Giovani del 2000

 

Informazione per i giovani del III millennio    numero 9    Giugno 2003 

 

Direttore  Prof. Carlo Monti

Vice Direttore  Maurizio Martini

Redattori  Alessio Lenzi, Mario Lorenzini

 

Redazione

Via Francesco Ferrucci 15

51100 - PISTOIA

Tel.  057322016

e-mail: redazione@gio2000.it

Sito internet: www.gio2000.it

Tipologia: notiziario

 

Pubblicazione registrata presso il Tribunale di Firenze al n. 4197 del 26.06.2000

 

Gli articoli contenuti nel  periodico non rappresentano il pensiero ufficiale della redazione, ma esclusivamente   quello del singolo articolista.

 

In questo numero:

 

Editoriale - Di Mario Lorenzini

ESOTERISMO, RELIGIONI E DINTORNI

Siamo già stati spesse volte sulla Terra? Vi ritorneremo? (seconda parte)- A cura di "Vita Universale"

 

La tecnica del dottor Jho - Di Corrado Malanga

INFORMATICA

Outlook Express (lezione 6) - Di Paola Vagata

 

Virus: quando il computer si ammala - Di Mario Lorenzini

CULTURA

Ingegneria naturalistica, che sapore!- Di Nicola Bigliazzi

 

MUSICA

Ancora una volta...San Remo...tra il vecchio e il nuovo vincono...le vallette - Di Vainer Broccoli

 

Nel segno di Cat Stevens - Di John Tracy

COMUNICATI

Un'associazione promettente al servizio dei minorati visivi - Di Mario Lorenzini

NORMALITA' E HANDICAP

Immagini viste da un cieco - Di Michele Di Monaco

RACCONTI E POESIA

Un giudice - Di Simona Convenga

RIFLESSIONI E CRITICHE

Per un mondo migliore - Di Elena Aldrighetti

 

Alex Zanardi vince la sua sfida più importante, quella col destino - Di Maurizio Martini

 

Più nuda (e cruda) di così...sotto gli occhi di tutti - Di Federicoi

 

Editoriale

 

Di Mario Lorenzini

 

Imparare dagli altri, o meglio, apprendere dai costrutti altrui. La parola d’ordine dei nostri tempi è “cultura”, intesa in tutti i sensi, anche pratica.

Per sfizio personale, ma anche per necessità, visto che gli ignoranti vengono beffati mentre i saputelli sanno sempre come tirarsi fuori dagli impicci. Ecco che allora dobbiamo sapere, di tutto di più, un po’ su tutti gli argomenti, anche se a volte predilegiamo quelli che ci piacciono maggiormente.

Ma come fare? Cioè, d’accordo, io mi documento, mi informo, studio, ma la conoscenza richiestaci dalla società è davvero imponente, e spesso, per mancanza di tempo, pigrizia o inadeguatezza di metodi, non riusciamo ad acquisirla.  Nes-suno può darvi un tempo maggiore di quello che già avete, a meno di non lavorare o cambiare alcune abitudini quotidiane; nemmeno la vostra indolenza potrà essere battuta, se non con ferrea volontà; solo il metodo può essere cambiato. Facciamo tanti errori nei modi che attuiamo per studiare, per impratichirci di un dato concetto, il più comune è quello più difficile da evitare, se non ci si è abituati, ma basta un po’ di pratica e il gioco è fatto.

Parlare troppo, in un dialogo tra due persone, l’una molto più preparata dell’altra, è uno sbaglio. Se dovete apprendere qualcosa che qualcuno vi spiega, sia esso un complesso teorema matematico o l’ultima legge in materia fiscale, dovete pensare che siete lì per imparare, e chi apre bocca ne sa più di voi. Quindi, non dovete ridurre il tutto a una conversazione da salotto per trascorrere un paio d’ore fra amici, non potete permettervi di parlare quanto chi vi sta di fronte.

Mi ripeto: parlare troppo, senza ascoltare, non va bene; si finisce per dire le cose che già sappiamo e poi si straparla.

Ascoltare invece è fondamentale per l’apprendimento. Non importa se con leggerezza o una minima distrazione, avrete sempre qualcosa che vi è entrato nel padiglione auricolare e, presto o tradi, giungerà al cervello. Coprire i vostri ragionamenti e quelli degli altri con le vostre parole è proprio da non fare assolutamente, giacché, nella foga del discorso, la vostra parola non viaggerà di pari passo col vostro pensiero, impedendovi di controllare ciò che dite. Parlate solo dopo l’altra persona, magari se notate la pausa per cambiare argomento. In quel punto potrete intervenire per chiedere chia-rimenti. Pensate a quando leggete una rivista (come questa): state lì, in silenzio, magari presi da un articolo in particolare, ed è quello il momento in cui, come spugne, traete il massimo dallo scritto.

Bene, per intanto allenavi col nostro giornalino, chissà, forse non sarà un pozzo di scienza, ma spazia in molti campi, e qui un altro insegnamento: poco, ma un po’ di tutto!

 

 

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ESOTERISMO, RELIGIONI E DINTORNI

Siamo già stati spesse volte sulla Terra? Vi ritorneremo? (seconda parte)

A cura Di "Vita Universale"

 

Gesù di Nazaret che disse: “Chi di spada ferisce di spada perisce”. Il Cristo intendeva con questa frase anche la legge di semina e raccolta, alla legge di causa ed effetto.

Alla luce della reincarnazione la frase di Gesù acquista una grande rilevanza, cioè un omicida potrebbe subire il suo stesso malefatto anche in un’incarnazione successiva.

In un altro punto, è tuttavia più chiaro e cioè nel Nuovo Testamento, nella lettera di Giacomo, dove si parla della ruota della rinascita, (che di solito si conosce solo nell’Induismo e nel Buddismo). Interessante è vedere che cosa hanno fatto le Chiese con questa ruota della rinascita. Semplicemente non l’hanno tradotta. Il testo originario dice: “La lingua degli uomini può mettere in movimento la ruota della rinascita”; il che significa, che se io offendo altri o dico qualcosa di malvagio, ciò può creare una catena di cause che mi porta a dover  riparare a ciò che ho causato, eventualmente in una altra incarnazione. Martin Lutero traduce semplicemente: “La lingua può incendiare il mondo intero”.

Tale affermazione, non c’è nella Bibbia, e questo è un esempio tipico di come è stato cambiato il patrimonio dei primi Cristiani.

Se ricerchiamo al di fuori dei testi biblici, troviamo dei documenti molto chiari che dimostrano che Gesù e i primi Cristiani credevano nella Reincarnazione.

Per esempio, Gesù dice in un colloquio: “Al momento dell’incarnazione dell’anima in un nuovo corpo, essa beve il calice con l’acqua dell’oblio”. Anche Platone ha detto qualcosa di simile; Gesù intendeva dire che le incarnazioni passate sono ricoperte.

Non devo sapere che cos’ero prima, in quale corpo la mia anima era incarnata in una vita precedente. Tutto ciò che è importante, mi ritorna in questa vita.

Mi opprimerebbe il sapere che cos’ero in vite precedenti. E nel vangelo di Tommaso, un vangelo famoso che è stato trovato nel deserto egiziano solo nel 1945, Gesù di Nazaret ha detto una frase molto interessante: “Oggi se vedete la vostra immagine vi rallegrate. Ma se voi vedeste le immagini che sono precedenti a questa vita, quanto le sopportereste?”

Questo vangelo, con questa frase degna di nota di Gesù, è stato trovato solo nel ventesimo secolo. E infine una frase di Gesù contenuta in un vangelo del secondo secolo che la Chiesa non ha accolto nella Bibbia sebbene sia un vangelo molto vecchio, più vecchio dei vangeli tradizionali: “Con la reincarnazione avviene il cambiamento del corpo e si viene rimandati nel mondo in base al tipo di peccati che si è commessi”

Non è un caso in quale veste veniamo al mondo, chi sono i nostri genitori, i nostri figli o il partner, tutto ciò ha a che fare, si potrebbe dire, sia con le colpe ma anche con il positivo delle nostre vite precedenti.

Possiamo dire che la reincarnazione è una conoscenza dei primi Cristiani ma, come si è detto, la Chiesa ha distrutto molti di questi scritti. Attorno al quattrocento ad esempio, poco dopo che la Chiesa divenisse una religione di stato, le truppe distrussero molti di questi scritti, ma certamente c’è molto di più in questa direzione.

Uno degli scritti, basati su un Vangelo ritrovato e arricchito dalla parola profetica dei nostri giorni si chiama “Questa è la Mia Parola” – Alfa ed Omega – il Vangelo di Gesù, che contiene anche molti fatti sulla vita del Cristo e anche una prospettiva sui tempi a venire.

 

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La tecnica del dottor Jho

Di Corrado Malanga

 

Quando abbiamo co-minciato a verificare la realtà dei fenomeni di abduction in Italia, abbiamo cercato anche di accumulare prove oggettive della realtà di un fenomeno che si presentava come estre-mamente elusivo nei confronti dell’osservazione. Da una parte c’era la soggettività di chi racconta ed evoca i suoi ricordi, dall’altra la mancanza di "prove oggettive". La presenza di cicatrici sul corpo dei rapiti o di impianti, di probabile natura aliena, nel corpo di questi poveri malcapitati, poteva fornirci dei dati che tagliassero la testa al toro, cioè che una volta per tutte dimostrassero la realtà del fenomeno preso in esame.
Allora eravamo agli inizi della nostra ricerca e pensavamo ingenuamente che bastasse portare una prova concreta alla comunità scientifica e questa l’avrebbe dovuta accettare. Non sapevamo ancora che la comunità scientifica non esisteva e non ci eravamo ancora accorti che il periodo degli scienziati era come quello dei miracoli… passato!
Comunque, in quell’ottica, facemmo alcune indagini che partivano come sempre dalle "rivelazioni" dei nostri addotti, che successivamente venivano controllate attraverso analisi di tipo medico. Partendo come sempre da alcune osservazioni condotte da Bud Hopkins, in America, sembrava potersi evincere che gli alieni utilizzassero una strana tecnica chirurgica e con una specie di "bisturi di luce", introducessero qualcosa nel naso dell’addotto durante il rapimento.
In effetti tutti gli addotti da noi conosciuti in Italia soffrono spesso di perdite di sangue dal naso, da una sola narice, di solito la destra ma non sempre. Durante questa strana operazione infatti, il medico alieno avrebbe abraso il tessuto parenchimatico della cavità nasale provocando una specie di fragilità capillare che poteva essere la causa di queste perdite di sangue. Successivamente Hopkins e noi potemmo constatare attraverso la Tomografia Assiale Com-puterizzata la presenza nell’ipofisi di un granellino scuro di circa tre millimetri che alcuni addotti avevano…da sempre. Non si trattava di un tumore, poiché questo è di solito molto più grosso quando viene scoperto ed appare comunque di colore più chiaro, come si può vedere in questa radiografia.
Il soggetto addotto ci raccontava in ipnosi che un "grigio", cioè uno di quegli esserini piccoli alti un metro e venti con quattro dita negli arti superiori, dotati di un dito opponibile, puntava una strana pistola, che sembrava quasi ad aria compressa, nella narice del soggetto e sembrava prendere la mira per sparare qualcosa, guardando in uno schermo, o qualcosa di simile, posto a volte dietro la testa dell’addotto che era sempre sdraiato su qualcosa che assomigliava ad un lettino. A volte lo schermo era ben visibile ed era posto di lato al soggetto che subiva questa strana posizione. Alcuni addotti raccontano anche di aver visto la figura di un cranio nello schermo ma nessuno faceva riferimento al proprio cranio.
Cioè, in altre parole, nessuno degli addotti ha mai pensato che quello che si vedeva nello schermo fosse il suo cranio. Comunque quando il grigio aveva ben bene preso la mira con questa strana pistola, sparava qualcosa nel naso del povero malcapitato che sentiva un dolore acutissimo, lancinante nel cervello, proprio tra l’occhio destro e la parte superiore del naso, con immediata conseguenza di perdita dei sensi.
In ipnosi i soggetti che avrebbero subito questa esperienza cominciano a respirare molto male, come se avessero il naso occupato da qualcosa e dicono di sentire il sapore del sangue in gola, aumenta a quel punto la frequenza di inghiottimento e il nostro paziente comincia ad imitare, mimando con la propria gestualità, una scena, come se avesse qualcosa di schifoso in bocca: "…è una strana pappetta gelatinosa, fredda, che entra in gola… mi dicono di star buono che fra un poco non sentirò più niente...". A volte uno degli inservienti alieni fa inghiottire anche una specie di pillola molto amara al soggetto dicendogli che dopo si sentirà meglio. I primi racconti di questo tipo risalgono addirittura al secondo addotto che esaminammo, da un punto di vista storico in Italia, quindi molti anni fa, quando ancora non sapevamo niente sulle tecniche operatorie non invasive nasali.

