Informazione per i giovani del III millennio    numero 16    Marzo 2005

 

 

 

Direttore  Prof. Carlo Monti

Vice Direttore  Maurizio Martini

Redattori  Alessio Lenzi, Mario Lorenzini

 

Redazione

Via Francesco Ferrucci 15

51100 - PISTOIA

Tel.  057322016

e-mail: redazione@gio2000.it

Sito internet: www.gio2000.it

Tipologia: notiziario

 

Pubblicazione registrata presso il Tribunale di Firenze al n. 4971 del 26.06.2000

 

Gli articoli contenuti nel  periodico non rappresentano il pensiero ufficiale della redazione, ma esclusivamente   quello del singolo articolista.

 

ELENCO RUBRICHE

 

Annunci

Comunicati

Cucina

Cultura

Esoterismo, religioni e dintorni

Hobby e tempo libero

Informatica

Istruzione

Lavoro

Musica

Normalità e handicap

Patologia

Racconti e poesia

Riflessioni e critiche

Spazio donna

Sport

 

 

In questo numero:

 

EDITORIALE

Brutta sorpresa, tante aspettative - Di Mario Lorenzini

ANNUNCI

COMUNICATI

CUCINA

Tutti in cucina (parte seconda)- Di Elisabetta Barsotti

CULTURA

A cento anni dalla morte, Jules Verne vive ancora - Di Maurizio Martini

ESOTERISMO, RELIGIONE E DINTORNI

Ognuno di noi ricorda il terrificante incidente di Chernobyl ma quasi nessuno conosce l'immediato intervento degli extraterrestri - Di Costantino Paglialunga

HOBBY E TEMPO LIBERO

L'impianto delle viti - Di Angelo Ricci

INFORMATICA

Winguido lezione 3 - Di Marco Ostuni

ISTRUZIONE

Gli istituti per ciechi com'erano e come dovrebbero essere - Di Antonino Cucinotta

PATOLOGIA

La retinite pigmentosa,  "La mia compagnia di vita" (parte prima) - Di Vincenzo Luigi Milanesi

 

Alcolismo: un problema sociale - Di Cristina Della Bianca

RIFLESSIONI E CRITICHE

L'aborto è morte difendi la vita - Di David Lisi

 

Possiamo comprare "intelligente" - Di Elena Aldrighetti

 

Foibe: queste sconosciute - Di Aries Dominghini

 

Riflessioni varie - Di Maurizio Martini

 

 

 

EDITORIALE

Brutta sorpresa, tante aspettative

 

Di Mario Lorenzini

 

Cari lettori, da tempo cerchiamo di migliorarare, qualitativamente e come quantità di notizie, questo Giovani del 2000. i problemi da superarare non sono stati pochi e semplici, credetemi, ma lo scoglio più grande, il freno maggiore alla diffusione e soprattutto all’evoluzione della rivista stessa e il fattore economico. D’altra parte, il giornalino è nato in seno ad un’associazione senza scopi di lucro, l’idea era più o meno quella di un notiziaro di poche paginette; e, in fondo, è stato giusto non fare il passo più lungo della gamba. Arrivati a questo punto però, ci sentiamo bloccati, c’è chi ci chiede di più, ma non possiamo darglielo. Vorremmo salire a 6 copie annuali anziché 4 (bimestrale anziché trimestrale), vorremmo aumentare i contenuti, le rubriche e migliorarne il livello. Ma nessuno di noi ha denaro da investire in questo, solo del tempo gratuito che diventa sempre maggiore da dedicare alla raccolta degli articoli, alla loro correzione e impaginazione, alla gestione delle spedizioni nei vari formati (audiocassetta, e-mail, cartaceo), alla gestione del sito web, ecc. Già da tempo avevamo riflettuto non tano ad una soluzione completa al problema, sarebbe stato logico pensare a chiedere dei soldi, stampigliare sulla rivista una bella cifra, sarebbe stato giusto ormai da oltre un anno; ma abbiamo atteso che le cose maturassero ancora un po’, abbiamo dato a molti la possibilità di conoscerci e apprezzarci, siamo cresciuti notevolmente come numero di iscritti. Ma non riusciamo a mantenere pienamente fede ai nostri impegni se non ‘monetizziamo’ il tutto. I processi di lavorazione necessitano di essere ulteriormente automatizzati per tenere il passo e andare avanti, il tutto, purtroppo, ha un costo. A malincuore siamo costretti, per il momento, a quantificare una richiesta in denaro per la sola versione cartacea, sicuramente la più pregevole e curata e quindi, più onerosa. La cifra si riferisce ad un abbonamento annuale, ovvero 4 numeri per 5,00 euro. Ripeto, questa non è la soluzione del male, ma possiamo considerarla un tampone, poi vedremo. Qui di seguito, solo per questa volta, troverete le coordinate dove effettuare i versamenti per l’abbonamento; dal prossimo numero, tale informazione sarà pubblicata nello spazio immediatamente sotto la descrizione della redazione.
c.c.p. 16327504 intestato a "Unione Italiana Ciechi
ONLUS Firenze".
Specificare nella causale, “abbonamento Giovani del 2000”.
Il tutto andrà in vigore a partire dal prossimo numero, ovvero quello di giugno.
A questo mondo, niente che abbia un certo valore è completamente gratuito. Del resto, nel nostro caso, basta recarsi alla più vicina edicola per scoprirlo. Forse soltanto alcune riviste zeppe di inserzioni (appunto, per vendere) sono distribuite liberamente. Presto vi faremo gustare un giornalino ancor più ricco, come sempre potete contattarci ai recapiti indicati all’inizio per proporci qualunque cosa vi possa sembrare interessante.
Vi auguro buona lettura e al prossimo numero!

 

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ANNUNCI

 

E' in fase di formazione una squadra di calcetto DI non vedenti.
Tutti coloro che amano questo sport e fossero interessati a provare questa
esperienza calcistica, possono contattare Roberto Petrone al seguente
recapito: 338-7105902
Luigi Abate 347-1411207
In alternativa, potete scrivere all'indirizzo e-mail: eliphass@tin.it

 

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COMUNICATI


Cari lettori.

Qui di seguito, troverete il programma di un fine
settimana previsto nel verde della campagna
senese. Tale iniziativa, si svolgerà dal sei all'otto
maggio. Il costo dei tre giorni, è di euro 95,00,
comprensivi di pernottamento, colazione, pranzo e
cena. Chi fosse interessato e desiderasse maggiori
informazioni, Può scrivere al seguente indirizzo e-
mail: eliphass@tin.it



"Una luce tra buio e ombre"

Primo Meeting Internazionale 2005
Gruppo giovanile UIC della Toscana.
S. Giovannee Chiusdino-Siena 6-7-8 Maggio 2005

Storie di natura, salute, cultura, musica, spiritualità e
altro dei non vedenti, ipovedenti gaudenti della
propria vita.

Sono invitati tutti quelli che sanno vedere.

Programma:

Venerdì 6 Maggio :

Ore 10.00 Apertura lavori e saluti relatore…
Piccola pausa caffè con assaggi

Ore 10.30 dove siamo in mezzo a quale natura e
piccolo treaking nei profumi della natura dalle 11.30
alle 13.00 (biologa)

Ore 13.30 pranzo

Ore 15.00 parliamo di salute (esperto medicina
naturale)
Cure olistiche per il corpo, la mente e… gli occhi

Ore 17.00 incontro con le erbe…e i cibi naturali e
impastiamo il pane simbolo da secoli di vera
autonomia

Ore 18.00 parliamo di antincendio e sicurezza

Ore 20.00 Cena


Dopo cena leggiamo qualcosa che vorremmo far
conoscere agli altri anche in brail


Sabato 7 Maggio :

Ore 9.30 Colazione e si rimpasta il pane

Ore 11.00 incontro con lo psicologo-psicoterapeuta
che guida i gruppi di ipovedenti all'osp. Le Scotte di
Siena presso l'Ambulatorio di Oculistica del Centro
Ipovedenti

Ore 11.30 Rilassamento e shiatzu (si potrebbe
scegliere il gruppo da seguire e alternare le
esperienze)


Ore 13.30 Pranzo


Ore 15.30 Gruppi di lavoro su temi: (esempio) cultura,
salute, lavoro, scuola, sport…affettività

Ore 17.00 Passeggiata e incontro con operatori che
fanno ippoterapia

Ore 20.00 Cena con il nostro pane

Concerto e si balla


Domenica 8 Maggio :


Ore 10.00 Colazione

Ore 10.30 Parliamo del futuro dei Giovani UCI in
Toscana e nel Mondo, modelli di vita rivolti al
benessere e alla realizzazione dei sogni

Ore 13.30 Pranzo e arrivederci

 

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Gli amici del gruppo di Tirrenia, Domenico Pepe, Monia Ghelardini, Vincenzo Taras, Micocci Luigi, Michela, Alessandro Ulivi, Fabio Basile,e molti altri
ancora che non sarebbe possibile citare per il gran numero, si sentono vicini alla famiglia Della Pinna, per la dolorosa e precoce scomparsa del caro amico Roberto, socio dell'U.i.c. di Carrara, e centralinista presso l'agenzia delle entrate della medesima città.
Roberto lascia un incolmabile vuoto nel cuore dei suoi molti amici, che lo ricordano come persona attiva nello sport, amante della montagna, e delle molte settimane bianche con lui trascorse. La sua vitalità e simpatia
contagiava chiunque venisse a contatto con lui, spingendo anche gli altri, verso
nuovi stimoli.
 

 

 

La Fondazione Ezio Galiano

Di Antonella Iacoponi

Lo scopo della Fondazione Ezio Galiano è quello di contribuire all’elevazione sociale e culturale dei non vedenti, mettendo gratuitamente a loro disposizione libri e giornali, che possono essere scaricati dal suo sito internet, e letti tramite barra Braille, o sintesi vocale. A tal fine, occorre anzitutto collegarsi al sito: www.galiano.it, il quale fornisce un’ampia panoramica delle opportunità offerte.
A mio avviso, la più interessante per immediatezza ed efficienza, è l’edicola: Essa consta di una vasta riproduzione, in formati accessibili ai privi di vista, di quotidiani (da quellia più ampia diffusione nazionale, a quelli a carattere più strettamente territoriale), e di periodici. Alcuni di essi possono essere prelevati liberamente; per altri, invece, è richiesta la registrazione presso la Fondazione.
Analogo discorso vale per la biblioteca informatica, strumento mediante il quale la Fondazione consente di scaricare una notevole varietà di testi. La biblioteca si articola in due sezioni: una libera, e l’altra riservata ai non vedenti registrati. Per registrarsi, è necessario scaricare dal sito e compilare l’apposito modulo, da inviarsi al numero di fax 0961723879, insieme ad un documento attestante la minorazione visiva. Entro qualche giorno, sarà confermata tramite email l’abilitazione all’uso esclusivo e personale del servizio.
Ad oggi, nella sezione libera sono presenti 195 testi in italiano e 50 in latino, mentre la sezione riservata ne comprende 8.835 in italiano e latino, 1217 in francese, 1250 in spagnolo, 1250 in tedesco e 1250 in inglese. Si spazia dai testi scolastici, classici, religiosi, filosofici, al teatro, alla satira, ai polizieschi, alla saggistica, alle biografie, al romanzo storico, e ad altro ancora, coprendo un arco di tempo che, dall’antica Grecia, prosegue ininterrottamente fino ai nostri giorni.
Periodicamente, le opere sono sottoposte a revisione, è stilato un elenco con gli ultimi volumi disponibili, e vengono aggiornati i cataloghi.
Più precisamente, sono predisposti: un catalogo per la sezione libera, uno con i testi in italiano e latino della sezione riservata, ed uno per ogni sezione di opere in lingua straniera.
Degna di nota è, a mio parere, la disponibilità dei testi, che possono essere prelevati in qualsiasi momento.
Infine, la Fondazione propone, fra l’altro, forum e dibattiti, e riporta, nel sito, un elenco di indirizzi di istituti operanti nel settore dell’informatica per disabili, ed una lista di siti internet di associazioni afferenti alla tematica della disabilità, e a quella della cultura.
Per approfondire:
Sito internet: www.galiano.it;
Telefono: 0961723571;
Fax: 0961723879

 

Di seguito, a parziale rettifica, riportiamo una recente comunicazione dello stesso Ezio Galiano che cambia un po' il modo di essere della fondazione stessa.

 

Negli otto anni fin qui trascorsi, il numero dei Non Vedenti che hanno
chiesto ed ottenuto di accedere all'area riservata e' cresciuto
esponenzialmente e molti utenti non si sono limitati, e non si limitano,
a scaricare un quotidiano al giorno scegliendolo tra quelli presenti
nell'edicola, un periodico alla settimana, 3 o 4 libri al mese per le
proprie letture, ma scaricano piu' quotidiani ogni giorno, molti
settimanali e mensili e centinaia e persino migliaia di libri dalle
biblioteche.

Di conseguenza, le spese di gestione e quelle di traffico telematico
sono lievitate a tal punto che non posso piu' oltre sostenerle da solo,
ne' le capacita' di lavoro mio, di mia moglie e di mio figlio sono
piu' sufficienti.

Nel tentativo e nella speranza di poter evitare la cessazione
dell'opera
di promozione dell'informazione e della cultura che la Fondazione compie,
sono costretto a non rinunziare piu', come tante e tante volte ho gia'
fatto nel passato, alle offerte di donazioni volontarie, ma a ritenerle
indispensabili affinche' la Fondazione possa fronteggiare le spese e cosi'
rendere a ciascun utente, gratuitamente, i servizi che offre, e
vuole continuare ad offrire.

