Informazione per i giovani del III millennio    numero 14    Settembre 2004

 

 

 

Direttore  Prof. Carlo Monti

Vice Direttore  Maurizio Martini

Redattori  Alessio Lenzi, Mario Lorenzini

 

Redazione

Via Francesco Ferrucci 15

51100 - PISTOIA

Tel.  057322016

e-mail: redazione@gio2000.it

Sito internet: www.gio2000.it

Tipologia: notiziario

 

Pubblicazione registrata presso il Tribunale di Firenze al n. 4197 del 26.06.2000

 

Gli articoli contenuti nel  periodico non rappresentano il pensiero ufficiale della redazione, ma esclusivamente   quello del singolo articolista.

 

ELENCO RUBRICHE

 

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Comunicati

 

Cultura

 

Esoterismo, Religioni e dintorni

 

Hobby e tempo libero

 

Informatica

 

Istruzione

 

Lavoro

 

Normalità e handicap

 

Patologia

 

Racconti e poesia

 

Riflessioni e critiche

 

Spazio donna

 

Sport

 

 

In questo numero:

 

Editoriale - Di Mario Lorenzini

COMUNICATI

Lettera aperta - Di Alessio Conti

CULTURA

L'accento in Spagnolo (lezione seconda) - Di Maria Garcia

INFORMATICA

Manuale per l'uso del programma Winguido - Di Alessio Conti

 

Outlook express (lezione 10) - Di Paola Vagata

NORMALITA' E HANDICAP

Lettera pubblicata il 24 gennaio 2004 su "Il mattino di Padova" - Lettera firmata

RACCONTI E POESIA

Intervista a Umberto Broccoli ovvero, cronaca di un'Odissea - Di Alessio Lenzi

RIFLESSIONI E CRITICHEUSICA

Rifiuti, come eliminarli? - Di Michele Di Monaco

 

Dalla diaspora all'olocausto allo sterminio - Di Antonino Cucinotta

 

"La schiavitù moderna" - Di Elena Aldrighetti

 

Attenti alla corda troppo tesa - Di Maurizio Martini

SPORT

Olimpiadi: da Atene 1896 ad Atene 2004, tra storie, ricordi e curiosità - Di Cristina Della Bianca

 

 

Editoriale

 

Di Mario Lorenzini

 

Come potrete leggere nella rubrica comunicati, questo mese abbiamo una nuova intervista, prelevabile dal nostro sito internet, in formato mp3. La versatilità del sito è in continua espansione, presto infatti, saranno disponibili anche i corsi, come le selezioni degli articoli di informatica e di lingua spagnola.

Riguardo alla maggior flessibilità di internet, vorrei dare un consiglio ai nostri lettori: i formati disponibili del giornalino sono tre, come sapete, su carta, su audiocassetta e e-mail. Quest’ultima è la più immediata, nel senso della ricezione; per contro, il nastro registrato impiega, per motivi tecnici, molto più tempo, per cui chi è iscritto alla versione su cassetta, la riceve con un certo ritardo. Il mio suggerimento è rivolto a coloro che, abbonati in tal modo, hanno anche un personal computer collegato a internet. Provate a passare a tale formato! Scoprirete il vantaggio dell’immediatez-za nel ricevere il giornalino; inoltre, chi sceglie questa versione, riceve, di tanto in tanto, una e-mail informativa sulle notizie più importanti (avvenimenti di cronaca, politica, economia, ecc) selezionate dalla nostra redazione.

 

Adesso vi invito, come sempre alla lettura del nostro giornalino; molto avvincente l’ultimo articolo (non certo per rilevanza ultimo, solo per appartenenza all’ultima rubrica), incentrato sulle passate Olimpiadi 2004, ma che racchiude una cronistoria che fa rivivere le emozioni più forti delle discipline sportive per eccellenza dal 1896 ad oggi. Da non perdere assolutamente. Ma che dire anche dell’articolo riguardante i prigionieri in Irak? E’ brutto ripetersi, forse non serve a nulla, in fondo questa storia, questi rapimenti a scopo di “legittima richiesta politica” si susseguono ormani da un pezzo, sembrano diventati un mezzo, l’unico pare, per poter permettere una qualche rivalsa verso gli attaccanti. Dico il solo mezzo, perché è di alcuni giorni fa il risultato di un’inchiesta, fatta presso la popolazione civile, che chiedeva se è giusto o meno prendere delle persone e trattenerle in ostaggio, anche minacciandole di morte atroce, tutto per delle richieste a sfondo politico, economico, o sociale. O davvero il dialogo non c’è, o forse siamo tutti impazziti e pare non ci sia alternativa, visto che il risultato è stato che oltre il 94% degli intervistati ha detto SI’, i guerriglieri hanno diritto di prendere in ostaggio giornalisti, soldati, cittadini di altre nazionalità coinvolte!

Questo dovrebbe far riflettere, credo molto profondamente, chi sono i veri cattivi o i falsi buoni? E poi, la speculazione sull’informazione? E la veridicità dei comunicati, dei video circolanti su internet? Con tutto ciò concludo augurandomi che le cose cambino radicalmente, in senso positivo, senza ulteriori spargimenti di sangue di innocenti.

 

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COMUNICATI

Lettera aperta

Di Alessio Conti

 

Egr. professor Monti, avendo ricevuto da una sua collaboratrice un numero del giornale telematico da lei diretto, mi permetto di indirizzarle questa lettera aperta al fine di condividere, qualora lei lo ritenga opportuno, la mia esperienza con i suoi lettori.

Sono il dottor Alessio Conti, ho trenta anni e vivo in provincia di Roma.

Sono laureato in filosofia e attualmente sono dottorando di ricerca in discipline storico filosofiche presso l'università degli studi di Lecce.

Dalla nascita sono non vedente e da qualche anno uso il computer.

E’ proprio di questo aspetto della mia vita che vorrei parlare: non sono infatti mai stato quello che si direbbe uno smanettone, come molti vedenti, beatamente e crassamente ignorante sui reconditi meccanismi dell'informatica, concepisco il computer quale un mezzo per raggiungere alcuni fini: leggere un libro mediante uno scanner, scrivere un testo, sapere quando parte un treno, consultare il televideo della rai.

Il programma winguido, che uso ormai da anni e che ho insegnato, anche in collaborazione con l'ateneo salentino, a varie persone, mi ha consentito di raggiungere le finalità che ho elencato sopra oltre ad aver ampliato, mediante la posta elettronica, la rete delle mie relazioni interpersonali.

Sono sempre stato allergico al mondo tiflologico, ho considerato come spesso ci si preoccupasse più della forma che della sostanza e si prediligesse, un vacuo ed astratto concetto di integrazione, alla acquisizione di saper fari concreti che aiutino il non vedente a muoversi nella vita di tutti i giorni.

Di questa allergia fanno parte, a pieno titolo le molte obbiezioni al uso di questo programma che spesso giungono alle mie orecchie.

Ma per fortuna il vento sta mutando, segnalo con compiacimento il fatto che l'associazione disabili visivi del avvocato Giulio Nardone, ha prodotto un corso su audiocassetta rivolto a principianti che illustra in modo semplice l'uso di questo utile applicativo. Il corso può essere fornito ai soli iscritti alla associazione ed è totalmente gratuito se si eccettua un simbolico rimborso dovuto al mero costo del nastro.

la cassetta può essere richiesta al numero 06 85 50 26 0 e può rappresentare un utile strumento di apprendimento. Una volta acquisiti alcuni concetti fondamentali infatti, l'uso del applicativo risulta oltremodo intuitivo e consente in un modo straordinariamente semplice e veloce di raggiungere buoni risultati. Winguido è una sorta di autobus, ci si sale senza pagare alcun biglietto , ci si resta comodamente seduti fino a quando si crede, si può anche chiedere al conducente di apportare piccoli o grandi aggiustamenti, poi, qualora le proprie esigenze mutino e il programma si riveli insufficiente a soddisfarle, nessuno impedisce di scendere. Affrontare la questione della informatizzazione delle persone non vedenti con pacatezza e senza pretendere di avere la verità in tasca, mi sembra la premessa necessaria per ogni discussione; premessa alla quale va aggiunto il corollario, non irrilevante ad avviso di chi scrive, che i ciechi non sono un monolite granitico e compatto, che marcia come un sol uomo.

Perché persone, prima ancora che ciechi, essi sono diversi per età , livello culturale, voglia di apprendere, istanze che formulano o lasciano implicitamente trapelare.

Per questo vorrei che si parlasse un po più di winguido, e soprattutto che chi ne parla lo abbia realmente conosciuto e giudicato e non riferisca nozioni raffazzonate, magari risalenti a tempi preistorici e non suffragate da un uso diretto del programma. Se un non vedente può in modo semplice leggere un giornale o il messaggio di posta elettronica di un amico lontano, se può scaricare testi da una biblioteca virtuale, se può gestire ordinatamente la contabilità della sua abitazione , se può avere una agenda per i suoi appuntamenti o un calendario sempre a portata di mano, questi e molti altri, che il programma permette, a me sembrano dei vantaggi ed il fatto che un cieco faccia queste cose mi sembra straordinariamente più importante del come le faccia.

Venendo ad una illustrazione più dettagliata dell’uso del programma, prerequisito essenziale è naturalmente la conoscenza della tastiera, a questo proposito la voce prova tastiera del menu principale può utilmente servire perché il sintetizzatore ripete ogni tasto premuto consentendo al cieco, se adeguatamente guidato, di memorizzarne la posizione. Non è il caso in questa sede di spiegare dettagliatamente le straordinarie possibilità che questo programma prevede, si potrebbe però ipotizzare , qualora si manifesti un interesse da parte dei lettori del suo giornalino, a dei corsi virtuali che potrebbero essere scritti su ogni numero.

Se crede potrei occuparmene io personalmente nei ritagli di tempo ma garantendo comunque una regolarità. In attesa di un suo cortese cenno di riscontro, colgo l'occasione per porgerle cordiali saluti.

 

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CULTURA

L'accento in Spagnolo (lezione seconda)

Di Maria Garcia

 

In spagnolo, come succede anche in italiano, le parole sono divise in sillabe, e quando pronunciamo ogni parola diamo un tono di voce maggiore o minore in ognuna delle sillabe di cui la parola è composta. Ebbene, a volte (nello stesso modo che in italiano) per pronunciare alcune di queste sillabe utilizziamo il segno dell’accento grafico (la tilde). Per  mettere correttamente questi accenti grafici, ci sono tre regole molto semplici, che possono riassumersi nel modo seguente.

1.   Quando il tono  maggiore di voce lo diamo nell’ultima sillaba della parola (queste si chiamano “palabras agudas”) dobbiamo mettere l’accento grafico quando la parola finisce per N S o vocale. Cajón (cassetto), colchón (materasso) etc.

2.   Quando il maggior tono di voce lo diamo sulla penultima sillaba (palabras llanas), dobbiamo mettere l’accento grafico quando la parola non finisca né per S né per N né per vocale. Portería (portineria) cárcel (carcere) fémur (femore), ecc.

3.   Quando il maggior tono  di voce lo diamo sulla terza sillaba contando dalla fine (palabras esdrújulas), l’accento grafico deve mettersi sempre. Ej.  Prórroga (prorroga), técnica (tecnica) ecc.

 

Come in italiano, in spagnolo l’accento grafico si mette soltanto sulle vocali ma al contrario dell’italiano, in spagnolo non si usa l’accento grave ma solo quello acuto. Così possiamo avere:

á (con la tastiera italiana del computer si fa premendo alt+160), é (shift+è), í (alt +161) ó (alt+162), ú (alt +163).

 

Alcuni verbi irregolari, e il pretérito imperfetto semplice.

A continuazione, elencheremo la coniugazione al presente di alcuni verbi irregolari. Per formare il presente di questi verbi non ci sono delle regole quindi, debbono essere imparati a memoria.

  Hacer (fare)

YO hago

Tú haces

Él o ella hace

Nosotros hacemos

Vosotros hacéis

Ellos hacen

  Decir (dire):

Yo digo

Tú dices

Él o ella dice

Nosotros decimos

Vosotros decís

Ellos dicen.

  Salir (uscire):

YO salgo

Tú sales

Él o ella sale

Nosotros salimos

Vosotros salís

Ellos salen.

  Dormir (dormire)::

Yo duermo

Tú duermes

Él o ella duermen

Nosotros dormimos

Vosotros dormís

Ellos duermen.

Entender (capire):

Yo entiendo

Tú entiendes

Él o ella entiende

Nosotros entendemos

Vosotros entendéis

Ellos entienden.

Traducir (tradurre e tutti i verbi che finiscono in Cir) come conducir, deducir, aducir, ecc.

Yo traduzco

Tú traduces

Él o ella traduce

Nosotros traducimos

Vosotros traducís

Ellos traducen.

  Attenzione: Tutti i verbi che in italiano finiscono per durre, in spagnolo finiscono per Cir e seguono questa coniuga-zione.

  Construir (costruire).

YO construyo

Tú construyes

Él o ella construyen

Nosotros construimos

Vosotros contstruís

Ellos construyen.

Il verbo destruir (distruggere) segue la stessa coniugazione (yo destruyo, tú destruyes ecc.).

 Caber (equivale all’es-pressione italiana starci riferita all’esistenza o meno di spazio).

YO quepo

Tú cabes

Él o ella cabe

Nosotros cabemos

Vosotros cabéis

Ellos caben.

  Yacer (giacere).

YO yazco, yago o yazgo (sono valide le tre forme).

Tú yaces

Él o ella yace

Nosotros yacemos

Vosotros yacéis

Ellos yacen.

  Saber (sapere).

YO sé

Tú sabes

Él o ella sabe

Nosotros sabemos

Vosotros sabéis

Ellos saben.

  Il preterito imperfetto semplice (pretérito imperfecto simple).

L’uso è esattamente uguale all’uso in italiano.

  Preterito imperfetto del verbo ser (essere).

YO era

Tú eras

Él o ella era

Nosotros éramos

Vosotros érais

Ellos eran

  Prima coniugazione. Per formarlo, si deve prendere la radice del verbo all’infinito (cioè togliendo la termina-zione Ar), e si debbono aggiungere i sufissi seguenti: aba, abas, aba, ábamos ábais aban.

Cantar (cantare).

Yo cantaba

Tú cantabas

Él o ella cantaba

Nosotros cantábamos

Vosotros cantábais

Ellos cantaban

  Seconda e terza coniugazione. Per formarlo si deve prendere la radice del verbo all’infinito (coè togliendo le terminazione er per la seconda coniugazione e Ir per la terza) e dobbiamo aggiungere le terminazioni seguenti: ía ías ía íamos íais ían.

Yo bebía

Tú bebías

Él o ella bebía

Nosotros bebíamos

Vosotros bebíais

Ellos bebían.

Escribir (scrivere).

Yo escribía

Tú escribías

Él o ella escribía

Nosotros escribíamos

Vosotros escribíais

Ellos escribían.

  Gli altri verbi che abbiamo visto come irregolari al presente (estar, haber, tener, querer, venir, saber, etc.) vengono coniugati all’imperfetto in modo regolare a seconda della loro terminazione.. Così O estaba, tú estabas etc.

YO quería tú querías él quería etc.

YO venía tú venías él o ella venía etc.

Attenzione, l’imperfetto del verbo ir è un po’ diverso.

YO iba

Tú ibas

Él o ella iba

Nosotros íbamos

Vosotros íbais

Ellos iban.

