Giovani del 2000

Informazione per i giovani del III millennio    numero 5    Giugno 2002

 

Direttore  Prof. Carlo Monti

Vice Direttore  Maurizio Martini

Redattori  Alessio Lenzi, Mario Lorenzini

 

Redazione

Via Francesco Ferrucci 15

51100 - PISTOIA

Tel.  057322016

e-mail: redazione@gio2000.it

Sito internet: www.gio2000.it

Tipologia: notiziario

 

Pubblicazione registrata presso il Tribunale di Firenze al n. 4197 del 26.06.2000

 

Gli articoli contenuti nel  periodico non rappresentano il pensiero ufficiale della redazione, ma esclusivamente   quello del singolo articolista.

 

In questo numero:

 

Editoriale - Di Mario Lorenzini

COMUNICATI

Giovani del 2000 on web - Di Alessio Lenzi

CULTURA

Storia degli indiani d'America (quarta parte) Grandi gruppi linguistici organizzati secondo un criterio geografico - Di Luciano Luzzi

 

Un'esperienza particolarmente toccante - Di Irene Verzeletti

INFORMATICA

Lezione 1 - come aprire Outlook Express e settaggi preliminari - Di Paola Vagata

MUSICA

"Perché San Remo è San REmo" "A volte ritornano, ma quando ritornano..." - Di Vainer Broccoli

NORMALITA' E HANDICAP

Comunicare per integrarsi - Di Natale Todaro e Luigi Palmieri

RACCONTI E POESIA

Marina dagli occhi a mandorla - Di Simona Convenga

RIFLESSIONI E CRITICHE

Il profeta di Dio Maometto (seconda e ultima parte) - Di Renato Bianco

 

Quando le emozioni non possono essere messe su carta - Di Elena Aldrighetti e Maurizio Martini

 

La felicità - Di Marius

 

 

Editoriale

 

Di Mario Lorenzini

 

Oggigiorno tante cose sembrano aver perso d’importanza. Si dice che non ci sono più valori, che tutto è importante perché niente lo è. Siamo contornati da regole,  leggi da rispettare, eppure tutto è permesso, aggirabile tanto è ambiguo.

Secondo le moderne concezioni qualsiasi cosa o essere vivente ha diritti, ma ogni organismo deve essere controllato, per il bene comune, pare. Ma non sempre funziona; anzi forse è una contraddizione in termini. Esempio:

 

Io ti abililito a fare qualunque cosa, visto che sei un essere vivente con pieni diritti;

Io ti controllo affinché il tuo operato sia conforme a determinati schemi prefissati, ovvero regole.

 

Un momento! Prima mi dici che posso fare quello che voglio, poi stai lì, vigile, perché potrei commettere come dire, delle infrazioni? Un reato? Ma allora non posso fare tutto quello che voglio. Oppure se così è, perché mai a qualcuno dovrebbe importare ciò che faccio?

Beh, il gatto si morde la coda, non si rende conto che è la sua, allora continua a girare, girare, sempre più velocemente, ecco la nostra società attuale: un gatto che assomiglia ad un vortice. E nessuno lo ferma.

E allora si discute con tanta animosità in una riunione tra politici e poi alla fine, ognuno va a letto col suo peggior nemico, sì, giacché il giorno dopo la musica cambia, l’alleanza fra schieramenti è quella opposta, quindi in cosa credere?

Una madre tanto amorosa (fino a quel momento) uccide il figlioletto, e i media ci vanno a nozze, e allora in cosa credere?

Si parla di sesso, educazione sessuale qui, là, contraccettivi, etero e omo, sesso libero, e poi si finisce per preferire un salto da un ponte legati ad un elastico. Ma a che cosa credere allora?

Qualcuno vi dice che vi aumenteranno lo stipendio o la pensione che sia; bene, ottimo direi, potremo tirare un po’ il fiato, pensiamo; peccato però che a un possibile prossimo aumento di queste povere provvigioni diciamo di 50 euro mensili, sia accompagnato un “sicuro”, “immediato” aumento del costo della vita, dai generi di prima necessità e non solo, latte, carne, caffè, ma anche biglietti ferroviari, degli autobus, forse la vostra palestra vi chiederà qualcosina di più, ai canoni Telecom ci siamo abituati, mettiamoci energia elettrica e gas, acqua, nonché balzelli fantasma in busta paga che fanno capo ad enti dalle sigle ridicole quanto furbe…

Scusate, ne avrei ancora per un bel po’, ma mi perderei, come potrebbe succedere a voi se non saprete rispondere alla domanda apparentemente difficle, ve la faccio per l’ultima volta: in cosa credere?

In voi stessi. E questo è quanto.

 

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COMUNICATI

Giovani del 2000 on web

Di Alessio Lenzi

 

Cari lettori, forse qualcuno ha notato nell’editoriale dello scorso numero per la prima volta la dicitura sito web. Bene, proprio così! Finalmente, dopo tanto tempo, anche noi possiamo dire di poter visitare la nostra pagina web per qualsiasi informazione. Questo traguardo, per noi della redazione è motivo di orgoglio. Traguardo, che alla nascita del nostro periodico nemmeno avremmo immaginato o si potesse realizzare.

Il sito del nostro giornalino, interamente costruito da noi e per adesso in fase sperimentale, contiene al suo interno varie notizie ed informazioni che potranno essere utili sia ai nostri lettori, sia a coloro che non ci conoscono e vogliono saperne di più sulla nostra attività e sulle nostre iniziative. Come dicevo prima, il sito è in fase sperimentale, infatti, per il momento si trova su uno spazio web gratuito, e per adesso non ha un suo dominio, come del resto il suo indirizzo ne è testimone:

(spazioweb.inwind.it./gio2000), comunque in breve tempo conteremo di allestire un dominio in modo da avere un indirizzo semplice del tipo www.gio2000.it, in modo così da facilitarne la digitazione e da far in modo che lo si ricordi bene. Abbiamo deciso di dedicare a questa ulteriore nostra iniziativa un articolo solo adesso, in quanto all’uscita del precedente numero, il sito era veramente in fase del tutto embrionale, quindi abbiamo ritenuto di non pubblicizzarlo troppo parlandone diffusamente. Scendendo nei dettagli tecnici, possiamo dire che le pagine sono state realizzate solo in modalità testuale, quindi per il momento non presentano immagini di nessun tipo, così da rendere la navigazione più veloce ed agevole per chi ancora utilizza sistemi informatici non troppo recenti. Inoltre, abbiamo deciso di adottare caratteri più grandi per rendere più semplice la lettura a soggetti ipovedenti ed abbiamo anche cercato di evidenziare i collegamenti ipertestuali con un colore differente rispetto al testo normale della pagina in modo da farli maggiormente risaltare.

All’interno delle pagine trovate notizie sulla nostra storia, la possibilità di poter leggere on-line l’ultimo numero disponibile ed infine potrete scaricare il giornalino anche in modo da poterlo consultare scollegati dalla rete spendendo così meno soldi per  la bolletta telefonica! Esiste anche una sezione chiamata “il prossimo numero", che viene periodicamente aggiornata informando sullo stato di evoluzione del numero successivo del periodico e prima della sua uscita, vi troverete inoltre  in anteprima il sommario. In tutte o quasi le pagine del nostro sito, troverete sempre un link per poterci scrivere e trovate anche un collegamento per potervi iscrivere alla nostra lista di distribuzione automatica che provvederà ad inviare a ciascun nuovo iscritto l’ultimo numero disponibile di “Giovani del    2000” ed all’invio, sempre in automatico, dei successivi numeri appena questi sono disponibili.

Con questo breve articolo spero di avervi messo curiosità e quindi cosa aspettate? Venite a visitarci! Ricordo che l’indi-rizzo è:

spazioweb.inwind.it/gio2000, mi raccomando, non mettete davanti il classico www, in quanto vi vedrete rispondere dal vostro programma che la pagina non è disponibile. A questo punto vi do un arrivederci al prossimo numero e buona navigazione!

 

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CULTURA

Storia degli indiani d'America (quarta parte) Grandi gruppi linguistici organizzati secondo un criterio geografico

Di Luciano Luzzi

 

1) ALGONKINI WAKASHAN

 

Sottogruppi: ALGONKINI, BEOTHUK, KUTENAI, RITWAN.

 

Vi appartengono le seguenti tribù:

 

  A) NUOVA INGHILTERRA: Abnaki – Mahican – Pequot – Mohegan

 

Massachusett – Narraganset – Penobscot

 

Poktumtuk - Wampanoag

 

  B) LABRADOR: Nasakapi

 

  C) COSTA ATLANTICA: Delaware – Nanticoke – Powhatan - (New-York – Virginia) Wappinger

 

  D) MIDDLE WEST: Chippewa – Cree – Miami – Delaware – Illinois – Kikapoo – Menominee – Ojibwa – Fox – Ottawa – Potawatomi – Sauk – Shawne.

 

  E) PIANURE: Arapaho – Atsina – Blood – Blackfeet – Cheyenne – Cree – Piegan

 

2) HOKA – COAHUILTECA:

 

Sottogruppi: HOKA – YUMA – COAHUILTECA – CADDO – IROCHESE—HURON – CHEROKEE – PAWNEE – ARIKARA

 

Vi appartengono le seguenti tribù:

Lingue Irochesi:

 

  A) TRIBU’ SETTENTRIONALI: Cayuga – Mohawk – Oneida – Onondaga – Seneca - Tuscarora

 

  B) TRIBU’ MERIDIONALI: Cherokee – Tuscarora.

 

  C) ALTRE TRIBU’: Erie – Huron – Susquehanna.

