Giovani del 2000



Informazione per i giovani del III millennio numero 30 Settembre 2008

Direttore: Cav. Virgilio Moreno Rafanelli

Vice Direttore: Maurizio Martini

Redattori: Alessio Lenzi, Massimiliano Matteoni

Collaboratori di redazione: Elena Aldrighetti, Cristina Della Bianca e Luigi Palmieri

Redazione: Via Francesco Ferrucci 15 51100 - PISTOIA
Tel. 057322016
E-Mail: redazione@gio2000.it
Sito internet: www.gio2000.it

Tipologia: notiziario

Pubblicazione registrata presso il Tribunale di Firenze al n. 4971 del 26.06.2000

Gli articoli contenuti nel periodico non rappresentano il pensiero ufficiale della redazione, ma esclusivamente quello del singolo articolista.


ELENCO RUBRICHE

In questo numero:

Editoriale
Il campionato è nuovo, ma i problemi sono vecchi
di Maurizio Martini
Comunicati
Volevo guidare il taxi
Cucina
Tutti in cucina (parte quindicesima)
di Elisabetta Barsotti
Cultura
E lo chiamano razzismo
di Renzo Coletti
Fortune della ipocrisia
di Dino Terra
Filosofia, religione e dintorni
La felicità per l’uomo rimane sempre un miraggio
di Antonino Cucinotta
Hobby e tempo libero
Vedere con le mani
di Mario Mirabile
Lavoro
Odissea di un’assunzione
di Mario Lorenzini
Riflessioni e critiche
Intervista con il sindaco di Lampedusa Bernardino De Rubeis
a cura di Stefano Delù
Figli col turbo e figli in pattumiera: la raccomandazione fa la differenza
di Costantino Giuseppe Budetta
Sport
I cavalieri del vento
di Tiziano Storai

Editoriale


Il campionato è nuovo, ma i problemi sono vecchi


di Maurizio Martini

E' stato davvero un duro risveglio per tutti gli sportivi, ma non solo per loro, venire a conoscenza che già prima di iniziare il campionato di calcio 2008-2009 alcune centinaia di tifosi, o forse sarebbe meglio dire, di Delinquenti hanno letteralmente assaltato un treno costrinngendo i passeggeri che avevano pagato regolarmente il loro biglietto a scendere, mentre loro, presi da delirio di imbecillità, sono giunti da Napoli a Roma in maniera gratuita, insomma dimenticando che per usufruire dei mezzi di trasporto pubblico occorre acquistare un regolare biglietto, e l'acquisto presuppone un pagare. Purtroppo non è finita qui, magari! sarebbe stato quasi divertente. Purtroppo non si sono accontentati di questo atto davvero poco signorile, ma hanno pensato di fare qualche (carezza) al treno. E nel tempo intercorso per giungere da Napoli a Roma, le loro (gentili) attenzioni rivolte all'interciti hanno provocato cinquecentomila euro di danni. Sottolineo, cinquecentomila, o se preferite, un miliardo delle vecchie lire. Cosa deve fare? Cosa deve pensare un onesto cittadino? Scrollare le spalle argomentando, che, insomma, alla fine si tratta di poche persone rispetto alla stragrande maggioranza di tifosi perbene. Oppure potrebbe pensare che le cose stanno così e che nessuno le può cambiare. Ormai il pensiero dominante è quello che l'Italia è così e che non esiste cura. In questi casi ognuno esprime la propria opinione, ma davvero è molto triste vedere che le cose non sono cambiate. A causa di un manipolo di delinquenti, abbiamo ancora il recente episodio di un agente di polizia ucciso, poi un tifoso che ha fatto la stessa drammatica fine. Tutte conseguenze provocate da minoranze che nessuno sembra riuscire a fermare. Giunti ad un livello così basso e diciamo pure squallido, non resta che sperare nelle misure del ministro Maroni che ha deciso di usare il pugno duro, punendo le tifoserie violente. Quando in una qualsiasi situazione della vita l'ultima cosa che si può fare è quella di sperare, allora tutto il resto è inutile, quindi inutile sarebbe anche continuare ad approfondire l'argomento in questo mio editoriale. Fin quando la maggioranza dei cittadini non deciderà di darsi una svegliata in tutti i sensi, vuol proprio dire che di esseri umani pensanti ce ne sono sempre meno, ma in compenso aumentano proporzionalmente i vitelli da ingrasso, che come tutti sanno hanno il destino segnato. Finire cioè macellati.

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Comunicati


Volevo guidare il taxi


La vita di una non vedente tra Italia e America

E’ una donna coraggiosa, Elena Cinelli, ventisette anni, psicologa. Lo testimonia il suo libro d’esordio “Volevo guidare il taxi”. Una sorta di diario, che va dal 2005 al 2006. Un anno che la vede muoversi tra l’Italia e gli Stati Uniti. E imbattersi in più d’un problema, causato dai pregiudizi nei confronti della diversità. Perché Elena Cinelli è cieca da quando aveva sei mesi. Pregiudizi che alimentano paure. Che fanno avere comportamenti insopportabili. Ed Elena Cinelli annota. Annota quel che le accade negli Stati Uniti e in Italia. Che poi non registra alcuna differenza. Si lascia andare anche ai ricordi. Racconta affetti, amori. Mostra d’essere una tosta. Non vuole commiserazione. Ma rispetto. Non vuole aiuto, quello penoso, che ti urta. Ma farsi accettare per quello che è. Com’è. E un lavoro. Per sentirsi autonoma, indipendente, utile. E non molla neanche quando è chiamata ad affrontare ancora una prova, una battaglia: quella “contro una difficile malattia” che la costringe “ad affrontare un ulteriore percorso di crescita”. Bel libro. Che fa riflettere. Il cui titolo, “Volevo guidare il taxi”, è ironico, spiega la stessa autrice. “Da piccoli, quante volte ci pongono la fatidica domanda: cosa vuoi fare da grande? Io, quindi, cercavo di sdrammatizzare rispondendo di voler guidare il taxi”. Elena Cinelli, lastrigiana, scrive da sempre, soprattutto poesie, ancora inedite. “Volevo guidare il taxi” è nato quasi per caso. E ammette che non è una lettura leggera.

Titolo: “Volevo guidare il taxi”
Autrice, Elena Cinelli
Editore: Kimerik Edizioni.
Descrizione: pagine 300, Prezzo: 19,00 euro.

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Cucina


Tutti in cucina (parte quindicesima)


Ciao carissimi! Ben ritrovati!


Come sono andate le vacanze? A me, devo dire, sono andate davvero benissimo, peccato che siano volate!
Ho talmente amato queste vacanze che ho deciso di portare un po' del loro sapore anche a voi..... contenti?
Mi spiego subito...... Quest'anno ho trascorso le mie vacanze in Grecia, in particolare a Creta. Sono stata veramente molto bene, mare, sole e grandi abbuffate! Prima di rientrare ho comprato un bel libro di ricette e ora eccomi qua con alcune di queste per portare anche a casa vostra un po' dei sapori che hanno accompagnato le mie vacanze, spero piaceranno anche a voi come sono piaciute a me!

Prima delle ricette però qualche curiosità sulla cucina greca:

La Grecia con le sue innumerevoli isole baciate dal sole offre un tipo di cucina prettamente mediterranea. Il gusto dei greci per la vita e l'amore per
le cose semplici si riflette anche a tavola: olio d'oliva, melanzane, pomodori, zucchine, peperoni, carne d'agnello e pesce sono infatti gli ingredienti
che più vengono usati.
Come si è detto la cucina greca ha una lunghissima tradizione. L'arte culinaria si può dire è nata nella penisola greca e nelle colonie della magna Grecia,
che tanto hanno influenzato i costumi del nostro sud Italia.  I cuochi greci erano molto richiesti e ben pagati dai ricchi romani.
Una cosa molto curiosa è che il cappello bianco che oggi caratterizza gli chef di tutto il mondo nasce proprio in Grecia. Nel medioevo i cuochi che lavoravano
nelle cucine dei monasteri greci erano soliti indossare alti cappelli bianchi per distinguersi dai monaci che indossavano cappelli alti ma neri.
Fra i piatti principali meritano una menzione particolare la "moussakà", un pasticcio di carne e melanzane in cui gli strati di melanzane sono conditi con ragù di carne, ricoperti di besciamella e cotti al forno; i "souvlaki",
spiedini di carne e verdura; i "dolmades", foglie di vite ripiene di riso, cipolle e pomodoro con erbe aromatiche; la "tyropitakia", formaggio fuso al
forno in piccoli triangoli di pasta sfoglia. Celebri sono le insalate, fresche e gustose; famosa è l'insalata greca "choriatiki" a base di pomodoro crudo,
olive, peperoni, cipolle fresche a fette, pezzi di formaggio feta
(formaggio tipico greco fatto con latte di pecora).
Numerosi sono i piatti a base di pesce preparato arrosto, fritto, al forno o in zuppa.
Un altro ingrediente tipico, che non manca mai sulla tavola greca è lo yogurt, servito di solito con frutta secca e miele o impiegato per la preparazione
delle salse, come il "tzatziki", yogurt lavorato con cetriolo, aglio e olio.
La cucina greca é una cucina appetitosa, che spesso viene rallegrata dall'inconfondibile sapore della retzina, il caratteristico vino bianco greco (retzina
significa resina. A questo vino particolare viene aggiunta resina durante la fermentazione per allungarne la conservazione. Tracce di resina
sono state ritrovate in anfore antichissime dove veniva conservato il vino).
E prima di mangiare un pasto abbondante non si può non assaggiare l'"ouzo",
tipico aperitivo a base di anice.
Il caffè rappresenta un rito particolare: viene preparato nel briki versando la polvere di caffè e lo zucchero nell'acqua fredda. Poi si mette il
briki sul fuoco e aiutandosi con un cucchiaio si mescola bene in modo che il caffè sia ben sciolto. Quando l'acqua incomincia a bollire e la schiuma arriva
ai bordi del briki, si spegne la fiamma e lo si fa riposare per qualche minuto. Poi se ne versa un piccola quantità in ogni tazza in modo che tutte abbiano
la schiuma e poi si finisce di riempirle.
Sketos è il caffè amaro; metrios è quello che contiene un cucchiaino di zucchero; glykys è quello decisamente dolce.