 

L’articolo i(el artículo).

Come in italiano, anche in spagnolo ci sono due tipi d’articoli.

El artículo determinado (fa riferimento alla cosa concreta a cui si riferisce chi parla), ad es. La macchina (el coche) è chiaro che chi parla si riferisce ad una macchina concreta che conoscono sia chi parla sia chi ascolta.

  El artículo indeterminado (fa riferimento ad una cosa di una  specie determinata, ma non alla cosa concreta), ad es. Una macchina (un coche).

A differenza di quanto succede in italiano in spagnolo la forma dell’articolo (sia determinato o indeterminato) non cambia a seconda dell’inizio del sostantivo a cui accompagna, quindi ci sono quattro forme per l’articolo determinato (maschile singolare, femminile singolare, maschile plurale e  femminile plurale.

Così abbiamo:

Masc sing. El. Masck pl. los.

Fem sing. La. Fem pl. Las.

 

  Ed ora, iniziamo a contare….

 

Cero: 0. uno: 1. Dos:2. Tres: 3. Cuatro: 4. Cinco: 5. Seis: 6. Siete: 7. Ocho: 8. nueve: 9. Diez: 10. Once: 11. Doce: 12. Trece: 13. Catorce: 14. Qince: 15. Dieciseis: 16. Dieciocho: 18. Diecinueve: 19. Veinte: 20. Veintiuno: 21. Veitidós, veintitrés…. Etc… treinta: 30

Cuarenta y uno…. Cincuenta, sesenta, setenta, ochenta, noventa, cien.

Ciento uno: 101, ciento dos…. Doscientos, trescientos, cuatrocientos, quinientos, seiscientos, setecientso, ochocientos, novecientos, mil.

 Mil uno, mil dos…. Dos mil: 2000, tres mil…. Un millón (un milione) un billón.

Lessico (léxico). Le parti del corpo umano (las partes del cuerpo humano).

Se guardiamo il nostro corpo, quello che abbiamo più in alto  è la testa (la cabeza). In nesta, abbiamo i capelli (el pelo, attenzione perché anche se in spagnolo esistono los cabellos, è una parola antica che oggi non si usa quasi mai, quindi attenzione perché  si usa sempre il pelom, al singolare).  Il nostro pelo può essere corto o largo (lungo), se l’abbiamo lungo, possiamo farci una trenza (treccia) una cola de caballo o coleta, che forse è più usato (coda) dos coletas (ognuna ad un lato), o possiamo averlo suelto (sciolto). El pelo, possiamo averlo rizado (capelli ricci), liso (dritti) o fosco (mosso).

  Sotto i capelli, abbiamo la frente (fronte), poi las cejas (sopraciglie), e sotto queste, abbiamo los ojos (gli occhi). Dentro agli occhi, abbiamo los parpados (le palpebre), la pupila, (la pupilla), el iris (l’iride) la cornea (cornea) e  fuori abbiamo las pestañas (le ciglia).

  Sotto gli occhi abbiamo los pómulos (gli zigomi) e fra i due zigomi c’è la nariz (il naso) con le due fosas nasales (le due narici). Un po’ più in giù, abbiamo la boca (bocca). All’interno della “bocca” ci sono los dientes (i denti) e la lengua (la lingua), e fuori, abbiamo los labios (le labbra). E un po’ più in giù c’è la barbilla (il mento).

  Dopo la faccia, troviamo el cuello (collo), las clavículas (clavicole) y los homros (le spalle), che continuano con los brazos (le braccia) y los antebrazos (avambraccia), questi, finiscono en las muñecas (i polsi) che si uniscono a las manos (le mani), nelle mani, abbiamo cinco dedos (le cinque dita): pulgar (pollice), índice (indice), corazón (medio), anular (anulare), e meñique (mignolo), le dita, ahnno tre falanges (falangi) e sono coperti da las uñas (unghie)..

  Se continuiamo dal collo in giù, troviamo  il torace (tórax), ed il pecho (petto), nella cui destra, ci troviamo il corazón (cuore). Attenzione, in spagnolo si usa la stessa parola per indicare il petto in senso generico ed i seni della donna (un seno: un pecho, due seni dos pechos), è vero che esiste la parola seno ma è riservata per il linguaggio tecnico, in quello comune, non si usa mai. Dietro al petto c’è la espalda (schiena), che finisce en los riñones (reni), e nella parte he abbiamo davanti c’è la tripa (pancia) che ha dentro el hígado (fegato) el estómago (stomaco), el apéndice (l’apendice), etc Davanti ai reni, le done hanno los ovarios (gli ovai) e gli uomini los testículos (testicoli). Se andiamo più giù troviamo las nalgas (natiche).  Sotto il torace, troviamo la cintura (vita) dopo la quale, abbiamo las caderas (i fianchi). La parte più alta della gamba è il muslo (coscia), poi c’è la rodilla (il ginocchio, attenzione alla differenza di genere), poi troviamo la pierna (gamba) vera e propria, col fémur (femore) e poi el tobillo (caviglia), che unisce la gamba al piede (pie), sul quale, abbiamo anche le dita e le unghie nello stesso modo già esposto (i nomi sono gli stessi). La parte  dietro del piede è el talón (tallone).

 

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INFORMATICA

Manuale per l'uso del programma Winguido

Di Alessio Conti

 

Capitolo primo

Brevi ma fondamentali nozioni teoriche

 

Paragrafo primo

La funzione generale e quella locale

 

Pur se intuitivo, l'uso di questo programma è subordinato alla comprensione di alcuni concetti fondamentali che presiedono al suo funzionamento. Quanto enunceremo in questo capitolo quindi, deve essere appreso con particolare attenzione poiché la mancata comprensione dei concetti che espliciteremo porterebbe ad una incapacità assoluta di fruire delle molte potenzialità che il programma consente. il primo concetto basilare è quello di funzione. Una funzione può essere rappresentata da un tasto o da una combinazione di tasti che consentono di svolgere, in ogni parte del programma, o in alcune specifiche sezioni, determinate operazioni.

Le funzioni possono essere di due tipi: generali, se svolgono un compito analogo in ogni parte del programma e sono sempre disponibili, locali, se mutano a seconda del pnto del programma in cui ci si trova. La pressione del tasto f1 per ottenere spiegazioni sulla utilità della voce in cui ci si trova è una funzione generale, poiché in ogni parte del programma questo darà luogo alla lettura, da parte del sintetizzatore vocale, di spiegazioni sommarie sulla utilità della voce in cui si è posizionati. La pressione del tasto control è una altra funzione generale che potremmo chiamare filo d'Arianna, poiché se paragoniamo Winguido ad un labirinto in qualsiasi parte del programma essa ci informa su dove siamo oltre che sul numero di opzioni previste in quella specifica parte del programma. Se, ad esempio, dal menu principale premiamo il tasto control, il sintetizzatore vocale dirà menu principale , oltre al numero di voci che compongono questo menu, che attualmente è di 28. La pressione del tasto alt, che serve ad accedere alle funzioni locali, è una funzione generale poiché in qualunque luogo del programma il tasto alt consente di accedere alle funzioni locali. A differenza della funzione generale, quella locale riguarda specificamente la parte del programma in cui ci troviamo ed è disponibile solo in quella sezione per svolgere una operazione propria del luogo in cui siamo. A titolo meramente esemplificativo, proviamo a raggiungere la voce appunti del menu principale ed a premere il tasto invio. Per raggiungere una voce si hanno due possibilità

1) scorrere mediante le frecce su e giù, il menu corrente e attendere che il sintetizzatore vocale dica in questo caso la parola appunti.

2) premere la lettera iniziale della voce che si intende raggiungere, in questo caso e attendere che il sintetizzatore dica la parola appunti. Una volta sentita la parola appunti proviamo a premere il tasto invio. Il sintetizzatore dirà appunto, a questo punto noi premeremo il tasto alt per accedere alle funzioni locali. Si aprirà un insieme di voci che riguardano la gestione degli appunti e consentono di copiare un appunto, di muoversi all’interno degli appunti, di cancellare un appunto ecc. Ciò che questo esempio mira a far comprendere, non è tanto l'utilità della voce appunti, su cui torneremo in seguito, quanto il carattere circoscritto, locale, di queste funzioni che si trovano solo in questo luogo perché servono ad assolvere dei compiti propri di questa specifica voce.

 

Paragrafo secondo

Un menu ed un campo

 

Già nel paragrafo precedente abbiamo utilizzato alcuni termini ripresi dal linguaggio comune che assumono però qui un significato peculiare: voce, menu , campo. Cercheremo in questo secondo paragrafo di esplicitare meglio i concetti di menu e di campo. Si tratta di due idee guida fondamentali che debbono essere comprese con la massima precisione poiché un fraintendimento teorico di queste nozioni, inibirà un corretto ed efficace uso di questo applicativo

 

Tutti noi siamo stati in un ristorante, nonostante la tentazione di mangiare tutto il mangiabile, ci viene portata una carta in cui sono segnate le varie pietanze tra cui ne dobbiamo scegliere una o più a seconda dello stomaco. Il menu di Winguido è simile alla carta di un ristorante, si leggono una sorta di alternative previste dal computer tra cui l'utente è chiamato a sceglierne mediante la pressione del tasto invio. Quando il programma si avvia troviamo subito un menu, il menu principale, che può essere esplorato mediante i tasti freccia su e freccia giu. Alcuni menu prevedono la possibilità, mediante un processo di selezione operato con la barra spaziatrice, di svolgere più rapidamente alcune operazioni, possibilità che è segnalata dal tasto control. La pressione della barra dà luogo al messaggio selezionato, mentre una ulteriore pressione fa dire al sintetizzatore la parola escluso ripristinando la situazione iniziale. Segnaleremo volta per volta questa possibilità , in genere si tratta di elenchi, ad esempio di file che devono essere spostati, cancellati, trasmessi per posta, questo meccanismo permette di svolgere il processo di copia, spostamento, cancellazione o invio, in una volta sola per più file. Se un menu è un luogo in cui tra alcune possibilità già previste noi siamo chiamati a sceglierne una o più, un campo è uno spazio bianco in cui il computer attende da noi la immissione di un dato, obbligatorio o facoltativo, al fine del buon esito della operazione. La mancata immissione di un dato in un campo obbligatorio da luogo ad una segnalazione acustica del tipo devi immettere ecc. Per i meno esperti, dalla voce configurazione del menu principale consigliamo di spingere la lettera s fino ad ascoltare la parola suoni, e di attivare, mediante la voce apposita gli effetti sonori. Tali effetti segnaleranno acusticamente in modo facilmente riconoscibile l'ingresso in un menu o in un campo con suoni differenti ed avviseranno l'utente principiante anche sulla uscita da un menu o da un campo.

Già da queste prime sommarie spiegazioni, Winguido si configura come un sistema di scatole cinesi: ogni voce del menu principale infatti, raggruppa a sua volta altre voci che consentono di espletare più operazioni connesse con la voce su cui ci si trova.

 

Paragrafo tre

I comandi di accesso rapido

 

il programma, proprio per questa sua struttura, consente varie tipologie di spostamento e di accesso alle voci, oltre a quelle accennate nei paragrafi precedenti possiamo segnalare la combinazione di tasti control f2 che permette la vocalizzazione di una lista di comandi che consentono di muoversi, anche rapidamente, accedendo da qualsiasi punto del programma alla voce in cui si intende andare.

E’ consigliabile che l'utente apprenda questi comandi perché se è vero che egli può muoversi, benché più lentamente nel programma, anche usando i soli tasti invio per andare avanti ed esc per tornare indietro, è anche vero che in un momento successivo avvertirà l'esigenza di scrivere un appunto o di consultare rapidamente l'ora. Tale combinazione consente anche di svolgere alcune operazioni quali aumentare o diminuire la velocità o il volume del sintetizzatore senza dover raggiungere il menu di configurazione che sarebbe il luogo preposto per svolgere tali operazioni. Occorre fare attenzione, per gli utenti meno esperti, a non premere mai la combinazione control f 12 che da luogo alla disattivazione del sintetizzatore. Molto utile, sempre per i principianti, può essere la combinazione control spazio che consente di entrare direttamente nella voce prova tastiera. In questa voce, come vedremo, il sintetizzatore ripete il tasto premuto inibendo qualsiasi altra funzione e quindi l'utente, se opportunamente guidato, può memorizzarne la posizione.

 

Il regno dei campi, la voce rubrica

 

Il concetto teorico di campo, che abbiamo sommariamente delineato nei numeri precedenti, trova la sua applicazione più ampia ed intuitiva nella voce rubrica. Una rubrica infatti, è anche dal punto di vista visivo un insieme di spazi cartacei o telematici bianchi, in cui l'utente è chiamato ad immettere alcune informazioni che rinverrà poi quando se ne palesa la necessità. Il telefono della zia, quello dell’idraulico, l'indirizzo fisico o telematico di un amico ecc. Entriamo quindi nel regno dei campi e impariamo ad immettere un numero nella rubrica. Dal menu principale occorre premere la lettera r fino a quando il sintetizzatore non dirà la parola rubrica. Spieghiamo in questo luogo un concetto basilare, poiché attualmente il menu principale si compone di due voci che iniziano con la lettera r, non è automatico che il sintetizzatore dica rubrica una volta che noi abbiamo premuto r. Potrebbe anche dire ricette di cucina. A questo punto basta premere r e il sintetizzatore dirà rubrica. Il computer infatti si posiziona sull'ultima voce aperta e poiché il punto di partenza è casuale, non è facile prevedere tutte le possibili varianti. Se io so che debbo andare in una voce che inizia per una certa lettera, debbo premere quella lettera fino a quando non sento che il computer dice la voce su cui mi debbo recare, insomma io sono il fantino, lui è un cavallo, sono io che debbo guidare lui e non il contrario. Una volta che il computer ha detto la parola rubrica debbo premere invio. Il tasto invio serve ad entrare fisicamente nella rubrica.. A questo punto la prima cosa da fare è esplorare tutte le possibilità che la rubrica consente. L'esplorazione avviene muovendosi con le frecce e premendo il tasto f1 per avere spiegazioni sommarie sulla utilità della voce su cui ci si trova. Qualora queste spiegazioni non siano sufficienti si può premere la combinazione di tasti control f1 per accedere alla guida in linea che fornisce spiegazioni più approfondite. Una volta terminata la lettura della guida occorre premere il tasto esc per uscire da essa. Una esplorazione del menu rubrica non dovrebbe lasciare dubbi sulla voce che fa al caso nostro. Soprattutto se è la prima volta che usiamo la rubrica , infatti l'elenco delle possibilità previste è molto ristretto e, quindi, non ci sarà difficile capire che dobbiamo entrare in immissione. Ci posizioniamo quindi su immissione e premiamo invio. A questo punto poniamo che qualcuno ci interrompa e non ricordiamo più dove siamo. Ci viene in aiuto il nostro filo d'Arianna, il tasto control. Se lo premiamo la sintesi dirà campo cognome. Ciascuna di queste due parole ha un valore perché il sintetizzatore non dice mai nulla di superfluo. Campo vuol dire che è uno spazio bianco, che l'utente deve scrivere, cognome vuol dire che è lo spazio del cognome e non dell’indirizzo. Scritto il cognome si può, mediante il tasto maiuscolo, controllare cosa si è immesso e passare al campo successivo che sarà nome. Tale passaggio avviene premendo il tasto freccia giù. Terminati tutti i campi previsti dalla rubrica che non sono obbligatori poiché una persona può anche non avere la posta elettronica o un telefono del ufficio, si ha il campo annotazioni che serve per prendere brevi appunti circa quella persona, poi il computer domanda all’utente confermi e registri? Si hanno tre opzioni si, che registra permanentemente nella rubrica il dato immesso, no che non registra nulla e annulla che annulla l'operazione. Dopo la immissione del primo dato comparirà nella rubrica anche la voce ricerca , prima non vi erano dati da cercare e quindi la sua esistenza era inutile, che consente di trovare un numero di telefono o un indirizzo di posta elettronica. Nella rubrica sono infatti previsti anche più campi per gli indirizzi telematici ed è molto comodo immetterli perché li si può poi richiamare quando si vuole inviare un messaggio a un destinatario presente in rubrica. Ogni parte del programma infatti è in grado, soprattutto tramite le funzioni locali, di dialogare con le altre parti e di interagire con esse per agevolare l'utente. E’ anche possibile, uscendo dalla voce rubrica, impostare dal menu configurazione al quale si può accedere con la combinazione control f 8 la modalità con cui il sintetizzatore deve leggere i numeri e quante cifre deve raggruppare. Occorre raggiungere la voce rubrica. Il computer chiede scegli cosa vuoi configurare; occorre andare su modo lettura numeri di telefono. Molto utile all’interno della rubrica è anche la voce località e cap. Tale voce consente di rinvenire il codice di avviamento postale di un dato paese o, avendo un codice, di sapere a quale località esso appartenga. La prima volta che si usa questa voce occorre caricare, cioè immettere nel proprio computer, l'elenco dei codici di avviamento postali che il programma preleva automaticamente dalla rete. per fruire di questo servizio è quindi indispensabile essere connessi per effettuare il primo prelievo dei codici di avviamento postale. le voci importazione ed esportazione, servono, come in altre parti del programma per immettere o trasportare tutta la rubrica o parti di essa in altri computer mediante dispositivi magnetici quali dischetti, cd ecc. E’ anche possibile importare dati da altre rubriche in modo automatico, senza doverli trascrivere tutti uno ad uno mediante la voce importa da. Tra queste rubriche di recente è entrata anche quella, molto diffusa tra i ciechi, realizzata dal professor artico.