Lingue Caddo:

  A) TEXAS: Anadarko – Hainai – Nabedache – Nacogdoche – Nasoni – Namidish – Neches - Caddohadacho – Cahinnios – Nanatsoho - Natchitoches.

 

  B) LOUISIANA: Adai – Eyeish – Natchitoches – Datasi.

 

  C) A OVEST DEL MISSISSIPI: Pawnee  (Chaui – Skidi – Kitkehahis - Pitahuerat) Wichita (Arikara – Waco - Tawakoni).

 

Lingue Muskhogee:

 

  A) SUD-EST: Alibamu – Chickasaw – Choctaw – Creek - Koasati – Natchez – Seminole – Tunica – Taensa.

 

3) SIOUX – YUKI

 

Sottogruppi: SIOUX – YUKI

Vi appartengono le seguenti tribù:                           

  A) DAKOTA: Dakota Orientali – Sioux – Santee - Dakota - Teton-Dakota – Blackfeet – Brule’ – Oglalla - Hunkpapa – Miniconyou – Sans-Arc – Two-Kettle.

 

  B) MISSOURI SUPERIORE: Crow – Hidatsa – Mandan – Winnebago.

 

  C) MISSOURI INFERIORE: Iowa – Kansas – Missouri – Omaha – Osage — Quapaw – Ponca.

 

  D) VIRGINIA – CAROLINA SETTENTRIONALE: Assiniboin – Biloxi – Catawba - Manahoac – Monacan - Tutelo.

 

  E) CALIFORNIA: Karok – Pomo – Shasta – Yana – Yuki.

 

  F) ARIZONA: Yuma

 

4) UTO - AZTECO

Sottogruppi: UTO-AZTECO (Shoshoni – Sonoridi – Azteco) –TANO - KIOWA – ZUNI.

 

Vi appartengono le seguenti tribù:

 

Lingue Azteche:

 

  A) IDAHO: Bannock – Snake

 

  B) NEVADA: Chemehuevi – Shoshoni – Mono – Paiute – Penamint.

 

  C) OKLAHOMA: Comanche

 

  D) WOMING: Shoshoni

 

  E) COLORADO: Ute

 

  F) UTAH: Ute

 

Lingue Tano:

 

  A) PUEBLO TEWA: Hano o Nampeo – Nambe – Pojoaque - San Ildefonso – San Juan – Santa Clara - Tesusque

 

  B) PUEBLO TIWA: Isleta – Picuris – Sandia – Taos

 

  C) PUEBLO TOWA: Jemez – Kiowa – Pecos

 

Lingue Azteche o Nahuatlate:

 

  A) SUD – OVEST: Aztec – Cora – Opata – Yachi.

 5) PENUTI

 

Sottogruppi: PENUTI – CHINOOK- TSI MSHIAN – COOS-TAKELMA - KLAMATH-SAHPTIN.

Vi appartengono le seguenti tribù:

            A) CALIFOR - NIA :                        Costano – Maidu – Wintun – Miwok – Yokuts

 

            B) OREGON: Klamath – Modoc

 

            C) WASHINGTON: Cayuse – Chinook – Molale – Wasco – Wishram

 

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Un'esperienza particolarmente toccante

Di Irene Verzeletti

 

Un mese in Africa! Quante preoccupazioni: saprò gestirmi, così lontana da casa, riuscirò a godere a pieno dell’esperienza che mi viene offerta? E se dovessi ammalarmi, sarò un ostacolo agli altri 3 ragazzi che vengono con me?

In un primo momento è stato difficile adattarsi. Già il fatto di essere atterrata salva mi ha reso felice, ho baciato la terra dove camminavo e ho ringraziato Dio.

Quell’odore di erbe balsamiche che impregna quelle terre selvagge, dà subito un’idea del clima semplice e toccante col quale si viene a contatto.

Che grande occasione ho avuto, ho lasciato in Africa una parte del mio cuore, ma ho portato dei ricordi che rimarranno indelebili in me: tenterò di spiegare ogni mia sensazione, sperando che la mia testimonianza riesca a spingere la gente ad apprezzare l’Africa perché è tutta da scoprire e, non da assoggettare.

La prima cosa che mi ha colpito sono i bambini: tutti sporchi ma con tanto ardore corrono incontro ai bianchi solo per qualche caramella o per un po' di soldi. Ecco le prime raccomandazioni a calmare il mio entusiasmo: attenzione che i bambini non vi amino solo per le cose che avete. Difficile non dare loro caramelle, soldi o qualche maglietta perché mi facevano una tenerezza incredibile.

Nella missione che ci ospitava c’era molto lavoro: abbiamo messo gli scaffali per la libreria della scuola, abbiamo imbiancato e ripulito la clinica, abbiamo cambiato le cisterne dell’acqua potabile e le abbiamo collegate dal tetto a una pompa. Abbiamo visto gli abitanti del nostro villaggio che uscivano dalle capanne e correvano alla missione per avere qualche secchio d’acqua potabile, perché in genere usavano quella del fiume.

Solo gli uomini hanno cultura in Ethiopia. La lingua parlata è l’amarico, ma i maschi conoscono anche l’inglese. Ho trovato molti amici tra i ragazzi della nostra tribù, i ghedei.

Un giorno ci siamo seduti sul prato e con un registratore dei missionari, i giovani ghedei mi hanno registrato le loro canzoni tradizionali. Per loro è stata una festa e facevano a gara, poi, a invitarci a mangiare nelle loro capanne.

Per loro è importante che i bianchi apprezzino i loro cibi tradizionali, è un fatto basilare della loro cultura, perché è l’unica cosa che possono offrire nella loro semplicità.

Quella che ho notato io in Africa non la chiamerei miseria, ma ingenuità. Forse agli abitanti delle capanne fatte di fango non viene insegnato come spendere i soldi che guadagnano dai loro immensi raccolti di caffè e banane. Forse non sanno amministrare i loro beni, ma se si sapessero organizzare sono sicura che non avrebbero bisogno della nostra civiltà.

Nella “mia” zona esisteva la poligamia e una donna poteva avere anche 13 figli.

L’Africa è stata per me un’e-sperienza di crescita. Essa non conosce la nostra concezione di igiene, ma la gente lì è davvero pulita dentro: la loro onestà dà loro grandi meriti.

Ho invitato alcuni giovani a venire al giubileo in Italia: probabilmente per loro sarà difficile venire, a causa dei documenti e per problemi finanziari, ma i loro sorrisi al sentire la parola Papa mi hanno realmente commossa.

Se posso permettermi di consigliare qualcosa a chi è in procinto di intraprendere questo grande viaggio? Partite con umiltà, l’umiltà di imparare a costruire i loro cestini in vimini, l’umiltà di farci fare le trecce tradizionali dalle bambine africane, l’umiltà di offrire a piene mani, ma soprattutto la voglia di imparare a non corrompere le nostre anime.

Fino a dicembre è stagione di pioggia in Ethiopia e vi garantisco che quelle strade che ho percorso in jeep o a piedi mi sembravano sabbie mobili.

Ho vissuto la paura e il disagio ogni volta che mangiavo, ho provato a non lavarmi perché non avevo neanche da bere, ma ho stretto le mani di giovani che ora posso chiamare amici, anche se forse non li rivedrò più. L’ultimo giorno che camminavo con loro, li sentivo così vicini e sentivo sciogliersi un nodo dentro di me: “Hitti Gialo” mi ha

 sussurrato Addissua una delle bambine più affettuose, che significa: Tu amica mia.

 

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INFORMATICA

Lezione 1 - Come aprire Outlook Express e settaggi preliminari

Di Paola Vagata

 

Questa volta vedremo i diversi modi di aprire Outlook Express, impareremo a configurarlo inserendo le informazioni relative alla nostra casella di posta, vedremo come rendere più agevole l'uso di O.E., compiendo alcuni aggiustamenti. Più avanti osserveremo il programma, con le sue cartelle ed i

diversi menù, anche attraverso alcuni esperimenti pratici.

Probabilmente, ad una prima lettura, il contenuto di questa lezione potrà sembrarvi un po’ pesante.

Se avete già aggiustato correttamente O.E., la parte riguardante la connessione guidata Internet ed i settaggi potrebbe non interessarvi, per il momento, ma vedrete che, comunque, anche in futuro potrà tornarvi utile, se vi capiterà per qualsiasi motivo di reinstallare il programma.

Apriamo Outlook Express

Sperimentando i vari modi di aprirlo

Generalmente esiste un collegamento nel desktop, quindi, una volta posizionati sul desktop, basta premere la lettera O e, se leggiamo o sentiamo la dicitura "Outlook Express", apriamo il programma.

Ancora, dal menu Avvio, digitiamo la P di Programmi, poi la lettera O, appunto, come Outlook Express. Se non abbiamo installato altri programmi i cui nomi cominciano con la O, ecco che si aprirà il nostro mailer.

Un altro modo per eseguire O.E. è il seguente: menu Avvio, digitiamo la lettera E di "Esegui", poi la stringa "msimn", (senza le virgolette), che corrisponde al nome del file "msimn.exe", che manda in esecuzione Outlook Express.

Alcune informazioni utili

Prima di passare ai settaggi preliminari, ecco alcune informazioni utili, che ci serviranno più avanti per compilare le varie voci nella “connessione guidata Internet”.

Quando ci registriamo ad un provider, oltre all’indirizzo di posta elettronica, al nome utente e la password (che noi stessi possiamo scegliere), ci vengono forniti alcuni parametri molto importanti per configurare la nostra casella di posta, in modo da poter ricevere e spedire correttamente i messaggi. Vediamo questi parametri e le loro funzioni specifiche:

Pop3 (Pop sta per Post Office Protocol), che serve per poter ricevere la posta, proprio come la nostra cassetta delle lettere, situata vicino a casa nostra;

Smtp (Send Mail Transfer Protocol), che serve per poter mandare la posta, come se noi ci recassimo all’ufficio postale, o imbucassimo una lettera in una cassetta postale, pronta per essere spedita.

