare eventi emotivi rilevanti. Eccesso di tensione, ansia e stress Per quanto questi stati emotivi passino inosservati, il nostro corpo continuerà a subirne le conseguenze, anche se è in silenzio.. E questo insieme di emozioni non vissute o represse può tradursi in stress, tensione e ansia. Non vivere il momento presente L’aspetto più triste è che questo costante stato di accelerazione ci impedisce di goderci il momento presente. Ogni giorno sprechiamo innumerevoli momenti molto preziosi per noi e per chi ci circonda. Troviamo difficile sfruttare l’opportunità di disconnetterci, rilassarci o fare qualcosa che ci motiva davvero. L’ambiente digitale influisce sulla cronopatia? Vivendo nella società dell’immediatezza, si spera che la cronopatia trovi un terreno fertile favorevole nel mondo digitale. Secondo Estapé, “ci arrivano costanti avvisi (dall’ambiente digitale)”; può trattarsi della notifica di un mezzo di comunicazione, un social network o un semplice video. Questo bombardamento di stimoli esterni ci porta a uno stato di allerta costante. “Il sistema di allerta si attiva, dunque non ci rilassiamo”, spiega lo psichiatra. Sebbene l’ambiente digitale ci fornisca numerosi elementi positivi, dobbiamo controllare il rapporto che manteniamo con esso. Dopotutto, solo noi abbiamo la possibilità di fermarci e proteggere la nostra salute. “Oggi dobbiamo insegnare al cervello a rallentare e a fermarsi in modo da non ammalarci così tanto”, conclude Estapé. Come abbandonare l’ossessione del tempo produttivo? È chiaro che la produttività e l’efficienza possono diventare un’ossessione. Ma come combattere questa corrente che sembra trascinarci tutti senza speranza? Ecco alcuni suggerimenti che possiamo provare ad applicare nella vita quotidiana: Non saturare l’agenda. Per quanto possibile, cerchiamo di ridurre le attività da svolgere in modo da poterle completare con la massima calma. In questo modo saremo molto più consapevoli di quello che facciamo e non ci sentiremo sopraffatti dalla mancanza di tempo. Cercare un hobby. Può essere difficile a volte, ma trovare un hobby migliora la qualità della vita. Ci farà sentire bene e ci permetterà di concentrare l’attenzione su un’attività positiva e piacevole. Lasciare del tempo libero. Si consiglia vivamente di lasciare uno spazio vuoto nell’agenda. Una porzione di tempo non pianificata, interamente dedicata a se stessi. Gioire più del processo che del risultato. Se il percorso non è di nostro gradimento, potremmo non essere capaci di goderci il risultato. A tutti noi piace fare le cose bene e ciò è positivo, ma trovare piacevole il percorso che ci conduce ai risultati desiderati dovrebbe essere l’unico dei nostri obblighi. Conclusioni Quanto esposto in questo articolo può migliorare la qualità della nostra vita. Grazie a essi, sentiremo che il tempo non scorre a una velocità che non ci piace e le giornate smetteranno di passare come quando guidiamo con il pilota automatico. Presteremo attenzione solo agli elementi più salienti, mentre nei compiti più pesanti non avvertiremo l’irrequietezza di spingere mentalmente la lancetta dei secondi.


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Perchè sognamo?

di Lista Mente gruppo Sublimen

Proviamo ad affrontare una domanda interessante e inquietante: perché sogniamo? Vediamo cosa ne pensano gli esperti e la comunità scientifica. I sogni sono una parte insostituibile dell'essere umano. Possiamo ricordarli o no, possono essere piacevoli o terrificanti, ma la verità è che tutti noi sogniamo, senza eccezioni. Ma perché sogniamo? Sono una costante nei testi storici, come parte della mitologia e della religione. I sogni sono un elemento irrilevante della nostra esistenza o hanno una chiara funzione? Noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni, e nello spazio e nel tempo d'un sogno è raccolta la nostra breve vita William Shakespeare Quanto sogniamo? Passiamo un terzo della nostra vita dormendo. Tuttavia, sogniamo solo in fasi di pochi minuti. Secondo la scienza, sogniamo una media di 6 anni interi. Quando sogniamo, il cervello si attiva richiedendo dunque che il flusso sanguigno in esso sia il doppio di quello necessario durante lo stato di veglia. Solo una parte del cervello smette di funzionare mentre dormiamo: il centro logico. È per questo motivo che i sogni acquistano spesso sfumature di irrealtà. Oltre a ciò, il cervello invia segnali al midollo spinale in modo che il sistema muscolo-scheletrico non si attivi e rimaniamo fermi. Solo gli occhi si muovono mentre sogniamo durante la fase nota come REM (per l'appunto Movimento rapido degli occhi). Il sogno ad occhi aperti non è un vuoto mentale. È piuttosto il dono di un'ora che conosce la pienezza dell'anima. Gaston Bachelard Perché sogniamo? Una funzione importante del sonno è consentire al cervello di scartare e selezionare i ricordi. Prima di un esame è preferibile non passare la notte a studiare, ma riposare la mente e consolidare la memoria. E questo si ottiene solo se dormiamo il tempo necessario. Quando sogniamo, il nostro cervello cerca di risolvere i problemi che ci occupano durante il giorno. Per questo, dormire può essere la soluzione a un problema che non riusciamo a risolvere. Allo stesso modo, un sogno può essere un riflesso fedele o, nella maggior parte dei casi, simbolico di ciò che occupa la nostra mente, le nostre paure e i nostri desideri.. Sono quindi comuni gli incubi che evocano paure, come la mancanza di fiducia in se stessi, che può riflettersi, ad esempio, in un sogno in cui la persona è nuda in un luogo pubblico. Ma a volte, è il sogno che aiuta ad eliminare quelle paure, secondo alcune teorie. Quando si sogna ciò che ci spaventa si trova in un contesto diverso, dunque la paura si riduce. Non sempre succede, è vero, ma può servire come via di fuga. Uno studio di ricerca su sogni ed emozioni Le teorie che difendono il sonno come processo per ridurre la paura si basano su uno studio realizzato dal neurologo Matthew Walker, dell'Università di Berkeley. 34 giovani sani sono stati divisi in due gruppi. Quindi, è stato mostrato loro un totale di 150 immagini a intervalli di 12 ore, mentre i ricercatori osservavano la loro attività cerebrale con uno scanner. Le immagini presentate andavano da oggetti insignificanti a inquietanti ritratti di incidenti. Il primo gruppo ha visionato le fotografie una volta al mattino e un'altra la sera, senza aver dormito nell'intervallo. Il secondo gruppo una volta prima di andare a letto e una volta al risveglio. I risultati indicano che i partecipanti che dormivano tra le due visualizzazioni presentavano una reazione emotiva meno intensa nei confronti della prima visualizzazione. In questo caso, i risultati delle scansioni cerebrali durante la fase REM hanno mostrato che l'amigdala (struttura cerebrale responsabile delle emozioni) e la corteccia prefrontale (struttura razionale del cervello) elaboravano le immagini minimizzandone l'impatto. Si è così giunti alla conclusione che il sonno REM può aiutarci a superare situazioni emotive difficili nella nostra vita. La mente è come un iceberg, galleggia con un settimo del suo volume al di sopra dell'acqua. Sigmund Freud I sogni secondo Freud Sigmund Freud è senza dubbio una delle figure più rilevanti che si è dedicata al mondo dei sogni. Freud sosteneva che la funzione dei sogni era quella di soddisfare i nostri desideri. Tuttavia, questa è solo una delle tante risposte alla domanda: perché sogniamo? Che funzione hanno i sogni? La verità è che il mondo onirico resta un mistero. Né le centinaia di pagine de L'Interpretazione dei sogni di Freud né i numerosi studi di ricerca sono stati in grado di rispondere a tutte le domande relative all'argomento. Ma di una cosa siamo certi: non sprechiamo un terzo della nostra vita dormendo. Dormire non è una perdita di tempo, è necessario per il corretto funzionamento dell'organismo. Teoria di attivazione di sintesi Nel 1989, Hobson ha proposto la teoria di attivazione di sintesi. Questa teoria si basa sul fatto che, durante il sonno REM numerosi circuiti del tronco cerebrale si attivano e bombardano la corteccia cerebrale con segnali neurali. Le informazioni fornite alla corteccia durante la fase REM sono in gran parte casuali. Il sogno rappresenterebbe dunque il tentativo della corteccia di dare un senso a questi segnali casuali. Questa teoria non nega che i sogni possano avere un significato. Tuttavia, differisce dalla teoria di Freud nella sua interpretazione. Senza dubbio, il motivo per cui sogniamo è ancora qualcosa che appassiona la scienza e lo studio del cervello. Nonostante tutti i progressi scientifici, emergono nuovi dati che generano nuove teorie. Sapremo mai esattamente perché sogniamo?


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Filosofia

Cammino

di Alessio Begliomini

“Non c'è nulla che non possa essere sottoposto a ricerca ma la ricerca guidata dal pregiudizio è un buco nero per far soldi...” (MARGARET MEAD) Precisa intenzione c'è già, e crescerà, a volersi nell'esperienza d'ulteriori non occasionali armonie - cui volgar fede e scienza materiale, indagine or decaduta a ideologia per il mercato delle applicazioni tecnologiche, ne hanno cancellato, senza ragione, il ricordo dai modi della condivisa educazione. L'esperienza di Meyrink va incontro a chi già intende oltrepassare illusioni che tentano, da ogni parte, di nasconderci come sia possibile superare le incertezze umane davanti la parvenza dell'inesorabile, del dolore e della morte; come sia possibile vincere, l'infelice corrente di richiami senza rimedio al nichilismo, a presuntuose sorti di reciproca avversione: queste perversioni in dominio di torbido Potere anti-sociale, cui pro replicanti istituzioni assorbono ovunque contro la comunità umana vincoli d'iniquità mediante virali convenzioni. Ricordo di Meyrink un testo che sta in apice della sua genuina ricerca: IL DOMENICANO BIANCO, iniziatico romanzo d'orientamento a vie di purificazione e conoscenza, che l'Autore austriaco rinvenne, discepolo, in cenacoli radianti dal cuore d'Europa. L'estethos di Gustav Meyrink nelle sue opere metamorfosa contenuti generati in seno a comunità spirituali in affioro allora in Praga; attinge a una più antica Tradizione euromediterranea; la sua opera il giuoco non fa del sincretismo, sì diagnostica le patologie febbrili del contattismo medianico e della ordinaria religiosità, questo prolisso epitaffio cultuale su ceneri di fuochi spenti. L'Autore afferma: “colui che pone come causa un dio dal volere imperscrutabile, finirà prima o poi per vedervi all'opera un Daimon maligno. A seconda della fede ch'egli ha avuto dalla nascita, ognuno concepisce in modo diverso la via: questi, è sospinto dal proprio desiderio ardente per la spiritualità; quegli, invece, da certezza vissuta d'aver la sua origine nello spirito e di far parte solo come corpo della Terra. Chi non ha una religione ma segue una via, compie ogni cosa, le più umili stesse, con questo sentimento costante: compio tutto questo sì che l'elemento spirituale in me cominci a respirare coscientemente”. Meyrink sollecita l'individuale dignità del coraggio, la volontà di consacrazione all'ideazione stellare di veglia - nel Domenicano Bianco egli ricorda: "Non esiste uno spazio vuoto. Questa frase nasconde il segreto che chiunque -da animale corruttibile che è e voglia divenire coscienza incorruttibile- deve penetrare. Queste parole non van prese solo in riferimento alla esteriore natura, perché allora si resterebbe fermi nella grezza terrestrità; bisogna invece farne chiave che ci dischiuda la realtà spirituale. Si tratta di trasportarne il senso. La volontà creatrice, retaggio divino nell'uomo, è forza aspirante e ogni volta che alla decisione per volontà indi non segue soddisfazione, quest'aspirare andrebbe a creare -in senso traslato- un vuoto nello spazio delle cause. Stai intento: qualcuno è malato e ha in desiderio di guarire -finché egli ricorrerà solo a medicine, egli paralizzerà quella forza dello spirito che con più rapidità lo guarirebbe meglio assai di qualunque medicina. Come chi, intendendo imparare a scrivere con la sinistra continuasse a far sempre uso della destra: mai imparerebbe. Non v'è cosa al mondo che non abbia un senso suo. La malattia che colpisce un essere umano lo pon dinnanzi a un còmpito, gli dice: guariscimi con la potenza del tuo spirito per temprare la forza dello spirito tuo e divenire così signore della materia, qual già lo fosti, dal principio, prima della caduta; chi non se ne sente capace e ricorre solo a medicine, non coglie il senso della vita, è invece come lo scolaretto che ha marinato la scuola. Ma in chi il potere di comandare con scettro non sia paralizzato, con sprezzo dell'armi grossolane che solo s'addicono alla soldataglia ecco sempre di nuovo risorgerà -anche se morte dovesse abbatterlo cento volte, alfine diverrebbe chi ha piena sovranità di sé; perciò, l'essere umano non deve venir meno, mai, sulla via che mena allo scopo propostosi. Come il sonno, sì la morte significa solo breve sosta. Non s'inizia un lavoro per subito abbandonarlo ma per condurlo a compimento. Anche quando essa sembri insignificante, un'opera incominciata e poi abbandonata si decompone ed avvelena la volontà: come un cadavere insepolto appesta l'aria di tutta una casa. Viviamo sol per raggiungere integrazione della nostra anima -chi trae saldezza di continuo da questo pensiero e lo vive ogni volta che inizia qualcosa, ecco egli partecipa con rapidità a singolare giammai prima riconosciuta calma; e il suo destino si muterà come per miracolo. per chi crea qual fosse immortale, non in vista dell'oggetto cui si rivolge, bensì per la costruzione della sua anima, dovessero pur passare migliaia d'anni, di vita in vita, questo essere umano verrà giorno in cui potrà dire: voglio e ciò che io voglio avviene, ciò che io comando si compie senza necessità di lenta maturazione". Matura ironia arieggia nel Domenicano Bianco; il destino dell'eroe di questa storia, di Cristoforo, avviato sul sentiero della propria iniziazione dall'enigmatico barone von Joecher, s'incrocia con quello di sorprendenti figurine di soppressada gibbosità, in tanto che lo sfiora e più innanzi lo tempesta il tragico quotidiano con la sua magia ambigua di risvolti conducendolo, alfine, a contatto con le negative energie che impregnano la mistificazione e la menzogna, incarnazioni in questi o quegli d'alito di Medusa, la quale Cristoforo è richiamato a trafiggere (a recidere come fosse nodo gordiano), a vincere. Emerge, trai lavori di Meyrink, il Domenicano Bianco in divenire di ciò che io richiamo memoria orante nella creatività -ed è opera narrativa tedesca d'apice perché, qual la storia di Goethe del "Serpente Verde", maieutica.


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Informatica

Windows 11 il nuovo sistema operativo di Microsoft: Eseguire l’upgrade o (tentare di) non aggiornarsi?

di Mario Lorenzini

Già dai primi di ottobre dello scorso anno Microsoft ha iniziato a proporre la nuova versione del suo sistema operativo. Recentemente gli utenti di Windows 10 stanno ricevendo ripetute notifiche che li invitano ad effettuare l’upgrade gratuito. La promessa è quella di un nuovo ambiente ancor più intuitivo che non dovrebbe pregiudicare il funzionamento del dispositivo e del suo software installato. Il TPM Tra i requisiti indispensabili per l’installazione di Windows 11 vi è il Trusted Platform Module è un sistema di sicurezza basato su un metodo di crittografia avanzata. Nelle forme native lo troviamo come chip specifico o inserito nella CPU. In realtà pare si possa anche usare come aggiornamento software (firmware). La versione 2.0 è fortemente raccomandata, nonostante c’è chi dice che anche la 1.2 possa essere supportata. Ma come sapere se si dispone di tale tecnologia a bordo? I pc degli ultimi anni dovrebbero possederla, in particolar modo quelli in circolazione dal 2016. Ma se non vi ricordate o non siete sicuri, è sufficiente digitare il comando tpm.msc entrando nella finestra di esecuzione di Windows (con WINDOWS + R). Requisiti Qualcuno ha fatto notare che l’ennesima stretta sulle caratteristiche richieste della macchina potrebbe essere considerata una sorta di esclusione per tutti quei dispositivi meno recenti. Questo contraddice in parte uno degli intenti del nuovo S.O.: rivitalizzare anche dispositivi di qualche tempo fa. In pratica le cose non sono così stringenti. Oltre al TPM, si richiede un processore con una frequenza di almeno 1Ghz, uno spazio di archiviazione di almeno 64GB e una RAM di 4GB. In commercio troviamo da tempo notebook con 8GB di RAM e una memoria di massa di almeno 500GB. Considerando la differenza di prezzo con modelli da 16 GB, non è più così raro optare per tale scelta anche se non si è un professionista. I dischi allo stato solido hanno portato, in un primo tempo, alla riduzione dello spazio, puramente per motivi di prezzo ma, ultimamente, si trovano tagli da 256, 512 Gigabytes senza troppo incidere sul fronte economico complessivo. Notebook e computer fissi hanno ormai frequenze di funzionamento 3-4 volte superiori al minimo richiesto. Quindi, a meno che non siate in possesso di un pc “inviolabile” su cui avete installato diversi software datati che non volete abbandonare la compatibilità con l’undicesima versione di Windows dovrebbe esser garantita. L’interfaccia Come da tempo accade per i moderni sistemi grafici, le migliorie sono puramente e principalmente estetiche. Notiamo come i browser si stiano uniformando nella visualizzazione in portrait, tipica degli smartphone o tablet. Lo schermo, solitamente in formato 16:9, è una cornice contenente una o più finestre internet, di cartelle o applicazioni, tutte disposte in verticale. Tale andamento si sta già vedendo come impostazione proposta dai broser più diffusi. Questo per farci abituare sempre più al formato one-hand-mobile degli schermi touch che ci portiamo appresso. Nulla vieta di massimizzare le finestre per estenderle fino ad occupare lo schermo intero di un normale monitor da desktop. Ma, certamente, l’approccio di Windows 11 lima ulteriormente le differenze tra dispositivi da scrivania e mobili. Il vantaggio, a questo punto, di un display esteso in larghezza sta nella disposizione di svariati oggetti accessibili simultaneamente e il posizionamento di altri, meno utili o meno frequentemente usati posti ai lati dello schermo. Abbiamo da Windows 10 parte di questa prospettiva nella barra delle notifiche situata nella porzione destra del video. Il menu avvio è la cosa che cambia di più e, al contempo, quella meno personalizzabile. Di default estesa dal basso verso l’alto ma nella parte centrale, con una visione di insieme che richiama quella di un classico smartphone, con i comandi per la regolazione del volume, il mixer, la rete e altro. Naturalmente non mancano nuovi temi per lo sfondo accompagnati da effetti audio. Prestazioni Complessivamente il sistema appare più reattivo. Non sono tanto le migliorie estetiche come le finestre e altri componenti dai bordi arrotondati, le ombreggiature e le dissolvenze; La fluidità e l’immediatezza dell’apertura e riposizionamento delle stesse e notevolmente migliorata. È molto semplice non solo spostare, ma anche fissare le windows in una determinata locazione del desktop. Efficienza aumentata anche per la gestione avanzata del multitasking attuabile con i tasti WIN + TAB, già presente nella versione precedente ma non completamente implementata. Anche la gestione di desktop multipli entra sempre più in voga, dando la possibilità di creare diverse aree di lavoro meno affollate e più orientate al settore applicativo. Non ci sono incrementi rilevanti nelle prestazioni relative ai videogames. Probabilmente devono ancora essere aggiornate le ultime librerie grafiche di Microsoft, ma tanto dipende dall’adozione di una GPU più spinta di un’altra. C’è da dire anche che quest’ultima release della casa di Redmond sprigiona il massimo con le ultime CPU di dodicesima generazione. Chiaramente qui si parla di Intel, ma anche i chip di AMD sono ben accetti, risolti i problemi con i Ryzen. Le forzature Come da tempo (e periodo politico) lentamente si fa sempre qualcosa per spingere le abitudini delle persone. All’accensione del nostro notebook o pc fisso, a intervalli più o meno ripetuti, frapposto fra noi e l’avvio effettivo della macchina, una schermata che ci invita a provare nuove funzionalità. Noi possiamo accettare, anche parzialmente, o saltare questa informativa. La realtà nascosta è che alcune di queste modifiche saranno comunque applicate a poco a poco, sottoforma di aggiornamenti di sistema. Non soltanto updates necessari a Windows 10. Insieme ad essi, se facciamo un confronto con i mesi precedenti, possiamo notare dei piccoli cambiamenti nell’interfaccia. Questo ha lo scopo di farci approdare, in maniera graduale, indolore, all’intera grande rivoluzione che sarà poi il nuovo sistema, in questo caso Windows 11. Considerazioni personali Non sono d’accordo con chi dice che Microsoft punisce i possessori di pc obsoleti. È giocoforza che molti passino a un hardware più performante col passare del tempo. L’immobilismo lo troviamo spesso in alcune piccole aziende che non hanno grandi necessità di interfacciamento e adoperano software datato e, conseguentemente, difficilmente relazionabile con le moderne piattaforme. Oltre a ciò, l’invecchiamento delle memorie di massa, dei processori o delle schede madri, non è evitabile a lungo. Quindi, fosse soltanto per non ritrovarsi a piedi, una società con una solida struttura informatica alle spalle che debba definirsi tale, deve, prima o poi aggiornare il proprio parco machine e, in quell’occasione, valutare di migrare al sistema operativo al passo coi tempi. Conclusioni Anche se ancor poco diffuso e non certo esente da critiche (come la dark mode attivabile ma esclusa da alcuni elementi, speriamo che al momento di uscita dell’articolo le cose siano state corrette), non mi sento di sconsigliare questo aggiornamento. Anche perché non è distruttivo e poco invasivo. Ovviamente, se avete idea di cambiare alcune parti del vostro pc, come la CPU, è vivamente raccomandata un’installazione pulita. Diversamente, l’intero pacchetto che cambia veste a Windows 10 può, per qualunque motivazione, essere dismesso. Le semplificazioni sono molte di più delle poche cose, apprezzabili, da eseguire in modo diverso. Le interfacce delle cartelle sono molto più essenziali, sono state rimosse voci di menu inutili. Ancora permane l’intrusività di Edge. Infatti, anche se installate un browser alternativo come Chrome, di tanto in tanto, il sistema aprirà MS Edge per visualizzare le pagine web. Come considerazione spassionata, consiglio a tutti di non utilizzare nessun browser per aprire documenti pdf, bensì installare un lettore dedicato come Adobe reader (a ognuno il suo compito).


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Il mito crollato Da CEO della numero uno del software a spietato imprenditore finanziatore di losche aziende