Beh, che altro dire se non buon'appetito e alla prossima!


Crocchette di formaggio (Tirokeftedakia)

 

Ingredienti per 8 persone:
Preparazione:

Grattugiare grossolanamente il formaggio. Sbattere bene le uova, unire il resto degli ingredienti (tranne l'olio) e mescolare bene. Formare un composto ben compatto aggiungendo, se necessario, altro pan grattato. Formare delle crocchette e friggerle in olio bollente. Servire calde.


Polpettine all'origano (Riganokeftedes)

 

Ingredienti per 8 persone:
Preparazione:

Lessare le patate, pelarle e passarle ancora calde allo schiacciapatate. Unire il resto degli ingredienti (tranne la farina e l'olio). Mescolare bene e lasciar riposare il composto per una mezz'ora in frigorifero per farlo rassodare. Formare le polpettine, passarle nella farina e friggerle in abbondante olio bollente.


Tzatziki

Lo tzatziki è sicuramente una delle ricette più conosciute e apprezzate della cucina greca: è praticamente impossibile andare in Grecia e non assaggiare, anche per sbaglio, questa salsa. Grazie al suo sapore molto particolare e alla sua versatilità, i greci usano lo tzatziki per accompagnare la maggior parte delle pietanze, dal pesce alla carne alle insalate al riso.

Ingredienti per 6 persone:
Preparazione:

Grattugiare grossolanamente il cetriolo e strizzarlo bene per mandare via tutta l'acqua. Amalgamare il cetriolo con gli altri ingredienti. Guarnire con le olive.


Insalata di gamberi (Garidosalata)

Ingredienti per 6 persone:
Preparazione:

Pulire e lessare i gamberi in acqua salata aggiungendo un cucchiaio di aceto. In un'insalatiera mettere i gamberi, le patate tagliate a dadini, i cetrioli, i capperi e mescolare bene il tutto. In una ciotola mescolare gli ingredienti per la salsa e sbattere bene con una frusta. Irrorare l'insalata con la salsa e cospargere col prezzemolo tritato. Lasciare in frigo per circa mezz'ora prima di servire.


Moussakas

Ingredienti per 6 persone:
Preparazione:

avvolgere le melanzane nella carta stagnola e cuocerle in forno a 180 gradi fino a che risultano morbide. Lavare e pulire le patate, affettarle e friggerle leggermente in olio bollente. In una pentola scaldare l'olio e rosolare la cipolla, unire la carne macinata e dopo qualche minuto bagnare col vino bianco. Far evaporare il vino quindi aggiungere i pomodori pelati tritati e il prezzemolo, condire con sale e pepe e lasciar cuocere per 15 minuti. In una teglia da forno, stendere le patate in uno strato, condire con sale e pepe, disporvi sopra il composto di carne macinata e coprire con le melanzane che avrete tagliato a fette e condito con sale. Per finire stendete sopra uno strato di besciamella. Porre la teglia in forno caldo a 180 gradi e cuocere per 40 minuti circa.

Nota: Nella ricetta tradizionale le melanzane non vengono cotte al forno ma fritte. In questo caso, però, il piatto risulterà più pesante.


Galaktomboureko

Ingredienti:
Preparazione:

In una casseruola, sbattere insieme il semolino, 500 gr di zucchero e le uova. Unire piano piano il latte continuando a mescolare e portare ad ebollizione. Unire la scorza grattugiata dell'arancio e far cuocere la crema per qualche minuto mescolando continuamente. In una tortiera stendere il primo rotolo di pasta sfoglia lasciando che debordi dai lati della tortiera, punzecchiare con una forchetta il fondo e i lati e versarvi sopra la crema. Coprire con l'altro disco di pasta e ripiegare all'interno la pasta lasciata debordare in precedenza. Con un coltellino praticare delle piccole incisioni sulla pasta per evitare che gonfi. Cuocere in forno già caldo a 180 gradi per 30 minuti. Nel frattempo preparare lo sciroppo ponendo in una casseruola lo zucchero rimanente con 250 ml di acqua ed il succo di un limone. Portare ad ebollizione e lasciar bollire per 5 minuti. Sfornare il dolce e bagnarlo con lo sciroppo appena preparato.


Torta allo yogurt (Yaourtopita)

Ingredienti:
Preparazione:

Setacciare la farina con il lievito. Sbattere il burro con la metà dello zucchero. Unire la vanillina, la scorza di arancia grattugiata e le uova, una alla volta, continuando a sbattere. Versare poco alla volta la farina e lo yogurt, alternandoli, continuando sempre a mescolare. Aggiungere in fine il cognac e sbattere fino a formare un composto liscio e omogeneo. Imburrare e infarinare una tortiera, versarvi il composto e cospargere la superfice con le mandorle tritate. Infornare in forno già caldo a 180 gradi per circa 50 minuti. Far sciogliere sul fuoco lo zucchero rimanente con una tazza di acqua, portare ad ebollizione e far cuocere per 5 minuti. Versare lo sciroppo caldo sul dolce già freddo.


Nota: come avrete potuto notare i dolci greci sono estremamente carichi di zucchero per questo motivo le porzioni che vengono servite sono molto ridotte, Sono molto buoni ma rischiano di nauseare se se ne mangia una porzione troppo grande.

