Informazione per i giovani del III millennio    numero 17    Giugno 2005

 

 

 

Direttore  Prof. Carlo Monti

Vice Direttore  Maurizio Martini

Redattori  Alessio Lenzi, Mario Lorenzini

 

Redazione

Via Francesco Ferrucci 15

51100 - PISTOIA

Tel.  057322016

e-mail: redazione@gio2000.it

Sito internet: www.gio2000.it

Tipologia: notiziario

 

Pubblicazione registrata presso il Tribunale di Firenze al n. 4971 del 26.06.2000

 

Gli articoli contenuti nel  periodico non rappresentano il pensiero ufficiale della redazione, ma esclusivamente   quello del singolo articolista.

 

ELENCO RUBRICHE

 

Annunci

Comunicati

Cucina

Cultura

Esoterismo, religioni e dintorni

Hobby e tempo libero

Informatica

Istruzione

Lavoro

Musica

Normalità e handicap

Patologia

Racconti e poesia

Riflessioni e critiche

Spazio donna

Sport

 

 

In questo numero:

 

EDITORIALE

Il Papa, di nuovo caldo e... - Di Mario Lorenzini

COMUNICATI

Mp3 una nuova forma di lettura - Di Alessio Lenzi

CUCINA

Tutti in cucina (parte terza)- Di Elisabetta Barsotti

CULTURA

Il Bill of rights - Di Antonella Iacoponi

 

Le recenti esplorazioni di Marte e Titano (e tutti gli altri)
Breve storia delle principali esplorazioni del sistema solare dallo spazio
- Di Margherita Hack

 

A proposito di fognature - Di Irina Gregoriev

ESOTERISMO, RELIGIONE E DINTORNI

Giovanni Paolo II (una vita per la vita) - Di Natale Todaro e Luigi Palmieri

 

Dopo la morte di Wojtyla è utile riesaminare il periodo più nero del suo pontificato - La Teologia della liberazione

HOBBY E TEMPO LIBERO

Viaggio oltre le montagne dell'Atlante (FANGO, PAGLA E ANTENNE PARABOLICHE) - Di Claudio D'Ambra

ISTRUZIONE

I ciechi e la cultura - Di Antonino Cucinotta

RACCONTI E POESIA

Comunque femmina - Di Veronica Franco

RIFLESSIONI E CRITICHE

Quanti giudici - Di Elena Aldrighetti

 

Il mondo dei centralinisti non vedenti - Di Mario Lorenzini

 

 

 

EDITORIALE

Il Papa, di nuovo caldo e...

 

Di Mario Lorenzini

 

Il 2 aprile scorso, Papa Giovanni Paolo II, vero nome Karol Wojtyla, muore all’età di 85 anni. Il Papa era ormai sfinito dal morbo di Parkinson, estremamente provato, anche se aveva sempre dimostrato una ferrea volontà. Non abbiamo fatto in tempo a pubblicare nulla sulla sua morte, eccezion fatta per la notizia diffusa via e-mail; il tutto perché ormai il numero scorso era appunto, quello di marzo. Poco dopo ci sono giunti in redazione alcuni scritti, due dei quali sono stati pubblicati. Vi invito a leggere con attenzione entrambi gli articoli. Da una parte lodi dall’altra rimproveri sull’operato del sommo Pontefice.

A questo punto porto la vostra attenzione sul clima che, per certi versi, vuole imitare la calda estate del 2003. Tale ondata di calura anomala fu definita così proprio a causa della sua durata, delle sue temperature record e del tasso di umidità presente nell’aria. Ma una volta creato un precedente, esso può anche ripetersi, in forma minore, ma si fa notare. E abbiamo già detto altre volte, ne abbiamo già discusso su queste pagine, dei problemi legati all’inquinamento, tipo il buco nell’ozono. Lo schermo naturale contro i raggi ultravioletti è un gas più rarefatto che nel passato. Il nostro sole ha ormai campo libero, non solo nelle ore tipicamente proibitive per l’esposizione, diciamo dalle 11 alle 15, ma anche alle 18 e oltre. Basta vedere i flaconi degli oli solari, sempre più alti come fattore di protezione e poi trarre la conclusione.
L’umidità favorisce la sudorazione e la perdita di sostanze utili al nostro sostentamento, come i Sali minerali. Abbiamo anche un calo della pressione arteriosa e perdita di grassi, cosicché ci stanchiamo prima. Le condizioni ambientali si avvicinano sempre più a quelle dei paesi equatoriali, in modo forse un po’ troppo rapido da permetterci di abituarci. Ma speriamo di sbagliarci. A tal proposito mi viene in mente che ci sono due teorie discordanti riguardo la vita del nostro pianeta: una dice che la nostra amata Terra finirà per riscaldarsi sempre di più, l’altra afferma proprio l’opposto, ossia che la crosta terrestre si raffredderà progressivamente in conseguente alla morte del sole. Niente paura, non succederà domani, i processi evolutivi (o involutivi?) di un pianeta durano milioni di anni.
E chissà se ci sarà ancora Giovani del 2000? Anche se, con una data diversa, a più cifre.

Proprio sulla nostra rivista, si è pensato fosse giusto ribadire il concetto espresso nell’editoriale di marzo, sul pagamento di una quota di abbonamento per le sole copie cartacee. Pensiamo che, una volta raggiunto un certo numero, cambieremo il metodo di spedizione che, purtroppo, fa giungere in ritardo i giornalini nelle cassette postali dei nostri lettori.
 