Le voci consultazioni recenti e nominativi, forniscono un elenco rispettivamente dei nominativi consultati più recentemente in ordine di tempo di consultazione, e di tutti i nominativi presenti nella rubrica. L'elenco, come tutti gli elenchi di qualsiasi tipo, può essere percorso con le frecce su e giù e il nominativo all'interno del quale si intende entrare deve essere raggiunto premendo il tasto invio.

Quanto enunciato fino a qui, vuol costituire sicuramente un primissimo approccio al programma, per dare modo a coloro che si avvicinano per la prima volta una giusta e speriamo efficace panoramica su quanto e come si può interagire con esso. Nei capitoli successivi cercheremo di analizzare ogni singola voce del menu principale e di spiegarla nei dettagli, quindi, torneremo anche sicuramente nella voce rubrica per poterla analizzare con più calma e poterne sfruttare a pieno le possibilità.

 

 

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Outlook express (lezione 10)

Di Paola Vagata

 

Ci occuperemo oggi delle Identità di Outlook Express; vedremo come creare una identità e come gestirla.

In sostanza, una identità non è altro che una istanza, una copia, del programma, che ha le sue cartelle, una propria rubrica ecc.. Ogni identità può essere protetta da una password, in modo tale da permettere a persone diverse di lavorare su uno stesso computer, gestendo i propri messaggi di posta in totale riservatezza.

Outlook Express per default apre una identità che chiama "Identità principale". Per crearne una nuova, procediamo in questo modo:

 1) Attiviamo il menu File, premendo Alt;

 2) Scendiamo con la freccia fino alla voce "Identità" che dovremo confermare con Invio;

 3) Qui ci troviamo di fronte ad un altro menu con due voci: "Gestione identità" e "Aggiungi nuova identità"; la prima voce che ci si presenta è appunto quella che ci interessa, ("Aggiungi nuova identità), che confermeremo con Invio;

 4) A questo punto dovremo scrivere, nella finestra di testo relativa al "Nome dell'utente", il nome che vogliamo dare alla nostra identità (poniamo, "Prova";

 5) Con Tab, ci porteremo sull'opzione denominata "Richiedi password"; la casella di controllo relativa a questa voce è disattivata, ma se la attiviamo con Spazio e poi ci spostiamo con Tab, possiamo digitare una password a nostro piacere, allo scopo di proteggere l'identità;

 6) Spostandoci ancora con Tab troviamo i pulsanti: ? (punto di domanda, che permette di chiedere ulteriori spiegazioni), OK, Annulla;

 7) Se clicchiamo con Spazio su OK, ci apparirà una finestra di dialogo che conferma che è stata aggiunta la nuova identità e chiede di passarci ("Identità aggiunta; passare all'identità "Prova"; se intendiamo passare a "Prova", clicchiamo sul pulsante "Sì" e vediamo cosa succede;

 8) Naturalmente la nuova identità è ancora priva delle informazioni essenziali per poter essere utilizzata; per poterle fornire queste informazioni, avremo due possibilità, selezionabili attivando, con le frecce, uno dei due pulsanti radio (("Utilizza un account per la posta elettronica esistente" e "Crea un nuovo account per la posta Internet"; se abbiamo installato altri mailer di posta elettronica, O.E. ci chiede se vogliamo utilizzare account di posta già esistenti e permette di selezionare, con le frecce, i programmi da cui eventualmente prelevare le informazioni relative ai nostri account; 

 9) Se desideriamo creare un nuovo account di posta, dopo avere naturalmente attivato il relativo pulsante radio ("crea un nuovo account per la posta Internet; Vedi punto 8), ci spostiamo con Tab su Avanti e clicchiamo ancora con Spazio;

 10) A questo punto, saremo invitati dal programma ad eseguire una procedura analoga a quella seguita per creare un nuovo account di posta;

 11) Terminata la procedura, avremo la possibilità di importare cartelle e messaggi da un eventuale altro mailer di posta, oppure dalla messaggistica di Outlook o Windows (i programmi sono selezionabili con le frecce), ma si può anche attivare il pulsante radio che indica "non importare adesso"; fatta la nostra scelta, clicchiamo sul pulsante Avanti, raggiungibile con Tab;

 12) Clicchiamo poi sul pulsante "Fine" e la nostra identità sarà pronta per essere utilizzata.

 N.B.: Naturalmente, la prima volta, la nuova identità ci apparirà con l'aspetto di una pagina web; per i vari settaggi, ci si può riferire alla lezione 1 di questo corso.

Dalla prossima lezione ci occuperemo del menu "Visualizza" e, di conseguenza, delle varie possibilità di visualizzare e ordinare i messaggi di posta con O.E..

 

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NORMALITA' E HANDICAP

Lettera pubblicata il 24 gennaio 2004 su "Il mattino di Padova"

Lettera firmata

 

Questa iscrizione non è un capriccio

 

Sono una mamma con un grandissimo problema: devo iscrivere mio figlio disabile al 100%, con una grave forma di epilessia farmaco-resistente alla scuola elementare. Premetto che lavoro a Padova, zona Arcella, abito a Cadoneghe e fino ad ora il bimbo ha usufruito della legge 104/92 art. 5 comma g/1 che gli ha permesso di frequentare prima il nido, poi la scuola materna vicino al mio posto di lavoro. La mia vicinanza nell'ambiente scolastico è fondamentale in caso di una grave crisi epilettica.

Non si tratta solo di autorizzare il personale docente a somministrare valium, in questo caso il problema (almeno fino ad ora) non sussiste, ma interpretare il tipo di crisi grave (desaturazione dovuta ad apnea e importante tachicardia, che necessita la sedazione immediata) oppure più leggera, ma difficile da distinguere dalla prima, che non necessita di alcuna sedazione, Tutte le scuole fino ad ora interpellate telefonicamente mi hanno chiaramente detto che il piccolo non può frequentare in quanto non residente a Padova.

Inutile dire che la mia vicinanza all'ambiente scolastico è fondamentale per la sua salute.

Improvvisamente la legge 104/92 è sparita, o meglio, liberamente interpretabile.

 Mi sono rivolta a più enti pubblici per chiedere lumi su come interpretare questa legge, ma nessuno mi sa dare una risposta, dai servizi sociali alla provincia tutti si devono informare. Il tempo passa, il 31 gennaio si chiudono le iscrizioni e io mi trovo in questa situazione.

Come posso far capire alle  direzioni didattiche che il mio non è un capriccio ma una effettiva necessità per il bene fisico di mio figlio? c'è qualcuno che mi può aiutare?     q

 

Lettera firmata 

zanzibars@libero.it

 

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RACCONTI E POESIA

Intervista a Umberto Broccoli ovvero, cronaca di un'Odissea

Di Alessio Lenzi

 

Quando il mio vicedirettore Maurizio Martini mi ha proposto di andare niente meno che in RAI per intervistare un grande personaggio come Umberto Broccoli, tutto pensavo meno che in una sola sera potesse accadere tutto quanto sto per descrivere in questo articolo. E' doveroso comunque premettere che quanto sto per descrivere non vuole essere una lode al patetismo più autentico, ma un modo di dimostrare che la sfortuna e la mala sorte esistono e come! Partendo dall'inizio, il giorno 11 giugno 2004, mi sono preparato di tutto punto per recarmi alla sede RAI di Firenze per compiere quanto mi è stato commissionato e farlo nella maniera più professionale possibile; bene, tutto apparentemente a posto, accordi con la premurosissima Giada della sezione U.I.C. di Pistoia per la predisposizione del registratore, concordati con Giacomo, volontario in servizio civile sempre presso la nostra sezione, i luoghi e modi di percorso, insomma tutto secondo copione. Invece, dalle ore 18.30, ora concordata per il ritrovo, è iniziato un vero pandemonio! Per prima cosa un grosso incidente automobilistico bloccava completamente la strada per raggiungere casa mia e quindi, via cellulare, ho dovuto far deviare Filippo, l'altro mio accompagnatore, su una strada alternativa risultata poi anch'essa interrotta per lavori! Quindi, deviazione ulteriore con altra grande  perdita di tempo, cosicché  siamo riusciti a metterci in marcia alle 19 circa. Nel Frattempo, tra una deviazione e l'altra, i ragazzi mi comuunicavano che per disguidi di auto lasciate in garage, il registratore non c'era e quindi, mi sarei dovuto arrangiare per mio conto, bene, sfrutto l'attesa e vado a recuperare il mio vecchio e glorioso portatilino che usavo ai tempi della scuola. Bene, apparecchio recuperato con successo in tre minuti, ma in esso vi erano delle vecchie pile, e nei paraggi nessuna pila nuova! Comunque mi sono detto, le prendo in strada tanto abbiamo ancora tantissimo tempo. Tornando alla partenza, tutto bene fino all'ingresso in autostrada, ma dopo qualche chilometro, coda spaventosa, altro incidente! Sembrava robetta, invece, era serio ed abbiamo fatto a passo lentissimo gran parte del viaggio preoccupatissimi di non arrivare in orario. Nel frattempo, i contatti via cellulare tra me e Maurizio erano febbrili, oramai rischiavamo di non arrivare in orario e siamo praticamente diventati scemi a cercare di contattare la curatrice del programma per avvertirla ma nulla, giustamente aveva il cellulare spento. Dopo aver finalmente passato l'incidente e preso velocità, altro incidentino all’orizzonte e altra perdita di tempo, oramai si erano fatte le 20 e avevamo ancora un po’ di chilometri da percorrere mentre l’intervista era per le 20.15. La disperazione in me e Maurizio era tanta, ma a questo punto ho detto di proseguire e vedere se potevamo poi far slittare il tutto in altro orario.

Finalmente, alle 20.40 circa, siamo giunti in sede e fatti i dovuti accreditamenti, abbiamo cercato di farci spostare l'intervista e siamo riusciti ad ottenere una mezza parola. Comunque in tutto questo, le famose pile di cui parlavamo prima non le abbiamo trovate e a questo punto ho deciso di rischiare comunque, anche perché avevo un piccolo registratore digitale prestatomi dall'amico Guido che ancora ringrazio pubblicamente. Tornando in cronaca, dopo la prima parte della trasmissione, vengo raggiunto dalla collaboratrice che mi accorda definitivamente l'intervista e che si scusa per non avermi potuto accogliere prima per impegni con le prove. Giungo davanti ad Umberto Broccoli emozionato tipo Fantozzi, faccio partire la registrazione ed il sottoscritto si impappina subito! Comunque da ora in poi tutto liscio, ometterò la cronaca dell'intervista, visto che potete scaricarla o ascoltarla alla fine del giornalino per chi legge da cassetta. Termino con successo il mio compito aiutato dai miei accompagnatori che sono stati perfetti nel gestire il tutto ed al termine della bella trasmissione usciamo dalla RAI, quando, una deliziosa macchina lava i vetri con gli spruzzini  e ci regala una bellissima acquata! Direi che per terminare la lunga serata proprio non è stato male, oramai ci eravamo abituati agli imprevisti. Finalmente siamo poi rientrati a Pistoia dove abbiamo voluto terminare in bellezza recandoci a prendere un meritato panino che abbiamo trangugiato con vivissima soddisfazione!

Questa la cronaca di una serata sfortunata, comunque una volta rientrato ho ascoltato nuovamente il risultato del lavoro svolto e posso sicuramente dire che ne è valsa davvero la pena. Adesso concludo scusandomi per l’eccessiva lunghezza dello scritto e vi dò appuntamento ad un'altra eventuale intervista, ma stavolta mi porterò un amuleto! In fine, volevo davvero ringraziare i miei accompagnatori che hanno sopportato tutto questo e tutto lo staff della RAI a partire da Antonella Ciuffa che ha organizzato davvero tutto al meglio!

 

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RIFLESSIONI E CRITICHE

Rifiuti, come eliminarli?

Di Michele Di Monaco

 

Le feste pasquali le ho trascorse al mio paese natale, precisamente a San Tammaro, provincia di Caserta. Arrivati all'uscita della'autostrada di Capua, percorrendo le strade del paese, ci siamo imbattuti in mezzo a montagne di rifiuti maleodoranti. Sappiamo tutti che il problema rifiuti in Campania è preoccupante e potrebbe allargarsi anche nel resto d'Italia, quindi che fare?

Mi é venuto in mente un vecchio detto che dice così: i panni sporchi si lavano in casa propria; allora, perché i nostri governanti non fanno un decreto legge dove impongono a ogni singolo comune di costruire un impianto inceneritore, con tutte le garanzie di sicurezza, per lo smaltimento dei propri rifiuti? Così facendo si potrebbe evitare di mandare su e giù per l'Italia e all'estero centinaia di grossi tir e treni merci, pieni di rifiuti in putrefazione. So che non è facile tutto questo, ma potrebbe essere una soluzione. Poi pensiamo se rinunciassimo a tutti i contenitori di plastica e a tutti quegl'imballaggi inutili e ingombranti per tanti prodotti dei quali potremmo fare a meno! Sono sicuro che con questo sistema si potrebbero risparmiare ogni anno milioni di preziosi euro, senza più necessità di protestare e incatenarsi davanti alle discariche, per non fare entrare camion carichi di rifiuti di altri comuni.