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Cultura


E lo chiamano razzismo


di Renzo Coletti

La fabbrica della disinformazione è diventata informazione alternativa, contro informazione, dialogo tra comari, ripetizione infinita della menzogna originale, diversificazione del suo significato, ampliamento della sua diffusione in ogni spazio possibile. Cosa significa appello contro il razzismo? Cosa significa manifestare contro il razzismo? Quando si è razzisti? Come lo si diventa? Se la sinistra ha terminato il suo ruolo politico di governo, la motivazione più evidente e palpabile con mano è dovuta all’avvallare ogni realtà e ogni problema venutosi a creare con l’accettazione di ogni forma di servilismo, proposto dal potere contro cui dichiarava di volersi opporre. La svendita di ogni cultura, sia pur minima, ha condotto un popolo di emigranti, forse il più conosciuto a livello internazionale, verso una forma di ribellione istintiva contro il traditore. La perdita di ogni diritto conquistato e raggiunto con lotte e sacrificio di vite umane esigeva vendetta. L’autodifesa non è razzismo, la paura neppure, la perdita di una identità tantomeno. Noi dovremmo manifestare contro chi ha espresso il suo smarrimento e la sua cultura tradizionale votando a destra e in particolare Lega Nord? Chi ha creato le condizioni per questa società sull’orlo del baratro? Chi ha svenduto il diritto al lavoro, o chi ha trasformato la vita in un inferno criminale e spudoratamente ipocrita? Chi ha creato il mito Berlusconi? Chi ne ha parlato sino alla nausea e l’ha incolpato di ogni male e disastro economico o persino ecologico? Chi ne sta parlando oggi come un puttaniere e magnaccia? Pensate che gli italiani si accaniscano contro un viveur che approfitta della sua ricchezza e il suo potere per spassarsela come sognerebbe di fare ognuno di loro? Ci siamo o ci facciamo? Chi è più responsabile di questo: il malgoverno, il cittadino, il moralista bigotto o il Papa in persona? In tutto il mondo, ma proprio tutto, la prima cosa che viene chiesta ad un italiano è come sta Berlusconi. Casuale? Se piove o tira vento, il colpevole è il Berlusca, se cala la borsa è ancora il Berlusca, se la pensione è ormai sparita, ancora il colpevole è il cavaliere, se la sanità pubblica non esiste praticametne più, ancora gli strali sono contro Berlusconi, se non nascono funghi ecco che saranno le corna che lui fa al parlamento europeo. Insomma la vogliamo piantare di dire stupidaggini? Vogliamo smetterla di pronunciare quel nome ormai così famigliare a tutti? Dove erano i sindacati, i partiti di sinistra, chi è stato al governo per mezzo secolo dopo la fine della guerra? Le regioni oggi più leghiste, non erano forse le più cattoliche dell’italia democratica e pluralista? Volete la prova tangibile della menzogna del razzismo italiano? Beh… andate a vivere la sera in un quartiere dove la prostituzione dilaga: sono forse neri o gialli i clienti che fanno la coda per il servizietto? Qualcuno è forse anti gay? Beh… osservi con attenzione e veda chi sono i prostituti più gettonati! Perché anziché manifestare contro il razzismo non si manifesta contro chi lo crea e lo sfrutta in ogni forma e modo? Perché non manifestare per un salario e un lavoro garantito anche per l’extra comunitario o chiunque compia un lavoro utile alla società? Perché non chieder la fine dello scandalo degli affitti per nababbi che viene chiesto per dei poveracci che si ammassano come sardine per poter pagare? Perché non ho mai sentito parlare un sindacalista di signoraggio bancario, stampa della moneta, oppure proporre una soluzione ad un problema qualsiasi che non sia a danno del cittadino più povero ed emarginato? Temete più uno zingaro o un banchiere? Vi siete mai domandati chi è il più pericoloso e il più ladro? Quando votate per un Prodi che è un goldmanboy o accettate di fatto che un ministro come Padoa Schioppa o che il presidente della banca d’italia sia ancora un ex dipendente e beniamino della Goldman Sax, una delle banche più potenti del mondo, cosa vi aspettate possa accadere? Avete mai sentito lamentele per la presenza di uno studente di qualsiasi colore, figlio di personaggi influenti e ricchi del proprio paese d’origine? Cosa significano queste contraddizioni? La verità è stata scritta e spiegata in ogni dove, scuole di partito e sindacali, quando c’era un partito e un sindacato degni di questo nome. Ricordate la lotta di classe e il socialismo? Ricordate i sacrifici e il sangue versato per garantirci un lavoro o una assistenza pensionistica adeguate? Chi ha lavorato all’estero forse ha dimenticato lo spregio e l’emarginazione di cui è stato vittima? Ha dimenticato la paura per le strade di tutto il mondo e i sacrifici spesso mai superati per malattie e morti provocate dalla cattiva nutrizione e dal freddo ? Personalmente ho visto dormire operai italiani in baracche di legno a 1600 metri di altezza, accendersi fuochi che hanno causato spesso incidenti ed addormentarsi con qualche sbronza di birra. Oggi molti di loro hanno fatto i soldi e sono quelli che non ti capiscono quando parli italiano e ti negano un favore. Vi ricorda nulla? “Banchieri, pizzicagnoli, notai, coi ventri obesi e le mani sudate… coi cuori a forma di salvadanai…” Ricordate De Andrè? A Genova usiamo un detto che tradurrò un po’ … “Quando la cacca sale lo scalino puzza” No! Cari lettori non è razzismo, è egoismo e cultura borghese. Chiusi in questa trappola mentale egoista e miope, non saremo più in grado di ritrovare la strada dell’evoluzione spontanea e garantista, ma scenderemo sempre più in basso ed infine tenderemo le mani a coloro che oggi disprezziamo solo per la loro povertà e i loro bisogni che abbiamo dimenticato di aver condiviso. Vergognamoci profondamente e visitiamo le nostre infamie nei campi di accoglienza, ma non chiediamo aiuto ad un dio tappabuchi; guardiamoci allo specchio e schiaffeggiamoci a sangue. La verità, se può interessarvi, è l’aver fatto finta di non sapere che tutti gli aiuti al terzo mondo hanno provocato la loro rovina e il nostro interesse. Abbiamo creato ciò di cui oggi ci lamentiamo e stiamo rincarando la dose. Non siamo un popolo di razzisti, siamo un popolo di cretini, proprio perché cretino deriva da cristiano. Un popolo che usa la Religione come alibi e con ipocrisia; un popolo che usa le sue capacità d’ingegno per auto distruggersi e non prima d’aver tentato di distruggere l’altro che non vediamo essere noi stessi come pure distruggiamo la natura che ci nutre anche spiritualmente.

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Fortune della ipocrisia


di Dino Terra

In un prezioso libro dedicato a lo spirito di conquista e usurpazione nei loro rapporti con la civilizzazione europea, Benjiamin Constant ha notato che
: "I dittatori non direbbero mai marciamo alla conquista del mondo... ma parlerebbero di indipendenza nazionale, di onore nazionale, di semplici correzioni
di frontiere, di interessi commerciali, di precauzioni suggerite dalla prudenza, gia che  è senza fine il vocabolario della ipocrisia e della ingiustizia". Fuori
dalla macroscopica lezione lasciata da Hitler, quanti onorati personaggi abbiamo intorno per rifilarci vecchie patacche. In genere questi signori , per la
loro escalation sociale, si fanno i lacché di un certo stato, di una certa chiesa , di un certo potere economico, pronti a rimestare in qualsiasi scontento
e aspirazione, di cui si fanno paladini per ricavarne un loro personale profitto. Tutto può far brodo per questi cuochi della propaganda. Secondo il vento
possono farsi esponenti anche dell’ansia di rinnovamento, di giustizia sociale di moralismo angelico, ma nella realtà sono e rimangono i mercenari delle
decrepite ideologie di questo sconquassato mondo.
E’ facile parlare di libertà , molto più facile che barare giocando a poker, più facile che vangare pochi metri di campo. Le strade quotidiane sono cosparse
di manifesti, etichette , striscioni, insegne,posters ammalianti, tutti dedicati a onorare la democrazia e la libertà. Nel clima comodistico della nostra
apparente democrazia il cittadino gode delle libertà pratiche di comprare il giornale che preferisce, di dire la sua opinione sul governo, di sentir messa
o rifiutare i sacramenti. E però il cittadino fin dalla prima infanzia è stato talmente condizionato per un determinato servizio , che il suo giudizio
è critico solo alla apparenza. E’ assai difficile risolvere la problematica della libertà . Tuttavia per conoscere un po’ meglio la nostra comune condizione non si può non affrontarla. Anche
se la libertà è bifronte, estremamente elastica, adattabile alle più basse funzioni , sfruttata e dilaniata , e" pur sempre la prerogativa dell’uomo,
la sua nobiltà. E non dimentichiamo che coloro che hanno cercato di conoscerla nella sua intrinseca verità sono stati costretti a porsi fuori e contro
la loro società. Così insegna la storia, da Socrate a Bruno a Sartre . Per loscienziato la pura libertà è si", un assurdo, ma noi abbiamo imparato che  l’uomo stesso è una somma di assurdi. E dunque seguiteremo a ricercare i fantasmi  della libertà allo stesso modo che in matematica si fanno importanti
calcoli con le algebriche equazioni, cioè lavorando su delle incognite.
E poco importa che la libertà in assoluto non esista , quello che è importante
per l’uomo è l’appagare il suo sentimento della libertà, sentimento fondamentale della dignità umana.
Uno scrittore italiano di carattere risentito, nato oltre due secoli fa, Vittorio Alfieri , pubblicò a gli albori del diciannovesimo secolo un trattato
sulla tirannide che è ancora valido oggi, e di fresca attualità nonostante la rivoluzione , le guerre e i governi che si sono succeduti in Europa. E naturalmente
studiando la tirannide ha illuminato il suo contrapposto, cioè la libertà . Anche egli, in questa ricerca della verità si dovette porre in posizione
fortemente critica nei confronti del suo mondo, il quale conosceva solo due distinte libertà : quella di tipo spauracchio  per il popolaccio da comprimere
e quella personale di licenza  limitata ai propri sollazzi." Tirannide indistintamente  appellare si debbe , dice Alfieri, ogni qualunque governo in cui
chi è preposto alle esecuzioni delle leggi, può farle , distruggerle,infrangerle , interpretarle, impedirle , sospenderle, od anche soltanto deluderle,
con sicurezza di impunità. E quindi o questo infragilegge sia ereditario o sia elettivo, usurpatore o legittimo, buono o tristo,uno o molti, a ogni modo
chiunque ha una forza effettiva che basti a ciò fare, è tiranno: ogni società che lo ammette è tirannide, ogni popolo che lo sopporta è schiavo".
Bravo l'Alfieri, chiaro e preciso e più leggibile delle sue tragedie alquanto impolverate dagli anni. Seguitando a indagare sulle ragioni della dittatura,
Alfieri non ha timore di addossarne parte della responsabilita' alla religione. " Quella qualunque opinione che l'uomo si è fatta, o lascia fare da altri,
circa alle cose che egli non intende, come sarebbero l'anima e la divinità quell' opinione suol essere anche essa per lo più uno dei saldissimi sostegni della tirannide. L'idea che dal volgo si ha del tiranno, viene talmente a rassomigliarsi alla idea da quasi tutti i popoli falsamente concepita di un
dio, che se ne potrebbe indurre che il primo tiranno non sia stato il più forte, bensì il più astuto conoscitore del cuore degli uomini e quindi il
primo a dar loro una idea, quale che fosse, della divinità. Perciò, fra moltissimi popoli, dalla tirannide religiosa veniva creata la tirannide civile;
spesso si sono l' una e l' altra aiutate". E dopo aver illustrato i diversi modi della tirannide, Alfieri consiglia chi è costretto a viverci dicendo:"
Dico pertanto, che quando l'uomo nella tirannide vi si trova capace , mediante il suo ingegno, di sentirne tutto il peso, ma per mancanza di proprie e
altrui forze vi si trova a un tempo stesso incapace di scuoterlo, ecco deve allora un tal uomo per primo fondamentale precetto stare sempre lontano dal
tiranno , dai suoi satelliti, dagli infami suoi onori, dalle inique sue cariche, dai vizi,lusinghe e corruzioni sue, dalle mura , terreno,ed aria pefino
che il tiranno respira e lo circondano. In questa sola severa total lontananza, non mai troppo esagerata, ricerchi un tal liberuomo non tanto la propria
sicurezza quanto la intera stima di SE' STESSO;il vivere senza anima e' il piu' breve e il piu' sicuro compenso per lungamente vivere in sicurezza nella
tirannide".