di Mario Lorenzini

Alla mia nascita, William Henry Gates III aveva 14 anni. Fondò Microsoft quando ero alle elementari. Ma ancora non sapevo chi fosse. Poi, alle medie, Francesco, mio compagno di banco, se ne stava lì con quel libretto che pubblicizzava uno dei primi microcomputer di inizio anni ’80: il Commodore VIc20. Mi attrasse da subito. La grande novità del periodo, l’informatica a portata di tutti, soprattutto dei ragazzi, nelle abitazioni domestiche. Nulla a che vedere con la realtà odierna. Niente mouse, touch screen, assistenti vocali e icone multicolori. Niente spazio di archiviazione remota (sarebbero state parole incomprensibili all’epoca), si pensava più a creare qualcosa dal nulla piuttosto che a usare qualcosa già pronto. Era il momento magico della creatività, da spremere fino in fondo con le pochissime risorse a disposizione. Basti pensare al “computerino” che ho nominato: memoria RAM: 5KB. Avete letto e inteso bene, 5 Kilobytes, con i quali lambiccare la mente alla ricerca del miglior algoritmo scritto nel BASIC di allora. Gli scopi erano più che altro educativi, propedeutici a una futura evoluzione prossima. Ma potevamo anche espandere la memoria fino a ben 32KB! Ma ci voleva un mutuo… Non passò molto tempo che Ci indirizzammo su qualcosa di più “performante”, era quasi il top di allora, il noto Commodore 64. Con i suoi, appunto, 64KB di serie, uno schermo a 80 colonne anziché le 40 del suo fratellino VIC 20 e un chip sonoro di qualità, rendeva fattibili molti progetti. In tanti lo adoperavano quasi esclusivamente a scopo ludico; proliferavano cartdriges con popolari videogames. Ma ci furono altri, come me, che cercarono di esaltare le peculiarità classiche di un pc, l’esecuzione di un programma al fine di creare qualcosa di utile e sostituire una funzione precedentemente svolta a mano. Come le prime agende o diari elettronici che avrebbero dovuto sostituire le rubriche telefoniche cartacee. Man mano che la conoscenza di software e hardware andavano avanti, si intravedevano i primi PC cosiddetti IBM compatibili, dotati del sistema operativo DOS. Il Disk Operating System iniziava il suo cammino di compatibilità per l’interoperabilità tra questi dispositivi. In effetti, i “meno dotati” pc casalinghi come il Commodore 64, il Sinclair ZX Spectrum o il Micro BBC, erano tutti splendidi esempi di implementazioni proprietarie, disgraziatamente slegate fra loro. Potevi scrivere una banale procedura di bubble sort su uno Spectrum, ma solo su un altro Spectrum avrebbe potuto essere eseguita. Se avevi un videogame del Commodore 64, stai sicuro che non lo avresti mai potuto prestare a un amico con in casa un Atari. Non essendoci Internet o memorie di massa capienti e funzionali non ci si poneva di fronte a questo che oggi, dichiaratamente, costituisce un ostacolo. Ma torniamo al DOS o meglio alla sua versione commerciale più distribuita. Benché concorrenti come Novell lanciarono il Novell DOS, o la Digital Research il suo DR-DOS, L’MS-DOS della casa di Microsoft spopolò e divenne in breve tempo il sistema operativo de facto più diffuso. In realtà, la mente tecnica della casa di Redmond era l’amico di Bill, Paul Allen. A lui si deve la stesura del codice delle prime versioni del DOS; si narra che IBM avesse in uscita delle macchine “vuote”, e fosse in cerca di sviluppatori di un sistema operativo. La domanda fu prontamente raccolta dai due giovani fondatori di Microsoft. Gates possedeva indubbie doti predittive sui salti tecnologici, mostrava però più talento come squalo imprenditoriale. Windows, che ha soppiantato il suo sistema operativo a riga di comando, ne è la prova. Non fu tanto dimostrazione di ingegno personale, ma di parziale ruberia ai danni di Apple. L’ambiente grafico di Steve Jobs era una novità in antitesi al software Microsoft, al quale fece, per un attimo, tremare le gambe. Qui Bill Gates impersonò i panni della spia, cercando di capire ciò che si nascondeva sotto il cofano della grafica del Macintosh. Una, seppur perdonabile(?) caduta di stile. Ma Gates non era nuovo a battaglie legali per “scopiazzature di codice”. I suoi avvocati riuscivano a trovare un cavillo per limitare le perdite o intentare cause a loro volta per reati informatici minori. L’importante non era perdere, economicamente parlando, dalla sentenza legale. Vitale era proseguire a diffondere, in maniera capillare, il suo software. Basti pensare al suo motto “Windows everywhere”. Da lì sarebbe derivato, col tempo, il potere: controllo delle piattaforme e ricavo monetario. Nel 2014 Satya Nadella succede al comando di Microsoft, dando a Bill e sua moglie Melissa, più spazio per la fondazione omonima che ha lo scopo di venire incontro a quei ceti sociali più disagiati. Ridurre cioè il divario sociale tra le popolazioni. A marzo 2020 Gates lascia definitivamente l’azienda da lui creata e presieduta dal 1975. Per dedicarsi di più, dice lui, a operazioni umanitarie e benefiche, grazie alla sua fondazione. Apparentemente lodevoli le iniziative promosse dalla fondazione dei coniugi Gates. Del resto, la coppia si è sempre distinta come modello di unità, portata avanti anche con punti di bizzarria. Sapevate che Bill e Melinda, da fidanzati, se ne andavano al cinema insieme? E che c’è di strano, direte voi? Beh, come raccontato nel suo libro autobiografico The road ahead, Non era materialmente così. Per motivi di logistica (studio e lavoro) i due risiedevano in città lontane. Consultavano gli appuntamenti dei film e, lo stesso giorno, alla stessa ora, si recavano in sale cinematografice differenti e distanti chilometri fra loro, ma che proiettavano la stessa pellicola. Per tutta la durata dello spettacolo i due si tenevano in contatto con uno dei primi (e costosissimi) rudimentali modelli di cellulari… Incidentalmente, il distacco dall’azienda di Redmond coincide con l’inizio della pandemia da SARS-COV-2. Nei primi mesi dell’anno successivo, nel 2021, Bill e la consorte annunciano al mondo la loro separazione. Continuano a rimanere assieme nella loro associazione umanitaria, ma non nella vita. Voci mal pensanti mischiano tra le cause della loro rottura, i tradimenti del marito da tempo, con i reali propositi, poco “puliti”, della filantropia del grande Gates. E qui ci addentriamo nella terza età del genio, che romanzato, diviene folle. In questi due anni, dove salute ed economia sono andati a rotoli, c’è chi invece di soldi ne ha fatti a palate. E William non si smentisce nemmeno qui. Tra i vari business di questa situazione pandemica, come i dispositivi di protezione individuale, spiccano altri prodotti, ben (o tristemente) noti: gli pseudo-vaccini consigliati al genere umano. Ma questo era in principio del 2020. Si è poi passati, abilmente e rapidamente, alla raccomandazione, al convincimento e poi all’imposizione. Insomma, qualcuno questi vaccini li ha comprati e pagati. Molti stati, come l’Italia. E pare proprio che lo studio di questi sieri sia stato ampiamente finanziato dal nostro genio dell’informatica. Bill Gates ha così commentato recentemente i suoi affari: «I vaccini sono stati l’investimento migliore che abbia mai fatto». Con una somma concessa a Big Pharma di circa 10 miliardi di dollari, il magnate “disinteressato”, ha ricavato circa 200 sacchi! Ma non si tratta dell’unico esempio di miliardario al mondo che nasce con obiettivi innovativi e utili, ma poi antepone altro e il resto passa, per così dire , in cavalleria. Mi riferisco a Elon Musk, anch’egli tra gli uomini più ricchi al mondo, definito come il visionario delle soluzioni tecnologiche. Ha esordito in Tesla, proponendo un software che dovrebbe essere capace di implementare la guida autonoma. A livello superiore corrisponde una sempre minore ingerenza umana. Fino al livello 5 dove il veicolo risulta in grado di portare a destinazione un passeggero senza alcun intervento manuale. Le applicazioni si sono da subito evidenziate. Disabili di ogni categoria, in particolare non vedenti, che sarebbero sgravati dalla dipendenza di altre persone, gli accompagnatori. Ma vuoi per le complicazioni burocratiche che hanno fortemente frenato questo progetto, vuoi per la percentuale di soggetti a cui questa invenzione si rivolge, attualmente la cosa si è un po’ assopita. Il software Autopilot esiste, trovate numerosi video se solo andate su youtube. Ma la vettura è gestita da utenti vedenti, che nonostante apprezzino il fatto di poter far altro in un tratto di autostrada, prendono la cosa come un gioco al quale danno la minima fiducia. Come Bill Gates, anche Musk si è rivolto altrove, mettendo su un ambizioso programma di viaggio su Marte e nel frattempo, una versione particolare di intelligenza artificiale che mira all’introduzione di un microchip nel cervello. E perché questa ultima e invasiva alternativa? Pare, a detta del suo staff, per riuscire a contrastare alcune patologie neurologiche. Raffrontando le analogie comportamentali dei due maghi della tecnologia, entrambi sono partiti con un qualcosa di iniziale, poi tralasciato per un secondo e più complesso target. Poi ci si rivolge ancora su altro versante, sfruttando, in ambo i casi, il punto debole dell’essere umano: la salute. Lasciando da parte la veridicità delle loro buone intenzioni, Forse sarebbe stato meglio concentrarsi sull’autopilot e portare a compimento tale progetto per il bene di molti disabili. Evidentemente, ciò non basta però a riempire le casse di Elon. Eppure, un’auto Tesla, anche selezionando i modelli base, ha un prezzo di partenza di 60.000 euro, oltre al software autopilot, altri 7.000. Forse molti non vedenti scenderebbero a patti col diavolo pur di acquistare un’automobile del genere. Purtroppo dovranno attendere ancora. Siamo sempre sul fattore del guadagno? A quante persone pensiamo di inoculare un vaccino? A quante di impiantare un chip AI in testa? Molto probabilmente, all’aumentare dei malati, queste richieste cresceranno da sole. E se ci sono in giro persone con deficit visivi ma non ciechi totali, la macchina che va da sé non sarà mai venduta. Festeggiamo quindi, non la vittoria dell’evoluzione tecnologica non ai fini del benessere dell’umanità, ma al fine di far divenire sempre più ricchi e potenti quei pochi soliti noti.


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La moneta digitale ci salverà? Attenti alla tecnologia

di Mario Lorenzini

Nei secoli scorsi il denaro era rappresentato unicamente in maniera fisica. Dalle tintinnanti monete come denari e sesterzi, alle banconote che, col suo significato, documento di banca, già metteva in risalto l’istituzione di un ufficio preposto al controllo della valuta. Questo era visto, in principio, unicamente come un servizio di sicurezza in quanto deposito delle proprie liquidità. Le persone avevano capito che non potevano portarsi appresso tutti i loro possedimenti o nasconderli in casa, pena il forte rischio di furto. Ma così facendo, si dava sempre maggiore potere a un ente demandato non solo alla conservazione dei nostri averi, ma erogatore di altri servizi che, prima o poi, si sarebbero rivelati come costi aggiuntivi o vincoli. E dalla medievale saccoccia con scintillante pecunia alla rappresentazione cartacea, il passo è stato breve. Sulla carta era molto più semplice annotare molte più informazioni, a tutela del correntista e della banca stessa, anziché marchiare a fuoco una moneta come titolo di stato. Poi la filigrana fece la sua comparsa alla fine del XVII secolo, aumentando la durabilità del nostro titolo al portatore. E mentre le banche si fortificavano sempre più con sistemi di allarme, chiusure blindate, i comuni cittadini si attrezzavano con espedienti vari per mettere in sicurezza il proprio contante, il loro stipendio mensile. Il problema era sempre quello di un eventuale rapina, in casa o magari per strada. Portafogli più “robusti” piccole casseforti non sono in grado di scoraggiare malviventi armati. Sotto la minaccia di un’arma siamo noi stessi a cedere in mano quanto richiesto. L’era moderna ci viene incontro grazie a dispositivi come le carte di credito. Una rappresentazione virtuale del nostro ammontare depositato in banca. La tecnologia ha amplificato notevolmente questa soluzione. Dall’associazione del supporto a un PIN di sicurezza, sicurezza non assoluta in quanto la carta anch’essa può essere rubata e il codice si può in qualche modo venire a sapere. In questi casi, non appena ci rendiamo conto di non avere con noi la mastercard o Visa, telefoniamo all’assistenza clienti e blocchiamo il servizio. La carta diventa, per l’appunto, un rettangolino di plastica inservibile. Possiamo chiedere alla banca l’emissione di una nuova credit card. Ma non è tutto. Non solo in questo modo evitiamo di portarci appresso moneta cartacea. Possiamo limitare ulteriormente le transazioni tra noi e un venditore. Non è più indispensabile recarsi allo sportello per prelevare o farlo da un bancomat. Si può pagare subito con la carta e il codice nei negozi, ormai quasi tutti dotati di dispositivo atto a riconoscere i vari circuiti di carte di debito e di credito. La diffusione della rete ha poi dato vita all’home banking, col quale possiamo renderci conto della nostra situazione finanziaria, pagare bollette, effettuare bonifici e altre operazioni, senza recarci in posta o altra filiale di servizi affini con in mano soldi sonanti. Oggi poi, non solo si può evitare la perdita di tempo nello spostamento in tali uffici, oltre al pc, gli attuali smartphone sono capaci di visualizzare il nostro stato del conto corrente e consentirci in piena libertà, di spostare denaro. Talvolta i codici di autorizzazione alle disposizioni non sono più sequenze numeriche o alfanumeriche, ma semplici riconoscimenti della nostra impronta digitale o della nostra faccia (face id). Tutta questa facilità di accesso a servizi potrebbe tuttavia nascondere delle insidie. Potremmo smarrire il nostro telefono con carta associata a Google PAY o Apple PAY. Poco male, dirà qualcuno, basta bloccare il chip della carta (ma che noia). E se dovessero verificarsi interruzioni della connessione? Meglio disporre di un po’ di contante? Ma allora… Senza contare la possibilità di crash dei sistemi, gli attacchi da parte di hackers. L’infrastruttura è tutt’altro che inviolabile. Con i dovuti margini di sicurezza che ne garantiscono l’affidabilità. Ad esempio, il riconoscimento della nostra faccia può non essere effettuato perché cambiamo pettinatura, invecchiamo. Allora sarà obbligatorio fornire una nuova scansione del nostro volto. La biometria è utile sì, ma il nostro corpo, inevitabilmente, varia nel tempo. E come cambiamo codici di accesso per un portale web, così aggiorniamo i nostri dati della persona ai fini della corretta identificazione. Recentemente, abbiamo visto soprusi inaccettabili perpetrati a categorie della popolazione. Mi rivolgo a quei camionisti canadesi che sono stati impossibilitati ad accedere al proprio conto a causa delle proteste da loro mosse contro le imposizioni del governo Trudeau. È verissimo che si può negare il prelievo di contante o altro anche senza bisogno del ricorso alla tecnologia; il fatto è che questa metodologia lo rende immediato. Quel che voglio dire è che i nostri codici, password, identificatori personali, ci mettono in grado di interagire con le nostre “sostanze”. Ma se chi detiene il potere ci vuol bloccare questi “privilegi”, che in realtà sono solo diritti, grazie all’informatica ha velocità e facilità di esecuzione. Invalidare le nostre credenziali e congelare i conti è un attimo. Avremo il tempo di andare a prelevare al bancomat più vicino? Lo spauracchio di questa situazione lo consideriamo lontano per motivi di civiltà, ordinamento giuridico, ultimamente messe in forte discussione. Apparentemente, l’unica scappatoia sarebbe non tanto la moneta dematerializzata che fa riferimento alla nostra liquidità, ma un totale svincolo da questo rapporto, rappresentato da valute virtuali come i bit coin. Il bello di questo approccio è la non presenza di istituti bancari unici o tra loro consorziati. Il nostro portafoglio valori è tale perché viene dato un riconoscimento da chi interagisce con noi. Il brutto è che quello che oggi vale 100 domani potrebbe valere 1. Ma questa, che è stata una delle criptovalute più note, è abbastanza stabile. Il fatto della assoluta mancanza di ingerenza di banche rende l’autonomia personale assoluta. Forse nessuno ci può attaccare. Ma dobbiamo essere noi gli artefici del nostro investimento. Se dovessimo perdere le chiavi di cifratura, avremmo perso il nostro capitale. Qual è la sceltà? Un’occhiata al presente, sperando che le intromissioni e le negazioni sui nostri conti siano accettabili o diminuiscano? Oppure uno sguardo al futuro, azzardando quella libertà di azione che dipende unicamente dalla nostra capacità di gestire il nostro patrimonio virtuale? La risposta, qualunque sia, la potrete dare solo voi.


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Medicina

La dieta per i diverticoli

di Stefano Pellicanò

Un diverticolo del colon è un'estroflessione terminante a fondo cieco della mucosa e sottomucosa che sporge attraverso lo strato muscolare del colon. Poiché non contiene tutti gli strati dell'intestino, è considerato uno pseudo-diverticolo. Possono insorgere ovunque nel grande intestino ma solitamente si formano nella porzione sigmoide del colon, raramente al di sotto del riflesso peritoneale e coinvolgono il retto. I diverticoli hanno un diametro variabile e in genere hanno dimensioni 3 - 10 mm. Quelli con un diametro > 4 cm (segnalati dimensioni di 25 cm ) sono definiti giganti e non hanno etiologia chiara. La diverticolosi è la presenza di uno o più diverticoli nel colon e può essere del tutto asintomatica; quando invece i diverticoli si accompagnano a stitichezza e dolore addominale si parla di malattia diverticolare; la diverticolite, infine, è una complicazione provocata dall’infiammazione di uno o più diverticoli e provoca di solito febbre, forte dolore addominale e blocco quasi completo della defecazione. La frequenza della diverticolosi aumenta con l'aumentare dell'età, è presente in tre quarti di persone > 80 anni. L'etiologia della diverticolosi del colon è multifattoriale e comprende fattori ambientali come una dieta a basso contenuto di fibre o a alto contenuto di carne rossa, uno stile di vita sedentario, l'obesità, il fumo, e l'uso di FANS, corticosteroidi e oppiacei assieme a fattori ereditari; alterazioni della struttura parietale e della motilità del colon e l’aumento nella pressione endoluminale, che porta all'estrusione della mucosa nei punti più deboli della tonaca muscolare dell'intestino. La diagnosi di diverticolosi è basata su colonscopia,videocapsula endoscopica, clisma opaco, TAC o RM. La maggior parte (80%) dei pazienti con diverticolosi è asintomatica o presenta solo costipazione intermittente. Circa il 20% diventa sintomatico con dolore o sanguinamento quando si sviluppano complicanze infiammatorie o emorragiche. I pazienti con diverticolosi a volte sviluppano sintomi gastrointestinali aspecifici, come dolore addominale, gonfiore, stitichezza, diarrea e passaggio di muco dal retto. Le complicanze (15-20% dei pazienti), più frequenti tra i umatori, obesi, HIV+, usano i FANS o in chemioterapia comprendono: diverticolite, sanguinamento diverticolare (10-15%) e colite segmentaria associata a malattia diverticolare. CONSIGLI GENERALI ? Evitare una vita troppo sedentaria e fare attività fisica; ? Mantenere un equilibrato ritmo alimentare, senza saltare i pasti e alternandoli con piccoli spuntini (almeno due al giorno); ? Moderare il consumo di carne e di cibi troppo raffinati; ? Modificare la propria alimentazione sempre in maniera graduale, soprattutto per quanto riguarda l' aumento delle fibre; ? Non interrompere la dieta se compaiono gonfiore alla pancia, meteorismo o flatulenza perché in genere questi disturbi si risolvono in poco tempo; ? correggere i fattori di rischio come fumo, eccesso di alcolici, grassi e carboidrati semplici. N.B.: In caso di "diverticolite acuta" consultare il Gastroenterologo perché si potrebbe avere qualche problema ad assumere fibre perché all'interno dei diverticoli, soprattutto quando sono molto grandi, possono accumularsi piccole sostanze come i semi contenuti nella frutta. Per questo motivo alimenti come kiwi, pomodoro e  cocomero potrebbero dare dei problemi (stitichezza) in caso di diverticolite ricorrente. Inoltre la malattia diverticolare, alterando la motilità e la funzionalità di tutto l' intestino, predispone il soggetto ad un maggior rischio di intolleranze alimentari. DIETA ? Prodotti a base di cereali integrali (pane, fette biscottate,biscotti, cracker) soprattutto a colazione. L'aumento delle fibre vegetali, fino a 30-35 gr/die, deve essere graduale, per evitare o attenuare fenomeni temporanei di gonfiore e distensione addominale talora provocati da un loro brusco aumento nella dieta. La fibra può essere assunta tramite integratori dietetici, per esempio crusca o psillio assunti sempre con molta acqua e lontano dai pasti, per evitare una possibile interferenza con l' assorbimento di sostanze importanti, come il ferro; ? 2-3 porzioni di verdura ogni giorno, cruda e cotta: più ricca di fibra sono agretti, asparagi, cavol fiore, carciofi, funghi, broccoli, melanzane, cicoria ma anche lattuga, radicchio, sedano e carote; ?Due porzioni di frutta al giorno, se possibile da mangiare con la buccia. Preferire mele, arance, pe re e cocomero. Ricchi di fibre sono kiwi, frutti di bosco, nespole, melagrane e prugne asportando i semi; ? Legumi (fagioli, ceci, lenticchie, fave, piselli) due volte alla settimana; ? Bere circa 2 litri/die di liquidi, sotto forma soprattutto di acqua, preferibilmente lontano dai pasti. Se minerale controllare l'etichetta per non bere quelle con oltre 20 mg/litro di sodio. Si possono assumere moderatamente tè, tisane, brodo vegetale, succhi e spremute di frutta; ? I fermenti lattici in chi soffre di malattia diverticolare potrebbero complicare la sindrome da contaminazione batterica ed avere effetto contrario a quanto sperato.  Consigli alimentari in caso di diverticolosi   Consigli alimentari in caso di diverticolite ? Preferire alimenti ricchi di fibre, accompagnandoli ad un’abbondante assunzione di liquidi (acqua non gassata). ?Se necessario, integrare la dieta con supplementi dietetici a base di fibre (psillio, crusca), ma evitare i lassativi. ?Consumare un’abbondante colazione. ?Aumentare il movimento fisico (jog ging, camminate a passo veloce, cyclette ecc.).   ?Vietati spezie, cibi piccanti (pepe, peperoncino, curry, noce moscata), alcolici, bevande gassate e cioccolato. ? Consentiti caffè decaffeinato e tè deteinato; ?Ridurre o eliminare il consumo di latte; tollera te modiche quantità di yogurt e latticini (tranne i formaggi piccanti). ?Evitare semi oleosi, legumi, cereali integrali e più in generale gli alimenti meteorizzanti (champagne, acqua gassata, panna montata, maionese, ecc.). ?Consumare frutta senza buccia e centrifugata (ma non frullata, per evitare che l’alimento inglobi eccessive quantità di aria). ?Evitare le verdure ad eccezione della lattuga.  


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Novità in Farmacopea: XXIII parte

di Stefano Pellicanò

A) INFETTIVOLOGIA SARS-CoVid-19: approvato l’antivirale Lagevrio (molnupiravir) e Paxlovid (PF-07321332 + Ritonavir) in distribuzione dal 4 febbraio 2022 Lagevrio è stato approvato con Determina n° DG/1644/2021 (21A07770), G. U. Serie Generale n°308 del 29/12/2021. É indicato per il trattamento negli adulti con SARS-CoVid-19 che non necessitano di ossigenoterapia supplementare e che sono a maggior rischio di progressione verso sue forme severe. Non devono essere ospedalizzati a causa del virus e devono presentare almeno uno tra i seguenti fattori di rischio, associati all'evoluzione in malattia severa: patologia oncologica/onco-ematologica in fase attiva; insufficienza renale cronica (tranne i pazienti in dialisi o con eGFR <30 mL/min/1.73 m2); diabete mellito scompensato; Broncopneumopatia severa; immunodeficienza primaria o acquisita; obesità [BMI =30] e malattia cardiovascolare grave (scompenso cardiaco, malattia coronarica, cardiomiopatia). Il dosaggio raccomandato è di 800 mg (quattro capsule da 200 mg) per via orale ogni 12? x 5 giorni da iniziare il più precocemente possibile rispetto all’insorgenza dei sintomi, non oltre i 5 giorni dalla loro insorgenza. Paxlovid (PF-07321332 + Ritonavir) è un inibitore della proteasi utilizzabile per il trattamento di adulti con CoVid-19 con forma lieve-moderata che non necessitano di ossigenoterapia supplementare, con “condizioni cliniche concomitanti che rappresentino specifici fattori di rischio per lo sviluppo di Covid-19 severo”, quindi a alto rischio di progredire alla forma grave della malattia. Il principio attivo PF-07321332 blocca l'attività di SARS-CoV-2-3CL proteasi, un enzima necessario per la replicazione del virus mentre la dose ridotta di ritonavir (un inibitore della proteasi utilizzato nell’AIDS) rallenta la degradazione di PF-07321332, permettendogli di restare più a lungo nell'organismo. Deve essere somministrato il prima possibile dopo la diagnosi e entro 5 giorni dall’insorgenza dei sintomi per 5/die. I due principi attivi, disponibili sotto forma di compresse separate, vanno assunti insieme due volte/die x 5/die. Gli effetti indesiderati più comuni fino a 34 giorni dopo l'ultima dose sono stati disgeusia [alterazione del gusto], diarrea e vomito. Paxlovid non va usato nei soggetti con grave ridotta funzionalità epatica e renale e con alcuni specifici farmaci elencati nelle condizioni d’uso perché, a causa del suo meccanismo d’azione, può portare a loro aumenti dannosi dei livelli nel sangue o perché alcuni farmaci possono ridurre la sua attività. Il farmaco non è raccomandato in gravidanza e nelle donne che possono iniziarla e che non utilizzano un metodo contraccettivo. L'allattamento al seno deve essere interrotto durante il trattamento. Dagli studi di laboratorio è emerso che può attivarsi anche contro la variante Omicron.


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Novità in Medicina: XXIII parte

di Stefano Pellicanò

A) DIABETOLOGIA a) Scoperte cinque nuove varianti del diabete di tipo 2 con specifiche caratteristiche genetiche e differenti modalità di insorgenza e decorso Lo svela uno studio coordinato dalla Lund University di Malmö (Svezia) valutando i dati clinico- genetici di circa 8.000 pazienti. Il 6% del campione (forma SAID, diabete severo autoimmune) presentava insorgenza giovanile, scarsa secrezione di insulina, basso indice di massa corporea (IBM) e una componente autoimmune. Molto simile a questa, ma senza componenti autoimmuni, è il diabete severo da carenza di insulina o SIDD (18 %) ha un alto rischio di complicanze oculari e renali. La terza variante, diabete severo insulino-resistente o SIRD (15%) è caratterizzata da insorgenza tardiva, obesità, insulino-resistenza e alto rischio di nefropatia e steatosi epatica. Ci sono poi due forme meno gravi: il diabete moderato obesità-correlato o MOD (22%), che ha esordio precoce, legato all'obesità e il diabete moderato età-correlato o MAD (39 %), insorge in tarda età e è facilmente gestibile. L'analisi genetica ha evidenziato che le diverse tipologie di diabete presentano, almeno in parte, meccanismi di insorgenza differenti: la causa del SIRD, a es., è da ricercare più in anomalie del fegato che del pancreas. Appare evidente che la classificazione in sottotipi con diversi profili di rischio e eziologie al momento della diagnosi potrebbe consentire un trattamento su misura (fonte: Nature Genetics, 2021). A) DIETOLOGIA a) Consigli dietologici per gli asmatici Sul rapporto tra asma e dieta ci sono studi recenti, come quello di ricercatori francesi dell’INSERM (Institut National de la Santé et de la Recherche Médicale) pubblicato sull’International Journal of Environmental Research and Public Health, che ha indagato la possibile relazione tra il grande incremento della prevalenza dell’asma (quasi raddoppiata negli ultimi decenni) e i cambiamenti nello stile di vita e nelle abitudini alimentari. L’articolo afferma che l’obesità è un probabile fattore di rischio per l’asma ma i meccanismi di questo collegamento non sono ancora chiari. Per quanto riguarda la dieta e l’attività fisica, non ci sono studi che mostrino con chiarezza il nesso causale con lo sviluppo dell’asma ma ci sono studi che danno indicazioni che alcuni fattori nutrizionali hanno un ruolo protettivo nel ridurre il rischio di respiro sibilante nei primi anni di vita come le vitamine D e E, zinco e acidi grassi polinsaturi omega-3. Altri studi hanno suggerito che alcune abitudini alimentari posso aumentare il rischio di asma nei figli, soprattutto gli zuccheri semplici e le bevande zuccherate. Il I consiglio nutrizionale riguarda il controllo del peso: obesità e sovrappeso sono fattori peggiorativi dell’asma e anche una modesta riduzione del peso in eccesso può avere un effetto positivo sui sintomi dell’asma. La II indicazione riguarda il consumo di frutta e verdura, che sono fonti di vitamine e antiossidanti, in particolare betacarotene, vitamina A e C, che hanno un’azione antinfiammatorie e di contrasto all’irritazione dei polmoni. La III indicazione include che vanno evitati i cibi a cui si è allergici che possono fare da trigger (fattore scatenante) anche dell’asma. Il IV consiglio riguarda la vitamina D. Nei soggetti con asma severo si possono riscontrare bassi livelli di vitamina D. Le principali fonti di vitamina D sono latte, uova e alcuni pesci oltre che una sufficiente esposizione al sole. Il V consiglio è evitare i solfiti che, usati come conservanti, si trovano nel vino, nella frutta secca, nei sottaceti, nei gamberetti freschi e congelati e in alcuni altri alimenti e possono scatenare i sintomi dell’asma.


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Novità in Sanità Pubblica: XIV parte

di Stefano Pellicanò

A) Impatto dei Social sul benessere psicologico degli adulti Numerose ricerche, condotte con metodi trasversali, hanno indagato sul possibile impatto negativo dei Social sul benessere psicologico negli adolescenti, mancavano dati riguardo l’impatto negli adulti. Studiosi del Massachusetts General Hospital di Boston (USA) hanno svolto una ricerca tramite la somministrazione di un questionario online compilato dagli arruolati una volta al mese per circa un anno (tra maggio 2020 e maggio 2021). Sono state analizzate le risposte di 5.395 soggetti di età > 18, (età media 56 anni), nessuno dei quali presentava sintomi depressivi significativi all’inizio dello studio in base ai punteggi ottenuti del Patient Health Questionnaire di 9 items (PHQ-9). I risultati mostrano che: l’8.9% dei soggetti ha riportato un peggioramento > 5 punti al PHQ-9 durante uno dei completamenti del questionario successivi al primo e che gli utenti di Snapchat, Facebook e TikTok abbiano più probabilità di riscontrare un aumento di sintomi depressivi vs altri social media, in particolare la probabilità era massima per Snapchat (aOR 1.53), seguito da Facebook (aOR 1.42) e poi TikTok (aOR 1.39); l’uso di TikTok e Snapchat è associato a un aumento dei sintomi depressivi nei soggetti in età > 35 anni mentre Facebook in età < 35 ann. L’associazione tra l’uso dei social media e un aumento dei sintomi depressivi non sembra essere influenzata dal supporto sociale o dalle interazioni interpersonali dei soggetti (fonte: JAMA Network Open, 2021). B) Xenotrapianto (trapianto con organi di specie diverse dall’uomo): nuova era nella storia della Medicina? Il trapianto rimane l’obiettivo per i pazienti con insufficienza cardiaca avanzata e l’intervento per la sostituzione del cuore viene eseguito ormai da cinquant’anni con protocolli consolidati. Il 7 gennaio 2022 all’ University of Maryland Medical Center di Baltimora (USA) per la prima volta un 57enne, con insufficienza cardiaca allo stadio terminale, ha ricevuto il cuore di un maiale con dieci modifiche genetiche, infatti sono stati eliminati tre geni associati al rigetto da parte del sistema immunitario dell’uomo, un gene aggiuntivo per prevenire la crescita eccessiva del tessuto cardiaco del maiale e sono stati inseriti nel suo genoma sei geni umani, associati all’accettazione immunitaria dell’organo. Appare evidente che la possibilità di allevare maiali con organi geneticamente compatibili con l’organismo umano aprirebbe prospettive impensabili fino a poco tempo fa.