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COMUNICATI


Mp3 una nuova forma di lettura

Di Alessio Lenzi

 

Oggigiorno, sentiamo parlare sempre più di Mp3 sia a livello di musica che per leggere libri. Per chi ancora non conoscesse questo tipo di mezzo, cercherò in queste poche righe di esaudire la vostra curiosità.
Prima di tutto, cosa significa Mp3? E' un acronimo che in poche parole significa formato compresso per immagazzinamento di formati audio. Noi tutti sappiamo che un brano musicale occupa tantissimo posto sui dischi dei nostri computers, ma anche in un normale CD. In questo modo possiamo inserire comprimendoli, tanti più brani nusicali ed avere dei CD
che possono contenere molte canzoni in pochissimo spazio. Naturalmente per poter leggere
questo tipo di files, occorre un pc o un lettore portatile per Mp3 che oggigiorno possiamo
trovare a pochissimo prezzo in qualsiasi negozio di elettronica. Tali lettori sono disponibili in
varie modalità, sia che possono leggere cd, sia con disco fisso da varie capacità che con
memorie solide di più piccole dimensioni.
Perchè ho fatto questo piccolo preambolo storico? Perchè, dopo un po' di
sperimentazione e valutazione, anche noi del giornalino ci siamo decisi ad entrare in questo
nuovo modo di lettura. Infatti, da questo numero, potrete trovare la nostra rivista anche in
formato audio da poter scaricare e portarvi ovunque sfruttando i benefici dell'mp3, avere
subito in formato audio il periodico semza dover attendere i lunghi tempi di registrazione della
cassetta. Sarà sufficiente prelevare il giornalino appena uscito, metterlo sul vostro lettore e il
gioco è fatto! Naturalmente, la lettura è eseguita da un sintetizzatore di voce, ma con una
ottima qualità molto simile alla voce umana. Purtroppo il file è un pochettino lungo da
scaricare, quindi è necessario disporre di una linea veloce, ma si potrebbe pensare, se ci fossero parecchie richieste, di predisporre una versione su CD in abbonamento. Non vi resta
quindi che cliccare sul link "Ascolta la rivista" presente nella homepage del nostro sito e
provare! Per adesso sono presenti pochi numeri, ma nei prossimi giorni convertiremo in audio
anche i vecchi numeri.
Ci auguriamo con questa iniziativa, di esserci ancora più avvicinati a tutti coloro che amano la
lettura ovunque e con qualsiasi mezzo che oggi la tecnologia ci mette a disposizione. Come
sempre, attendiamo commenti, suggerimenti e critiche per far sì che il servizio che offriamo
sia sempre all'altezza delle vostre aspettative. Per ogni segnalazione potrete scriverci o
contattarci agli indirizzi che trovate sulla copertina della rivista o sul nostro sito che è
www.gio2000.it.

 

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CUCINA

Tutti in cucina (parte terza)

Di Elisabetta Barsotti

 

Salve Carissimi!
Rieccoci per continuare il nostro viaggio nel fantastico mondo mangereccio! Ditemi un po', avete
sperimentato qualche ricetta?
Come vi avevo anticipato nello scorso numero, questa volta continueremo a parlare di impasti base
e, nello specifico, impareremo a preparare la pasta per pane e pizza e la pasta all'uovo.
Allora? Cominciamo? Dai! Mettetevi il grembiulino! Si parte!

Cominciamo dalla cosa più semplice e cioè dalla pasta all'uovo che, come tutti sappiamo, è
l'impasto che si prepara per tagliatelle, ravioli, lasagne, etc. etc.. E' un impasto molto semplice da
preparare con la proporzione di un uovo intero per ogni 100 grammi Di farina; occorre impastare
piuttosto energicamente fino ad ottenere una pasta liscia ed elastica aggiungendo, se necessario,
poca acqua tiepida, nel caso l'impasto risulti troppo asciutto mentre un po' di farina, nel caso risulti
appiccicoso e molle. Come per ogni impasto, anche la pasta all'uovo va lasciata riposare coperta
con pellicola trasparente o con un canovaccio umido per una mezz'oretta prima di essere tirata col
mattarello o con la macchina per la pasta e utilizzata per preparare il tipo di pasta da noi desiderato.

Come si procede:
Versare la farina sulla spianatoia e fare un buco al centro nel quale sgusceremo le uova e
aggiungeremo un po' di sale; con l'aiuto di una forchetta cominciamo ad amalgamare gli ingredienti
e, una volta amalgamati, continuiamo a lavorare con le mani impastando energicamente per una
decina di minuti fino ad ottenere una pasta liscia ed elastica.
Le dosi consigliate per 4 persone sono di 3 uova e 300 grammi di farina.