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Filosofia, religione e dintorni


La felicità per l’uomo rimane sempre un miraggio


di Antonino Cucinotta

Se prescindiamo dalle concezioni religiose che assicurano la felicità nel mondo ultraterreno e se consideriamo la natura degli esseri umani, dobbiamo affermare che la felicità in questo nostro mondo rimane un miraggio, seppure irrinunciabile. Non vi è, infatti, chi non aspiri alla felicità la quale, peraltro, presuppone l’esistenza di una realtà perfetta inesistente.
Consideriamo ora i fattori negativi che ostano al godimento di una felicità permanente, o, comunque, prolungata nel tempo.
E’ evidente che l’uomo, essendo imperfetto è un essere caduco, fragile, debole e, come tale, soccombente di fronte alle molteplici sofferenze morali, fisiche e materiali che spesso lo affliggono; e soccombente di fronte ai molteplici bisogni esistenziali, ai soprusi e alle prepotenze della società che, in molti casi, ha eretto a sistema, la cattiveria, la violenza, la violazione della pace familiare e della quiete sociale. Come può l’uomo illudersi di realizzare la felicità se siamo tutti costretti a vivere nelle preoccupazioni, nelle ansie, nelle angosce e nel timore di catastrofi naturali e umane? Infatti, continuamente ci sentiamo avvolti e travolti nell’inarrestabile “Panta Rei” (Tutto scorre) universale e, alla fine, il sopravvenire della morte rende per sempre vano il nostro tentativo di organizzare al meglio la nostra esistenza. Comunque, tutti, ognuno a modo proprio, ricerchiamo la felicità e ognuno s’illude di poterla raggiungere nei modi più diversi. C’è chi ripone tale segreto nel possesso della ricchezza, nel benessere materiale, negli agi, nei divertimenti mondani.
Ma questi modi si dimostrano apparenze ingannevoli che non hanno mai fatto nessuno felice. Infatti, quante preoccupazioni creano le ricchezze in chi le possiede, spesso costretto a vivere con l’animo sospeso e scontento di sé. Né vive meglio chi pensa di assorbire o obliare nell’apparente spensieratezza il proprio “essere” e la propria coscienza soprattutto se riesce a rendersi consapevole dell’inanità dei suoi impegni di vita esteriore e mondana.
Non c’è neanche da credere che l’intellettuale e lo studioso possa realizzare la felicità nel “sapere” con cui tende ad approfondire la conoscenza delle cose se, come dice, l’Ecclesiaste, seguito dal pensiero filosofico di Arturo Schopenhauer, il “maggior sapere aumenta il dolore” e quindi l’infelicità; infatti, l’approfondimento della verità rende l’uomo più consapevole delle problematiche esistenziali e dei suoi limiti invalicabili, aumenta i dubbi e le incertezze che affliggono e tormentano l’uomo di cultura.
Né c’è da trascurare l’incidenza che hanno sullo spirito umano i rapporti sociali, spesso difficili e conflittuali che siamo costretti ad avere con i nostri simili. Cattiverie, violenze, soprusi, invidie, gelosie e malevolenze varie ci rendono inquieti e ci mantengono in uno stato di turbamento.
C’è quindi da riaffermare che per l’uomo la felicità rimane un miraggio se considerata come parte sostanziale del nostro “Io”.
Ma se all’uomo non è consentita la piena felicità, gli è, però, concesso di realizzare una vita, sempre entro certi limiti, appagata e serena, che gli consente di vivere momenti anche di autentica felicità.
Dipende, in buona parte, dal modo di organizzare la vita, coscienti di essere noi stessi artefici del nostro “Io”;dipende dalla consapevolezza della nostra finitezza e dalla nostra capacità di saper moderare i nostri desideri intesi come processo infinito e sapendoci adeguare, di buon grado, alle nostre reali possibilità. A questo fine, è fondamentale conoscere il nostro “Io” per una corretta conduzione e una chiara conoscenza delle nostre reali possibilità, così come ci viene indicato da Socrate, il saggio ateniese, che la Pitia, appunto per questo, dichiarò l’uomo più sapiente della città.
Seguire Socrate significa concepire la filosofia come continua conquista della verità, intesa come permanente rinnovamento del nostro “Io” in una continua consapevolezza di se stessi e dei propri limiti in cui lo stesso Socrate con il Gnoti seautòn (conosci te stesso) riponeva la felicità dell’uomo.
Tutta la saggezza della Grecia antica è volta al conseguimento dell’Eudemonismo, cioè della serenità spirituale, che può identificarsi con l’umana felicità possibile, e indica anche le vie da seguire per tale conseguimento. Si mette soprattutto in evidenza la padronanza di noi stessi, la buona educazione assimilata, la cultura formativa acquisita, il rifiuto di qualsiasi estremismo sia in eccesso che in difetto. Per gli antichi pensatori il “meglio” sta nel seguire la virtù, intesa come medietas, così come l’aveva teorizzata e sostenuta Aristotele che, a ragione, il divino poeta Dante, dichiarò “padre di color che sanno”. La frenesia dei tempi moderni, il misconoscimento dei valori che già Socrate e gli altri pensatori avevano considerato “universali”, le ambizioni sfrenate e la corsa al successo e alle ricchezze hanno certamente impoverito il nostro “Io”, ormai incapace di sacrificio e incapace di perseguire gli ideali con fermo impegno personale. Non meraviglia quindi che, stante questa situazione, spesso si finisca nella devianza, nella depressione e nell’infelicità.
Cerchiamo di seguire con spirito rinnovato gli esempi di eclatante serenità che ci viene fornita anche da coloro che, pur afflitti da gravi minorazioni, come ad esempio, può essere la cecità, sanno padroneggiare gli atti della propria vita quotidiana e vivere concretamente in condizione di serenità non priva anche di momenti di autentica felicità.

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Hobby e tempo libero


Vedere con le mani


di Mario Mirabile

L’Unione Nazionale Volontari Pro-Ciechi di Napoli, in collaborazione con il Centro Servizi Volontariato, Lega Ambiente Parco Letterario Vesuvio e il Museo Statale Omero di Ancona, ha organizzato dal 14 al 21 marzo, all’interno del suggestivo e prestigioso Monastero di Santa Chiara la mostra tattile “Vedere con le mani”, una mostra rivolta a chi è abituato a vedere soltanto con gli occhi.
L’idea è venuta dal Presidente dell’U.Ni.Vo.C. di Napoli e dalla sua voglia di conoscere e toccare le opere d’arte e si è concretizzata dopo la visita al Museo Omero di Ancona i cui responsabili hanno acconsentito alla realizzazione della mostra nella nostra città.
Con tale iniziativa si è tentato di individuare un percorso teorico e sensoriale che raggiungesse diversi obiettivi tra cui: promuovere la cultura della solidarietà e della cittadinanza attiva attraverso la simulazione di un percorso tattile che stimola alla riflessione delle difficoltà sociali; il reclutamento di nuovi volontari; la prevenzione e la riduzione di una particolare tipologia di emarginazione sociale mediante sensibilizzazione alla solidarietà e al senso civico; l’integrazione sociale di soggetti più deboli: bambini e anziani minorati della vista.
Durante i sette giorni della Mostra, circa 800 persone incuriosite ed entusiaste hanno potuto toccare le opere in esposizione. I visitatori, che avevano tutte le età, i venivano bendati prima di entrare nella sala Maria Cristina ove erano esposte le sculture, poi venivano accompagnati all’interno e posizionati davanti alle sculture che essi potevano delicatamente toccare, apprezzando i materiali, le temperature, le forme.
I notevoli sforzi organizzativi del Presidente Salvatore Petrucci e della sua Vice Maria De Mieri sono stati ripagati dal notevole successo della mostra che ha richiamato persone di tutte le età che per una volta hanno voluto apprezzare le opere d’arte con gli altri sensi e non soltanto con la vista.

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Lavoro


Odissea di un'assunzione


di Mario Lorenzini

L'inutile e insensata burocrazia, mista a errori e abusi d'ufficio non ha rispetto nemmeno delle persone più deboli. Quella che segue è la storia vera, non ancora conclusa, di un iter assurdo per assumere un operatore telefonico cieco.
Alcune premesse si rendono necessarie, al fine di far capire la sostanza dell'accaduto, i punti fermi sui quali non ci sono dubbi e non ci possono essere contestazioni:

1. poiché la vicenda si svolge nella zona di Pisa, anche se non farò nomi e cognomi, e ovvio che mi riferirò a enti o persone di quel posto.

2. i veri protagonisti del racconto sono l'incompetenza, l'inefficienza, la prepotenza, la maleducazione, le classi gerarchiche, l'arretratezza e la chiusura mentale e tecnologica degli Uffici.