 

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Dalla diaspora all'olocausto allo sterminio

Di Antonino Cucinotta

 

Dalla distruzione del tempio di Gerusalemme nell'anno 79 d. c. per opera dell'Imperatore romano Tito, il popolo ebraico è stato costretto ad abbandonare il proprio luogo di origine ( la Palestina) e a disperdersi per tutto il mondo. La storia ci insegna che questo popolo, dovunque si sia stabilito, ha sempre mantenuto la propria identità e non si è mai voluto confondere con i popoli che lo hanno ospitato, il che, attraverso i secoli, ha sottoposto gli ebrei a continue e pesanti persecuzioni, estromissioni dai luoghi in cui si erano insediati e costrizioni a vivere da raminghi. Credo che una grande responsabilità di queste persecuzioni sia da attribuire ai cristiani, i quali hanno sempre accusato gli ebrei di deicidio, in quanto avevano crocifìsso Gesù Cristo. Erano anche malvisti perché spesso si dedicavano all'usura e quindi contribuivano all'impoverimento delle popolazioni. Erano quindi considerati sfruttatori e sostenitori di un capitalismo nefando e deleterio. Anche se, come ad esempio nella Spagna del XVI secolo, gli ebrei che si dedicavano ai commerci, sostenevano la malandata economia della Spagna di Filippo II. E' noto che l’estromissione di questa attiva popolazione assieme ai Moriscos, è stata la causa della decadenza spirituale, politica ed economica degli spagnoli che, oziosi come erano divenuti, avevano perduto ogni amore all'attività produttiva. Non di meno va rilevato che sovente essi furono oggetto ingiustificato di odio e di sterminio, come avvenne con i "Progrom" russi che causarono la distruzione di intere popolazioni ebraiche, sotto l'indifferente sguardo della polizia. Ma il popolo ebraico ha subito le maggiori nefandezze e le persecuzioni più feroci durante il secolo XX ad opera delle folli idee che animarono A. Hitler, quale fondatore del nazismo e capo assoluto della Germania nazista dal 1933 al 1945 Hitler ha dimostrato di avere un odio inveterato nei confronti degli ebrei, considerati appartenenti ad una razza inferiore agli ariani, e quindi da distruggere e con estrema decisione da sterminare tutti. Come sappiamo, Hitler riuscì ad esercitare una nefanda propaganda antiebraica che suscitò avversione ed odio da parte del popolo tedesco. Va però rilevato, che l'avversione e l'odio nei confronti degli ebrei furono in pratica esercitati da una minoranza ristretta di fanatici quali furono le SS, mentre la maggioranza del popolo tedesco ebbe la colpa di rimanere indifferente e di non fare nulla per opporsi alle aberranti decisioni del Fuhrer e dei suoi accoliti. Inizialmente l'atteggiamento fu di semplice limitazione dei diritti civili spettanti anche agli ebrei. Furono proibiti i matrimoni tra tedeschi ed ebrei; fu loro proibito di transitare per talune strade, furono costretti a portare un segno distintivo in modo da poter essere riconosciuti da chicchessia; fu loro proibito l'accesso a posti di responsabilità di carattere pubblico e subirono innumerevoli altri gravi soprusi. In un primo momento, si consentì loro di emigrare all'estero, incuranti delle conseguenze negative sul piano pratico che tale emigrazione procurava. Infatti, era loro proibito di portare alcunché di valore, quali soldi e preziosi. Ma in un secondo momento, a cominciare dal 1938, e soprattutto durante la Guerra che ne seguì, si adottarono provvedimenti molto più restrittivi e molto più crudeli. Gli ebrei, considerati di razza inferiore unitamente agli zingari, ai nati difettosi e ai popoli slavi in generale, destinati secondo l'ideologia nazista a servire e non a comandare, furono arrestati, costretti ai lavori più pesanti, in condizioni di estrema debolezza fìsica e successivamente chiusi in campi di stermìnio per giungere in ultimo alla loro eliminazione fisica mediante l'uso dì camere a gas, capaci di annientare in breve, migliaia e migliaia di persone. Famigerati sono i campi di concentramento di Auschwizt , Dachau, Treblinka in cui trovarono morte atroce, milioni dì ebrei. Va comunque rilevato che, come sostengono, storici e romanzieri, come Hegi Ursula nel suo romanzo; "Come le pietre nel fiume", vi furono anche tedeschi illuminati e coraggiosi che misero in pericolo la loro vita per venire incontro ad ebrei, sottraendoli all'arresto e favorendone l'emigrazione, sebbene fosse pericoloso offrire aiuto in qualunque modo ad un ebreo. Va anche evidenziata l'opera particolarmente rischiosa e meritoria di Perlasca, diplomatico italiano in Ungheria che portò in salvo oltre 5000 ebrei. Questi orrendi misfatti che si sono conosciuti soltanto dopo la fine della seconda Guerra Mondiale mediante la testimonianza di vittime sopravvissute, fra cui ricordiamo l'italiano Primo Levi, hanno suscitato orrore e ribrezzo per il popolo tedesco, che pur erede di una

grande civiltà, si è piegato passivamente alla volontà di un uomo solo: A. Hitler, animato dall'idea folle di affermare sul piano mondiale la superiorità della razza ariana, rappresentata dal popolo germanico. Va comunque detto che il popolo ebraico, che oggi è libero di vivere in qualunque paese, spesso viene identificato erroneamente con lo stato Israeliano, il che, tenuto conto degli eccidi che a torto o a ragione lo stato d'Israele compie nei confronti dei palestinesi, determina di tanto in tanto rigurgiti anti ebraici, sicché si da il caso di nuove azioni ostili agli ebrei in molti paesi, quasi dimenticando le inenarrabili e indelebili sofferenze che essi subirono soprattutto in Germania dal 1938 al 1945. Ciò fa meraviglia ancor di più se consideriamo che dopo la Shoa, Auschwizt, le camere a gas e i cosiddetti " esperimenti medici" compiuti su uomini, donne e bambini ebrei, il mondo sembrava aver compreso le terribili conseguenze determinate dalla violenza, dall'intolleranza e dalla libidine di potere di una mente perversa, quale fu A. Hitler. Ma l’attuale antisemitismo, non si nasconde dietro ideologie aberranti e attriti razziali, bensì si manifesta dietro altre problematiche che il mondo è costretto ad affrontare, prima fra tutte la delicata questione Palestinese. Nel pensiero comune, infatti, Israele è considerato responsabile del precario equilibrio internazionale, e gli stessi israeliani considerati come i maggiori responsabili del terrorismo palestinese che uccide i loro figli. E' comunque perfettamente giusto non dimenticare quei fatti obbrobriosi ed è quindi bene, per mantenere vivo il ricordo, dedicare un giorno alla memoria dell' Olocausto in modo da far conoscere anche alle giovani generazioni a quali misfatti può portare il "sonno della ragione", che come diceva Goya "genera mostri". Credo però che l'istituzione del giorno della memoria, alluda alla volontà di uomini politici e cittadini comuni di dimostrare di avere compreso che l'atteggiamento di assoluta indifferenza, i silenzi e l'inoperosità ( dietro cui si celavano ragioni politiche e soprattutto economiche) che hanno caratterizzato la politica dei governi in carica durante quei terribili anni prebellici, sono sfati i migliori alleati della ferocia espressa di un solo uomo e che ha segnato il triste destino di un intero popolo. Infine mi pare giusto evidenziare il nuovo atteggiamento da ultimo assunto dalla Chiesa cattolica, che per bocca del Papa Giovanni Paolo II ha chiesto perdono a tutti gli ebrei per le persecuzioni che essi hanno ingiustamente subito attraverso i secoli a causa dell'ostilità dei cattolici.

 

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"La schiavitù moderna"

Di Elena Aldrighetti

 

Siamo ormai nel terzo millenio e, forse, non siamo a conoscenza di un fatto estremamente grave:

ancora oggi esiste la schiavitù. Certo questa ha cambiato abito ma è pur sempre presente nel nostro mondo.

Voglio rendere tutti partecipi di questa tristissima realtà, ed è giusto che tutti siano a conoscenza di questo, solo così la si potrà debellare. La schiavitù è proibita anche dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948 e dalla Convenzione Supplementare sull’abolizione della schiavitù, la tratta degli schiavi e delle istituzioni e pratiche simili alla schiavitù dell’ONU del 1956. Prima di tutto cerchiamo di capire come oggi vive lo schiavo. Esso è: obbligato a lavorare minacciato fisicamente o psicologicamente privato della sua dignità umana, non essendo considerato come essere umano ma come un oggetto che può essere venduto ocomprato; libertà di movimento quasi nulla. Ai nostri giorni ci sono vari tipi di schiavitù. C’è la schiavitù da debito che interessa almeno 20 milioni di persone. Esse vengono ridotte in schiavitù dalla richiesta di prestiti, necessari spesso perché ingannati o per acquistare farmaci per i propri figli. Non avendo possibilità economiche, per rendere il denaro chiesto in prestito, debbono lavorare tante ore al giorno, senza riposo settimanale, senza ferie. In cambio dell’opera prestata ricevono del cibo che basta appena alla loro sopravvivenza. In questo modo non riescono a ridare il denaro chiesto in prestito e così il debito, si trasmette di padre in figlio, considerando poi che accadono altre cose che spingono queste persone a chiedere altri prestiti. C’è il lavoro forzato che riguarda coloro che vengono illegalmente reclutati da partiti politici, governi, privati, i quali sono costretti a lavorare minacciati di violenza. Esiste il lavoro minorile che vede coinvolti decine di milioni di bambini. Questi bambini sono costretti a lavorare tutto il giorno e, pertanto, non possono andare a scuola, giocare etc. I bambini vengono anche sfruttati sessualmente, vengono fatti prostituire, venduti e usati per la pornografia. Vi è anche un commercio di esseri umani, solitamente di donne e bambini. Un altro tipo di schiavitù è il matrimonio precoce o forzato che interessa donne e ragazze costrette a sposarsi. Una volta sposate sono obbligate a vivere come serve subendo ogni tipo di violenza fisica.

Infine vi è la schiavitù cosidetta classica, o merce che comprende la compravendita di esseri umani. Essi vengono rapiti dalle loro case, ereditati o regalati. Desidero parlare più diffusamente della servitù da debito, anche perché è quella più sconosciuta e diffusa. La schiavitù per debito esiste da migliaia di anni. Nell'Asia meridionale essa si è radicata nel sistema delle caste e continua a prosperare nei rapporti agricoli feudali. È stata usata anche come metodo di reclutamento della manodopera coloniale per molte piantagioni in Africa, nei Caraibi e nel Sud-Est asiatico. I lavoratori vincolati, sono costretti a lavorare sotto minacce e soggetti a violenze fisiche e sessuali. Il bisogno di denaro per la sopravvivenza giornaliera spinge persone spesso senza terra e senza un'istruzione a vendere il proprio lavoro in cambio di una piccola somma di denaro o di un prestito. La povertà, e la predisposizione di alcune persone a sfruttare la disperazione di altre, rappresentano le cause alla base del lavoro vincolato. Questo tipo di lavoro è illegale in quasi tutti i paesi dove esso esiste, eppure i governi non applicano le leggi o puniscono chi se ne avvantaggia. Famiglie intere vengono rese schiave per debito nell'Asia meridionale; bambini vengono comprati e venduti nell'Africa Occidentale, e donne vengono "esportate" in Europa per lo sfruttamento domestico e sessuale. In tutto questo sono ampiamente coinvolti i bambini. Milioni di bambini in tutto il mondo lavorano in condizioni estremamente rischiose, mettendo a repentaglio salute, istruzione, sviluppo personale e sociale ed anche la propria vita. L'Organizzazione Internazionale del Lavoro stima a 246 milioni i lavoratori bambini di età compresa tra i 5 e i 17 anni, quindi, un bambino lavoratore su 8 della popolazione mondiale rientra in questa fascia. 111 milioni di minori al di sotto dei 15 anni lavorano in condizioni di grave rischio e dovrebbero "cessare di lavorare immediatamente". Le ragazzine invece, sono particolarmente richieste per i lavori domestici. Circa il 70% dei minori svolgono attività non retribuite al fine d’aiutare le loro famiglie.

Anche altre discriminazioni di vario tipo, basate su sesso, razza, religione ecc., contribuiscono ad aumentare il lavoro minorile. Spesso, i minori vengono "assunti" e sfruttati perché, in confronto agli adulti, sono più vulnerabili, costano meno, ed è meno probabile che pretendano salari più alti o condizioni lavorative migliori. Qualche datore di lavoro adduce il pretesto che i bambini sono particolarmente adatti per certi tipi di lavori perché più piccoli o con "dita più agili”. Per molti è impossibile andare a scuola. L'istruzione può costare parecchio ed alcuni genitori ritengono che ciò che i loro figli potrebbero imparare sia inutile nella loro vita quotidiana e per il loro futuro. In molti casi la scuola è oggettivamente inaccessibile e/o le lezioni si tengono in una lingua che il bambino non conosce. Come facilmente intuibile, lo sfruttamento minorile è un prodotto della povertà e contribuisce anche a riprodurla. Molti bambini che lavorano non hanno la possibilità di andare a scuola e spesso diventano adulti non qualificati, intrappolati in lavori mal pagati, e a loro volta chiederanno ai propri figli di contribuire al reddito famigliare. I minori solitamente lavorano: nei campi, nelle case come domestici, nelle fabbriche, realizzando prodotti come fiammiferi, fuochi d'artificio, vetreria, in forni per mattoni, in miniere, nell’edilizia, in bar, ristoranti, stabilimenti turistici, e nell’industria dello sfruttamento sessuale.