Ed ecco arrivare dalla Cina il dottor Jho, del Center for Minimally Invasive Neurosurgery Department of Neurosurgery, University of Pittsburgh. Riportiamo l'immagine della home del suo sito, mentre il sito web è consultabile qui. Come si può notare, la tecnica non invasiva di questo chirurgo è in grado di operare sulla pineale senza aprire il cranio ma passando attraverso l’osso sfenoide che viene praticamente sfondato in un piccolo punto.
Il problema nacque quando scoprimmo che con questo sistema si poteva non solo togliere qualcosa dal cervello del paziente ma mettere anche qualcosa a livello di ipofisi. L’apparecchio che serviva per mettere questo qualcosa era una strana pistolina a pressione praticamente identica a quella che veniva descritta dai nostri addotti. Ma la cosa ancor più interessante era costituita dal fatto che le cose che venivano ficcate attraverso il naso nel nostro cervello erano dei componenti elettronici in grado di monitorare attraverso sedici microantenne l'intera attività del cervello umano. Ed ecco come questa "brainradio" era fatta: la vediamo riprodotta nella foto.
Attraverso un sistema di reti a "ponti caldi", collegati con i satelliti artificiali, con questo aggeggino possiamo essere monitorati in tutte le parti del mondo. Sì perché l’aggeggino che non è più grande di circa due millimetri e mezzo funziona come un "trasponder" e riceve corrente elettrica praticamente via radio. Ciò vuol dire che non ha bisogno di alimentazione e che è praticamente eterno. Ma le nostre scoperte non finivano qui. Era già strano che i nostri addotti non avendo mai sentito parlare di "chirurgia transfenoidale" descrivessero perfettamente le tecniche impiegate già dieci anni fa. Era altresì interessante scoprire che questi addotti avessero anche il microchip nel cranio. Era però assai strano che le tecniche descritte in ipnosi dai nostri addotti ed ascrivibili a tecniche aliene fossero di dominio dei così detti Terrestri da pochi anni.
Era terrificante un fatto: che alcuni esseri umani fossero stati impiantati per essere controllati dagli alieni. lo sapevamo da tempo, ma anche da chi ci governa... questo proprio non ce lo aspettavamo!
Come facciamo a dirlo?
Semplice: andate a leggervi i brevetti, i famosi "patent" americani sulle nuove invenzioni per il controllo della personalità attraverso i trasponder cerebrali.
Scoprirete attraverso la consultazione di questi "patent" come si può alterare la coscienza umana, come si può far vedere e sentire cose che non ci sono, come si può alterare la percezione, i ricordi, le sensazioni sessuali, come si può far dormire, sognare, come si può eliminare un soggetto, per un infarto al miocardio, tutto via radio.

L’ultimo nato di questi microchip si chiama "angelo blu" e la ditta americana costruttrice lo reclamizza dicendo che sarebbe opportuno che tutti i bambini del mondo venissero impiantati fin dalla nascita con questi aggeggi, per questioni di sicurezza… di chi...? ci chiediamo noi.
Ci chiediamo a questo punto: da dove viene tutto questa tecnologia che i terrestri conoscono ma che i nostri addotti ci avevano già raccontato dieci anni fa?
Come questa serie di tecniche è stata appresa e, soprattutto, da chi e dove?
Vi ricordo che sembra proprio che gli impianti trovati addosso agli addotti abbiano percentuale isotopica diversa da quella terrestre quindi non venite fuori a dirmi che gli alieni non ci sono e sono quelli cattivi del "governo ombra mondiale" che attraverso un’operazione di "Mind Control" applicano la tecnologia dei trasponder nasali.
Ditemi piuttosto che, come diceva il colonnello Corso, queste tecniche sono un retaggio della retroingegneria catturata dallo studio delle presenze aliene sul nostro pianeta, ditemi che i nostri governanti vogliono utilizzarla per farci stare sempre più buoni, calmi, stabili e farci "scegliere" sempre quello che vogliono loro, farci comprare e consumare quello che vogliono loro e farci dormire quando vogliono loro, farci fare l’amore se vogliono loro, scongiurando i cambiamenti dovuti alla normale evoluzione del pensiero umano. Ma quale evoluzione, quale pensiero? Il nostro od il loro?
Due insegnamenti si possono trarre da tutta questa vicenda. Il primo è che tutto ciò prova ancora di più che il fenomeno abduction è totalmente reale ed il secondo è che noi non dobbiamo difenderci solo dall’intervento alieno sul pianeta ma anche dall’intervento di chi è potente e che, per non mollare il potere, si sta preoccupando perché in futuro possa governare su una moltitudine di zombie.
E quegli zombie dovremmo essere noi...!

 

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INFORMATICA

Outlook Express (lezione 6)

Di Paola Vagata

 

Oggi parleremo delle cartelle di Outlook Express.

In particolare, vedremo come sono organizzate, come creare o eliminare una cartella, come spostare e copiare i messaggi in una data cartella e come fare per rinominarla.

Outlook Express organizza e colloca i messaggi in cartelle, un po’ come il disco fisso di un computer.

Le cartelle principali già le conosciamo. A partire da "Cartelle locali", quella principale, si diramano le altre sottocartelle: "posta in arrivo", "posta in uscita", "posta inviata", "posta eliminata" e "bozze". Se dunque, quando vogliamo creare una nuova cartella, ci posizioniamo con Tab sull'elenco e con la freccia su "Cartelle locali", la nuova cartella verrà collocata allo stesso livello delle altre (cioè diverrà una sottocartella di "Cartelle locali". Se invece vogliamo creare una nuova cartella e ci troviamo sull'elenco dei messaggi della posta in arrivo, questa diventerà una sottocartella, appunto, di "Posta in arrivo". Ma come si fa a creare una nuova cartella?

Sia che ci troviamo nell'elenco dei messaggi, sia che siamo nell'albero delle varie cartelle, la procedura è la stessa.

Con Alt, ci troveremo nel menu "File" e scendiamo con la freccia su "Cartella", che ha un sottomenu al suo interno, perciò confermeremo con Invio. A questo punto, la prima voce che troviamo è "Nuova" ed il programma ci suggerisce anche il comando rapido: Control+Shift+E. Se premiamo ancora Invio, ci viene chiesto il nome della cartella, che possiamo scrivere in una finestra di testo, e che confermeremo ancora con Invio. A volte può accadere che il nome di una cartella creata in precedenza non ci piaccia e che quindi vogliamo cambiarle nome; niente paura! Con il tasto F2, potremo scrivere un nuovo nome e confermare con Invio. Per cancellare una cartella, naturalmente, si dovrà premere il tasto Canc.

Attenzione: le cartelle di default (posta in arrivo, posta in uscita, posta inviata, posta eliminata e bozze) non si possono cancellare né rinominare.

Vediamo adesso come spostare e copiare i messaggi in un'altra cartella. Dopo aver attivato i menu con Alt, andando a destra con la freccia, ci troviamo nel menu "Modifica". Se scen-diamo, ci appariranno i seguenti comandi:

Copia (si riferisce a porzioni di testo selezionato); in questo caso ci verrà in aiuto anche il comando rapido, Control+C;

Seleziona tutto (comando rapido: Control+5 del tastierino numerico);

Trova (confermando con Invio, si avrà la possibilità di cercare un messaggio nella cartella corrente ed in tutte le sottocartelle, un messaggio in una cartella precisa, un indirizzo di posta elettronica, una stringa di testo all'interno di un messaggio);    Sposta nella cartella (comando rapido: Control+shift+V;

Copia nella cartella;

Elimina (comando rapido: Control+D;

Svuota cartella posta eliminata (con questo comando è possibile cancellare in un colpo solo tutti i messaggi della suddetta cartella, dopo aver confermato la richiesta di cancellazione da parte del programma);

Segna come già letto (comando rapido: Control+Q)

Segna come da leggere;

Segna conversazione come già letta (comando rapido: Control+T);

Segna tutti come già letti (comando rapido: Con-trol+shift+A).

Se dunque vogliamo spostare il messaggio in una cartella, andiamo nel menu Modifica nella maniera descritta sopra, oppure digitando sem-plicemente Alt+M, scendiamo poi fino a "Sposta nella cartella...". Potremo ora scegliere, dall'albero, la cartella in cui vogliamo collocare la mail e confermiamo con Invio. Se la cartella in cui desideriamo collocare il messaggio non esiste,  possiamo anche crearla sul momento; con Tab ci spostiamo sul pulsante "Nuova Cartella", ne scriviamo il nome, poi con Tab andiamo su Ok e clicchiamo ancora con Spazio; per chiudere l'operazione, ancora con Tab, raggiungiamo di nuovo il pulsante OK e clicchiamo con la barra spaziatrice.

Proviamo ora, sempre dal menu Modifica, a copiare un messaggio in una data cartella; la procedura è la stessa? Evidentemente sì, con la differenza che una copia della mail rimane nella cartella in cui ci troviamo (ad esempio quella della posta in arrivo).