3. I nomi delle amministrazioni menzionate, sono volutamente scritti in minuscolo, per lo sdegno provato.

4. L'ufficio in oggetto, presso cui dovrebbe essere assunto il centralinista non vedente, è il provveditorato agli studi di Pisa, il cui posto è vacante dal 16 dicembre 2006.

Quando un ente, pubblico o privato, è sprovvisto di centralinista, può rivolgersi al centro per l'impiego, ufficio collocamento disabili, facendo richiesta nominativa o attingendo dalla graduatoria. Per entrare in questa lista, generalmente molto scarna (per fortuna), è necessario aver frequentato il corso di centralinista non vedente e quindi essere in possesso del relativo attestato.
Patrizia, affetta da glaucoma congenito, termina tale corso con gli esami finali, il 6 luglio 2007. Siamo nel periodo estivo; gli uffici, con gran parte del loro personale in ferie, rallentano l'andamento delle pratiche. Ci informiamo presso l'unione ciechi dei posti disponibili per centralinisti non vedenti a Pisa, l'unico sembra essere Il provveditorato agli studi che, però, nonostante sia libero già da mesi, non ha ancora adempiuto agli obblighi di legge, ovvero comunicare all'ufficio disabili del centro per l'impiego tale disponibilità. Lo farà, dietro forzatura dell'UIC, soltanto il 28 ottobre 2007.
Tralasciando questo inizio di menefreghismo inadempiente, la palla è passata al centro per l'impiego, attualmente assorbito dalla provincia. Con tanti bei discorsi di promesse e previsioni di prossima entrata al lavoro, siamo arrivati a fine anno, con altri rallentamenti, le feste natalizie. A inizio 2008, subito dopo l'Epifania, io e Patrizia ci rechiamo direttamente all'ufficio disabili; qui troviamo la persona che da anni si occupa del collocamento dei non vedenti. Le cose sono un po' cambiate, in teoria in meglio. Dal 1999 la legge 68 si occupa del collocamento di tutti gli invalidi. anche se sono fatte salve le disposizioni della 113 del 1985, per il collocamento mirato dei non vedenti. Usciamo dalla provincia il 10 gennaio con un tagliandino che avrebbe dovuto dimostrare l'inserimento nella graduatoria dei privi della vista di Patrizia. Tale lista deve essere resa visibile, in tutti gli uffici del centro per l'impiego della provincia, per una settimana. Ci viene anche promesso che, nel giro di un mese o poco più, lei sarebbe entrata nel mondo del lavoro.
Ma non andrà così: una circolare, giunta in provincia, complicherà le cose. Tra le assurdità di questo comunicato, il fatto che l'impiegato che si occupa di stilare la graduatoria deve anche informarsi presso gli altri uffici del lavoro d'Italia che non ci siano non vedenti disoccupati o in esubero che potrebbero venire a lavorare lì! ASSURDO! INSENSATO! La persona che vuol trasferirsi in un'altra regione o provincia si interessa lei di contattare l'ufficio disabili dell'area presso cui spostarsi.
Prima di rendersi conto della sbagliata interpretazione di questa circolare, e dopo averci mischiato col resto degli invalidi, la cui graduatoria sta affissa 15 giorni e non 7, questa impiegata ci ha fatto perdere due mesi buoni, e così ci ritroviamo a marzo.
A questo punto la procedura prevede anche una visita per l'accertamento dell'invalidità. Nel caso dei non vedenti, una cosa INUTILE, in quanto se non ci fosse un'invalidità accertata, ovviamente dalla stessa commissione della stessa asl, non si potrebbe frequentare il corso per non vedenti che si svolge all'istituto Nicolodi di Firenze, e non si potrebbe godere delle provvigioni economiche come pensione di invalidità e indennità speciale di accompagnamento di cui Patrizia beneficia.
Ma facciamo finta di nullla. Le commissioni mediche sennò dovrebbero lamentarsi che hanno poco da fare anziché dire che lavorano troppo!
Nel frattempo non stiamo con le mani in mano. contattiamo un quotidiano di zona, Il Tirreno, scriviamo e pubblichiamo un articolo denunciando quanto sta accadendo. Il giorno dopo a casa di Patrizia si presenta il sindaco, con l'assessore al sociale, incredulo per la questione, dimostrandosi disponibile a dare una mano.
Comunque, il 13 marzo, ci rechiamo presso la commissione medica. Appresso abbiamo copia del quotidiano e un malloppo di cartelle cliniche, rilasciate dalla...asl! Quindi sanno già tutto, ma che ci andiamo a fare?
Un medico presente invita Patrizia ad alzarsi e a "far vedere come cammina". A questa cosa ci ribelliamo e Patrizia si rifiuta. Non si giudica il grado di vista da come ci si muove in una stanza. Conosco non vedenti che all'interno di un'abitazione si comportano come un normo vedente, però sono ciechi davvero!
Ce ne andiamo con la promessa che l'esito della "visita" sarà comunicato immediatamente e fin qui nulla da eccepire, sennonché tale esito deve passare, prima di tornare in provincia, dall'inps, dove è presente una commissione di verifica. Giustamente, diamo un po' di lavoro anche a loro altrimenti li mandano a casa! Ah, dimenticavo, i tempi di risposta dell'inps sono chi dice al massimo 30, chi dice 60 giorni. Chiaramente voi che leggete, avrete già capito che si propende per la seconda.
Per cercare di smuovere le cose ci rivolgiamo a un avvocato che si fa carico di sollecitare questa catena. Dopo alcuni incontri con l'inps, la provincia e il provveditorato questo legale riesce a far pervenire la risposta della visita collegiale alla provincia; tutti questi passaggi risultano notevolmente allungati anche perrché per inviare una comunicazione asl - inps - as- provincia, della stessa città, Pisa, non si usano gli ormai assodati e collaudati mezzi tecnologici come fax, e-mail o altro dispositivo informatico, bensì il normale, sorpassato e lento servizio postale! E poi si lamentano che ci vogliono più impiegati alle poste perché c'è troppo lavoro! Gli uffici postali sono letteralmente intasati non dai singoli cittadini, ma dalla valanga di comunicazioni che altri uffici pubblici ricevono o spediscono. Perché non si fa una legge che elimina questa sciocchezza? Imponiamo agli uffici che devono colloquiare fra loro di usare la posta elettronica, il telefono, il fax, la videoconferenza e altro ancora; mezzi informatici ormai disponibili in tutte le amministrazioni, ma che in certi uffici fungono quasi esclusivamente da arredamento.
Comunque, come detto, alla fine di questo intervento legale, il provveditore stesso assicura che Patrizia sarà al lavoro nel giro di una settimana. BUGIARDO! L'unica cosa che siamo riusciti a ottenere è di far tornare indietro l'esito della asl alla provincia nelle mani...della signora per il collocamento dei disabili citata all'inizio? nooo, la cara e competente signora, con esperienza oltre che ventennale nel settore, non esiste più. SPARITA! VOLATILIZZATA! Al suo posto troviamo, poverina, un impiegata che ce la mette tutta per essere gentile e disponibile, e che sembra cadere dalle nuvole quando chiediamo di parlare con la vecchia impiegata; quella che ha combinato l'arrosto iniziale e poi, come fanno i nostri politici, che dopo aver condotto una legislatura pietosa, si dimettono, senza pagare per gli errori commessi.
Ma andiamo avanti. Mettiamoci una pietra su. Come se avessimo iniziato nuovamente l'iter per l'assunzione. In tutto questo lasso di tempo non si contano le telefonate fatte all'uic, invitando il presidente a sollecitare la situazione. E dobiamo dire che lo stesso, ha avuto più incontri con la provincia e non solo, ma alla fine, si è reso conto della sua impotenza di fronte a questa macchina burocratica perfetta. Ancora, per cercare di sveltire l'invio dei primi documenti richiesti il presidente dell'unione ciechi ci fornisce il nominativo del responsabile, alla sede regionale di Firenze, per l'invio di tale materiale al ministero della pubblica istruzione da cui dipende il provveditorato. Ci dice anche che possiamo, previo appuntamento, consegnare personalmente tali carte in mano a tale persona. E così facciamo. Ci sentiamo nuovamente presi in giro, questo passaggio di informazioni tra gli enti dovrebbe essere effettuato in maniera veloce senza aiuti esterni; ma a questo punto, andiamo personalmente a Firenze. L'impiegato, preciso, puntiglioso e meticoloso, riceve le certificazioni. Ci avvisa delle altre carte che verranno richieste dal ministero, perlopiù autocertificazioni. Lo ringraziamo della disponibilità dimostrata. Da qui innanzi, ci comunicherà, a mezzo posta, dell'eventuale documentazione ricevuta o mancante per il ministero
Tra la documentazione mancante, il ministero chiede nuovamente che la provincia gli segnali il nominativo della persona avente diritto al posto. Cosa già fatta in principio. Ma non basta; la pomposità di alcuni organi esige che il nominativo venga comunicato con una formula rituale definita “designazione formale”. La stessa provincia si stupisce, ma è costretta a scrivere nuovamente al ministero questa cosa. Tanto per perdere altro tempo.
Siamo a fine
giugno. Arriva una raccomandata, è la asl. Per il giorno 10 luglio Patrizia è chiamata a visita. Una "VISITA DI CONFERMA DELLO STATO INVALIDANTE"! Patrizia è sull’orlo dell’esaurimento nervoso e non ne vuol sapere di fare altre visite. Ed è giusto così. Concordo con lei.
Prendo il telefono e chiamo il presidente uic. Gli dico che ho intenzione di contattare il responsabile di medicina legale scritto sulla lettera. Il presidente non si espone e mi lascia questo compito. Dopo alcuni tentativi riesco a parlare con il medico che ha firmato la lettera di convocazione a visita. Mi spiega, gentilissimo, che non dipende da lui, è il ministero della pubblica istruzione che la richiede. Ribatto dicendo che capisco che non sia colpa sua, ma al vertice di questo ufficio ci sono delle persone che chiedono documentazione ma non sono certamente oculisti, pertanto non possono sapere che la malattia di Patrizia non ha cura. Quindi, gli dico che non verrà a visita, e, se possibile, nell’ottica di una logica medica, lui possa indicare al ministero che il glaucoma è una patologia irreversibile, da qui l’inutilità di richiamare la persona a visita più volte. Il dottore si rende disponibile a procedere in tal senso.
Era forse troppo bello sperare di aver risolto gran parte di questa grana. A fine luglio una ulteriore lettera giunge da Firenze e ci informa che il ministero ha ricevuto la “DESIGNAZIONE FORMALE” del centralinista non vedente, ma manca ancora la conferma dello stato invalidante richiesta alla asl. Lasciamo passare alcuni giorni; i tempi postali magari le ferie, ci portano dopo ferragosto e a quel punto decidiamo ad informarci. Nell’ultima comunicazione leggiamo che la provincia non ha ancora inviato il responso della visita, e così capiamo che anche stavolta la asl non ha potuto inviare direttamente questa cosa al ministero perché spettava alla provincia. Telefoniamo quindi al centro per l’impiego della provincia ma loro ci dicono che non hanno niente in mano, la asl non gli ha inviato nulla. Risaliamo la china e chiamiamo anche la asl. Il medico responsabile è, giustamente, in ferie, ma per fortuna, rientra il giorno dopo E così chiamo nuovamente e ci parlo. Purtroppo l’amara sorpresa è che si ripete il giro fatto in precedenza. Il risultato della visita è negli uffici blindati dell’inps, e sarà trattenuto per 30, 60 o chissà quanti giorni, visti gli impiegati in vacanza.
Ad oggi, ultimi giorni d’agosto stiamo ancora aspettando che questo ente faccia il ping pong all’indietro con la asl e la provincia. Poi, con calma, quando tutti saranno in comodo, invieranno questa visita benedetta al provveditorato di Firenze. E non finirà certo lì; sono pronte altre liste di documenti da inviare al ministero.
Pare che per essere assunti come agente nei servizi segreti ci vogliano meno cartacce!
Non sappiamo ora se attendere inermi, o andare per vie legali. La voglia è quella di fare tanto tanto rumore. Quanto sta succedendo a Patrizia può accadere anche ad altri e non è affatto giusto. Abbiamo già il nostro handicap da sopportare quotidianamente, e ci sono leggi che dovrebbero tutelarci per un corretto inserimento lavorativo. Perché non si riesce ad applicarle? A farle rispettare?Una mano sulla coscienza e un po’ di serietà non guasterebbero.