Naturalmente ogni provider ha un proprio Pop3 ed un suo Smtp. Ad esempio, nel caso di Libero, il pop3 sarà popmail.libero.it, e l’Smtp sarà mail.libero.it.

Questi parametri andranno inseriti nel programma di posta.

La Connessione Guidata Internet

La prima volta che installiamo Outlook Express, ci si apre una finestra che ci consente di effettuare la cosiddetta “connessione guidata Internet”, in cui dobbiamo immettere tutte le informazioni necessarie per gestire correttamente il nostro account, o la nostra casella, di posta elettronica.

Per prima cosa, ci viene chiesto di inserire il nostro nome reale, quello che poi chi legge i nostri messaggi vedrà apparire; nella finestra di testo scriviamo quindi il nostro nome e cognome (per esempio Mario Rossi); fatto ciò spostiamoci

con Tab fino al pulsante Avanti e confermiamo cliccando con la barra spaziatrice. Successivamente ci apparirà la voce “utilizza l’indiriz-zo già disponibile, il cui pulsante radio è già attivato, quindi lasceremo le cose come stanno. Ci spostiamo ancora con Tab e saremo invitati a scrivere nell’apposita finestra di testo l’indirizzo di posta elettronica con cui ci siamo registrati (esempio: mario.rossi@libero.it) spostiamoci ancora con Tab fino al pulsante Avanti e premiamo Spazio.

Ora dovremo immettere le informazioni relative alla ricezione e l’invio dei messaggi. Nelle due voci, che scorriamo con Tab, dobbiamo scrivere rispettivamente: il pop3 del nostro provider (nel caso di Libero: popmail.libero.it) e l’Smtp (mail.libero.it), poi ancora con Tab, ci posizioniamo sul pulsante Avanti e clicchiamo con Spazio.

Qui vi sono quattro voci: due le dobbiamo compilare, mentre le altre propongono alcune scelte. Vediamo queste voci:

  1) Nome utente (lo troveremo già scritto, sempre nel-l’esempio in questione sarà  mario.rossi);

  2) Password (la password che abbiamo scelto al momento della registrazione al provider);

  3) Memorizza password (questa voce consente di memorizzare la password all’interno di Outlook Express, senza doverla digitare tutte le volte che si vuole inviare e ricevere la posta, e la sua casella di controllo è già attivata);

  4) Accesso tramite autenticazione password di protezione (questa casella di controllo normalmente deve essere disattivata; vi sono alcune eccezioni, ma saranno

gli stessi provider, eventualmente, a segnalarlo).

Andiamo ora con Tab sul pulsante Avanti e clicchiamo nella solita maniera. Col pulsante Fine, che confermeremo ancora con Spazio, abbiamo terminato l’immissione delle informazioni relative al nostro account di posta e potremo, finalmente, ricevere e spedire messaggi.

Settaggi preliminari

A questo punto, il programma assume l’aspetto di una pagina web, in formato Html, con una serie di link e pulsanti. Per una gestione più agevole e snella, faremo alcuni aggiustamenti: faremo, cioè, in modo che all’avvio si raggiunga automaticamente la cartella “Posta in arrivo”, evitando di passare attraverso i link ed i pulsanti, poi toglieremo le notifiche di conferma di ricezione nei messaggi e cambieremo il formato di invio della posta, da Html a testo normale. Vediamo insieme come.

  1) Premendo Alt (si intende sempre quello di sinistra), più la lettera S, ci porteremo nel menu Strumenti; digitando poi la lettera O, raggiungeremo una pagina tabulata, denominata Opzioni.

Osserviamola. Premiamo Shift+tab e la prima scheda che vedremo si chiama Generale. Se andiamo verso destra con la freccia, proviamo ad esplorare le altre schede, o sottopagine: lettura, conferme (presente nelle versioni più recenti di O.E.), invio messaggi, composizione, firma, controllo ortografia, protezione, connessione, manutenzione. Noi dovremo intervenire sulle schede relative a: “generale”, “conferme” e “invio messaggi”.

  2) Terminata l’esplora-zione, portiamoci con la freccia sinistra sulla scheda “generale” e, con Tab, spostiamoci nelle varie voci. Attiviamo, con la barra spaziatrice, la casella di controllo relativa all’opzione “all’avvio, vai alla cartella Posta in arrivo”; cerchiamo con Tab l’opzione “invia e ricevi messaggi all’avvio” e disattiviamo la relativa casella di controllo, per evitare che O.E. ci chieda di connettersi ogni volta che si apre; fatto ciò, portiamoci, sempre usando il tasto Tab, di nuovo all’opzione Generale, per poter raggiungere le altre schede.

  3) Con la freccia destra, cerchiamo adesso la scheda “Conferme” e, con Tab, posizioniamoci sulla seconda opzione, poi, salendo con la freccia, attiviamo il pulsante radio relativo all’opzione “non inviare mai una conferma di lettura”. Ciò in quanto questa opzione risulterebbe fastidiosa perché le ricevute arriverebbero poi nelle mailing list a cui eventualmente siamo iscritti o vogliamo iscriverci. La conferma di lettura o di ricezione di un messaggio si comporta allo stesso modo di una normale ricevuta di ritorno. Se la persona a cui mandiamo il messaggio usa anch’essa Outlook Express, nel momento in cui riceve la nostra mail, il suo programma ci manderà automaticamente un messaggio di notifica che ci conferma che il destinatario ha ricevuto la nostra mail. Dopo quattro colpi di Tab, ci portiamo sull’inizio della scheda “conferme” e continuiamo i settaggi.

4) Sempre all’interno della pagina tabulata delle opzioni,  cerchiamo con la freccia destra la sottopagina “Invio messaggi”, per andare a modificarne il formato. Con Tab, ad un certo punto, ci appariranno due pulsanti radio, Html e Testo Normale. Disattiviamo quindi il formato Html scendendo con la freccia sul pulsante Testo Normale, per attivare l’invio dei messaggi in questo formato.

Per concludere finalmente tutte le operazioni, spostiamoci sempre con Tab su OK e confermiamo con la barra spaziatrice.

A questo punto abbiamo settato Outlook Express per renderlo più semplice da utilizzare. Usciamo dal programma e, una volta rientrati, ci troveremo sulla cartella della posta in arrivo.

Come si presenta Outlook Express

Osserviamo ora più da vicino come si presenta Outlook Express. Ci troviamo nell’elenco dei messaggi e con le frecce verticali proviamo a selezionarne uno qualsiasi. Con Tab potremo leggere l’anteprima del messaggio, cioè solo qualche riga, il che ci darà modo di decidere se aprirlo oppure no; da notare che spesso è possibile leggerlo anche per intero. Spostiamoci ancora con Tab e vedremo la rubrica degli indirizzi di posta elettronica, o “contatti”. Outlook Express, a meno che non apportiamo modifiche, condivide la sua rubrica con quella di Windows, quindi se aggiungiamo un contatto dalla rubrica di O.E., automaticamente verrà aggiunto anche in quella di Windows. Con le frecce possiamo scorrere i vari contatti e leggere così i nomi e cognomi appartenenti ai corrispondenti che via via avremo inserito in rubrica. Ora con Tab ci porteremo nell’albero delle cartelle. Saliamo in su con la freccia e troveremo la cartella principale, denominata “Cartelle Locali”, da cui partono le varie sottocartelle. Se scendiamo con la freccia, infatti, possiamo leggerne i nomi: “Posta in arrivo” (dove andranno a finire i messaggi che riceveremo), “Posta in uscita” (in cui verranno collocati i messaggi pronti per essere spediti), “Posta inviata” (qui ci saranno i messaggi che avremo inviato), “posta eliminata” (che contiene i messaggi che avremo cancellato, premendo il tasto Canc), “Bozze” (in cui andranno a finire i messaggi che salveremo, ma che ancora non vogliamo spedire, perché magari desideriamo ritoccarli. Per leggere i messaggi contenuti in ogni cartella, dopo esservisi posizionati con la freccia, premiamo Tab e ci troveremo nell’elenco; scorriamolo con le frecce e, dopo aver scelto il messaggio da leggere, apriamolo con Invio. Per uscire, si può premere semplicemente Esc, oppure la combinazione Alt+F4.

Osserviamo adesso i menu di Outlook Express. Sempre rimanendo posizionati nell’elenco dei messaggi, premiamo il tasto Alt e la prima voce che ci apparirà sarà quella denominata “File”. Andiamo con la freccia verso destra e leggeremo le voci: Modifica, Visualizza, Strumenti, Messaggio, ? (aiuto). Ognuna di queste voci ne contiene delle altre. Andiamo con le frecce orizzontali sulla voce File e, scendendo in giù, potremo scorrere tutte le voci relative, appunto, al menù File. Come esercizio, potete esplorare ogni menu, spostandovi a destra su ciascuno di essi e scorrerne le sue voci con le frecce. Dopo aver osservato i vari menu, possiamo concludere che Outlook Express, come tutte le applicazioni standard di Windows, utilizza i menu cosiddetti “a tendina”. Naturalmente anche in questo programma è possibile attivare il “menu di contesto”, premendo il tasto “Applicazioni” (a destra del tasto Avvio di destra), oppure la combinazione Shift + F10.