Le operazioni di copia e spostamento di un messaggio si possono compiere anche dal menu di Contesto, attivabile tramite il  tasto Applicazioni, situato a destra del tasto Avvio di destra, oppure con la combinazione di tasti Shift+F10. Proviamo ad andare in questo menu, per esplorare i vari comandi che è possibile eseguire:

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 Inoltra come allegato

 Segna come già letto

 Segna come da leggere

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 Copia nella cartella...

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 Proprietà.

 

 Nella prossima lezione, ci occuperemo dei filtri, o regole, di posta elettronica.

 

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Virus: quando il computer si ammala

Di Mario Lorenzini

 

Chi di voi non ha ancora sentito parlare dei virus informatici? Sì anche il nostro elaboratore personale può avere, diciamo, qualche problemino di salute. Noi esseri umani talvolta ci prendiamo il raffreddore, l’influenza,e altre cose del genere; siamo costretti a ricorrere al medico, e magari, anche a medicinali vari. La malattia ha il suo decorso in tempi più o meno brevi, e poi si spera di non avere postumi, di tornare a godere di buona salute.

Similmente, si dice che il computer può prendersi un virus,è così come una patologia è capace di far star male l’uomo, il virus può arrecare danni alla macchina, danni irreparabili,danni parziali,danni perfettamente recuperabili. Vorrei chiarire a questo punto che nel computer non esiste un sistema cardiocircolatorio, polmonare o nervoso; nemmeno uno scheletrico o muscolare. Il computer non si ammala per trasmissione aerea,o sanguigna: al suo interno ci sono solo circuiti elettronici, i quali sono capaci di eseguire i comandi contenuti nei programmi. Il virus è quindi in realtà un programma, niente di più; un tipo di programma con delle caratteristiche particolari,come del resto ogni programma, ma con delle finalità tutt’altro che positive. Un virus non serve a fare dei calcoli o a scrivere una lettera,bensìha lo scopo di compiere delle azioni destabilizzanti, di varia entità, questo a seconda del tipo di virus. Ecco quindi le tre domande a cui rispondere:

quali danni può portare un virus, come agisce. Possibili rimedi e prevenzioni. Origine dei virus.

 

Un virus può causare un danno di lieve entità, che va dalla comparsa continua di un messaggio a video ad esempio, al rallentamento dell’intero sistema, oppure danni molto gravi, se non irreparabili, quali la cancellazione di alcuni tipi di file necessari al funzionamento, nonché interi settori di disco. Benché ci possano essere programmi seri, ma difettosi, che causano malfunzionamenti assimilabili spesso a comportamenti virali, un virus è proprio un programma a sé  stante, creato appositamente con l'intento di causare danni a un sistema informatico. Ma chi può essere interessato alla stesura di un codice virale? Chi sono i soggetti che realizzano tali cose? A volte un virus viene prodotto per gioco o per esercizio allo stesso tempo, ad esempio da studenti universitari che si dilettano nella conoscenza delle tecniche di programmazione; a volte ci sono degli intenti ben precisi con cui chi realizza il virus vuole nuocere a quella data organizazzione o azienda dotata di rete informatica. Ecco il perché questo è un buon esercizio di programmazione: chi fà una cosa del genere è sicuramente una persona con buone capacità (anche se con dubbi propositi), scrivere u programma con caratteristiche  come quelle di un virus è complicato. Si devono conoscere a fondo i meccanismi di funzionamento del PC, nonché i linguaggi di programmazione più vicini alla macchina. Tra le sue caratteristiche primarie, a parte l'effetto distruttivo o simile che scaturisce in determinate situazioni,il virus deve avere anche alcune peculiarità, come il passare inosservato al sistema, oltre che all'utente, e ovviamente, deve potersi diffondere il più velocemente e nella maniera più capillare possibile. Come una patologia infettiva si propaga per contatto diretto, aereo o sanguigno, così un virus informatico passa dai file di un dischetto al nostro disco interno al PC, poi, a sua volta, infetta i dischetti che si inseriscono nel computer in modo che quando noi diamo il dischetto a un'altra persona questa può contrarre l'infezione. Quando il, o peggio i computer sono infestati da questi programmini pericolosi, ancora il danno reale non c'è. E quando accade allora? Beh, questo dipende dal programmatore che ha ideato il virus. Questi decide, ad esempio, che ad una determinata data il virus provochi la sparizione di alcuni menu del  programma word. Successivamente, ogni volta che noi leggiamo il contenuto del disco fisso, il file letto viene cancellato; e magari, in uno stadio più avanzato, magari sempre in coincidenza con una data o un orario, viene cancellata la tabella di allocazione dei file, rendendo in pratica il disco fisso inutilizzabile.

Ma non voglio entrare più di tanto nei tecnicismi che caratterizzano un processo di attacco virale. Quello che ora importa, per chi deve lavorare con tranquillità al computer, è come difendersi da un’in-combenza di questo tipo.

Direi che ci sono es-senzialmente due modi. Come ogni malanno, è sempre meglio prevenire che curare, ma ci può anche essere la cura. Entrambi questi compiti sono svolti, dai programmi antivirus. Questi 'guardiani' sempre attivi nel nostro sistema, lo monitorizzano, lo controllano continuamente, alla ricerca di un qualche comportamento anomalo che potrebbe risultare paragonabile all'azione di diffusione o di danno di un virus. Questi programmi hanno un proprio archivio interno, da aggiornare costantemente a cura dell'utente, contenente una lista dei virus noti. L’antivirus pensa a bloccare l’eventuale azione dannosa in atto, nonché l’azione di proliferazione, e può, ma non è detto, essere capace di estirpare il virus dal nostro computer. E questo è il compito di questi aiutanti. Ma nella peggiore delle ipotesi, ovvero nel caso in cui il nostro antivirus non sia in grado di individuare o rimuovere un virus, e quindi accadano dei malfunzionamenti o perdita di dati, l’unica cosa in aggiunta, che ci può tutelare, è il cosiddetto ‘backup’, cioè il continuo salvataggio dei dati, dei documenti che ci interessano; cosicché qualora fossimo costretti ad un ripristino totale del sistema,in pratica una cancellazione di tutto quanto è contenuto nel nostro computer, sistema operativo e dati compresi, saremo successivamente in possesso delle copie dei nostri documenti, che potremo così reinserire nel nostro scatolone, per continuare a lavorarci.

Dopo tutta questa esposizione, non vorrei aver allarmato in modo eccessivo chi sta leggendo. Come ci sono persone più robuste e soggetti a rischio, anche la nostra apparecchiatura informatica non è detto che sia per forza esposta a contagi virali. I mezzi di contrazione dei virus sono in genere i dischetti e, oggi, anche internet, che è comunque una porta aperta per tutti i curiosi e malintenzionati. Ma non ci facciamo prendere dal panico: il sottoscritto usa il computer da anni, Cd e dischetti, oltre alla rete delle reti, e francamente, non ha mai avuto problemi. Ho spesso avuto la necessità di ripristinare dei dati preventivamente salvati su dischetto, ma più per motivi di guasto a componenti che non a cause software specie di virus. Ma ricordatevi: non è giusto e non è bene abbassare la guardia, vale sempre la pena di munirsi di strumenti e precauzioni atte a scongiurare un possibile pericolo.

 

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CULTURA

Ingegneria naturalistica, che passione!

Di Nicola Bigliazzi

 

Ingegneria naturali-stica: una scienza nuova? Una disciplina New Age? Niente di tutto questo, la definirei più una "riscoperta degli antichi sapori". Non voglio parlarvi di arte culinaria (purtroppo!), ma della differenza fondamentale che passa fra tecniche di costruzione "tradizionali" e bioingegneria (sinonimo di ingegneria naturalistica).

Per tecniche di costruzione tradizionali intendo tutti i sistemi di muratura che utilizzano il cemento armato, il ferro, il calcestruzzo e mattoni, indispensabili in alcuni settori, ma di notevole impatto ambientale, se non addirittura dannosi, in altri. Infatti, questi materiali sono insostituibili in ingegneria civile (case, strade, ponti), ma spesso inopportuni nelle sistemazioni idraulico-forestali e nel riassetto idrogeologico del territorio; così non manca di vedere scarpate di strada rette da muri in cemento armato, pendii franosi imbrigliati da reti metalliche, orrendi sistemi paravalanghe disseminati per interi versanti.

Il problema di queste opere non è soltanto un fattore estetico (anche se assai incidente), ma soprattutto di compatibilità con l'ambiente circostante. Non di rado capita che muri di sostegno vengano scalzati da  infiltrazioni d'acqua, fiumi che straripano benché abbiano argini cementificati, ecc.

È a questo punto che entrano in gioco i "vecchi sapori": la riscoperta delle tecniche utilizzate da boscaioli e contadini di un tempo; muri a secco, terrazzamenti, piantumazioni con talee di salici, ecc., tecniche abban-donate per un periodo ed ora rispolverate ed aggiornate alla luce delle nuove conoscenze costruttive e fregiate del nome di "ingegneria naturalistica".

Ma arriviamo alla differenza fondamentale. La bioingegneria necessita di materiali naturali quali il legno, la pietra, la terra e piante viventi. L'utilizzo di questi materiali unito ad opportune tecniche, fa in modo che l'opera finita non sia un corpo estraneo inserito nell'ambiente, ma faccia parte dell'ambiente stesso. Saranno infatti le radici della piante messe a dimora, coadiuvate dalla presenza di legname, a sostenere il pendio o l'argine di fiume.

Varie combinazioni di materiale prendono i nomi più disparati: palificate, cordonate,  sistemazione a buche, terre armate, da utilizzarsi in maniera diversa in base ai luoghi ed alle esigenze.

Oggigiorno l'ingegneria naturalistica ha preso molto campo ed anche dalle nostre parti compaiono sistemazioni di questo genere. Un esempio per tutti è il paesaggio dell'alta Versilia, ricostituito con queste

tecniche a seguito del disastro del '95. Ma, attenzione, la bioigegneria è uno strumento efficace se usato in maniera appropiata e razionale; un utilizzo sco-nsiderato od esasperato, spesso, porta solo a fallimenti e delusioni.

AH! Quasi dimenticavo, se per-correndo un sentiero o un bosco incontrate una di queste opere, provate ad assaggiarla. mi saprete dire che sapore ha!!!

 

 

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Cambratech

da tutto il mondo i migliori articoli per l’autonomia: articoli per la cucina, bastoni, orologi, agende parlanti e molto altro ancora.

 

La Cambratech produce, importa e distribuisce, articoli utili ai ciechi; i nostri prodotti vengono testati da nonvedenti e immessi nel mercato italiano, con i migliori prezzi possibili. Cambratech distribuisce tra gli altri:

dosatori per olio ed aceto; pinze per la cucina anti ustione; sbuccia frutta a manovella; dosa zucchero e caffè; robot da cucina; padelle per frittate; bilance parlanti da cucina anche dietetiche  ecc.

Nel campo dell’orologeria dispone di 4 modelli parlanti e 3 modelli tattili, oltre a 3 modelli di sveglie parlanti.