Continuando questo triste elenco, vediamo che nello Yemen una bambina di 13 anni lavora come venditrice ambulante circa 10 ore al giorno, sette giorni alla settimana. Inoltre, prima di uscire la mattina e dopo essere rientrata aiuta la madre nei lavori domestici. Dice di avere sempre dolori dovuti al lavoro e di essere stata malata e infortunata nell'ultimo anno. (Fonte: Working Children in Yemen -- Who Are They? Ufficio per le attività dei lavoratori, BIT, Ginevra) In Pakistan, i fratelli Mohen e Nihal lavorano al telaio per tappeti da quando avevano rispettivamente quattro e cinque anni, per consentire alla famiglia di soddisfare i propri bisogni essenziali. "Rischiamo di tagliarci le dita e passiamo giornate intere a lavorare. Spesso due giorni in una stessa settimana dobbiamo lavorare tutto il giorno e la notte. Mohen è sempre depresso e distrutto dalla fatica a causa delle molte ore di lavoro e cerca di scappare. Allora il capo tessitore gli sta addosso e non lo lascia muovere per tre o quattro giorni." In molti Paesi del Golfo, dove le corse di cammelli sono uno sport tradizionale, bambini anche di 6 anni vengono obbligati o indotti con l'inganno a fare i fantini di cammelli. Il rischio di farsi male e di morire è altissimo. Nel Quatar, Ahmed è un beduino "custode" dei ragazzini, ed è stato egli stesso un fantino di cammelli. "Il sanguinamento dovuto alla costante pressione sul sedere e lo schiacciamento dei genitali è comune ed indescrivibilmente doloroso. La maggior parte dei fantini diventa impotente a causa dell'attrito e non esiste nessuna cura medica." (Fonte: R Ravi Kumar, Gulf Times) La tratta dei bambini per usarli come fantini di cammelli è vietata dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo e dalle Convenzioni n° 29 sul lavoro forzato, n° 138 sull'età minima e n° 182 sulle forme peggiori di lavoro minorile dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro. Nel 1998, Jasim Hossain Howlader, allettato da promesse di denaro, acconsentì a lasciare che un trafficante portasse suo figlio Najmul negli EAU a lavorare come fantino di cammelli. Najmul ritornò in Bangladesh due anni e mezzo dopo, nel dicembre del 2000. Nel frattempo aveva riportato danni irreversibili a entrambi i reni, probabilmente perché gli era stata negata l'acqua, per farlo dimagrire. Fu trasportato in ospedale a Dhaka, ma morì l'11 Aprile 2001, all'età di sette anni. Il 29 Maggio 2001, Ansar Burney, presidente di Ansar Burney Welfare Trust International (ABWTI), un'organizzazione per la difesa dei diritti umani, denunciò il caso di Amir Abbas, un bambino pakistano di sei anni, deceduto dopo essersi ferito gravemente in seguito ad una caduta da cammello ad Al Ain (EAU) il 13 Maggio. Quando Amir Abbas arrivò negli EAU con la sua famiglia, nel 1999, il trafficante s'impossessò del passaporto del padre e portò Amir e suo fratello Nadir, di sette anni, a lavorare come fantini di cammelli. ABWTI è riuscita a salvare 49 bambini dalle stalle di cammelli arabe nei primi cinque mesi del 2001. Il rapporto del Dipartimento di Stato evidenzia inoltre il fatto che molte persone che impiegano fantini al di sotto dei 15 anni rimangono impunite:

"In certi casi vengono applicate le leggi contro le organizzazioni criminali della tratta, ma non contro i proprietari dei cammelli da corsa che impiegano i bambini, perché tali proprietari appartengono a famiglie potenti che sono a tutti gli effetti al di sopra della legge. La schiavitù, ovvero il rapimento seguito dal lavoro forzato, rimane una realtà anche in Sudan, dove migliaia di persone attendono di essere liberate e molte altre continuano ad essere rapite. In un comunicato del Presidente del CEAWC, Committee for the Eradication of Abduction of Women and Children (Comitato per la lotta contro il rapimento di donne e bambini) del 30 agosto 2001, si fa notare che il numero di rapiti documentati dal CEAWC rimaneva limitato a 1200. Questo dato copre invece solo una piccola percentuale del totale delle persone che attendono di essere rilasciate, una cifra compresa tra 5000 e 14000 e suggerisce inoltre che il CEAWC non abbia fatto progressi significativi nel 2001 sul piano dell'identificazione e del rilascio delle vittime dei rapimenti e del lavoro forzato. Inoltre, nell'ottobre e novembre del 2001, nel Sudan alcune ONG hanno denunciato nuovi raid nel Bahr El Ghaza settentrionale con conseguenti sparizioni di donne e bambini. Il 28 marzo 2002 il Relatore Speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nel Sudan, Gerhart Baum, segnalava: "Continuo a ricevere segnalazioni di casi di raid seguiti da rapimenti…". Il Relatore Speciale sosteneva la necessità di un monitoraggio permanente nella zona per fermare "questa invisa pratica che esiste ancora tutt'oggi". Queste informazioni confermano i timori che il Governo non abbia preso provvedimenti adeguati per porre fine ai raid e alla schiavitù. Nel gennaio del 2002, il Governo Sudanese ha tuttavia emesso il Decreto 14/2002 che prevede misure per il rafforzamento del CEAWC, fra cui l'assegnazione del Comitato alla supervisione diretta dell'Ufficio di Presidenza, garantendo una presidenza permanente e risorse adeguate. È stato anche riconfermato il precedente responsabile del CEAWC, il Dr. Ahemed El-Mufti. È necessaria una condanna chiara, non solo dei sequestri, dei rapimenti e del lavoro forzato, ma anche delle "false adozioni", della schiavitù per debito, dell'impiego dei minori lontano dalle loro case e senza il consenso dei genitori o dei tutori, e del matrimonio più o meno imposto alle ragazze, le quali continuano ad ignorare le proprie origini e i propri diritti. Il Governo dovrebbe inoltre introdurre nuove leggi o emendare quelle esistenti per vietare tutte queste pratiche, e prevedere pene proporzionali alla gravità delle violazioni dei diritti umani commesse. Il Governo sottolinea a ragione che in virtù dell'Articolo 162 del Codice Penale il rapimento è punibile con 10 anni di prigione, ma la pena per induzione al lavoro forzato è attualmente di un solo anno. Le sanzioni contro lo sfruttamento del lavoro forzato devono essere adeguate e comminate con molto rigore, altrimenti si otterrà l'effetto di incoraggiare nuovi rapimenti. Le dichiarazioni del Presidente al Bashir, che liquidano le denunce della schiavitù in Sudan tacciandole di "mera propaganda mediatica" (Gennaio 2002), e del Dr. El-Mufti, che descrive la schiavitù in Sudan come una "accusa infondata" (Aprile 2002), hanno lo spiacevole effetto di dimostrare che il Governo non considera la pratica del rapimento e del lavoro forzato un problema serio per il Sudan, né tanto meno un problema prioritario. Legato a questi fatti è l'arresto, il 15 gennaio 2002, di Nhial Bol, direttore del quotidiano indipendente Khartoum Monitor. Bol è stato in seguito condannato a sei mesi di detenzione o al pagamento di una multa di cinque milioni di sterline sudanesi per "diffusione di notizie false". Bol è stato rilasciato il 17 gennaio in seguito al pagamento della multa ad opera dei colleghi del Khartoum Monitor. Lo stesso giornale è stato condannato a pagare 15 milioni di sterline sudanesi pena la minaccia del sequestro delle attività. L'articolo in questione accusava il governo di favorire la schiavitù poiché non impediva ai rapitori, che secondo l'articolo prendevano donne e bambini del sud per farne degli schiavi, di viaggiare sui treni di proprietà del governo. Il fatto che il treno armato sulla tratta Wau a Babanusa venga utilizzato da anni dalla milizia appoggiata dal governo per effettuare raid e rapimenti, è di pubblico dominio. Per esempio, nell'aprile del 2002 una risoluzione delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani in Sudan (E/CN.4/2002/L.27) richiamava il governo del Sudan affinché "prendesse ulteriori misure per sradicare la pratica, in particolare quei casi connessi con il passaggio del treno governativo attraverso Bahr al Ghazal". Nello stesso mese in cui Bol veniva processato, il governo sudanese concordava con il senatore americano John Danforth sul fatto che il tema della schiavitù, dei rapimenti e della servitù forzata sarebbero diventati uno dei quattro punti principali che avrebbero dovuto essere oggetto da parte del Sudan di misure volte ad "acquistare credibilità" in vista di qualsiasi negoziato di pace. In Pakistan, secondo una ricerca realizzata per conto del governo del Sindh e della Banca Asiatica per lo Sviluppo ci sono circa 1,7 milioni di contadini (haris) e mezzadri senza terra nei cinque distretti della provincia del Sindh (Thatta, Dadu, Badin, Mirpurkhas e Umerkot). Il rapporto segnala che la maggior parte di questi si trovano in una situazione di lavoro vincolato. Sebbene la schiavitù per debito sia diffusa in tutta la provincia del Sindh, nel nord della regione la maggior parte delle vittime appartiene alla maggioranza musulmana, mentre gran parte dei braccianti agricoli vincolati nel sud della provincia Sindh fa parte dei dalit e di comunità tribali emigrate dalla zona ad alta siccità del deserto del Tharparkar. La povertà e la fame hanno costretto queste comunità ad accettare i prestiti di denaro dei proprietari terrieri e a tenersi a disposizione per lavorare dall'alba al tramonto. Gli schiavi per debito possono essere detenuti o sorvegliati per evitare che scappino, e in questo regime di proprietà assoluta non è raro che le donne vengano violentate. Molti lavorano gratuitamente, e il cibo e i vestiti che ricevono si aggiungono al loro debito insieme agli interessi per il prestito. Il debito, così, aumenta di giorno in giorno. La tratta dei lavoratori vincolati insolventi è pratica diffusa fra i proprietari terrieri. I lavoratori vengono venduti da un proprietario all'altro, di solito ad un prezzo più alto del debito con il proprietario precedente, aumentando così l'indebitamento. Il Comitato Speciale sul Sindh della Commissione dei diritti umani in Pakistan (HRCP) ha lavorato proficuamente, ottenendo il rilascio di circa 15.000 uomini, donne e bambini tenuti in condizioni di schiavitù per debito, alcuni dei quali erano vincolati allo stesso proprietario terriero da tre generazioni. È stato dato loro rifugio temporaneo in sette campi vicino alla città di Hyderabad. Le condizioni di vita in questi campi sono totalmente inadeguate, ma né il governo né altri enti hanno offerto alcun aiuto. Queste famiglie restano vulnerabili rispetto a possibili rappresaglie, quali minacce e rapimenti, da parte degli ex proprietari. Il rapimento e la sparizione della famiglia di Munoo Bheel il 4 maggio 1988 ne è un esempio. L'ex proprietario Abdur Rehman Murri e sei altri uomini sono stati identificati da testimoni come i responsabili del sequestro della famiglia, e il caso fu denunciato alla polizia locale (riferimento ufficiale FIR N° 35, 1988). Malgrado ciò, le autorità non hanno fatto nulla per trovare e liberare la famiglia Munoo, né per portare i colpevoli davanti alla giustizia. In teoria, tutti i lavoratori vincolati avrebbero dovuto essere liberati in virtù della Legge abrogativa del sistema della schiavitù per debito del 1992, e i responsabili avrebbero dovuto essere perseguiti a norma di legge. Tuttavia, grazie all'influenza politica ed economica, i proprietari terrieri della provincia del Sindh continuano impu-nemente a sfruttare la manodopera forzata. Alcuni proprietari sono persino riusciti a denunciare alcuni schiavi per debito alla polizia, ottenendo l'imprigionamento di 40 haris.

 

Queste informazioni le ho tratte dal sito :

www.antislavery.org

 

Come avete potuto leggere il fenomeno della schiavitù è tutt’altro che superato, ma si può far qualcosa: lottare per queste persone. Non è vero che non possiamo fare niente, possiamo aiutare le associazioni non governative che si occupano di questo grosso problema. E un’altra cosa che possiamo e dobbiamo fare, è prestare attenzione a ciò che acquistiamo. Sappiamo benissimo che molte multinazionali vivono sulla pelle degli schiavi. Quando troviamo oggetti a basso costo dovremmo chiederci se il prezzo basso è dovuto al lavoro di poveri disgraziati. La schiavitù è una realtà che non possiamo e non dobbiamo evitare di conoscere e combattere.

 

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Attenti alla corda troppo tesa

Di Maurizio Martini

 

Nel momento in cui mi accingo a scrivere il seguente articolo, la guerra irachena continua a far parlare di sé, e purtroppo in maniera drammatica. Da pochi giorni l'Italia ha pagato l'ennesimo tributo di sangue con l'uccisione del giornalista Enzo Baldoni, che già un paese a noi confinante, vale a dire la Francia, sta vivendo proprio in queste ore lo stesso dramma. Infatti, due Giornalisti transalpini sono stati rapiti, e per la loro liberazione i terroristi chiedono al governo francese di abolire la legge che vieta l'uso del velo islamico nelle scuole. Al di là di ogni analisi possibile sulla giustezza o meno della guerra in Iraq, questi ultimi atti compiuti dagli estremisti islamici, obbligano l'occidente nel suo insieme, ad interrogarsi e interrogare i nostri amici arabi sulla linea da adottare per uscire da questo vicolo senza sfondo. Dato per scontato che il mondo nel suo insieme sta vivendo una riorganizzazione profonda a livello sociale ed economico. Dato per scontato che una gran parte di responsabilità per quello che sta accadendo è del mondo occidentale, non possiamo e non dobbiamo però subire passivamente i detttami da parte di nessuno, specialmente quando certe imposizioni non hanno alcuna giustificazione e comunque non servirebbero a sanare errori antichi che pur abbiamo commesso nei confronti del mondo orientale. Come detto sopra, in queste ore si sta trattando la liberazione dei due giornalisti francesi. Il gruppo terroristico che li ha sequestrati chiedendo l'abolizione della legge sull'uso del velo nelle scuole, non può certo credere di pretendere un qualcosa di corretto. Se il governo francese avesse vietato il velo, ma avesse permesso l'uso ad esempio della croce cristiana, allora a buon titolo, qualsiasi islamico avrebbe potuto gridare all'ingiustizia. Ora, siccome la Francia ritiene che la scuola sia laica, ha deciso di vietare ogni simbolo religioso al suo interno. Tale decisione, può essere accettata o meno dal credente, ma tale dibattito andrebbe affrontato soltanto nell’ambito di un contesto che dovrebbe coinvolgere le varie confessioni religiose impegnate nel confronto. Proprio per queste motivazioni dettate dal buon senso non è assolutamente ammissibile che minoranze estremiste arabe possano immaginare di ottenere ciò che desiderano continuando a rapire persone di questa o quella nazione chiedendo un determinato (favore), pena l'uccisione del rapito. E' del tutto chiaro che la maggior parte del mondo arabo condanna tali atti. Siccome tali atti provengono proprio dal suo interno, devono essere in primis proprio gli amici arabi, che avviando un confronto interno alla loro cultura, siano in grado di debellare questi gruppi terroristici. Senza dubbio, in questo processo dovrebbero intervenire anche le  istituzioni politiche e religiose occidentali, al fine di trovare soluzioni utili a tutti. Purtroppo come la realtà insegna, la politica e la religione occidentale non si Sono dimostrate in grado di confrontarsi senza avere come base un proprio tornaconto. Allora, stando così le cose, il processo dovrà essere compiuto principalmente dagli arabi con le sole loro forze. Se tale confronto non avverrà, andremo sicuramente incontro a dolorosi scenari che vedranno ancora una volta i due blocchi occidentale e orientale contrapporsi combattendosi e soffocarsi a vicenda. E in una situazione del genere anche coloro che in occidente conoscono e apprezzano la grande tradizione spiritual-culturale orientale poco potranno fare per aiutare questi popoli. Concludendo questo breve intervento auguro alle istituzioni occidentali, siano esse economiche, politiche e religiose, a compiere un passo fraterno e umanamente corretto verso gli amici arabi. D’altro canto, è del tutto necessario che anche il mondo arabo faccia altrettanto al suo interno, e riesca ad aprire un dialogo senza pregiudizi verso l'occidente. Ricordo con emozione e passione che l'oriente nel suo insieme è stato la culla della spiritualità, delle arti più sublimi, e che noi occidentali abbiamo tanto appreso e beneficiato degli antichi splendori arabi che un tempo illuminarono il mondo intero. Che tale splendore possa tornare ad essere fulgido…Soltanto l’unione di tutti potrà permetterci di affrontare e superare le gravi crisi che attanagliano e minacciano il mondo intero.

 

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SPORT

Olimpiadi: da Atene 1896 ad Atene 2004, tra storie, ricordi e curiosità

Di Cristina Della Bianca

 

Dopo più di un secolo, le Olimpiadi tornano in patria: i cinque cerchi accesi nello stadio di Atene durante la cerimonia d'apertura, a rappresentare i cinque continenti, riportano agli splendori dell'antichità.