La pasta lievitata:
Più attenzione, invece, merita la preparazione della pasta lievitata che serve per preparare pane
pizze e focacce…..non c'è niente di più buono del profumo che invade la cucina quando nel forno
sta cuocendo il pane!
L'ingrediente più importante è il lievito: quello più utilizzato per gli impasti casalinghi è il lievito di
birra, fresco in cubetti oppure secco in granuli; va sciolto in acqua tiepida e amalgamato alla farina;
quella ideale per la preparazione del pane è la farina di grano tenero di tipo 0: può essere usata da
sola o miscelata con altri tipi di farine, integrale, di segale, di polenta…a seconda delle ricette e dei
gusti personali.
Il lievito può essere aggiunto da subito insieme agli altri ingredienti (impasto a lievitazione diretta),
unito ad un po' d'acqua e un po' di farina e aggiunto all'impasto solo quando sarà raddoppiato di
volume (impasto preparato col lievitino) oppure si prepara un vero e proprio impasto col lievito,
parte della farina e parte dell'acqua, sottratti dalle dosi della ricetta, si lascia lievitare fino a quando
sarà raddoppiato di volume e poi si unisce ai restanti ingredienti completando l'impasto (impasto
preparato con la biga).
Personalmente quando preparo il pane utilizzo questa terza modalità: preparo la biga anche il giorno
prima e poi termino l'impasto e inforno….il risultato è davvero ottimo!
È vero che il sale è nemico del lievito? Assolutamente sì! Mai mettere il sale a contatto col lievito
perché ostacola l'attività del lievito e rende il pane troppo
Duro. Al contrario, aggiungere sempre un cucchiaino di zucchero che favorisce la fermentazione e
quindi la lievitazione della pasta; anche per questo, l'impasto con la biga è il più indicato: si prepara
la parte lievitante senza il sale che poi si aggiungerà nella seconda fase assieme ai restanti
ingredienti. Se si sceglie di fare l'impasto a lievitazione diretta, si prepara la pasta come da ricetta,
si forma una palla e la si mette in una ciotola coperta con pellicola e la si lascia riposare in un luogo
tiepido (ottimo allo scopo il forno fatto riscaldare a 50 gradi e poi spento), fino a che non raddoppia
il suo volume dopo di che la si reimpasta, si da la forma del pane che più ci piace, si pone la
preparazione nella teglia da forno o sulla leccarda, con un coltello affilato ne si incide la superficie
con un taglio a forma di croce e si lascia nuovamente lievitare, ora è pronto per la cottura!
Per la cottura il forno deve essere portato a 200 gradi nella parte bassa bisogna porre un pentolino
d'acqua che permette di dare il giusto grado di umidità ed ottenere così un risultato ottimale, ne
uscirà un pane croccante con un cuore morbidissimo…….gnam!
Anche per la preparazione di pane pizze e focacce, parte importante avrà la vostra fantasia! Potete,
per esempio, aggiungere all'impasto un trito di salvia o rosmarino, oppure delle olive nere….io
adoro il pane alle olive! Potreste anche aggiungere dell'uvetta fatta ammorbidire in acqua tiepida
per un pane semidolce ottimo a colazione….insomma, date spazio alla vostra fantasia!

E ora? E ora voglio darvi una ricettina…..anzi una ricettona!
Se volete cimentarvi con la preparazione di pane e pizze, utilizzando i consigli che vi ho dato,
troverete un sacco di ricette io, da buona genovese, voglio darvi la ricetta della famosa "fugassa" e
cioè la fragrante e buonissima focaccia genovese ottima calda, appena sfornata, ma anche fredda,
ottima a colazione, per lo spuntino di mezza mattina, a pranzo….insomma a tutte le ore! Quando ti
prende la voglia di qualcosa di sfizioso lei, per noi genovesi, è la regina!

Ingredienti:
500 gr. farina 0, un pizzico di zucchero mezzo cubetto di lievito, 3 cucchiai di olio, sale , acqua q.b.
(per preparare un impasto piuttosto
morbido circa 250-300 grammi), ancora olio e sale grosso per la cottura e la superficie.

Sciogliere il lievito in un po' di acqua , unitevi un pochino di farina fino ad avere un impasto fluido
ma omogeneo, coprire e lasciare riposare almeno
1/2 ora. Mettere la farina nella spianatoia, mettete dentro gli ingredienti rimasti, la pasta che già si è
lievitata, impastate con energia fino ad avere
un'impasto che sia morbido, elastico e non si attacchi alla spianatoia, mettetelo in una terrina,
incidete una croce sopra e coprite, lasciando lievitare
almeno 2 ore.
Una volta lievitata la pasta, prendete un foglio di carta forno e coprite il fondo della teglia che
intendete usare per la cottura e ungetelo abbondantemente
d'olio. Rovesciate quindi l'impasto lievitato sul foglio.
Stendetelo con le mani, in modo che sia piuttosto sottile. Poi, con le dita, fare le caratteristiche
"fossette" infilando le punta nella pasta (e allaargandole,
Preparare un'emulsione di olio e acqua in parti uguali e cospargere, aiutandosi con un pennello, la
superficie della focaccia. Lasciare riposare una ventina di minuti e infornare
in forno gia' caldo (200 gradi circa).

Non appena la focaccia e' cotta, estrarla dal forno e - mentre e' ancora caldissima - spennellare
ancora con emulsione di acqua e olio e cospargere di
sale grosso.

E con questa chicca dedicata alla mia Genova ho terminato! Vi aspetto per il prossimo numero!

 

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CULTURA

Il Bill of rights

Di Antonella Iacoponi

 