In Italia cambratech è conosciuta per i bastoni canadesi, che distribuisce con grande successo dal 2001, inoltre produce l’unico bastone italiano autorizzato dalla cee.

Per la salute Cambratech distribuisce termometri parlanti per la febbre, misuratori di pressione  automatici e garantiti e bilance pesa persone parlanti.

Il nostro catalogo comprende anche termometri ambientali parlanti agende “Voice mate” parlanti ed il nuovissimo etichettatore parlante “Voilà” distribuito in esclusiva per l’Italia.

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MUSICA

Ancora una volta...San Remo...tra il vecchio e il nuovo vincono...le vallette

Di Vainer Broccoli

 

Arriva marzo e come tutti gli anni, eccoci qua ad attendere il Festival.

Attese, discussioni, pronostici ecc… tutto sembra come sempre con il “Baudone” nazionale a farla da padrone.

Ecco, tanto per cambiare, il toto valletta:

chi saranno le bellezze del San Remo 2003? Saranno italiane? Pippo lascerà loro spazio?

I soliti quesiti, le solite domande e, a contorno, il solito tam tam sui nomi dei partecipanti alla competizione canora.

Quest’anno tra l’altro, si sono vissuti momenti di “tensione” grazie a Vittorio Sgarbi che, con la consueta maleducazione, permettetemi il giudizio personale, ha rifilato in diretta (su Porta a Porta di Bruno Vespa), il 2 di picche a Baudo per la conduzione del “dopofestival”; le motivazioni? La scelta degli ospiti! Quelli che la direzione della manifestazione aveva scelto non gli andavano bene… Bontà sua!

In extremis, piena zona Cesarini, il testimone per la parte finale delle serate è stato dato a Gianfranco Magalli, che, con la consueta simpatia ed esperienza è riuscito a traghettare in porto la nave.

Adesso  torniamo al festival vero e proprio: ecco dal cilindro uscire i nomi delle vallette…Claudia Gerini e Serena Autieri; la sorpresa è generale: non sono modelle, non sono bellezze strabilianti, ecco la prima cosa che salta all’occhio; poi arrivano le prime interviste subito traspare che la scelta di Baudo si è orientata su due personaggi di notevole carisma, caratteri forti, presenza indubbia, Pippo avrà il suo da fare nel gestirle.

Come sempre, quasi a far solo da contorno, ecco anche i nomi dei partecipanti alla manifestazione canora e, guarda un po’, ritornano Little Tony e Bobby Solo, una coppia di ragazzini, Alex Britti, Alexia, Anna Oxa, Amedeo Minghi, addirittura Iva Zanicchi… tutti si aspettano il solito festival, Baudo parla di belle canzoni, insomma, le solite polemiche, le solite frasi, solo le vallette si distinguono dal cliché.

Arriva il martedì fatidico, pronti? Via!

Subito una novità, ogni big ha a disposizione un piccolo spazio, attorno ai 5 minuti, per parlare di sé, molti cantano riproponendo vecchi successi; il primo della serata d’apertura è Luca Barbarossa, e con lui, chitarra alla mano, eccoti spuntare Serena Autieri… notevoli i controcanti, niente male il tocco sullo strumento… Baudo gongola, la platea apprezza; ma la Gerini?

Niente paura, eccola apparire assieme a Sergio Cammariere, notevole pianista jazz napo-letano, e cosa ti sforna? Un medley di Goerschwin che mette in luce l’anima jazzista di Cammariere ed una voce, quella della Gerini, appunto, che lascia tutti con un palmo di naso… ecco il trionfo, dietro le quinte, di Pippo Baudo, ha stupito tutti scegliendo delle collaboratrici con caratteristiche ben definite, fantasiose, in certe occasioni disordinate nella gestione del palinsesto, ma sicuramente catalizzanti.

Veniamo alla gara, ebbene sì, c’era anche quella, subito si percepisce che i favoriti sono Britti ed Alexia, i loro brani sono superiori a tutti gli altri, non c’è che dire, finalmente, ad esempio, Alex Britti fa vedere anche all’Ariston, cosa sa fare con la chitarra, la platea esplode per la sua “7000 caffè” ed Alexia, ancora una volta, annichilisce con la sua voce; “Per dire no” risulta una ballata con chiare radici black e la facilità di canto che contraddistingue la cantante viene esaltata dal pezzo stesso.

Il resto dei big è una cornice:

indiscutibile la simpatia e la professionalità di Little Tony e Bobby Solo, da brivido il testo della canzone di Ruggeri (“Nessuno tocchi Caino”) che, meritatamente, vince il premio della critica, originale, strano davvero, la canzone di Anna Oxa che, a mio avviso, risalta per arrangiamento e difficoltà di canto; impalpabile la prova della Tatangelo, vincitrice delle nuove proposte dell’anno scorso mentre ritengo al limite dell’ascoltabile le prove di Iva Zanicchi (nonostante la collaborazione eccellente di Gallianò) ed Amedeo Minghi, il solito Minghi, borioso pieno di sé che, alla fine, si è classificato penultimo.

Un'altra sorpresa: il terzo posto di Sergio Cammarieere; non se lo aspettava nessuno, un pezzo molto difficile, le atmosfere jazz non sono confacenti al festival, lo avranno pensato in molti, ma la giuria popolare ha dimostrato di avere gusto.

E le nuove proposte?

Le serate dedicate ai giovani, quest’anno, hanno fatto registrare i picchi d’ascolto più negativi di tutto il festival.

Bisogna dire che di realmente interessante c’è solo una giovanissima interprete di 12 anni; vince Dolcenera con una canzone assolutamente anonima,  simile  a tante altre, troppo simile per destare entusiasmi.

La chiusura del festival è tutta per i trionfatori:

Alexia ed Alex Britti (nell’ordine) e per Pippo Baudo che chiude col solito panegirico su come sia da cattivoni non comperare la musica originale, ma qualcuno, ogni tanto, lo vuole dire che i compact disc costano delle follie? Ma questa è un’altra storia, per ora ci li-mitiamo ad aspettare il pros-simo festival di San Remo!

 

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Nel segno di Cat Stevens

Di John Tracy

 

Mancava in italiano un contributo valido e documentato, come questo di John Tracy, specie sugli anni giovanili (formativi ancor più, per un enfant prodige) di Cat Stevens: ben noto artista, non v'è dubbio, se pure, anche da noi, l'ultima generazione faccia un po' di fatica ad associare al suo nome; al suo volto, da circa un quarto di secolo ormai assente dalle scene, motivi che sono peraltro sulla bocca di tutti. Merito di John Tracy, inoltre, l'aver conferito un taglio propriamente esistenziale, al suo sondaggio, in cui trova spazio, come non succede spesso, l'essenziale.

Profonda è la nostra gratitudine all'arte di Stevens; più saldo, se possibile, il nostro rispetto per l'uomo, per le sue scelte fondamentali, specie ora che anche il becero progressismo

si strappa in coro le vesti sull'Islam; Oriana Fallaci in primis, come più recente e disonesta gallina della pseudo-cultura "atlantica".

 

Di madre svedese e padre greco, Stephen Demetriu Georgiou nasce a Londra il 21 luglio 1948. Ma è in Svezia che riceve la sua prima educazione, fin da bambino, cominciando a sviluppare un chiaro interesse per i motivi e le danze tradizionali della terra d'origine paterna, cui associa severi studi nel campo della musica classica.

Appena un po' più tardi, egli ha inoltre modo di sfruttare il fatto che il padre dirige un ristorante nel West End di Londra: ciò gli permette, con estrema facilità, di accostare tutto quanto ribolle nel variegato, magmatico mondo musicale (e non) giovanile inglese dei primi anni '60. Prontamente inseritosi presso un liceo inglese, già nel luglio del 1964, Stephen dà avvio, sul momento solo nel tempo libero, alla propria carriera di solista con apparizioni al "Black Horse", sorta di piccolo piano bar della capitale, durante le quali per la prima volta cambia il nome in "Stevens".

Innamorato da subito dell'op-portunità di esprimersi per mezzo di testi propri, aspetto del resto assai comune a moltissimi teenagers di quel periodo, all'improvviso, e senza riserve, Cat sogna anche quel successo di fama che, diversamente da molti altri, saprà, con operosa fatica, realmente raggiungere e mantenere.

Bruciando arditamente le tappe, già dall'inizio del 1966 Stevens incontra uno sponsor in Mike Hurst (in realtà Mike Pickworth), che aveva fatto parte del trio pop-folk degli Springfields, in precedenza abbastanza noto specie con i due singoli Island of dreams e Say I won't be there: scioltosi il gruppo sul finire del '63, Hurst optava per il settore della produzione, fluendo in un primo tempo nel giro delle etichette indipendenti.

Con sagacia, Stevens coglie al volo le sorprendenti qualità di chi gli si offre ora come manager e comprende che per lui si sta preparando qualcosa di speciale, decisivo per il proprio

destino artistico. Da parte mia, Hurst decide puntualmente di investire molto denaro nel suo fido prodigio: in una o più date, comunque per noi purtroppo imprecisate, dell'estate del 1966, lo conduce senza indugi oltre il vetro di una sala d'incisione: il risultato, sebbene ancora a livello di demo-tape, porta i nomi già di I love my dog e Portobello Road.

Nel frattempo, allo scopo di dare ampia risonanza alla propria, modernissima tecnica di registrazione stereofonica denominata "Deramic Sound System", gli "studios" londinesi della Decca avviano una ulteriore etichetta, Deram Records, che grazie ai buoni uffici di Hurst inserisce subito, fra gli altri, il nome di Stevens, nel novero degli artisti da lanciare: il 30 settembre di quello stesso '66, annunziato da un'ottima campagna promozionale, il primo singolo di Stevens è sul mercato. Il disco, vero e proprio "tributo canino" (!), farà capolino nei Top50 dal termine dell'ottobre successivo, rimanendovi varie settimane, sino a scalare il 28° posto nella classifica nazionale. Ma ecco, poco dopo, uti-lizzando due delle tre registrazioni del 1 dicembre, offre il giovane cantautore il 30 di quello stesso mese un nuovo singolo: Matthew and Son / Granny: produzione artistica e direzione musicale rimangono le stesse, rispettivamente quelle di Mike Hurst e Alan Tew. Si tratta di un successo clamoroso, che dal 12 gennaio 1967 fa salire Stevens al secondo posto della classifica inglese, dietro soltanto ai Monkees con la loro I'm believer (in Italia, notissima nella versione di Caterina Caselli). Intendendo impegnarsi per un album, onde offrire, specie ai nuovi fans più arrabbiati, ampio saggio del proprio stile, il 13 gennaio del '67 Stevens avvia l'incisione di Bring another bottle baby, I've found a love, I see a road e Baby get your head screwed on; aggiungendovi, con la sessione del 23 gennaio, When I speak to

the flowers, The tramp, Hummingbird e l'incantevole Lady; e ancora I'm gonna get me a gun (poi, anche come singolo), Come on dance e Here comes my baby: le due ultime registrate nel '66 e tuttavia inedite.