 

E' passato ormai più di un secolo da quando, nel 1896, ebbero luogo i primi Giochi olimpici dell'era moderna. Il grande sogno del barone francese Pierre de Coubertain, che aveva fortissimamente voluto la rinascita dalle gloriose ceneri dell'antichità di una manifestazione che tanto lustro aveva dato alla Grecia dell'antichità, divenne così realtà. Luogo d'elezione di quella prima edizione dei Giochi fu la città di Atene; e non si trattò certo di una scelta casuale, dal momento che proprio in Grecia, nella piana dell'antica città di Olimpia, si tenne nel 766 avanti Cristo la prima di una lunga serie di manifestazioni sportive, note in seguito come Olimpiadi. La loro origine è quindi antichissima: la sacra fiaccola ardeva infatti già quando ancora non esistevano i grandiosi templi dedicati agli Dei, prima che Prassitele scolpisse le splendide statue che oggi possiamo ammirare nel museo di Olimpia, quando la civiltà ellenistica e la nascita della filosofia, della matematica, del concetto di democrazia erano ancora di là da venire. I giochi più importanti e famosi di tutta la Grecia si celebravano ogni quattro anni, in concomitanza col plenilunio di agosto; la tradizione imponeva, in occasione della mani-festazione, la sospensione di tutte le guerre e i conflitti che travagliavano il paese, allora frammentato in tutta una serie di città-stato, le "poleis". Tutto ciò in ossequio allo spettacolo offerto dagli atleti, richiamati in gran numero da ogni parte della Grecia e dediti a diverse specialità, e al cosiddetto "spirito olimpico", che, almeno sotto certi aspetti, sussiste anche nei giochi dell'era moderna. A testimoniare l'importanza che fin da subito fu attribuita alla manifestazione, c'è da sottolineare che i greci assegnavano ad ogni Olimpiade un numero progressivo, e che questo sistema veniva utilizzato come riferimento per collocare i vari avvenimenti (le guerre soprattutto) in un ambito temporale ben preciso. Dopo l'ultima edizione dei Giochi, tenutasi quattro anni fa a Sidney che ha costretto frotte di appassionati a nottate davanti allo schermo per seguire una finale dei 100 metri o le imprese del "dream team" americano di basket, si torna quest'anno a orari finalmente ragionevoli, con tutte le gare spalmate nel corso dell'intera giornata. La ventottesima edizione dei Giochi olimpici fa ritorno infatti finalmente ad Atene, la sua "culla naturale", che ormai da diverso tempo si è preparata in grande stile ad accogliere degnamente un evento di così straordinaria portata. La città, completamente rinnovata per ospitare l'evento sportivo per eccellenza e tutte le manifestazioni ad esso collaterali, è senza alcun dubbio una delle più belle e fascinose capitali del mondo, in cui l'antico e il moderno, la tradizione e la spinta all'innovazione, la cultura classica e le nuove tecnologie si mescolano in un tutt'uno dando luogo a trame architettoniche e a un patri-monio artistico che davvero non hanno eguali. Atene 2004 si apre ufficialmente il 13 agosto, con una sontuosa cerimonia inaugurale e l'accensione della fiaccola all'interno dello Stadio Olimpico di Atene (portabandiera per la delegazione italiana è stato designato il grande ginnasta Yuri Chechi), per concludersi poi il 29 agosto, col seguito a settembre delle Paraolimpiadi riservate ai disabili. La manifestazione vanta la partecipazione di ben 201 delegazioni sportive di altrettanti Paesi, con oltre diecimila atleti impegnati in 28 diverse discipline, per un totale di 300 eventi: il cartellone comprende quelle classiche, quali atletica, ciclismo, ginnastica, lotta, nuoto e scherma (facenti parte del programma fin dall'edizione inaugurale), oltre ad altre, come taekwondo, triathlon, pedana elastica, tuffo sincronizzato e, in ambito femminile, sollevamento pesi, pallanuoto, pentathlon e salto con l'asta (introdotte per la prima volta a Sidney 2000).

A questo proposito, possiamo osservare che durante un secolo e più di vita il programma ufficiale delle Olimpiadi è andato via via modificandosi, e non solo arricchendosi, visto che alcuni sport nel corso degli anni sono del tutto scomparsi dalla manifestazione. Un esempio di quanto appena detto è il roque, introdotto nel 1904 a Saint Louis, uno sport simile al croquet ma con regole leggermente diverse; o, sempre in quell'edizione, il lacrosse, somigliante all'hockey su prato; o ancora, a Londra nel 1908, il raquette, antenato del tennis, e la motonautica o canottaggio a motore che dir si voglia; o anche il golf, comparso per la prima volta a Parigi nel 1900; o il tiro a due mani e il nuoto subacqueo, rimossi dopo i Giochi di Stoccolma del 1912; oppure infine il polo, il rugby e persino il tiro alla fune... Tutto ciò mentre la progressiva crescita del movimento sportivo e il sempre maggiore successo acquistato dagli sport su ghiaccio (sci, pattinaggio e hockey, per citarne solo alcuni) induceva il Cio (il Comitato Olimpico Internazionale) ad allargare i propri orizzonti, istituendo i Giochi invernali a partire da quelli di Chamonix nel 1924 (gli ultimi si sono disputati a Salt Lake City nel 2002, mentre l'appuntamento del 2006 è nientemeno che a Torino), sfasati in seguito di due anni rispetto agli appuntamenti estivi. Come si può facilmente notare, proprio per l'importanza che rivestono, le Olimpiadi subiscono nel contempo due spinte di segno opposto: da un lato la tendenza all'apertura verso discipline sempre più spettacolari e "televisive" (il beach volley ne è un esempio calzante), dall'altro l'esigenza di limitare in qualche modo il numero degli sport, così da poter gestire, in ambito organizzativo, economico e commerciale, un evento di portata planetaria. L'edizione di quest'anno è ufficialmente considerata la ventottesima dell'era moderna, e così dovrebbe essere a rigor di logica, se dal 1896 fossero state disputate tutte; ebbene, così non è stato, dal momento che i Giochi subirono un'interruzione in occasione delle due guerre mondiali (le edizioni previste nel 1916, nel 1940 e nel 1944). Tutto ciò in controtendenza con la tradizione, che, come già detto in precedenza, nella Grecia antica imponeva tassativamente la sospensione di qualunque ostilità in corso. Quello che invece non è praticamente cambiato rispetto all'antichità è la grande quantità di eventi che fanno da contorno alla manifestazione durante il suo svolgimento. Le competizioni sportive dell'antichità erano infatti accompagnate e animate da concerti, recite, pubbliche letture e declamazioni, cui par-tecipavano gli autori e i poeti più famosi (molti dei quali, ad esempio Pindaro, composero appositamente e declamarono le lodi in onore degli atleti vincitori). E lo stesso accadrà anche nel presente: negli antichi teatri ai piedi dell'Acropoli, nelle sale da concerto, nei parchi, nelle strade, nelle gallerie d'arte e nei musei, sarà un continuo susseguirsi di mostre e spettacoli di ogni genere, a fare da degna cornice ai Giochi.

 

Le Olimpiadi in pillole: edizione dopo edizione, gli avvenimenti che hanno reso grandi i Giochi

 

1896: Atene (Grecia)

I numeri: in svolgimento dal 6 al 15 aprile; 245 atleti (tutti uomini, di cui ben 164 greci); 14 nazioni; 43 competizioni suddivise in 9 discipline. La prima Olimpiade dell'era moderna si apre ufficialmente con la suggestiva cerimonia inaugurale allo stadio Panathinaiko. Oltre a quella greca, le delegazioni straniere più nutrite sono Francia, Germania e Stati Uniti in testa, mentre l'Italia non è presente, benché rap-presentata nel Cio da due membri, il conte Lucchesi Balli e il duca Carafa d'Andria. Nonostante la buona organizzazione e una sapiente campagna stampa, di tutto rispetto per l'epoca, le rappresentative straniere non sono certo una selezione dei migliori atleti: si pensi che partecipano addirittura alle gare alcuni turisti che si iscrivono ai Giochi spinti dall'entusiasmo popolare. Anche se i vincitori sono stati in seguito inseriti nei medaglieri ufficiali, in questa edizione non vengono assegnate medaglie d'oro, e solo i primi due ricevono un premio: il primo classificato una medaglia d'argento e una corona d'ulivo, il secondo una medaglia di bronzo e una corona d'alloro. Il primo campione della storia delle Olimpiadi moderne è James Connolly per gli Usa nel salto triplo, e comunque gli americani dominano nettamente nelle gare di atletica. Vince i nvece la competizione più sentita, la maratona, lo sconosciuto pastore greco Spiridon Louis, divenuto poi un vero eroe nazionale. Forte del successo organizzativo e dell'entusiasmo mostrato dal pubblico di casa, re Giorgio I di Grecia suggerisce che le Olimpiadi si svolgano sempre ad Atene, ma de Coubertain e il Cio mantengono l'idea originale di assegnare successivamente i Giochi ad altre città. Nel 1906 ne viene disputata sempre ad Atene una piccola edizione, in occasione del "decimo compleanno": benché non sia comunemente considerata un'edizione vera e propria, contribuisce comunque positivamente al crescente successo di quelle seguenti.

Medaglie italiane: 0.

 

1900: Parigi (Francia)

I numeri: in svolgimento dal 14 maggio al 28 ottobre; 997 atleti (22 donne); 24 nazioni; 95 competizioni suddivise in 19 discipline. L'edizione francese viene accorpata nell'Esposizione Universale tenutasi per celebrare l'entrata nel nuovo secolo, tanto da diventarne una delle tante attività collaterali e da protrarsi addirittura per più di cinque mesi. L'Italia partecipa per la prima volta ufficialmente alle com-petizioni, e per la prima volta viene permesso alle donne di gareggiare, nel tennis e nel croquet. Il numero dei partecipanti e delle discipline varia comunque a seconda delle fonti, a causa della grande confusione che contraddistingue i Giochi. La scelta della capitale francese fatta dal Cio sei anni prima e tenacemente portata avanti da de Coubertain non si rivela infatti felice: gli sforzi organizzativi ed economici sono per lo più concentrati sull'Esposizione, e inoltre le autorità francesi ostacolano l'internazionalizzazione dell'avvenimento, sicché ne risente enormemente l'organizzazione e il programma delle gare (per fare qualche esempio, le prove di nuoto e canottaggio si svolgono nella Senna, mentre quelle di equitazione in una via del centro cittadino). Anche stavolta gli Stati Uniti primeggiano nell'atletica: in particolare Ray Ewry vince tre gare nello stesso giorno, tutte nei salti da fermo (in lungo, in alto e triplo).

La britannica Charlotte Cooper è la prima campionessa olimpica della storia, vincendo il titolo nel tennis. Le prime medaglie d'oro italiane le vincono Antonio Conte (scherma-sciabola per maestri d'armi) e Gian Giorgio Trissino (equitazione-salto in alto).

Medaglie italiane: 2 ori, 1 argento, 0 bronzi.

 

1904: Saint Louis (Stati Uniti)

I numeri: in svolgimento dal 1o luglio al 23 novembre; 651 atleti (6 donne); 13 nazioni; 17 discipline.

Anche questa edizione dei Giochi viene affiancata a una manifestazione non sportiva, stavolta la grande Fiera Campionaria organizzata per celebrare il centenario del passaggio della Louisiana agli Stati Uniti: e infatti anche in quest'occasione le gare vengono spalmate nell'arco di quasi cinque mesi. La decisione di assegnare l'organizzazione agli Usa (benché inizialmente la città prescelta fosse Chicago), in segno di gratitudine nei confronti degli atleti americani che avevano partecipato numerosi alle precedenti edizioni in cui si erano così nettamente distinti, e per provare a riscattare immediatamente gli errori commessi a Parigi, rischia quindi anche stavolta di compromettere lo svolgimento delle gare. I partecipanti sono quasi tutti americani: soprattutto per le difficoltà dovute al viaggio transoceanico dall'Europa, molti Paesi tra cui l'Italia danno forfait. Oltre alle competizioni ufficiali, vengono organizzate anche le cosiddette "giornate antropologiche", in cui a gareggiare sono persone di razze ritenute inferiori ai bianchi (pigmei, indios, pellerossa, eschimesi; queste "gare", che spesso finiscono per ridicolizzare i partecipanti, ottengono un enorme successo di pubblico. Per la prima volta vengono distribuite medaglie d'oro, argento e bronzo ai primi tre classificati, cosa che avviene a tutt'oggi. Gli statunitensi fanno quasi bottino pieno, stavolta più del solito: Ray Ewry bissa l'impresa di Parigi,

con le medesime modalità, mentre George Eyser vince 6 medaglie nella ginnastica nonostante abbia una protesi di legno alla gamba sinistra. De Coubertain, visti i disastri organizzativi delle ultime due edizioni, decide di voltare pagina riportando i Giochi in Europa, scelta che segnerà il successo futuro e definitivo della manifestazione.

Medaglie italiane: 0.

 

1908: Londra (gran Bretagna)

I numeri: in svolgimento dal 27 aprile al 31 ottobre; 2.008 atleti (37 donne); 22 nazioni; 21 discipline.

La quarta edizione dei Giochi doveva inizialmente svolgersi a Roma, ma a causa dell'eruzione del Vesuvio del 1906 e della crisi economica che il paese stava attraversando, il Cio ne assegna l'organizzazione a Londra.

Nonostante il fatto che l'Olimpiade faccia da cornice all'Esposizione franco-britannica, come già accaduto in precedenza, la scelta risulta comunque azzeccata, in quanto gli inglesi non sminuiscono l'importanza delle gare, allestendo tutte le infrastrutture necessarie (l'organizzazione del primo Villaggio Olimpico ne è un esempio calzante). Durante la cerimonia d'apertura si verifica un incidente diplo-matico: al passaggio di fronte al palco reale, il portabandiera americano Ralph Rose non abbassa la bandiera, un gesto che avrà poi ripercussioni sulle competizioni poiché i giudici di gara inglesi danneggiano gli americani con decisioni assai contestate. E’ questa la prima di numerose altre occasioni in cui la politica (in questo caso i nazionalismi imperanti all'epoca) fa sentire la propria ingerenza nello svolgimento dei Giochi olimpici. A fare incetta di medaglie sono quindi i padroni di casa, seguiti a grande distanza dagli americani (Ray Ewry si ripete per la terza volta consecutiva vincendo due ori), e anche da atleti di Paesi emergenti quali Sudafrica e Canada. Da sottolineare per l'Italia i due ori di Alberto Braglia nella ginnastica e di Enrico Porro nella lotta. Ma la partecipazione italiana viene soprattutto ricordata per il dramma che vede come protagonista Dorando Pietri nella maratona: Pietri è il primo atleta a entrare nello stadio, ma, dopo essere caduto a terra più volte stremato dalla fatica, taglia il traguardo sorretto dai giudici di gara che l'hanno soccorso; per questo viene squalificato e la vittoria va all'americano John Hayes; Pietri riceve comunque una coppa in argento dorato direttamente dalla regina Alessandra, ed è proprio grazie a questo epilogo eroico ma sfortunato che l'atleta italiano diventerà celebre in patria e nel mondo.

Medaglie italiane: 2 ori, 2 argenti, 0 bronzi.