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Maschera alla fragola

di Anadela Serra Visconti

Per un viso riposato e una pelle levigata, ecco un ottimo cosmetico da preparare in un momento di relax, ora che le fragole sono un frutto di stagione. Mi raccomando: lavatele benissimo. meglio se prese in un negozio bio. Perché le fragole? Perché contengono piccole quantità di acido salicilico, che ha funzione antiinfiammatoria e granellini che favoriscono una leggera esfoliazione cutanea. Contengono anche acido citrico, astringente, sostanze antiossidanti (polifenoli) e tanta vitamina C, tutte utili per ringiovanire la pelle. (N.B.: attenzione per chi è allergico alle fragole! Se avete questo dubbio, provate prima su una piccola zona di cute dell'avambraccio). Perché combinare fragole e yogurt? Lo yogurt. da sempre considerato il cibo della salute, ci può servire per preparare velocissime maschere anti-stanchezza, che in 15-20 minuti ci aiutano ad avere un viso più disteso e riposato. Per questo motivo, dovremmo prendere l'abitudine di tenere sempre in frigo uno yogurt (bianco, intero, compatto) per usarlo all'occorrenza sia da solo che combinato con olii, frutta. miele, ecc. Lo yogurt, per la sua composizione, possiede 3 principali proprietà che lo rendono un ottimo cosmetico: Leviga la pelle, grazie al suo contenuto in acido lattico Ha un effetto idratante, per il suo elevato contenuto in proteine Ammorbidisce la pelle, grazie al suo contenuto in grassi, più concentrati nel tipo “intero”. COME PREPARARE LA MASCHERA sono necessari: 1/2 vasetto di yogurt naturale intero 2-3 fragole mature Frullate fragole e yogurt con un mini-peemer in una ciotola. Applicate il composto ottenuto sul viso pulito. Lasciate poi agire per 20-30-minuti, quindi sciacquate con acqua tiepida. Risultati? il viso appare più disteso ma anche più terso, grazie all'effetto levigante e anti-lucido di questa maschera. Si può ripetere una volta a settimana. Dopo la maschera è importante applicare una crema idratante e, di giorno, una alta protezione solare. Da notare che questo può anche essere un'ottimo cosmetico da mangiare: se ne raddoppiamo le quantità, una metà può essere un'ottima prima colazione, ricca in fibre e fermenti lattici, che regolano l'intestino.


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Massaggio e automassaggio

di Anadela Serra Visconti

Se troviamo il tempo, anzi, se decidiamo per il nostro bene di trovarlo, potremo almeno una volta a settimana concederci un massaggio a casa, allestendo uno spazio caldo e confortevole. Possiamo abbassare le luci, mettere di sottofondo una musica rilassante, accendere qualche candela e diffondere aromi che favoriscano il relax. Possiamo usare un tavolo lungo dove distenderci, o un telo da mettere per terra, un asciugamano grande o un tappeto, anche se molti operatori del settore, portano con sé uno speciale lettino da massaggio trasportabile. Oppure possiamo anche recarci in un centro di massaggi accreditato. Ma come mai il massaggio è così utile per il nostro benessere? Carezze, effusioni e massaggi stanno sollecitando l'interesse degli scienziati. Infatti, ogni contatto epidermico percepito come piacevole, influenza tutta l'economia ormonale dell'organismo con una vera e propria cascata di neurotrasmettitori che può ridurre l'ansia, il dolore e lo stress, e perfino rafforzare le nostre difese immunitarie, aumentando il numero dei linfociti T. E con lo stesso meccanismo vengono liberate anche le endorfine, gli “antidolorifici naturali” prodotti dal cervello che danno anche buonumore. Ecco quindi spiegato il benessere psico-fisico: rilassamento muscolare, miglioramento dell'irrorazione sanguigna, meno dolore e meno ormoni dello stress che circolano nell'organismo. Istintivamente prendiamo in braccio i bambini quando piangono, o li accarezziamo sulla testa per farli addormentare. Abbracciamo e baciamo quelli che amiamo. Le effusioni di due innamorati, o un abbraccio materno, hanno lo stesso effetto benefico sull'organismo: eliminano tensioni e stress, calmano le sensazioni di dolore, migliorano il tono complessivo dell'umore. E una carezza, può aiutarci più di mille parole. Il massaggio non è bello solo riceverlo, ma anche donarlo. Non importa se non si è dei professionisti. Lo si può fare a una persona cara come gesto d'affetto, di generosità, per allentare le tensioni (dell'altro, ma anche le proprie!). A casa, su un divano, a letto, in macchina e, perché no, anche breve, alle spalle, in ufficio, tra colleghi (lo “johrei” pratica diffusa negli uffici giapponesi). Anche l'automassaggio di mani, piedi e viso, eseguito con una crema idratante o un olio profumato, può essere un ottimo modo per rilassarsi, per favorire il sonno quando si è nella vasca da bagno o addirittura già a letto. Potremo preparaci un "cestino del relax" con tutti i nostri prodotti, da tenere vicino al letto, per distendere la mente prima di dormire. Arte & Benessere


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Racconti e poesia

Arriva Tazio

di Antonella Iacoponi

Omaggio a Tazio Nuvolari
La poesia che vorrei condividere con voi rende omaggio a Nuvolari già a partire dal titolo: Arriva Tazio è una canzone del Trio Lescano, composta nel 1937. La figura di Nuvolari rappresenta, a mio parere, una fulgida gemma, intrisa di onestà, costanza, audacia, ferrea volontà,… qualità che traspaiono mirabilmente in ogni istante di questa vittoria. Una vittoria emblematica, in cui l’impossibile diventa possibile, poiché Nivola ha profuso ogni energia nella competizione, credendo in se stesso, a dispetto della superiorità delle auto tedesche e di ogni altra condizione avversa. Così, il grande campione ci ha offerto un immenso dono di speranza, che neppure il trascorrere del tempo può corrompere; un dono prezioso, oggi più che mai, nella difficile situazione che tutti noi stiamo affrontando. Quando la disperazione prende il sopravvento, possiamo chiudere gli occhi, pensare ad un’auto che spunta dalla nebbia più fitta, come un sorriso tra mille lacrime, perché l’impossibile può divenire possibile, ancora e sempre. Arriva Tazio
A Tazio Nuvolari
Nurburgring, 28 luglio 1935
Si snoda il circuito come un lungo serpente
con curve sinuose, a tratti ornate
da fitta nebbia, a nascondere gli orrori del presente
Regime… Le auto sono schierate
Sulla griglia di partenza, lo starter dà il via,
sfrecciano lucenti, sferzate
dalla pioggia battente, ed ecco la magia!
Un’auto dal motore inferiore
a quelle tedesche dipinge una poesia,
un sogno, la conduce un cuore
generoso, sempre capace di donare
tutto sé stesso; sul palco d’onore,
Hitler e i gerarchi stanno a guardare,
d’un tratto, la pioggia cessa come d’incanto,
Nivola riesce ad avanzare
Guizzando, fluttuando… intanto,
pensa alla moglie, ai figli… La tartaruga d’oro,
dono di D’Annunzio, reca fortuna e vanto,
la indossa, appuntata sulla maglia giallo-oro;
dalla nebbia emerge un’auto, non si scorgono i colori,
è coperta di fango… Poi, la folla in coro
esplode in un boato: è Nuvolari!
Lo accoglie un lungo applauso, mai così gradito,
la bandiera italiana avvolge i nostri cuori,
svetta più in alto delle altre, a celebrare un mito.


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Il drago

di Giuseppe Furci

C'era una volta una famiglia molto povera. Giovanni Battista, il capo famiglia, si dava da fare con ogni mezzo per trovare dei lavori, ma riusciva a combinare poco e niente, non certo per colpa sua. Il guaio era che in zona i benestanti, in grado di offrire lavoro, si potevano contare sulla punta delle dita, mentre il resto della popolazione era povera quanto o più di lui. Veniva da sé, dunque, che i suoi simili gli facevano una concorrenza spietata. Un giorno Giovanni Battista è capitato per caso nei pressi della fattoria di un drago. Ha deciso di tentare più per disperazione che per altro. Figurarsi se il drago aveva bisogno di lui! Invece il drago si è dimostrato generosissimo. Come primo atto, gli ha dato un'enorme quantità di viveri da portare ai suoi familiari, poi Lo ha accolto nella fattoria e solo ogni quindici giorni, ogni mese, in base alle necessità, gli consentiva di tornare a casa per un giorno. In cambio gli dava da mangiare e bere a sazietà, lo pagava lautamente e spesso gli forniva altre grandi quantità di viveri da portare alla famiglia. L'uomo ha finito per concludere che una fortuna più grande non poteva capitargli. «Perché non porti qui anche tua moglie e i tuoi figli? -gli ha chiesto un giorno il drago- Qui staranno molto meglio che a casa tua, non ti pare?» A Giovanni Battista pareva e come! Ha ringraziato il drago di vero cuore. «Ne parlerò a mia moglie, -gli ha promesso- e la convincerò, vedrete!» Il drago gli ha accordato il permesso di recarsi subito a casa. La moglie non ha trovato nulla da ridire. Mentre lui ritornava nella fattoria, per procurarsi il carro tirato da due buoi che il drago gli aveva messo a disposizione per il trasporto dei passeggeri e delle masserizie, si è data da fare per radunare i tre figli e per vuotare completamente la casa. Il viaggio si è dimostrato una grandissima festa, la permanenza nella fattoria lo è stata ancora di più. Padre, madre e figli erano estremamente entusiasti, felici. Il tempo volava senza che se ne accorgessero. Tutto è filato a meraviglia fino a quando la signora, buscandosi un raffreddore, è rimasta sveglia per diverse notti a causa della febbre. La prima notte ha sentito improvvisamente dei rumori sospetti. Se n'è rimasta buona buona, fingendo di dormire, per capire cosa stesse succedendo. Così ha scoperto che il drago si è introdotto furtivamente nella camera dove lei ed il marito dormivano con i figli, mettendosi subito all'opera per palparli uno per uno. «Questo è ancora troppo piccolo, -ha bisbigliato palpando il primo figlio- Questo è ancora troppo magro. Questo, invece, comincia ad essere buono, ma è meglio aspettare che cresca un altro poco. Questo è ancora un po’ duro, -ha commentato palpando il marito- ma, a furia di mangiare, finirà per ammorbidirsi ed insaporirsi. la signora è già buona da mangiare, -ha osservato palpandola da cima a fondo- ma è meglio aspettare che le passi la febbre.» Al termine del giro, il drago ha lasciato la stanza, soddisfatto per il risultato dell'ispezione. La seconda e la terza notte la cosa si è ripetuta tale e quale, fornendo alla donna la certezza che non era stata la febbre, a farla delirare. La mattina seguente ha chiamato il marito in disparte e lo ha messo al corrente della situazione. «Non è possibile!» ha commentato Giovanni Battista, che non si era accorto di niente. «Ed invece è la verità, -ha ribattuto la moglie con decisione- Dobbiamo andare subito via, di qui, altrimenti quello ci mangia tutti.» L’uomo ha fatto il diavolo a quattro, per convincerla che si sbagliava, ma alla fine ha dovuto cedere. «Adesso vado dal drago e gli invento una scusa per accompagnarvi a casa, -l'ha rassicurata- Dopo me ne ritornerò qui. Voglio dimostrarti che ti sbagli, moglie mia!» «Fai come ti pare, -ha concluso sconsolatamente la donna, visto che non riusciva a fargli cambiare idea- Ti garantisco, però, che farai la fine del topo col gatto. Solo che, quando te ne accorgerai, sarà troppo tardi, per ritornare indietro.» L'uomo è andato dal drago e gli ha detto: «Mia moglie vuole tornare a casa nostra. Dice che lì riuscirà a curare il raffreddore molto più facilmente e assai più rapidamente di qui, e, per stare più tranquilla, sapete come sono fatte le mamme, ha deciso di portare i bambini con sè. Appena sarà guarita, comunque, tutti ritorneranno nuovamente qui. Dove lo trovano un altro paradiso come questo!» Il drago non ha sospettato nulla e gli ha messo a disposizione ancora una volta un grosso carro tirato da due poderosi buoi. Bisognava trasportare a casa, oltre alle masserizie ed ai passeggeri, una grossa quantità di viveri. Il cannibale ci teneva particolarmente che i bambini continuassero a mangiare come lupi. Lungo il viaggio di ritorno e a casa la donna ha insistito con tutte le proprie forze per far cambiare idea al marito. Lo ha supplicato perfino in ginocchio, ma non c'è stato niente da fare. Quando si è ritrovato di fronte al drago, l'uomo ha esclamato con un sorriso di commiserazione per quella che giudicava la massima stupidaggine che gli era capitato di sentire in tutta la sua vita: Sapete che ha detto mia moglie? Ha detto che ci volevate mangiare tutti. Ho provato a convincerla che non è vero, ma non ha voluto sentire ragione ed ha deciso di restarsene per sempre a casa con i bambini.» «Tua moglie sì che è una persona intelligente, -ha commentato il drago- Da dove vuoi che ti cominci?» «Cominciatemi dalla testa e finitemi ai piedi, -ha risposto l'uomo, ricordando la previsione e le suppliche della moglie- La mia signora è sempre stata assai più intelligente di me. Se le avessi dato retta, adesso non sarei qui. Perciò merito questo ed altro.» Il drago non ha perso tempo ad accontentarlo, facendolo fuori in pochissimo tempo.


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Il pianto di Laika

di Stefano Pellicanò

Mancavano ormai quattro mesi a Natale! Lucio Giacontesi lottava con Monna Morte ma non lo sapeva. L’impatto era stato terribile. Appena la sera prima nel suo appartamento al primo piano, appena fuori città, ogni tanto scostava le tendine della finestra e osservava la pioggia, che cadeva lentamente dal primo pomeriggio. “Brutto tempo per uscire”, pensava tra sé e sé. Intorno alle 7.10, come faceva da anni, si alzò dal letto, fece una rapida colazione, si preparò, baciò Diana, sua moglie, ed uscì. Per le 8,30 doveva essere al lavoro. La pioggia aveva continuato a cadere incessantemente per tutta la notte. In una curva lo schianto. Per evitare l’impatto frontale con un camion, sterzò bruscamente e, anche a causa dell’asfalto viscido, perse il controllo finendo in un fossato dove un canneto attutì parzialmente le conseguenze di un volo di circa tre metri. Lucio si ritrovò sull’ambulanza, chiamata da un’automobilista di passaggio, che lo portava all’Ospedale più vicino, il S. Giovanni Bosco. All’inizio non realizzò cosa fosse accaduto, si sentiva solamente molto confuso ed indolenzito. La sua mente cominciò a ripercorrere alcuni episodi della sua vita. Pur provenendo da una famiglia non facoltosa, padre operaio e madre casalinga, aveva studiato arrivando alla maturità scientifica di cui ricordò la notte insonne prima delle prove finali. A un certo punto rivide come in un film la storia d’amore con Diana e si ritrovò con un sorriso sulle labbra mentre lacrime di felicità gli scendevano sulle guance. Un mercoledì di dodici anni prima (ricordava il giorno!) era andato all’Ospedale a trovare il suo amico Paolo, ricoverato per una brutta broncopolmonite con complicanze micotiche e, al bar, conobbe casualmente Diana, che assisteva la mamma ricoverata in Chirurgia, come lei gli raccontò, e non credeva ai propri occhi: aveva il volto ideale di donna che aveva sempre sognato! “Ma allora esiste davvero!” aveva sentito una voce dirgli dentro ma riuscì comunque, sia pur a fatica, a mascherare l’emozione. Nei giorni seguenti pensò spesso a quel casuale incontro ma, stranamente, non fece nulla per incontrarla nuovamente e in seguito, ripensandoci, si meravigliò con sé stesso. Poiché la degenza di Paolo fu lunga, circa tre mesi, Lucio successivamente la incontrò spesso al bar, dove andava a prendere qualcosa per l’amico, avvertendo sempre un tuffo al cuore e un grande senso di pace interiore. Anche lui non doveva essergli indifferente, aveva riflettuto Lucio in seguito; spesso, quando si salutavano, Diana gli diceva che aveva avuto molto piacere a incontrarlo e che sperava di rivederlo presto. Ogni volta avevano tantissime cose da raccontarsi come se si conoscessero da sempre. Risero quando scoprirono che erano vicini di casa senza mai incontrarsi. Parlavano guardandosi profondamente negli occhi, più di una volta Lucio ebbe l’impulso di baciarla, di fronte a tutti, ma riuscì a controllarsi, anche se una volta le mise una mano sulla spalla che lei non allontanò. Diana gli appariva come una ragazza ingenua, sensibile e premurosa nei confronti del prossimo. Presto scoprirono di avere molte idee in comune. A entrambi, cresciuti in epoca pre-PC e pre-Internet, sembra passato un secolo, piaceva leggere molto. Entrambi amavano molto gli animali e pensavano che quelli che si definiscono umani sono spesso in realtà disumani mentre quelli che vengono chiamati animali sono provvisti non solo di istinto ma anche di sentimenti, ovviamente in base al loro sviluppo cerebrale e danno manifestazioni di affetto disinteressato da cui gli umani dovrebbero talvolta prendere esempio. Si chiedevano, infatti, se fosse semplice istinto quello di animali che hanno salvato esseri umani in vario modo; i cani o gatti che aspettavano il padrone fuori dall’Ospedale dov’era ricoverato o avevano ritrovato la casa dei loro padroni a distanza di chilometri o andavano al cimitero sulla loro tomba. Lei ricordava che nel giardino di casa dei suoi genitori stazionava spesso una mamma-gatta in attesa di partorire cui con sua madre Angela dava del cibo. È notorio che una frequente causa di morte dei gattini è la congiuntivite virale e che mamma-gatta abbandona i piccoli ammalati al loro destino, semplice istinto o si rende conto che non può curarli adeguatamente (?), per pensare agli altri. Ebbene più volte mamma-gatta portò un piccolino all’ingresso di casa come a chiedere aiuto. La mamma di Diana, colpita dalla cosa, consultato un veterinario, li curava con un collirio cortisonico con ottimi risultati. Ebbene i gattini erano riconoscenti e quando li incontravano andavano loro incontro festanti e si facevano accarezzare. Semplice istinto, pensavano, quello di Diesel, il cane poliziotto di S. Denis (Parigi, 2015) che colpito a morte trova la forza prima di spirare di arrancare fino al suo amico poliziotto o superbia dell’uomo, spesso distruttore della natura ?. Concordavano che nella società attuale conta solo l’apparenza ed il tornaconto personale mentre in passato talvolta si moriva per le ideologie e per gli ideali. L’ultima novità sbandierata nei giornali e telegiornali era il passo indietro del politico, colto con le mani nella marmellata che, anziché essere disprezzato e incarcerato, veniva elogiato perché si ritirava cavandosela così a buon mercato, di fronte alla giustizia, sempre dalla parte dei più forti, mentre per la prima volta nella storia nazionale parecchia gente si suicidava per problemi economici. Diana si chiedeva perchè una donna che aveva subito violenza veniva sottoposta ad altra violenza, per le domande cui era sottoposta, e che, per ottenere un lavoro, a volte bisognava sottoporsi a pratiche umilianti e ricatti anche di tipo sessuale. Un pomeriggio spontaneamente Diana gli raccontò dei soli tre uomini della sua vita che aveva lasciato quando aveva capito che non avevano intenzioni serie. “Rappresentano il passato” tagliò corto, la sua voce si incrinò e il suo viso si fece tirato all’improvviso. Con Diana ormai non si vedevano da circa quattro anni. Aveva fatto tutto lei dopo quasi due anni dal loro casuale incontro, aveva desiderato così, aveva stabilito senza alcuna spiegazione che la soluzione migliore fosse di non vedersi più. Lucio non capiva, non la giustificava, sentendosi semplicemente preso in giro, non voleva ammettere che qualcuno avesse giocato con i suoi sentimenti comunque, dopo qualche mese, in occasione del suo compleanno, le inviò un mazzo di lavanda viola e asfodelo (amore a prima vista e rimpianto, rispettivamente, nel linguaggio dei fiori) che finì nelle scale. “Una cosa mai vista” commentò stupita la fioraia che aveva tentato di consegnarglielo. Per Lucio fu uno dei periodi più brutti della sua vita, riuscendo maldestramente a mascherare la sua cocente delusione. In questo periodo iniziò a scrivere una poesia, l’unica della sua vita, che non riuscì a completare: “L’amore è un sogno. Nella vita ho conosciuto tante donne ma una sola è entrata nel mio cuore all’improvviso, dolce e radiosa facendo impazzire il mio cuore! Vorrei sedermi con te su uno scoglio, prenderti per mano, dirti tante cose, ascoltarti, sfiorarti le guance e stringerti forte a me e fermare il mondo! Senti come batte il vento sul tuo volto, sul tuo corpo, alle tue finestre? Forse sono io, per sempre in eterno, fino a quando saremo vicini, per sempre, oltre la vita, oltre la morte […]!”. Per quasi quattro anni avevano fatto di tutto per evitare di incontrarsi, riuscendoci, per non ferirsi, evitando con accuratezza di frequentare gli stessi luoghi. Lucio passava da un ingresso secondario dell’Ospedale. Gli venne riferito che stranamente Diana cambiava spesso il colore dei capelli. Solo in un’occasione, una sera, sul Corso si stavano incontrando e non fu affatto piacevole. Quando la vide Lucio sbiancò in volto e scappò via letteralmente, poichè non sopportava di vederla sempre più bella ma non sua. Avrebbe in realtà voluto chiederle se si fosse fidanzata con un altro ma temeva che lei non avrebbe risposto e soprattutto che la risposta sarebbe stata affermativa. Un pomeriggio Lucio si recò a un Convegno al Comune e quando, alla conclusione, si avvicinò al buffet se la ritrovò all’improvviso di fronte, apparsa chissà da dove e più bella di come la ricordava, il suo cuore cominciò a battere velocemente ed ebbe l’impressione che tutti, lei compresa, lo sentissero battere all’impazzata. Lei si avvicinò, splendida nel suo lungo abito nero, i lunghi capelli biondi sciolti, i tacchi alti e con un dolcissimo sorriso lo salutò. Lucio non capì semplicemente più nulla, gli cadde la coppa di spumante dalle mani e rispose solo con un cenno della testa. Dopo pochi istanti si ritrovarono mano nella mano in un angolo del salone senza dire nulla ma, guardandosi profondamente negli occhi, dopo un lungo abbraccio si baciarono, con un bacio interminabile incuranti degli altri, come due ragazzini. Diana, piangendo, si giustificò del suo strano comportamento spiegando che il suo ex fidanzato, da poco arrestato per tentata rapina, rivelatosi violento e affiliato a un clan mafioso, l’aveva sottoposta a stalking, minacciandola che avrebbe massacrato di botte chi l’avrebbe avvicinata per cui lei si era comportata così per proteggerlo. Dopo qualche settimana, un mattino Lucio la incontrò casualmente e le chiese all’improvviso se volesse sposarlo. Diana, apparentemente presa alla sprovvista (ma in realtà forse si aspettava quella domanda), ebbe bisogno soltanto di un attimo di (apparente) riflessione per rispondere. Dopo due mesi, la vide arrivare all’altare della Chiesa di S. Antonio in un abito bianco con un lunghissimo strascico, sorretto da quattro bambine anche loro vestite di bianco, al braccio del padre. Un anno dopo nacque Maria e Giulio due anni dopo. Per festeggiare i sei anni di Maria, le fu regalata Laica (con la c, non con la k!), una bastardina di due anni col pelo bianco con macchie marroni ed occhi verdi. Era molto affettuosa e quando un familiare usciva, anche se per poco, al rientro veniva accolto sulla porta festosamente, in attesa di coccole (sempre gradite). Era ormai una componente della famiglia a pieno titolo. Assorto in questi ricordi Lucio non si rese conto che ormai l’ambulanza era giunta all’ingresso del “S. Giovanni Bosco”. La nebbia si era un pò diradata e mentre la barella usciva dall’ambulanza il suo sguardo si posò sugli alberi dove c’erano tanti uccelli che sentiva cantare. “Strano che non li ho mai notati prima, in occasione delle mie visite!” pensò per un istante. Una piccola folla di curiosi si avvicinò alla barella. Mancavano ventotto giorni a Natale quando Lucio venne dimesso dall’Ospedale e cominciò a trascorrere la convalescenza circondato dall’affetto dei suoi cari e di Laica che, quando Lucio si recava nello studio, si accucciava sul divano. Un pomeriggio Diana, Giulio e Maria uscirono per fare shopping, ormai era quasi Natale. A posteriori notarono che dal mattino Laica, stranamente, non si avvicinava facendo capire che voleva essere coccolata ma appariva molto triste, rifiutò il biscottino della colazione e non pranzò. Lucio a un certo punto, seguito da Laica, si spostò nello studio dove aveva cominciato a leggere da qualche giorno il Saggio “Genocidio. La conquista del Regno delle Due Sicilie: la grande mistificazione, il dolore della memoria, il ricordo dopo l’oblio (Dossier per il Tribunale Internazionale dell’Aja)”, pubblicato per i tipi della Calzone Editore, graditissimo regalo di Diana, da cui decise di annotare appunti in quanto intendeva fare dei riassunti tematici da inviare, per posta elettronica, ai suoi amici, cui lo pubblicizzava disinteressatamente ma solo per amore della verità storica. L’aveva subito ritenuto interessante perché, a fronte di una rigorosa documentata ricostruzione storica, si evinceva una storia dell’Unificazione dell’Italia ben diversa da quella studiata a scuola, scoprendo che il Sud “da sempre povero, arretrato, terra di analfabeti ed emigranti” è un falso storico perché la sua situazione viene raffigurata “dopo” la conquista piemontese attribuendola all'amministrazione precedente. In realtà era ricco (fonte: Banca d’Italia), aveva primati in tutti i campi a livello italico, europeo e mondiale; l’analfabetismo albergava altrove come pure l’emigrazione in quanto vi lavoravano maestranze inglesi e tedesche. L’Autore, non di parte, già nell’introduzione anticipa che metterà il lettore in grado di giudicare gli eventi traendo da solo le conclusioni. Descritte anche le tragiche conseguenze della “liberazione”: deliberata distruzione dell’economia meridionale; primi campi di concentramento dell’epoca moderna con vari crimini; massacri indiscriminati e stupri anche di minorenni. Tutte le atrocità sono documentate negli Atti Parlamentari, nelle relazioni delle Commissioni d'Inchiesta sul Brigantaggio, nei vari carteggi parlamentari, negli Archivi di Stato dei capoluoghi interessati e dello Stato Maggiore dell'Esercito. Ogni tanto Lucio si alzava dalla sedia, si toglieva gli occhiali, scostava le tendine della finestra e guardava fuori. La neve scendeva lentamente dal primo pomeriggio, non sembrava che dovesse smettere presto ed aveva ormai imbiancato la strada. Ad un certo punto riprese a leggere. A tarda sera, quando Diana ed i figli rientrarono, Laica non si fece loro incontro festante ma era accucciata ai piedi di Lucio, le lacrime scendevano copiose dai suoi occhietti vispi, che era seduto alla sua amata scrivania con il Saggio aperto e con la penna in mano. Inutili furono i tentativi del 118, accorso immediatamente, di rianimarlo. Era morto per infarto miocardico acuto! Quattro giorni dopo era Natale !