I brani testè menzionati, assieme a quelli dei singoli pubblicati l'anno avanti, vanno a comporre il primo long-playing, Matthew and Son: da subito nell'allora speciale classifica dei 33 giri, vi sarebbe rimasto ben 16 settimane, guadagnandosi anche un'ottima 72° posizione. Esiste una veste "americana" di codesto disco, priva di Portobello Road, Granny, The tramp e Come on dance ma che recupera School is out (risalente alla precedente sessione di dicembre). Databile al gennaio '67 è, inoltre, il primevo interesse suscitato da Stevens presso altri artisti come compositore: innanzi tutti, la pop-band dei Tremeloes, la cui originale versione di Here comes my baby, pubblicata con qualche settimana di anticipo su quella di Cat nell'accennato 33 giri, balza all'istante al 4° posto della hit parade britannica.

Sempre nel '67, di marzo, esce il terzo 45 giri di Stevens I'm gonna get me a gun / School is out. In coincidenza con l'uscita dell'LP "inglese" e del nuovo singolo, Stevens viene scritturato in vista di un tour collettivo di giovani artisti da tenersi, per la primavera imminente, lungo l'intero Regno Unito. Nell'ambito di quelle serate promozionali, si mescolerà il suo a nomi già apprezzati od oscuri, Hendrix o gli Walker Brothers fra gli altri: tutto sommato una scelta azzeccata, che di fatto ampliò enormemente la base dei più scelti ammiratori dell'emergente musicista anglo-ellenico.

Sopravviene un particolare momento di grazia: fra un impegno e l'altro "on the road" Stevens compone brani che, meglio di altri, resteranno: quale The first cut is the deepest, ben dieci estati dopo portato nuovamente al successo per l'interpretazione di Rod Stewart.

Ma il mondo della musica leggera è retto da esigenze anche e soprattutto com-merciali: non appena l'album Matthew and Son avviò a discendere in classifica, Stephen Demetriu Georgiou fu richiamato dagli uomini della propria etichetta negli studios, sollecitato ad approntare nuove hits. La qual cosa a luglio prontamente avvenne, fra il 3 e il 28 di quel mese. Solo più tardi, all'inizio d’ottobre, (precisamente, il 5), Stevens tornò in sala di registrazione per eseguire (accanto a I love them all) The first cut is the deepest; e quasi un mese più avanti, il 3 novembre, la non meno bella, calda, intensissima Blackness of the night, assieme ad altri due pezzi: Northern wind e My motorbyke. Con le ulteriori Smash your heart e I'm gonna be king, Kitty, I'm sleeping e Ceylon City, le cui registrazioni tutte risalgono a date imprecisate ma di quello stesso autunno, si può dire che il materiale per un nuovo album fosse ormai pronto.

Kitty e Blackness of the night vennero accoppiate sul medesimo 45 edito nel Regno Unito il primo di dicembre: sfortunatamente, dopo breve apparizione nei Top50, esso disparve; né sorte migliore il disco ebbe sul mercato di Zio Sam. Venne lanciato nei giorni di Natale il nuovo long-playing: ribattezzato New Masters, e anch'esso non sembrò trovare miglior fortuna nelle vendite. Soddisfazione non poté mancargli, invece, dall'essere votato, a fine anno, secondo un referendum indetto presso la stampa musicale specializzata, "più luminosa speranza per il 1968". E precisamente nelle primissime settimane del nuovo anno, Stevens fa uscire il 45 giri Lovely city / Image of Hell: eccellente coppia di canzoni ma sin troppo complesse per sperare di sfondare nell'ul-tracommerciale mercato dei singoli, tanto che in America il disco neppure guadagna una minimamente degna distribuzione. Ancor più che non la carriera, per questo lieve

incidente discografico, fu la salute di Stevens a subire in quel momento una svolta dipendente: egli  contrasse infatti la tubercolosi, venendo per circa un biennio del tutto accantonato dall'industria musicale. Confinato per vario tempo in un sanatorio, il nostro autore sfruttò con coraggio l'opportunità, per lui singolarmente irripetibile, di lavorare con calma a un vasto nuovo gruppo di brani, operando nel segno di una più curata "classicità", se così si può dire, radicali modifiche al proprio "sound".

Una volta guarito, si assicura vantaggiosamente un diverso contratto, con la Island Records, e registra accuratamente l'intero materiale, assai spesso autobiografico, traendone ciò che tutti possiamo apprezzare in Mona Bone Jackon (del 1970). E' solo l'avvio di una preziosa e duratura fase, la quale fa di Stevens uno dei più significativi

cantautori mondiali del proprio tempo. I temi inusuali ch'egli ha sempre prediletto e la

sua voce si riempiono, volta a volta, di più profondo pathos e carica immaginativa. Le

liriche si fanno più incisive. E' il momento, in breve, del grande riconoscimento

internazionale, suggellato dalla serie di dischi d'oro per Tea for the Tillerman (sempre

1970), Teaser and the firecat (con la struggente sonorità impressa ai versi di Morning has

brocken, di Christina Rossetti), Foreigner e Buddha and the chocolate box; dalla colonna

sonora per il film Harold and Maud, di Ashby.

Protratta sempre più verso il misticismo orientale, la sua musica acquisisce

complessità senza vacua astrazione.

Nella vita, Stevens opta invece per la cittadinanza brasiliana, la quale se da un lato

gli consente di sfuggire all'esosa tassazione inglese, dall'altro gli permette di devolvere

parte delle sue sostanze all'U.N.E.S.C.O. per opere di beneficenza. Particolare valore

acquisisce, sempre in questa direzione, la fondazione da parte sua di Hermes, istituto

volto all'aiuto ed all'eventuale recupero di bambini e adolescenti in grave stato di

bisogno.

Nonostante il suo adoperarsi per dare e far dare agli altri, Stevens prese a sentire come se al fondo della propria vita vi fosse un residuo insopprimibile di vacuità.

Negli anni '80 egli ha inteso ripercorrere col giornalista Mark Palmer le ragioni che stanno alla base del proprio radicale cambiamento di prospettiva: "Nella mia carriera artistica, ritengo di aver fatto tutto quanto era mia intenzione voler fare. In seguito, ho cominciato a chiedermi se non vi fosse anche qualcosa di meglio; ho preso a leggere svariati libri, libri i quali potessero aiutare a dare un'identità alla mia fede". In questo modo egli ha trovato finalmente l'armonia lungamente cercata, adottando nel 1979 la fede islamica, cambiando il suo nome una volta ancora e stavolta in Yusuf Islam.

Nel suo nuovo aspetto, con tunica grezza e sandali, egli è oggi quasi irriconoscibile rispetto al tempo in cui fu l'idolo di milioni di persone intorno al globo; è però non privo della stima di quanto hanno conosciuto lui e la profondità della sua fede.

Ma ecco, Yusuf Islam prova, talvolta, rammarico per la morte di Cat Stevens? In apparenza, no: "Io non guardo mai indietro - ha detto - con la sensazione di aver perso qualcosa. Arte e musica non sono l'essenza della vita. Sono ornamentali e le persone desiderano questi ornamenti allorché qualcosa di sostanziale si va perdendo nella loro vita. Quando sei soddisfatto per la tua vita e per la tua fede, quell'altre cose diminuiscono d'importanza: ed è ciò che realmente mi è accaduto. Oggi, le persone sentono il bisogno di appoggiarsi a puntelli onde dare una spinta alle loro emozioni, ai loro sentimenti, poiché frustrati dallo stile di vita moderno, che li opprime.

Qualsiasi cosa abbia fatto, artisticamente, l'ho fatta al meglio delle mie possibilità; diciamo che ho provato ad esserlo, onesto, allora, anche se non sempre è possibile rimanerlo, nel business musicale: ti devi infatti preoccupare di venderli, i dischi".

Nella non breve sua carriera, Stevens è stato artista scrupoloso; la sua musica ha saputo esprimere, con toni spesso fragili, delicati, canzoni limpide e ricche di vena melodica, capaci di toccare profondamente il sentimento di ognuno.

Con queste note, abbiamo inteso riscoprire una volta di più le creazioni che hanno dato forma a  un grande talento musicale, il cui nome è stato Cat Stevens.

 

(copiryght John Tracy)

 

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COMUNICATI

Un'associazione promettente al servizio dei minorati visivi

Di Mario Lorenzini

 

Vorrei portare a conoscenza di tutti coloro che hanno problemi visivi delle-sistenza di un’associazione che opera a livello regionale per portare avanti, in primo luogo, la ricerca scintifica sulle malattie oculari.

Qui in Toscana, dove appunto nasce lATRI (Associazione Toscana pro Retinopatici e Ipovedenti), molti già sanno di cosa parlo, sia per sentito dire o perché sono soci o simpattizzanti dellas-sociazione stessa.

Da alcuni anni, lindi-rizzamento di questa alleanza è verso la salvaguardia degli ipovedenti ma non solo, a causa di patologie come la retinite, il glaucoma e la degenerazione maculare.

Esiste un sito, ben costituito e ricco di utili informazioni medico/scientifiche sul quale potrete reperire informazioni costantemente aggiornate: www.atritoscana.it.

Fra i vari servizi, come lor-ganizzazione di convegni e incontri sociali, vi è anche la possibilità di usufruire di visite specialistiche oftal-mologiche presso l’ospedale di Carrara. L’ambulatorio è aperto ogni lunedì pomeriggio dalle ore 15:00 alle ore 17:00. Per coloro i quali volessero raggiungere l’ambulatorio dalla stazione ferroviaria, si può prenotare il servizio di accompagnamento svolto dalla cooperativa sociale “Il quadrifoglio” con un contributo minimo.

Per informazioni più dettagliate su questo e altri prestazioni  offerte, potete telefonare alla sede regionale, posta in Codena di Carrara (Massa), via Meucci 4/bis al numero 0585775171.

Lì potrete rivolgervi al responsabile regionale Fabio Basile, nei pomeriggi dal lunedì al venerdì dalle ore 15:30 alle ore 19:00

 

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NORMALITA' E HANDICAP

Immagini viste da un cieco

Di Michele Di Monaco

 

Immagini viste da un cieco, che vive nel buio più totale e che molti anni prima aveva visto perfettamente.

Quel cieco sono io, Michele Di Monaco.

Vivo a Cologno Monzese, racconto quello che vede un cieco con l’occhio della mente, questo dono lo ha solo il cieco che, come me, vive nel buio più totale.

Attraverso un discreto udito, si possono convogliare al cervello moltissime informazioni, come il sole, la pioggia, il vento, le voci, e qualsiasi altro tipo di rumore.

In base alla mia esperienza che vivo sulla mia persona, un cieco che vive  nel buio totale, con una buona autonomia, volontà, grinta e crede in tutto quello che fa, gli è possibile  vivere la cecità anche con serenità.

Sarebbe ancora meglio se i nostri familiari, e chi ci conosce, continuassero a volerci bene,tuttavia, il bene e la stima bisogna guadagnarseli.