 

1912: Stoccolma (Svezia)

I numeri: in svolgimento dal 5 maggio al 27 luglio; 2.407 atleti (48 donne); 28 nazioni; 14 discipline. Quella che si disputa nella capitale svedese è senz'altro l'Olimpiade meglio riuscita del periodo pre-bellico. L'edizione vede per la prima volta l'esordio della bandiera olimpica, nonché l'introduzione delle gare di atletica di novità tecniche quali il fotofinish, il cronometraggio elettrico e la presenza di corsie sulla pista. Torna la supremazia degli atleti statunitensi, soprattutto nell'atletica: grande pro-tagonista, nel decathlon e nel pentathlon, Jim Thorpe, che però in seguito viene squalificato per aver giocato da professionista a baseball, infrangendo quindi il di-lettantismo richiesto ai partecipanti (le medaglie gli verranno riassegnate solo nel 1983, trent'anni dopo la morte). Le medaglie d'oro italiane arrivano dal ginnasta Alberto Braglia (primo italiano a bissare un trionfo olimpico), dalla ginnastica a squadre e da Nedo Nadi nel fioretto individuale.

Medaglie italiane: 3 ori, 1 argento, 2 bronzi.

 

1920: Anversa (Belgio)

I numeri: in svolgimento dal 20 aprile al 12 settembre; 2.626 atleti (65 donne); 29 nazioni; 20 discipline.

Dopo la cancellazione dell'edizione di Berlino del 1916, quella che si svolge nel Belgio ancora sconvolto dalla guerra vede comunque crescere il numero dei partecipanti. Memorabili e prestigiosi i risultati ottenuti dagli azzurri nella scherma, coi fratelli Nedo e Aldo Nadi, che tra competizioni individuali e a squadre vincono ben otto medaglie d'oro.

Medaglie italiane: 13 ori, 5 argenti, 5 bronzi.

 

1924: Parigi (Francia)

I numeri: in svolgimento dal 4 maggio al 27 luglio; 3.089 atleti (135 donne); 44 nazioni; 17 discipline. Due i grandi protagonisti dell'Olimpiade che vede nuovamente la capitale francese teatro delle gare: l'americano Johnny Weissmuller, che nello stesso giorno vince due ori individuali nel nuoto e un bronzo con la squadra di pallanuoto (e che alcuni anni dopo si dedicherà al cinema divenendo famoso nel ruolo di Tarzan); e il finlandese Paavo Nurmi (conosciuto come il "finlandese volante"), che ottiene cinque ori nell'atletica, tra cui i 1.500 metri e i 5.000 metri nello stesso giorno a soli 55 minuti di distanza l'uno dall'altro. Ancora soddisfazioni invece per l'Italia nella ginnastica, ma soprattutto nella scherma.

Medaglie italiane: 8 ori, 3 argenti, 5 bronzi.

 

1928: Amsterdam (Olanda)

I numeri: in svolgimento dal 17 maggio al 12 agosto; 2.883 atleti (967 donne); 46 nazioni; 14 discipline. L'edizione olandese beneficia in larga misura della prosperità generale dell'epoca, e vede altresì aumentare ancora il numero degli atleti, in particolar modo della rappresentanza femminile, e di nazioni. E proprio alle donne viene permesso per la prima volta di competere nell'atletica leggera: la statunitense Elizabeth Robinson vince l'oro nella prima gara, i 100 metri. Memorabile l'impresa dell'australiano Henry Pearce nel canottaggio: durante i quarti di finale, dopo essersi fermato per far passare un gruppo di anatre, riesce comunque a qualificarsi, e a vincere poi l'oro nella finale. l'americano Johnny Weis-smuller vince invece altri due

ori nel nuoto. Per gli azzurri, infine, da ricordare tre ori nel pugilato, e l'argento femminile nella ginnastica a squadre.

Medaglie italiane: 7 ori, 5 argenti, 7 bronzi.

 

1932: Los Angeles (Stati Uniti)

I numeri: in svolgimento dal 30 luglio al 13 agosto; 1.332 atleti (126 donne); 37 nazioni; 14 discipline. In netto contrasto con la precedente, questa edizione, tornata ancora una volta oltreoceano, viene ampiamente influenzata dalla Grande Depressione che in quegli anni aveva messo in ginocchio gli Stati Uniti, e che contribuisce senza dubbio al minor numero di partecipanti e al minor tasso tecnico delle competizioni fin dai tempi di Saint Louis. La rap-presentativa italiana è in ogni caso quella che ottiene un maggior numero di medaglie dopo i padroni di casa: continuano le soddisfazioni nella scherma, e ricordiamo altresì i tre ori ottenuti nel ciclismo e i quattro nella ginnastica, individuali e a squadre.

Medaglie italiane: 12 ori, 12 argenti, 12 bronzi.

 

1936: Berlino (Germania)

I numeri: in svolgimento dal 1o al 16 agosto; 3.963 atleti (331 donne); 49 nazioni; 19 discipline.

Vent'anni dopo la can-cellazione forzata dei Giochi che anche allora dovevano avere luogo nella capitale tedesca, questa edizione viene vista dal governo come un'occasione d'oro per promuovere l'ideologia nazista.

Tanto che il partito di Hitler commissiona alla regista Leni Riefenstahl un film sui GIochi, e il risultato non sarà altro che un "capolavoro" della propaganda. E no-nostante le teorie hitleriane sulla presunta superiorità della razza ariana, essa viene ripetutamente surclassata dai successi di atleti non-ariani. In particolare il velocista e saltatore in lungo americano di colore Jesse Owens ottiene quattro medaglie d'oro; si racconta che durante la cerimonia di premiazione Hitler abbia abbandonato lo stadio per non dover stringere la mano a un non-ariano. La nuotatrice olandese Rie Mastenbroek, definita in seguito "l'imperatrice di Berlino", vince ben tre medaglie d'oro. E ancora in ambito femminile, grande impresa dell'atleta italiana Trebisonda Valla (che il padre volle chiamare così in memoria dell'affascinante città turca), detta Ondina, la prima azzurra a ottenere un successo olimpico importante vincendo l'oro negli 80 metri ostacoli; da sottolineare infine sempre per i nostri colori la vittoria della nazionale di calcio, titolo che rimarrà l'unico in questo senso.

Medaglie italiane: 8 ori, 9 argenti, 5 bronzi.

 

1948: Londra (Gran Bretagna)

I numeri: in svolgimento dal 29 luglio al 14 agosto; 4.104 atleti (390 donne); 59 nazioni; 17 discipline.

Dopo la cancellazione di ben due edizioni a causa della guerra, in programma rispettivamente a Helsinki e a Londra, la capitale del Regno Unito viene nuovamente designata ad ospitare i primi Giochi olimpici del dopoguerra, da cui sono esclusi Germania e Giappone. La velocista proveniente dai Paesi Bassi Fanny Blankers-Kohen, soprannominata la"mammina volante", vince quattro ori, nei 100 metri piani, 80 metri ostacoli, 200 metri piani e nella staffetta 4x100 metri, emulando così l'impresa di Owens della precedente edizione. Il diciassettenne statunitense Bob Mathias vince l'oro nel decathlon, che aveva cominciato a praticare solo quattro mesi prima: si tratta del più giovane campione olimpico nella storia dell'atletica maschile. Intanto, si affaccia all'orizzonte la stella del velocista cecoslovacco Emil Zâtopek, che già in quest'edizione conquista l'oro e l'argento, ma migliorerà di gran lunga le sue prestazioni quattro anni più tardi. Per l'Italia restano negli annali l'oro di Adolfo Consolini nel lancio del disco, ma soprattutto quello splendido ottenuto dalla nazionale maschile di pallanuoto, il primo di ben tre titoli olimpici del mitico "Settebello".

Medaglie italiane: 8 ori, 11 argenti, 8 bronzi.

 

1952: Helsinki (Finlandia)

I numeri: in svolgimento dal 19 luglio al 3 agosto; 4.955 atleti (519 donne); 69 nazioni; 17 discipline.

In occasione dell'edizione finlandese, il grande eroe nazionale Paav Nurmi, vincitore di nove ori olimpici negli anni Venti, ha l'onore di essere l'ultimo tedoforo. Indiscusso protagonista, tanto da diventare una vera e propria leggenda, è il tenente dell'esercito cecoslovacco Emil Zâtopek, sopran-nominato "la locomotiva umana": dopo aver vinto sia i 5.000 che i 10.000 metri, decide di iscriversi anche alla maratona, pur non avendo mai corso su quella distanza; ciononostante si porta in testa già a metà gara, staccando nettamente tutti e vincendo con ben due minuti e mezzo di distacco, completando in questo modo un tris di medaglie d'oro e di record olimpici. L'atleta danese Lis Hartel, una delle prime donne ammesse a gareggiare assieme agli uomini, vince l'argento nel dressage di equitazione, pur essendo paralizzata dalle ginocchia in giù a causa della poliomielite. Per l'Italia, oltre a Consolini che si ripete vincendo l'argento nel lancio del disco, continuano costanti i trionfi degli schermidori, che fanno incetta di medaglie, e si affaccia anche sulla scena il fioretto femminile.

Medaglie italiane: 8 ori, 9 argenti, 4 bronzi.

 

1956: Melbourne (Australia)

I numeri: in svolgimento dal 22 novembre all'8 dicembre; 3.314 atleti (376 donne); 72 nazioni; 17 discipline.

I Giochi australiani hanno un enorme successo, ad eccezione della gara di pallanuoto tra Ungheria e Unione Sovietica, nella quale la tensione politica esistente tra i due paesi trasforma l'incontro in un'accesa battaglia tra le due squadre. Da ricordare per l'Italia ben tre ori nel ciclismo, nonché due argenti e un bronzo negli sport equestri individuali e a squadre, a opera soprattutto dei fratelli Raimondo e Piero d'Inzeo. Una notazione curiosa: a causa delle severe norme di quarantena vigenti all'epoca in Australia, proprio le prove di equitazione si erano tenute a Stoccolma in giugno.

Medaglie italiane: 8 ori, 8 argenti, 9 bronzi.

 

1960: Roma (Italia)

I numeri: in svolgimento dal 25 agosto all'11 settembre; 5.338 atleti (611 donne); 83 nazioni; 17 discipline.

Una Roma completamente rimessa a nuovo ospita questa edizione dei Giochi olimpici, sulla scia del "miracolo economico" che in quegli anni in Italia fa sentire tutti i suoi benefici. Questa Olimpiade vede la prima apparizione sulla scena mondiale di un giovane pugile della categoria medio-massimi, Cassius Clay (meglio noto come Mohammed Alì), che avrebbe in seguito gettato via con disgusto la medaglia d'oro vinta, quando tornato nella sua città natale negli Stati Uniti si vedrà respinto da un ristorante per "soli bianchi". Altre performances degne di nota sono quelle della statunitense Wilma Rudolph, medaglia d'oro nei 100 metri, 200 metri e nella staffetta 4x100 metri (questo nonostante l'infanzia segnata dalla poliomielite); e la vittoria nella maratona maschile dell'etiope Abebe Bikila, che ottiene correndo scalzo. L'italia giunge terza nel medagliere olimpico, subito dopo Unione Sovietica e Stati Uniti: memorabili la vittoria del quasi sconosciuto ventenne Livio Berruti nei 200 metri, quella di Nino Benvenuti nel pugilato, il secondo trionfo della nazionale di pallanuoto dodici anni dopo Londra, e le cinque medaglie d'oro ottenute ancora dal ciclismo.

Medaglie italiane: 10 ori, 13 argenti, 10 bronzi.

 

1964: Tokyo (Giappone)

I numeri: in svolgimento dal 10 al 24 ottobre; 5.151 atleti (678 donne); 93 nazioni; 19 discipline.

Quelli disputati in Giappone sono i primi GIochi ospitati da un Paese asiatico. L'atleta nipponico Yoshinori Sakai, nato a Hiroshima il 6 agosto 1945 (il giorno dello scoppio della bomba atomica), è l'ultimo tedoforo, ed è stato scelto come simbolo della rinascita del Giappone. Proprio in questa edizione la ginnasta sovietica Larissa Latinina pone fine alla sua carriera olimpica, in cui aveva conquistato ben diciotto medaglie di cui nove d'oro.

Abebe Bikila è il primo atleta a vincere per due volte consecutive una maratona olimpica, bissando così il successo di quattro anni prima.Continuano per l'Italia le imprese e i successi soprattutto nel ciclismo, nel pugilato e nell'equitazione.

Medaglie italiane: 10 ori, 10 argenti, 7 bronzi.

 

1968: Città del Messico (Messico)

I numeri: in svolgimento dal 12 al 27 ottobre; 5.516 atleti (781 donne); 112 nazioni; 20 discipline.

I risultati dell'edizione messicana vengono influenzati in maniera più o meno evidente dall'altitudine cui è posta la città ospitante. Ciò avviene in particolare nel salto in lungo: l'atleta statunitense Bob Beamon compie un incredibile balzo di 8,90 metri, distruggendo nettamente l'allora record del mondo e migliorandolo addirittura di 55 centimetri (record che rimarrà imbattuto per ben ventidue anni). La politica sale sul gradino più alto del podio durante la cerimonia di premiazione dei 200 metri maschili, dove Tommie Smith e John Carlos salutano dal podio sollevando una mano guantata chiusa a pugno, nello stile del "Black Power": una protesta simbolica che però viene condannata dagli ufficiali olimpici (Cio compreso), ma da più parti lodata e additata quale pietra miliare del movimento per i diritti civili dei neri d'America. Non è questa un'Olimpiade par-ticolarmente felice per i nostri colori, con soli tre ori nel canottaggio, nel ciclismo e nei tuffi.

Medaglie italiane: 3 ori, 4 argenti, 9 bronzi.

 

1972: Monaco (Germania)

I numeri: in svolgimento dal 26 agosto all'11 settembre; 7.134 atleti (1.059 donne); 121 nazioni; 23 discipline.

Il terrorismo fa purtroppo la sua comparsa ai GIochi: il 5 settembre un kommando di terroristi palestinesi, chiamato Settembre Nero, fa irruzione nel Villaggio Olimpico e prende in ostaggio nove membri della squadra israeliana di sollevamento pesi, uccidendone altri due; alla richiesta dei terroristi di liberare numerosi prigionieri arabi, Israele si rifiuta di fare concessioni di sorta, e il tentativo di liberazione da parte delle forze dell'ordine finisce in un bagno di sangue: muoiono tutti gli atleti, cinque terroristi e un poliziotto. Dopo molte discussioni si decide che i Giochi debbano proseguire, ma la loro continuazione viene ovviamente funestata dalla tragedia appena avvenuta. Nonostante tutto, questa edizione è teatro di alcune memorabili imprese, prima fra tutte le sette medaglie d'oro vinte dal nuotatore statunitense Mark Spitz, che stabilisce altrettanti primati del mondo in soli otto giorni (finora rimane l'unico ad aver vinto tanti ori nella stessa edizione dei Giochi). La ginnasta russa Olga Korbut diventa la beniamina del pubblico : nel concorso a squadre esegue un ottimo esercizio alle parallele asimetriche, ma sbaglia sullo stesso attrezzo nel concorso individuale; si rifà però subito dopo vincendo due ori e un argento nei singoli attrezzi. L'atleta finlandese Lasse Virén, considerato a tutti gli effetti l'erede di Paavo Nurmi, si aggiudica l'oro sia sui 5.000 che sui 10.000 metri, riconfermandosi pun-tualmente quattro anni dopo con le medesime modalità. Per l'Italia brilla la stella di Novella Calligaris, con un argento e due bronzi nel nuoto, e quella di Pietro Mennea, bronzo nei 200 metri maschili.