Il Bill Of Rights è costituito dai primi 10 emendamenti, aggiunti, nel 1791, alla Costituzione federale degli Stati Uniti adottata nel 1787.
Esso rappresenta un modello per ogni società civile, libera e democratica, in quanto ne enuclea i diritti fondamentali, e offre loro un’adeguata protezione.
Il primo emendamento garantisce ai cittadini l’inviolabilità dei c.d. diritti della personalità, quali la libertà religiosa, di stampa, di parola, ed il diritto di riunione, purché pacifica. Tutti questi aspetti, inerenti alla formazione e allo sviluppo della persona umana, sono protetti anche dalla nostra Costituzione.
Attraverso il principio della libertà religiosa, vengono sanciti il divieto di discriminazione, in base al proprio credo, e, per converso, la laicità dello Stato.
La libertà di stampa e di parola sono invece da ricondursi nel più ampio ambito della libertà di opinione, e del diritto di manifestazione del proprio pensiero. Nell’ultimo paragrafo del primo emendamento, è prevista la facoltà di rivolgere petizioni al governo, a fronte dei torti subiti.
La salvaguardia di questi principi si rivela basilare, ed estremamente attuale, in una società, come quella americana, fondata sul principio democratico, ma anche sul liberalismo, e sull’individualismo; basti pensare a quanto accade nei settori dell’economia, della sanità, e nel mondo del lavoro.
Ad esigenze individualistiche, e di sicurezza, si riallaccia, peraltro, la possibilità, per i cittadini, di portare armi, prevista nel secondo emendamento, mentre il terzo vieta ai soldati di alloggiare in una casa privata senza il consenso del proprietario, derogando, in tempo di guerra, a leggi speciali. Qui il legislatore intende tutelare la proprietà privata, in quanto espressione di una società liberale, favorendo altresì un equo contemperamento con i superiori interessi nazionali.
I cinque emendamenti successivi si occupano della disciplina processuale, ponendo le basi del giusto processo, mediante la pubblicità e la regolarità del procedimento, il contraddittorio, e la terzietà del giudice; garanzie che si configurano, a tutt’oggi, come uno dei cardini di ogni ordinamento naturale, prima che giuridico.
In quest’ottica, il quarto emendamento tutela la libertà personale, il domicilio, la corrispondenza, le cose dei cittadini, consentendo perquisizioni e sequestri soltanto in forza di un mandato giudiziario specifico e puntuale, suffragato da un “giuramento o da una dichiarazione sull’onore”.
La norma successiva stabilisce l’esigenza, nel processo penale, della denuncia, o accusa, da parte di una grand jury (grande giuria), la necessità di un “regolare procedimento legale”, per la privazione della vita, della libertà, e della proprietà, il divieto di processare due volte un individuo per lo stesso crimine, e la facoltà di non rispondere.
Il sesto emendamento garantisce la pubblicità e la rapidità del processo, l’imparzialità dell’organo giudicante, l’assistenza legale, e l’informazione sulla natura dell’accusa.
Le due norme successive proibiscono, rispettivamente, la revisione delle sentenze di una grand jury, salvo quanto disposto dalla common law, e l’inflizione di pene crudeli ed inusitate, nonché di ammende eccessive.
Con il nono emendamento, il legislatore introduce una clausola di apertura, o, per così dire, di bilanciamento, attraverso la quale fa salvi i diritti dei cittadini, non mensionati nella Costituzione, al fine di evitare interpretazioni restrittive, o forzature del testo stesso.
Infine, secondo il decimo emendamento, i poteri non delegati, né vietati, dalla carta costituzionale, ai singoli Stati, restano ad essi riservati.
Il Bill of Rights si dimostra, dunque, a più di due secoli dalla sua emanazione, uno strumento efficace ed attuale, per la salvaguardia dei valori fondamentali propri della persona umana, sia in ambito sostanziale, che processuale; valori quali le libertà individuali, la dignità, l’uguaglianza dei cittadini, la legalità del processo, la parità fra accusa e difesa, e l’umanità della pena.
 

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Le recenti esplorazioni di Marte e Titano (e tutti gli altri)
Breve storia delle principali esplorazioni del sistema solare dallo spazio

Di Margherita Hack

Le sonde che a partire dagli anni '60 hanno viaggiato per il sistema solare, e hanno inviato robot
sulla superficie di Venere, Marte e ora sul satellite di Saturno,Titano, e gli astronauti sulla Luna
hanno dilatato straordinariamente le nostre conoscenze.
Prima dell'inizio dell'era spaziale, si conosceva molto meglio la fisica delle stelle che quella dei
pianeti, malgrado che questi siano tanto più vicini a noi delle stelle più vicine. Infatti la luce da
Plutone impiega circa cinque ore per arrivare a noi, mentre la luce dalla stella più vicina, Proxima
Centauri impiega circa quattro anni e tre mesi. Ciò dipende dal fatto che le stelle sono sfere
completamente gassose, e il gas è lo stato più semplice della materia; inoltre emettono luce propria
e dall'analisi di questa luce, tramite la spettroscopia, possiamo determinare la loro temperatura e
densità superficiale, la composizione chimica, il moto della stella nello spazio, la velocità di
rotazione intorno al proprio asse polare, i moti del gas negli strati superficiali, e da questi dati
risalire alla struttura interna della stella, utilizzando le leggi note dei gas. I pianeti invece hanno una
struttura molto più complessa: sono in parte solidi, in parte liquidi, in parte gassosi; inoltre non
emettono luce propria, ma si limitano a riflettere la luce solare, pertanto il loro spettro potrà al
massimo darci informazioni sulla loro atmosfera ( o assenza di atmosfera).
Per esempio prima dell'era spaziale non si sapeva quasi niente delle condizioni fisiche di Venere.
La sua densa atmosfera ci impediva di osservare la superficie del pianeta, ma solo gli strati più alti
dell'atmosfera. Dalle strutture nuvolose osservabili con i telescopi terrestri, nel 1960 si era potuto
stabilire che Venere ruota da est a ovest ( cioè in senso opposto a quello del suo moto orbitale, e
contrario a quello comune a tutti gli altri pianeti, con l'eccezione di Urano) in circa 4 giorni. Si
supponeva che la temperatura al suolo fosse poco più alta di quella terrestre, a causa della minor
distanza dal Sole, circa 30 gradi centigradi. Invece ci sbagliavamo di grosso. La serie di sonde
sovietiche Venera che fra il 1967 e il 1983 sono entrate in orbita attorno a Venere e sono atterrate
sul suolo venusiano hanno trovato che il periodo di rotazione al suolo è di 243 giorni, la temperatura
di quasi 500 gradi centigradi e la pressione di 90 atmosfere. L'ultima sonda americana Magellano,
utilizzando eco radar ha costruito una mappa dettagliata del 97 % della superficie di Venere,
mostrando che essa è coperta da vaste pianure, qualche depressione e qualche montagna, le più alte
delle quali si elevano fino a 11 km..
Anche di Urano e Nettuno si sapeva pochissimo prima che la sonda Voyager 2 passasse loro vicino
rispettivamente nel 1986 e nel 1989.
L'unico pianeta che non è stato ancora raggiunto da sonde è Plutone, che è stato però osservato in
dettaglio, insieme al suo satellite Caronte, dal telescopio spaziale Hubble (HST).