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Riflessioni e critiche


Intervista con il sindaco di Lampedusa Bernardino De Rubeis


Trascrizione letterale a cura di Stefano Delù:

Qual è stata la reazione al suo appello alla chiesa che personalmente trovo molto giusto.

Bernardino De Rubeis:
Posso dire una cosa: da parte di molti italiani in queste ore ho avuto gli applausi per la mia affermazione. Io non volevo criticare quello che è l’operato della chiesa, della Santa Chiesa di Roma, del Papa né tanto meno quello che è l’operato di questi anni da parte della Caritas che da pochi assistiti nei primi giorni fino ad oggi non so a quanti milioni di assistiti sono arrivati.
Quello che il sindaco ha voluto dire in modo molto chiaro in un momento in cui il governo trova difficoltà nel poter recuperare posti nei centri di accoglienza e di permanenza; ho detto apriamo le porte a Cristo, apriamo le porte a questa gente che bussa e che non trova disponibilità, che trova difficoltà. E allora affinché si rendano disponibili quei posti per donne e per bambini e all’interno dei centri di accoglienza – e che non ce n’è di fatto perché di fatto sono strapieni – la chiesa si sostituisca nel venire incontro alle difficoltà dello stato, aprendo le porte di abbazie e di seminari. Se questa da parte della Caritas è sembrata una provocazione, allora non abbiamo capito nulla, è inutile che sugli altari predichiamo l’apertura, predichiamo la fede, predichiamo l’accoglienza, predichiamo l’amore verso Dio e per i fratelli che soffrono e poi ci limitiamo soltanto a fare due righe sui giornali o su quello che è il quotidiano della Santa Sede che sembrerebbe chissà che cosa. E allora apriamo veramente le porte a Cristo, apriamo le porte a questa gente sofferente che rischia come di fatto ha rischiato di morire in mare, donne e bambini in modo particolare - perché noi non sappiamo i dati precisi di quanta gente muore in mare, di quanti barconi effettivamente affondano - perché noi sappiamo solo quello che vediamo. Certamente lo Stato si deve adoperare in una politica diversa. Io sono convinto che questa gente si deve aiutare nella loro terra. Serve una politica più incisiva da parte dell’Italia. Quel buco legislativo che effettivamente lo Stato italiano ha su quello che è l’accoglienza o l’evento Sar per come si verifica con le vedette delle forze dell’ordine, - in modo particolare della marina e della guardia di finanza, - noi li andiamo a prendere dentro le loro case, questa è la verità. Lampedusa dista dalla Libia 60 miglia, 120 miglia dall’Italia, dalla costa siciliana, dalla Tunisia e allora arrivato a questo punto dico se li andiamo a prendere a 80 miglia, a 90 miglia, a 120 miglia, li stiamo andando a prendere mentre sono a casa che pranzano. Non è possibile questo ragionamento, dobbiamo cambiare metodo. E allora se c’è l’evento SAR che la gente si trova in difficoltà, aiutiamoli, evitiamo di farli annegare, perché nessuno vuole questo. Ma ormai questa gente si sente tranquilla di mettersi in viaggio su una nave, su una barca di 10 metri, con 100 o 200 persone, tanto dopo un quarto d’ora c’è la vedetta italiana che ci viene a soccorrere. E allora cosa stiamo facendo? Di fatto quello che il sindaco ha accusato (e mi prenderò tutte le dovute critiche da parte degli alti esponenti militari), siamo diventati tassinari delle organizzazioni malavitose, cioè le forze dell’ordine, la marina, è diventata a tutti gli effetti quell’operatore che di fatto non sta facendo altro che incentivare e agevolare questo fenomeno. E allora tanto vale, visto il fallimento politico da parte dei governi, creiamo a tutti gli effetti una nave che parte dalla Libia e che arrivi in Sicilia o a Lampedusa, mettiamo una tariffa accessibile, evitiamo a questa gente per procurarsi il viaggio di prostituirsi, di indebitarsi, di vendersi anche la vita, perché lei sa che per avventurarsi in un barcone della speranza ci vogliono almeno duemila Euro, e allora evitiamo questo smercio, leviamo questo affare, questo malaffare che gestiscono le organizzazioni malavitose.
Questo è quello che il sindaco voleva dire.
Non è possibile assistere a questo fenomeno epocale, parliamo di smercio umano, di smercio di carne umana e allora la chiesa non può restare silenziosa, deve, deve immediatamente intervenire, quello che è Sua Santità, altro che Olimpiadi della Cina, le Olimpiadi a noi interessano poco, qui c’è gente che muore e che purtroppo non viene assistita come dovrebbe essere assistita.

Stefano D.
Lei ha molto coraggio nelle sue affermazioni

Sindaco:
Le dico subito, dottore, che ho avuto la grande esperienza nella mia giovinezza di frequentare i seminari, perché studiavo da sacerdote e poi mi sono innamorato di mia moglie e ho lasciato e so effettivamente quello che sono le mie affermazioni. Io chiedo al Vaticano di intervenire perché purtroppo è un fenomeno epocale e che tutti devono scendere in piazza, tutti si devono rendere immediatamente operativi, perché purtroppo stiamo parlando di vite umane. Io in un centro che è nato di 400 posti e che poi ne ha ospitati fino a 1900 e che non ci sono quelle norme, quelle norme di igiene e di sicurezza, perché basterebbe un attimo che una testa calda lì avvii delle procedure di rissa per far scoppiare il centro. E allora se Lampedusa che è una piccola isola e vuole essere un’isola turistica, ma vuole essere anche un’isola accogliente, abbiamo dimostrato che non siamo razzisti, e lo Stato si deve far sentire. E allora il discorso che Lampedusa vive nel collasso quale centro di accoglienza e che poi i prefetti nel territorio italiano trovano difficoltà nel poter reperire posti e perché i centri di permanenza che ormai sono luoghi di detenzione per 18 mesi grazie al pacchetto di sicurezza, sono strapieni, i prefetti trovano difficoltà nei sindaci che hanno nei propri territori centri e che non vogliono il sovraffollamento del proprio centro nella realtà territoriale. E allora se Lampedusa è diventata una spugna che assorbe in continuazione e non può scaricare perché i centri sono pochi, allora qualcosa bisogna fare e allora serve l’intervento da parte di tutti, compresa la chiesa, e questa è la giustificazione del messaggio, affinché per donne e bambini che sono delle persone che non possono certamente far male per come lo potrebbe fare con grande tranquillità l’uomo, maschio in sé e per sé, seminari, abbazie, conventi devono aprire la loro porta, dare a disposizione i propri letti, mettere a disposizione quelle che sono all’interno del sistema religiose tutte quelle associazioni di volontariato, compresa l’azione cattolica, affinché aiutino questa gente, perché stiamo parlando di persone e non certo di bestie. Questo è il vero messaggio che il sindaco di Lampedusa con coraggio lancia al mondo intero e in modo particolare a sua Santità.