Oggi il cieco ha a disposizione una vasta scelta di strumenti di alta tecnologia, che ci permettono di affrontare qualsiasi attività nel mondo del lavoro.

 

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RACCONTI E POESIA

Un giudice

Di Simona Convenga

 

La finestra alta, inscritta in una nicchia lungo la superficie della quale sono disposte numerose stampe inglesi dà luce per tutto il giorno ed essa si diffonde carezzevole, invitando alla riflessione.

Dietro la scrivania ingombra di carte e fascicoli allineati con monastico rigore, la libreria: noce scuro, tre campate raccolgono e mettono in evidenza nella profondità continua della parete, i dorsi di cinque ordini di libri, uniformi e singolari, i cui colori, in penombra, assumono una stessa sfumata ombreggiatura, investiti di quando in quando da una lama  luminosa triangolare e satura di pulviscolo atmosferico danzante.

Ai tempi delle mie visite di cortesia alla famiglia,  lo studio era il luogo degli uomini di casa, rispettato come un giardino chiuso, visibile di lontano dal corridoio in uno spiraglio lasciato dalla porta a due ante, aperta.

Dello studio avevo fino ad oggi,  una percezione globale, per quanto ne conoscessi tutti  gli oggetti e gli arredi che, scomparso il loro padrone appaiono fermi e sospesi.

Entro nello studio e raggiungo il sofà: cuccia, tana e culla per me che vi ho disteso sopra un bel lenzuolo bianco, ho il mio cuscino semi rigido, buono per la lettura, per il sonno e per il collo,  e per coprirmi in quest’incerta fine dell’estate, ho una leggera trapuntina dai disegni ingenui.

Prima di addormentarmi, nella penombra disegnata dalla luce artificiale, la stanza e suoi oggetti assumono un’aria diversa, più accogliente, più familiare: mi concentro sulla scrivania, voltandomi ad osservarla meglio: gli oggetti sono schierati in un ordine che è tale solo per l’intrinseca bellezza di ognuno di essi, come se avessero una funzione, o meglio, la funzione di rimandare all’immagine di lui. Un portapenne classico, cilindrico anacronisticamente pieno di oggetti per scrivere dal design modernissimo, due reggilibri a forma di sirena racchiudono i vecchi  quattro codici per l’udienza,  c’è un fermacarte e il sottomano.

L’abat-jour a luce  schermata azzurrina, il piano dello scrittoio di cuoio verde scuro come la sedia, venature profonde e calde, forma e colore fatte per accogliere e contenere un lavoro serio, attento e responsabile, la doratura semi scomparsa nei punti usurati, schienale e  braccioli lisciati dal tempo immemore del possesso familiare.

Una poltroncina davanti alla scrivania per interlocutori probabili e formali.

E in un’immagine della memoria  rivedo le nocche delle belle mani di lui, sbiancare, stringendosi attorno ai braccioli della sua sedia, all’improvviso apparire di un rumore, di una sensazione,  per avere il tempo di distillarne l’emozione, nel percorso dal cuore agli occhi, e sembrare quello di sempre, l’approdo della ragione, l’isola di ogni mare delle infamie del mondo, contenitore dell'ansia del delitto, giudice.

Aveva così seguito la strada indicata  dal padre, illustre avvocato e figura di prim’ordine dell’intellighenzia cittadina. Del padre non aveva l’arguzia ma la profondità, non l’immaginifica eloquenza ma l’avarizia delle parole. Quelle poche, pochissime che diceva avevano il potere di solcare l’animo e di non cancellarsene mai più.

Lo conobbi venti anni fa, al limitare di una sua  ribellione giovanile per la quale si sarebbe iscritto piuttosto all’I.S.E.F. che seguire la medievale alternanza di giuristi e di medici della sua famiglia, infranta solo da qualche figlia o nipote farmacista per adattamento sdegnoso ma aristocraticamente digerito alla velleità di un mestiere commerciale. Ci stava riuscendo, quasi, ma il meno convinto era lui stesso, quando si lasciò accompagnare alla stazione con la fronte corrugata in un unico sopracciglio perfetto e le labbra atteggiate ad un sorriso infame. Non disse la verità neanche a me, come non la  disse mai a se stesso. Ritornò immatricolato a Giuris-prudenza, condannatosi libero e solo ad essere il migliore del suo corso, il primo nel concorso, beffardo senza parere con il decreto di nomina tra le dita e ormai votato al rigore del penitenziere, al silenzio dell’inquirente, alla solitudine vertiginosa della sentenza.

Così lo persi. Come non lo avevo avuto mai, il mio primo amore squartato dal piombo di un criminale che della sua bellezza non saprà mai niente.

 

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RIFLESSIONI E CRITICHE 

Per un mondo migliore

Di Elena aldrighetti

 

Cari amici, quest’ar-ticolo ha lo scopo di informare più gente possibile sullo sfruttamento dell’occidente nei confronti delle popolazioni del così detto terzo mondo. Questo è un argomento che tutti sembrano conoscere.

Molto spesso sento persone che dicono: "Sono cose sempre esistite, il ricco e il potente hanno sempre sfruttato, cosa ci vuoi fare?" Invece, secondo me, si può fare e si deve fare. Il mondo occidentale sta andando verso l’autodistruzione e questa condizione  l’ha creata con le sue stesse mani. La nostra società, ormai, vive sfruttando i popoli del terzo mondo rendendoli ancora più poveri di

quanto non lo siano già. Riflettiamo su tutto questo e cominciamo a far caso a ciò che acquistiamo.

Non è vero che contro le multinazionali non si può far niente, l’importante è agire tutti insieme.

Madre Teresa di Calcutta, quando parlava del suo impegno per i poveri, sottolineava il fatto che noi tutti

siamo come delle piccole goccioline di un oceano, separate possiamo fare poco, ma tutte insieme formiamo l’Oceano. Quindi, cari amici, quando comprate qualcosa, provate a pensare a coloro che ci sono dietro, ai bambini sfruttati e agli adulti sot-topagati. Cerchiamo di non essere egoisti e di pensare solo al nostro benessere. Se il mondo sta bene staremo bene anche noi!!

Concludendo vi informo che le seguenti letture sono tratte dal sito: Il Commercio Equo e Solidale:

http://digilander.libero.it/cees/index.htm

 

BOICOTTAGGIO E GLOBALIZZAZIONE

 

Il BOICOTTAGGIO è un’azione straordinaria, con-siste nell’interruzione or-ganizzata e temporanea dell’acquisto di uno o più prodotti e/o beni per forzare le società produttrici (multi-nazionali) ad abbandonare certi comportamenti che creano ingiustizia, impoverimento ed inquinamento. L’AZIONE di BOICOTTAGGIO è possibile quando molte persone, contemporaneamente, scelgono di non acquistare i prodotti della multinazionale in questione.  Vi sono due tipi di boicottaggio: "di coscienza" e "strategico". Il boicottaggio di coscienza risponde unicamente al bisogno di ciascuno di fare scelte d’acquisto che cor-rispondono ai propri principi etici. Il boicottaggio strategico ha la finalità della vittoria e quindi viene intrapreso da gruppi organizzati affinché l’azienda subisca un calo delle vendite dal 2 al 5 % circa in quanto questa percentuale è sufficiente a condizionare i comportamenti dell’impresa.

Le pagine che seguono sono tratte dalla "Mini guida al consumo critico e al boicottaggio". Ve le proponiamo  perché crediamo che sia utile conoscere più da vicino i responsabili di gravi ingiustizie che, ogni giorno, si  compiono in nome del profitto. Dietro marchi famosi, firme importanti spesso si nasconde lo sfruttamento più crudele a danno dei più deboli; è questo il vero volto della glo-balizzazione. Il boicottaggio è un’arma che,  se si dif-fondesse capillarmente, potrebbe diventare estremamente incisiva nella lotta contro i potenti, ma alla  base di tutto sta la conoscenza e la denuncia delle ingiustizie.

 

Agnelli

 

L’IFI è la finanziaria controllata dalla famiglia Agnelli per l’82%. La Fiat è il gruppo più importante dell’IFI, presente in 66 paesi ed al 34° posto della classifica mondiale delle multinazionali. Oltre alla Fiat, l’IFI detiene quote di proprietà in vari settori che vanno dall’industria editoriale, al settore delle scarpe, delle automobili, degli aerei, dell’abbigliamento sportivo, dei treni, delle assicurazioni, dei pneumatici, degli alberghi, delle batterie, dei supermercati, degli alimentari, dei servizi turistici, delle acque minerali dei camion e anche delle armi tramite Iveco. Oltre a numerose alleanze con gruppi internazionali quali General Motors, Renault, Yuejin Motors, Mitsubishi, per qualificare le strategie produttive e commerciali. Preme ricordare l’intesa rag-giunta tra l’unione dei concessionari italiani Fiat e McDonald’s, grazie alla quale la multinazionale americana può aprire nuovi fast-food all’interno delle aree delle concessionarie Fiat. Nel settore alimentare la famiglia Agnelli conta una partecipazione (4,89% ) nel gruppo Danone che è al 288° posto delle multinazionali. Danone, tramite società controllate, trasgredisce il codice OMS sul latte in polvere per l’infanzia e, interpellata da Greenpeace sull’utilizzo di OGM, ha manifestato un atteggiamento scarsamente sensibile al problema. Nell’ottobre del 1998 in Pakistan, presso un cantiere di Impregilo (controllata da Fiat), si è svolta una lotta sindacale finalizzata ad aumenti salariali e indennità di rischio per le mansioni pericolose. La dura reazione che ne è seguita ha portato all’arresto e alla tortura di 6 sindacalisti; altri 21 si sono dati alla macchia per sfuggire all’arresto; 45 attivisti sono stati licenziati. A detta della confederazione sindacale pakistana, Impregilo Pakistan ha concordato il suo comportamento con la casa madre. In Brasile i dipendenti Fiat sono circa 25000 e devono subire spesso, da parte dell’azienda, comportamenti antisindacali che arrivano fino al licenziamento degli attivisti e degli scioperanti. Durante lo sciopero di 15000 lavoratori dello stabilimento di Bettim, svoltosi il 29/9/99, la dirigenza ha fatto entrare in fabbrica agenti della sicurezza e della polizia militare che hanno aggredito gli scioperanti e ferito 27 operai. La denuncia viene dai sindacati brasiliani che lamentano il licenziamento di 32 lavoratori. Lo sciopero era stato indetto per chiedere aumenti salariali e riduzioni di orario.

 

Bayer

 

Multinazionale chimica e farmaceutica di origine tedesca presente in più di 60 paesi, fattura oltre 50000 miliardi e impiega circa 120000 persone (dati riferiti al 1999). La Bayer produce farmaci, strumen-tazioni diagnostiche, gomme sintetiche, fibre tessili artificiali, prodotti chimici, pesticidi e prodotti veterinari. E’ attiva anche nelle biotecnologie applicate all’agricoltura. Esercita pressioni sugli organi politici e sull’opinione pubblica disponendo di un grande potere decisionale presso le istituzioni internazionali economiche e finanziarie. Nel marzo 2000 ha patteggiato una multa di 200000 dollari col ministero del commercio USA per avere esportato illegalmente glucosio. Il glucosio può essere impiegato per la costruzione di armi chimiche e batteriologiche. Nel 1999 in Brasile è stata avviata un ’indagine avverso la Bayer a seguito della morte di alcuni contadini che avevano utilizzato il Baysiston, un pesticida vietato in Germania da oltre vent’anni. Bayer è citata da Greenpeace international come produttrice di pesticidi che hanno una capacità di inquinamento persistente.