Dopo la grande avventura delle missioni Apollo, iniziate nell'ottobre 1968 e culminate con i due
primi astronauti sul suolo lunare- Armstrong e Aldrin- il 20 luglio 1969, seguite da altri cinque
sbarchi e terminate nel 1978, vanno ricordati i due robot Viking 1 e Viking 2 atterrati su Marte nel
1976, e Pathfinder arrivato su Marte il 4 luglio 1997, tutti lanciati dalla NASA.
Un'altra grande impresa, questa dovuta all'agenzia spaziale europea, l'ESA, riguarda
l'appuntamento della sonda Giotto con la cometa di Halley che ogni 76 anni torna al perielio. La
sonda fu chiamata Giotto perché il grande pittore toscano aveva raffigurato la cometa durante la sua
apparizione nel 1301 nel dipinto situato a Padova nella cappella degli Scrovegni, l'adorazione dei
re magi. La sonda arrivò puntuale all'appuntamento con la cometa e inviò dati a terra fra il 12 e il
15 marzo 1986, giungendo fino alla minima distanza di 596 km dal nucleo della cometa, e ci
mostrò l'aspetto di questo piccolo mondo lungo circa 15 km e largo 8.

Il XXI secolo: ritorno a Marte e discesa su Titano.

La sonda europea Mars Express, lanciata nel giugno 2003, si inserì in orbita attorno a Marte nel
dicembre 2003, e finora ha dato eccellenti risultati. Però questo successo è stato in parte offuscato
dalla perdita del robot Beagle-2 . che appena sganciato ha fatto perdere le sue tracce, e dal successo
della sonda americana Mars Exploration Rover che invece riuscì a far atterrare il 3 gennaio 2004 il
robot Spirit nell'emisfero settentrionale sul fondo del grande cratere Gusev, che probabilmente era
un grande lago. Inoltre il 25 gennaio anche l'altro robot, Opportunity, atterrava nel Meridiani
Planum, nell'emisfero australe in prossimità dell'equatore. Tutti e due i robot avevano ciascuno a
bordo un piccolo veicolo che ha permesso l'esplorazione del terreno circostante.

I due robot Spirit e Opportunity e la sonda europea Mars Express in orbita attorno a Marte hanno
come principale scopo della loro missione quello di accertare la presenza passata e presente di
acqua. Se in passato su Marte c'è stata acqua, come suggerivano le strutture geologiche già
osservate dalle precedenti esplorazioni, ci potrebbero essere state anche delle forme molto
elementari di vita, come batteri. Inoltre anche oggi nel sottosuolo ci potrebbe essere dell'acqua, e
forse dei batteri viventi. I batteri sopportano condizioni estreme. Sono stati trovati nel sottosuolo
ghiacciato dell'Antartide, nella più completa oscurità, e nelle profondità oceaniche. Ecco quindi il
grande interesse per il pianeta rosso.
Dapprima Spirit movendosi dentro il cratere Gusev dove era atterrato trovò solo basalto, ma
nessuna traccia di acqua. Dopo sei mesi di viaggio dentro il cratere, diretto verso il vicino terreno
collinoso, Spirit ha finalmente incontrato una zona in cui ogni roccia sembrava essere stata
modellata dall'acqua. Opportunity, atterrata nell'emisfero australe ha trovato ematite e solfati di
magnesio, che sulla terra si formano solo in presenza di acqua. Questa dunque sarebbe una prova
indiretta che in passato c'è stata acqua.
La prova più convincente è stata la scoperta di piccole formazioni sferiche, che gli scienziati
americani hanno soprannominato blueberries (mirtilli), sparpagliate sul terreno a perdita d'occhio.
Ogni tentativo di spiegare la formazione di queste perfette palline in assenza di acqua è fallito
Infine una prova diretta l'ha data l'esperimento italiano PFS (Pla
netary Fourier Spectrometer) a
bordo di Mars Express: l'analisi della radiazione infrarossa inviata dal polo sud portava la firma
caratteristica della molecola di acqua. Sempre lo spettrometro italiano di cui è responsabile
Formisano dell'Istituto di fisica dello spazio interplanetario dell'INAF ha trovato presenza di
metano. Questa presenza è stata confermata da altri gruppi, ed è molto interessante perché tracce di
metano potrebbero essere la prova dell'esistenza di microbi ancora viventi. Infatti sulla Terra quasi
tutto il metano è prodotto da esseri viventi, come piante marcescenti o flatulenze animali. Sebbene
l'interpretazione dell'origine biologica sia la più interessante, non si possono escludere altre origini,
che però derivano da processi che non sono mai stati osservati su Marte. Per esempio le eruzioni
vulcaniche producono metano, ma questo se ne sfuggirebbe nello spazio interplanetario dopo
qualche centinaio di anni; ora su Marte ci sono vulcani e c'è evidenza di passate eruzioni, ma
avvenute in tempi molto più remoti, miliardi di anni fa, quando il sistema solare
che si è formato 4 miliardi e 600 milioni di anni fà, era molto giovane. L'unico corpo del sistema
solare in cui ci sono vulcani attivi, oltre alla terra, è un satellite di Giove, Io, uno dei quattro
maggiori scoperti da Galileo. La sonda Voyager 1 ha mandato immagini dei pennacchi
fiammeggianti eruttati dai numerosi vulcani di Io. Un'altra possibile origine per il metano marziano
poteva essere qualche grossa cometa caduta su Marte entro gli ultimi 2000 anni. Però le grosse
comete- qualche centinaio di km di diametro- sono molto rare, una ogni qualche milione di anni..
La plausibile ipotesi che su Marte esistano ancora dei batteri viventi, pone un serio problema per
le future sonde e i futuri astronauti. Tutto ciò che proviene dalla Terra dovrà essere perfettamente
sterilizzato, per non contaminare Marte con batteri terrestri. Potremmo non essere in grado di
distinguere quali sono gli indigeni e quali i terrestri.