Stefano Delù:
Se ci sono persone che vogliono aiutare, come lo possono fare, di che cosa avete bisogno e a quale indirizzo si può inviare un aiuto che arrivi ai destinatari.

Sindaco:
Il messaggio di aiuto che il Sindaco chiede a tutta l’Italia e a tutti gli italiani e in modo particolare mi ripeto a quelle realtà locali di un certo livello, vedi le chiese, vedi i conventi, vedi quelli che sono gli ospedali e quant’altro, rendersi disponibili verso questa gente sofferente affinché venga aiutata. Non servono contributi monetari, perché guai se apriamo questo aiuto, perché poi andremo a finire in canali di malaffare sui quali il sindaco è contrario. Serve soltanto un impegno personale di ogni cittadino che è solidale a questo fenomeno, che capisca che Lampedusa è un’isola turistica e sta accogliendo. Il messaggio che il sindaco può lanciare lo lancia ai sindaci dove ci sono dei centri di permanenza, affinché anche loro si sacrificano nell’accogliere questa gente nei canali già ufficializzati, fino a quando il governo centrale non apre altri centri di accoglienza, perché di fatto questo è il desiderio da parte del ministro Maroni che vuole impiegare altre somme per aprire nuovi centri di accoglienza. Stiamo assistendo che molti di loro chiedono asilo politico e anche per questi già ci sono associazioni che lavorano e sono accreditate da parte delle prefetture, anche loro si adoperano su questo campo. Certamente quello che chiede il sindaco è un messaggio verso i governanti italiani, verso la comunità europea, affinché questa brutta storia, questo fenomeno epocale di morte, di sofferenza, finisca presto e questa gente venga aiutata nelle proprie terre, con una politica diversa.

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Figli col turbo e figli in pattumiera : la raccomandazione fa la differenza


di Giuseppe Costantino Budetta

Figli col turbo. In Italia, esistono diversi tipi di raccomandati come le differenti carte che si giocano nella vita. Ci sono i raccomandati forti, detti
anche raccomandati di ferro con altolocate conoscenze. Vi appartengono i figli dei notabili: grossi banchieri, industriali, notai, deputati al parlamento,
assessori regionali. Essendo una schiera dai contorni indefiniti e frastagliati, si potrebbero aggiungere i figli di rettori delle università, grossi sindacalisti,
medici primari, dirigenti di ASL e similari. I fortunati – rare le eccezioni che non mancano e che confermano la regola – alla nascita, hanno in tasca
il diploma con ottimi voti, la laurea con la lode, la specializzazione (optional) e qualche stage. Alcuni occupano posti da dirigente dopo la laurea triennale,
scavalcando intermedi passaggi. Per stoppare le obiezioni e le contestazioni dei surclassati nel ruolo, ci sono i titoli ottenuti dal raccomandato di ferro
non si sa come, né quando: carta canta, sbandierata a destra e a manca. Ci sono poi i raccomandati di ordine secondario con qualche difficoltà negli accessi
alle alte sfere. Questo tipo di raccomandato moderato e sfortunato deve sostare nel ruolo (rango) inferiore aspettando che il diretto superiore vada in
pensione, si trasferisca, o muoia d’ictus. Tolto l’intruso del rango superiore, ecco le carte del raccomandato che gli spianano la strada.

   Per mietere voti, i politici sbandierano la meritocrazia, panacea a tutti i mali. Un esempio sono le assunzioni del personale docente universitario.
I provvedimenti di legge – vedere Legge Berlinguer – e altri DPR sono stati emanati per avvantaggiare il merito ed eliminare sacche d’inefficienza. Utilizzando
come scudo la meritocratizia, è accaduto il contrario: carriere fulminanti in base al DNA, con docenti che in alcuni dipartimenti hanno lo stresso cognome.
Idem per i trasferimenti: docenti trasferiti in sedi idonee dopo appena due anni e mezzo nel ruolo. Per altri c’è impossibilità di avvicinamento nella
regione di appartenenza, neanche in base alla Legge 104. Sui giornali, si ipotizzò l’esistenza di una cupola transpartitica che gestiva i concorsi universitari
su scala nazionale, una struttura di corruzione simile a quella messa in atto nel calcio.
Figli in pattumiera. Quelli senza il paravento della raccomandazione forte hanno poche scelte. Possono emigrare in società dove si premia il merito e non
la Casta. Obbligatoria è la seguente precisazione. Nelle democrazie moderne come in Scandinavia, in Germania, Olanda e Danimarca, chi vuole lavorare nel
settore pubblico o nel privato dimostri di valere, di essere utile e di possedere ottimi curricula nei settori in cui chiede l’assunzione. Nelle vere democrazie,
è vietato assumere in base all’appartenenza politica perché ciò è discriminazione e falso ideologico. In Italia, invece si assume per raccomandazione (forte)
rafforzando così la CASTA. Gl’individui della Casta – che sarebbero circa 180 mila - sono i più avvantaggiati nella società italiana e mano mano che ci
si allontana da essa, si scende nella scala sociale fino ai gradini più infimi del degrado e dell’aberrazione. Nel medioevo, ci furono aspre lotte tra
Guelfi e Ghibellini e l’individuo giudicato solo in base all’appartenenza ad una delle due fazioni. Un esempio fu Dante Alighieri, sommo poeta esiliato
da Firenze perché discriminato politicamente.
 Una seconda scelta per i giovani non raccomandati è il DPR/3. Votato da opposizione e maggioranza, il DPR/3 prevede l’instaurazione in tempi brevi della
Grande Pattumiera che alloghi le eccedenze giovanili per un periodo variabile dai dieci ai venti anni. La discarica che contiene la GR è nel demanio
dello Stato ed è divisa in tre gironi: D1, D2, D3; D = disoccupazione. La D1 è esclusiva per giovani diplomati disoccupati, la D2 per laureati triennali
e la D3 per quelli con la specializzazione. Nella rispettiva pattumiera sigillato, il giovane ha un vitalizio mensile a seconda del girone: in D1 è di
600 euro; in D2 l’appannaggio è di 800 e in D3 si arriva ai mille euro. I fruitori del DPR/3 abbiano per modello Diogene il Cinico che visse in una botte,
contento del suo stato. Illustri economisti – statistiche alla mano – affermano il vantaggio di un simile parcheggio. Non è chiaro chi se ne avvantaggia.