Il conto corrente su cui si possono versare le donazioni e':
20267470119 intestato a Fondazione Ezio Galiano ONLUS
Banca Intesa Filiale 5128
Via Buccarelli 88100 Catanzaro
CIN Y
ABI 3069
CAB 04401

Ciascuno che vorra' potra' proporzionare la donazione alla propria
generosita' o, quantomeno, tener conto, a titolo puramente indicativo,
delle seguenti cifre:
30 centesimi di euro per ogni quotidiano prelevato,
50 centesimi di euro per ogni periodico prelevato,
1 euro per ogni opera prelevata fino ad un massimo di 8 opere mensili.

Chi lo riterra' conveniente, potra' frazionare la sua donazione nel
corso dell'anno.

Attendo una risposta alla presente, in mancanza della quale riterro' che
i servizi offerti dalla Fondazione non La interessano.

Distinti saluti
Ezio Galiano
 

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CUCINA

Tutti in cucina (parte seconda)

Di Elisabetta Barsotti

 

Salve Carissimi!
Eccomi nuovamente a voi con la nostra rubrica di cucina! Ditemi un po', vi piace avere le mani in
pasta?Spero di sì!In questo numero, infatti, ho intenzione di parlarvi degli impasti base in
cucina….ogni cuoco, o aspirante tale, deve sapere preparare:
- la pasta per pane e pizze;
- la pasta brisè (per la preparazione di torte salate o quiche, tartellette e barchette per
antipasti);
- la pasta frolla (la sorellina dolce della pasta brisè, per preparare crostate, e biscotti);
- la pasta all'uovo (per la preparazione di lasagne, tagliatelle, tortelli, etc.);
Allora, che ne dite? Partiamo? Ok! Rimboccatevi le maniche e mettetevi il grembiulino, si
comincia! Ho deciso di suddividere questo argomento in 2 parti: in questo numero impareremo
a preparare la brisè e la frolla che costituiscono la base di molte preparazioni poi, nel prossimo
numero, ci dedicheremo alla pasta per pane e pizza e impareremo tutti i trucchi per ottenere
un'ottima pasta lievitata, impareremo anche a farci il lievito in casa!
La pasta frolla e la pasta brisè sono preparazioni che richiedono una buona parte grassa, nello
specifico di burro, che è pari alla metà del peso della farina, e che è necessario per conferire a
queste 2 preparazioni la friabilità che le contraddistingue. L'impasto deve essere effettuato
piuttosto velocemente in modo da non riscaldare troppo il burro stesso, è ottimo utilizzare per
l'operazione anche un robot da cucina; una volta fatto l'impasto, prima di stenderlo, va avvolto
in pellicola trasparente e lasciato riposare in frigorifero per una ventina di minuti in maniera che
il burro si rassodi nuovamente. Al momento di stendere consiglio di porre sotto la pasta un
foglio di carta da forno che ci permetterà di stendere e di trasferire la pasta nella teglia senza
romperla e, cosa molto importante, di procurarsi un mattarello, ecco un altro oggetto
indispensabile in cucina, di quelli che si riempiono d'acqua fredda o calda a seconda del tipo di
pasta da stendere: nel caso della pasta brisè o frolla l'acqua nel mattarello dovrà essere molto
fredda questo, sempre, in conseguenza della cospicua presenza di burro che non deve essere
riscaldato troppo durante la lavorazione.
Una giusta esecuzione della pasta di base è fondamentale per avere ottimi risultati ma, solo una
cottura ben condotta garantisce la perfetta riuscita della
ricetta. Il forno ideale per queste cotture è il forno elettrico ventilato che grazie alla sua circolazione
di aria calda, offre una temperatura uniforme in tutti i punti della preparazione.
I punti essenziali per un'ottima cottura sono:
1. Il forno deve aver sempre raggiunto la temperatura richiesta dal ricettario prima di infornare la
preparazione;
2. Se il vostro forno non è ventilato, appoggiare sempre la preparazione al centro del forno;
3. Se il calore del forno non è uniforme provvedere in questa maniera: se il forno scalda troppo
dall'alto coprire la preparazione con un foglio di alluminio
che toglierete qualche minuto prima del termine della cottura; se, invece, scalda troppo dal basso,
mettere tra la griglia su cui appoggia la preparazione e il
pavimento del forno una piastra di ghisa o bistecchiera senza manici;
4. Evitare di aprire il forno mentre è avviata la cottura;
Parlando di temperature del forno occorre specificare che:
- temperatura moderata (forno da 160 a 180°)
- temperatura calda (forno da 190 a 220°)
- temperatura caldissima (forno oltre i 230°)
- Per la preparazione di crostate, sia dolci che salate, si possono utilizzare 2 metodi di cottura:
prima o dopo la farcitura. Nel primo caso coprire la pasta, dopo averla sistemata nello
stampo, con un foglio di carta da forno o di alluminio quindi coprirla di legumi secchi e passare
il tutto in forno a 180° per circa 30 minuti. Nel secondo
caso disporre sopra il ripieno quindi cuocere a 190° per il tempo necessario indicato in ricetta.
Prepariamo ora una dose di pasta brisè:

Ingredienti:

500 gr di farina bianca "0";
250 gr di burro;
125 gr. Di acqua molto fredda
un pizzico di sale.

Procedimento:

In una ciotola capiente mettera la farina e il burro, appena tolto dal frigo, tagliato a pezzetti con
l'aiuto di un coltello. Lavorare farina e burro con la punta delle dita in modo da ottenere un
composto, sfarinato, di consistenza grumosa;
A questo punto aggiungere l'acqua fredda, leggermente salata, e lavorare energicamente ma
velocemente fino ad ottenere un impasto liscio e compatto.
Formare una palla, avvolgere in un foglio di pellicola trasparente e porre in frigorifero, nella
parte superiore che è meno fredda, a rassodare per una ventina di minuti prima di stendere.

Prepariamo ora una dose di pasta frolla:

Ingredienti per una crostata

- Pasta frolla:
300 gr di farina 00
150 di burro
100 di zucchero
un pizzichino di sale
un pizzico di lievito (per darci una mano ad esaltare la friabilità))
2 3 cucchiai di latte o liquore a piacere
buccia grattugiata di un arancio o limone
3 tuorli

preparazione:

In una ciotola capiente mettere la farina e il burro, appena tolto dal frigo, tagliato a pezzetti con
l'aiuto di un coltello. Lavorare con la punta delle dita fino ad ottenere uno sfarinato grumoso.
Unire ora i tuorli, lo zucchero a velo, il pizzico di sale, il pizzico di lievito, la scorza grattugiata
di limone o arancia, il latte e impastare energicamente fino ad ottenere un impasto liscio e
compatto. Formare una palla e porre in frigorifero, nella parte superiore che è meno fredda, a
rassodare per una ventina di minuti prima di stendere nella tortiera.

E ora? Ora eccovi 2 ricettine per metterci subito alla prova!

QUICHE AGLI ASPARAGI

Ingredienti

Una dose di pasta brisè come da ricetta base
Una confezione di punte di asparagi surgelati (molto comodi perché già puliti)
20 gr. Burro, ½ bicchiere di latte, 10 gr. Parmigiano grattugiato, 5 uova, noce moscata, sale e
pepe q.b.

Preparazione

Scongelate le punte di asparagi, se avete il microonde fatevi pure aiutare da lui, fantastico
oggetto! Una volta scongelate mettete sul fuoco una padella con i 20 grammi di burro, fatelo
sciogliere e metteteci a rosolare per una decina di minuti le punte di asparagi rigirandole, di
tanto in tanto, delicatamente con una forchetta.
Nel frattempo stendete la pasta su di un foglio di carta da forno e trasferite il tutto, foglio
compreso, in uno stampo per crostate: una volta nella tortiera sistemate bene la pasta avendo
cura di formare un bordo di mezzo centimetro circa poi, con i rebbi di una forchetta,
bucherellate la superficie della pasta; questo permetterà una cottura migliore.
Sistemate ora gli asparagi sulla pasta a modi raggera.
Mettete nel frullatore le uova, il latte, la noce moscata, il parmigiano grattugiato, sale e pepe ed
emulsionate per qualche secondo.
Versate il composto ottenuto sugli asparagi, ripiegate leggermente il bordo di pasta verso
l'interno e infornate, forno già caldo a 180°, per 25 minuti circa.
Questa quiche è ottima sia calda che fredda e può essere considerata piatto unico!

CROSTATA DI CIOCCOLATO E MANDORLE

Ingredienti:

Una dose di pasta frolla come da ricetta base
Per il ripieno:
150 gr di panna da montare
150 gr di cioccolato fondente
mandorle q.b.
zucchero vanigliato

Preparazione:

Prepariamo la frolla come da ricetta.
In un pentolino versiamo la panna da montare, la facciamo bollire sul fuoco e poi spegniamo il
fornello. Ora che la panna è calda ci verseremo il cioccolato (che diligentemente avremo
spezzettato prima!). Il calore farà il suo lavoro (mentre noi gireremo e sbatteremo con una frusta
la crema.
Nel frattempo la nostra frolla si sarà ben rassodata in frigorifero, la prendiamo e la stendiamo su
di un foglio di carta da forno tenendone, però, da parte un pezzetto che ci servirà per la griglia.
Trasferiamo la sfoglia ottenuta, con anche la carta, così eviteremo di imburrrare, nella tortiera,
sistemandola per bene, avendo cura di lasciare i bordo alto più o meno mezzo centimetro.
Versiamo la crema di cioccolato, tagliamo le mandorle a metà e le spargiamo su tutta la
superficie. Adesso prendiamo il pezzetto di frolla rimasto e contribuiamo a farla sembrare una
crostata con salamini di pasta incrociandoli, a modi griglia, oppure la abbelliamo a piacere
Stendendo il pezzetto di pasta e ritagliandolo, con l'aiuto degli appositi stampini, a formare
cuoricini, stelline... ecc... che appoggeremo, in modo fantasioso, sulla crema.
Inforniamo a 180° per circa 40 minuti.
Una volta cotta la spolveriziamo di zucchero a velo!
Buon Appetito!
Allora, Anche per questa volta abbiamo terminato! Se avete qualche dubbio o curiosità
scrivetemi!

 

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CULTURA

A cento anni dalla morte, Jules Verne vive ancora

Di Maurizio Martini

 

In tutto il mondo, basta nominare il nome di Jules Verne, e tutti, come
per magia, visualiziamo almeno qualche immagine suggestiva, proveniente dalle sue
circa ottanta opere, molte delle quali, sono divenute
celebri films, i quali hanno accompagnato l'infanzia dei nostri genitori, e
sono giunti a noi, ancora carichi di suggestione, e non solo questa.
Ma chi era Jules Verne? Partiamo dai dati anagrafici. Verne, nasce a Nantes
l'8 febbraio 1828, e muore ad Amiens il 24 marzo 1905. Già in giovanissima età,
Verne mostra una innata curiosità per i viaggi, e più in generale, per il sapere.
All'età di 11 anni, si imbarca furtivamente su un bastimento diretto dalla Francia
alle indie, ma suo padre riesce a fermarlo, con la promessa di non tentar più fughe
del genere. Verne, intraprende gli studi
giuridici, ma nonostante tanta buona volontà, ben presto comprende che
quella non è la sua strada. Per un certo periodo lavora come cambia valute,
ma anche questa VIA è momentanea. Il destino di questo uomo, sembra già
segnato ineluttabilmente, e se al momento Verne non può girare il mondo
come vorrebbe, lo fa in una maniera alternativa, ma che si rivelerà la sua
strada definitiva, che non lascerà più fino alla morte, vale a dire, la
stesura di romanzi fantastici, ambientati in ogni luogo del pianeta e non solo.
Giungiamo così al 1864, quando viene dato alle stampe Viaggio al centro della
terra. Da questo momento per Verne, inizia una splendida e inimitabile
produzione letteraria. Fra i suoi romanzi più famosi tradotti in tutto il mondo,
citiamo: Viaggio al centro della terra, Venti mila leghe sotto i mari, Il giro del
mondo in ottanta giorni, Michele Strogoff, Cinque settimane nel pallone.
Tutti romanzi divenuti films, che come già detto, hanno
accompagnato milioni di giovani nei loro viaggi di fantasia. Tuttavia, oltre
ai romanzi prima citati, dobbiamo ricordare ancora: Dalla terra alla luna,
Intorno alla luna, I figli del capitano Grant, Rubor il conquistatore, L'isola
misteriosa, e una serie impressionante di altri racconti, che per motivi vari,
non hanno incontrato l'attenzione che forse meritavano da parte dei registi
cinematografici. Ma cosa possedeva, cosa HA POTUTO creare attorno alla figura di
Verne tanta attenzione? La risposta più comune è che Verne, possedeva una
grande capacità di IMMAGINARE E creare situazioni, trame intriganti e ricche di
colpi di scena, in grado di conquistare l'attenzione del lettore dalla prima
all'ultima pagina..
Senza dubbio, questa è una INTERPRETAZIONE corretta, ma del tutto parziale,,
che ha relegato l'opera verneana nel campo della narrativa per ragazzi,
utile A TRASCORRERE QUALCHE ORA DI SVAGO E NIENTE più.
Tale catalogazione, mi pare riduttiva, semplicistica, per non dire banale. La
produzione del Verne, nella forma cui si presenta, può ben considerarsi
letteratura per ragazzi. In realtà il lettore attento, nonchè avvezzo
all'investigazione, troverà nella vastissima produzione dell'autore francese,
una mole di informazioni alquanto impressionante che di fantasioso, hanno
ben poco.
Basandoci su un'analisi seppure sintetica di quelle che a mio avviso sono le
opere più significative del Verne, si possono trarre alcune importanti
considerazioni, vediamo quali.
Nel "Viaggio al centro della terra", troviamo ad esempio,indizi di un globo
terrestre, diverso da come viene normalmente considerato dalla geologia
ufficiale. Da millenni, esistono tradizioni scritte e orali, che
descrivono una terra percorribile al suo interno, e fors'anche abitabile.
nel romanzo in questione, il senso generale e le descrizioni fornite
dall'autore, confermano l'idea di queste tradizioni.
In "Venti mila leghe sotto i mari", troviamo la descrizione meravigliosa di
un moderno sottomarino, di tute e armi adatte ad un uso subacqueo, oltre
che la descrizione delle meraviglie che si trovano nelle profondità del
mare. In "Rubor il conquistatore", troviamo chiarissimamente descritto quello che
poi sarà il moderno elicottero, macchina creata molti anni dopo la morte stessa di
Verne.
"Dalla terra alla luna e Intorno alla luna", due romanzi che dovrebbero essere
letti consecutivamente, troviamo veramente una serie IMPRESSIONANTE di nozioni
geografiche, balistiche, astronomiche, fisiche, che per farla breve, ritroveremo
nella missione apollo, in occasione del vero sbarco sulla luna, compiuto circa un
secolo dopo dagli americani.
Nel primo romanzo, "Dalla terra alla luna", viene descritta con dovizia di
particolari, la proiezione di una capsula che tramite un gigantesco cannone
caricato con esplosivo, viene sparato verso la luna. il luogo stesso dove si
svolge l'operazione descritta dal verne, è Tampa, una cittadina della Florida a
poca distanza da dove oggi sorge la famosa cape canaveral, uno dei centri più
importanti al mondo, per il lancio delle moderne navicelle inviate nello
spazio.
Nel secondo romanzo, "Intorno alla luna", viene descritta la rotazione della
capsula stessa, attorno all'orbita lunare. Nel racconto, sono ben descritti,
fenomeni tipici che accadono in assenza di gravità, fenomeni, verificati e
confermati quando l'uomo è realmente arrivato sulla luna, appunto circa cento anni
dopo, rispetto al racconto in questione.
Quello che storicamente sappiamo, è che Verne seppe unire la sua fertile
immaginazione, alle nozioni avute dai ricercatori da lui stesso contattati.
Effettivamente, questo grande romanziere amante del sapere, si circondava e
consultava scienziati, ricercatori delle più svariate discipline. Da questi
contatti, traeva le informazioni che unite alla sua creatività, permettevano la
stesura dei suoi scritti.
Tuttavia, nonostante questa miscela di nozioni e fantasia, il lettore attento e
curioso, non può non restare perplesso, e avvertire che deve esserci ancora qualche
tassello mancante a noi sconosciuto della vita del Verne.
Come abbiamo avuto modo di far notare in precedenza, intuizioni, luoghi, situazioni
particolari, lasciano intravedere una personalità del tutto sui generis, e a cento
anni dalla sua morte, ancora in parte misteriosa.