Proviamo per esempio, una volta posizionati su un messaggio, ma senza aprirlo, ad andare nel menu di contesto e leggere, scorrendole con le frecce verticali, alcune opzioni che permettono di eseguire rapidamente le principali operazioni sul messaggio che abbiamo selezionato:

  Apri;

  Stampa (questa voce è disattivata, visto che il messaggio non è aperto);

  Rispondi al mittente;

  Rispondi a tutti;

  Inoltra;

  Inoltra come allegato;

  Segna come già letto;

  Segna come da leggere;

  Sposta nella cartella (questa voce è seguita da tre punti, il che vuol dire che, premendo Invio, avremo la possibilità, tramite una finestra di dialogo, di spostare il messaggio in una cartella diversa);

  Copia nella cartella (anche qui, i tre punti indicano che, premendo Invio, vi è la possibilità di copiare il messaggio in altra cartella);

  Elimina;

  Aggiungi il mittente alla rubrica (che permette di copiare l’indirizzo di chi ha mandato il messaggio nella nostra rubrica);

  Proprietà (premendo Invio su questa voce, è possibile leggere le caratteristiche del messaggio  e le sue intestazioni Internet, o “Headers”).

  Ora facciamo un esperimento interessante. Apriamo il messaggio su cui siamo posizionati, poi proviamo a leggere il menù di contesto, sempre premendo il tasto Applicazioni, o Shift+F10. Se il messaggio è stato mandato in formato “testo normale”, le voci saranno:

 Copia;

 Salva immagine con nome;

 Salva sfondo con nome;

 Seleziona tutto.

 Le voci sono sempre le stesse che abbiamo incontrato prima? Evidentemente no.

Da questo esperimento possiamo perciò concludere che tutti i menù sono dinamici e contestuali, cioè cambiano a seconda del “contesto” in cui ci troviamo (fuori di un messaggio o al suo interno), e a seconda che la mail sia in formato “testo normale” oppure in Html.

A voi, adesso, la possibilità di provare a scorrere le voci del menu a tendina di OE. (tasto Alt e frecce direzionali), sia selezionando un messaggio dell’elenco con la freccia, sia all’interno di una mail. Le voci sono le stesse o cambiano?

Nella prossima lezione prenderemo in considerazione l’invio e la ricezione dei messaggi.

 

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MUSICA

"Perché San Remo è San Remo" "A volte ritornao, ma quando ritornano..."

Di Vainer Broccoli

 

Come tutti gli anni, anche nel 2002 la prima settimana di marzo ha acceso i riflettori sul festival della canzone italiana; la 52a edizione, tra l’altro, ha visto il ritorno sul palcoscenico del Teatro Ariston di Pippo Baudo. Il notissimo presen-tatore siciliano è tornato nel suo ambiente naturale dopo 6 anni di esilio, lo ha fatto con squilli di trombe,  grandi proclami e tutta una serie di iniziative degne del personaggio; grandi ospiti, belle donne e, soprattutto, una formula più incentrata su di sé che non sul contorno che, ad ogni modo, è stato concepito in pompa magna.

Il “Pippone nazionale”, da buon gustaio qual’è, si è orientato, anche sul ritorno di vallette italiane dopo diversi anni che avevano visto il diffondersi di un’esterofilia non troppo comprensibile, vista la poca dimesttichezza con la nostra lingua delle bellezze che hanno affiancato i vari Vianello, Fazzio ecc...; Manuela Arcuri e Vittoria Belvedere hanno affiancato Baudo con discrezione illuminando gli occhi degli astanti con la loro avvenenza, anche se in certi momenti il timore reverenziale verso il dominatore assoluto è sembrato sin troppo evidente.

Altra grande attrattiva del festival sono stati i comici:

Fiorello, Dario Fò, Anna Marchesini, Teo teocoli e, soprattutto, Roberto Benigni hanno ravvivato il tran tran della manifestazione con un incedere che ha ricordato un crescendo rossiniano, viste anche le polemiche innescate da un Giuliano Ferrara che si è scagliato contro Roberto Benigni, sfidandone l’estro con le sue minacce di lancio di uova ed altri generi alimentari a causa della nota “sinistrosità” del comico toscano. Alla fine Ferrara non si è fatto vivo, Benigni lo ha surclassato con una performance stratosferica, condita con una gita tra le parti intime di Baudo ed un tour tra le gonne dell’Arcuri, tutto rigorosamente in diretta, tutto dannatamente a vantaggio del-l’ideatore di questa chermesse, Pippo, sempre e solo super Pippo!

A questo punto, però, una domanda sorge spontanea:

“Ma la musica, dov’è la musica?” In fase di presentazione si era detto che proprio la musica sarebbe stata la regina, ma queste dichiarazioni, che si ripetono ogni anno, si sono rivelate un bluff; la qualità generale si è ulteriormente abbassata:

molti si chiedono cosa ci stesse a dire Mino Reitano sul palco, se Loredana Berté non abbia bisogno più di uno psicanalista che non di musica e che dire di Patty Pravo che, con un look al limite del pornografico, ha presentato un pezzo incomprensibile! La vittoria è andata ai Matia Bazar che si sono presentati con una canzone pressoché identica a quella dell’anno scorso, molti critici hanno sostenuto che questa incoronazione sapeva molto di “politico”, anche perché la vera dominatrice del festival è stata Alexia, unica vera rivelazione della 5 giorni sanremese, con “Dimmi come”; Alexia ha dimostrato di avere delle potenzialità canore al di fuori del comune, le programmazioni delle radio lo dimostrano; il terzo posto è stato appannaggio di Gino Paoli, il solito Paoli, con un testo dei suoi, di classe, ma nulla di nuovo se non una nuova macchietta inventata, appunto sulla apparizione \Saremese, dello stesso cantautore genovese a “Striscia la notizia”.

Tra le nuove proposte si è imposta la giovanissima Tatangelo, un giovane incrocio tra la Pausini e Siria: una bella voce, forse, vista la giovane età, ancora suscettibile di cambia-menti, staremo a vedere.

Insomma, grandi risultati d’ascolto, la monotonia di un piccolo schermo sempre più sterile, spezzata, ma per chi ama la musica, poco, troppo poco; quasi commovente, in conclusione, è stato l’invito di Baudo ai grandi della musica nazionale ad un ritorno all’Ariston, un appello che ha, nonostante le dichiarazioni sulla qualità delle canzoni, dato l’im-pressione che anche gli organizzatori stanno trovando serie difficoltà nel reperire artisti di qualità che siano disposti ad entrare nel giro del festival di San remo.

 

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NORMALITA' E HANDICAP

Comunicare per integrarsi

Di Natale Todaro e Luigi Palmieri

 

Qualche mese fa, abbiamo come di consueto ricevuto il Corriere dei Ciechi, sfogliandone col solito interesse le sue pagine, abbiamo scoperto il Sito di GIO 2000.

Spinti dalla curiosità di conoscerne il contenuto, abbiamo deciso di visitarlo.

Avendo dunque potuto apprezzare il suo contenuto e la sua ricchezza culturale, abbiamo deciso di collaborare con questo Periodico.

Per noi non vedenti ed in generale per ogni portatore di handicap, i rapporti interpersonali, sono di fondamentale importanza per poter proseguire sulla strada della piena integrazione sociale e culturale.

L’abbattimento delle barriere pregiudiziali circa le possibilità di inserimento delle persone diversamente abili, è ad avviso di chi scrive fondamentale affinché, ogni soggetto con una qualche minorazione, possa realizzarsi in toto nei vari campi della società.

La comunicazione dunque, è da considerarsi il sale della vita, in quanto, permette l’interscambio di idee e di esperienze di fondamentale utilità per poter dire un altro passo avanti è stato fatto.

Le moderne tecnologie, in special modo i mezzi informatici, favoriscono ancor di più tutto ciò, infatti, basta un Personal Computer connesso ad internet per spalancare porte che solo pochi anni fa, sembravano dover rimanere chiuse.

Crediamo dunque fermamente che quest’idea del Giornale in rete fruibile anche da persone “normali”, sia una lodevole idea da portare avanti con sempre maggior vigore, in quanto, attraverso questo mezzo, si potrà compiere un decisivo passo in avanti verso il tanto auspicato abbattimento di ogni pregiudizio e dunque consentire lo sviluppo     di valori come l’amicizia ed il rispetto dell’altro, che sono alla base della crescita sociale e culturale di ogni individuo

 

P.S. Per chi desiderasse contattarci i nostri indirizzi di posta elettronica sono i seguenti:

Natale Todaro:

 todaron@libero.it

Luigi Palmieri

lui.palmieri@jumpy.it, lui.palmieri@katamail.com

 

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RACCONTI E POESIA

Marina dagli occhi a mandorla

Di Simona Convenga

 