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Sport


Un giorno con i cavalieri del vento


di Tiziano Storai

L’auto filava salendo le rampe selvose del Mugello, sotto il solito cielo imbronciato di questa strana fine di primavera. Stavo ripercorrendo al contrario la strada che nel 1315 portò l’anziano cavaliere Gherardo de’ Buondelmonti e tutta la sua gente, dal castello di Barberino alla Valdinievole, cercando gloria e ventura sotto le insegne guelfe e trovandovi, invece, la morte nella battaglia di Montecatini.
Anche se sempre di intrepidi cavalieri si parla, l’occasione odierna è infinitamente più fausta: il 12° Campionato Italiano “Homerus” di Vela, che ha fatto scendere in lizza sulle acque del Lago di Bilancino, il fior fiore della “italica cavalleria velistica” formatasi alla scuola velica gardesana.
Uno dei miei compagni di viaggio è Leo Iozzelli, presidente dello Yacht Club Montecatini. Leo è una persona sensibile, impegnato con il suo club in progetti sull’integrazione dei diversamente abili, ma ancora inconsapevole e scettico sulle potenzialità veliche dei non vedenti. L’ho tormentato così a lungo su questa storia, che non ha potuto esimersi, volente o nolente, dall’accompagnarmi.
La prima tappa è all’Hotel Barberino, poco dopo l’uscita dell’autostrada. C’è un po’ d’emozione nell’abbraccio col “Patu”, Alessandro Patucelli, uno dei “vecchi” istruttori di Homerus, che ha avuto l’onere, insieme a Claudio Valle di insegnarmi quel poco che so della vela (non perché non siano stati bravi loro, piuttosto perché sono “de’ coccio” io…)e con gli atleti: alcuni li conosco piuttosto bene, altri un po’ meno, ma la cordialità dell’accoglienza è generale.
Poi c’è l’incontro con Alessandro Gaoso, “il Grande Vecchio” di Homerus nella hall dell’albergo. Sono con lui, Dino Chiappini, responsabile delle relazioni esterne di homerus e Sante Bonomo delle Cantine Valtenesi, sponsor storico dell’associazione. All’inizio dell’incontro, non posso fare a meno di ritornare con la mente a quattro anni fa, all’ultimo giorno del corso di vela, quando improvvisamente mi ritrovai “Gaoso il terribile” in barca, intenzionato a fare delle prove con l’ATNA. Ero al timone e mi ritrovai in preda al più fantozziano “marasma totale”, quasi immemore di tutti gli insegnamenti ricevuti dal paziente lavoro del “Patu” e di Claudio.
“Poggia! Se ti dico poggia, devi poggiare!”, mi urlava da prua . Già, come se fosse stato facile fare anche la cosa più banale in quella situazione… Comunque sopravvissi e sopravvisse anche il mio amore per la vela.
Oggi, disteso e cordiale, Alessandro ha voluto esordire nel suo scambio di battute con Leo, precisando, giustamente e da subito, la differenza fra un velista non vedente ed un passeggero non vedente di una barca a vela: “Un equipaggio di vedenti con un non vedente a bordo, inevitabilmente, metterà quest’ultimo da qualche parte, in un posto dove non intralci le manovre. Difficilmente lo farà collaborare alla gestione della barca, e se lo farà, sarà sempre in posizione di esecutore passivo, ma mai e poi mai gli lascerà la conduzione della barca stessa. Il metodo Homerus, fa sì che siano i non vedenti a stabilire se la barca sta seguendo la “proper course” la rotta corretta, se le vele sono a segno, se è il momento di virare oppure no.”
Spiego ad Alessandro che Leo è lì, proprio per rendersi conto di persona di che cosa riescono a fare i non vedenti con una barca a vela e colgo l’occasione per chiedere a che punto sono le procedure per l’accesso della vela Homerus alle manifestazioni internazionali importanti come Olimpiadi o Paralimpiadi.
“E’ una strada lunga.” Mi risponde sospirando “Le Nazioni che aderiscono al metodo Homerus sono Israele, Svizzera, Australia, Nuova Zelanda, Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Spagna e naturalmente, Italia. Ma se hai notato il nome è “Para – limpiadi” e non “Para olimpiadi”. La manifestazione non è sotto i cinque cerchi olimpici, il CIO non ha concesso il simbolo ed il nome “olimpico” all’altro comitato, che ha vita, sponsors e federazioni proprie. Non è una questione facile: l’ideale sarebbe se alle Olimpiadi ci fosse una classe particolare, come ci sono le specialità uomini e donne, riservata a questi atleti.”
Lasciamo la hall dell’albergo. Gli atleti si sono già portati sul bacino di gara, presso la base del Circolo Nautico del Mugello e noi li raggiungiamo.
Le acque dell’invaso artificiale sono ferme. Sui colli circostanti rimbalza il brontolìo lontano di un tuono, c’è appena una capricciosa e salterina bava di vento, ma nella base nautica si avverte un gran fermento. C’è appena il tempo per conoscere il presidente del Circolo, Luigi Mercatali. “Oggi, a pranzo siete nostri ospiti!” ci urla mentre scappa all’ennesima riunione con gli Umpires e con gli Observers: c’è da ultimare il round robin e da approntare le semifinali, semprechè il vento abbia intenzione di collaborare .
Dalle informazioni che ho raccolto, uno dei grandi fautori di questa manifestazione ben riuscita è lui. Oltre a lui, non vanno dimenticati i soci del circolo ed alcuni angeli in incognito, le socie e le mogli dei soci del circolo, sovrane incontrastate della cambusa a disposizione di tutti e premurose hostess dell’evento .
Mentre Leo viene ingaggiato come observers sul gommone (c’è un solo posto disponibile e, per una volta, quello che deve apprendere è lui…) Faccio un giro per la base nautica. Effettivamente hanno fatto un bel lavoro, sistemando il piazzale, il molo con la ringhiera ed i percorsi accessibili. Insomma, ci si accorge che alla base del lavoro messo in opera, c’è l’ascolto delle esigenze di coloro che poi fruiscono delle strutture realizzate, senza traccia della “sindrome dell’esperto”, che sa tutto e non ha bisogno di confrontarsi con nessuno, tanto diffusa fra coloro che lavorano con i diversamente abili.
Poiché il vento continua a non dare segni di sé, spuntano le carte e gli aneddoti sulle precedenti giornate di gara. Esce fuori la storia di un timoniere killer (anzi, “una timoniera”, di cui l’etica mi impedisce di rivelare il nome…) che avrebbe speronato la barca avversaria, lacerandole la randa e che, di conseguenza, sarebbe la causa del ritorno del vecchio adagio maschilista che: “le donne…neanche in bicicletta dovrebbero andare!”.
Approfittando del momento di stand by, riesco a scambiare due parole con gli atleti. Faccio conoscenza con Luigi Bianchetti, uno degli ultimi prodotti del vivaio Homerus, saluto Silvia Parente, campionessa paralimpica di slalom gigante di sci, che ebbi la ventura di conoscere davanti ad una cupola di tortellini a Bologna, in occasione del “Rockbox Day”, Gigi Bertanza, il “Soldini de’ noartri”, un vero campione di questo sport, nonchè colui che mi trascinò fino a Bogliaco da Homerus e la gentile ed efficientissima Elisabetta Bardella. Scherzo con Danilo Malerba ed Andrea Pesaresi. Danilo è una benedetta testa quadra, che vuole fare tutto a modo suo, ma è uno dei principali promotori della vela in Toscana ed il compassato Andrea è un gran bel timoniere. Li conosco da un po’ di tempo, perché condivisi con loro l’esperienza del TAN a Livorno ed alcune uscite con l’Assonautica sempre di Livorno, anni or sono.
Ed ecco lì Egidio Carantini, l’uomo a cui Bill Gates chiede consigli di informatica, Antony Bersani, il velista che non si arrende mai, neanche se deve regatare contro Russel Coutts, ed i veterani Alessandro Malipiero, Anna Gamba, Enrico Sosio e Giovanni Bosio, per non parlare della simpatica Diana Tromboni.
A metà mattinata, finalmente, il lievissimo tintinnare delle drizze sulle barche ormeggiate, si trasforma nel robusto scampanìo, tanto caro a chi va a vela: madames et messieurs, voilà le vent!
Carte e schiacciatìne spariscono in un attimo, gli equipaggi impegnati nelle prime tre regate della giornata si preparano rapidamente.
Immagino le sagome slanciate dei J-24 ormeggiate al largo, mentre rollano dolcemente, in attesa dei loro equipaggi, dei loro cavalieri, trattenute alle bitte come puledri trattenuti dal morso.
E la gara, quella vera, ricomincia. Le regate “a bastone” (bolina/poppa, bolina/poppa) di match race, uno-contro-uno, si susseguono, impietose e al massimo dell’agonismo sportivo.
A terra, al di sopra dei calcoli di piazzamento fatti ad alta voce dagli equipaggi non impegnati nelle regate ed alle poche, maligne goccie di pioggia, , la radio gracchia le laconiche comunicazioni di servizio: “Overlap! Overlap! (ingaggiati! Ingaggiati!”, oppure le modifiche del percorso, imposte dal vento, fino alla “Black flag” in cui incappano Anna ed Enrico per non aver effettuato subito una delle due penalità inflitte loro dagli Umpires.
Alla base, arriva anche il sindaco di Barberino, Giampiero Luchi, per portare il suo saluto agli equipaggi ed a Mercatali, dando l’appuntamento a domenica, il giorno delle premiazioni.
Ed a proposito di premiazioni, poiché il campionato è stato serio, maledettamente serio, anche perché la prova ha rappresentato la selezione fra gli equipaggi italiani per il mondiale settembrino sul Lago d’iseo, qui di seguito è riportata la classifica finale al termine del round robin, delle semifinali e delle finali.:

timoniere prodiere
1° PARENTE SILVIA MALIPIERO ALESSANDRO
2° PESARESI ANDREA MALERBA DANILO
3° BERTANZA LUIGI BARDELLA ELISABETTA
4° GAMBA ANNA SOSIO ENRICO
5° BIANCHETTI LUIGI xxxxxxxxxxxx
6° BERSANI ANTONY BOSIO GIOVANNI
7° TROMBONI DIANA CARANTINI EGIDIO

Dopo un gustoso piatto di penne all’arrabbiata ed un buon bicchiere di vino, la mia giornata ai Campionati italiani di Vela Homerus, volge al termine. Metà degli equipaggi sono in acqua, così come Alessandro Gaoso e Luigi Mercatali. Leonardo ed io salutiamo gli atleti e i nuovi amici del Circolo che sono lì e ce ne andiamo.
“Se non l’avessi visto con i miei occhi, non l’avrei creduto possibile…” è il commento di Leo in macchina. Già… sono in molti, fra coloro che ci vedono e coloro che non ci vedono a non crederci. Ma Alessandro Gaoso ed i suoi cavalieri del vento continuano imperterriti a seminare amore per la vela e passione agonistica.
Non resta che sperare che il seme gettato nello Yacht Club Montecatini del presidente Leo iozzelli germogli e che la piantina
radicatasi nel Circolo Nautico del Mugello del presidente Luigi mercatali cresca sempre più robusta.
Gli altri, quelli bravi, faranno studi, progetti, discorsi, patrocini, celebrazioni, iniziative mirate… Facciano pure, a noi velisti interessano le emozioni, quelle che non si vedono, quelle che porta il vento.

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