 

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ESOTERISMO, RELIGIONE E DINTORNI

Ognuno di noi ricorda il terrificante incidente di Chernobyl ma quasi nessuno conosce l'immediato intervento degli extraterrestri

Di Costantino Paglialunga

 

Durante la notte del 26 Aprile 1986, esattamente alle ore 1,23 locali, accadde in Russia il più grave
incidente nucleare della storia. Si trattava del complesso di Chernobyl in Ucraina, a circa 150 Km
dalla capitale Kiev, dove gli esperti avevano avvertito già da qualche tempo che i reattori impiegati
avevano un difetto di progettazione. Preludio all'evento catastrofico fu un test di manutenzione
ordinaria, per il quale il reattore dell'Unità 4 venne chiuso. Durante la chiusura, i tecnici tentarono
di raffreddare la parte centrale del reattore attivando il sistema d'emergenza. Per una serie d'errori
degli operatori avvenne che la temperatura di quella zona aumentasse in maniera esagerata. Nel giro
di pochi secondi, l'energia del reattore aveva superato la capacità di almeno 100 volte rispetto a
quella prevista dai progettisti, dando luogo ad un'esplosione che distrusse il reattore e fece saltare in
aria il tetto dell'impianto. Dopo due secondi ci fu un'altra esplosione. Deflagrarono oltre otto
tonnellate di carburante contenente plutonio, facendo salire una nube radioattiva a circa 1000 metri
d'altezza. Oltre 100 Vigili del Fuoco lottarono contro le fiamme, esponendosi alle micidiali
radiazioni atomiche emanate in maniera massiccia dal reattore oramai inesistente. Le fiamme erano
state appena spente, quando si dovette fronteggiare un secondo e più grave incendio, per spegnere il
quale necessitarono almeno due settimane. In occidente ci si accorse quasi subito del disastro: i
valori rilevati sulla radioattività erano così alti che qualcuno pensò che fosse scoppiata la guerra
atomica. Attenti esami però indicavano che l'origine della contaminazione fosse il territorio
dell'Unione Sovietica, ma da quello Stato non pervenne nessuna notizia al riguardo. Il primo
annuncio del disastro fu dato solamente tre giorni dopo con queste poche parole su Radio Mosca:
" Un incidente è accaduto nella Centrale di Chernobyl, danneggiando uno dei reattori. Sono state
adottate misure per eliminare le conseguenze dell'incidente. Coloro che hanno subito danni sono già
in cura. E' stata costituita una commissione d'inchiesta governativa".
L'allarme lanciato dalla comunità scientifica internazionale portò a conoscenza dell'incidente la
popolazione di tutto il mondo assai presto, a differenza di quella sovietica che pagò a caro prezzo il
ritardo d'informazione. Addirittura la decisione di evacuare il territorio circostante della centrale fu
presa soltanto il 2 Maggio e lo sgombero dei bambini, i più vulnerabili, fu completato solo il 7
Giugno. Un primo calcolo ha portato a diffondere le seguenti cifre: decine di migliaia le persone
morte a causa dell'incidente e 17 milioni coloro che in tutto il mondo hanno patito in varia misura le
conseguenze. Questa è la storia ufficiale, vale a dire quella divulgata a suo tempo, della quale pochi
si ricordano la gravità perché la verità non è mai stata detta veramente. Le ricerche in Ucraina mi
hanno fatto incontrare diversi personaggi legati a Chernobyl in varie maniere, ma credo che
l'ingegnere nucleare Sasha Nistrianu mi abbia veramente aperto gli occhi. Egli ha detto:
" A prescindere dal fatto che anche gli operai che gestiscono il funzionamento dei reattori sono di
solito senza stipendio, avarie del genere possono succedere tutti i giorni. Di notte è richiesta minore
energia e il reattore deve diminuire la potenza. Per abbassare la temperatura di un grado ci vuole
un'ora. La reazione non può interrompersi però, tanto meno le pompe dell'acqua di raffreddamento,
anche quando si fanno riparazioni. Il reattore è programmato per 30 anni di lavoro continuo, ma le
turbine no; devono essere riparate ogni sei mesi. Quella notte si era deciso di lavorare con una
pompa su quattro per risparmiare, mentre si stava riparando il generatore. Nel momento in cui si
deve abbassare l'attività del 50%, i sistemi automatici d'allarme impongono automaticamente di
diminuire il raffreddamento. Quella notte l'operatore, necessitando un abbassamento di oltre il 50%,
ha tolto i sistemi di sicurezza per operare manualmente. Da quel momento qualsiasi blocco RBMK
può esplodere. Questo "esperimento" ha prodotto un innalzamento d'attività incontrollabile
producendo l'esplosione. In seguito a ciò si sono tolti la vita alcuni ufficiali. Gli è stata rivolta una
successiva domanda: " Che cosa sta succedendo al combustibile fuso del 4° reattore. E' ancora
possibile che esploda?" – " Non lo possiamo sapere, non avendo strumenti per entrare nei liquidi
che lo avvolgono. Non sappiamo se la temperatura sia aumentata ma soprattutto se la
concentrazione sia o no vicino alla massa critica. Credo inoltre che il progetto di costruire una
nuova copertura non serva a nulla. Tra l'altro siamo oramai entrati in un fiume, con rischi e pericoli
derivanti più che mai dalle scorie, sempre enormemente difficili da eliminare. Dovremmo superare
la falsa scienza e cambiare la mente delle persone che si arricchiscono sull'inganno".
Dichiarazioni sintetiche ma impressionanti. Vediamo perciò di capire meglio tali affermazioni,
soprattutto conoscere come é fatto un reattore. Una centrale nucleare funziona con principi
abbastanza semplici. La reazione nucleare controllata riscalda l'acqua e il vapore prodotto passa per
un generatore a turbina, originando energia elettrica. Il vapore poi é condensato e rimesso in circolo
nel sistema. La reazione nucleare avviene nella parte centrale del reattore, dove la fissione può
essere rallentata inserendo delle barre di controllo che assorbono i neutroni prodotti. In genere
l'intera parte centrale del reattore è protetta da una struttura in cemento armato, allo scopo di
impedire il disastro nel caso in cui fuoriescano problemi con la reazione nucleare. Tra i difetti
progettuali dell'impianto di Chernobyl c'era, appunto, anche la mancanza di una struttura del
genere. Bisogna poi far conoscere una caratteristica chimica dell'uranio quasi mai menzionata.
L'elemento è molto elettropositivo e di conseguenza è molto reattivo. Si ossida facilmente all'aria,
formando ossidi, tanto che la reazione può assumere caratteristiche imprevedibili, avendo come
estremo appunto una situazione esplosiva, accompagnata dallo svolgimento di una forte quantità di
calore e da fiamma. Appare evidente che nel disastro di Chernobyl ci sia stata solo un'esplosione di
natura chimica ma non nucleare. La quantità esatta di uranio arricchito era di 180 tonnellate. Come
si è potuta verificare una simile situazione? La logica ci assicura che una volta esploso, tutto
l'uranio abbia preso fuoco a contatto con l'aria e che il forte calore sprigionato lo abbia reso liquido
(temperatura di fusione 1132 °C). Ciò avrebbe dovuto necessariamente creare la massa critica
dell'elemento e di conseguenza avviarsi la vera reazione nucleare. Perché non si è verificato un
simile evento? Chi ha evitato una catastrofe spaventosa e dalle conseguenze inimmaginabili? Si,
qualcuno lo ha fatto o meglio delegati di una scienza carica di coscienza sono intervenuti evitando
una catastrofe planetaria. A sostegno di questa tesi ci sono alcuni testimoni che hanno avuto il
coraggio di parlare. Il primo della serie è Mikhail Varitsky, che ha detto: " Io ed altri uomini del
mio team siamo arrivati sul luogo dell'esplosione nella nottata. Abbiamo visto una palla di fuoco
che volava lentamente nel cielo. Io penso che la palla avesse all'incirca sei o sette metri di diametro.
Poi abbiamo visto due raggi di luce uscire da quest'oggetto sconosciuto e diretti sul reattore n° 4.
L'oggetto sostava a circa 300 metri dal reattore. L'evento durò all'incirca tre minuti. Le luci poi si
spensero e l'oggetto volò via in direzione nord-ovest".
La dottoressa Gospina, altra testimone, ha dichiarato di aver visto un oggetto color "ambra", dai
contorni molto ben definiti, sostare proprio sopra il 4° reattore. Nell'Ottobre del 1990 V. Navran, un
fotoreporter del quotidiano "L'Eco di Chernobyl", fotografava il quarto reattore dall'interno della
centrale. Egli ha detto: " Quando ho fotografato il tetto non ho visto nessun UFO, ma quando ho
sviluppato il rullino ho notato l'oggetto sopra la cupola".
Un altro insigne ricercatore, il dottor Vladimir Rubtsov, ha dichiarato: " …circa un mese dopo il
disastro di Chernobyl ho parlato con un controllore del traffico aereo dell'aeroporto di Kharkov.
Egli mi ha detto, in accordo con i report dei piloti, che ci sono state un certo numero di osservazioni
UFO nell'area del reattore nucleare di Chernobyl (ChNPS). Dopo si è saputo che durante la notte in
cui si è verificato l'incendio nel ChNPS, circa tre ore dopo l'esplosione, un team di specialisti ha
visto nel cielo sopra l'edificio una palla infuocata di colore simile all'ottone. I testimoni hanno
stimato il suo diametro in 6-8 metri e la distanza dal reattore n° 4 in circa 300 metri. Dopo la
suddetta osservazione questi specialisti hanno misurato il livello delle radiazioni nel punto in cui
essi stavano. Ebbene, hanno misurato 3000 milliroentgens per ora. Improvvisamente due raggi
luminosi di color rosso acceso sono fuoriusciti dalla palla ed hanno colpito il reattore… Il fenomeno
è durato per circa tre minuti.
Poi i raggi di colpo sono spariti e la palla si è diretta lentamente verso nord-ovest, in direzione della
Bielorussia. In quel momento è stato controllato il display del contatore delle radiazioni. Lo
strumento segnalava 800 milliroentgens per ora…".
Secondo quanto ho potuto appurare con le ricerche testimoniali effettuate nel territorio di Kiev,
nella zona del reattore di Chernobyl durante l'evolversi del catastrofico evento si sono spesso riuniti
ed alternati almeno cinque oggetti volanti non terrestri. Questi hanno tenuto sotto controllo la
reazione nucleare nel momento più critico, oramai in balia a se stessa, considerando che il nocciolo
stava fondendo il terreno sottostante. E' mia convinzione che il controllo extraterrestre non sia mai
terminato. Il tecnico Nicolas, che all'epoca operava nella centrale e controllava le scorie, ad un
certo punto ha riferito: " Il lago di raffreddamento, adiacente al reattore di Chernobyl, è carico di
Stronzio e Cesio. E' un bacino più alto del fiume Pripiat che scarica sul Dnieper, quindi Mar Nero e
poi Mar Mediterraneo. L'inquinamento si propaga attraverso l'acqua per almeno il 70%; con
l'incendio solo il 20%".
La tuonante affermazione mi ha fatto ricordare quanto l'Apostolo Giovanni scrisse nell'Apocalisse.
"I Sette Angeli e le Sette Trombe…. Il terzo Angelo suonò la tromba: e dal cielo cadde una
grande stella, ardente come una fiamma, e cadde sulla terza parte dei fiumi e sulle sorgenti delle
acque. Il nome della stella è Assenzio (Chernobyl in lingua ucraina). E la terza parte delle acque
diventò assenzio, e molti uomini morirono a causa di queste acque, perché erano diventate amare".