Aveva gli occhi a mandorla, la mia bambina, la pelle chiara chiara e i capelli fini, scomposti in un ciuffo nerissimo in cima alla testa quando l’infermiera me la portò per attaccarla al seno a poppare, mi disse ecco qua la bella cinesina. Mi scoprì il petto e prese la bocca della pupa con decisione e l’avvitò al capezzolo perché succhiasse subito; in quel momento Marina - avevo deciso da sola che si sarebbe chiamata così - aprì quegli occhi strani e sembrò fissarmi con uno sguardo da insetto,  pupille blu notte attonite davanti al mondo. L’in-fermiera se ne stette a lungo, più a lungo del normale a fissare le operazioni, con un aria che il mestiere non riusciva a rendere dura, per quanto si sforzasse di apparire indifferente. Forse quell’espressione le era scappata, forse aspettava che io le chiedessi spiegazioni, ma alla fine dovette desistere e con un sorriso di circostanza stretto stretto se ne andò. Scrutavo la mia bambina infagottata nei vestiti più grandi di lei come se non riuscissi ad abituarmi a quel volto tanto a lungo disegnato in sogno, e senza volermene rendere conto piano piano dentro di me si formò l’orrida definizione “mongoloide”, netta, come un nocciolo di pesca noce, dello stesso colore di sangue;  sul momento la parola mi fece sorridere del riso isterico della puerpera in piena tempesta emotiva, poi cominciai a osservarla bene immaginando se un giorno quei capelli aguzzi si sarebbero mai ridotti in codini, o se quella fessura di bocca avrebbe mai leccato un gelato senza coinvolgerci anche il naso, dal quale il muco già colava. “I bambini down hanno frequenti problemi respiratori che spesso cronicizzano e si complicano seriamente” - così diceva il professore - ritardi dell’apprendimento accompagnati da veri e propri salti dello sviluppo, se all’età, così detta, dello sviluppo riescono ad arrivare”. Non riuscivo a credere che il primario si fosse mosso proprio per me, né per la mia bambina, lui sempre così distante, così bianco e inamidato, con le mani curatissime di chi da troppo tempo non frequenta più la corsia. Le infermiere giovani mi guardavano di sottecchi, i dottori non mi guardavano proprio durante il giro di visite e i colloqui con le mamme: forse sentivano che ero una specie di destinata, una per la quale ormai la scienza non aveva più rimedio. Dopo cinque giorni di esibizioni e di nascondimenti strani, Marina ed io uscimmo dal-l’ospedale, senza fiori, senza pacchi di regali, senza biscotti, senza papà: la mia cinesina ed io, abbracciate alla copertina che la monaca più anziana mi aveva regalato perché il bambino della moglie del giudice, nato una settimana prima, non l’aveva voluta. Una bella copertina celeste, con il passanastro e un orsacchiotto ricamato vestito da clown. Notavo con dispiacere che il vestito che aveva contenuto il mio pancione fino a qualche giorno prima in fondo non era poi così largo, soprattutto sul petto tirava, avevo tanto latte che Marina non avrebbe avuto fame, io forse sì, ma la mia pupa, mai. “Una cura ricostituente di vitamine dovrebbe farla...signorina” mi avevano detto alle dimissioni dalla clinica, ed io calcolavo che - tenuto conto della dieta standard che potevo permettermi - avrei assunto le vitamine solo da patate, cipolle e carote. A volte frutta, ma solo se rinunciavo alla verdura, poi latte, pane e caffè, sempre che con l’allattamento potessi ancora prenderne. La portiera stava già sulla soglia in atteggiamento di accoglienza, ma forse pensava all’aumento del consumo dell’acqua, mi sorrise come non mai prima e disse che voleva vederla, con la scusa che faceva freddo le feci vedere solo un pezzo di faccina, la fronte e gli occhi, chiusi e sempre più a mandorla. Piano piano arrivammo nella mia mansarda che mi sembrò così grande, così sconosciuta dopo solo cinque giorni di ospedale, misi Marina nel mezzo del letto e la circondai di cuscini, andai a lavarmi e a profumarmi con le ultime gocce di acqua di colonia che le nausee della gravidanza mi avevano fatto risparmiare. Marina si era messa a piangere zitta zitta come un uccellino, nel darle la poppata la sentii molto calda in fronte e addosso. Si alimentava poco, piangeva e rigurgitava una specie di formagella coagulata dall’odore disgustoso. Tutto ciò proseguì per tre giorni, la sera del quarto Marina si calmò e si mise finalmente a dormire, ed io insieme a lei, vicina vicina per quasi tutta la notte. La mattina seguente la rivestii che era ancora soporosa, la avvolsi nella copertina celeste e anch’io mi misi un cappotto pesante, la sciarpa, un cappello fino al naso: infilai Marina nel bavero del cappotto sotto la sciarpa di kashmir di mia madre e uscii diretta all’ospedale. Sul fiume, da lontano vidi venire verso di me una  donna con una gran massa di capelli rossi con un cappotto svolazzante, bianco latte, ci sorrise, anche lei con gli occhi a mandorla, che spiccavano però, su un viso appuntito; ci sorrise anche nel superarci leggera come se corresse, mentre io mi alzavo sulla spalletta del ponte, stretta alla mia bambina dagli occhi a mandorla, e da lassù cominciai a volare.

 

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RIFLESSIONI E CRITICHE

Il profeta di Dio Maometto (seconda e ultima parte

Di Renato Bianco

 

Maometto è il responsabile della nascita della comunità araba; questa comunità di natura squisitamente religiosa è radicalmente responsabile del rinvigorimento del sentimento nazionale arabo ed anche, e soprattutto, spiega il fatto incredibile che in pochi decenni la comunità religiosa araba si sia espansa ed estesa fino all’oceano Atlantico, da un lato, e fino alla Cina dal-l’altro. Prima della costituzione della comunità religiosa, le energie arabe si disperdono, si volatilizzano; dopo la formazione della comunità vengono inserite negli appositi canali politici, sfocianti nelle guerre ai non credenti, ai nemici di Dio. Con le buone maniere non si è potuto insegnare ai popoli che cosa è il MONOTEISMO? Orbene, i fedeli di Dio, i credenti di ALLAH, lo insegneranno con le maniere forti, con il sistema coercitivo della scimitarra. L’uomo ha due mani: in una tiene il sacro testo, nell’altra la spada. Quando non funziona il libro, funziona la scimitarra. Il Corano è giudicato dai cristiani una specie di zibaldone. Tale messaggio sarebbe stato comunicato ai fedeli brano a brano. Finché visse il Profeta il materiale compendiante il messaggio celeste mancava totalmente di organicità; cosa spiegabile perché i brani ed i passaggi arrivavano alla spicciolata, non solo dall’ambiente familiare del Profeta, ma anche da altre parti, si mescolavano a volte malamente fra di loro; a un certo punto tutto il materia le si rivelò per quello che era: MATERIALE ESPLOSIVO.

Il Corano, come lo possediamo al giorno d’oggi, è costituito da circa 6000 versetti, ora più lunghi, ora più brevi. Nei primi tempi il Corano veniva appreso a memoria da specialisti. E’ diviso in capitoli chiamati SURA cioè “immagine”. Ogni capitolo è preceduto dal grido: “NEL NOME DI DIO, CLEMENTE E MISERICORDIOSO”. Molti studiosi di religioni sostengono che il Corano, non dissimilmente dalla Bibbia, abbia subìto manipolazioni, interpolazioni ed extrapolazioni. Comunque sia, è scritto in chiave e va pertanto letto fra le righe. E’ scritto in vari livelli, per lo meno tre: il livello più basso per i fedeli in via di  sviluppo (quelli che Paolo di Tarso chiama “BAMBI-NI”), il livello medio per gli amici di Dio ed il livello più elevato per gli iniziati. Per i fedeli il Corano è copia terrestre perfettamente conforme all’o-riginale celeste, è scritto da Dio e coesiste con Dio. Esso è:  LEGGE, GUIDA RELIGIOSA, GUIDA MORALE, GUIDA CIVILE, DOGMA DI FEDE DELL’ISLAM.

Il suo contenuto è divino e la sua forma è impareggiabile ed inimitabile. In effetti lo spirito poetico che impregna il Corano è sbalorditivo. Il messaggio coranico evidenzia al massimo il monoteismo assoluto e dice che Dio, oltre ad essere il creatore onnipotente, è perfettamente libero, libero persino di contraddirsi, libero di aggiungere alla sua creazione tutto ciò che vuole ed in continuazione. E’ grazie a questa incessante creazione che noi assistiamo al succedersi delle manifestazioni varie, quali il giorno, la notte, le stagioni, i cicli storici, ecc. Egli governa tutti i fenomeni e le manifestazioni, ed anche tutte le opere degli uomini. Tutte le azioni, di qualsiasi natura, sono effettuate grazie a Dio, e sono pertanto sotto la giurisdizione di Dio. I musulmani sostengono che la loro religione è superiore al cristianesimo ed all’ebraismo perché essa è più recente, più moderna, più semplice e più pratica. Che essa sia più semplice è fuori dubbio. L’Islam non possiede l’equivalente dell’assemblea o CHIESA dei Cristiani, e non ha sacerdoti. Il culto è preferibile praticarlo in una moschea, un santuario, ma si può anche praticare in qualsiasi altro luogo. Nell’Islam troviamo gli ULAMA, i dotti, ma non troviamo sacerdoti.

Abbiamo visto che il Corano contiene anche la LEGGE; pertanto da quali istituzioni è regolata la vita religiosa? Da norme giuridiche che sono anche istituzioni religiose. Queste norme giuridiche sono rappresentate dai cinque pilastri della fede:

1° PILASTRO: LA PREGHIERA (SALAT). Cinque volte al giorno il fedele deve prosternarsi

2° PILASTRO: LE OFFERTE PRESCRITTE DALLA LEGGE (ZAKAT)

3° PILASTRO: IL DIGIUNO (SAUM) durante il RAMHADAN

4° PILASTRO: IL PELLEGRINAGGIO

5° PILASTRO: PROFESSIONE DELLA FEDE (la formula).

Secondo il Corano tutta la storia è manifestazione ininterrotta di Dio. Anche le vittorie riportate dagli infedeli sono volute da Dio.

Dal momento che l’anarchia e l’apostasia sono i mali peggiori che affliggono l’umanità, mentre la guerra è già un male minore e la guerra santa ha lo scopo di ripristinare l’ordine e la pace, è cosa saggia preferire la guerra all’anarchia e all’a-postasia. Non solo, ma è indispensabile condurre una guerra senza interruzione che abbia lo scopo di convertire tutti gli uomini al monoteismo. L’insulto più grave che un musulmano possa lanciare contro qualcuno è quello di IDOLATRA o POLITEISTA.