 

Benetton

 

Il 12 ottobre 1998 un servizio del Corriere della Sera a firma di Riccardo Orizio, denunciava che Bermuda, una fabbrica di Istambul che lavorava per il licenziatario turco di Benetton, impiegava manodopera infantile

(8 bambini di età inferiore ai 14 anni). L’impresa di Treviso si è difesa sostenendo che non era a conoscenza del fatto, aggiungendo con orgoglio di aver sottoscritto nel 1994 un codice di comportamento ispirato alla "Fair Trade Chart", emanato dall’ OIL; ma è risaputo che i codici di comportamento non sono di per sé garanzia, se nessuno ne verifica il rispetto. In Argentina benetton oggi possiede 900000 ettari di terra per la produzione della lana, terra abitata da sempre dal popolo Mapuche che è stato confinato in una striscia di terra dove le famiglie sono costrette a vivere in condizioni di sovraffollamento, diventando, talvolta, mano-dopera a basso costo.

 

Chiquita

 

E’ presente in 11 paesi, fattura 5000 miliardi di lire e impiega 37000 persone. La Chiquita è grande produttrice di frutta e verdura, conosciuta ssoprattutto per le banane di cui è la maggior produttrice e venditrice (58% del suo fatturato). Chiquita, Dole, Del Monte riescono ad assicurarsi due terzi del commercio mondiale di banane ovvero oltre 9000 miliardi di lire su un totale di 14000. Il più grande produttore è l’Ecuador (34%), seguono Costa Rica (16%) e Colombia (13%). In Nicaragua e in Ecuador ci sono i salari più bassi: da 1,25 a 2,5 dollari al giorno, cioè tra le 2750 e le 5500 lire per lavorare anche 14 ore, con straordinari non retribuiti e spesso obbligatori. La multinazionale è nota per gli attacchi all’ambiente, per la repressione sindacale, per i maltrattamenti dei braccianti, ma soprattutto per la sua aggressività in ambito politico in quanto tiene i governi dei paesi dove ha le sue piantagioni rigidamente sotto controllo. Nel

1953, quando Jacobo Gurmar, presidente del Guatemala, decise di varare una riforma agraria che danneggiava Chiquita, venne fatto fuori da un colpo di stato che tutti imputavano alla regia di Chiquita.

 

Coca Cola

 

Multinazionale USA nata nel 1891. Ottavo gruppo alimentare del mondo, ha filiali in più di trenta paesi. Fattura circa 60000 miliardi e - insieme a Cola Cola Enterprises - impiega 29500 persone. Nel 1999 a Manila  ha licenziato in tronco 600 persone. In Belize contribuisce alla distruzione delle foreste tropicali. Collabora per la vendita di Nestea e Nescafè con Nestlè, la quale non rispetta il codice OMS e UNICEF per il latte in polvere. Uno studio del Codacons ha dimostrato che alcuni prodotti "dietetici", come le bevande Coca Cola Light, contengono aspartame. questa sostanza, se assunta in grandi quantità può causare danni al cervello, particolarmente gravi nei bambini. Ancor più gravi gli effetti sui feti. In Guatemala non rispetta i diritti  sindacali. In India fa uso di lavoro minorile. E’ considerata una delle 10 peggiori imprese USA perché ingozza i ragazzi di zucchero e acqua piena di additivi chimici.

 

Exxon Mobil

 

La Mobil è presente nell’isola di Aceh, dove si è resa complice delle atrocità com-messe dall’esercito nei confronti della popolazione locale per poter operare indisturbata nell’estrazione del gas naturale, fornendo alle autorità governative del regime dittatoriale di Jakarta una delle fonti di guadagno più importanti senza alcun bene-ficio per la popolazione. Precisamente la Mobil è accusata di aver fornito supporto logistico presso le proprie basi dove venivano torturati e uccisi gli abitanti e di aver fornito all’esercito le ruspe per scavare le  fosse comuni dove seppellire le persone trucidate. In Perù gli indigeni Harakmbut stanno difendendo le loro terre dall’occupazione della Mobil.

 

Johonson & Johnson inc.

 

E’ la più grande distributrice mondiale di prodotti sanitari, oltre che essere molto attiva nel settore farmaceutico. In Messico la paga dei lavoratori è al minimo di sussistenza. Ha pagato 5 milioni di dollari in USA per aver indotto i dipendenti a distruggere prove relative ad un’indagine federale sulla promozione di un  farmaco in casi non ammessi dalla FDA. Trasgredisce il codice OMS sul latte in polvere reclamizzando bottiglie per l’allattamento artificiale.

 

Mc Donald’s

 

In Italia, la multinazionale del panino è presente da 15 anni ed è leader del settore con l’acquisizione nel 1996 del concorrente Burghy; 243 ristoranti in piena attività, un fatturato di 686 miliardi nel 1999 con 12000 dipendenti. "Pensare globalmente, agire localmente; non si può gestire una catena mondiale in modo centralizzato". Ecco il vangelo di Jack Greengerg. boss del gruppo e regista della strategia Mc Donald’s. Ogni anno la Mc Donald’s spende 1,8 miliardi di dollari in pubblicità e promozioni commerciali per dimostrare al pubblico che è un’impresa impegnata nei problemi sociali ed ambientali. Mc Donald’s sostiene nella sua "Guida Nutrizionale" che l’alimentazione fast food è sana e nutriente, senza mettere in evidenza come essa sia ricca di grassi e zuccheri e carente in fibre vitamine, e sali minerali . La carne che viene utilizzata è prodotta in allevamenti intensivi con grossa sofferenza degli animali. Per dare spazio agli allevamenti di bestiame la Mc Donald’s ha confessato di avere deforestato ampie zone tropicali e di aver utilizzato sostanze chimiche in dosi massicce (20 tipi diversi di prodotti chimici) per la moderna agricoltura intensiva. I lavoratori ricevono salari bassi, non vengono retribuiti gli straordinari e gli incidenti sul lavoro (ustioni) sono numerosi, per la carenza di personale e la necessità di lavorare in fretta.  Non va meglio ai lavoratori Mc Donald’s in Italia: gli impiegati catanesi sono costretti a mansioni non previste dal contratto di assunzione, come la pulizia di pozzetti di scarico e di bagni; subiscono tra-sferimenti di sede senza preavviso, lavorano per ore di straordinario mai pagate come tali.

 

Mitsubishi

 

La mitsubishi  Trading Company è uno dei più potenti imperi industriali e finanziari del mondo. Oltre che a distruggere le foreste tropicali al ritmo di 300000 ettari all’anno per cui milioni di uccelli, piante e insetti sono spazzati via. Questa compagnia mette a rischio anche le popolazioni indigene: il disboscamento diffonde la malaria e la tubercolosi, molti sono ridotti in povertà perché le loro tradizionali fonti di cibo sono  distrutte, altri ancor sono costretti ad emigrare nelle città.La Mitsubishi, inoltre, è produttrice di armamenti:  missili, cannoni, carrarmati, ma anche fornitrice di servizi perl’industria nucleare: nocciolo dei reattori nucleari, forniture di plutonio, inceneritori di rifiuti radioattivi. E’ in atto un boicottaggio da parte della "Rainforest Action Network" per distruzione delle foreste del pianeta.

 

Monsanto

 

La Monsanto, specialista in erbicidi e defolianti, nel 1960 ha prodotto il famigerato agente arancione, uno dei più temibili defolianti usati durante la guerra in Vietnam. Attualmente la Monsanto produce l’erbicide

Roundup. E’ stata al centro di vari processi per violazioni che vanno dalla contaminazione ambientale, alla pubblicità ingannevole, alla violazione delle norme sulla sicurezza. Nel 1995 la Monsanto ha danneggiato l’ambiente sca-ricando 1800 tonnellate di sostanze inquinante nell’aria, nei fiumi, nei suoli. Monsanto produce  anche l’ormone BCH per la crescita forzata dei bovini da macello, ormone ritenuto da molti scienziati  cancerogeno. Monsanto, inoltre, da qualche anno si dedica alla manipolazione genetica, brevettando, insieme all’Astra Zeneca , sementi che si possono usare per un solo raccolto, innestando la cosiddetta "tecnologia della morte" che priva le comunità agricole della loro secolare conoscenza di salvare i semi. Risultato di questa operazione è favorire un regime di monopolio sulle sementi che nutrono il mondo, e di renderne uniche beneficiarie le multinazionali del settore.

 

Nestlè

 

L’allattamento al seno è il miglior nutrimento per i neonati; Unicef e Orga-nizzazione mondiale della sanità hanno un codice internazionale che proibisce la promozione di latte in polvere per bambini. La Nestlè viola questo codice, per esempio con forniture gratuite agli ospedali, provocando la diminuizione dell’uso del latte  materno rendendo indispensabile il ricorso al latte artificiale. Secondo l’Unicef un milione e mezzo di bambini muore ogni anno nei paesi poveri del mondo perché non viene nutrito con il latte materno, e altri milioni si ammalano. Gli alti costi, la diluizione con acqua non pulita, la scarsa igiene dei biberon caausano alti rischi per i bambini. Per convincere questa multinazionale che la vita dei bambini vale più dei profitti commerciali è stato indetto un nuovo boicottaggio internazionale oltre a quelli subiti dalla Nestlè nell’84 e nell’88. LA Nestlè è la principale produttrice di latte in polvere, controllando una quota che va dal 35 al 50% circa del mercato mondiale. E’ la maggiore società agro-alimentare del mondo e una delle più importanti nel commercio di cacao e caffè, di conseguenza è uno dei maggiori responsabili delle pessime condizioni in cui si trovano milioni di contadini del sud del mondo, a seguito della logica del mercato e del profitto. Anche la Nestlè Italia con i suoi comportamenti ispirati to-talmente alla logica del profitto si è resa responsabile di licenziamenti nelle ditte che operano nel campo delle acque minerali (Recoaro e Acqua Vera).