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Io sono raro

di Di Paula Morandi Treu

Al centro della sala del museo
s’innalza una colonna bianca
radiante tra i sussurri di un corteo
nell’ammirar ciò che lei porta, alta e stanca.
Raggi di luce spara verso il cielo
sanguigna, poi sul blu e poi s’allarga
e` il diamante rosso scoperto con gran zelo
nell’Africa più nera, cosi` riporta la sua targa.
In tutto il mondo c’e` sol quest'esemplare
ti strega, ti rapisce con la sua bellezza
anche se di pietre ve ne son di rare
ognuna impreziosita da una sua cortezza.
Per me raro era una parola positiva
perché significava unicità e bellezza
non avrei mai abbinato ad una cosa rara una cattiva
ma solo incanto, amore, genuinità e bellezza.
Ora sono io quel diamante raro
perché l’umanità e` come una catena di montaggio
e l’essere diverso e` un prezzo da pagare caro
un percorso da affrontare con ben si tanto coraggio.
Nulla e` più come prima
ci si lascia alle spalle il vecchio mondo
e si entra in un nuovo e sconosciuto clima
dove interessi solo a ogni studioso.
Il mondo, quello originale,
non ti cerca più tra i suoi amici
e tutto ciò che prima era banale
si e` trasformato in sforzi invani e lunghi attimi infelici.
Sei chiuso in una grande stanza
senza finestre o porte per entrare o uscire
intrappolato ma non perdi la speranza
anche se e` la società che non può capire.
Ora sei un diverso, pur essendo raro
gli amici veri ti resteranno a fianco
e chi non era vero non ti sarà più caro
ma di coloro tu sei proprio stanco.
Si parla di ricerca, di diritti vari
ma a te che te ne importa, se son tutti vani
non e` cosi`, che le opportunità son pari
noi siamo rari e nelle loro mani.
Dietro ogni cartella c’e` un rassegnato pianto
una madre, un padre, un giovane innocente
e di tempo ce ne vuole ancora tanto
prima di poter curare tutta questa gente.
Ed io, sanguigna come quel diamante rosso
attendo con fermezza quel gran giorno
disseminando la speranza a più non posso
perché qui giù mai più non ci ritorno.


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Riflessioni e critiche

In memoria del prof. Dante Bassetti (1940- 2005) e del prof. Luc Montagnier, premio Nobel della Medicina 2008 (1932-2022)