Maometto, abbiamo visto poco fa, era ormai oggetto di beffe e scherno da parte dei notabili della Mecca e della maggior parte degli altri. La situazione del Profeta poi si aggravò sempre di più, e inevitabilmente perché per nulla al mondo egli era disposto a rinunciare alla sua missione. Ecco in proposito le sue testuali parole:”Se mi dessero il sole nella mano destra e la luna nella mano sinistra, chiedendomi di abbandonare la missione, finché Dio stesso la riveli e io vada a perire, io pur non ’abbandonerei”.

Di fronte a questo discorso suo zio ed i più intimi non l’abbandonarono. Lo attendeva, per così dire, la scomunica, vale a dire l’espulsione dalla tribù da parte del consiglio degli anziani della Mecca e, occorre non dimenticarlo, la peggior disgrazia per un arabo era quella di essere bandito dalla tribù; egli veniva automaticamente privato di ogni diritto e qualsiasi persona di qualsiasi tribù avrebbe, a partire da quel momento, potuto insultarlo, perseguitarlo, fargli qualsiasi affronto, senza incorrere nel pericolo  di essere a sua volta giudicato e punito.

Intanto, poiché l’opposizione aguzza il cervello, il Profeta comincia a sviluppare una notevole furberia politica. Ad esempio dice astutamente ai Coreisciti che Dio stesso ha voluto che il suo inviato fosse oggetto di persecuzione, come Dio ha voluto da sempre che ci fosse il politeismo e che tutto a un tratto i credenti si separassero dai miscredenti.

Maometto si accorge a un certo punto che, in seno al gruppo dei fedeli, già serpeggiava il pericolo di uno scisma. Allora, per scongiurare il pericolo, e per mettere al sicuro tutto il gruppo, invitò i fedeli ad emigrare in un luogo sicuro e per giunta cristiano: l’Abissinia. Non riuscì a convertire i beduini di Talif ma conseguì risultanti incoraggianti a Yatrib (che si chiamerà poi Medina). In questa città c’erano le condizioni favorevoli per un profeta: la città si era rovinata in lotte intestine ed era pronta per ricevere un paciere non impegolato in intrallazzi tribali.

Nel 622 il Profeta parte in pellegrinaggio per la Mecca; un pellegrinaggio può essere una buona occasione per incontri segreti. Proprio durante questo pellegrinaggio prendono segretamente contatto con lui i delegati della città di Yatrib, che non sono certo pochi: settantacinque uomini più alcune donne. I delegati pongono tutti la mano sul sacro testo e giurano in forma solenne di combattere per lui. A questo punto vediamo i Musulmani partire alla chetichella dalla Mecca, a piccoli gruppi, e trasferirsi a Yatrib. Questi Musulmani, insieme al Profeta e al padrino suo ABU BAKR, effettuano l’emigrazione (circa 300 Km in nove giorni) dalla Mecca a Medina. Poiché in arabo “emigrazione” si dice MURA, l’era dell’Islam ha inizio a partire dalla Hijra, cioè dall’e-migrazione (622).

Non appena Maometto entra in Medina, fa scegliere alla sua cammella il luogo dove edificherà la casa per sé e per le sue spose. Mentre alla Mecca il Profeta aveva già realizzato la struttura teologica dell’Islam nella forma definitiva, rimaneva ancora da chiarificare e regolare le varie forme di culto, preghiera, digiuno, pellegrinaggio, offerte, ecc. A questo punto comincia a rifulgere la notevolissima perspicacia politica del Profeta: l’unione fa la forza, è quindi buona cosa unire tutti i fedeli ma, per unirli, occorre smantellare gli impedimenti causati dai vincoli tribali. Alla base stanno due grandi parti: da un lato gli emigrati provenienti dalla Mecca, dall’altra i nativi di Medina.

Orbene, egli si proclama loro unico capo, li fonde automaticamente e costituisce una comunità unica di tutti i musulmani. Dunque, tutti i musulmani costituiscono un solo popolo, separato e distinto da tutti gli altri. Per quanto concerne gli altri popoli, il Profeta delimita e precisa i loro doveri. Tre tribù ebraiche si oppongono alle sue decisioni e lo addolorano molto perché egli aveva sempre sognato di convertire gli ebrei. Da notare che aveva scelto Gerusalemme come punto di direzione per la recita delle preghiere. Aveva persino accolto dei rituali ebraici. Maometto aveva anche in animo di permettere agli ebrei di preservare i loro riti se l’aves-sero riconosciuto profeta. Senonché gli ebrei, anziché accettare il Corano, lo resero sempre di più oggetto di critiche demolitrici e presero a disprezzare il Profeta in base al fatto che NON CONOSCEVA LA BIBBIA. L’11 febbraio del 624 Maometto rompe definitivamente ogni buon rapporto con gli ebrei e dice che una rivelazione gli ha ingiunto di non prendere più Gerusalemme come punto di direzione per la recita delle preghiere, bensì la MECCA. Maometto proclama allora in forma definitoria e declaratoria che la KA’BA della Mecca è un tempio più antico di Gerusalemme e che il mondo ha finalmente il suo monoteismo. In sostanza ora il Profeta non solo si distacca totalmente dall’ebraismo e dal cristianesimo, ma rende noto ai fedeli che l’ebraismo aveva perduto la sua purezza originale e per tale motivo gli era succeduto il cristianesimo, e che poi il cristianesimo aveva an-ch’esso perduto la sua purezza originale e quindi gli era succeduto l’Islamismo.

Come faceva il Profeta a sopravvivere insieme ai suoi “emigrati”?

Si dice che egli fosse in grado di effettuare la sua impresa, in verità di proporzioni piuttosto rispettabili, grazie al denaro che gli proveniva dall’azienda di sua moglie Khadija. Un’af-fermazione come questa fa naturalmente sorridere: la sia pure prosperosa azienda Khadija & Co. non può neppure lontanamente reggere il paragone con le spese enormi che una simile impresa comportava.

Altri dicono che sopravvivesse grazie alle scorrerie contro le carovane provenienti dalla Mecca. Certo le scorrerie non mancavano, ma neppure queste offrono una spiegazione lontanamente sufficiente. La provenienza dei capitali necessari per finanziare questa enorme operazione non è nota.

Il Profeta subisce a Medina un paio di assedi o più da parte dei guerrieri della Mecca, ma resiste. Avendo fiutato

l’infedeltà di certi convertiti e della tribù ebraica Qurayza, li accusa tutti di tradimento e li fa massacrare. Nel gennaio del 630 Maometto si reca alla Mecca con circa diecimila fedeli e occupa la città senza colpo ferire. Distrugge gli idoli ed abolisce tutti i privilegi dei politeisti. Proibisce ai suoi uomini di vendicarsi sugli abitanti della città; non trascura però naturalmente di passare per le armi i nemici che maggiormente lo odiano e lo minacciano. L’anno seguente proclama guerra continua al politeismo. “Uccidete i politeisti; se però si pentono e fanno l’offerta lasciateli liberi. Dio perdona ed è misericordioso. Se un politeista chiede asilo presso di te, accoglilo per permettergli di sentire la parola di Dio, giacché il politeista è persona ignorante”. L’anno seguente, nel 632, il Profeta compie il suo pellegrinaggio alla Mecca per l’ultima volta. Muore l’8 giugno 632. Muore Maometto, ma non certo la sua idea.

Dopo di lui ci sarà il suo successore (“califfo” in arabo) Abu Bekr.

Appena eletto si rivolge ai fedeli con la frase seguente: “Se qualcuno venera Maometto, Maometto è morto, ma se qualcuno venera Dio, Maometto è vivo e non muore”.

L’elezione di Abu Bekr piacque ad Ali, genero del Profeta, che sperava di succedere presto... ad Abu Bekr perché questi era già anziano. Comunque la morte, del Profeta aveva messo in crisi l’Islam, ed occorreva pertanto porre fine al più presto alla crisi che avrebbe anche potuto dimostrarsi fatale. Occorreva dunque fare qualcosa, e poiché i vinti hanno sempre torto, ed i vincitori hanno sempre ragione, occorreva conseguire alcune vittorie in campo militare. Il che avvenne. Ecco le prime incursioni contro la Siria, ricca provincia di Bisanzio. Cinque anni dopo la morte del Profeta i bizantini perdono, per mano del califfo Omar, addirittura tutta la Siria. I musulmani si rivelano invincibili. Fanno crollare l’impero dei Sassanidi, conquistano l’Antio-chia, nel 642 conquistano l’E-gitto e nel 694 conquistano Cartagine. Ancor prima dell’anno 700 la spada dell’Islam ha ormai assoggettato tutto il nord Africa, la Siria, l’Asia minore, la Palestina, l’Iraq, la Mesopotamia.

Malgrado le strabilianti vittorie in campo militare, la comunità islamica, la UMMA, era una barca che cominciava ad imbarcare acqua.

La lotta intestina era gravissima. Da un lato abbiamo Alì e i suoi fedeli (che danno origine allo SHI’ISMO) e dall’altro abbiamo un altro genero del Profeta, Othman. Questi viene ucciso dai beduini. La moglie di Maometto Aisha accusa Ali di aver assassinato Othman. Si arriva ad una battaglia campale tra le due fazioni. Alì ed i suoi Shi’iti perdono contro il ben più agguerrito Othman.

Gli arabi hanno ormai fondato un impero che mantiene la supremazia fino al 715. In quell’anno vengono battuti dai Turchi presso il fiume AMU DARIA (che a quei tempi si chiamava 0xus), non lontano dal confine settentrionale con 1’Afganistan. Sul mare falliscono con gravi perdite contro Bisanzio e, nel 733, vengono battuti da Carlo Martello, re dei Franchi, presso Tours.