 

Nike

 

Tutte le scarpe Nike sono prodotte in Asia, in particolare in Indonesia, Cina, Thailandia, Taiwan, Corea del Sud, Vietnam; con regimi di lavoro oppressivi. Dopo molte pressioni da parte dei consumatori e di alcuni azionisti, il 15 ottobre 1998 Nike ha annunciato l’intenzione di aumentare il salario minimo dei suoi lavoratori indonesiani del 25%. Ma una studio condotto nel settembre ’98 dall’associazione statunitense Global Exchange, mette in evidenza che questo aumento è del tutto inadeguato per recuperare la perdita del potere d’acquisto dovuta alla svalutazione della Rupia indonesiana. Pertnto i lavoratori Nike in Indonesia con-tinueranno a non poter soddisfare i loro bisogni fondamentali. In Indonesia, Nike ha sempre tentato di pagare salari più bassi possibile, sostenendo, anno dopo anno, che non poteva permettersi di pagare neanche il salario minimo previsto dalla legge. In Indonesia i sindacati liberi sono illegali e vengono repressi dall’esercito, i dirigenti sindacali sono licenziati, imprigionati, torturati e anche uccisi. I lavoratori Nike ricevono un salario da fame, lavorano esposti a vapori delle colle, solventi, vernici per 12 ore al giorno. La Nike spende circa 180 milioni di dollari l’anno in pubblicità, quando sarebbe sufficiente l’1% di questo bilancio per migliorare le condizioni di 15000 lavoratori indonesiani. QUANTO COSTA UNA SCARPA NIKE:

Materiale $ 4,7 4%

Manodopera $ 1,3 1%

Profitti ingrosso $ 62 49

Profitti dettaglio $ 57 46

Prezzo al pubblico $ 125 100%

 

Novartis

 

Multinazionale chimica pre-sente in 142 paesi, fattura oltre 40000 miliardi e impiega 82500 persone. Classificata al 159° posto della graduatoria mondiale, produce vernici e colori di ogni tipo, ma è soprattutto proiettata verso i prodotti tecnologicamnete più avanzati ed è quindi tristemente famosa per la produzione di pesticidi e di organismi geneticamente modificati. Si occupa anche del settore alimentare "Functional Foods" attraverso prodotti dietetici, integratori e simili, in tal senso ha stretto un accordo con la multinazionale alimentare Quaker Oats ( che controlla l’80% delle bevande sportive ). Novartis è presente anche nel settore dei prodotti per l’infanzia tramite Gerber. Nonostante tenti di migliorare la propria immagine, Novartis non brilla per correttezza: ha esercitato un’intensa pressione sull’UE per ottenere l’autorizzazione alla commercializzazione di semi OGM.

 

?  è uno dei maggiori gruppi mondiali dediti alla manipolazione genetica. Produce mais-bt, ( OGM ) che resiste all’erbicida Glufosinate.

?  trasgredisce il codice OMS sul latte in polvere ( attraverso Gerber ).

?  usa abitualmente OGM in Nord America negli alimenti Gerber.

?  è il secondo produttore al mondo di pesticidi e il primo di atrazina, un erbicida che si è dimostrato cancerogeno negli esperimenti di laboratorio e che è correlato al tumore della mammella, a linfomi e leucemie: l’atrazina filtra nel terreno e contamina le falde acquifere mettendo a rischio la salute di milioni di persone.

 

Philip Morris

 

La Philip Morris è una delle multinazionali che ha presentato alla  commissione europea la proposta di riforma della direttiva UE 241/73, approvata dal parlamento europeo il 15/3/2000, sul cacao e i prodotti al cioccolato in base alla quale è possibile l’impiego di sostanze grasse vegetali diverse dal burro di cacao fino al 5% del prodotto finale. Questo genera un danno a paesi come Ghana, Nigeria, Camerun che basano sulla produzione del cacao più del 50% del volume delle loro esportazioni e che a livello microeconomico produrrà effetti disastrosi per 11 milioni di persone che sono direttamente dipendenti dal raccolto di cacao. Ha inoltre ottenuto che nelle etichette non venisse indicata la quantità di burro di cacao presente nella cioccolata. La Philip Morris è una delle più grandi produttrici di sigarette e poiché nel nord del mondo il consumo di tabacco è in diminuzione, sta dirigendo le sue vendite al sud, aumentando a dismisura il consumo di tabacco fra i minorenni.

 

Walt Disney

 

La Walt Disney Corporation è una della multinazionali più potenti del pianeta e, da bravi Paperon de’ Paperoni, i managers di Disney hanno il controllo su molti settori strategici dell’economia a partire dal settore dei media e della comunicazione fino ad estendersi un po’ ovunque, dall’industria tessile a quella edilizia...Peccato che ad Haiti, a 5500 km di distanza dai belli uffici californiani migliaia di giovani lavoratrici poco più che quindicenni lavorino alla confezione di abbigliamento a marchio Walt Disney per uno stipendio di circa 27 cents all’ora, con un ritmo produttivo così incalzante da lasciare poco più di 10 minuti per la pausa pranzo. Non c’è tutela sanitaria e nessuna retribuzione in caso di malattia. Per guadagnare quello che l’amministratore delegato guadagna in un’ora, un’operaia della Disney dovrebbe lavorare 101 anni per 10 ore tutti i giorni. Ancora ad Haiti, quando un gruppo di lavoratori tentarono di organizzarsi per ottenere migliori condizioni di lavoro, 150 di essi furono licenziati.


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Alex Zanardi vince la sua sfida più importante, quella col destino
Di Maurizio Martini
 

Era il 15 settembre 2001, quando Alex Zanardi stimato pilota di formula 1, ebbe un gravissimo incidente automobilistico che gli comportò l'amputazione di entrambi gli arti inferiori.

Zanardi stava correndo su un circuito tedesco, quando alla velocità di oltre 300 km orari, la sua vettura subì un tremendo impatto che la divise in due.

Mancavano 13 giri alla fine della corsa, ma per Zanardi,  la corsa, e la vita, cambiarono in quel momento e per sempre.

Nei giorni successivi all'in-cidente, i medici arrivarono a temere per la stessa vita del pilota; ma man mano che il tempo passava Alex mostrò una tenacia che gli permise di riprendersi dal gravissimo incidente e tornare in breve tempo ad una vita normale.

Tuttavia, Zanardi aveva ancora nel cuore quei 13 giri che mancavano alla conclusione della sua corsa.

Questo coraggioso ragazzo,  sentiva che doveva e voleva chiudere il conto col destino.

Tale resa dei conti, è arrivata il giorno 11 maggio 2003, quasi due anni dopo il tragico incidente.

Zanardi, pilotando la stessa macchina, dello stesso colore, ha percorso sulla stessa pista tedesca, quei maledetti 13 giri che mancavano al conto finale.

Questa volta, il destino si è dovuto inchinare davanti al coraggio, all'ostinazione di quest'uomo, che nonostante la mancanza di entrambe le gambe, pilotando quindi una vettura appositamente modificata, ha percorso quel tratto di gara che mancava, ad una media di 312 km orari.

Una media questa, che gli avrebbe permesso di conquistare una posizione di tutto rispetto se avesse gareggiato in una competizione vera e propria.

Al termine di questa splendida prova di coraggio, Zanardi, ha dichiarato che non intende ricominciare a correre, ma desidera stare con la famiglia e con I figli.

Questo grande sportivo si è  sottoposto a tale  prova, soltanto per dimostrare a sé stesso e agli altri, che nella vita, è sempre possibile riprendersi, anche quando una ripresa sembra impossibile.

Grazie Alex, la tua prova di coraggio è stata un grande insegnamento a non darsi mai per sconfitti.

Grazie, perché esempi come il tuo, fanno bene ad una collet-tività sempre più spesso ras-segnata al proprio destino.

 

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Più nuda (e cruda) di così...sotto gli occhi di tutti

Di Federico

 

L’uomo riesce a vivere e sopravvivere, sulla tirannide incalzante delle cose, se sol fa in tempo a ridere: ride bene specie facendolo della propria  o altrui eventuale autorità, cioè del raggiunto potere (non certo diritto) di disporre a vario titolo e livello degli avvenimenti e degli uomini. Ridere è modo fecondo di sottrarsi all’i-mpostura d’egoismo suggerita da ogni RUOLO. In fondo, come autorevolezza pro-priamente politica, cioè pubblica, c’è sempre un grosso imbroglio dietro all’au-torevolezza politicante di ognuno; e l’imbroglio diventa insopportabile, se quella disposizione si organizza in  strutture che chiacchierano nuovi modelli di sociabilità e magari di spiritualità ma fondandosi, realmente, sullo scricchiolio delle ossa dei più deboli.

E’questo l’imbroglio che alimenta oggi quasi tutte le conventicole religiose o laiche; per lo più espressione, a vario grado, dell’antica prassi clientelare pagana (spiega assai, per quanto possibile, in proposito, il regista Costa Gavras, che dà immagine, nel suo ultimo impegno cine-matografico de IL VICARIO, al nobile e omonimo dramma teatrale di Hochuth.

Ma cos’è la politica, oggi ?

Al livello più basso, lo sbotto narcisistico d’interpreti tutti voltati a manipolare con facile governo

dialettica le delusioni dell’impazienza dei popoli; più oculatamente, l’abuso di far convergere organicamente, cioè secondo un patto faustiano, vino vecchio in otri nuovi, volendo usare una bellissima frase del Vangelo. Modo di fare che genera, sempre più, fenomeni incoerenti e tuttavia paradossalmente correlati, al nucleo della loro or-chestrazione, da una speciale e crudele geometria preventiva: ”l’Umanità si evolve secondo una luce ciclica; essa descrive una spirale, prima discendente poi ascendente. Durante la discesa si accumulano tutte le parole, tutti gli errori, tutti i crimini. Quando la discesa avrà raggiunto il fondo, il Cosmo risalirà e i nostri discendenti risaliranno e potranno immergersi nella verità, nella bellezza, nella saggezza. (…) Accelerando la discesa, si contribuisce a riaffrettare la riascesa, che inevitabilmente le succede. Allorquando il disordine avrà raggiunto il culmine, la ricostruzione nell’ordine verrà come novella aurora. Nel nostro tempo, il solo modo di preparare il bene futuro è quello di portare all’estremo il male presente: ottima regola sia per il destino collettivo che per il destino individuale”.(1). E dove traghetterà mai la pur sfaccettata religiosità contemporanea? L’accento in cui al giorno d’oggi s’involve la Parola sacra, somiglia piuttosto a un protratto digrignare di denti al fondo d’una angusta camera sigillata, onde sale la menzogna nei corpi che La recitano, vibrando d’un raggelante fremito. E’il fremito della carne che si reclina (secondo alchemiche modalità, taluna accennata vari anni or sono, in un bel libro, dal saggista francese René Alleau) sulla di lei ombra genitrice (o Madera): ciò che un sereno e buon signore ci ha riferito, tempo fa, coinvolgere trasversalmente i più feroci, pseudoreligiosi distruttori.

A questo punto si comprenderà, e senza dover ricorrere ai vani metodi della corriva sociologia uso Ferrarotti, perché oggidi’, con fiuto peregrino, gli adolescenti dell’ultima ge-nerazione, per quanto ignari di quale sia l’esatto retroscena, in Occidente vogliano (magari, un po’confusamente) saperne sempre meno di politica, cattolicesimo papale e quant’altre usate variazioni (modello HareKrisna o Arancioni) della stessa mostruosa ipocrisia.

 

Tratto dal volume “Governi occulti e società segrete” di Serge Hutin

 

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