 

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HOBBY E TEMPO LIBERO

L'impianto delle viti

Di Angelo Ricci

 

Quando impiantiamo una nuova vigna, è necessario scegliere il cosìddetto selvatico: Il quale selvatico, domani sarà la vita della vigna, perché, se viene sbagliata la qualità dello stesso, possiamo sì, domani possedere unabella vigna rigorosa, ma senz'altro, avremo solo quella, ma però senza che produca il frutto in abbondanza e quindi per prima cosa, è necessario raccogliere della terra in più punti proprio dove viene fatto l'impianto della vgna, portarlo ad analizzare da un perito, o da un dottore in agraria, il quale ci consiglierà, la qualità da mettere a dimora.
Nella lavorazione precedentemente descritta,e cioè uno scasso costruito in collina, io posso garantire che il selvatico più adatto, è il cosìddetto 420a, perché, di solito la collina non trattiene molta umidità e questo selvatco, è meravigliosamente indicato proprio per questa ragione e quindi per il nostro scasso creato in collina.
Fatta la scelta del selvatico, è bene calcolare la lunghezza delle terrazze e la larghezza di ognuna, perché non saranno tutte della stessa dimenzione, sia in larghezza che in lunghezza, comunque è importantissimo, rispettare nellimpianto, la euguale distanza sia di impianto lineare, che di ciglio, e la distanza detta lineare, va da pianta a pianta, a ottanta centimetri, l'una dall'altra, e quella detta da ciglio, va a quaranta centimetri, dal limite esterno verso l'interno delle terrazze. Cominciamo con il creare delle buche, di diametro non superiore a 40 cm., tenendo conto, quindi della distanza del ciglio ed è bene tenersi a 20 cm partendo dall'esterno verso l'interno poi la profondità di ogni buca, non deve superare i 50 cm. Una volta ultimato il lavoro delle buche, si procede a riempire le stesse per circa metà di letame raffermo, ricoprendo con un pochino di terra, pressando bene fino ad ottenere una profondità di circa 30 cm, dove lì, verranno appoggiate le radici del nostro 420a, che dopo averlo piantato, rimarrà a riposare per almeno due anni.
Trascorso il tempo dovuto, nella primavera del secondo anno, si procede al lavoro di innestatura; tale lavoro, essendo molto delicato, necessita di una buona persona e di mestiere, altrimenti il lavoro non riesce.
Per avere una buona vigna, c'è da considerare e soprattutto la posizione del punto cardinale e quindi è bene scegliere le qualità da innestare suul nostro selvatico, che siano raccolte sulla stessa posizione del nostro impianto, altrimenti, le brutte sorprese sono certe, in poche parole avremmo una vigna che non fà uva. Una voltaraccolte le qualità volute, e messe a innesto, sarà bene nei mesi successivi tenere occhio allo sbocciare delle gemme,ogni due settimane controllare l'umidità del terreno vicino all'innesto e in caso di necessità, annaffiare un po', e molta attenzione è necessaria nello sviluppo nella crescita della vegetazione dell'innesto, che ha bisogno di essere trattata ogni 8 giorni con verderame, o simili. Nello sviluppo vegetativo, è bene piantare vicino allo stesso, delle piccole canne o bastoncini, i quali serviranno per appoggio e anche da sostegno, altrimenti, rimanendo aderenti al terreno, sarà molto difficile crearci l'anno successivo il razzolo per la crescita e lo sviluppo della vite stessa.
Premetto che le viti da impianto si possono trovare già innestate, chiamate appunto innestate a tavolino, le possiamo trovare in qualsiasi rivendita di alberi da frutto, con il selvatico che noi vogliamo, e con le qualità che preferiamo e con la stessa tecnica descritta, le possiamo piantare, ma io per esperienza, anche se comprando la vite al banco,risparmiamo almeno un anno, però, non è facile ottenere lo stesso risultato in qualità e in quantità, perchè la vigna dà i suoi frutti andando avanti nel tempo e nel tempo anche se risparmiamo un anno nella messa a dimora, lo riperdiamo, sia in qualità, che in quantità e durata.

 

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INFORMATICA

Winguido lezione 3

Di Marco Ostuni

 1.
Il programma WINGUIDO si presenta con 19 voci che costituiscono il "menu principale",
selezionando le quali è possibile accedere ad altrettanti sottomenu. Tasti essenziali sono:
A) "enter" (o "invio") premendo il quale si apre il menu relativo alla voce selezionata;
B) "esc", premendo il quale si chiude un menu e si torna al menu precedente, posizionando il
cursore sulla voce-base;
C) "alt", premendo il quale si accede ad una serie di funzioni supplementari (o "locali"), quando
sono presenti, da cui è possibile selezionare una voce ed aprire il relativo sottomenu con il tasto
"invio". Si possono selezionare le voci del menu principale: o scorrendole premendo i tasti "freccia
sù, freccia giù", o premendo il tasto corrispondente alla lettera iniziale della voce che si intende
selezionare, fino a quando la sintesi non indica che il cursore si è posizionato sulla voce cercata; a
questo punto è possibile aprire il relativo sottomenu, premendo il tasto "enter" ("invio". Vengono
elencate qui di seguito le voci del menu principale:
dati, file, internet, calcolatore, orologio, calendario, scanner, libreria, musica, ricette-cucina, giochi,
menu di avvio, appunti, controllo, aggiornamento, configurazione, prova-tastiera, uscita, guida.
In questa sede intendiamo presentare la voce del menu principale "file".
Aprendo il sottomenu relativo a questa voce come si è precedentemente illustrato, appare un menu
costituito da 6 voci, che consente di accedere ad altrettanti sottomenu, per la cui apertura vale
quanto si è già detto a proposito del menu principale. Le voci del sottomenu file sono: configura
area file, gestione file, ascolto m-p-3, excel, archivio, testo.
Aprendo il sottomenu relativo alla voce "configurazione" e configurando l'area file, si può escludere
dal menu principale la voce file ed inserire nello stesso menu principale le voci costitutive del
sottomenu file. Saranno esaminate nel prossimo numero, una per una, le voci del sottomenu "file"
2. Selezionando la voce "file" del menu principale ed aprendo (come si è illustrato in precedenza) il
relativo sottomenu, è possibile selezionare le voci "testo" e "gestione file", la cui selezione consente
di aprire due sottomenu fra loro complementari. Tali sottomenu sono costituiti da voci pressocchè
uguali, che sono: A) testo (con il quale si può creare un testo "ex novo": "scelta guidata", "scelta
diretta", documenti", "masterizzatore", "desktop", "cartelle recenti", "testi recenti", nuovo testo",
"nuovo testo, su modello", "ripresa". B) gestione file (con il quale si può lavorare su un testo
preesistente): "sceltaguidata", "scelta diretta", "masterizzatore", "documenti", "desktop", cartelle
recenti", "cestino". Di queste voci, quelle fondamentali sono "scelta guidata" e "scelta diretta", che
passiamo rapidamente in esame. "Scelta guidata" permette di aprire un sottomenu-guida (appunto),
da utilizzare quando non si conosce con precisione, o non si ricorda, il percorso di una cartella, o di
un file che ci interessa leggere, editare, ecc. Supponiamo ad esempio, che si voglia aprire questo file
per leggerlo, correggerlo, o continuare la sua stesura e non è chiaro come aprirlo, selezionando la
voce "scelta guidata" ed aprendo il relativo sottomenu, con un messaggio che la sintesi vocalizza
verrà chiesto: il driver in cui cercare (c:\, a:\, ecc. (da selezionare ed aprire; di indicare il file che ci
interessa (se si è in grado di sapere come il file cercato è nominato esattamente), selezionando la
voce "indicazione file" e premendo il tasto "enter" (invio), o scorrendo l'elenco dei file presenti sul
driver aperto, selezionando la voce "menu file completo".
Se perciò qualcuno è iteressato a leggere, o a continuare la stesura del file manuale PER L'USO
DEL PROGRAMMA WINGUIDO, deve procedere come segue:
selezionare la voce "scelta guidata" del sottomenu FILE e premere "invio"; scorrere l'elenco dei
driver ed aprirne uno; quindi selezionare la voce "indicazione file" (se si conosce la sua esatta
nominazione), o selezionare la voce "menu file completo" e scorrere l'elenco dei file, fino a trovare
quello che interessa, quindi selezionarlo(nel nostro caso) MANUALE PER L'USO DEL
PROGRAMMA WINGUIDO. Quando invece si conoscono sia il driver in cui trovasi il file cercato,
sia la sua esatta nominazione, dal sottomenu "gestione file" si seleziona la voce "scelta diretta" e,
dopo aver premuto il tasto "invio", digitare il driver ed il file cercati.
Con la combinazione di tasti "control+insert" e premendo quindi il tasto "enter", è possibile aprire
il sottomenu "simboli", costituito dalle 9 voci qui di seguito elencate: segni, matematica,
punteggiatura, valuta, parentesi, vocali accentate, lettere con dieresi, vocali circonflesse, lettere con
tilde. Selezionando la voce che interessa ed aprendo il relativo sottomenu, si può selezionare ed
inserire il carattere o il simbolo ricercato nel contesto del file che si sta editando (o rinominando), o
nel testo che si sta creando. Selezionato un file, è possibile aprire altrettanti sottomenu selezionando
una delle 21 voci qui di seguito indicate: conversione caratteri dos, nome dalla prima riga, inviare
alla stampante, leggere, editare, copiare, spostare, rinominare, eliminare, abbandonare, elencare,
memorizzare, proteggere, trasmettere per posta, comprimere, spezzare, tipo di file, versione del file,
eseguire con jaws, eseguire senza voce, masterizzare.
Si lascia al lettore il piacere di scoprire ed utilizzare le possibilità dei sottomenu, a cui si può
accedere selezionando una delle voci sopra riportate.

 

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NORMALITA' E HANDICAP

Gli istituti per ciechi com'erano e come dovrebbero essere

Di Antonino Cucinotta

 