A questo punto gli arabi cominciarono ad abbandonare gradatamente il concetto della GUERRA SANTA e iniziarono ad assimilare l’eredità culturale orientale e mediterranea. A un certo punto le funzioni religiose vennero tolte ai califfi ed affidate agli ULAMA’ (letteralmente “dotti”) specialisti in diritto canonico e teologia. Nel 762 viene costruita BAGDAD (nome che significa “dono del diavolo”) sotto gli auspici del pianeta della fortuna, Giove. La città ha la forma di un cerchio diviso da una croce, è insomma una “IMMAGINE DEL MONDO”. Le sue quattro porte rappresentano le quattro direzioni dello spazio. Abbiamo visto poco fa come sorsero le due fazioni: il partito di Alì e quello di Othman. I musulmani si dividono da quel momento in Sciiti da un lato, cioè i seguaci di Alì, ed in Sunniti, cioè fedeli della Sunna o “pratica tradizionale” dal-l’altro. I Sunniti costituiscono la maggioranza. Essi sono per la interpretazione letterale del Corano e della tradizione per il rispetto del valore fondamentale assegnato alla corretta interpretazione della Legge.

Come c’è un cristianesimo esoterico, c’è anche un islamismo esoterico che si chiama SUFISMO. I Sufi sono monaci musulmani che praticano l’asce-tismo. Il primo di essi fu Giovanni da Bàssora (Hasan el Basrij). Ibrahim Ibn Adham fu un mistico che definì le tre fasi del-l’ascesi nel modo seguente:

1°) rinunciare al mondo 2°) rinunciare alla gioia che procura la consapevolezza di aver abbandonato il mondo

3°) rendersi conto di quanto il mondo sia futile ed insignificante, tanto da non degnarlo neanche d’uno sguardo. Va ricordato che i Sufi non sono certo ben visti né dai teologi musulmani (gli ULAMA’) né dalla maggioranza dei fedeli; giacché non si può certo dire che le esperienze mistiche si inseriscano facilmente nell’Islam ortodosso. Parecchi Sufi furono costretti a mascherare le loro esperienze mistiche.

Tra i grandi filosofi e mistici dell’Islam ricordiamo El Farabi che discusse molto coraggiosamente il problema di una esegesi razionale del Corano e della tradizione, nonché l’identifi-cazione di Dio con la Causa prima e l’Essere in sé. La sua metafisica è fondata sulla differenza tra essenza ed esistenza degli esseri creati: l’esistenza è un predicato, un accidente del-l’essenza. Questa tesi è stata fondamentale nella storia della metafisica.

Abbiamo poi il grande e celeberrimo filosofo e scienziato Avicenna (Ibn Sina). Scrisse il grande CANONE che dominò per secoli la medicina europea, compilò una enciclopedia in venti volumi, commentò Aristotele. Per lui l’esistenza è il risultato della creazione. Ossia: il pensiero divino che pensa a sé stesso dà, come risultato, la creazione. L’Essere Divino ha una eterna conoscenza di sé stesso; questa conoscenza è la Prima Emanazione, la prima mente, la prima intelligenza. E’ da questa prima mente che si ha, attraverso emanazioni successive, la molteplicità dell’essere.

Secondo Avicenna, vi è poi una Seconda Intelligenza, agente o attiva, dalla quale procedono il mondo terrestre e tutte le anime umane. Per Avicenna il vero filosofo è anche un mistico.

Altro famosissimo filosofo musulmano è Averroè, grande commentatore di Aristotele. Uno dei geni più profondi del Sufismo è Ibn Arabi, una delle figure di maggior spicco della mistica universale. Da notare che già nel 1105 questo grande mistico ebbe come suoi primi maestri due donne: Shams di 95 anni e Fatima di Cordoba.

Compose pure poesie ispirate da amore mistico, che sotto le apparenze dell’erotismo presenta no forti analogie con la situazione Dante-Beatrice.

Tra le sue opere mistiche ve ne è una in venti volumi intitolata “Le rivelazioni della Mecca”. Uno dei suoi capolavori è “La collana della sapienza” recentemente tradotto in inglese. Ecco una dichiarazione di Ibn Arabi: “La conoscenza degli stati mistici può esser raggiunta soltanto per esperienza diretta, la ragione umana non è in grado di definirla, né di giungere ad essa per deduzione. Questo tipo di conoscenza deve essere tenuta segreta alla grande maggioranza della gente a causa della sua sublimità. Perché le sue profondità sono difficili da raggiungere e i pericoli sono grandi”.

Concetto fondamentale di Ibn Arabi: “La verità è spinta dal-l’amore ed è desiderosa di conoscersi; a tal fine essa si scinde in soggetto, colui che conosce, ed oggetto, il conosciuto”. Ossia, la verità si scinde in due poli il polo spirituale creatore ed il polo cosmico o esistenziale.

Altro grande Sufi è Mohammed Jalal ed Din, detto RUMI, mistico, giurista e geniale poeta religioso dell’Islam.

Dice Rumi: “Senza Amore il mondo sarebbe inerte. L’esi-stenza umana si svolge secondo la volontà ed il piano del Creatore. L’uomo è stato incaricato da Dio di divenire l’inter-mediario tra Lui e il mondo; egli non ha viaggiato invano dal seme sino alla ragione. Dal-l’istante in cui venisti a questo mondo dell’esistenza, dinanzi a te è stata posta una scala per permetterti di fuggirne. Prima sei stato minerale, quindi pianta e poi animale. Poi fosti fatto uomo, dotato di conoscenza, ragione e fede. Alla fine, o uomo, diverrai angelo, e la tua abitazione sarà cielo, ma neppure questo ancora è lo stadio finale. Oltrepassa anche la condizione angelica, penetra in quest’o-ceano, (l’unità divina), affinché la tua goccia d’acqua possa divenire un mare”. Per Rumi l’uomo ha FORMA DIVINA.

Va fatto notare che l’esoterismo islamico non ammette il concetto di creazione. Dice il Corano: DIO NON GENERA E NON E’ GENERATO. Quando il Corano usa la parola creazione non intende affatto dire “creazione dal nulla”. Per l’esoterista islamico l’universo non viene creato o prodotto, viene invece RIVELATO o MANIFESTATO. Ciò significa che il PRINCIPIO compie una manifestazione nei confronti di sé stesso. In quale modo? Risposta: illuminando tutte le possibilità e facendo passare queste possibilità da uno stato di oscurità ad uno stato di “luminosità cosmica”. Ne consegue che gli esseri rivelati o manifestati ricevono in prestito dal PRINCIPIO SUPREMO l’esistenza esteriore ed illusoria che li caratterizza in quanto tali.

Il principio manifesta gli esseri con un atto di compassione. Come le parole non sono altro che modificazioni contingenti di uno stesso ed unico alito, così gli esseri manifesti non sono altro che particolarizzazioni determinate dall’unico ALITO DI COMPASSIONE (AN NAFS AR RA HMANI).

Da notare che la tradizione indù chiama questo soffio o alito di compassione: SOFFIO TOTALE (SARVA FRANA), il quale lega tra di loro tutti gli stadi del-l’esistenza universale. Il soffio di compassione si diffonde attraverso tutti i gradi del-l’esistenza universale, sostenendoli e modificandoli al tempo stesso, ed è per mezzo suo che l’insieme degli esseri “di-scende” nella manifestazione: tutto l’universo è infatti come un immenso libro, i cui caratteri, iscritti principalmente nel-l’archetipo o prototipo celeste, discendono e si concretizzano negli innumerevoli fogli che sono gli indefiniti gradi del-l’esistenza universale. Quanto ci dice il sacro testo concorre egregia mente con quanto dice Dante nel canto 33 del Paradiso:

“Nel suo profondo vidi che s’in-terna legato con amore in un volume ciò che per l’universo si squaderna”.

 

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Quando le emozioni non possono essere messe su carta

Di Elena Aldrighetti e Maurizio Martini

 

Sono le 17.35; mi trovo in metropolitana, anziché scendere alla fermata di “Caiazzo”, decido casualmente di scendere alla fermata prima “Loreto”.

Mi avvio alla fermata del filobus che prendo tutti i giorni per tornare a casa dall’ufficio.

Appena arriva il  mezzo pubblico, salgo anche se è veramente pieno di persone. Ci dirigiamo  verso la Stazione Centrale di Milano, verso la fermata di “Caiazzo”. Ad un certo punto si

sente un boato tremendo, un odore acre che ricorda quello di  esplosivo, tutti sul filobus sono attoniti, ci guardiamo intorno per cercare di capire cosa sia successo. Si intravede la parte alta del “Pirellone” e si nota che vi è una coltre di fumo che lo avvolge. Io prendo subito il cellulare per chiamare il mio fidanzato, non mi risponde, allora faccio il numero di casa, dicendo a mia figlia di accendere la televisione, doveva essere successo qualcosa di terribile a Milano. Intanto il filobus continuava la sua corsa e ci avvicinavamo sempre di più al luogo del-l’esplosione. Rifaccio il numero del mio fidanzato e appena mi risponde gli racconto ciò che avevo sentito e anche a lui dico di accendere radio e televisione. Mentre eravamo al telefono gli spiegavo ciò che vedevo, ad un certo punto davanti ai miei occhi si è presentata l’orribile immagine del Pirellone avvolto dal fumo e con un enorme squarcio  nella sua parte alta. A quel punto, non sono riuscita a trattenere un’esclamazione di dolore. Mi sembrava di vedere un’animale ferito e agonizzante. Dentro di me una miriade di emozioni hanno preso il sopravvento, mi sentivo ferita, pensavo a coloro che sicuramente avevano perso la vita in quel terribile disastro. Ho pensato subito che fosse un attentato terroristico. Il filobus quale mi trovavo era pieno di extracomunitari. A me e altre persone, è parso di vedere un sorriso sulla faccia di alcuni di loro, mentre guardavano quello che era successo. Ho provato disgusto per coloro che sembravano gioire di una tragedia, non vedevo l’ora di scendere e di allontanarmi da queste persone senza anima.