L'ultima e maggiore impresa di esplorazione del nostro sistema solare, a cui i ricercatori italiani
hanno dato un importante contributo è la missione Cassini-Huygens, rivolta allo studio di Saturno e
del suo sistema di anelli e satelliti, e in particolare al suo maggiore satellite, Titano.
Gian Domenico Cassini (1625-1712), nato in Liguria, aveva insegnato astronomia a Bologna e fu
poi invitato a Parigi a dirigere quell'osservatorio. A lui si deve fra l'altro la scoperta di quattro
satelliti di Saturno, Giapeto, Rea, Teti e Dione e una lacuna negli anelli, chiamata appunto "divisione
di Cassini. Christiaan Huygens (1629-1695), olandese diventò famoso per aver inventato un
orologio a pendolo, realizzato mettendo in pratica l'idea di Galileo. Aveva anche sviluppato una
teoria ondulatoria della luce, costruito telescopi astronomici, scoperto la vera natura degli anelli che
a Galileo apparivano come due escrescenze ai due estremi del diametro del pianeta e nel 1655
scoprì Titano.
Alla missione intitolata a questi due grandi scienziati del XVII secolo hanno contribuito tre agenzie
spaziali, la NASA americana, l'ESA europea e l'ASI italiana. La sonda Cassini costruita dalla
NASA e messa in orbita il 15 ottobre 1997 portava a bordo la navicella Huygens, fornita dall'ESA
e destinata ad essere sganciata dentro l'atmosfera di Titano. Cassini è entrata in orbita attorno a
Saturno nel luglio 2004, dopo un viaggio durato sette anni. Per Natale 2004 la Huygens è stata
sganciata dalla Cassini e ha iniziato il suo viaggio solitario verso Titano che ha raggiunto il 14
gennaio immergendosi nella sua densa atmosfera. L'agenzia spaziale italiana ha fornito gli apparati
di trasmissione e ricezione dati a bordo delle due sonde e uno strumento per la misura delle
caratteristiche fisiche e della composizione chimica dell'atmosfera di Titano.
Titano è il più lontano oggetto del sistema solare su cui si è posato un oggetto di costruzione
terrestre. Cassini ha orbitato attorno a Titano 45 volte, fino a portarsi a una distanza di 950 km dalla
superficie del satellite. Il 25 dicembre 2004 la navicella è stata sganciata e il 14 gennaio 2005 è
entrata nell'atmosfera di Titano a una velocità di 20000 km/ora. L'attrito porta la temperatura della
navicella a circa 2000 gradi centigradi, quando il primo paracadute si apre e la velocità cala a 1440
km/ora.
All'altezza di 150 km si apre il paracadute principale, poi viene tolto lo scudo termico e gli
strumenti scientifici sono pronti per entrare in azione; dopo due ore dal primo impatto la Huygens
tocca il suolo. Tutto ha funzionato perfettamente e gli strumenti scientifici hanno sopportato bene lo
sbalzo di temperatura da 2000 gradi (protetti dallo scudo termico) ai –180 del suolo.
Come sarebbe stata la superficie di Titano? Un oceano di metano liquido? O una superficie solida?
I primi dati ci informano che Huygens è atterrato su un terreno molle e da lì ha trasmesso immagini
per più di un'ora invece dei pochi minuti previsti.
Le immagini sono straordinarie e ci mostrano canyon che attraversano colline ghiacciate e pianure
scure come coperte di catrame e cosparse di ciottoli di ghiaccio e ricoperti di metano ghiacciato.
Una delle immagini più interessanti mostra una rete di linee sinuose che tagliano una regione
brillante e un confine netto fra questa regione e una zona scura senza dettagli visibili. Sembra vi
siano addirittura dei fiumi in cui scorrerebbe metano liquido, e che ci siano piogge di metano.
Il cielo è di colore arancione.
Naturalmente queste sono le prime interpretazioni delle immagini, che secondo gli scienziati che
le hanno viste per primi, sono apparse stranamente familiari.
Ma, perché tanto interesse per Titano? Perché è l'unico satellite che possiede un'atmosfera, e questa
è molto ricca di molecole organiche, e queste sono i mattoni di cui sono fatti gli esseri viventi. Una
delle domande che ci poniamo è se forme di vita elementari, come batteri, possano svilupparsi in
un ambiente così diverso da quello terrestre, a temperature così basse e in un liquido diverso
dall'acqua, come il metano. Ci vorrà comunque molto tempo prima che l'analisi dei dati rilasciati
dagli strumenti scientifici possa dirci se su Titano ci sono le molecole organiche più complesse,
quelle fondamentali per la vita, come gli acidi nucleici e le proteine.
Per ora resta la grande soddisfazione che tutto ha funzionato, che l'atterraggio si è svolto come
previsto, riscattando così l'insuccesso europeo della sonda Beagle-2 su Marte.

Molti si chiedono se vale la pena spendere somme così ingenti per le ricerche spaziali. L'obiezione
più immediata che viene fatta è: perché non spendere invece per ricerche più immediatamente utili,
come quelle volte a vincere le malattie, a vincere la miseria, a diffondere la cultura fra i popoli più
poveri. Io credo che se non si spendesse per quella ricerca che sembra non abbia applicazioni
immediate, quella che è la ricerca pura, che ha per scopo principale la conoscenza, se non ci fosse
sempre stata questa curiosità di indagare la natura, l'universo, forse saremmo ancora all'età della
pietra. Dalla ricerca pura vengono poi le più inaspettate applicazioni, magari anche molti anni dopo.