Gli anni 70 sono caratterizzati da un sommovimento che ha investito i principi
fondamentali che avevano guidato la società civile. Principi etici, sociali , religiosi,
vale a dire tutti i valori a carattere universale. Tale sommovimento rivalutò
l'individualismo con l'affermazione del diritto di ciascuno alla propria autonomia,
indipendenza e libertà. Lo stesso sommovimento investì anche gli istituti per ciechi
considerati ghettizzanti, oppressivi e fortemente limitativi della libertà individuale dei
collegiali. Pertanto tali istituti furono svuotati di ogni compito educativo dei ragazzi ciechi che per la loro
istruzione furono immessi nelle scuole ordinarie con la legge 517 del
1977.
Sono convinto che i fautori della chiusura delle scuole speciali abbiano esagerato
nelle loro affermazioni. E' vero che gli istituti non erano un "Paradiso", ma non erano
neanche un Inferno". A mio modesto avviso, le valutazioni sonostate soggettive
poiché, anche se realmente non mancavano disagi e privazioni, non si può dire che i
ragazzi fossero affidati ad "aguzzini" anche se il personale interessato non era
preparato all'uopo.
Non si può negare che la presenza di un personale impreparato e inadatto abbia creato
condizioni di una certa difficoltà nello svolgimento del compito educativo e
formativo dei ragazzi.
Si rimane peraltro perplessi che le amministrazioni degli istituti, al solo fine di motivi
economici, si siano rivolte a un tale personale che ovviamente non portava al
raggiungimento degli scopi educativi e formativi che gli istituti avevano.
Ciò e tanto più grave, in quanto già dal 1926 era stata istituita la Scuola di metodo
"Romagnoli" per insegnanti ed educatori dei ciechi, a cui gli istituti avrebbero dovuto
attingere il personale direttivo, didattico e di vigilanza evitando così di affidare
compiti educativi assai delicati a monache che spesso erano ignoranti, presuntuose e a
volte anche cattive; oppure a studentelli ed altri individui non troppo interessati al
compito affidato che spesso esercitavano il potere in maniera dispotica e senza il
giusto equilibrio.
Se, come ho detto l'assunzione del personale col diploma della Scuola di metodo
avesse riguardato non solo gli insegnati ma anche assistenti e vigilanti, avremmo
avuto certamente educatori pienamente compresi del loro compito avendo
assimilato presso la predetta scuola di metodo le varie problematiche inerenti
all'istruzione, l'educazione e la rieducazione senso-percettiva dei ragazzi ciechi.
Tali educatori sarebbero stati certamente capaci di comprendere le varie esigenze dei
ragazzi nelle loro diverse necessità fisiche, psichiche e mentali e sarebbero stati in
grado di correggere col dovuto garbo e in maniera efficace, le varie situazioni
anomale che ciascun ragazzo poteva presentare.
Così avrebbero provveduto ad attivare qualunque forma dì attività Indicata individuale
e collettiva che potesse irrobustire il fisico, sviluppare l'intelligenza e rallegrare lo
spirito, in questo ambito avrebbero frenato gli sfrenati e stimolato coloro che
tendevano all'inerzia; avrebbero compreso la carenza di maturità mentale e il relativo
infantilismo e avrebbero posto in essere tutte le metodiche atte a colmare le lacune.
Una condizione avrebbe certamente reso la vita dell'istituto vivibile ed anche
gioiosa per tutti e non solo per i meglio dotati e più capaci di adattamento ai sacrifici
che anche un buon istituto comporta.
Penso, comunque, che senza eccessi di sorta, in ogni caso, l'accettazione e
l'adeguazione ai principi regolamentari dell'istituto potessero anche essere intese
come condizione formativa» per la normale crescita fisica e mentale dei giovani che si
dovevano preparare ad affrontare ben altre difficoltà nella vita che sarebbero andati a
vivere.
E' certamente risaputo che la partecipazione dei ciechi alla vita, richiede una
preparazione morale , culturale e rieducativi del tutto particolare per poter affrontare
con possibilità di successo le inevitabili difficoltà che la vita stessa nella sua globalità
presenta. E' infatti una buona preparazione che può farci accettare e convivere pacificamente
con la minorazione visiva che nella sua gravità, richiede un carattere forte e una
adeguata preparazione morale, culturale e professionale, doti queste che non sì
ottengono senza l'impegno di una forte volontà che consenta di affrontare i sacrifici
che l'acquisizione di tali doti richiede.
in considerazione di ciò, pur con tutti i difetti che gli istituti hanno potuto avere, non
mi sento di stigmatizzare tutto il loro operato. Personalmente, sento invece,
nonostante i disagi che pure c'erano, di manifestare la mia riconoscenza -
per avermi saputo educare e formare tanto da essere stato in grado di
conseguire nella vita risultati ottimali sia professionalmente che socialmente.
Ad ogni modo, ciò non significa che io desideri il ripristino dei vecchi istituti, anche
se ritengo che tali istituzioni sono meglio deputate all'istruzione e alla formazione dei
ragazzi ciechi. In conseguenza, ritengo auspicabile il ripristino degli istituti, non così come erano, ma
rinnovati, aggiornati e adeguati alle esigenze della vita moderna, affidati a personale
tiflologicamente e psicologicamente preparato, in modo da assolvere un giorno in
maniera ottimale, i loro compiti istituzionali senza implicare sofferenze né fisiche né
psichiche per i ragazzi che volessero andarvi.
A questo fine, gli stessi istituti, dovrebbero avere preferibilmente carattere
interprovinciale o al più regionale per consentire ai ragazzi di poter tornare
settimanalmente in seno alle proprie famiglie. E' chiaro che oggi non si può non tener conto delle nuove
esigenze che una società progredita comporta.
Pertanto, sarebbe impensabile poter ripristinare i vecchi regolamenti che limitavano
esageratamente la vita della comunità.
In questo contesto di aggiornamento, dovrebbero essere soddisfatte nel miglior modo
possibile le esigenze personali dei ragazzi.
Gli stessi dovrebbero frequentare la scuola pubblica e il loro inserimento potrebbe
avere un buon successo potendosi avvalere, per lo studio, dell'aiuto che il personale
specializzato può assicurare nell'ambito dell'istituto. Per meglio favorire la
socializzazione, sarebbe opportuno che , previa autorizzazione genitoriale si
consentisse al ragazzo non vedente di recarsi in casa dei suoi compagni vedenti e che
a questi si consentisse l'ingresso in istituto per uno studio in comune con i ragazzi
non vedenti , nonché consentire di andare con gli stessi compagni vedenti o con i loro
genitori al cinema o al teatro.
I nuovi istituti dovrebbero principalmente impegnarsi
Primo abituare i ragazzi ad avere cura della propria persona in modo da essere autonomi nel soddisfacimento
delle esigenze personali e apparire sempre ordinati;
Secondo a correggere le frequenti posture anomale eliminando anche gli eventuali
polimorfismi; e) a favorire un comportamento sempre normale nelle diverse situazioni;
Terzo ad insegnare l'uso di coltello e forchetta per una autonoma attività alimentare;
e) a favorire le attività ricreative e ludiche necessarie ad una sana crescita fisica e
mentale.
E' superfluo sottolineare l'importanza basilare dell'istruzione e della formazione culturale che ogni ragazzo deve
conseguire per una rieducazione globale produttiva.
Ovviamente, nei nuovi istituti, non dovrebbero più esserci imposizioni né di carattere religioso, né politico e
lasciare che ognuno si formi liberamente le Proprie convinzioni attraverso la sua maturazione mentale e
culturale. logico che con ciò non ho inteso esaurire la complessa organizzazione che un istituto richiede, ma
considero le condizioni esposte ottimali per un soggiorno sereno, gioioso e produttivo negli istituti che io
auspico.

 

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PATOLOGIA

La retinite pigmentosa, "La mia compagna di vita" (parte prima)

Di Luigi Vincenzo Milanesi

 

Descrizione personale della Retinite Pigmentosa e
Presentazione del Sito Internet non scientifico: www.francescaruiz.it/vincenzo

Mi chiamo Vincenzo Luigi Milanesi, ho quarant'un anni, sono di Roma e sono affetto da Retinite
Pigmentosa dalla nascita e per tale motivo non ho mai potuto leggere una sola pagina di un libro.
Bisogna innanzi tutto dire che quando si parla di Retinite Pigmentosa (R.P.), ci si riferisce
alla prima causa di cecità sopravvenuta in età adulta al mondo; R.P. è infatti il nome dato ad un
gruppo di malattie genetiche simili tra loro, esse sono patologie ereditarie degenerative che
colpiscono gli occhi e più precisamente la retina, sulla quale si formano delle macchie (pigmento) in
corrispondenza delle quali non vi è visus. Vediamo in cosa consiste la patologia; se immaginiamo
una lente, pensiamo subito ad un cerchio perfettamente trasparente che ci permette di vedere
chiaramente tutto ciò che si trova al di là di esso. Proviamo ora ad immaginare questo stesso cerchio
macchiato con degli schizzi di inchiostro, attraverso i quali risulta impossibile vedere, ci rendiamo
subito conto che guardando una qualunque cosa con questa lente sporca, sarà estremamente difficile
avere un'immagine chiara, dettagliata e definita di ciò che tentiamo di osservare.
Questa è una descrizione fantasiosa di ciò che avviene sulla retina di un malato di R.P., ma
non si discosta poi così tanto dalla realtà dei fatti. Dobbiamo inoltre considerare che non si tratta di
"schizzi" sporadici, ma di vere e proprie macchie che, nei casi più gravi, possono ricoprire
totalmente la retina provocando la cecità.
Sul fondo dell'occhio (la retina) vi sono i coni ed i bastoncelli, queste sono cellule visive le
quali ci permettono di vedere, infatti la retina è quel posto dell'occhio dove arriva l'immagine che
stiamo guardando ed i coni ed i bastoncelli nel momento in cui ricevono l'immagine, la trasmettono
al cervello attraverso il nervo ottico.
La malattia consiste nel fatto che ad alcune di queste cellule non arriva il sangue e di
conseguenza queste "non funzionano" come se fossero delle lampadine a cui non arriva l'energia
elettrica. Tanto più sono le cellule non funzionanti, quanto più sono grandi le macchie e quanto più
è limitato e ristretto il campo visivo.
La R.P., è degenerativa, ma la velocità di questa progressione varia da un soggetto ad un
altro.
La R. P. può insorgere a qualsiasi età, ma per quanto mi riguarda io ci sono nato e quindi la
mia esperienza è nel convivere con questa patologia fin dai primi anni di vita e con la sua scoperta
nel periodo della prima infanzia.
La prima manifestazione generalmente è quella di avere fastidio e quindi difficoltà visiva in
presenza di forte luminosità o al contrario nei luoghi poco illuminati, poi è quella di non vedere gli
oggetti piccoli, ad esempio se cade una vite in terra, i genitori si rendono conto che c'è qualche cosa
di strano da parte del bambino, al momento della scuola poi la manifestazione diviene palese nel
caso non sia stata diagnosticata in precedenza, infatti il bambino ha enormi difficoltà nella lettura, e
l'oculista si rende conto subito di non trovarsi di fronte ad un caso di forte miopia o simili, e con dei
semplicissimi esami completamente indolori che consistono nel guardare il fondo dell'occhio e nel
fare l'esame del campo visivo, che vengono effettuati ambulatoriamente o allo studio dello
specialista, può facilmente diagnosticare la patologia.
Cure o interventi anche solo in grado di rallentare il processo della malattia riconosciuti
dalla Medicina Ufficiale ad oggi non esistono, anche se sono stati fatti numerosi esperimenti e se ne
continuano a fare di nuovi in tutto il mondo, questi non sembrano aver ancora dato successo
effettivo e duraturo nel tempo sui pazienti presi in esame; è quindi importante la ricerca scientifica,
la quale può essere aiutata da tutti noi. L'utilizzo delle cellule staminali, ancora in fase di studio,
sembra dare speranze di guarigione per molte patologie genetiche tra cui anche la RP.
A tal proposito bisogna diffidare da eventuali speculatori senza scrupoli che propongono o
promettono soluzioni, cure o interventi miracolosi.
La vita, almeno per quanto mi riguarda considerando che con questa patologia io ci sono
nato e ci ho sempre convissuto, mi sembra abbastanza normale, nel senso che non ho avuto il
trauma di trovarmi da un giorno all'altro a "brancolare nel buio". Infatti, la degenerazione, almeno
nel mio caso è stata estremamente lenta: se la cosa fosse avvenuta improvvisamente, penso che mi
sarei trovato in serie difficoltà, molte di più di quante non ne viva attualmente.
Comunque devo dire che nascendoci si imparano a fare cose che normalmente una persona che ci
vede bene non penserebbe mai di fare. Ad esempio io quando faccio una scala per la prima volta,
mentalmente conto i gradini e ne memorizzo la loro esatta disposizione, in maniera che la seconda
volta che la dovessi percorrere, potrei farlo tranquillamente senza neanche pensarci e magari anche
correndo, e così si svolgono un pò tutte le cose di tutti i giorni. Questo, ha fatto sì che molte persone
che mi conoscono, non sanno assolutamente l'effettiva gravità della mia situazione, ma parlandone
mi sono accorto che spesso il loro pensiero è quello che io sia un forte miope.
Non é assolutamente una cosa semplice descrivere come un ipovedente retinopatico vede
una qualsiasi cosa.
Si deve considerare che chi é affetto da Retinite Pigmentosa, proviene generalmente da un
discreto residuo visivo, e datosi che l'evoluzione della malattia, pur non avendo un decorso uguale
per tutti é generalmente lento, il cervello si abitua a compensare le mancanze visive attraverso
l'esperienza acquisita fino a quel momento.
Basti pensare che se una qualsiasi persona, sia essa ipovedente che normovedente, ad occhi
chiusi pensa alla parola "tavolo", immagina subito un ripiano con quattro zampe che lo sostengono,
e magari pensa al tutto di colore marrone. In realtà non ha visto assolutamente nulla, ma
l'esperienza ha fatto sì che al vocabolo "tavolo" il cervello abbia associato l'immagine, anche se
generica, di un ripiano con quattro zampe. Questo nel malato di R.P. avviene anche quando questi si
trova ad occhi aperti.
E' quindi sufficiente intravedere il famoso ripiano marrone per costruirlo mentalmente tutto,
aggiungendogli anche le zampe secondo un criterio ovviamente standardizzato, pertanto una volta
"visto", sarà però impossibile ricordare se le zampe erano tonde, quadrate, o lavorate, datosi che
non sono state viste effettivamente. Altra cosa può essere quella che una volta ricostruito, non ci si
renda conto che sopra di esso ci possano essere ad esempio un bicchiere o una bottiglia.
Il problema di rendersi o non rendersi conto della presenza del bicchiere sul tavolo non
comporta rischi, ma se pensiamo ad una strada, ci rendiamo conto che vedere un'automobile che
sopraggiunge diviene fondamentale.
Molto spesso il vero problema é proprio quello che il retinopatico si sente sicuro di se, forte
del fatto che l'abitudine e l'esperienza lo aiutano continuamente in tutte le attività quotidiane,
supplendo alla mancanza della vista anche con gli altri sensi, mentre invece l'imprevisto é sempre in
agguato, e sia l'esperienza che gli altri sensi in quel caso possono aiutare sì, ma fino ad un certo
punto. Il recepire il rombo di un'auto in arrivo, ad esempio, può farne individuare la direzione della
provenienza, ma non sempre permette di calcolarne l'esatta distanza, nonché la velocità da chi ne
sente il motore.
A tutto ciò vanno sommate le difficoltà provocate dall'abbagliamento dovuto a fonti
luminose e quelle presenti nella visione crepuscolare (emeralopia), che a mio avviso possono essere
considerate entrambe cecità totale anche se causate da situazioni luminose opposte.
L'esperienza, la sicurezza nei movimenti e l'autosufficienza pressoché totale che contraddistinguono
un retinopatico, fanno spesso pensare a chi non lo conosce o addirittura a chi lo conosce e sa della
patologia, di trovarsi di fronte ad un normovedente, forse un pò distratto, ma pur sempre una
persona che ci vede piuttosto bene. Come distrazioni vengono considerati alcuni atteggiamenti che
si possono verificare da parte del retinopatico in questione, come il fatto di incontrarlo per la strada
e non vederlo mai salutare il vicino di casa che conosce benissimo. Se lo osserviamo nel suo
ambiente più familiare come la propria abitazione considereremo distrazione il vederlo urtare una
sedia lasciata fuori posto o un cassetto dimenticato aperto. Tutti questi comportamenti e situazioni
che si vengono a creare non contribuiscono a far socializzare il soggetto con il mondo circostante, e
un pò il rifiuto della malattia che contribuisce a farlo rinchiudere in se stesso un pò questa aria di
scorbuticità magari solo apparente, e comunque le effettive difficoltà che vive la persona sia esse
palesi che occultate possono favorirne l'isolamento, e rischiano di farlo finire in depressione.
Ecco una breve descrizione e presentazione del mio sito internet non scientifico sulla R.P. e
delle motivazioni che mi hanno portato alla sua realizzazione e le conseguenze della sua messa in
rete.
Sito: www.francescaruiz.it/vincenzo
Nel sito è presente, oltre ovviamente alla descrizione della patologia, al modo di vedere di
un retinopatico, la mia storia di vita di persona "normale" (pur se con un handicap visivo così
grave) e una breve descrizione degli aspetti psicologici della R.P. e dei suoi coinvolgimenti sociali
realizzata da mia moglie psicoterapeuta.
Le mie principali occupazioni sono sempre state legate al campo dell'informatica. Dapprima
come utente ludico, poi come insegnante, in seguito come programmatore, ed in fine come
analista/sistemista e responsabile del settore informatico di una grossa Azienda nel campo turistico
(ricordo che non ho mai letto una pagina di un libro).
La mia crescita professionale, è sempre avvenuta grazie al mio impegno ed al mio interesse
per la materia, e spesso spinto dalla voglia di imparare cose nuove, mi inventavo problematiche
inesistenti per poi poterle risolvere nella maniera più idonea possibile. Facendo tutto ciò e
supportato da corsi, sempre per normovedenti, e quindi con una utilità relativa per me, ho raggiunto
dei livelli professionali ragguardevoli che forse all'inizio non mi sarei mai aspettato di ottenere.
Quando è "nato" internet, ancora una volta si è posto il problema di imparare a fare una cosa
nuova: realizzare siti web, e come al solito dovevo inventarmi una scusa per poterne creare uno, ma
mi serviva un argomento che conoscessi bene. A quel punto mi sono detto che, come chi scrive un
libro per la prima volta generalmente fa un'autobiografia, io avrei potuto parlare di me, e
immediatamente mi sono reso conto che l'handicap visivo che mi ha sempre accompagnato mi
aveva condizionato tutta l'esistenza, quindi quale argomento migliore de La Retinite Pigmentosa? E
così ho cominciato a realizzare il sito.
Praticamente un gioco come tutte le altre volte, ma a differenza delle altre esperienze, che
erano sempre e comunque in funzione della soluzione di problematiche aziendali, questa volta era
una cosa che riguardava solo me, la mia vita e le mie esperienze. Il "problema", se così si può dire,
è sorto con mio grande stupore, quando una volta messo in rete il sito, mi hanno cominciato a
scrivere persone sconosciute. E' stato solo in quel momento che mi sono reso conto che avevo fatto
un qualcosa che senza accorgermene suscitava molto interesse ed era di grande utilità ed aiuto per
molti.
Oggi, a distanza di circa sei anni dalla pubblicazione del sito, posso dire che tra le persone
che mi contattano, la maggior parte sono donne (70%) tra i 20 e i 40'anni, di cui circa la metà sono
affette da R.P. e il restante 50% sono parenti o amici di soggetti portatori della patologia. Spesso la
scusa del contatto è chiedere informazioni su eventuali terapie mediche o chirurgiche; poi si aprono
con confidenze, raccontando la loro esperienza problematica di persona che non accetta la
condizione, anche perché spesso non accettata dai familiari (genitori compresi). Sporadici ma
purtroppo esistenti casi sono quelli di persone che se ne vergognano addirittura evitando i rapporti
con l'esterno della propria abitazione. Per quel che riguarda gli uomini, le "scuse" del contatto sono
prevalentemente per richiedere informazioni di tipo tecnico: ausili, programmi di computer, ecc, per
arrivare sempre a raccontare la loro esperienza problematica di relazione con se stessi e con gli altri.
I contatti con chi mi ha scritto mi hanno fatto comprendere sin dalle prime e-mail ricevute,
di essere stato fortunatissimo ad avere avuto dei genitori così intelligenti e forse anche un po'
fortunati ad azzeccare il modo di educarmi facendomi vivere un'infanzia, un'adolescenza ed una
giovinezza normalissima come i miei coetanei ma allo stesso tempo senza mai perdere di vista il
mio stato fisico che comunque mi rendeva in tante situazioni differente dai miei coetanei. Questo ha
fatto sì che io oggi possa essere una persona che non vive l'handicap visivo che ha come una
menomazione di cui vergognarsi o autocommiserarsi o da ostentare agli altri al fine di ottenere
benefici o privilegi di ogni genere, ma credo di avere un approccio corretto con essa e con tutte le
implicazioni che ne comporti esserne affetto.
Purtroppo con il mio sito, io non so fino a che punto il mio aiuto e quello di mia moglie
(psicoterapeuta) riesca ad arrivare a destinazione. L'ideale sarebbe creare un'associazione, come già
ne esistono altre, dove queste persone potrebbero confrontarsi l'una con l'altra in riunioni (gruppi di
autoaiuto) in cui parlare delle proprie esperienze. Il tutto con la presenza della figura di mediatore di
uno psicoterapeuta, il quale in caso di necessità, oltre ad intervenire all'interno del gruppo, potrebbe
dare un sostegno singolarmente a chi ne ha maggior bisogno. Tutto ciò si potrebbe allargare anche
ai familiari ed agli amici degli affetti da R.P..