di Stefano Pellicanò

Con molta umiltà il modesto contributo del sottoscritto è dedicato alla memoria di due Studiosi con la “esse” maiuscola a differenza dei tanti attuali osannati giullari e saltimbanchi della Medicina. A) Il prof. Dante Bassetti (1940-2005) Il prof. Dante Bassetti è nato a Genova il 18 febbraio 1940 laureandosi in Medicina e Chirurgia nella locale Università nel 1964, conseguendo la specializzazione in Pediatria nel 1966 e in Malattie Infettive nel 1971. a) La carriera professionale del prof. Dante Bassetti Ha lavorato, come Aiuto-primario, al Gaslini e al San Martino di Genova fino al 1979, quindi è stato chiamato a Padova come primario del reparto di Malattie Infettive, è poi passato con lo stesso incarico all’Ospedale Civile Maggiore di Verona, nel quartiere di Borgo Trento, quindi è ritornato a Genova nel 1991 come professore ordinario di Malattie Infettive all’Università di Genova e primario dell’ Unità Operativa di Malattie Infettive I della stessa Università (Clinica Malattie Infettive e Tropicali dell’Ospedale San Martino, I Clinica Malattie Infettive dell’Istituto Gaslini). Tra i vari incarichi è stato direttore del Dipartimento di Patologia Infettiva del San Martino, e del Centro di riferimento regionale per la prevenzione, la diagnosi precoce e la cura dell’AIDS al San Martino, presidente della Commissione regionale della Liguria sulle Malattie Infettive. Dante Bassetti, con i suoi baffi grigi, girava per le corsie del San Martino e del Gaslini visitando i pazienti riservando la stessa attenzione e dedizione a tutti, dai più grandi ai più piccoli, tipicamente con sotto al camice bianco la cravatta regimental, i pantaloni colore fumo di Londra e le scarpe nere. Nel suo studio di primario, invece, riceveva spesso indossando un blazer blu scuro. Erano proverbiali il tono pacato e le sue buone maniere, tanto da alzarsi personalmente per aprire la porta all'ospite di turno. Poi la giornata non finiva, si recava ancora in laboratorio. È stato autore di una decina di libri, con una tiratura di mezzo milione di copie, in pratica ogni infettivologo italiano ha in biblioteca almeno uno dei suoi libri sulla terapia antibiotica. I colleghi, lo chiamavano … il “mago degli antibiotici” e infatti molti modelli e protocolli di cura, sono stati seguiti con successo da tanti altri medici, tuttavia era anche un Medico pratico, di quelli in prima linea, ha visto il primo caso di AIDS in Italia, così come per la SARS e per lo Stafilococco. b) La morte del prof. Dante Bassetti (2005) Il prof. Dante Bassetti è morto il 12 settembre 2005 nel reparto che dirigeva, all’Ospedale S. Martino, circondato dall’affetto di tutti, affetto che notoriamente non è facile ottenere quando si è Direttore, a dimostrazione che era una persona semplicemente straordinaria. Non ha mai smesso di lavorare, nonostante la malattia, anzi il lunedì precedente aveva corretto le bozze dell’ultima edizione del suo libro Antibiotici e Chemioterapici. c) L’eredità morale del prof. Dante Bassetti Alla luce di quanto sta avvenendo dall’ inizio della pandemia da SARS-CoVid-19 con tanti giullari laureati in Medicina e politici, piccoli aspiranti messia e falsi profeti ci pare importante ricordare che, quando c'era un allarme o un'emergenza sanitaria, il prof. Bassetti era uno dei primi a essere chiamato a Roma come consulente al Ministero della Sanità dove, nel trambusto di tali avvenimenti, rilasciava dichiarazioni senza sensazionalismo e auto-referenzialità o smania di protagonismo ma semplici, chiare e comprensibili per il pubblico, evitando di tirarsi indietro o di parlare con troppi termini strettamente tecnici pertanto poco comprensibili per il pubblico. Quando era opportuno, anzi, per sdrammatizzare, sceglieva, senza esagerare, anche una battuta. Dovrebbero prendere esempio taluni attuali squallidi figuri che imperversano in televisione qualcuno dei quali probabilmente a breve lo ritroveremo in politica, d’altra parte è notorio che chi non sa far …. niente si dedica alla politica e i (drammatici) risultati sono sotto gli occhi di chi vuol vedere. Come dimenticare tutti i pareri e i contro-pareri propinatici dai saltimbanchi televisivi da inizio pandemia ?. La loro credibilità scientifica e personale va messa certamente in discussione, probabilmente il prof. Dante Bassetti chissà quante volte si è rivoltato nella tomba ! B) Il prof. Luc Montagnier (1932-2022) Il prof. Luc Antoine Montagnier è nato il 18 agosto 1932 a Chabris, comune francese situato nel dipartimento dell'Indre, regione del Centro-Valle della Loira. a) La carriera professionale del prof. Luc Montagnier Nel 1953, dopo la laurea in Scienze Biologiche, si iscrisse alla facoltà di Medicina e si dedicò in seguito all'Oncologia, ottenendo nel 1960 un dottorato di ricerca alla Sorbona di Parigi e divenne ricercatore presso il Centre National de la Recherche Scientifique (CNRS). Nel periodo 1960 - 1964 svolse alcuni tirocini in Gran Bretagna presso i centri di ricerca di Carshalton (periferia di Londra) e Glasgow e nel primo, nel 1963, isolando RNA a doppio filamento in alcune cellule infettate dal virus della encefalo-miocardite, ipotizzò un possibile coinvolgimento di sequenze a doppio filamento di RNA come matrice per la replicazione virale. Dal 1965 al 1972 fu direttore di un laboratorio di ricerca dell'Istituto Curie vicino Orsay, nel dipartimento dell'Essonne, regione dell'Île-de-France, a 22 km a sud-ovest di Parigi. Venne quindi nominato capo dell'Unità Oncologica Virale dell'Istituto Pasteur e, nel 1974, direttore del CNRS. Nel 1982 venne contattato dall'Hôpital Bichat di Parigi per collaborare alla ricerca sulla possibile causa da retrovirus della sindrome da immunodeficienza acquisita (SIDA/AIDS) e l’anno seguente, attraverso una biopsia linfonodale di un paziente, la sua equipe isolò il virus LAV (lymphadenopathy- associated virus, “virus associato a linfoadenopatia”). L'anno seguente un gruppo di studiosi statunitensi, guidato da Robert Gallo, capo laboratorio del National Cancer Institute di Bethesda (Maryland), confermò la scoperta del virus, su un campione inviato da Parigi per conferma, cambiandone il nome in “virus T-linfotropico umano di tipo III” (HTLV-III). Si accese quindi una disputa sulla paternità della scoperta attenuata nel 1987, anche grazie all'intervento del presidente americano Ronald Reagan e francese Jacques Chirac, che sostennero che la scoperta del virus andasse suddivisa equamente ma riprese nel 1990, quando il Chicago Tribune rivelò che i campioni analizzati da Gallo non provenivano da un paziente statunitense, come sostenuto da quest’ultimo, ma erano quelli forniti dall'Istituto Pasteur. Gallo affermò che la scoperta del virus era tecnicamente attribuibile al professore francese e i due si riavvicinarono alla fine degli anni Novanta. Nel 1986 Montagnier isolò un secondo ceppo del virus HIV, l’HIV-2, diffuso soprattutto in Africa, e venne insignito del premio Albert Lasker per la ricerca medica (Tab. I). Da allora sono stati trovati parecchi sottotipi del virus, anzi dopo venti anni, ricercatori di Abbott Diagnostics hanno individuato un nuovo ceppo HIV-1, classificato come gruppo M, sottotipo L, su un campione prelevato nel 2001 nella Repubblica Democratica del Congo, nell’ambito di uno studio per la prevenzione della trasmissione materno-fetale. Il sottotipo L, una sotto-tipologia che contava, a oggi, solo altri due tipi di virus HIV con questo terzo è stato ufficialmente distinto come sottotipo autonomo. Poiché sarebbe più simile ai virus più antichi ci sarebbero ulteriori ceppi circolanti facendo ipotizzare che l’epidemia di HIV è ancora in corso e in evoluzione (fonte: Journal of Acquired Immune Deficiency Syndromes, 2019; Gio2000, anno XXII numero II (77) giugno 2020). In seguito s'impegnò in progetti di prevenzione dell'AIDS e nella ricerca di un vaccino. Gradualmente però si arrivò alla conclusione che non era possibile arrivare a un vaccino efficace verso tutti i sottotipi del virus in quanto il Tab. I: Riconoscimenti al prof. Montagnier . - Premio Lasker (1986) - Japan Prize (1988) - Nobel della Medicina (2008) - Premio Scuola medica salernitana (2011) - Sigillo dell'Università degli Studi di Salern  (2011) regolatore tat del suo genoma era estremamente variabile. Nel 2008 gli venne nato il Premio Nobel per la Medicina per la scoperta del virus HIV (tab. I). Nel 2012 venne nominato direttore del Chantal Biya International Reference Centre (CIRCB) Tab.II: Onorificenze al prof. Montagnier - Cavaliere dell’Ordine della Legion d’Onore (1984) - Commendatore dell’Ordine nazionale al Merito (1986) - Ufficiale dell’Ordine della Legion d’onore (1990) - Commendatore dell’Ordine della Legion d’onore (1993) - Premio Principe delle Asturie per la ricerca scientifica e tecnica (Spagna, 2000) - Grand’Ufficiale dell’Ordine della Legion d’onore (2009) di Yaoundé (Camerun), centro internazionale di riferimento nella lotta a HIV e AIDS, unico nell'Africa centrale con capacità di tracciamento e monitoraggio continuo dei casi. Nell'ottobre 2014 Montagnier siglò un accordo di collaborazione con l'I.R.C.C.S Neuromed. b) Il suo pensiero in contrasto con la comunità scientifica internazionale Nel corso degli anni alcune posizioni del prof. Montagnier si sono scontrate con la medicina ufficiale. L'accanimento contro di lui che ne è seguito, dimostrazione che il Potere non accetta voci fuori dal coro, dimostrava la necessità di ascoltarlo - Considerazione sul virus H.I.V. Il 14 marzo 2010 affermò che il virus dell'HIV era eradicabile stimolando il sistema immunitario con un corretto schema nutrizionale basato sull'assunzione di antiossidanti e integratori. Durante una sua intervista alla trasmissione Le Iene nello stesso anno, affermò che anche un bacio profondo poteva essere causa di trasmissione del virus. Ricerche sulla memoria dell'acqua Ha pubblicato vari lavori sull’argomento, principio alla base dell'omeopatia promossa da uno studio dell'immunologo Jacques Benveniste, sostenendo che quest’ultimo sia stato un moderno Galileo, in quanto ricusato dai suoi contemporanei nonostante la bontà delle sue idee ma aggiungendo che, pur non essendo possibile affermare con certezza che l'omeopatia sia sempre nel giusto, si poteva ritenere scientificamente valido il sistema di diluzioni multiple e che questi fenomeni meritassero ulteriori ricerche. Nel 2009 sostenne la possibilità di diagnosticare patogeni intestinali grazie a onde elettromagnetiche originate dal loro DNA e trasmesse dalle molecole d'acqua circostanti e quella di individuare il DNA dell'H.I.V. in pazienti in cui il virus non era più rilevabile con i metodi diagnostici standard. Ancora le onde elettromagnetiche prodotte dal DNA, in individui esposti precedentemente a patogeni, potrebbero essere correlate all'insorgenza di autismo, morbo di Parkinson, sclerosi multipla, morbo di Lyme e artrite reumatoide. Nel 2010 affermò di aver accettato il ruolo di dirigente di un laboratorio di ricerca all'Università cinese Jiao Ton (Shanghai) per poter proseguire i suoi studi, essendogli stati negati alcuni finanziamenti in Francia. L’anno seguente nello studio DNA waves and water illustrò come alcune sequenze di DNA avrebbero indotto segnali elettromagnetici di bassa frequenza in soluzioni acquose altamente diluite, le quali manterrebbero poi “memoria” delle caratteristiche del DNA stesso. Per tali ricerche è stato aspramente criticato facendogli dire che fosse vittima di una “persecuzione intellettuale”. - Uso della papaya in terapia Il prof. Montagnier ha affermato che la papaya conterrebbe sostanze benefiche capaci di contrastare la sindrome acuta respiratoria grave (SARS) e il morbo di Parkinson. I soliti “critici a prescindere” hanno sostenuto che non sono stati pubblicati studi a conforto. Tutto il mondo ha visto in televisione che papa Giovanni Paolo II, affetto da Parkinson, e trattato dal professore ha mostrato, a un certo punto, una notevole riduzione del tremolio delle mani. - Affermazioni sui vaccini in generale A partire dagli anni 2010 Montagnier ha espresso dubbi sulla sicurezza dei vaccini, correlati all’autismo e a altre patologie esprimendosi in maniera contraria a un uso intensivo delle vaccinazioni, sostenendo come gli undici vaccini obbligatori previsti in Francia sarebbero troppi e che in generale l'obbligo vaccinale sarebbe “un errore medico e politico”. Anche per queste considerazioni è stato aspramente criticato dimenticando che da sempre illustri pediatri, abbiamo studiato, hanno ipotizzato possibili danni sull’organismo dovuto a eccessive stimolazioni vaccinali che potrebbe portare al blocco del sistema immunitario. - Considerazioni sul virus SARS-CoV-2 Nell'aprile 2020, in un'intervista ha dichiarato che il virus responsabile dell’attuale pandemia, iniziata a fine 2019, sarebbe originato in modo artificioso da un laboratorio di ricerca della città cinese di Wuhan durante alcuni studi sulla possibile creazione di un vaccino contro il virus HIV e sarebbe il risultato di una manipolazione, utilizzando il coronavirus come vettore di antigeni nei pipistrelli. A conferma alcuni frammenti di DNA dell’HIV sarebbero stati trovati nel genoma del SARS-CoV-2 (fonte: Agence France Presse, 2020). In un’intervista a Pourquoi Doctor, ha spiegato che con il biomatematico Jean-Claude Perez, aveva analizzato il genoma di questo virus a RNA aggiungendo: « Non siamo stati i primi, un gruppo di ricercatori indiani ha pubblicato, ritrattando subito dopo, uno studio che mostrava che il genoma completo di questo virus ha all’interno sequenze del virus dell’AIDS: la sequenza di HIV è stata inserita nel genoma del coronavirus, per tentare di fare il vaccino […]. Utilizzando onde interferenti si potrebbero eliminare queste sequenze e, di conseguenza, fermare la pandemia. Ma ci vorrebbero molti mezzi ». Montagnier è noto per aver denunciato la pericolosità dei vaccini e della vaccinazione obbligatoria, ritenendo ci sia il rischio che nonostante « la buona volontà dell’inizio, si avveleni l’intera popolazione a poco a poco », aggiungendo che, nel diffondersi della pandemia, avrebbero potuto avere un ruolo anche le frequenze elettromagnetiche della tecnologia 5G, che era stata recentemente introdotta e ampiamente diffusa proprio a Wuhan. Una ricerca della California University, ha rivelato che l’infezione virale nei pipistrelli porta a una risposta rapida del loro sistema immunitario che spinge il virus fuori dalle cellule, proteggendoli, ma spingendo anche il virus a riprodursi più rapidamente nell’ospite, prima che questo inizi a difendersi. Alcuni sono in grado di attivare questa forte risposta antivirale, ma anche di bilanciarla con una risposta anti-infiammatoria, ospitano molti virus e in particolare i coronavirus, che costituiscono il 31% del loro viroma. Sembra che durante le migrazioni obbligate, la loro carica virale aumenti, le loro feci o urine si depositano sulla frutta, vengono ingerite da altri mammiferi (primo passaggio di specie) e, dopo essere ospitati dai pipistrelli, per infettare l’uomo, passano attraverso un intermediario. Così i filovirus di Ebola (attraverso gorilla e scimpanzé), Marburg (le scimmie verdi africane), il virus Hendra (Australia, 1994) ha attaccato i cavalli, il virus Nipah (Malesia, 1999) venne trasmesso dai maiali, il coronavirus della SARS (Severe Acute Respiratory Syndrome) attraverso gli zibetti, piccoli felini che vengono mangiati in Cina (2002) e il Lyssavirus della rabbia del pipistrello australiano (1996, 2012), senza intermediario. Considerazioni sui vaccini per SARS-CoVid-19 Intervistato nel dicembre 2020 da France Soir dichiarò che il processo di approvazione a cui erano stati sottoposti i vaccini a mRNA per CoVid-19 non ha analizzato possibili effetti collaterali, compresi potenziali effetti cancerogeni; sostenne poi di non volersi vaccinare contro il virus, optando eventualmente in caso di infezione per una terapia a base di antibiotici (azitromicina) rifacendosi a uno studio italiano del 2020 secondo cui il virus potrebbe essere batteriofago. È notorio che gli antibiotici non hanno azione antivirale ma, secondo studiosi dell’University of British Columbia di Vancouver, le Tetracicline, potrebbero essere valutate come profilassi o trattamento nell’infezione da SARS-CoVid-19 in quanto hanno dimostrato attività antivirale contro altri virus, potenti effetti antiinfiammatori, buon assorbimento polmonare e sono molto più sicure dell’Idrossiclorochina. L’idea aveva incontrato il consenso di molti clinici e ricercatori in tutto il mondo (Pharmacotherapy online, 08/04/2020). Ancora ricercatori dell'Università di Bologna hanno analizzato 48.635 genomi di coronavirus isolati nei laboratori di tutto il mondo, tracciando la distribuzione geografica, individuando sei ceppi virali, e la frequenza delle diverse mutazioni, circa 7 mutazioni in media a campione, meno della metà vs al virus dell'influenza. I sei ceppi virali individuati erano: il ceppo L, quello originale di Wuhan, rilevato a dicembre 2019; il ceppo S, la prima mutazione, comparsa a inizio 2020; a metà gennaio sono stati isolati i ceppi V e G. Da quest'ultimo a fine febbraio sono derivati i ceppi GR e GH, che tutti insieme costituiscono il 74% di tutte le sequenze genomiche analizzate e sono caratterizzati da quattro mutazioni. Come distribuzione geografica, i ceppi G e GR sono i più diffusi in Italia e in U.E. In particolare il ceppo GH sembra essere assente in Italia ma molto presente in Francia e Germania. In Nord America il ceppo prevalente è GH, mentre in Sud America il ceppo GR. In Asia, dove si è diffuso inizialmente il ceppo L, stavano aumentando i ceppi G, GH e GR, comparsi all'inizio di marzo. Gli studiosi hanno inoltre individuato alcune mutazioni rare, meno dell'1% del totale dei genomi sequenziati, ma è importante continuare a studiarle per identificarne la funzione e tenerne sotto controllo la frequenza (fonte: Frontiers in Microbiology, 2020). Ricordiamo che anni fa nelle scuole di specializzazione di Malattie Infettive veniva insegnato che era assolutamente controindicato vaccinare in corso di pandemia. Da uomo di scienza, che aveva studiato per una vita i vaccini, non sarebbe mai stato contro i vaccini infatti non era contrario ai vaccini ma verso questo vaccino perché non studiato a lungo e era assolutamente contrario al suo uso nei bambini. Tra l’altro sosteneva che con questo vaccino i contagi non sarebbero calati e che la terza dose non avrebbe protetto dal virus ma provocato l'AIDS. Quello che è certo, con buona pace dei prezzolati virologi della domenica, è che sono state accettate acriticamente le percentuali di efficacia sostenute dalle Case farmaceutiche dei loro vaccini; non risultando studi, come da norma, con indicazione dei risultati su quanti pazienti arruolati. Ricordando il tempo ristretto in cui i vaccini sono stati posti in commercio appare evidente quali fasi di sperimentazione clinica sono stati saltati (Tab. III). Ricordiamo che nel numero II (77) giugno 2020 nell’articolo “Prospettive terapeutiche farmacologiche e vaccinali per SarsCov2. Stato dell’Arte” abbiamo scritto, secondo scienza, che i tempi per l’allestimento di un vaccino sicuramente efficace “erano incerti, lunghi e anche se la comunità scientifica internazionale stava facendo uno sforzo enorme per accelerare al massimo, certamente non inferiori a 1-2 anni, in quanto c’erano tempi tecnici da rispettare. Nella migliore delle ipotesi prevedevamo almeno diciotto mesi per portare a termine gli studi di fase 1, che consistono nelle verifiche su sicurezza e capacità di provocare una risposta immunitaria (Tab. III), poi si doveva passare alla fase 2, in cui vengono stabilite dosi e schedule di somministrazione, quindi alla fase 3, cioè lo studio di efficacia su soggetti a rischio e infine quelli fase IV, di analisi dei risultati da parte delle Agenzie Regolatorie e includono gli studi condotti dopo l’approvazione del farmaco nell’ambito delle indicazioni approvate e in piena osservanza di quanto contenuto nel Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto (RCP). Questa fase è detta della “sorveglianza post marketing” perché viene attuata dopo l’immissione in commercio. In questa fase, che può durare qualche anno, si acquisiscono ulteriori e nuove informazioni e vengono valutate le reazioni avverse più rare, quelle che negli studi clinici non potevano emergere, ma che con l’uso di massa del nuovo farmaco possono diventare rilevabili. Si potevano stringere i tempi ma, poiché i passaggi erano obbligati, tutti i vaccini disponibili finora avevano richiesto un minimo di otto anni, tra ideazione e immissione. A fine ottobre 2020 l’O.M.S. ha ricordato che prima di ottenere l’approvazione di un vaccino occorrevano « rigorosi esami e valutazioni sulla sua sicurezza e efficacia »; Sergio Abrignani, ordinario di Patologia generale all’Università Statale di Milano e direttore dell’Istituto nazionale di genetica molecolare Romeo ed E. Invernizzi, ha evidenziato che gli studi di fase III sono chiamati “di efficacia e sicurezza” proprio per essere sicuri che siano sicuri e efficaci”, pertanto se si producono dosi da somministrare in spregio a questa regola, si deve parlare di “sperimentazione umana non controllata” che in Occidente, con le nostre Agenzie Regolatorie, si riteneva non potesse succedere. Come in ogni sperimentazione clinica di un vaccino, ci sono due tipi di rischio: la possibilità di avere effetti collaterali al momento della vaccinazione (lo studio di efficacia si interrompe) o la possibilità che quando un vaccinato si infettasse, l’infezione possa avere un decorso più severo pertanto, al contrario di quanto detto dai virologi della domenica è incontestabile che i sottoposti a questa vaccinazione sono cavie e, d’altra parte gli stessi ci hanno detto, cinicamente e senza vergogna, che pure che qualcuno muore per la vaccinazione non è un problema (chissà se la penserebbero così se interessasse un loro congiunto) e gli effetti collaterali di questi vaccini sono secretati per cinquanta anni, ovviamente quando le cavie non ci saranno più, per chiedere un risarcimento economico, mentre oggi per i giullari laureati in Medicina, non Medici, è facile trincerarsi dietro la frase magica “non c’è nesso di causalità”. Si dovrebbero giustificare delle loro temerarie affermazioni a es., che l’AstraZeneca era efficace, sicuro e senza effetti collaterali e … in effetti è stato ritirato dal commercio. È incontestabile che dopo la vaccinazione sono morti molti medici, infermieri e cittadini che godevano di ottima salute con vasculopatie cerebrali (talvolta con una faccia “tipo Ebola” con perdita di sangue tra l’altro da naso, occhi e orecchie), infarti miocardici acuti anche in giovani atleti, ecc. Il prof. Montagnier era impegnato a trovare una terapia contro il CoVid, più che un vaccino, con un laboratorio in Italia e uno staff di ricercatori. Il suo rammarico era la mancanza di finanziatori per fare ricerca infatti era stato trattato male, sia in Francia che in Italia, in pratica emarginato. Il 15 gennaio 2022, intervenuto a una manifestazione in piazza XXV Aprile a Milano (fig. 19), dove, a dispetto dei detrattori, è apparso del tutto lucido e rispondendo sempre a tono alle domande, affermò che i vaccini utilizzati per contrastare la diffusione del virus non funzionano e che anzi favorirebbero altre infezioni, che alcuni loro componenti fossero tossiche e che somministrarli ai bambini fosse un crimine. c) La morte del prof. Luc Montagnier (8 febbraio 2022) Luc Montagnier è morto l'8 febbraio 2022 nell’ospedale americano di Neuilly-sur-Seine, alle porte di Parigi ma la notizia è stata ufficializzata due giorni dopo dal quotidiano francese Libération che ha avuto accesso al certificato di morte depositato presso il comune di Neuilly-sur-Seine situato nel dipartimento dell'Hauts-de-Seine nella regione dell'Île-de-France. Il mistero sulla sua morte è iniziato la mattina del 9 febbraio tra annunci e smentite. France Soir ha confermato la notizia intorno alle ore 16 di mercoledì 9 febbraio, citando come fonte il dr. Gérard Guillaume, uno dei suoi più fidati collaboratori che avrebbe anche confidato che sarebbe morto in pace circondato era disperato perché si sentiva abbandonato dal suo Paese e dalla comunità scientifica; non si era disperato perché si sentiva abbandonato dal suo Paese e dalla comunità scientifica; non si dall’affetto dei suoi figli. Trascorrono le ore e nessun altro grande media francese riprende la notizia, per confermarla o smentirla mentre in Italia Imola Oggi la rimuove; la sua famiglia non conferma e non smentisce. Soltanto nel pomeriggio del 10 febbraio, la conferma del decesso arriva dal quotidiano francese Liberation, che accerta la veridicità dell’articolo di France Soir. «Vogliamo sapere se è morto e come », chiedono in tanti. « Il “silenzio” che stava avvolgendo la sua scomparsa, che fa seguito al semi-silenzio per la morte del dr. De Donno (il “padre” della terapia col plasma iperimmune suicida nell’estate scorsa), la dicono lunga sul fatto che qualche “mente raffinatissima” (per dirla alla giudice Falcone) probabilmente si è tolto di mezzo due figure ingombranti e scomodissime ! », commentano altri. “Montagnier aveva quasi 90 anni, un cuore affaticato e una salute incerta” afferma Margherita Enrico, giornalista, divulgatrice scientifica e scrittrice (fig. 14, 21) amica ventennale del professore, “ se n’è andato in pace, anche se due settimane fa gli avevo telefonato e era disperato perché si sentiva abbandonato dal suo Paese e dalla comunità scientifica; non si capacitava di come tutto il suo lavoro di una vita fosse di colpo cancellato sotto l’etichetta di No Vax”. Per quanto riguarda l’Italia, Byoblu ha confermato citando, oltre che France Soir, anche un tweet della genetista Alexandra Henrion-Caude che ha attirato l’attenzione in quanto ha parlato di lutto nazionale per la morte di un professore, senza tuttavia citarne esplicitamente il nome. Un altro sito francese Mediamass, giudicato fonte poco attendibile nelle prime righe del testo ha scritto: “Sembrerebbe questa voce sia infondata. Ribadiamo che la notizia della sua morte non è stata data da tutti i telegiornali, quelli che ne hanno parlato hanno detto che è morto per CoVid (in realtà per problemi cardiaci) visto che non era orgogliosamente vaccinato, nessuna notizia e servizio sui funerali … mentre per divi e divette dalle alterne transitorie fortune e sui loro amoruzzi vari si trova ampio tempo e spazio televisivo ! Che tristezza, che squallore ! d) L’eredità morale del prof. Luc Montagnier Nel corso della storia della Medicina ci sono stati spesso contrasti di opinioni tra scienziati che non sono mai andati oltre un civile contradditorio pertanto il prof. Montagnier, fino a pochi anni fa osannato da tutto il mondo scientifico, non si è mai permesso di insultare colleghi che non concordavano col suo pensiero. Una disputa internazionale, a es., fu con Peter Duesberg, professore di Citologia e Biologia molecolare all’Università della California che, nel 1996, pubblicò il libro Il virus inventato, con prefazione di Kary Mullis, premio Nobel per la Chimica nel 1993, affermando che non ci fosse un nesso tra il virus dell’HIV e l’insorgenza dell’AIDS ma che quest’ultimo fosse provocato da una serie di fattori coincidenti, estranei al virus, tra cui perfino la scarsa igiene personale e l’uso di stupefacenti. L’opinione di Duesberg, pur non condivisibile dalla scienza ufficiale, poneva comunque alcuni quesiti meritevoli di riflessione, come il fatto che il virus non fosse l’unico responsabile dell’insorgenza dell’AIDS conclamato. Oggi questo ruolo, a parti invertite, sembra essere toccato proprio al prof. Montagnier che sul CoVid ha assunto una posizione estremamente critica al limite del negazionismo, quasi in maniera speculare rispetto a trenta anni fa quando, di fronte a Duesberg, difendeva la versione ufficiale. Tenendo presente i colossali interessi economici dietro la pandemia, a lui oggi è toccata l’emarginazione e gli insulti (Come è scesa in basso la scienza, se questa è scienza !) da vivo e da morto, da parte di piccoli gnomi, veri quadrupedi con carta d’identità, quindi registrati all’anagrafe che forse ignorano che la vera gloria è soltanto quella post-mortem. C’è da chiedersi, a proposito, a che titolo e chi ha dato l’autorità a un clown televisivo di arrogarsi il diritto di giudicare un premio Nobel “vecchio pazzo”, anziché chiedersi in che condizioni arriverà (se arriverà) a 90 anni e soprattutto cosa avrà scoperto durante la sua (misera) vita professionale e quanti premi Nobel avrà conseguito. Ci sembra interessante ricordare che in pochi mesi sono stati ritirati 33 articoli scientifici su SARS-CoVid-19 (elenco al 2020 non aggiornato), per i motivi più diversi, es. dati errati o copiati o ripetuti su diverse riviste (fonte: Retraction Watch, 2020). Il primo articolo ritirato, a febbraio, suggeriva delle strane similitudini tra il virus e l'IV. Nella lista ci sono diverse ricerche, poi ampiamente riportate dai media, come uno studio francese sull'efficacia dell'idrossiclorochina. L'ultimo era una lettera al direttore pubblicata sul Korean Journal of Anesthesiology (“Noninvasive versus invasive ventilation: one modality cannot fit all during COVID-19 outbreak”) di A. Singh dell'All India Institute of Medical Sciences di Nuova Delhi che affermava che per alcune categorie di pazienti gravi una ventilazione non invasiva porta più benefici dell'intubazione,plagio dell’articolo “Non-invasive versus invasive ventilation in COVID-19: one size does not fit all!” pubblicato in Anesthesia and Analgesia, con la disposizione di titolo e sottotitoli identica, con poche modifiche nel testo. e) Considerazioni sulle infamie degli sciacalli sui Social È notorio quanto i Social riescano a tirar fuori il peggio dalle persone, che non rispettano neanche i morti (che bel progresso !). Nel caso della morte del professore disgustano i commenti di alcuni twittaroli, che non l’hanno mai conosciuto, vere nullità soprattutto sotto il punto di vista umano che, cresciuti nutrendosi di Social e Internet credono di sapere più di chi ha dedicato una vita nella propria specializzazione, su cui non ci soffermiamo per pietà essendo solo spazzatura umana che hanno comunque come cattivi maestri i giullari della medicina, magari pagati 5000 € a comparsata televisiva, per affermare cose smentite dai fatti o magari da loro stessi il giorno dopo. Ricordiamo che qualcuno si è permesso di insultare in televisione un “premio Nobel, un uomo di grande cuore e ricercatore libero” ma guardandosi bene di accettare il pubblico contradditorio, vera espressione di arroganza del Potere in una falsa Democrazia dove chi non ha portato il cervello all’ammasso e devia “dal pensiero dominante” viene emarginato e esposto impunemente al pubblico ludibrio da piccoli utili idioti senza arte né parte. C) I miei due incontri con il prof. Dante Bassetti e con il prof. Luc Montagnier Ripensando alla mia carriera di Aiuto-Corresponsabile di un Ospedale di provincia, la mia più grossa soddisfazione professionale, giovane medico, specialista in Malattie Infettive, Malattie del Fegato e Malattie del Ricambio, autore di circa duecento pubblicazioni scientifiche e di dodici volumi editi a stampa, soprattutto di Medicina, sono stati i due incontri con i due illustri scienziati. In servizio di volontariato a Lourdes il 25 settembre 2002 partecipo al Convegno Nazionale “Attualità nella ricerca e nella terapia dell’AIDS ed aspetti etici“ e, come relatori, ci sono il prof. Dante Bassetti e il prof. Luc Montagnier. Premetto che a quest’ultimo si potevano porre domande solo in sede congressuale, indicando nome, cognome, provenienza e col traduttore simultaneo, altrimenti bisognava prenotarsi alla sua Fondazione e era circondato da guardie del corpo. A conclusione del Convegno pongo in maniera indiretta (i colleghi presenti non erano tutti infettivologi) un quesito sulle responsabilità della vera origine dell’AIDS (fig. 23). Sobbalzando dalla sedia e guardandomi fisso negli occhi mi risponde in maniera indiretta e puntiforme confermando i miei sospetti che poi riporterò nel volume “Manuale di Igiene e Profilassi”(ISBN: 978- 88-97215-03-5, Calzone Editore, anno 2009). In quell’occasione il prof. Montagnier ha detto ufficialmente che stava trattando papa Giovanni Paolo II con un preparato sperimentale a base di erbe africane (poi si è saputo fosse la papaya). Finito il Convegno, essendo di servizio e uscito in permesso, rientro in Ospedale quindi non partecipo al buffet. Il mattino dopo alla stanza del mio albergo suona il fotografo ufficiale della manifestazione che porge a mia moglie una busta con le foto scattate la sera prima. Di norma le foto sono esposte nel suo negozio e sono a pagamento. Mia moglie, sorpresa, chiede il dovuto al che la risposta è “il Professore ha detto che il dottore non deve nulla !” Nei giorni seguenti ho saputo che la sera del Convegno il Professore ha cercato “quel medico calabrese” per parlargli al di fuori della sede congressuale. Mi è sembrato corretto scrivergli una lettera per ringraziarlo, pur ipotizzando che la segreteria non gliel’avrebbe consegnata. In quell’occasione ho colloquiato col prof. Dante Bassetti (fig.25), parlando, tra l’altro, del paventato rischio politico del ridimensionamento/chiusura delle Divisioni di Malattie Infettive, poi criminalmente portato a termine dai nostri politici con i drammatici risultati, su cui non ci soffermiamo, ottenuti all’arrivo dell’attuale pandemia. Da quel colloquio scaturirono nel tempo gli articoli “L’uomo e le malattie infettive una lotta che non conosce fine”, il Quotidiano, 14/02/2008; “I Reparti di Malattie Infettive restano a rischio chiusura”, il Quotidiano, 28/02/2008; “L’uomo e le malattie infettive, una lotta senza fine: i superbatteri antibiotico - resistenti sfida del XXI secolo. Stiamo entrando in una Era post-antibiotica ?”, Gio2000, anno XVIII, n° III, 62, settembre 2016 concludendo che, poiché era facile ipotizzare che la lotta tra l’uomo e le Malattie Infettive sarà senza fine, in quanto nella storia dell’umanità trovata una terapia per una malattia a distanza di anni ne insorgerà una nuova, in queste malattie, poiché nulla è davvero prevedibile, bisogna essere pronti per quello che ci si aspetta e, nello stesso tempo, stare attenti a quello che non ci si aspetta. In riferimento al Convegno il quotidiano Gazzetta del Sud ha pubblicato un articolo dal titolo “Evento religioso, occasione scientifica”, corredato dalla figura 24. Ho rincontrato nuovamente il prof. Dante Bassetti il 16-19 ottobre 2003 a S. Margherita Ligure all’ “International Meeting on Antimicrobial Chemotherapy in Clinical Practice ( ACCP 2003)”, affabilissimo come sempre e ha presentato ai colleghi il timidissimo figlio Matteo, che appariva lampante che viveva sotto l’ombra protettiva del padre e non riusciva neanche a parlare. Alla morte del padre (12 settembre 2005) in brevissimo tempo ottiene tutte le sue cariche fino a diventare oggi una star televisiva. Da notare che il prof. Mario Rizzetto, oggi Ordinario in Gastroenterologia all'Università di Torino, che nel 1977, poco più che trentenne, individuò l’antigene Delta (o D) dell’Epatite D, antigene difettivo, una pietra miliare dell’Epatologia che ha un impatto clinico importante poiché, sovra-infettando i portatori dell'Epatite B, ne aggrava una persistente Epatite o crea una nuova malattia nei portatori sani dell'Epatite B, la prima volta che si è presentato al concorso per primario di Gastroenterologia è stato bocciato ! Il mio secondo incontro col prof. Montagnier, invece, è avvenuto a Firenze il 21-24 gennaio 2004 alla Conferenza mondiale: “World Conference: Securing treatment and care for people living with HIV low - income countries: where are we now?”. Lo vidi seduto nella hall circondato dalla scorta e mi sono trattenuto dall’avvicinarlo valutando che sicuramente, data anche l’età avanzata, non si poteva ricordare del sottoscritto. Dopo una notte insonne, non esagero, passata a riflettere sull’occasione persa, il mattino dopo, mentre il prof. stava andando sul palco per andare a relazionare non ho … resistito. Gli sono corso dietro, la scorta ha cominciato a respingermi, lui si è girato e mentre l’affollatissima sala aspettava la sua relazione è sceso a parlarmi (fig. 24). Mi ha confermato che la mia lettera non gli era mai pervenuta e continuava a parlarmi mentre la scorta ha cominciato a … spingere lui per salire sul palco. D) Il j’accuse motivato di un infettivologo non prezzolato Per esperienza di vita possiamo affermare, senza tema di essere smentiti, che l’etica nel tempo subisce variazioni, non sempre in meglio, soprattutto se sposata al vile denaro, ritenendo che “tutti hanno un prezzo”. Ai tempi dell’AIDS, 1981, (quanti morti …) le Case farmaceutiche erano partite alla ricerca di un vaccino ma, dei tanti approntati, per i motivi che abbiamo anticipato, nessuno arrivò alla fase IV di sperimentazione clinica pertanto nessuna Casa, altri tempi, altra etica, evidentemente, si sognò di proporlo per l’utilizzo. a) La bufala dell’Influenza aviaria (2005) Nel 2005 la notizia del probabile rischio che la mutazione del virus H5N1 potesse provocare una pandemia umana ha attivato la macchina mediatica del falso allarme individuando l’aviaria come un’emergenza sanitaria globale con ondate di panico e comportamenti sproporzionati rispetto a un problema che fortunatamente i fatti hanno poi riportato alle sue reali dimensioni. In realtà ogni anno in U.E. i veterinari assistono a epidemie di influenza aviaria che, appunto, interessa gli uccelli. Il principale serbatoio del virus H5N1 sono i volatili acquatici, come anatre, polli, tacchini, quaglie, sporadicamente balene, foche, equini, suini, tigri (piccioni, passeri e storni sarebbero refrattari) che anche se asintomatici lo eliminano con le feci. In Italia si erano verificate due epidemie veterinarie a alta patogenicità (anni 1997-98 e 1999-2000) e cinque a bassa patogenicità (anni 1999/2000; 2001/2002-2003; 2004/2005). Il sottoscritto ha relazionato su invito, gratuitamente, in parecchie scuole di Crotone a docenti e studenti dove, con molta umiltà, sosteneva che, pur essendo possibile teoricamente l’intreccio tra uomo e virus H5N1 non si spiegava perché si doveva accettare acriticamente in quell’anno quella possibilità. Partì subito la corsa al vaccino, si favoleggiava nella necessità di una vaccinazione annuale associata all’anti-influenzale, poi si anticipava una ulteriore necessità di vaccino per altro virus aviario, previsto per l’anno successivo. La risposta si è avuta dopo quasi un anno: una Casa statunitense, produttrice di un antivirale, pronta al fallimento con pronte le lettere di licenziamento per i dipendenti, foraggiò “importanti scienziati” che andassero in televisione a seminare il panico. Da tutto il monto l’antivirale fu comprato e l’Azienda in breve risanò il bilancio. Non risulta che qualche Stato abbia chiesto il risarcimento-danni. b) Vaccino anti-Influenzale con principio attivo sotto-dosato (2006) L’anno seguente in Divisione abbiamo riscontrato molti ricoveri per sindrome influenzale di pazienti con gravi problemi respiratori, vaccinati. É notorio che la vaccinazione anti-influenzale non protegge al 100% ma l’obiettivo è di contrarla in forma lieve. L’anno dopo una mattina alle notizie del TG5 si sente (per l’unica volta nella giornata, come talvolta “stranamente” succede) che l’anno precedente, la Casa produttrice del vaccino, per risparmiare, pur pagandosi a prezzo pieno, aveva sottodosato il principio attivo. Anche in questo caso non risulta una richiesta di risarcimento-danni. c) Vaccinazione anti-Rosolia con ceppo Wistar RA 27/3 (2009) La persistenza a valori sostanzialmente invariati di IgM-rosolia per mesi o anni dopo la vaccinazione o falsi positivi in soggetti con altre infezioni virali o autoimmuni, costituiva in tutto il mondo motivo di preoccupazione e di rinvio di un’attesa gravidanza (fonte: Circolare Ministero della Salute 5 agosto 2005, n° 2; G. Uff. n° 211 del 10 settembre 2005). Tutti i casi di gestanti IgM-positive devono quindi essere valutati singolarmente con un attento monitoraggio. La nostra osservazione ha dimostrato la persistenza nel tempo di IgM- rosolia, ipotizzando per fattori legati all’adiuvante del vaccino, assieme a livelli protettivi di IgG, pertanto a differenza di quanto si credeva comunemente era possibile, in quella situazione, programmare tranquillamente una gravidanza e appariva superfluo eseguire, in quel caso, il test di avidità delle IgG virus-specifiche, tentare l’isolamento virale e la ricerca del genoma virale in PCR. Giustamente le donne in età fertile dovrebbero ricevere il vaccino se non gravide e consigliando di non diventarlo nei 3-4 mesi successivi ma, poiché nel prodotto abortivo non risultano segnalazioni di riscontro di antigene vaccinale, si può ragionevolmente sostenere che un’eventuale/accidentale vaccinazione in questo caso non costituisce motivo di interruzione della gravidanza (fonte: Center for Diseases Control. Rubella vaccination during pregnancy, USA 1971-1988; M. M. W. R., 1989; 38:289; Center for Diseases Control. Rubella prevention; M. M. W. R ., 1990; 33 (RR-15: 1) anche se sussiste l’obbligo etico del Medico di informare sui teorici danni fetali, massimo dell’1,4 % (fonte: G. D’Alessandro, Patologia infettiva e gravidanza 2001, 1° volume: 192). Poiché ritenevamo auspicabile che le Case produttrici/distributrici a livello mondiale del vaccino MPR segnalassero al più presto sulla scheda tecnica la nostra osservazione, regolarmente segnalata al Ministero della Salute secondo prassi, che non portava loro alcun pregiudizio, anzi, poiché altrimenti persisterebbe l’allarmismo legato all’inspiegabile persistenza delle IgM-rosolia con probabile rinvio della programmazione di una gravidanza per mesi o anni, abbiamo scritto ottenendo in pratica la raggelante risposta che la Casa era “interessata solo a vendere il vaccino” (fonte: S. Pellicanò, “Manuale di Igiene e Profilassi” ISBN: 978-88-97215-03-5; Calzone Editore, 2009). D) Le pressioni sulla ricercatrice che ha scoperto la variante Omicron (2022) La dr.ssa Angelique Coetzee (fig.27), capo della South Africa Medical Association, la ricercatrice che il 18 novembre 2021 ha scoperto in Sud-Africa una nuova variante, poi battezzata Omicron dall'O.M.S., ha dichiarato, nel febbraio 2022, a un’intervista al quotidiano australiano Daily Telegraph, di aver subito pressioni da parte delle potenze europee e della comunità scientifica internazionale, per affermare il contrario, dopo aver dichiarato che la nuova variante era di bassa gravità, in quanto ”non aveva idea di cosa stesse parlando” e hanno continuato a attaccarla, tuttavia la ricercatrice “non ha inteso cambiare le sue dichiarazioni a meno che non le vengono fornite prove cliniche, a tutt’oggi mai arrivate, a dimostrazione del suo errore di valutazione”. Considerazioni conclusive Il povero prof. Montagnier ci ha lasciati, nel silenzio immeritato della sua grande conoscenza. Qualcuno ha parlato di mafia, i metodi sono gli stessi, più subdoli, meno espliciti ma quando qualcuno mette in dubbio il verbo incarnato del Potere, viene messo a tacere, mediaticamente se basta, altrimenti … Montagnier, De Donno, Biscardi e altri …, tutte “causalità?” Le sue tesi di Medico e di ricercatore hanno fatto molto discutere e già questo dovrebbe confermare di per sé la sua importanza se infatti, non avesse più alcun peso le sue parole non sarebbero né seguite nè commentate, viceversa l’affanno con cui si vorrebbe smontarlo fa capire il meccanismo della Propaganda. Dovrebbe far riflettere e fare paura che giornalisti generalisti, tuttologi, si possano auto-assegnare la patente di “verificatori dei fatti” da piattaforme social che poi fanno scattare ammonimenti e censure. In una Democrazia compiuta e in uno Stato di Diritto quello costituzionale di manifestare il pensiero dovrebbe essere rispettato su tutte le piattaforme. Ci sono da chiedersi i motivi dell’accanita campagna stampa condotta contro la sua persona in nome della ... “verità” . E se i fatti di cui parlava fossero un buon punto di partenza per capire cosa starebbe realmente accadendo e se avesse ragione lui a parlare dei non vaccinati come una frontiera di studio per capire le distorsioni della campagna vaccinale? È indubbio che la vera Scienza, con la “S” maiuscola, si nutre di dubbi e di problematiche da mettere sempre a confronto, anche una ipotesi che apparentemente può sovvertire le pseudo verità dei vari Governi. Probabilmente il prof. Montagnier non solo ha stimolato la Medicina e la Scienza a sovvertire gli interessi economici delle potentissime multinazionali del Farmaco ma ci ha aiutato a mettere in discussione il concetto ormai “sacrale” che è stato dato ai vaccini, sui cui risultati gli stessi cittadini a un certo punto hanno cominciato a dubitare in quanto inizialmente erano stati presentati come il solo rimedio possibile, invece poi i vaccinati (all’inizio Israele docet) si sono contagiati al pari dei non vaccinati, gli infettati con la terza dose sono gradualmente cresciuti. All’inizio si diceva che i non vaccinati contagiavano, poi si è visto che lo erano anche i vaccinati … Ci hanno detto che quest’ultimi non sarebbero finiti in terapia intensiva come se fosse automatico che il paziente di SARS-CoVid-19 finisca in terapia intensiva mentre oggi sappiamo il contrario ma ormai l’attenzione della propaganda si è spostato dai registri della vaccinazione a quelli del terrore: “vaccinati per non finire in terapia intensiva”, quindi martellamento psicologico quotidiano con i numeri delle terapie intensive. Il giornalista e opinionista Franco Bechis, direttore del quotidiano Il Tempo, ha smentito i dati delle terapie intensive presentati con le grafiche del Governo che, evidentemente, deve far leva sulla paura per coprire le falsità dette da vari esponenti governativi in conferenza stampa e deve, a es. far dimenticare circolari come Tachipirina e vigile attesa e che ha lasciato andare in giro col green pass vaccinati ormai fuori copertura. C’è da chiedersi se i pazienti vengono ricoverati perché la gestione della malattia e stata sottovalutata dal medico di base e se un diverso approccio terapeutico non avesse potuto impedire l’accesso alla terapia intensiva. È notorio che tante persone con tre dosi si sono ammalate, hanno detto di essere state malissimo e poi di essere state curate e guarite con le monoclonali, ebbene quanti pazienti, vaccinati o non, possono avere accesso al trattamento? Tante convinzioni a senso unico degli scienziati televisivi hanno iniziato a sgretolarsi, le loro verità hanno cominciato a essere mezze verità, come i numeri che dichiarano sull’adesione alle manifestazioni anti-vaccinazioni quando la realtà a loro non piace. Con tutte le notizie che non è più possibile nascondere, come faranno gli impostori al governo? Perché il Piano Pandemico Nazionale non era stato aggiornato? E Ursula Van Der Layen che tratta quasi due miliardi di vaccini per l’U.E. con superficialità, con dei semplici sms al sig. Albert Bourla, amministratore delegato di Pfizer? Così mentre in tutta U. E. molte restrizioni stanno cadendo, talvolta in modo palesemente esagerato, in Italia si parla di super green pass rafforzato, D.A.D. e ghettizzazione per i no vax e anche per i soggetti in attesa del richiamo vaccinale. Il 25 febbraio prossimo l’AIFA avrebbe dovuto riunirsi per discutere l’eventualità della quarta dose ai soggetti fragili, ebbene la decisione, ovviamente positiva, visti i grandi interessi economici che stanno dietro, è stata anticipata al 19 mentre il ministro Speranza, l’autore del libro “Abbiamo vinto”, ritirato d’urgenza dalle librerie vuole estenderla a tutti. Ovviamente lui e suoi virologi cialtroni sapranno che stimolando eccessivamente il sistema immunitario a lungo andare non risponde più? Con molta umiltà ci sembra doveroso concludere, a onore e memoria del prof. Montagnier che, quando l’attuale dramma sanitario-economico si concluderà, dovremo ricordarci dei cinici incompetenti dilettanti allo sbaraglio di fronte alla Storia, sia scienziati con la “esse” minuscola che politici poi riciclatosi alla ricerca della perduta verginità politica, che dovranno rispondere a alcuni quesiti di fronte all’implacabile Tribunale della Storia oltre che all’Ente Supremo. Era noto che a Wuhan (città sub-provinciale della Repubblica Popolare di Cina, capoluogo e città più popolosa della provincia di Hubei) si svolgevano esperimenti sul genoma del coronavirus sui pipistrelli e la città, tra l’altro, era collegata con voli diretti anche con l’Italia (da lì tutto è cominciato, deliberatamente, secondo un’ipotesi complottista). Dovremo ricordarci di chi anziché attivarsi subito dal punto di vista infettivologico alle notizie che arrivavano (tardivamente) dalla Repubblica Popolare di Cina ci rassicurava in televisione che “potevamo stare tranquilli”, che “una problematica come quella cinese in Italia non sarebbe mai arrivata”, di chi, “per tranquillizzarci”, è andato al ristorante cinese; di chi ha dato disposizione di interrompere i voli diretti con la Cina ma si è dimenticato di far controllare i viaggiatori provenienti da altri scali (pertanto, ad es., arrivando dalla Cina transitando da Francoforte); di chi ha chiamato “sciacalli allarmisti” chi chiedeva misure di protezione tranne poi dire candidamente che “non si aspettava quanto accaduto…” (fonte: giornali e telegiornali nazionali); di chi ha annunciato tre giorni prima che non si sarebbe potuto scendere al Sud scatenando la corsa alle stazioni ferroviarie (fonte: giornali nazionali e telegiornali). Mentre mancavano i tamponi per chi era in prima linea qualcuno asintomatico, “più uguale degli altri” l’ha fatto subito (fonte: giornali nazionali e telegiornali). Ancora dovremo esigere che, in Italia, si incrementino e non si taglino più sempre i fondi della sanità e della ricerca scientifica “per risparmiare”. Senza cadere nella retorica ce lo chiede il rispetto dovuto ai contagiati e soprattutto il ricordo dei 153.00 deceduti (fonte: JHU CSSE CoVid-19, 20/02/2022). Non mi intrattengo sulle ripetute bufale televisive sostenute da utili idioti, ad es. la mascherina chirurgica era migliore della FFP2, salvo cambiare idea a inizi 2022, mentre gli infettivologi “che lavorano” sapevano che erano usate per proteggersi nel caso di pazienti affetti da tubercolosi e sugli scandali e sprechi caduti troppo presto nel dimenticatoio, tipo il prezzo delle mascherine, i banchi a rotelle (in una Democrazia compiuta, dove dovrebbe vigere lo Stato di Diritto, la ditta vincitrice della gara è stata secretata) poi subito accantonati, le speculazioni sui respiratori inutilizzabili, ecc. Fa senso e suscita disgusto il risalto dato, a es. il 20 febbraio, in una trasmissione televisiva serale, a un personaggio che cammina con la scorta (chi la paga?) che è stato contestato da alcuni cittadini chiedendo, lui che aveva insultato il prof. Montagnier, evidentemente ritenendosi più uguale degli altri, che la Giustizia proceda subito nei loro confronti mentre i comuni cittadini che credono ancora nella Giustizia debbono aspettare anni. Meno male che non gli hanno fatto la bua… Ripeto che probabilmente il prof. Dante Bassetti si starà rivoltando nella tomba!