Non ero in me, mi sentivo triste, spaventata, incredula. E’ dif-ficile spiegare ciò che si prova in questi momenti. Sembra quasi di vivere un film, certe cose si è abituati a vederle per televisione e quando purtroppo capita di viverle personalmente, è come essere in un incubo.

Le mani mi tremavano, e avevo una forte voglia di piangere, vicino a me le persone erano mute, nei loro occhi si leggeva dolore ed incredulità. Sembra magari infantile ma vedere un simbolo della mia città colpito così duramente, ha fatto sì che mi sentissi colpita in prima persona, come se avessero leso la mia casa.

Ora tutti gli organi di informazione parlano di incidente o di suicidio del pilota, tuttavia qualunque sia la causa ritengo che queste cose non dovrebbero comunque accadere, occorre un maggior controllo altrimenti un domani, al posto di un aereo da turismo, potrà accadere che un aereo dirottato si diriga indisturbato verso qualche altro edificio della mia Milano o di altre città italiane.

Sono molto addolorata per coloro che sono morti, soprattutto per quel bambino che all’età di quattro anni ha perso la sua mamma che ha avuto l’unica colpa di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.

 

L’esperienza appena descritta, è quella di Elena, mia compagna di vita.

Dopo aver vissuto una situazione tanto drammatica, abbiamo deciso di scrivere questo articolo a quattro mani.

L’idea è nata per il semplice fatto che quell’esperienza l’ab-biamo vissuta in modo molto intenso e profondo, sia dal punto di vista personale, sia per le povere vittime che hanno perso la vita.

Riprendendo la narrazione dei fatti concreti, la telefonata di Elena, mi è giunta circa tre o quattro minuti dopo l’impatto dell’aereo contro il grattacielo.

Appena ho risposto al telefono, mi sono sentito dire di accendere la radio che peraltro era accesa.

In un primo momento, non mi era chiaro cosa stesse accadendo, tanto sono rimasto sorpreso, ma il mio non capire è durato ben poco.

Infatti, dopo circa un minuto che eravamo al telefono, ho cominciato a sentire distintamente il suono di molte sirene che si confondevano fra loro.

Sentivo distintamente la sirena della croce rossa, quella dei vigili del fuoco, quella dei carabinieri, tutto si confondeva in un crescendo assordante, tanto che a malapena sentivo la voce di Elena.

Amici lettori che ci seguite da tempo, oramai sapete che non è nel mio stile contornare di patos i miei scritti, ma quello che sto  raccontandovi è del tutto reale.

Mi sentivo come stordito, i miei pensieri hanno cominciato ad accavallarsi furiosamente; da un lato ero preoccupato per Elena, dall’altro, sentivo il peso di altre vite che sicuramente erano state spezzate da quel disastro, che in quel momento non era chiaro da cosa fosse stato provocato.

Nelle ore successive all’in-cidente, ho molto parlato con Elena di quello che era accaduto, della sofferenza che dovevano aver provato i familiari che avevano perso un proprio caro l’11 settembre, e del perché possano accadere certe cose. Dopo i drammatici fatti americani, si è molto parlato di cieli sicuri e di controlli accurati.

Tuttavia, i fatti che continuano a succedere in varie parti del mondo, non fanno altro che confermare la mia idea peraltro del tutto personale, che tutta questa sicurezza da molti decantata in realtà non esista.

Credo invece, che l’avanza-mento tecnologico da noi posseduto, sia tanto fantastico quanto fragile e soggetto alle violenze di malintenzionati.

Probabilmente tutti i provvedimenti annunciati nei mesi scorsi, sono soltanto utili per tranquillizzare la gente, ma che in realtà, come dimostrato, basta poco per introdurre un mezzo aereo in zone proibite producendo danni umani e materiali spesso irrimediabili.

Avrei voglia di continuare a esporre il mio pensiero, ma siccome il presente articolo vuol essere soltanto la descrizione di emozioni vissute in prima persona, preferisco non dilungarmi oltre. D’altronde, ho la certezza che la vera realtà sia sotto gli occhi di tutti, e coloro che ancora si ostinano a non voler comprendere, forse non comprenderanno mai!

 

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La felicità

Di Marius

 

Seguendo le linee della storia umana che dal passato precristiano ci conducono all’attualità, come non mai il problema della felicità - nel suo più efficace conseguimento ora in chiave squisitamente individuale - investe oggi la risvegliata anima cosciente dell’uomo.

A mio avviso bisogna distinguere due livelli della felicità.

Uno riguarda le condizioni della nostra salute fìsica e la stabilità e convenienza dei nostri rapporti umani. In proposito, si tratta dei caratteri più evidenti e più plausibili, all’occhio fisico e alla logica degli individui nel-l’occidente contemporaneo. A suo modo, già la Costituzione degli Stati Uniti d’America ne parla, riflettendo implicitamente questo specifico contenuto della felicità quale compito massimo per i singoli componenti la comunione universale. Bisogna stare attenti. Un tale modello di felicità implica quasi sempre, in chi lo espone e lo difende nel vincolo alla dialettica moralistica, che è “quasi” un’etica recitata) il concetto, come dovere, di un generico rispetto (e, se possibile, promozione) dell’altro. Ma in che misura? Chi può veramente decidere della portata di codesto specifico approccio (comprensivo di una facies esteriore, puramente esteriore, altruistica) alla felicità? Infatti, di fronte a ciò che “più conviene” ognuno ha la sua logica e quella del bambino o del malato terminale, poniamo, non è precisamente quella di un qualsiasi altro uomo, adulto, sano e maturo. E, del resto, fra maturi adulti, ad ogni latitudine non completamente globalizzata osiamo tuttavia indirizzarci alla felicità secondo specifica e differente impronta. Questo è il punto.

Non sarà senza profitto, se intanto smetteremo gradualmente di mascherarci dietro inutili e accomodanti finzioni; facili e giornaliere plausibilità convenzionali, come “tentazioni” utilitaristiche a breve cabotaggio per la felicità. La volontà di compiere il bene e, quindi, raggiungere per noi e per gli altri un’ef-fettiva, intima condizione di felicità, non può darsi intera, mi pare di capire, se non nella misura in cui ci ricordiamo della legittima direzione verso cui, faticosamente, essa felicità è chiamata, con tutto il nostro essere, a realizzarsi. Da che parte cercare?

Osserva, oggi, Geminello Alvi: “Se la vita è esuberanza, forma vivente, come si può capirla spezzata? Persino la morte è (nelle piante come nell’uomo) un artificio per avere molta vita, rinascere dal caos a una forma” (1). Scriveva, ieri, il grandissimo Rudolf Steiner: “Oggi vengono di fatto rimossi una gran quantità di influssi e di cause esteriori che altrimenti sarebbero stati ricercati per il pareggio di certe cose karmiche che l’umanità ha caricato su di sé in epoche precedenti. Con questo però noi eliminiamo soltanto la possibilità che l’uomo divenga preda di influssi esteriori, gli rendiamo la vita esteriore più piacevole o più sana. Ma con questo otteniamo soltanto che quanto l’uomo si sarebbe cercato come pareggio karmico nella corrispondente condizione di malattia, ora deve essere cercato per altra via. Le anime che per quanto riguarda la salute vengono in tal modo salvate oggi, vengono però condannate a ricercare in un’altra maniera il loro pareggio karmico. E lo dovranno cercare in parecchi casi fra quelli descritti {[descritti, cioè, in altra parte del volume “Le manifestazioni del karma - N.d.r.) mentre, per esempio, viene loro procurata, mediante una vita più sana, una maggiore comodità fisica, mentre viene loro facilitata la vita fisica, l’anima viene con questo influenzata in modo che a poco a poco sentirà una certa vacuità, una insoddisfazione, una incompletezza. Se il fenomeno andasse tanto innanzi per cui la vita esteriore fosse sempre più piacevole, sempre più sana, come si può ritenere secondo le comuni idee della vita puramente materialistica, allora tali anime avrebbero uno sprone sempre minore a fare progressi in loro stesse. In un certo senso si presenterebbe una desolazione delle anime” (2). Vero è che in fronte a simili, decisive testimonianze, i nostri interrogativi in relazione all’argomento qui preso a cuore non vengono fugati ma si sommano fra di loro.

Non è importante, tutto sommato, che in noi agisca, e per noi verso gli altri, allo stato attuale uno specifico contenuto intellettualistico-esplicativo del dilemma della felicità. Conta invece, se non erro, che possano giungerci, attraverso una metodica predisposizione interiore, sollecitazioni capaci ancora di farci riflettere, con dignità, nel merito: vere istantanee, di cui impadronirsi via via più a fondo tramite le forze mediatrici del pensiero e del sentimento onde suscitare spiraglini su nuovi sentieri a una futura ma possibile approssimazione al mistero più alto: quello del nostro esserci e vicendevole peregrinare, di incarnazione in incarnazione, sulla terra e nel cosmo.

 

1. G. Alvi - Vite fuori dal mondo - Milano, 2001

2. R. Steiner - Le manifestazione del karma - Milano, 1999

3. Da non confondersi, si badi, rispettivamente con la mera fantasticheria e, Dio ne guardi, col sentimentalismo!!

 

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