 

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Alcolismo: un problema sociale

Di Cristina Della Bianca

 

Esistono poche malattie che, alla pari dell'alcolismo, hanno il potere di
distruggere in modo tanto profondo e persistente l'integrità fisica e
psichica dell'individuo che ne viene colpito, oltre che della sua cerchia
familiare, minandone alla radice non soltanto il benessere del proprio
organismo, ma anche ogni tipo di rapporto interpersonale che egli ha
instaurato nell'ambito della comunità in cui vive, da quelli affettivi a
quelli professionali.
Assai prima che una patologia che colpisce il corpo, l'alcolismo è infatti
un malessere dell'anima, una vera e propria malattia sociale la cui
presenza, in alcuni casi devastante, in seno a un nucleo familiare
contribuisce in maniera inesorabile e duratura nel tempo a corroderne dal
di dentro la stabilità emotiva, compromettendo la relazione affettiva tra
l'alcolista e gli altri membri della sua famiglia, e le cui conseguenze non
mancano di farsi sentire non solo a breve, ma anche, e in misura forse
ancor maggiore, nel lungo periodo.
Ed è anche per questo motivo che l'alcolismo è da considerarsi a tutti gli
effetti assai più nocivo e pericoloso di altri tipi di dipendenza, come
può essere quella dalle droghe cosiddette pesanti: non solo perchè anche
l'abuso incontrollato di alcol può portare inesorabilmente alla morte, ma
anche in quanto, proprio a causa delle sue particolari connotazioni,
l'alcolismo diventa un problema troppo spesso sottovalutato, e che anzi il
più delle volte non viene neppure ritenuto tale, sia perchè, contrariamente
a qquanto avviene per la droga, l'alcol si può tranquillamente consumare
alla luce del sole (divenendo di frequente occasione di aggregazione e di
incontro con altre persone, amici o conoscenti), sia perchè oltretutto
è assai facilmente reperibile (basta infatti recarsi nel negozio più vicino
o al bar tra amici per assumerne una "dose", e per giunta a buon mercato).
Una persona che inizia a fare uso di alcol in modo continuativo e
indiscriminato può vedere insinuarsi a poco a poco dentro di sè questa
malattia terribile, che finisce inevitabilmente per coinvolgere nella sua
spirale distruttiva tutti coloro che circondano l'individuo che ne è
affetto, a cominciare dai familiari, fino ad amici, colleghi e conoscenti.
Il più delle volte però non è affatto semplice rendersi conto della
presenza di un problema, cosa che può avvenire anche dopo molto tempo:
questo sia perchè è alquanto sottile il confine tra consumo eccessivo della
sostanza e vero e proprio abuso (che porta senz'altro a forme di
dipendenza, fisica e psicologica), sia perchè l'alcol produce effetti
sull'organismo e sul tono dell'umore che possono variare enormemente da
individuo a individuo. Ma, soprattutto, è assai difficile per le persone
che vivono a stretto contatto con l'alcolista (nella fattispecie i
familiari, che con lui intrattengono legami di forte vicinanza emotiva), e
ancor di più per lo stesso alcolista, ammettere che il problema esiste, che
è reale, e che in un modo o nell'altro va risolto. I familiari infatti
tendono spesso, vuoi per timore di eventuali reazioni da parte del loro
congiunto, vuoi per paura di ciò che la gente potrebbe pensare, a salvare
le apparenze, a nascondere più o meno inconsciamente la presenza di un
pronlema pur tanto grave, finendo addirittura col negarlo contro ogni
evidenza, assecondando in questo modo i meccanismi perversi tipici della
malattia.
Ogni anno, in Italia e nel mondo, migliaia di persone si ammalano di gravi
patologie legate all'assunzione indiscriminata di alcol; e molte di queste
portano poi inevitabilmente alla morte. Ma dal problema dell'alcolismo
è possibile uscire, si può gradatamente riacquistare fiducia in se stessi e
negli altri e tornare a una vita pressochè normale. Si tratta certo di un
lavoro lungo e difficile, che richiede impegno, dedizione, tenacia e molta
forza di volontà, in primo luogo da parte dell'alcolista, ma anche dei
familiari e degli operatori del settore (medici, assistenti sociali, gruppi
di auto-aiuto). L'alcolista deve quindi percorrere un cammino faticoso e
irto di ostacoli, non soltanto per curare il suo organismo,
disintossicandolo dalle sostanze nocive che ha assunto per tanto tempo, ma
anche, e soprattutto, per tentare di guarire dal punto di vista psicologico
e spirituale: a questo scopo è preziosissimo l'aiuto di gruppi di sostegno
(di cui forse il più conosciuto è Alcolisti Anonimi), che offrono agli
alcolisti e ai loro familiari un valido supporto psicologico ed emotivo, e
che proprio per questo andrebbero frequentati in modo costante e
continuativo anche dopo molto tempo che la persona ha smesso di bere, al
fine di compiere un vero e proprio cammino spirituale che aiuta la persona
stessa a evitare in futuro pericolose ricadute, che sono purtroppo sempre
in agguato.
Ho raccolto una testimonianza che mi è parsa particolarmente significativa,
sia per i contenuti emotivamente molto forti, sia per il modo in cui è
stata raccontata. Questa esperienza dimostra che dall'alcolismo è possibile
uscire, riacquistando la fiducia e la dignità che sembravano perdute per
sempre, e tornando di nuovo a sorridere alla vita. La persona che si
racconta in questo breve scritto, una persona come tante altre, si ritrova
quasi senza rendersene conto immersa nel tunnel di questa malattia subdola,
che s'Impadronisce completamente della sua vita, in ogni minimo aspetto. Ma
solo dopo aver toccato il fondo decide di chiedere aiuto: il percorso è
lungo è difficile, ma proprio in quanto tale il ritorno alla vita è per
quest'uomo ancora più ricco di emozione, di gioia, di speranza per il
futuro.

Piccole schegge dei miei ricordi

di Bruno

E' come se la strada della mia vita, a un certo punto, fosse entrata in una
palude. Il percorso sembrava più breve, più facile, ed era dolce camminare
in quel melmoso silenzio, in quell'umida, appiccicosa penombra; alzare lo
sguardo, e veder roteare le chiome degli alberi.
Poco a poco la via più facile divenne faticosa, e i miei piedi
sprofondarono sempre più nel fango dell'alcolismo. Tentai di uscire da solo
da quella palude, ma sentivo sempre più una strana forza, che mi
risucchiava: era la maledetta dipendenza, che non volevo ammettere.
Gridai nel silenzio della notte, e senntii solo la mia eco. Per la prima
volta mi trovai solo, abbandonato da tutti.
Da due anni sapevo che esisteva Alcolisti Anonimi, e come tanti non
volevo ammettere di essere un alcolista, sebbene il mio curriculum, fatto
di ricoveri, incidenti, licenziamenti, amnesie e altro, testimoniasse in
pieno ciò che ero io.
Una sera, in preda alla più cupa disperazione, approdai al gruppo della mia
città, ubriaco fradicio. Stranamente, appena entrato nella "stanza dei
miracoli", a poco a poco mi snebbiai e rimasi stupefatto dal sentimento di
fratellanza, di solidarietà, che queste persone del gruppo emanavano. Erano
totalmente diverse da quelle che frequentavo abitualmente, per le quali la
denigrazione reciproca e il soddisfacimento dei bisogni materiali venivano
al primo posto. Rimasi colpito, fra le altre cose, dai tre numeri di
telefono che individui appena visti, alla fine della riunione, mi misero in
tasca. Capii che da quel momento non ero più solo.
E pensare che avevo tutto: lavoro, moglie, figli, salute e una discreta
dignità. L'alcol mi aveva bruciato tutto. Ora, però, intravvedevo un nuovo
cammino di speranza. In seguito, fui meravigliato dal forte spirito di
tolleranza che essi emanavano, accettando idee e atteggiamenti diversi dai
loro, e dimostrando comprensione per errori e difetti provocati dalla
malattia del mio alcolismo. Malattia che io, inizialmente, non accettavo.
Oggi, a distanza di tante ventiquattro ore, tutto è cambiato. Ho ritrovato
la famiglia, il lavoro, la dignità, la voglia di vivere. Non voglio più
sentirmi solo, come quel giorno, voglio aggiungere vita ai giorni che mi
rimangono. Ho perso tanto tempo, quando l'alcol era il mio padrone, e ora,
frequentando il gruppo e seguendo il programma, ho capito che anch'io sono
una persona coi miei difetti e i miei pregi, che però ha una marcia in
più: se un alcolista chiede aiuto io sono presente. Questo è il vero senso
di gratitudine nei confronti di Alcolisti Anonimi, che mi ha fatto trovare
il sapore della vita.