 

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A proposito di fognature

Di Irina Gregoriev

Se prendiamo il dizionario, alla voce "fogna" troveremo la seguente definizione:
" condotto sotterraneo, a volte anche scoperto per raccogliere e sfogare le acque e le immondizie" e suoi
sinonimi sono: chiavica, cloaca, collettore, pozzo nero, smaltitoio, colluvie, chiusino, fosso di scolo. La
parola ha la derivazione latina fònia da fòdere che significa scavare e fonger che ha il significato di
grufolare.
E fin qui va tutto bene. E' interessante approfondire questo argomento sotto diversi aspetti: architettonico,
linguistico, storico e naturalmente il più interessante di tutti sotto l'aspetto energetico. Il problema è presente
fin dalla nascita dell'uomo sul pianeta. Appena ci fu un piccolo agglomerato di persone, anche solo una
famiglia, si è reso necessario la "regolamentazione" di questo problema. Ehi! non la si può fare dove capita
!!! Se pensiamo poi che un tempo l'alimentazione era molto ricca di fibre, la quantità di deiezioni era
decisamente maggiore. Da un punto di vista fisiologico, sappiamo che una grossa quantità di feci è data dalla
desquamazione delle cellule morte dell'intestino, non soltanto dal cibo.
Facendo una panoramica fra le varie civiltà passate, notiamo che sempre e comunque
il posto preciso di dove depositare questi "rifiuti" era sempre localizzato ad almeno 10 metri dalla zona di
abitazione vera e propria. In Africa per esempio presso molte tribù, ancor oggi , come un tempo, si scava un
buca che viene poi regolarmente ricoperta di terra e di foglie. Ne paesi del Sol Levante, in estremo oriente,
questo sito è ben evidenziato da una costruzione staccata dalla casa e più o meno colorata di varie tonalità.
Fino a non molti anni fa nelle campagne e montagne dell'Europa la cosa si presentava analoga, con
costruzioni separate dalle abitazioni. Fino a quando ci limitiamo al piccolo villaggio, immerso nella natura
tutto è facilmente pianificato in questo modo. Ma quando i villaggi diventano cittadine o città, il problema
presenta altre varianti. Sappiamo che nel Medioevo in Francia, c'era un angolo della casa che era adibito a
gabinetto. Questo angolo era occultato da una piccola tela (toilette) dove ci si appartava per la bisogna.
Dunque il "prodotto" veniva deposto in un secchio che sarebbe poi stato svuotato in una fossa comune più
distante, oppure, come si può ancora vedere in alcune cittadelle medioevali, c'era al centro della strada
(normalmente in discesa) una canalina per il raccoglimento di tutti i rifiuti. Di tanto in tanto all'inizio della
discesa veniva fatta scorrere dell'acqua che trascinava via questi rifiuti e li trasportava a valle sicuramente in
un fiume o in aperta campagna. In questo modo però, le strade della città non erano l'ideale per una
passeggiata romantica, ricevere in testa un pitale o vaso da notte pieno del suo contenuto, inibisce le idee più
sensibili. Si cominciarono quindi gli scavi per interrare questi canali di scarico. Poi si crearono dei
"ballatori" sui balconi, ovvero, piccole stanze con un buco dove le persone abitanti quel piano potevano
"liberarsi". Gli escrementi, per caduta, andavano a finire in questi canali scavati sotto terra, buttando
dell'acqua, il loro percorso sarebbe arrivato fino al fiume, che generalmente attraversa la città stessa. Da
questo piccolo locale sul balcone, alla vera e propria stanza da bagno nell'appartamento, il passo è breve. E
qui architetti e tecnici si impegnano a dare varie forme a questo famoso vaso, (più famoso del vaso di
Pandora) in modo che il fondoschiena ci possa stare sopra proprio bello comodo.

Dal punto di vista linguistico questo posto ha sempre e comunque la connotazione di un luogo appartato.
Una eccezione (ma storicamente non è certo l'unica) è quella durante il regno di Luigi XIV, il Re Sole, che
dava udienze speciali stando seduto comodamente su questo regale "trono". Nella lingua francese attuale la
parola toilette, non ha più questa connotazione, ma significa un insieme di abiti ed accessori abbinati fra loro.
Nel linguaggio colloquiale si usa dire petit coin (piccolo angolo) Nel vecchio francese pietrificato, ovvero
nelle parlate piemontesi con i relativi dialetti delle valli alpine occidentali questo angolo prendeva il nome di:
cirella, cagadria, comu. I francesi moderni preferiscono usare la parola inglese WC. Da dove water = acqua
- closet = chiusa, ovvero stanzino appartato e intimo riservato ai colloqui segreti. Nella lingua germanica
abort significa luogo appartato ovvero re-cesso. Dal latino cessus, latrina, ritirata. Da cui in altre lingue
deriva la parola gabinetto, che può essere anche di lettura. (pare che molti libri siano letti in questo stanzino!)
Ma il gabinetto può anche essere lo studio di un professionista, oltre che per faccende igieniche, può essere
uno studio di fisica, di mineralogia, di storia naturale. Il capo di gabinetto è il funzionario di segreteria
particolare del ministro. Una questione di gabinetto è una questione di fiducia da cui l'approvazione o la
disapprovazione del potere legislativo dipende la dimissione dei ministri e forse viene di qui il tanto
agognato "cadreghino" parlamentare. Il sedersi è comunque una posizione decisamente più comoda rispetto
al gabinetto alla turca! (non ci sono allusioni razziali!) Sicuramente lo stare seduto, magari leggendo e
pensando alle sorti del mondo intero, è più comodo. Ma è anche meno naturale e igienico, pare proprio sia
una delle cause della stitichezza cronica!