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Il signor D. E il mio benessere psicofisico

di Annalisa Conte

Io convivo con il diabete da più di trent’anni ormai, da quando a 12 anni è arrivato il signor D. come piace chiamarlo a me, Che mi ha messo questo anello al dito dicendomi: “ecco questo è per te, E ricordati che un diabete è per sempre“. Mi è venuto il diabete a 12 anni, ma non perché mia mamma mi avesse svezzata a caramelle e ovetti Kinder, come molti credono, il diabete Che prende i bambini, detto tipo uno, A poco a che fare con il diabete degli adulti, detto tipo 2, insomma non bisogna essere come il bambino della fabbrica di cioccolato che si rimpinzava di cibo per diventare i migliori amici del signor D. Comunque, questa pecetta a 12 anni me la sono dovuta prendere, ed è evidente che il diabete sia parte integrante della mia vita, ma come si dice: non tutto il male viene per nuocere. In tutte le cose bisogna cercare di prendere il buono, e essere diabetica ha sicuramente ampliato le mie conoscenze. Non ci credete? Vi faccio un esempio. È chiaro che quando hai una malattia cronica devi fare spesso dei Controlli e periodicamente incontro il mio diabetologo. Forse non lo sapete ma dalla sala di attesa di un medico si possono apprendere cose che voi umani neanche immaginate. La sala d’attesa Del mio diabetologo È sempre foriera di grandi insegnamenti. Proprio qualche tempo fa, mentre aspettavo il mio turno, non ho potuto fare a meno di ascoltare la conversazione tra due vecchine. E la suddetta conversazione è andata più o meno così: "Io sono qui perché ho la diabete, anche lei signora ha la diabete?" E l'altra... "No io la diabete non ce l'ho, io ho solo la “gliggemmia"..." E non glicemia! E di nuovo la prima..."No io la "gliggemmia" non ce l'ho mai avuta, perché se hai la diabete, L'importante è non bere l'acqua minerale, Che È fatta con lo zucchero!" Voi capite l’enormità della cosa? Innanzitutto, sono riuscite finalmente a fare una distinzione tra il diabete tipo 1 e il diabete tipo 2. Ai bambini, quindi, viene il diabete, mentre agli adulti viene la diabete, femminile singolare, quindi qui non si tratta più del signor D., ma di sua moglie, la signora D. Vi rendete conto che Ste due in un nanosecondo hanno mandato in barba studi di decenni. Pensate che nel 1923 È stato dato addirittura il Nobel ai ricercatori che hanno scoperto ed estratto l’insulina, ma no, il nemico numero uno del diabete era l’acqua minerale e per contrastarlo bastava non berla. Ma chi l’avrebbe mai detto. Se fossi il signor Wikipedia a ste due le assumerei come collaboratrici ufficiali. È evidente che di fronte a cotanta saggezza popolare io alzo le mani, ed è altrettanto evidente che di fronte a tutta questa cultura tu accresci il tuo sapere per luce riflessa. Io, ad esempio, tempo fa, sono stata in grado di fare un parallelo tra diabete e psicologia, e adesso vi spiego come. Sapete cos'è un riflesso condizionato? È La risposta che un soggetto da ad uno stimolo condizionante. oggi vi spiegherò la teoria del riflesso condizionato applicata al diabete. Lo scienziato russo Pavllov introdusse questo concetto, vi giuro molto semplice: lo scienziato mostrava del cibo ad alcuni cani, E i cani alla vista del cibo salivavano...questo è un riflesso incondizionato. Successivamente lo scienziato proponeva il cibo suonando un campanello, e i cani avevano sempre la stessa reazione, alla presenza del cibo salivavano. Infine, lo scienziato suonava semplicemente il campanello senza proporre il cibo, risultato... i cani salivavano lo stesso, Ecco quest'ultimo è un riflesso condizionato! E adesso veniamo a noi , vi illumino sulla mia teoria del riflesso condizionato applicata al diabete. C'è un tavolo, e su questo tavolo c'è un pungi dito evidentemente dimenticato da un precedente controllo della glicemia, c'è un soggetto A che chiameremo Annalisa, Che inavvertitamente poggia la mano su questo pungi dito, E così, senza nessun motivo apparente lo afferra e si punge il dito. Nella stanza c'è un secondo soggetto, il soggetto B che chiameremo Roberto, Che al suono del PIC del pungi dito, accorre ed aiuta il soggetto A, a strizzare il dito, anche qui apparentemente senza un motivo. In questo preciso istante i due soggetti si chiederanno smarriti: perché mai stiamo facendo questo? esatto... Perché i due soggetti si comportano così? Innanzitutto, per un evidente demenza senile precoce E poi perché tornando alla teoria di cui sopra, il toccare il pungi dito, e il PIC del pungi dito stesso, hanno funzionato da stimolo condizionante provocando appunto un riflesso condizionato. Detto ciò, mi sento di affermare con assoluta convinzione e cognizione di causa che a me Pavlov me spiccia casa!!! Mi pare a questo punto di aver ampiamente dimostrato che il diabete abbia contribuito ad accrescere le mie facoltà cognitive, ma vi assicuro che ha partecipato anche a sviluppare le mie abilità motorie, nonchè ad ampliare le mie velleità artistiche, e vi racconterò il perché. Dovete sapere che sono distratta, mi cadono le cose dalle mani, combino pasticci uno dietro l’altro, batto la testa ovunque, come se non ci fosse un domani... pensate che da piccola i miei cugini mi tenevano il punteggio di quello che rompevo o facevo cadere, una volta, Durante il periodo di Natale, subito dopo essersi complimentati perché stranamente non avevo combinato danni a tavola, mi alzo, inciampo alla sedia, e precipito para para sopra il presepe che mio zio aveva appena finito di allestire. Un’altra volta, adoperando l’aspirapolvere, mi si sgancia il tubo e mi afferra un lembo della sciarpa che portavo al collo, insomma ho rischiato di auto strangolarmi. però lo giuro, quando maneggio il micro, ci sto sempre molto attenta,.. devo però spendere assolutamente due parole per i non addetti ai lavori. Il micro, anzi per l’esattezza il microinfusore, è un piccolo apparecchio che eroga insulina in continuo, grande più o meno come un pacchetto di sigarette, con un sottilissimo catetere che tramite un cerotto dotato di ago-cannula, lo tiene attaccato alla pancia. Insomma, come dicevo faccio molta attenzione quando maneggio il micro. Una mattina come tante, mi alzo, preparo la colazione e mi siedo. Faccio una piccola premessa, considerate che per le prime due ore dopo il risveglio, il mio corpo va per forza di inerzia, E la mia mente forse è ancora sul cuscino, diciamo che ci metto un pochino a carburare. allora, dovevo fare il bolo cioè dovevo selezionare sul micro la quantità di insulina da iniettarmi, quindi con la mano destra sfilo il micro Che era agganciato al pantalone del pigiama, ma inavvertitamente urto il gomito contro il tavolo. Avete presente quando beccate proprio quel punto del gomito, che ti dà quel dolore tipo scossa, che ti arriva al cervello? Ecco, io ho beccato proprio quel punto!!! Mentre me la prendevo con i parenti defunti del tavolo, E col brav'uomo che l'avesse costruito, Per via della scossa mi si apre la Mano e mi scivola il micro. C’è da chiarire, sempre per i non addetti ai lavori, che se il micro fosse finito a terra, si sarebbe portato dietro probabilmente l’ago che mi si sarebbe di conseguenza strappato via dalla pancia, e vi assicuro che non è piacevole, E danno ancora più grave si sarebbe potuto rompere, quindi da qui tutto il mio accanimento a riacciuffarlo. Così sempre con la mano destra, pure dolorante, e un po’ a naso, tento di recuperarlo, ma non dimenticate che io non ci vedo, quindi, il livello di difficoltà è altissimo, ma sbaglio decisamente il tiro, lo colpisco troppo forte e il micro-parte verso l'alto. A questo punto con la mano sinistra stavolta, riesco ad afferrare il catetere, il micro mi rimbalza nella mano destra io la richiudo in fretta ma quello mi sguscia via tipo saponetta, insomma, riesco nuovamente ad intercettarlo con la mano sinistra, lo tiro verso di me, il micro mi rimbalza violentemente sulle tette, mi cade sulle gambe, e finalmente lo afferro con le ginocchia... in quel preciso istante ho pensato, qui se non mi chiama il circo Togni, mi fanno fare di sicuro il remake di furia cieca. A quel punto, come ogni artista dopo la sua esibizione, mi sono alzata, sono andata al centro della stanza, e ho fatto l'inchino... E dovete credermi l'ho fatto davvero. La sera, quando è tornato il mio compagno, gli ho raccontato per intero la mia esibizione, e lui ha sospirato e mi ha detto:" beata te che sei cretina!!!" comunque, mi sembra necessario dire un grazie speciale, alle mie tette, perché se non fosse stato per la mia quarta abbondante, sarei sicuramente finita al pronto soccorso per trauma toracico. Ecco spero che con questo mio articolo si evinca quanto il diabete ha influito sul mio benessere psicofisico.


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In Italia la Costituzione e la Democrazia sono… sospese!

di Stefania Doronzo

L’art. 1 della Costituzione così dispone: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”. E’ ormai chiaro a tutti, tranne a chi vuole continuare a negare l’evidenza, che quanto il popolo italiano sta sopportando è in palese violazione della nostra Carta Fondamentale del ’48 che i padri costituenti ci hanno lasciato in memoria delle loro conquiste ottenute con le lotte e con il sangue. Dal tenore infatti dei suoi principi, che non lasciano dubbi di interpretazione, si deduce chiaramente che il loro auspicio era consegnarci una Costituzione in grado, con i suoi precetti, di evitare che si instaurasse un altro regime dittatoriale atto a sovvertire l’ordine democratico richiamato all’art. 1. Vale la pena precisare che la nostra Costituzione, come la dottrina giuridica la definisce, è una Costituzione di tipo rigido e il che significa che essa può essere modificata solo con un iter legislativo aggravato rispetto all’approvazione delle leggi ordinarie. Infatti, i padri costituenti hanno inteso prevedere questo proprio per evitare che la storia diventi attualità e che la democrazia venga soppiantata. In Italia, come in tutto il resto del mondo, è in atto ormai da due anni un’emergenza sanitaria dovuta alla diffusione del virus SARS Covid-19 che ha portato tutti i Paesi ad adottare misure di contenimento del contagio. Misure che però, se nel resto del mondo si sono andate via via attenuando in forza del fatto che si sta passando da una fase pandemica ad una endemica, in Italia questo traguardo sembra ancora lontano. Così assistiamo alla compressione di diritti costituzionalmente garantiti come: il lavoro, la libertà della persona, la libertà di scelta, la libertà di circolazione. Anche la funzione legislativa affidata dalla Costituzione al Parlamento mediante il ricorso alla mozione di fiducia sui provvedimenti emanati dal Governo è stata compressa. Uno strumento al quale si è ricorso troppo spesso in questi ultimi due anni, tanto da impedire al Parlamento stesso di svolgere la sua funzione di legislatore, di poter discutere, emendare se necessario ed approvare i provvedimenti dopo un ampio e legittimo dibattito. Tornando al tema della sospensione della costituzione poi, l’obbligo vaccinale imposto ad alcune categorie di lavoratori è un esempio di misura discriminatoria posta in atto dal Governo… si è consentito infatti che i lavoratori non vaccinati venissero sospesi in spregio al succitato art. 1 della Costituzione e in contrasto all’art. 32 Cost. : ”la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo……… Nessuno può essere obbligato a un trattamento sanitario se non per disposizioni di legge. La legge non può in nessun caso violare il rispetto alla persona umana”; in contrasto all’art. 4 Cost.: “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto” e in spregio all’art. 36 Cost.: “Il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”. Dunque, appare evidente, che l’obbligo vaccinale imposto ai lavoratori sia in contrasto con il dettato costituzionale, giacché non è ammissibile prevedere la sospensione di un diritto costituzionalmente garantito (art. 4). Così assistiamo a uno Stato che anziché promuovere tale diritto, ne affossa il suo valore. Pertanto, data l’importanza che è stata riservata in Costituzione al lavoro, richiamato infatti da numerosi articoli, non si capisce la ratio del suo sacrificio sull’altare dei diritti fondamentali. È vero che la dottrina giuridica contempla in caso di contrasto di due o più diritti fondamentali il bilanciamento degli stessi, ma risulta di difficile comprensione la totale compressione del diritto al lavoro a fronte di un obbligo vaccinale come lo stesso art. 32, per il quale nessuno può essere obbligato ad un trattamento sanitario se non nei casi previsti dalla legge. Peraltro occorre ricordare che la Corte Costituzionale ha stabilito che l’imposizione di un trattamento sanitario non è incompatibile con l’art. 32 Cost.: A) se il trattamento sia diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato ma anche a preservare lo stato di salute degli altri, giacché è proprio tale scopo attinente alla salute come interesse della collettività a giustificare la compressione dell’autodeterminazione del soggetto (sentenza Corte Cost. n. 307 /90); B) Se il trattamento non incide negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato, salvo che per quelle sole conseguenze temporanee che per la loro temporaneità o scarsa entità appaiano normali di ogni intervento sanitario e pertanto tollerabili; C) se nell’ipotesi di danno ulteriore alla salute del soggetto sottoposto sia prevista comunque una corresponsione di una equa indennità in favore del danneggiato (L. 210/90.). Nel nostro caso è stato provato scientificamente che la protezione del vaccino dura solo pochi mesi e che gli effetti avversi sono diversi e in alcuni casi hanno registrato anche vittime. Inoltre, dopo milioni di vaccini somministrati con più richiami, l’immunità di gregge tanto sbandierata e conseguentemente il beneficio della collettività, rimane solo un miraggio, dato che gli stessi vaccinati continuano a contagiare ed essere contagiati. Infine, se anche l’obbligo vaccinale fosse legittimo, si potrebbe comunque dubitare della bontà della prescrizione, giacché appare improbabile che il sacrificio di determinate categorie di lavoratori possa essere sufficiente a contenere la pandemia a fronte di una platea di possibili contagiati molto più vasta di quella dei lavoratori obbligati al trattamento sanitario. Non si tratta di voler sminuire la gravità dell’emergenza sanitaria ancora in corso che ha fatto ahimè troppe vittime o sottovalutare il rischio di contagio da covid con effetti talvolta anche letali, ma si può certamente constatare come da circa un anno a questa parte le scelte politiche di gestione di questa emergenza sanitaria non rientrano tutte nell’alveo di tutela della salute pubblica. In gioco ci sono contratti da onorare e rispettare con le case farmaceutiche, per cui i vaccini comprati vanno smaltiti a prescindere dalla loro efficacia resa quasi nulla oramai dalle continue variazioni del virus. Un’altra brutta pagina di questa finta democrazia si è scritta con l’introduzione del Green Pass violentando la Costituzione nei suoi principi più sacri. Infatti il Green Pass non ha nulla a che fare con uno strumento sanitario atto ad arginare il numero dei contagi, come sostenuto falsamente per lungo tempo, ma si tratta di un mero obbligo vaccinale mascherato: il legislatore, non potendo imporre l’obbligo al trattamento sanitario erga omnes induce il soggetto a scegliere tra l’avere accesso alla vita sociale (con il vaccino - Green Pass ) o rimanerne quasi del tutto escluso. Tutto questo si verifica in palese violazione di tutte le libertà costituzionalmente garantite. L’art. 2 Cost. riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo e l’art. 3 Cost. con il principio di eguaglianza formale e sostanziale per cui tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge, impone che lo Stato deve rimuovere tutti gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana e deve impedire che siano poste in essere discriminazioni di ogni ordine e grado. La discriminazione di tipo sanitario nell’art. 3 non è contemplata, tuttavia, se fosse stata oggetto di discussione all’epoca dell’assemblea costituente, sarebbe stata senza dubbio inserita, data l’attenzione riservata in questa sede al rispetto della persona umana. Inoltre la Direttiva n. 2000/78 CE ratificata dall’Italia con D. L. n. 216/2003, introducendo il principio di parità di trattamento sul posto di lavoro, vieta tutte le discriminazioni dirette e indirette poste in essere nei confronti dei lavoratori e in queste discriminazioni rientrerebbe anche la discriminazione dei lavoratori sospesi in forza dell’obbligo al trattamento sanitario. Sempre con il Green Pass si violano senza ritegno i diritti fondamentali legati alla nostra libertà, libertà alla persona art. 13 Cost, libertà di circolazione art. 16 Cost. Infine, spiace constatare, come per molti l’aggressione e il sabotaggio della nostra carta fondamentale non è nulla di così grave nonostante il passato dovrebbe ricordare… Quando infatti si assiste allo svuotamento della prerogativa del Parlamento, diventato ormai un mero organo ratificatore dei provvedimenti emanati dal Governo , viene spontaneo associare tali condotte alle prassi dittatoriali. La speranza (che è sempre l’ultima a morire) è che ci si renda conto di quanto stia accadendo e non si finisca per avvallare tutto questo come legittimo in nome del bene comune. Se ciò dovesse verificarsi, si creerebbe un precedente pericolosissimo per cui da domani chiunque, invocando il bene della collettività, potrebbe sentirsi legittimato a violentare la Costituzione e chissà, magari potrebbe spingersi anche oltre, pretendendo di modificarla e rendendo permanente lo stato dittatoriale.