 

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RIFLESSIONI E CRITICHE

L'aborto è morte difendi la vita

Di David Lisi

 

Un giorno importanti uomini politici che si dovrebbero impegnare per migliorare le cose, approvarono (con il voto determinante di alcuni cattolici) una legge; una brutta legge la burocrazia la definì la legge 194, meglio nota come la legge che permette di abortire entro il 90° giorno dal concepimento; in altre parole si approvava una legge che dà il diritto di uccidere un essere indifeso. Grazie a Dio accanto a queste persone, vi era della gente buona e saggia la quale facendo una campagna di parrocchia in parrocchia, di chiesa in chiesa, riuscì a raccogliere le firme necessarie per indire il referendum abrogativo di tale legge; il referendum ebbe luogo nel maggio del 1981, ma purtroppo la maggioranza degli Italiani votando no impedì di fatto l'abrogazione di tale legge.Tengo subito a precisare che anche se abbiamo perso il referendum non dobbiamo rinunciare per nessun motivo nella nostra lotta in difesa della vita. Il fatto però,che mi rattrista di più è che vi è una schiera di pseudo-cattolici che sostiene che la 194 è una buona legge; vediamo di esaminare in quali casi secondo questi pseudo-cattolici è lecito uccidere un essere innocente ed indifeso.
1) Se non vi fosse la legge 194, l'aborto avrebbe luogo solo clandestinamente e a pagamento; benissimo sullo stesso principio potremmo dire che visto che il prezzo della droga è elevato e non è giusto che solo i ricchi si possono drogare, liberalizziamo la droga in modo da dare a tutti la possibilità di drogarsi.
2) Se una donna viene violentata rimanendo poi gravida, alcune frange di pseudo-cattolici ritengono l'interruzione di gravidanza un diritto, ma se andiamo a esaminare la situazione ci rendiamo facilmente conto che il vero colpevole non è il nascituro, ma il violentatore contro il quale occorrono leggi severe, ma come precisa l'art.27 della CostItuzione la pena deve essere rieducativa.
3) Quando l'ecografia mostra chiaramente che il feto è malforme, questi pseudo-cattolici ritengono un atto di pietà non mettere al mondo un probabile portatore di handicap, ma la solidarietà e l'amore cristiano non si dimostra uccidendo una vita, ma prestandogli le necessarie cure per vivere dignitosamente.
4) Quando per la madre vi è il pericolo di morte nel caso in cui la gravidanza sia portata a termine, ma la morte della madre è solo presunta, mentre è certa la morte del feto
Concludo dicendo che la battaglia contro l'aborto è molto difficile, è come percorrere una strada in ripida salita, ma se al termine della salita riusciamo a giungere in vetta, sono certo che un giorno, sia pur tra mille ostacoli, riusciremo ad abrogare una legge assurda ed ingiusta; naturalmente tutto ciò lo potremmo realizzare solo se saremo forti e saldi nella fede.

 

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Possiamo comprare "intelligente"

Di Elena Aldrighetti

 

Spesso capita di sentirsi impotenti verso la povertà del mondo. In effetti è difficile poter pensare che, noi piccole persone non potenti, si possa migliorare la qualità della vita degli altri.
Secondo il mio modestissimo parere, qualcosa si può fare.
Quando decidiamo di acquistare, possiamo interessarci sulla provenienza di ciò che compriamo. Possiamo cercare di sapere a chi vanno i soldi, chi è il produttore e anche come viene prodotto ciò
che acquistiamo.
Non è la prima volta che faccio un articolo che parla di commercio equo. Mi scuso per l'insistenza ma, credo, tutti noi speriamo di poter vivere in un mondo migliore. Non possiamo sempre alzare le
spalle come se la cosa non ci riguardasse. L'indifferenza è il male peggiore, uno può essere pro o contro qualcosa, ma essere indifferente indica un'aridità d'animo notevole.
Per far conoscere meglio a tutti voi cos'è il commercio equo, vi riporterò alcune notizie in merito.
Il Commercio equo e solidale si basa sul alcuni criteri fondamentali: il rapporto con i produttori è il più possibile
diretto per evitare troppi intermediari i produttori si riuniscono in gruppi oppure in associazioni e si
basano sul principio della partecipazione( i soci contribuiscono equamente al capitale delle proprie cooperative e lo controllano democraticamente).
vengono privilegiate le coltivazioni biologiche e le produzioni eco-compatibili viene data priorità ai progetti che abbiano una ricaduta sociale verso la comunità in cui il produttore opera viene pagato un prefinanziamento al produttore (fino al 50% del valore della merce) e il saldo avviene appena la merce è
consegnata ai magazzini dei negozi di distribuzione dei prodotti equo.
Il prezzo pagato al produttore, corrisponde ad una retribuzione dignitosa del lavoro svolto; i costi reali di produzione vengono valorizzati; viene stabilito un accordo con chi produce;
uomini e donne vengono retribuiti nello stesso modo; il prezzo è stabile, non subisce influenze dagli sbalzi di mercato regolato dalle Borse e dalla speculazione finanziaria.
I magazzini di distribuzione raccolgono le informazioni riguardo ai prodotti ed ai produttori, attraverso informazioni dirette, frutto di visite presso i produttori stessi.
Le organizzazioni di commercio equo, si passano le varie informazioni sui produttori.
Vengono cercati referenti in loco.
Posso citare Ctm altromercato,la Cooperativa Chico Mendes.
Ctm altromercato è una cooperativa nata a Bolzano nel 1988 Il 28 giugno del 1998 l'originaria cooperativa Ctm(Cooperativa
Terzo Mondo), si è trasformata in Consorzio di Botteghe, assumento
il nome attuale di Ctm altromercato.
All'interno della stessa rete di Consorzio operano, in tutta
Italia, oltre 200 punti vendita.
Le Botteghe del Mondo funzionano grazie al lavoro volontario di
circa 3000 ragazze e ragazzi, uomini e donne che ogni giorno
investono il loro tempo libero in questo progetto.
La Cooperativa Chico Mendes è stata fondata nel dicembre del 1990
da un gruppo di studenti, e da allora, la cooperativa ha avuto una
crescita rapida e costante, in sintonia con lo sviluppo di tutto
il movimento del commercio equo e solidale italiano. Attualmente ha circa duemila soci e, grazie al sostegno dei soci lavoratori e di numerosi volontari, gestisce dieci botteghe Altromercato a
Milano e dintorni e il circolo culturale Chicobar; la cooperativa Chico Mendes sin dalle sue origini è socia del
consorzio Ctm altromercato, la maggiore organizzazione di commercio equo in Italia.
Può sembrare utopistico impegnarsi in questo tipo di attività, però credo che non si possa far finta di non vedere che, noi "sviluppati" occidentali, stiamo vivendo sulle spalle dei paesi più poveri.
Noi abbiamo un concetto di povertà diverso dalle popolazioni del cosiddetto terzo mondo.
Per noi, essere poveri vuol dire non avere i soldi per cambiare cellulare ogni tre mesi. Non poter fare crociere, viaggi nelle isole tropicali. Non poter cambiare la macchina, comprarsi capi
firmati,cambiare mobili in casa ecc., ecc.
Per le popolazioni orientali o dell'africa, basta guadagnare il necessario per sfamarsi.
Per noi occidentali è molto semplice farli lavorare dando loro meno del minimo sindacabile.
Credo che noi occidentali, non ci sogneremo nemmeno di alzarci dal letto se fossimo pagati come loro.
Le Cooperative impegnate nel commercio equo e solidale, mirano allo scambio di merce mettendo in risalto la dignità della persona. Spesso non è possibile acquistare tutto in maniera responsabile, però si può almeno prendere coscienza che il mondo è di tutti e che, tutti, abbiamo il diritto di mantenere la nostra
dignità.
Ricordatevi che i poveri, nella maggior parte dei casi, hanno più dignità di chiunque altro.
La qualità e la bellezza di una persona, non si misurano attraverso il tenore di vita e dal conto in banca.

 

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Foibe: queste sconosciute

Di Aries Dominghini

 

Oggi è il 10 Febbraio 2005 ed è la giornata del ricordo delle foibe.
Ma quanti sanno che cosa sia successo nell'autunno del 1943 e nel maggio del 1945?
Come spesso accade per tutti gli avvenimenti dove vi sono: torture, stermini o soprusi in
genere, la verità o l'esistenza di questi fatti, si vengono a sapere sempre con molti anni di
ritardo. In questo caso se ne comincia a parlare ora dopo 60 anni!!
L'intenzione di questo articolo è proprio quello di raccontare cosa è accaduto. Ho letto
alcuni articoli e ora proverò a riassumerli.

Il termine "foiba" è una forma dialettale del latino "fovea", che significa "fossa". Le foibe
sono create dall'erosione di corsi d'acqua; possono raggiungere i 200 metri di profondità.
Erano fosse comuni per esecuzioni collettive, le vittime principali furono italiani.
Le vittime o venivano fucilate dopo l'arresto, oppure venivano portate in campi di
prigionia, dove giacevano in condizioni disumane: frustati, bastonati, denutriti, spesso
costretti a picchiarsi fra loro per un pezzo di pane e per il divertimento dei loro
sequestratori, i prigionieri venivano solitamente uccisi a coppie, legati sull'orlo della foiba e
falciati con la mitragliatrice.
Furono due i periodi in cui si svolsero questi ignobili fatti:

Foibe del '43
La prima persecuzione iniziò nell'autunno del '43, tra il 9 settembre e il 13 ottobre dopo
l'armistizio di Badoglio. Dopo l'abbandono del territorio compreso daTrieste a Fiume da
parte dei soldati italiani, presero il comando della zona i partigiani sloveni.
Per capire meglio è necessario fare un passo indietro.
Dopo la prima guerra mondiale nell'Istria sbarcarono le truppe italiane. La popolazione
autoctona era composta, per più della metà, da slavi e croati che vivevano facendo i
contadini. La parte di popolazione italiana era invece composta da artigiani, commercianti,
lavoratori dell'industria e proprietari terrieri.
Nel 1920 il Trattato di Rapallo assegnò all'Italia Istria in maniera definitiva.
Ancor prima di suddetto trattato, quando vigeva ancora in questo territorio il regime
militare, la popolazione dell'Istria si trovò di fronte allo squadrismo italiano in camicia nera,
che qui fu particolarmente accanito e crudele.
Il regime fascista cercò di cancellare ogni forma culturale delle popolazioni croate e
slovene. Furono italianizzati cognomi. Nelle Chiese le messe vennero celebrate solo in
lingua italiana. Le lingue slovene e croate dovettero sparire da qualsiasi cosa, persino dalle
tombe sepolcrali. Gli italiani che tentarono di difendere i diritti degli slavi, vennero
eliminati.
Il risultato di tutto questo fu che gli slavi scapparono dall'Istria. Si stima una partenza di
circa 60.000 persone che andarono per la maggior parte nelle due Americhe, e il restante
numero nell'ex-Jugoslavia. Gli esuli comunque maturarono un'idelogia fortemente anti
italiana.
Nacque nella popolazione slava un forte nazionalismo che sarà alla base di ciò che
accadde nelle foibe.
A rafforzare questo nazionalismo anti italiano contribuì la politica fascista che, durante la
seconda guerra mondiale, portò gli italiani a combattere ed aggredire i popoli jugoslavi.
Il governo di Mussolini attuò ogni tipo di sopruso. Vennero creati dei veri e propri lager
italiani dove morirono 11.606 persone fra croati e sloveni. Morirono di stenti, di
maltrattamenti e di malattie.
Insomma in Istria vi era veramente un clima di terrore dove persecuzioni e nazionalismi si
scontravano.
Dopo queste premesse, passiamo a ciò che accade nel settembre del 1943.
Quando in questo territorio arrivò la notizia, l'8 settembre 1943, della capitolazione militare
italiana, si formarono gruppi di rivoltosi sia italiani che sloveni che si schierarono dalla
parte dei liberatori, scontrandosi con i gerarchi fascisti.
I fascisti non opposero molta resistenza e quindi l'11 settembre tutto era in mano agli
insorti. C'è da dire che la parola "fascista" e quella "italiano" assunsero praticamente lo
stesso significato.
Tutto sembrava andare per il meglio ma, il 13 settembre 1943, si incominciò ad avere
paura della reazione tedesca. Accade che, i capi, tutti italiani, del movimento dei rivoltosi,
decidero di opporsi con le armi, alla avanzata tedesca.
Questa decisione venne anche presa perché, nello stesso giorno, si apprese che a Pola,
capitale dell'Istria, i detenuti politici del carcere della capitale, aiutati dai carcerieri,
evasero.
Gli evasi furono però tutti uccisi dalle pattuglie tedesche arrivate sul territorio, con l'aiuto
di alcune truppe fasciste.
Lo scontro con le pattuglie tedesche fu molto duro e molti italiani e croati furono
massacrati.
Contemporaneamente a questi avvenimenti, il Movimento di Liberazione incominciò ad
arrestare i gerarchi fascisti e tutti coloro che si erano coalizzati con i tedeschi.
Gli arresti, preludio degli efferati infoibamenti, avvennero quasi tutti fra il 13 e il 25
settembre.
Da un articolo di Giacomo Scotti ho tratto questo documento per la prima volta pubblicato
in lingua italiana. Questo documento era negli archivi dell'ex Stato indipendente di Croazia,
creato da Ante Pavelic, duce fascista croato.
Insieme a Ante Pavelic contribuirono a creare questo documento Mussolini E Hitler. La sua
durata fu dal 10 aprile 1941 all' 8 Maggio 1943.
Il documento è stato rintracciato dallo storico Antun Giron di Fiume, da oltre tre decenni
impegnato presso il Zavodza povjesne i drustvene znanosti, Istituto di scienze storiche e
sociali, dell'Accademia croata di arti e scienze.
Lo studioso ha pubblicato il documento sulle pagine della rivista "Vjesnik PAR" -N.37/1995.
Si tratta di un rapporto segreto relativo ai fatti accaduti in Istria nel settembre-ottobre
1943, scritto il 28 gennaio 1944 dal prof. Nikola Zic, un pubblicista croato nato a Villa di
Ponte (Punat) sull'isola di Veglia nel 1882. In quel periodo lo Zic lavorava per i servizi di
informazione del Ministero degli Esteri dello Stato croato. Secondo Zic, "il popolo
considerava la rivolta popolare solamente dal punto di vista nazionale croato".
La sua relazione continua riandando ai primissimi giorni dell'insurrezione istriana:
"All'inizio a nessun Italiano è stato fatto nulla di male. I partigiani avevano diramato
l'ordine che non doveva essere fatto del male a nessuno. Ma qualche giorno dopo lo
scoppio della rivolta popolare (e cioè il 13 settembre, N.d.T.) alcuni corrieri a bordo di
motociclette sidecar hanno portato la notizia che i fascisti di Albona avevano chiamato e
fatto venire da Pola i tedeschi in loro aiuto e questi avevano aperto il fuoco contro i
partigiani. Poco dopo si è saputo che i tedeschi erano stati chiamati in aiuto anche dai
fascisti di Canfanaro, Sanvincenti e Parenzo, fornendogli informazioni sui partigiani.
Rispondendo alla chiamata è subito arrivata a Sanvincenti una colonna tedesca. Tutte
queste voci hanno creato una grande avversione verso i fascisti. Essi ci tradiranno! si
sentiva dire dappertutto. Pertanto partigiani e contadini hanno cominciato ad arrestare e
imprigionare i fascisti, ma senza alcuna intenzione di ucciderli. I partigiani decisero di
fucilarne soltanto alcuni, i peggiori, ma anche molti fra questi sono stati salvati grazie
all'intervento dei contadini croati e ancor più dei sacerdoti".
La relazione Zic prosegue informandoci della sorte di coloro che rimasero in carcere - le
prigioni principali gestite dai partigiani istriani erano quelle di Albona, Pinguente e Pisino -
sottoposti a interrogatori e giudizi dei "tribunali del popolo". "Purtroppo quando, alcuni
giorni più tardi, cominciarono ad avanzare i reparti germanici, i partigiani vennero a
trovarsi nell'impaccio, non sapendo dove trasferire i prigionieri fascisti per non farli cadere
nelle mani dei tedeschi. In questo imbarazzo hanno deciso di ammazzarli. Ne hanno uccisi
circa 200 gettandone i corpi nelle foibe. Tuttavia molti altri fascisti sono riusciti a scappare
raggiungendo Pola e Trieste, rivolgendosi ai Tedeschi per aiuto. Stando a quanto si è
saputo in seguito, i fascisti istriani avrebbero informato i tedeschi che nella sola Pisino si
trovavano 100 mila partigiani; in verità ce n'erano forse in tutto un paio di centinaia. A
questo punto il Comando germanico ha deciso di rastrellare l'Istria inviando nella regione
alcune divisioni SS corazzate".
Non è ancora possibile stabilire quante persone persero la vita durante l'insurrezione del
1943. I vigili del fuoco ispezionarono le foibe di Pola ma i dati dei cadaveri ritrovati sono
contrastanti. C'è chi parla di "qualche centinaio" e chi di "migliaia".
Foibe di aprile-giugno '45
Le foibe ebbero la loro massima intensità durante l'occupazione jugoslava di Trieste,
Gorizia e dell'Istria, dall'aprile fino a metà giugno '45.
Gli Alleati rientrarono a Trieste occupata dalle milizie di Tito. Tra marzo e aprile, alleati e
jugoslavi si impegnarono nella corsa per arrivare primi a Trieste. Vinse la IV armata di Tito
che entrò in città il 1º maggio alle 9.30. Contemporaneamente i titini occupavano anche
Gorizia. Dei partigiani garibaldini non c'era traccia. Erano stati dirottati verso Lubiana e gli
fu permesso di rientrare nella Venezia Giulia soltanto venti giorni dopo. A cose fatte. Come
scrive Gianni Oliva, gli ordini di Tito e del suo ministro degli esteri Kardelj non si
prestavano a equivoci: «Epurare subito», «Punire con severità tutti i fomentatori dello
sciovinismo e dell'odio nazionale». Era il preludio alla carneficina, che non risparmiò
nemmeno gli antifascisti di chiara fede italiana, nemmeno membri del Comitato di
liberazione nazionale.
Ci fu una vera e propria caccia all'italiano, con esecuzioni sommarie, deportazioni,
infoibamenti. In quel periodo solo a Trieste furono deportate circa ottomila persone: solo
una parte di esse potrà poi far ritorno a casa. I crimini ebbero per vittime militari e civili
italiani, ma anche civili sloveni e croati, vittime di arresti, processi farsa, deportazioni,
torture, fucilazioni. Tutto ebbe fine il 9 giugno quando Tito e il generale Alexander
tracciarono la linea di demarcazione Morgan, che prevedeva due zone di occupazione – la
A e la B – dei territori goriziano e triestino, confermate dal Memorandum di Londra del
1954. È la linea che ancora oggi definisce il confine orientale dell'Italia. La persecuzione
degli italiani, però, durò almeno fino al '47, soprattutto nella parte dell'Istria più vicina al
confine e sottoposta all'amministrazione provvisoria jugoslava.
Quante furono le vittime?
Secondo alcuni: 20-30 mila. Ma un'indagine minuziosa del Centro studi adriatici raccolta in
un albo pubblicato nel 1989 le fa scendere a 10.137 persone: 994 infoibate, 326 accertate
ma non recuperate dalle profondità carsiche, 5.643 vittime presunte sulla base di
segnalazioni locali o altre fonti, 3.174 morte nei campi di concentramento jugoslavi.
Erano presi di mira tutti coloro che si opponevano al disegno dell'annessione della Venezia
Giulia alla Jugoslavia, compresi molti antifascisti, membri del Cln che avevano fatto la
Resistenza al fianco dei loro assassini. La "caccia al fascista", infatti, si esercitò, perfino
con maggiore precisione, nei confronti di antifascisti, i componenti dei Comitati di
Liberazione Nazionale di Trieste e di Gorizia, e gli esponenti della Resistenza
liberaldemocratica e del movimento autonomistico di Fiume. Dunque, infoibati perché
italiani. Lo sostiene anche lo storico Giovanni Berardelli: "La loro principale colpa era quella
di essere, per la loro nazionalità, un ostacolo da rimuovere al programma di Tito di
annessione del Friuli e della Venezia Giulia".
"Le foibe - sintetizza lo storico triestino Roberto Spazzali - furono il prodotto di odii diversi:
etnico, nazionale e ideologico. Furono la risoluzione brutale di un tentativo rivoluzionario di
annessione territoriale. Chi non ci stava, veniva eliminato".
I motivi del silenzio sulle foibe
Secondo Gianni Oliva, alcuni fattori politici hanno contribuito a confinare per mezzo secolo
il ricordo delle foibe nelle commemorazioni locali. Sarebbero la rottura tra Tito e Stalin
avvenuta nel 1948, il fatto che militari fascisti commisero in Jugoslavia reati di guerra per i
quali non furono mai perseguiti, la subordinazione politica dell'ex Pci alle esigenze del
comunismo internazionale e alle spinte nazionaliste di Tito.
Col passare del tempo si è finito per voltare pagina e, negli ultimi anni, anche su iniziativa
degli ex comunisti, si è fatta luce su questi episodi.
Il prof. R. Battaglia scrive: "Il sottosuolo dei vasti altipiani carsici nasconde un
mondo di tenebre: abissi verticali e cupi cunicoli che si perdono nel silenzio
delle profondità terrestri, caverne immense, tortuose gallerie percorse da
fiumane urlanti, sale incantate rivestite di cristalli, antri selvaggi che la fantasia
del volgo popolò di paurose leggende". In Istria sono state registrate più di
1.700 foibe
Le foibe furono utilizzate in diverse occasioni e, in particolare, subito dopo la fine della
seconda guerra mondiale per infoibare migliaia di italiani, antifascisti e fascisti, colpevoli di
opporsi all'espansionismo comunista slavo propugnato da Josip Broz meglio conosciuto
come Maresciallo Tito.
Insomma, pulizia etnica ai danni degli italiani, tanto che Kardelj (vice di Tito) poté
affermare orgogliosamente che "ci fu chiesto di far andar via gli Italiani con tutti i mezzi e
così fu fatto".
Speriamo che presto si possa sapere esattamente come si sono svolti questi tragici
avvenimenti.

Le informazioni le ho tratte da:
http://digilander.libero.it/lefoibe/indexx.htm
http://www.cronologia.it/mondo38v.htm

 

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Riflessioni varie

Di Maurizio Martini

 

Nei giorni scorsi, pensando all’articolo che avrei scritto e sul tema da trattare, mi son trovato a dover scegliere fra molti temi tutti impegnativi. Così alla fine, ho deciso di scrivere alcune righe, su due temi lontani fra loro, ma particolarmente importanti. Mi è d’obbligo iniziare dedicando qualche riga alle recenti elezioni avvenute negli Stati Uniti. Come tutti sapete, Bush presidente in carica è stato eletto per il suo secondo mandato, riscotendo un numero divoti popolari molto consistente. Che dire su questa nuova elezione? Difficile esprimere un giudizio. Certo, l’elezione di Kerry, non avrebbe risolto i problemi del mondo, per risolvere tali problemi occorrerebbero ormai persone in grado di compiere miracoli, mentre ultimamente quest’arte, sembra del tutto perduta. Quello che posso personalmente augurarmi, è che la politica del presidente Bush, abbia almeno due cambiamenti: primo, coinvolgere maggiormente le nazioni europee ed arabe nelle decisioni importanti, decisioni che poi provocano reazioni a catena che coinvolgono tutti. Secondo, penso sarebbe del tutto auspicabile che l’idea quanto meno fanciullesca, per non dire altro di combattere il terrorismo dichiarando guerre a destra e a manca a titolo preventivo, venga accantonata. Tuttavia, ritengo sia inutile ribattere su questo tema. Le posizioni sono state ampiamente discusse, analizzate, quindi ognuno di noi che lo voglia o meno, dovrà prendersi le proprie responsabilità di ciò che attende questo sciagurato mondo nei prossimi anni. Chiusa la parentesi statunitense, desidero spendere due righe su un libro che potrete scaricare dal nostro sito in maniera del tutto gratuita. Il libro di cui parlo, intitolato “Kankropoli, la mafia del kankro”, è stato scritto dal signor Mondini. Alberto Mondini, da moltissimi anni si occupa di un tema quanto mai delicato e ricco di risvolti oscuri nel quale il giro di miliardi di euro è praticamente infinito. Sto facendo riferimento al male del secolo, cioè il cancro, e alle varie cure esistenti, che la scienza ufficiale continua a negare. Questo signore, in molti anni di ricerca e indagini, ha redatto un vero e proprio dossier nel quale, potrete trovare una marea preziosissima di dati: nomi, cure, eventi d’ogni genere accaduti negli ultimi cinquanta anni di ricerca medica. Ebbene, sapete cosa risulta da questa indagine? Esprimerlo su carta sarebbe perlomeno difficile, tanti sono i dati disponibili. Comunque in sintesi possiamo affermare che: la scienza ufficiale propone per la cura del cancro due rimedi, chemioterapia, e radioterapia. Ecco, il libro in questione, rende pubblici molti altri rimedi esistenti aventi capacità curative molto valide, e il tutto senza produrre nel corpo del paziente danni spesso irrimediabili, prodotti invece dalle cure chemioterapiche. Quello che sconcerta, è che la scienza ufficiale, utilizza tutta la sua potenza economica e non solo, per occultare, negare in ogni modo l’esistenza di tali rimedi curativi. Ogni altro commento da parte mia, sarebbe superfluo ed inutile. L’invito che faccio a tutti i nostri affezionati lettori, è quello di scaricare il testo dal sito del periodico, e di farvi voi stessi un’idea della situazione vigente in questa parte di mondo che solitamente definiamo avanzata e democratica. Per tutti coloro che dovessero avere difficoltà nello scaricare il libro, basterà scrivere in redazione e provvederemo noi stessi ad inviare il testo in questione. Concludendo, invito tutti voi a leggere con attenzione l’articolo che segue. Si tratta di una relazione scritta dallo stesso Mondini. Sono sei paginette molto illuminanti. Mi sembra doveroso informare tutti voi, che la relazione da noi pubblicata, è la stessa, che il signor Mondini vorrebbe leggere e divulgare nel famoso programma “Maurizio Costanzo show”; relazione, che per motivi a dir poco discutibili, ad oggi non è stato possibile divulgare nel suddetto programma.

 

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