Medaglie italiane: 5 ori, 3 argenti, 10 bronzi.

 

1976: Montreal (Canada)

I numeri: in svolgimento dal 17 luglio al 1o agosto; 6.084 atleti (1.260 donne); 92 nazioni; 21 discipline.

L'edizione è caratterizzata in negativo da una cattiva pianificazione, che porta a un costo eccessivo dei GIochi rispetto al budget pre-ventivato, tanto da far pensare che le Olimpiadi non siano più proponibili dal punto di vista economico. Altro aspetto negativo è il boicottaggio di numerosi Paesi africani, per protesta contro la partecipazione della Nuova Zelanda, la cui nazionale di rugby aveva effettuato in precedenza una tournèe in Sudafrica, all'epoca escluso dalle Olimpiadi per la pratica dell'apartheid. La ginnasta rumena Nadia Comaneci vince tre ori, un argento e un bronzo, divenendo la prima atleta a ottenere alle parallele asimmetriche un punteggio perfetto di "10", il massimo mai assegnato alle Olimpiadi.

Nell'atletica leggera, il cubano Alberto Juantorena è il primo a fare la doppietta 400 metri-800 metri nella stessa Olimpiade, mentre il georgiano Victor Saneyev vince l'oro nel salto triplo per la terza edizione consecutiva. Malgrado la relativa scarsità di medaglie, l'Italia ha due grandi protagonisti in Klaus Dibiasi (l'unico tuffatore a vincere tre ori consecutivi nella piattaforma da 10 metri), e in Sara Simeoni (che vince l'argento nel salto in alto).

Medaglie italiane: 2 ori, 7 argenti, 4 bronzi.

 

1980: Mosca (ex Unione Sovietica)

I numeri: in svolgimento dal 19 luglio al 3 agosto; 5.179 atleti (1.115 donne); 80 nazioni; 21 discipline.

Per protesta contro l'invasione dell'Afghanistan da parte dell'Unione Sovietica avvenuta nel 1979, ben 65 Paesi occidentali, Stati Uniti in testa, decidono di boicottare i Giochi, cosa che contribuisce a farli passare un po' in secondo piano, dominati come sono dalla nazione ospitante. L'Italia adotta un boicottaggio parziale, limitandosi a non inviare gli atleti che fanno parte dei gruppi sportivi delle Forze Armate, e sfilando con la bandiera del Coni al posto di quella nazionale. Come detto sono gli atleti sovietici i grandi protagonisti di questa edizione:

il nuotatore Vladimir Salnikov vince tre ori ed è il primo a scendere sotto la barriera dei 15 minuti nei 1.500 metri, mentre il ginnasta Aleksandr Dityatin si porta a casa otto medaglie su otto gare e nell'esercizio al volteggio ottiene il primo "10" nella storia della ginnastica maschile alle Olimpiadi. E mentre il pugile cubano Teófilo Stevenson è il primo a vincere il terzo oro consecutivo nei pesi massimi, assistiamo anche alle grandi imprese degli atleti britannici Daley Thompson (che vince l'oro nel decathlon, ri-confermandosi anche quattro anni dopo), e Steve Ovett e Sebastian Coe (che dominano rispettivamente gli 800 metri e i 1.500 metri).

Grosse soddisfazioni comun-que anche per l'Italia, con la riconferma ad altissimi livelli di Sara Simeoni (oro nel salto in alto) e di Pietro Mennea (oro nei 200 metri e bronzo nella staffetta 4x400 metri), con la vittoria del pugile Patrizio Oliva e con l'argento strappato in finale dalla selezione di basket.

Medaglie italiane: 8 ori, 3 argenti, 4 bronzi.

 

1984: Los Angeles (Stati Uniti)

I numeri: in svolgimento dal 28 luglio al 12 agosto; 6.829 atleti (1.566 donne); 140 nazioni; 23 discipline.

Molte nazioni del cosiddetto "blocco sovietico" decidono di non prendere parte ai Giochi come reazione al boicottaggio capeggiato dagli Usa quattro anni prima: ancora una volta quindi la manifestazione perde inevitabilmente parte del suo fascino a causa dell'assenza di una delle due superpotenze mondiali. Ma è forse questa l'edizione che apre una nuova era: la sostituzione dell'idealismo originale di de Coubertain con le preoc-cupazioni e gli interessi di stampo strettamente commerciale darà d'ora in avanti un'impronta ben precisa alle edizioni successive. Tra gli atleti statunitensi che fanno vedere le cose migliori non possiamo certo dimenticare Carl Lewis, che ripete l'impresa di Jesse Owens vincendo l'oro nei 100 metri, 200 metri, salto in lungo e staffetta 4x100 metri. Ma c'è anche spazio per l'impresa della maratoneta elvetica Gabriela Andersen-Scheiss, che in qualche modo fa rivivere il dramma di Dorando Pietri: vittima di un colpo di calore, entra barcollando nello stadio e impiega oltre cinque minuti a compiere l'ultimo giro di pista; i medici la seguono da vicino, ma senza intervenire per evitarle la squalifica; l'atleta però è soccorsa immediatamente non appena crolla stremata subito dopo l'arrivo sul traguardo. E' questa un'Olimpiade piuttosto favorevole anche all'Italia, in particolare con i trionfi di Alberto Cova nei 10.000 metri, di Gabriella Dorio nei 1.500 metri femminili e dei fratelli Abbagnale nel canottaggio, nonché con l'argento ancora di Sara Simeoni e il bronzo di Dorina Vaccaroni nella scherma.

Medaglie italiane: 14 ori, 6 argenti, 12 bronzi.

 

1988: Seoul (Corea del Sud)

I numeri: in svolgimento dal 17 settembre al 2 ottobre; 8.391 atleti (2.194 donne); 159 nazioni; 25 discipline.

I ricordi dei Giochi sudcoreani sono macchiati dai numerosi atleti che falliscono il passaggio dei test antidoping, a causa dell'assunzione di sostanze proibite per incrementare le prestazioni. L'apice viene raggiunto quando il velocista canadese Ben Johnson vince la finale dei 100 metri con un nuovo record del mondo, ma viene poi squalificato perché risultato positivo agli steroidi. Un ulteriore motivo di scandalo è dovuto al fatto che numerosi pugili coreani ricevono decisioni so-spettosamente favorevoli dai giudici di gara. Nonostante tutto, vi sono anche prestazioni particolarmente esaltanti, come quelle della sprinter statunitense Florence Griffith-Joyner, che vince l'oro nei 100 metri, 200 metri e 4x100 metri, nonché l'argento nella staffetta 4x400 metri; o quelle del nuotatore americano Matt Biondi, che si avvicina alla leggenda di Mark Spitz vincendo cinque ori, un argento e un bronzo; o ancora l'unica medaglia olimpica nella carriera straordinaria del saltatore ucraino Sergei Bubka; o infine la medaglia d'oro del tuffatore statunitense Greg Louganis, che riesce a qualificarsi per la finale pur dopo aver sbattuto vio-lentemente la testa durante l'esecuzione di un tuffo. Tra gli italiani, ricordiamo un grandissimo Gelindo Bordin, vincitore assoluto della maratona, e il mito dei fratelli Abbagnale, che si aggiudicano altri due ori nel canottaggio.

Medaglie italiane: 6 ori, 4 argenti, 4 bronzi.

 

1992: Barcellona (Spagna)

I numeri: in svolgimento dal 25 luglio al 9 agosto; 9.356 atleti (2.704 donne); 169 nazioni; 28 discipline.

I Giochi disputati in Spagna si caratterizzano innanzitutto per l'aumentato professionismo tra gli atleti, esemplificato dal "Dream Team", la squadra di pallacanestro degli Stati Uniti: grazie soprattutto alle prodezze di Michael Jordan, la "squadra da sogno" vince l'oro battendo in finale la Croazia. Vengono riammessi a partecipare alla manifestazione anche molti piccoli stati europei, appartenenti all'ex Unione Sovietica fin dalla fine della guerra ma diventati di nuovo indipendenti in seguito alla caduta della cortina di ferro; e partecipa di nuovo anche il Sudafrica, dopo l'abolizione dell'apartheid. Protagonisti indiscussi di questa edizione sono il ginnasta sovietico Vitaly Scherbo (che vince sei medaglie d'oro su otto titoli in palio), e la tuffatrice cinese Fu Mingxia (che a soli tredici anni si aggiudica l'oro nella piattaforma da 10 metri).

L'Italia conquista il terzo titolo nella pallanuoto (battendo in una finale leggendaria proprio i padroni di casa della Spagna), mentre gli Abbagnale vincono l'argento nel canottaggio; ma anche le nostre ragazze si fanno valere, in particolare con i due ori di Giovanna Trillini nel fioretto individuale e a squadre, e l'argento di Emanuela Pierantozzi nel judo.

Medaglie italiane: 6 ori, 5 argenti, 8 bronzi.

 

1996: Atlanta (Stati Uniti)

I numeri: in svolgimento dal 19 luglio al 4 agosto; 10.318 atleti (3.512 donne); 197 nazioni; 26 discipline.

Ormai il processo di selezione della sede dei Giochi è dettato da considerazioni di stampo commerciale, e anche la scelta di disputarli nella capitale dello stato della Georgia non è immune da questa pratica: la

città è infatti sede della Coca-Cola Company, che era stata molto influente nella decisione. Purtroppo torna lo spettro del terrorismo: il 27 luglio, durante un concerto al Centennial Olympic Park, l'esplosione di una bomba causa una vittima e più di un centinaio di feriti, e i Giochi vengono sospesi per un giorno. Una scena commovente fa il giro del mondo, quella in cui Mohammed Alì, visibilmente affetto dal morbo di Parkinson, accende la fiaccola olimpica e riceve una medaglia d'oro in sostituzione di quella gettata via per rabbia nel 1960. Gli atleti statunitensi di punta sono senz'altro il velocista Michael Johnson, che vince i 200 metri mandando in frantumi davanti al pubblico di casa il record del mondo detenuto da Pietro Mennea; e Carl Lewis, ancora lui, che vince l'oro nel salto in lungo per la quarta volta consecutiva. Ma anche i canadesi, dopo l'onta di Ben Johnson, possono riassaporare l'oro e il record mondiale di Donovan Bailey nei 100 metri. Ma non possiamo dimenticare la nuotatrice irlandese Michelle Smith, che vince tre ori e un bronzo (anche se su di lei si sono avanzati sospetti di doping). Il medagliere italiano è ricco di soddisfazioni: ricordiamo tra tutti il trionfo del grande Yuri Chechi (il "signore degli anelli"), i quattro ori nel ciclismo, quelli nella canoa e nel canottaggio, quello delle ragazze del fioretto, l'argento di Fiona May nel salto in alto e il secondo posto ottenuto dalla nazionale di pallavolo.

Medaglie italiane: 13 ori, 10 argenti, 12 bronzi.

 

2000: Sidney (Australia)

I numeri: in svolgimento dal 15 settembre al 1o ottobre; 10.651 atleti (4.069 donne); 199 nazioni; 28 discipline.

I Giochi australiani sono senz'altro considerati i migliori di sempre, sia quanto all'organizzazione, che la città ospitante allestisce in modo superbo, sia dal punto di vista strettamente tecnico e agonistico. Nessuno li impersonifica meglio dei due atleti di casa, il nuotatore Ian Thorpe e la velocista Cathy Freeman. Il primo domina con le sue splendide prestazioni nella piscina olimpica, e a soli diciassette anni infiamma il pubblico vincendo tre ori e un argento. La seconda, di origine aborigena, viene scelta come simbolo del suo Paese: è lei l'ultimo tedoforo cui spetta l'onore di accendere il braciere olimpico; la sua vittoria nei 400 metri unisce l'intero stadio e sembra simboleggiare una nuova comprensione tra la popolazione bianca e gli aborigeni australiani. Altri due protagonisti di spicco sono il britannico Steven Redgrave (che vince il suo quinto oro consecutivo nel canottaggio), e l'americana Marion Jones (la prima donna a vincere cinque medaglie in una sola Olimpiade). In questa edizione l'Italia si fregia di numerosi titoli: splendidi i trionfi nella canoa, nel canottaggio e nel ciclismo, ma non possiamo dimenticare l'oro di Giuseppe Maddaloni nel judo, quello di Alessandra Sensini nella vela, e i trionfi di Valentina Vezzali (che si riconferma nel fioretto a squadre e in quello individuale); ma anche Domenico Fioravanti (due ori) e Massimiliano Rosolino (oro, argento e bronzo), che nel nuoto fanno vedere le cose migliori degli ultimi anni.

Medaglie italiane: 13 ori, 8 argenti, 13 bronzi.

 

2004: Atene (Grecia)

Un'organizzazione pratica-mente impeccabile, un'as-soluta efficienza e affidabilità delle infrastrutture, una splendida cornice di pubblico, performance atletiche di altissimo livello: questa in sintesi l'Olimpiade del "ritorno a casa", quella che ha consacrato definitivamente Atene capitale olimpica per eccellenza. Anche questa edizione è appannaggio degli Stati Uniti, che si aggiudicano il maggior numero di medaglie davanti a Russia e CIna. Brilla in particolare la stella del nuotatore Michael Phelps, che si aggiudica un bronzo, un argento e ben sei ori, uno dei quali ottenuto nella staffetta senza nemmeno gareggiare (grazie a un curioso regolamento che prevede comunque l'as-segnazione della medaglia a patto di aver vinto la batteria di qualificazione). L'avventura italiana in terra ellenica si chiude con un bilancio assolutamente positivo, pur con qualche immancabile delusione (quella dipinta sul volto di Fiona May in seguito alla mancata qualificazione rimarrà probabilmente impressa nella nostra memoria). In particolare, gli azzurri riescono ad andare a medaglia in ben quattro sport a squadre, ma solo le bravissime ragazze del "Setterosa", la squadra di pallanuoto femminile, riescono a centrare l'oro, in una finale da brivido proprio contro le padrone di casa della Grecia. E tra la prima medaglia d'oro italiana (quella vinta sabato 14 agosto da uno splendido Paolo Bettini nel ciclismo), e l'ultima (forse la più bella, proprio perché inaspettata, quella strappata con il cuore da Stefano Baldini nella giornata conclusiva, in quella che è a tutti gli effetti la gara simbolo delle Olimpiadi, la maratona), ce ne sono altre, non certo meno emozionanti: quella di Valentina Vezzali (che trionfa nel fioretto nella terza Olimpiade consecutiba), quella di Igor Cassina nella ginnastica (con un esercizio alla sbarra pressoché perfetto), ma non possiamo dimenticare il bronzo di Yuri Chechi, quello ottenuto dalla nazionale di calcio contro l'Iraq (un risultato che mancava in questo senso ormai da troppi anni), e i due argenti conquistati nel basket e nel volley, seppur battuti, ma a testa alta, dalle fortissime compagini argentina e brasiliana.

E ora, chiuso il sipario su Atene 2004, la fiaccola olimpica riprenderà il suo peregrinare attraverso i cinque continenti, per giungere infine fra quattro anni a Pechino.

Medaglie italiane: 10 ori, 11 argenti, 11 bronzi.

 

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Ultimo aggiornamento: 11 ottobre 2004