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Tempo libero

La socialità di Martino Troncatti

di Giuseppe Lurgio

Spesso quando parliamo di social il pensiero va dritto a un mondo virtuale fatto di falsità, frodi, raggiri, truffatori e ogni genere di gentaglia pronta a carpirti soldi e quant'altro possa essere rubato. Tutto ciò purtroppo e ASSOLUTAMENTE VERO, anche se, come un po’ per tutte le cose, ci sono le eccezioni dovute a persone che usano questi validi strumenti in modo corretto divertendosi e, nello stesso tempo, creando anche momenti e situazioni di grande valore umano. Non è affatto raro incontrare in rete valori come l'amicizia disinteressata, il rispetto verso il più debole o la condivisione di momenti e problematiche negative. I social ci aiutano a rimanere costantemente in contatto con i nostri amici, a organizzare un evento, a condividere momenti della nostra vita e a essere sempre aggiornati sulla vita altrui. Ci sostengono nel portare avanti cause umanitarie o a diffondere una petizione, promuovere eventi sociali o la propria attività lavorativa, scambiare opinioni politiche. D'altronde, chi un po’ di più e chi un po’ di meno passiamo tantissimo tempo con il telefonino in mano a curiosare in rete e a confrontarci con gli altri I social oramai spuntano come funghi e noi non sappiamo quasi più farne a meno e basta che un amico ci invii una richiesta di adesione a quel determinato gruppo che quasi istintivamente accettiamo. Naturalmente, se il web viene usato in maniera corretta e da gente onesta può diventare uno straordinario strumento di socializzazione, condivisione, aiuto e tutto ciò che di buono si può realizzare insieme. Dopo questa breve premessa, doverosa per riportarmi al senso di questo scritto, passo a raccontarvi questa bella e reale esperienza nella quale mi sono piacevolmente trovato coinvolto. Circa un paio di anni fa, parlando con il mio amico di vecchia data Ettore Bianchetti, mi iscrissi nel suo gruppo whatsapp chiamato Il giornale della brughiera, nel quale il buon Ettore si prodiga quasi quotidianamente per inviare a un centinaio di amici un piccolo giornale contenitore di curiosità, ricette di cucina, almanacchi, itinerari, biografie, ecc. Tra i tanti iscritti che di tanto in tanto intervenivano con qualche messaggio vocale, vi era anche un certo Martino Troncatti. Personalmente non ho avuto la possibilità di approfondire l'amicizia con lui come spesso accade sulle chat, ma notavo dai suoi vocali che dietro alla sua voce un po’, per così dire, "forte", si celava una persona colma di umanità e di sani principi. Purtroppo, non ho mai potuto consolidare quell'amicizia puramente virtuale magari con una bella chiacchierata telefonica dove ci sarebbe stato un approccio più diretto e umano. Seppi dopo che Martino Antonio Troncatti era nato a Corteno Golgi, (Brescia), Il 27 settembre del 1956. Poi, Il 7 luglio 1843 vi nacque Camillo Golgi. Premio Nobel per la Medicina nel 1906. primo italiano a ricevere la prestigiosa onorificenza. Dal 1956 il nome del Comune, che in precedenza era semplicemente Corteno, fu modificato in Córteno Golgi per onorare la memoria dell'illustre scienziato al quale aveva dato i natali e che era stato suo cittadino per i primi quindici anni di vita. Purtroppo, il 19 marzo del 2020 Martino è venuto improvvisamente a mancare. Ettore Bianchetti, amico di vecchia data, è stato l'ultimo a sentirlo per sincerarsi delle sue condizioni di salute intorno alle 13,45 di quel pomeriggio e mai si sarebbe aspettato di ricevere, un paio d'ore dopo, la telefonata di Arnaldo che gli comunicava la sua repentina scomparsa. Il rammarico di Ettore e degli altri amici più stretti fu proprio quello di non poter rendere l'estremo saluto al caro amico per colpa delle restrizioni imposte dall'emergenza Covid-19. Ma esattamente a distanza di un anno, Ettore crea un’iniziativa, o meglio, un atto concreto per onorare e non dimenticare Martino. Da Bolzano a Palermo, gli amici di tutta Italia iscritti sul gruppo WHATSAPP hanno risposto all'appello di Ettore e in poco più di 10 giorni si sono raccolti esattamente 900 euro che contribuiranno all'acquisto di un'apparecchiatura tecnologica di ultima generazione, chiamata Pil Board, da installare e mettere a disposizione in locali da definire a Corteno golgi dove Martino si intratteneva e programmava le sue attività. Si tratta di uno schermo interattivo di ultima generazione con sistema integrato al quale è possibile collegare qualsiasi tipo di supporto tecnologico. Il 25 settembre 2021, Ettore Bianchetti e Donatella Bergamo, in rappresentanza di tutti gli amici di Martino, si sono recati a Corteno Golgi, suo paese natale, per la posa e l'inaugurazione di tale apparecchiatura. Per ringraziare e non dimenticare l'amico Martino è stata posta a lato della lavagna elettronica una targa ricordo con le date di martino Troncatti e la scritta: “Gli amici di Martino”. Ed ecco qui di seguito la biografia di Martino Troncatti redatta con competenza e dovizia di particolari proprio da suo grande amico Ettore Bianchetti. Biografia “Vi è una straordinaria felicità nel rendere felici gli altri, anche a dispetto della nostra situazione. Un dolore diviso è dimezzato, ma la felicità divisa è raddoppiata. Se vuoi sentirti ricco conta le cose che possiedi che il denaro non può comprare. L'oggi è un dono, è per questo motivo che si chiama presente” Martino Troncatti: Corteno Golgi, 27 settembre 1956, - Corteno Golgi 19 marzo 2020. Martino Troncatti durante la sua esistenza si distinse per la professionalità, per la sua alta carica umana, ma sopratutto per la naturale predisposizione al dialogo ed all'ascolto di tutte quelle persone con le quali venne in contatto, tanto da essere chiamato amorevolmente dai suoi pazienti, e non solo, (L'angelo della montagna). Affabile, sincero, schietto come la maggior parte degli uomini di montagna, sapeva affrontare la vita di petto senza mai ritrarsi. Aveva una buona parola per ognuno, scherzava volentieri e ironizzava qualche volta sulla sua minorazione visiva. Martino Troncatti L'Angelo della Montagna Di Ettore Bianchetti "Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli" (Matteo: 5,1-7,29) Indice 1: La nascita 2: I primi anni 3: L'avvio all'istituto dei ciechi di Milano 4: L'istituto dei ciechi di Milano 5: Il distacco dalla famiglia 6: Gli amici 7: La ricreazione 8: Il gioco della tolla 9: Gli studi 10: Il lavoro 11: La pensione 12: L'impegno sociale 13: La morte 14: Curiosità 15: Il ricordo 16: Ringraziamenti 1 La nascita “Vivi come se ogni giorno fosse l'ultimo, impara come se dovessi vivere per sempre” (Mahatma Gandhi) Martino Antonio Troncatti nasce a Corteno Golgi, (Brescia), Il 27 settembre del 1956 da Maddalena Sabbadini, (14 giugno 1918, - 30 giugno 2005), e, da Amadio troncatti, (21 marzo 1912, - 26 maggio 2004). Il secondo nome gli fu dato in ricordo del fratello della madre scomparso in Russia nella Seconda guerra mondiale. La sorella, Domenica, nascerà 2 anni più tardi, sempre a Corteno Golgi, il 10 dicembre del 1958. Racconta la cugina Domenica Troncatti Frassine: «Noi siamo 4 fratelli figli di un fratello del papà di Martino, siamo nati nella stessa casa dove è nato Martino, che per noi era il Quinto fratello, e, la mia mamma Lucia, era per lui la sua seconda mamma. In quella casa per i primi anni della nostra vita siamo cresciuti insieme. Nel secondo mese di vita, la mia mamma, per lui, la zia Lucia, si accorge che il bambino pur avendo degli occhi bellissimi, ha lo sguardo perso nel vuoto: non vede. Su consiglio del medico di famiglia viene quindi indirizzato per un'ulteriore verifica da uno dei migliori oculisti del tempo, che presta servizio presso gli ospedali civili di Brescia. Nonostante le prime cure la diagnosi è rapida ed infausta: il bambino è cieco dalla nascita e non potrà mai vedere, a seguito di una lesione al nervo ottico, che non ne permette il passaggio della luce.» 2 I primi anni “La vita non ha l'obbligo di darci quello che ci aspettiamo” (Margareth Mitchell) nonostante la minorazione visiva, Martino, sin da piccolo, si dimostra un bambino vivace e intelligente: vive la maggior parte del suo tempo crescendo in casa dei cugini, dove si muove in autonomia negli ambienti a lui famigliari, circondato dall'amore di tutti, in particolare dalla zia Lucia. Negli anni 60 la famiglia della cugina Domenica si trasferisce a Concesio per lavoro, e, il bambino sarà con loro in vari periodi dell'anno per potersi sottoporre alle visite mediche ed alle cure del caso, frequentando comunque a Corteno Golgi l'asilo gestito dalle suore canossiane. 3 L'avvio all'istituto dei ciechi di Milano “Il mondo può essere salvato solo dal soffio della scuola” (Talmud) «All'età di 6 anni", racconta ancora la cugina Domenica, "si pone il problema di dove mandare Martino a scuola. Il fatto di abitare a Concesio fu d'aiuto. la provvidenza ci venne in soccorso: un'insegnante, la maestra Stagnoli, ci consigliò di recarci presso gli uffici sezionali dell'Unione Italiana dei ciechi di Brescia il cui presidente provinciale di allora era Antonio Tommasoni, che prospettò alla famiglia la possibilità di iscrivere il bambino presso l'istituto dei ciechi di Milano, dove avrebbe potuto studiare con altri compagni nella sua stessa situazione. Con grande coraggio e tanta sofferenza», prosegue Domenica, «i suoi genitori ed i parenti più prossimi decisero di mandare Martino in quella scuola in un ambiente totalmente nuovo e lontano da casa per ricevere un’istruzione adeguata.» 4 L'istituto dei ciechi di Milano “La scuola è il nostro passaporto per il futuro, poiché il domani appartiene a coloro che oggi si preparano ad affrontarlo” (Malcom X) Per comprendere appieno il cammino di Martino, bisogna conoscere la storia dell'istituto dei ciechi di Milano che nel tempo ha educato ed istruito tanti non vedenti che in futuro si distingueranno nel campo lavorativo e sociale. Ne riportiamo, qui di seguito, un breve cenno: La storia dell'Istituto dei Ciechi è storia di Milano e dei milanesi che lo hanno voluto e sostenuto a partire dal 1840. L'ideazione dell'Istituto risale al lontano 1836 e ha un nome: Michele Barozzi. Il Barozzi iniziò il suo incarico presso la "Pia Casa di Industria" sita in Via San Vincenzo, organizzando un reparto per i non vedenti. Il nascente Istituto trovò nei Conti Mondolfo i suoi principali benefattori; essi acquistarono spazi presso Porta Nuova, ove l'Istituto si trasferì. Niente era più comunicativo, infatti, della bontà nel mondo milanese dell'800. Era dunque naturale che il suo esempio facesse non pochi proseliti. Nel 1864, l'Istituto di Milano aveva adottato, primo in Italia, l'alfabeto "Braille", destinato ad assumere una così grande importanza nella istruzione dei ciechi. Il 12 ottobre del 1892 l'Istituto lasciava la sede di Porta Nuova per quella definitiva di via Vivaio. "Così, senza un piano prestabilito", è scritto in un opuscolo uscito proprio alla vigilia della prima guerra mondiale, "ma per nativa espansione di un'idea che parve santa, l'idea dei ciechi aveva fatto il suo buon cammino. Anche in questo, Milano si era messa alla testa delle altre città d'Italia. E sorgerà l'Asilo per i bambini ciechi in quanto era indispensabile avere una scuola materna preparatoria. La sede dell'Istituto dei Ciechi fu progettata dall’Arch. Giuseppe Pirovano e edificata in seguito a un importante lascito. La costruzione, inaugurata il 3 novembre 1892, è sorta con lo scopo di ospitare i fanciulli non vedenti e curare la loro istruzione. Nel 1925 l'Istituto realizzerà il pensionato Casa Famiglia. Nel 1926 l'Istituto dei Ciechi è dichiarato Istituto Scolastico ed è posto alle dipendenze del Ministero della Pubblica Istruzione. Nel 1933 le Scuole elementari vengono parificate. Nel 1939 vede l'istituzione della Scuola di Avviamento Professionale per ciechi: essa assorbe il laboratorio di vimini, la falegnameria e il maglificio. La minaccia dei bombardamenti nel corso della seconda guerra mondiale, ne consiglia lo sfollamento che si effettua con l'inizio del 1943. Nel 1946 l'Istituto riapre le porte alla propria comunità, l'anno successivo la sede riprende la sua vita normale. Negli ultimi decenni molti cambiamenti sono intervenuti a ridare nuovo impulso all'operato dell'Istituto orientando le scelte verso nuovi servizi più aderenti ai moderni concetti di assistenza e di educazione. È questa, in sintesi, la storia di una Istituzione che ormai è entrata nel cuore dei milanesi e che si impone all'ammirazione di tutto il Paese. È la storia di una istituzione che dal 1840 continua ad operare per il bene dei ciechi. Accompagnati da questi ideali, e per il bene del bambino, i genitori iscrivono Martino all'istituto dei ciechi di via Vivaio 7 a milano per fornirgli una adeguata istruzione. 5 Il distacco dalla famiglia “È nella separazione che si sente e si capisce la forza con cui si ama” (Fëdor Michajlovic Dostoevskij) Non fu facile per nessuno: ne per Martino, ne per tutta la sua famiglia: allontanare un bambino dai suoi affetti più cari, sembra di primo acchito una cosa così disumana, che risulta ai giorni nostri persino improponibile, ma è quello che successe in quegli anni. Si doveva decidere se far prevalere la ragione del cuore che voleva sì, che Martino continuasse a rimanere a casa circondato dall'affetto dei suoi cari, oppure, cosa assai più difficile, portare il piccolo in una scuola speciale dove avrebbe ricevuto un'istruzione per un futuro migliore. Si scelse la seconda via. Il distacco non fu indolore: estirpare una pianta dalle proprie radici e ripiantarla successivamente da un'altra parte richiede del tempo e dell'adattamento: questo è quello che in altri termini accadde a Martino ed a tanti non vedenti che come lui dovettero allontanarsi dalle loro abitazioni nella speranza di un avvenire migliore. Corteno Golgi dista dalla città di Milano circa 150 chilometri. I sacrifici furono enormi: una volta lasciato il bambino all'istituto dei ciechi di Milano, i genitori tornarono a casa con la morte nel cuore con la consapevolezza che avrebbero rivisto Martino appena possibile, e, considerati per quell'epoca i tempi e le distanze, le occasioni erano scarse. Le visite dei parenti venivano effettuate la domenica, ma non era raro il fatto che qualche volta i bambini in istituto potessero tornare alle loro residenze per le vacanze natalizie, pasquali ed estive. Si evince dai documenti dell'epoca: “Compito dell'istituto dei ciechi di Milano è di assicurare a tutti gli alunni una adeguata istruzione; L'educazione scolastica, il vitto e l'alloggio sono garantiti e supportati dalle amministrazioni provinciali di provenienza di ciascun alunno; La salute individuale di ciascun alunno è fatta salva grazie all'ausilio di assistenti sociali, dello psicologo, del neurologo, e di altro personale medico e paramedico.” 6 Gli amici “Il ruolo di un amico è di essere al tuo fianco quando sbagli, perché, chiunque sarà accanto a te, quando hai ragione.” (Mark Twain) L'iniziale periodo di solitudine nel quale il bambino si trovò nel nuovo ambiente venne gradualmente sciamando grazie all'aiuto dei nuovi compagni che si avvicinarono a lui. Di carattere mite, un po' ribelle, come tutti in quel periodo, Martino non ebbe difficoltà ad integrarsi con i suoi coetanei. E fu proprio in quelle circostanze che conobbe bambini di varie età destinati poi, chi più, chi meno, a rimanere nel tempo. Fra gli altri si ricordano: Gianfranco Belotti Carlo Bertolotti Ettore Bianchetti Fausto Bonetti Angelo Cairoli Antonio Giuseppe De Sario Cesare Intravaia gianMario Magno Massimo Marni Arnaldo Redaelli Ugo Rivadossi Carlo Scotton Claudio Verrani. 7 La ricreazione “Si può scoprire di più su una persona in un'ora di gioco, che in un'anno di conversazione” (Platone) La vita in convitto era soggetta ad una disciplina rigorosa ed era scandita dalla campanella che ne regolava in'esorabilmente il ritmo: Si cominciava con la sveglia al mattino alle 6,45 per entrare nell'aula scolastica per le lezioni intorno alle 8,15 dopo la colazione. Dopo il pranzo, si ritornava in classe nel primo pomeriggio e vi si rimaneva fino a circa alle 16,30. successivamente vi erano gli orari dedicati allo studio fino all'ora di cena. quindi a letto. Il tempo per la ricreazione era davvero limitato. si approfittava di questi momenti per distrarsi con il gioco della dama, delle carte, del domino, sullo scivolo, o sull'l'altalena, oppure passeggiando lungo i corridoi, o per giocare a pallone,ma in questo caso giocavano in genere i bambini con un piccolo residuo visivo mentre per altri si giocava un calcio diverso: veniva usata una lattina che scorrendo su una superficie preferibilmente liscia produceva un suono metallico che permetteva di intercettarne la provenienza. Accadeva, non di raro, di dover saltare la ricreazione per qualche marachella e finire in castigo per essere confinati presso una colonna mentre gli altri compagni si divertivano. Nemmeno Martino fu esente da questo tipo di punizione. 8 Il gioco della tolla “Il modo in cui la gente gioca mostra qualcosa del loro carattere, il modo in cui perde lo mostra per intero” (Harrey B. Mackay) Consisteva il più delle volte nel recuperare una lattina di medie dimensioni e riempirla fino all'orlo di sassi in modo da appesantirla per non farla sollevare dal suolo. Gli si infliggevano 4 sonore martellate per appiattirla e dargli una forma rotonda un po' bombata e poi si prendeva a calci come un pallone. Il divertimento era assicurato, ma a farne le spese erano le gambe dei giocatori, le punte e le suole delle scarpe di qualsiasi tipo esse fossero. 9 Gli studi “Una vita senza esami non vale la pena di essere vissuta” (Socrate) Martino entra nell'istituto dei ciechi di via vivaio 7 a Milano nell'ottobre 1962 dove frequenta le scuole elementari e medie tornando a casa solo per le feste comandate e per le vacanze estive al fresco della sua valle e delle sue cascine. Nel frattempo, si plasma la sua personalità. Ottiene la licenza media. Lascia Milano, ed avendo ben chiaro il suo futuro, si iscrive al corso di massofisioterapia presso l'istituto Luigi Configliachi di Padova dove si diploma con successo. Confiderà successivamente ai suoi famigliari: «Ho fatto la mia scelta, la più difficile, ma così so di fare qualcosa per gli altri.» 10 Il lavoro “In fin dei conti il lavoro è ancora il mezzo migliore di far passare la vita” (Gustave Flaubert) Nel campo lavorativo Martino Troncatti si distingue da tutti gli altri non vedenti per la professionalità, per la sua alta carica umana, ma sopratutto per la naturale predisposizione al dialogo ed all'ascolto di tutte quelle persone con le quali venne in contatto tanto da essere chiamato amorevolmente dai suoi pazienti, e non solo, (L'Angelo della montagna). Lavora come fisioterapista nell'ambito della sua provincia dapprima al'l'ospedale di Brenno, ora non più esistente, per prendere poi servizio nell'ottobre del 1975 presso l'ospedale di Darfo e successivamente all'ospedale di Esine. Negli ultimi anni prima della pensione, avvenuta nel 2007, il primario di allora del suo reparto, la dottoressa Maria Grazia Cattaneo, mandò più volte Martino a Milano e a Padova per frequentare dei corsi di specializzazione del massaggio sull'infodrenaggio per le donne operate al seno. Racconta ancora la cugina Domenica Troncatti Frassine: "Questo era un campo molto delicato, ma la sensibilità, la capacità di comunicare i veri valori della vita davano al suo lavoro uno stimolo positivo e le pazienti volevano lui. Anche dopo la pensione ha continuato come volontario per altri 2 anni.questo è stato martino. capace di dare a tutti tanti stimoli positivi, testimonianza di come si può affrontare quanto la vita offre." Sempre intrapprendente, dovendo lavorare lontano dal paese, abita per un certo periodo presso una famiglia che lo ospita fino a quando trova una casa in affitto vicino al luogo di lavoro. Pur essendo distanti, con dedizione, la sorella Domenica gli è sempre stata accanto. 11 La pensione “L'amicizia è una sola anima che abita in due corpi, un cuore che batte in due anime” (Aristotele) Da pensionato, Martino, mantiene sempre contatti col mondo cogliendo tutte le opportunità tecnologiche dedicate alla sua condizione e fa da consulente ha chi gli chiede aiuto. Ama le cose belle: da buon milanista segue le partite di calcio, lo sport in generale, ama il mare ma non disdegna di viaggiare, memorabili sono i suoi due viaggi in Terra Santa per comprendere a fondo le varie culture religiose. Racconta la sorella Domenica: «In questi ultimi anni, per essere ancora più autonomo, Martino, aveva preso un cane guida, il suo nome è Fanes, e con lui faceva interminabili passeggiate per il paese intrattenendosi con tutti quelli che incontrava sul suo cammino. Sapeva parlare di tutto, perché era informato su tutto. Martino era così! aveva grandi idee e grandi sentimenti: era lui che era di sostegno per me. Siamo sempre stati uniti, e, la sua morte in'aspettata ha lasciato me e tutta la comunità sgomenta, è un vuoto difficile da riempire, ma il suo esempio ha dimostrato che bisogna avere coraggio e fiducia nella vita, un pizzico di autostima e le soddisfazioni arrivano da sole.» 12 L’impegno sociale “Tutti noi abbiamo la responsabilità di essere volontari da qualche parte” (Jennifer Garner) Martino Troncatti è rimasto impegnato nel campo sociale fino all'ultimo: iscritto alla sezione provinciale di Brescia dell'unione italiana dei ciechi il 10 giugno del 1966, dal febbraio 2009 è stato inserito nella Commissione Rappresentanze zonali e referenti Intercomunali della Valle Camonica. Ha più volte incontrato non vedenti della zona e si è fatto interprete dei loro bisogni quotidiani. Intervenendo in ambito scolastico ha incontrato studenti ed insegnanti ai quali ha raccontato la sua vita e le sue esperienze. Nel campo religioso, pochi sanno, che Martino, stimolato dalla catechista Maria giovanna Baccanelli, ha incontrato bambini ed adulti di ogni età confrontandosi apertamente senza pregiudizi di sorta. 13 La morte “Il dolore è il gran maestro degli uomini Sotto il suo soffio si sviluppano le anime” (Marie von Ebner-Eschenbach) L'invisibile pandemia mondiale, che non risparmia nemmeno la vasta provincia di Brescia, coinvolge tragicamente anche le valli del Golgi, abbattendosi sulla popolazione della comunità montana abituata ad una vita quotidiana fatta di sacrifici ed operosità. Sia Martino, prima, e la sorella poi, vengono colpiti da un malessere generale con febbre alta, ma nonostante le prime cure la situazione non migliora. Martino muore in'aspettatamente nel pomeriggio del 19 marzo 2020 nella sua casa di Corteno Golgi assistito dalla sorella Domenica, anch'essa febbricitante, e, che successivamente supererà la malattia dopo la degenza ospedaliera. 14 Curiosità “Io possiedo sei onesti servitori, Mi hanno insegnato tutto quello che sapevo, I loro nomi sono: Cosa e Dove e Quando e Come e Perché e Chi!” (Rudyard Kipling) Martino Troncatti, a scuola era generoso: ai suoi compagni più bisognosi dava una parte della sua merenda che condivideva volentieri, qqualcuno ricorda di aver avuto più volte le barrette del cioccolato Duplo che per quei tempi andava per la maggiore. “Il gran maestro d'ogni arte, la fonte in'esauribile dei buoni uffici, è: l'amore.” Questa è la frase iniziale di una serie di tre brani della facciata A, di un 45 giri prodotto agli inizi degli anni 70, per ricordare la figura di Augusto Romagnoli, dalla casa discografica "Magellano", la cui sala di incisione era situata presso l'istituto dei ciechi di Milano. Facevano parte del coro, diretto dalla signorina Teresa Montani, e accompagnato al pianoforte dal maestro Valter suman, Martino Troncatti e una attenta selezione di suoi compagni. La facciata B del disco contiene gli stessi brani, ma letti da Liliana Caspani, ragazza non vedente scelta per la sua dizione. Titolo del disco, la cui copertina raffigura la facciata dell'istituto dei ciechi di Milano, è: “raccoglie sempre” Martino Troncatti figura come comparsa con altri suoi compagni di scuola in una scena girata presso il salone Barozzi dell'istituto dei ciechi di Milano dal regista Ermanno Olmi. Il film, dal titolo: "La circostanza",, distribuito in Italia dalla Ital-Noleggio Cinematografico, uscirà nelle sale cinematografiche nel 1974. Martino Troncatti entra a far parte del gruppo, "quelli della schedina", denominazione poi modificata in: "salotto degli sportivi", nella cat fondata il 15 settembre del 2019 da Arnaldo Redaelli. Giocherellone, provocatore, si divertiva a stuzzicare i partecipanti con le sue battute ironiche, ma sempre educate per stimolare la discussione e la partecipazione attiva sui vari argomenti proposti. Sapeva, al contempo, porsi in maniera seria quando l'occasione lo richiedeva portando il suo contributo personale. 15 Il Ricordo “Non esiste separazione definitiva finchè esiste il ricordo” (Isabel Allende) MARTINO AMICO E CATECHISTA Scrivono Maria Giovanna Baccanelli, e, i bambini: «Cosa posso fare io?» Questa è stata la tua prima risposta alla mia domanda «Vorresti aiutarmi a fare catechismo?», ma poi hai accettato con gioia e dopo otto anni posso rispondere con certezza al tuo dubbio iniziale: «Carissimo Martino hai fatto molto per me.per i bambini e per la nostra comunità». Mi hai dato l'amicizia. quella vera. Mi hai consigliato. Mi hai dato la tua preziosa collaborazione nelle varie attività parrocchiali come durante i centri di ascolto della PAROLA DI DIO. I tuoi interventi erano sempre mirati ed apprezzati. Hai amato i bambini e hai trasmesso loro i valori attraverso la tua testimonianza di vita che è stata più preziosa di tante parole. Ti sei messo vicino a chi di loro camminava più lentamente per incoraggiarli e supportarli (guarda che ti sentivo quando suggerivi!). Non volevi perdere nessuno! Quanta gioia e commozione nell'accompagnarli a ricevere i sacramenti. Hai permesso loro di sperimentare la carità quando a gara ti volevano dare la mano per guidarti. Poi si dimenticavano della tua disabilità e volevano farti vedere i loro lavori per avere una conferma e tu prontamente rispondevi «Va Benissimo, ma vai a chiedere anche alla catechista». Ti sei fatto bambino come loro quando, un po’ frastornato, con un buffo costume di carnevale ti divertivi durante le festose sfilate. Ora, da lassù, senti un po' che bei pensieri ti dedicano i nostri bambini, ascoltali e riconoscili uno ad uno dalle loro voci come solo tu sai fare. Dicono i bambini di lui: “Martino, mi ricorderò per sempre di te come un uomo simpatico, generoso e gentile. Mi piaceva quando ci raccontavi del tuo viaggio in Palestina. Mi è rimasto in mente quando noi leggevamo il Vangelo e tu ci correggevi se sbagliavamo. Ciao Martino” (Martina) “Ciao Martino grazie per esserci sempre stato, grazie per le cose che ci hai insegnato ci mancherai tanto, ti porteremo sempre nei nostri cuori un forte abbraccio da tutti noi” (Andrea). “Grazie Martino per tutto quello che mi hai insegnato e per le emozioni che mi hai fatto provare nei bei momenti che abbiamo trascorso insieme.” (Jacopo) “Ci mancherai tanto Martino, sei stato la nostra guida, grazie per tutto quello che hai fatto per noi tutti. ti ricorderemo sempre con affetto” (Aurora) “Ciao Martino rimarrai sempre nel mio cuore, ti ricorderò con gioia, riposa in pace” (Francesco Marazzani) “Grazie Martino per tutto quello che ci hai insegnato per la vita; la tua anima trovi pace e serenità” (Renato) “Ciao Martino, te ne sei andato all'improvviso e in silenzio, lasciando un grande vuoto tra noi. Ti ricorderemo per l'impegno e l'amore che mettevi nell'accompagnarci nel nostro cammino d fede. Il tuo sorriso rimarrà per sempre nei nostri cuori. Dal cielo continua a vegliare su di noi e noi continueremo a ricordarti nella preghiera.” (Gloria) “Sei stato un bravissimo catechista, grazie per tutto quello che ci hai insegnato” (Anna) “La tua gioia e il tuo entusiasmo resterà per sempre nei nostri cuori. Ciao Martino” (Giulia Marniga) “Grazie Martino per averci accompagnato durante il catechismo. Ti preghiamo di continuare a farlo da lassù! Tu sapevi riconoscerci tramite la nostra voce, continuerai a sentirci nelle nostre preghiere! O Signore concedi a Martino e a tutti i nostri defunti la pace eterna!” (Chiara) “Ciao Martino, sei stato una persona molto speciale per noi, continua ad accompagnarci nel nostro cammino, rimarrai sempre nei nostri cuori, ti vogliamo bene.” (Giorgia) “Caro Martino, grazie per tutto quello che ci hai insegnato. Ci mancherai tanto e pregheremo per te, con affetto” (Daniel) “Caro Martino, mi ricordo di te a catechismo quando eri sempre disponibile e ci raccontavi tante belle storie di Gesù. Ti porterò sempre nel cuore “ (Francesco Sola) “Gesù ti abbiamo affidato il nostro amico Martino che è stato per tutti noi un tuo fedele testimone. Accoglilo nelle tue braccia di Padre Misericordioso e fa che da lassù ci indichi la via di una vita buona che ci porti a te” (Sara) “...E tutto questo ti sembra poco? Grazie amico mio. continua a guidarci e a proteggerci e arrivederci nella luce” (Giovanna e i bambini del gruppo del catechismo) Dall'Abruzzo: “Ciao caro martino, ho avuto la gioia di conoscerti virtualmente ma non toglie che di te ho assaporato tutti gli attimi che ci sentivamo telefonicamente, i momenti che ti divertivi a farmi arrabbiare per via della mia squadra di calcio, gli attimi che abbiamo condiviso raccontandoci mentre eri a passeggio con Fanes, quando ti dicevo: fai una carezza a Fanes e tu lo carezzavi e mi riferivi il suo saluto. Caro martino? stata breve la strada che abbiamo percorso assieme se pur virtualmente! Tu c?eri con la tua schiettezza anche se a volte apparivi rude sotto quella corteccia di buon montanaro ma quanta poesia sapevi emanare con il tuo essere. Martino caro quanto vorrei dire ancora ma le parole si fermano in gola perché al solo pensarti mi commuovo, dio ha colto il suo fiore preferito e ci ha lasciati privi di te fisicamente ma vivi nel mio cuore pi? forte che mai. Ti sento nelle note della musica, nel vento e tra le stelle sei quella che brilla di pi?! Ciao martino ti ho voluto tanto bene. Te ne voglio in grazia di dio.” (Anna Di Remigio) Dalla Valle Camonica: “Caro Martino, purtroppo ci hai lasciato troppo presto e in maniera repentina ed in attesa. Sono sicuro che da lassù mi stai sorridendo. Per me, e penso che anche per te il destino sia stato benevolo. Ci siamo trovati negli anni 60 all'istituto dei ciechi di Milano per andare all'unica scuola che noi disabili potevamo frequentare per avere la possibilità di un'istruzione. Eravamo bambini, e non pensavamo tanto a studiare ma ci piaceva giocare a calcio e penso di non essermi mai divertito tanto come in quegli anni che vanno dal 1968 al 1971: ci accumunava proprio la voglia di giocare e l'età media di noi ragazzini era intorno ai 12, 13, 14 anni; non si pensava ad altro. Ti ricordi quando aspettavamo la fine delle lezioni per andare a pranzo, mangiare di fretta e poi salire in camerata per cambiarci di corsa per essere i primi a prendere possesso del campetto per la partitella di pallone. Si formava la squadra: il tuo ruolo era ala sinistra ed il mio un po' centrocampista e ala destra. Un particolare aneddoto che ho conservato nel tempo riguarda un episodio che ci è capitato: Tutti i nostri compagni erano andati ad una funzione religiosa, e noi rimasti soli, abbiamo trovato un pallone e siamo rimasti a giocare nel campetto tutto nostro. Sono stati bei tempi ed ancora una volta ringrazio il destino di averti messo sul mio cammino. Pur abitando nella stessa zona ci siamo persi nel tempo, ma ci siamo anche ritrovati e davvero sono grato alla sorte perché anche se la nostra vita in comune è stata breve le esperienze condivise non si possono dimenticare. Caro Martino! mi manchi tanto. Continua da lassù a sorridermi e a sorvegliarmi. Grazie Martino.” (Ugo Rivadossi, estratto da un documento sonoro : 18 febbraio 2021) Martino rimane e rimarrà nei ricordi di chi l'ha conosciuto e gli ha voluto bene. Ora riposa fra le amorevoli braccia della Madre celeste, e, nel suo ricordo, facciamo nostre le parole di una bella canzone scritta da Bepi De Marzi lasciando salire dal profondo dell'anima, fino ad affiorare sulle nostre labbra, una, semplice e unica preghiera che dedichiamo a lui con tutto il cuore: "Dio del cielo, Signore delle cime, un nostro amico, hai chiesto alla montagna, ma ti preghiamo, ma ti preghiamo: su nel Paradiso, su nel Paradiso, lascialo andare per le tue montagne. Santa Maria, Signora della neve, copri col bianco, tuo soffice mantello, il nostro amico, nostro fratello, su nel Paradiso, su nel Paradiso: lascialo andare per le tue montagne." 16 Ringraziamenti “La gratitudine è non solo la più grande delle virtù, ma la madre di tutte le altre” (Cicerone) Un ringraziamento sentito e particolare va alla sorella di martino: Domenica Troncatti, a sua cugina Domenica Troncatti Frassine, alla catechista Maria Giovanna Baccanelli, alla signora Nadia, segretaria dell'unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti onlus Aps,sezione di Brescia: il loro prezioso contributo ha permesso la realizzazione di questa biografia Ringrazio la piccola Serena per l'aiuto nella ricerca delle citazioni inserite nel testo Ringrazio mia moglie Donatella per la rilettura e per i suggerimenti apportati nella trascrizione Ringrazio il personale dell'archivio storico della fondazione dell'istituto dei ciechi di Milano e i beni culturali della regione Lombardia per la documentazione messa a disposizione Un ringraziamento va all’ex primario del reparto di fisioterapia dell'ospedale di Darfo, Dottoressa Maria Grazia Cattaneo, all'ospedale di Esine non che di alcuni pazienti per le informazioni ricevute sulla vita lavorativa di Martino. Desidero anche ringraziare tutti gli amici che hanno portato la loro testimonianza diretta o indiretta e tutti coloro che in qualche modo hanno contribuito con una piccola donazione economica in ricordo di Martino. E un grazie di cuore a Don Mauro Zambetti, e ai suoi collaboratori della Parrocchia di Santa Maria Assunta per la loro disponibilità, ai bambini e ai componenti del gruppo di catechismo di Corteno Golgi, dove Martino si era integrato ormai da anni.


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Anche i non vedenti giocano a baseball!

di Matteo Comi

GIOCARE IN SICUREZZA GUIDATI DAI SUONI  Correre su un campo d’erba e terra rossa guidato dal tintinnio dei bubboli di una pallina, il battito delle palette e le voci degli arbitri il tutto nel completo silenzio: questi elementi costituiscono il Baseball per ciechi, disciplina che da quasi 30 anni appassiona ma soprattutto diverte decine di ipo e non vedenti di tutta Italia.  Questo sport è frutto di una geniale intuizione del ex-giocatore di baseball della Fortitudo Amaro Montenegro Bologna Alfredo Meli il quale, nei primi anni 90 aiutato da altri suoi ex compagni di squadra degli anni 70, decise di provare ad adattare la loro tanto amata disciplina sportiva ai disabili visivi.  Dopo attente sperimentazioni nel 1994 si disputò’  la prima partita in quel di Casalecchio di Reno e da quel momento  iniziò una storia sportiva in continua evoluzione. Nel 1997 ebbe luogo il primo Campionato italiano organizzato dalla A. I. B. X. C. (Associazione Italiana Baseball Per Ciechi) che tutt’ora detiene i diritti del gioco occupandosi anche della sua diffusione nella nostra nazione e all’estero. Nel 2018 è stata fondata la L. I. B. C. I. (Lega Italiana Baseball Ciechi ed Ipovedenti) affiliata alla F. I. B. S. (Federazione Italiana Baseball e Softball) che gestisce l’attività agonistica delle 12 squadre tutt’ora iscritte con un Campionato Italiano, la Coppa Italia, All’-Star-Game e torneo di fine stagione agonistica. Le realtà che prendono parte a tali attività sono: Blind Fighters, Fiorentina B. X. C., Fortitudo Bologna White Sox, Lampi Milano, Leonessa B. X. C. , Patrini Malnate, Roma AllBlinds, Staranzano B. X. C. , Tigers Cagliari, Thunder’s Five Milano, Thurpos Cagliari e Umbria Redskins. Dal 2000 il Baseball BXC ha iniziato ad espandersi all’estero da Kuba alla Francia e alla Germania per passare a Stati Uniti e Pakistan arrivando in tempi recenti anche in Gran Britannia. Proprio nelle ultime settimane hanno preso il via nuovi progetti in Hungheria, Olanda, Austria e Galles.  Gli Ipovedenti e i non vedenti che si approcciano a questo sport hanno la possibilità di fare un’attività molto inclusiva dato che le squadre sono miste tra maschi e femmine di età compresa tra i 15 e i 60 anni di ogni nazionalità. L’utilizzo di una mascherina per gli occhi permette, inoltre di annullare le differenze legate alle varie patologie visive mettendo tutti nella stessa condizione di buio assoluto. Un aspetto molto significativo è anche che disabili visivi e normodotati giocano insieme con i vedenti, ovviamente non bendati che guidano con le palette nella corsa sulle basi gli atleti o finalizzano l’azione difensiva ricevendo le palline lanciate dai difensori ipo e non vedenti.  Gli atleti, oltre a provare le dinamiche di un vero gioco di squadra sia dentro sia fuori il campo, possono soprattutto beneficiare degli effetti della pratica sportiva anche nella vita quotidiana. Nel corso degli anni sono infatti stati riferiti dai giocatori benefici in numerosi aspetti: incremento della propria autostima, migliore concentrazione ma soprattutto effetti sulla percezione del proprio corpo nello spazio e nell’autonomia negli spostamenti. La maggior parte di coloro che praticano il cosiddetto “Batti e corri” riferisce che la più bella sensazione è proprio quella di poter correre liberi senza vincoli in un ambiente in totale sicurezza.  Vorresti maggiori informazioni???????? Contatta il consigliere federale Barbara Menoni all’indirizzo mail: barbara.menoni@gmail.com oppure visita il sito dell’associazione italiana baseball per ciechi: www.aibxc.it


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Per sorridere un po

di Giuseppe Lurgio

1) Un giorno un tizio vede per terra una lampada, la strofina e ne esce un genio che gli chiede cosa voglia per avergli reso la libertà. Il tizio disse: voglio diventare un genio. Da allora i geni sono due e si possono modificare solo in laboratorio. 2) Colmo per una strega: fare una fattura con IVA. 3) Il primario passa pomposamente davanti ai letti dei degenti seguito dal codazzo degli assistenti e dettando le sue indicazioni: "Al ventisei domani lo screening completo, al ventisette rx del torace, al ventotto... al ventotto niente... è morto”. “Scusi professore” geme timidamente il paziente del letto ventotto” Guardi che io sono ancora vivo...”. E uno degli assistenti: “Zitto lei! Che vuol saperne più del primario?”. 4) Perché il tacchino non gioca mai a poker? Per paura di essere spennato come un pollo! 5) Non ho mai avuto successo con le donne. Le uniche volte che mi chiedevano di uscire era quando sbagliavo la porta del bagno. 6) Tema in classe. La maestra chiede agli allievi di raccontare una battuta del proprio papà. Paolo scrive: <


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Libri

Le persone non servono. Lavoro e ricchezza ai tempi dell’intelligenza artificiale

di Mario Lorenzini

Autore: Jerry Kaplan Editore: Luiss University Press Traduttore: Ilaria Veronica Tornasello Pagine: 136 Edizione: 2021 Prima uscita: novembre 2020 ISBN 10: 8861052568 ISBN 13: 978-8861052567 Prezzo: 18 euro L’autore offre diversi punti di vista di quanto ci aspettta (o ci potremmo aspettare) in un futuro contornato (o dominato?) da macchine più o meno pensanti. L’architettura del software che implementa l’AI cambierà in modi che adesso non riteniamo ancora attuabili. Ciò determinerà un’evoluzione che coinvolgerà diverse sfere, sia del lavoro che della vita al di fuori di esso, come sgravio dalle comuni mansioni domestiche o aiuto agli anziani. Il progressivo affiancamento di queste macchine agli operatori di ogni settore, prima per sostenerli nella loro mansione e poi, ove e quando possibile, per rimpiazzarli. Il tutto, non tanto e non solo nell’ottica di un sollevamento dai compiti o dalle fatiche umane, ma per incentivare il profitto e il controllo, con inevitabili ricadute sui ceti meno abbienti (economicamente e politicamente). Lo scenario tratteggiato da Kaplan è già in fase di parziale attuazione, con prototipi di robot, droni e altre realtà. Il libro ci darà l’input giusto per capire le novità adeguandoci. Avremo la possibilità di intervenire per dare il nostro contributo a queste innovazioni. Nell’opera non mancano svariati riferimento al mondo della finanza, cardine del sistema. La sua è, per molti, una visione estremizzata, dovuta al suo bagaglio culturale, ma la tecnologia sta già compiendo, in background, molti dei passaggi da lui descritti. Il testo è pertanto una guida approfondita alla consapevolezza di studi che si stanno concretizzando, afferendo sempre di più la nostra quotidianità. Un excursus ricco di esempi e testimonianze utili alla comprensione dell’argomento.


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DIMMI COME SOPRAVVIVERE CON MIO FIGLIO!

di Giuseppe Lurgio e Andrea Giachi

Cari lettori e lettrici scrivo volentieri due righe per introdurre questo neo-scrittore. Infatti, Andrea Giachi che di mestiere fa il professore di religione prendendo spunto dalle tante esperienze maturate negli anni ha buttato giù un simpatico e interessante libro. Egli partendo proprio dal classico concetto che recita da sempre che fare il genitore è un mestiere difficile,ha voluto per così dire, alleviare la fatica a tanti genitori che sempre più spesso sono, o si sentono, sopraffatti dai loro stessi figli incapaci di tener loro testa. Io personalmente questo libro preferirei chiamarlo manuale proprio per la sua semplicità d'uso. Infatti, è ben diviso per età e problematiche e poi ha una scrittura semplice e scorrevole Sicuramente è uno strumento che deve possedere chi si appresta a mettere su famiglia ma è consigliabile anche a chi è genitore da qualche anno e anche ai nonni che spesso badano per molte ore AL GIORNO AI PROPRI NIPOTINI. Il libro lo potete acquistare su Amazon. Il titolo è "Dimmi come sopravvivere con mio figlio!" Qui di seguito l'introduzione. Ah, sì, prima di leggerla, altre due notizie: la prima che da poco è uscito un altro suo libro anche in versione ebook dal titolo “I primi passo verso l’autostima”, la seconda che lo potete trovare sui social con il nome di Andrea Giachi Educatore Seriale INTRODUZIONE “Il bambino è una sorgente d’amore; quando lo si tocca si tocca l’amore” Maria Montessori Ho iniziato a scrivere di educazione circa tre anni fa. Sui social, in particolare, su Instagram. Me lo ricordo ancora lo sguardo attonito di tanti miei amici e colleghi quando ho intrapreso questa strada! “Ma scusa, cosa cavolo ti sei messo a fare?” “Parlo di educazione. Sui social” “Ma su Instagram? Non ci sono solo i ragazzini?” “Ci sono anch’io.” Devo ammettere che l’inizio è stato alquanto imbarazzante, mi sentivo fuori luogo, non riuscivo a capire bene come interagire e muovermi, ma poi ho pensato che in fondo avrei dovuto solo essere me stesso e comportarmi come facevo di solito: aiutare e rispondere ai dubbi dei genitori! “Ma scusa, a che titolo rispondi?” Mi chiedevano. “Non preoccupatevi, lo dico sempre che non sono uno psicologo, un pediatra o un professorone dell’'università. Il mio titolo è l’esperienza! Ho lavorato in passato nella scuola dell’infanzia, poi primaria, e attualmente alle medie. Ho fatto un sacco di volontariato e progetti e, se proprio non so rispondere, chiedo a qualche esperto”. Ed è così che mi sono ritrovato ad essere seguito da circa sessantamila persone. Certo, niente in confronto a Chiara Ferragni! Ma pur non essere un “figaccione” da paura e pur parlando tutto il tempo di educazione, direi che ho raggiunto un discreto risultato! Ma andiamo al sodo, di che cosa parla questo libro? Di tutti i miei post. Ne ho scritti quasi mille. Spesso, chi mi segue da poco, me ne ridomanda alcuni che avevo già pubblicato mesi prima. E quindi ho pensato di raccoglierli. Li ho rivisti, corretti e divisi per categoria. Ho lasciato che alcuni concetti basilari fossero ripetuti diverse volte, sia per non stravolgere totalmente la natura dei post originali, sia per facilitarne l’acquisizione, proprio grazie alla ripetizione. Una sorta di lavaggio del cervello! Però non li ho messi dentro tutti. Sennò dovevo fare un libro lungo 500 pagine! Ma credo di aver scelto quelli più richiesti e a mio avviso più significativi. Anche perché spesso mi scrivono: “Sai Andrea, salvo spesso i tuoi post, perfino li stampo e ogni tanto li rileggo… le tue parole, semplici parole mi permettono di rientrare in carreggiata, di non perdere la bussola!” E così, eccomi qua. Con un titolo un po’ provocatorio, lo so. “Dimmi come sopravvivere con mio figlio!”. Anche questo prende spunto dai tanti commenti e messaggi che mi scrivono molti genitori. Un libro pratico. Senza troppi fronzoli. Cerca in breve di aiutare chi educa a venirne fuori e, più che altro, a vedere nel proprio essere “genitore” non solo un “sacrificio” ma un’opportunità incredibile per migliorarsi e continuare a crescere! Indice degli argomenti trattati. 1. QUASI QUASI INIZIO A EDUCARE 1.1 L’educazione? Non è democratica! 1.2 Perché c’è bisogno dello “scaffolding” 1.3 Ricordati dello zucchero (metodo Mary Poppins) 2. SOPRAVVIVERE CON UN BAMBINO PICCOLO (0-3 ANNI) 2.1 Partire dalla routine 2.2 Mi raccomando, le regole! 2.3 La cura dell’ambiente? Gli semplificherà la vita! 2.4 Non spiegare tutto: lo confondi! 2.5 Il segreto della procedura 2.6 Le sei fasi del sonno 2.7 Se non dorme di notte: sopravvivere con il co-sleeping 2.8 Se il bambino vuole stare nel lettone 2.9 Come riuscire a togliergli il pannolino 2.10 Se sul water non ci vuole proprio stare 2.11 Se non riesci a togliergli il ciuccio! 2.12 Dito sempre in bocca: come toglierlo? 3. È CRESCIUTO E NON RIESCO A GESTIRLO (2-5 ANNI) 3.1 La famosa fase del mio 3.2 Quando dice sempre “perché?” 3.3 Se non sa ancora parlare (come aiutarlo) 3.4 Se non sta fermo un secondo 3.5 Se lancia continuamente oggetti  3.6 Se non sa aspettare: come fare? 3.7 Il metodo per dirgli “no” 3.8 Se dice le parolacce 3.9 Se a tavola non ci vuole stare 3.10 Se mangia sempre le stesse cose 4. IL GIOCO È IL LAVORO DEI BAMBINI (3-10 ANNI) 4.1 I bambini: perché curarli con il gioco 4.2 Insegnargli a stare con gli altri (perché è importante) 4.3 Se non vuole condividere i giochi 4.4 Se non vuole mai perdere 4.5 Come insegnargli a mettere in ordine i giochi 5. QUANDO LE EMOZIONI ENTRANO IN GIOCO (3-10 ANNI) 5.1 Come insegnargli a riconoscere le emozioni 5.2 Educarlo a guardarsi dentro 5.3 Se il tuo bambino è timido 5.4 Se non sa gestire la rabbia 5.5 Quando il bambino è aggressivo 5.6 Si agita? Digli cosa accadrà! 5.7 A volte basta tempo di qualità 5.8 Le sue paure? Sono normali! 5.9 Quando i genitori litigano in modo sano 5.10 Genitori separati. Come comportarsi? 5.11 Se viene a mancare una persona cara 6. MA PERCHÉ I MIEI FIGLI LITIGANO SEMPRE? (0-10 ANNI) 6.1 Fratelli e sorelle: ti spiego perché sono diversi 6.2 Lockdown: costretti a stare sotto lo stesso tetto 6.3 È arrivato il fratellino: come gestire la gelosia 6.4 Se dicono che facciamo le preferenze 6.5 È unico ed è un tiranno: come facciamo? 7. LA SCUOLA? CHE INCUBO! (3-10 ANNI) 7.1 Come scegliere la scuola giusta 7.2 Se non vuole andare a scuola 7.3 È iniziata a scuola... e non mangia! 7.4 Se odia studiare 7.5 Aiuto! non riesce a concentrarsi 8. LO SPORT FA BENE... SE LO VUOLE FARE! (3-10 ANNI) 8.1 Perché lo sport fa bene 8.2 Il mio bambino non ama gareggiare 8.3 Se nelle attività è incostante 9. EDUCAZIONE DIGITALE? ECCO COME FARE! (0-10 ANNI) 9.1 Educare ai social... fin da piccoli 9.2 Bambino dipendente da tablet 9.3 Family Link: un’App per accompagnarlo digitalmente 9.4 Educare alla rete un bambino 9.5 …E lo smartphone, a quale età? Conclusione. Buona lettura a chi deciderà di leggerlo!


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Manuale di igiene e profilassi

di Stefano Pellicanò

Titolo: “Manuale di Igiene e Profilassi” Autore: Stefano Pellicanò Anno: 2009 Pagine: 226 Formato: 21 x 30 Prezzo: € 45,50 ISBN: 978-88-97215-03-5 Genere: Medicina (Igiene) L’A. ha ridimensionato le patologie ormai meno frequenti, per diffusione e gravità e ha considerato tutte le malattie infettive e parassitarie di cui allo stato attuale è possibile effettuare una profilassi, la vera origine dell’infezione del virus H.I.V. e problematiche del futuro come, ad es, da batteri fotosintetici o cianobatteri nelle acque superficiali. Da evidenziare, fra l’altro, la presenza di argomenti di Storia della Medicina, Psicologia, Infermieristica e Dietologia; la descrizione di vaccini sperimentali (mononucleosi infettiva, cancro ovario, leucemia mieloide, epatite C ed anti-nicotina) le novità etio-patogenetiche sulla Febbre da virus West Nile e sulla Malaria, con indicazione, fra l’altro, di nuovi tipi di plasmodi interessati e delle nuove metodiche diagnostiche; le linee-guida per il Bioterrorismo e per le Febbri emorragiche virali e la problematica della persistenza delle IgM dopo la vaccinazione anti-rosolia Ra 27/3 nelle donne che intendono intraprendere una gravidanza causa (finora) di procrastinamento della stessa per settimane, mesi o anni, segnalato al Ministero della Salute (Scheda n. 89739), alle due Case Farmaceutiche sue produttrici e/o fornitrici in Italia. Appendice I: Persistenza di IgM-rosolia per mesi o anni dopo la vaccinazione: frequente causa di ingiustificato allarmismo e rinvio di programmazione di gravidanza. Nostra esperienza. Appendice II: Linee-guida per la gestione di casi sospetti e contatti di soggetti con Febbre emorragica virale (FEV). Appendice III: Linee-guida per la gestione dei casi sospetti e accertati di attacco bioterroristico.


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Comunicati

Aggiornamenti di Girobussola

di Paolo Giacomoni

amiche e amici di Girobussola, Ho troppe cose da dirvi: evitiamo perciò i preliminari! Siamo pronti per la passeggiata audio-tattile lungo piazza del Campo a Siena del 22 febbraio alle 18. Entro il 15 febbraio compreso, hai tre possibilità per partecipare: La prima, gratuita: Se ce lo chiedi, ti passiamo il link, ti registri, ti arriva la mail con la connessione. Se hai problemi faccelo sapere subito! la seconda: In cambio di un contributo di 10 euro ti mandiamo la mappa a rilievo di piazza del Campo che ti permetterà di seguire la passeggiata passo dopo passo e di fruire quindi pienamente dell'iniziativa audio-tattile. La terza: se non sei ancora nostro socio, puoi diventarlo con 20 euro. Così, oltre alla tessera Arci Girobussola e alla mappa a rilievo di piazza del Campo, riceverai anche la mappa di Siena dentro le mura, con il file della guida passo passo perché tu possa esplorarla autonomamente. Altre iniziative! 8-11 settembre si replica: trekking di 4 giorni multisensoriale ed inclusivo da Marzabotto a Grizzana Morandi e alla Rocchetta Mattei (BO). Sulla scia del progetto vincitore dell'Otto per mille valdese 2020 "Memoria, arte e natura ad occhi chiusi", torniamo in appennino anche quest'anno per conoscere e ri-conoscerci in una delle zone più suggestive del bolognese, crocevia di storie e biodiversità. Contributo: 415 euro, incluse notti, colazioni e un pasto, ingressi, guide, accompagnamento, esclusi trasporti verso il punto di partenza (Marzabotto) e di ritorno (Riola) e gli altri pasti. Puoi consultare il programma giorno per giorno in dettaglio sul sito del nostro tour operator Viaggiemiraggi: https://www.viaggiemiraggi.org/viaggio/trekking-accessibile-sui-sentieri-dellappennino-da-marzabotto-a-riola/ 8-13 giugno, Berlino-Amburgo inclusive: 6 giorni itineranti nel nord della Germania, fra la capitale - travagliata e rinascente dalle ceneri del XX secolo - e Amburgo, la “porta sul mondo” alla foce del fiume Elba. Un viaggio ricco di visite multisensoriali, degustazioni golose e passeggiate urbane fra arte e architettura, per conoscere le due principali metropoli tedesche, affini eppure diversissime, antiche di spirito e modernissime di forme, estese fra la terra e il mare. Il viaggio è pensato come sempre per essere pienamente fruibile da persone con disabilità visiva, ma è godibile e interessante anche per chi ci vede: lo riproponiamo quindi in chiave inclusiva, in modo da ammortizzare i costi e condividere i nostri strumenti di approccio al mondo. Contributo e programma in via di ultima definizione. dal 27 maggio al 1° giugno, Costiera Amalfitana nascosta: accompagnati da due guide, una vedente come di consueto, e un nostro socio non vedente di Cetara che ci farà scoprire i luoghi dove è cresciuto, le tradizioni locali come la colatura di alici, le ville Romane, spiagge nascoste, sontuosi giardini, antiche cartiere e i musei navali di Amalfi. Impareremo i segreti di un buon limoncello, passeggeremo nei limoneti e saremo in barca con i pescatori locali. Visiteremo anche i monti sopra la Costiera, per assaggiare i prodotti tipici e camminare al fresco. Faremo anche un giro a Vietri a toccare le sue ceramiche per raggiungere infine a Salerno. Scriveteci o chiamateci per info, per chiacchiere, per tutto! Buona giornata Paolo e il team Girobussola info@girobussola.org 333 79 53 941 (Ilaria 051 614 28 03 (Paolo) 334 83 00 187


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Antonio Quatraro, ex direttore del giornale e grande uomo. La sua scomparsa a cui nessuno avrebbe mai pensato

di Mario Lorenzini

Il 14 marzo scorso abbiamo perso Antonio. Il prof. Quatraro ci ha lasciato improvvisamente, inaspettatamente, all’età di 76 anni. Lo ricordiamo non soltanto per la sua presenza come direttore e vicedirettore del nostro giornale, ma anche come persona umana, affabile, poliedrica. Laureato in lettere e filosofia e professore di musica con diploma di pianoforte e canto. Al suo attivo anche la conoscenza di lingue straniere come inglese, francese e tedesco. Nel suo curriculum troviamo collaborazioni scientifiche, insegnamento presso vari istituti, e cariche istituzionali a carattere tecnico e associativo. Da Giovani del 2000 Noi tutti redattori, abbiamo seguito le sue direttive fino al 2020. I suoi consigli, la sua supervisione e la sua disponibilità hanno dato man forte negli anni a questa rivista. Il Consiglio Regionale dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti toscano ha sempre incoraggiato questa pubblicazione. Se siamo arrivati fin qui è merito anche di Antonio, che ha saputo indirizzarci con spunti e apprezzamenti. Ti sei sempre posto con la massima umiltà con chiunque, guadagnandoti fiducia. Ora, purtroppo, siamo costretti a salutarti. Un grande abbraccio dai tuoi redattori.


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Articolisti…cercasi


Anche tu puoi scrivere sul nostro periodico!

Se hai una passione che vuoi condividere, un tema da sviscerare o un argomento su cui esprimere il tuo pensiero, ebbene puoi essere dei nostri. Inviaci il tuo scritto e, se ritenuto valido, sarà pubblicato. Per poter essere pubblicato, devi tener conto dei punti seguenti:
1) Gli articoli devono essere inviati, via e-mail, al seguente indirizzo: redazione@gio2000.it; non saranno accettate altre modalità di invio; i formati di file ammessi sono i seguenti: testo libero (txt), documento di word (doc o docx), rich text format (rtf) no pdf;
2) eventuali immagini, per la versione pdf, possono essere inviate separatamente in allegato, specificando un nome significativo; diversamente si possono includere direttamente nel file del word processor;
3) Gli articoli devono pervenire in redazione entro il 15 del mese precedente l'uscita del giornale; a tal proposito ricordo che le uscite trimestrali sono le seguenti: marzo, giugno, settembre, dicembre; conseguentemente, le scadenze per la presentazione degli scritti sono: 15 febbraio, 15 maggio, 15 agosto, 15 novembre. E’ importante far comprendee che la rivista può uscire nell’arco del mese previsto solo grazie alla puntualità degli articolisti. Agli articoli pervenuti oltre tale termine si applica la procedura seguente:
a) pubblicati comunque, in base alla mole di lavoro della redazione e all'interesse dello scritto;
b) pubblicazione rimandata al numero / ai numeri successivi, sempre come sopra, in caso di articolo non strettamente correlato al periodo temporale e quindi valido anche in futuro;
c) non pubblicato a causa di notevole materiale già presente in precedenza e/o rivista in fine lavorazione;
4) I testi pervenuti in redazione possono essere inseriti nel periodico, cestinati, conservati, in ogni caso non restituiti, senza motivazione comunicata dalla redazione stessa;
5) Se il testo eccede le 15 - 20 pagine, anche in relazione al tema trattato che potrà essere valutato più o meno attraente, la Redazione si riserva la facoltà di ridurre o modificare, in ultimo di cestinare lo stesso; in alternativa, lo scrivente può, di sua iniziativa, o su suggerimento della Redazione, suddividere l'articolo in due o più tranche da immettere in numeri sequenziali della rivista;
6) Il carattere di stampa del corpo dell'articolo, relativamente al file in formato pdf, è il "Tahoma", dimensione 10 punti. In generale, il layout della pagina è su due colonne, con formattazione giustificata. Questo tanto perché lo scrittore possa utilizzare lo stesso font per calcolare, orientativamente, il numero delle pagine del proprio articolo;
7) L’articolista non è tenuto a calcolare il numero delle pagine del proprio scritto, anche se ciò può essergli utile, al fine della consapevolezza dell’effettiva foliazione del suo scritto, per non scrivere troppo, o troppo poco . Non è tenuto altresì a rispettare lo stile descritto sopra come il carattere e la sua formattazione; gli articoli nel file pdf vengono tuttavia uniformati nel modo seguente:
a) Titolo dell’articolo in font Times New Roman, dimensione 12 punti, stile grassetto. Il titolo deve inoltre essere il più corto possibile;
b) nome dell’articolista in font Arial, dimensione 10 punti, stile grassetto e corsivo;
c) corpo del testo in font Tahoma, dimensione 10 punti, paragrafo allineamento giustificato e testo ripartito su due colonne;
altre personalizzazioni proprie di chi invia lo scritto saranno annullate; naturalmente, l’articolista è libero di scrivere nel modo e nel tipo di formattazione che più lo aggrada, al fine di potersi esprimere al meglio, consapevole del fatto che tali opzioni e scelte verranno perse per adeguamento formale alla struttura della rivista; 8) Requisiti minimi. Per poter essere inserito nel periodico, i canoni indispensabili richiesti sono:
a) scrittura in un italiano corretto e comprensibile; errori grammaticali o di sintassi, come alcuni refusi, saranno corretti o meno a discrezione della redazione. In caso di un’eccessiva presenza di queste inesattezze la redazione potrà decidere se cestinare il tutto o, in caso di contenuto particolarmente interessante, contattare l’articolista proponendogli di riformulare, in toto o in parte, il suo scritto;
b) Assenza di riferimenti espliciti a inclinazioni politiche. La rivista non è schierata o portavoce di una qualsiasi corrente politica. La nostra rivista è apolitica;
c) Rispetto della decenza e della morale, inteso come assenza di offese o termini ingiuriosi e di cattivo gusto, rivolti a figure o persone; è ammessa la satira o la piacevole ironia, se opportunamente dosata;
9) Inserimento in rubrica. L’articolista può indicare la rubrica di appartenenza del suo scritto, diversamente la Redazione inquadrerà di propria scelta l’articolo; L’elenco delle rubriche è riportato vicino al sommario. Gli articoli possono rientrare in una delle categorie ascritte;
10) A pubblicazione ultimata, ossia con gli articoli già inseriti negli spazi dedicati, l’articolista non può chiedere la rimozione, tantomeno la modifica dello stesso o la sua sostituzione con una versione più recente;