Nelle case di oggi il "punto acqua" è principalmente la stanza da bagno, (il secondo punto acqua è il lavello
della cucina) ma un tempo il punto acqua aveva una connotazione particolare. Per esempio, presso gli antichi
operai egizi, era situato all'ingresso dell'abitazione ed era composto da una o due anfore piene di acqua, qui
si poteva bere, oppure usando un baciamanile ci si poteva lavare le mani (pratica molto usata presso gli egizi,
prima e dopo il pasto). Nelle dimore egizie più ricche, il punto acqua era rappresentato da una sorgente da
cui zampillava l'acqua, la quale veniva poi convogliata in una specie piscina adiacente alla casa, circondata
da alberi e dove si trascorreva la giornata, fra ombra e sciacquamenti in acqua. Questa usanza è stata
mantenuta dai greci e dai romani con il loro pathio. Questo punto acqua era comunque e sempre
rappresentato da acqua pulita e mai inquinata da escrementi. Dopo l'uso della lavatura, quest'acqua era
spesso usata, dove essa scarseggiava, per innaffiare fiori e ortaggi. Questa pratica è tutt'ora in uso in Israele.
La pipì era invece considerata "acqua pulita" e facilmente veniva "versata" sul terreno o in prossimità di
piante. Le sostanze azotate in essa contenute sono un ottimo fertilizzante.
Oggigiorno diventa difficile per l'arte del FENG SHUI (l'arte di armonizzare la casa che genera fortuna e
prosperità) perchè il "punto acqua" non è esattamente la stanza da bagno, perchè la presenza di escrementi è
inquinante.

Ciò che può rendere interessante questo argomento è la questione energetica.
Partiamo dall'esaminare che cosa sono le feci (ovvero fatte). Scientificamente possiamo dire che sono il
prodotto di scarto del cibo non assimilato, più una buona quantità di cellule di desquamazione dell'intestino
stesso.
A livello energetico sono anche qualcos'altro. Prendiamo per esempio una persona molto coraggiosa, priva
di qualsiasi paura, il suo "scarto" sarà pur sempre coraggioso, anche se "scarto" non contiene comunque
paura. Dunque ognuno di noi elimina ciò che possiede, (non potrebbe essere diverso) certo è una parte
eliminata, ma non può contenere ciò che noi non possediamo assolutamente. Riflettiamoci un attimo.
Nell'antico Egitto, pare ci fosse addirittura un commercio "speculativo" sulle feci del faraone. In effetti se il
faraone è il dio in terra, i suoi "scarti" saranno "scarti", ma pur sempre divini. Tale commercio veniva tenuto
segreto, ma sembra che queste feci avessero grandi poteri su alcuni tipi di coltivazioni.
Adesso proviamo a pensare di sederci su un terreno dove a pochissimi metri sotto di noi scorre la fognatura
di un penitenziario. Siamo seduti sul "peggio... del peggio" !

Forse i nostri antenati avevano delle buone ragioni per costruire il gabinetto a distanza dall'abitazione! Non
dimentichiamo che in questi gabinetti costruiti da persone cosiddette "primitive" c'era costantemente la
presenza di insetti particolari, simili a scarafaggi di colore marrone che "mangiavano" le feci. Si tratta difatti
di insetti coprofagi. Naturalmente, oggi, grazie alla presenza di detersivi e disinfettanti vari, questi insetti
sono letteralmente estinti. Ah! grande cosa la modernità!
Una nota interessante può essere la seguente. Questi gabinetti primitivi servivano spesso a parecchie famiglie.
Queste cisterne venivano vuotate una volta all'anno, e il contenuto deposto in prati come concime. Era
ritenuto concime di ultima categoria. Il primo concime in assoluto era quello di mucca, seguito da quello di
pecore e capre, (usato non troppo volentieri per gli orti) quello di cavallo (essendo questo animale non
ruminante, i suoi escrementi sono "masticati" solo una volta) era ritenuto utile solo per fiori e siepi. Quello
del pollame era mescolato alla terra secca prima dell'uso, perchè troppo "acido". Lo sterco del maiale era
poco utilizzato perchè troppo "forte e corrosivo". Quello umano usato soltanto per i prati da erba e
comunque denigrato. Questo prodotto veniva chiamato "triacca". Ora leggendo dei testi di radiestesia, si
scopre che la TRI- ACCA (TRI H) è una medicina oppiacea che si produceva mediante mescolanze e
maturazione – in forma alchemica - di sostanze molto diverse fra loro. La sua composizione ha subito
variazioni nel corso dei tempo. La parola TRI- ACCA non rappresenta qualcosa che esiste tutt'ora e
soprattutto non designa una composizione precisa. Che cosa sia esattamente è un mistero. Sarebbe
interessante approfondire l'argomento con qualche radiestesista belga (sono i più forti!) Lasciamo aperto il
dibattito. Però, forse e più prudente non toccare questo tasto, la maggior parte delle persone ritiene che i
radiestesisti siano dei ciarlatani privi di qualsiasi fondamento.

Gli operatori che attualmente trattano problemi geopatogeni sanno che una abitazione e in modo particolare
la camera da letto situata sopra una fognatura darà dei malesseri fisici, quali stanchezza, astenia inizialmente,
poi forme di malattie di tipo degenerativo, naturalmente nessun esame biochimico riuscirà ad evidenziare
qualcosa. Sono stati scritti libri molto interessanti su "case che uccidono", luoghi di forza e luoghi di
malessere. Possiamo dire che la fognatura, è una energia negativa, aspirante, che ha una connotazione
molto YIN, e quindi ci assorbe energia vitale.
Tirate l'acqua e tutto se ne va! Non è proprio così.

Se gli architetti di oggi prendessero in considerazione un lavoro di equipe con gli operatori di geobiologia,
ne otterremo sicuramente un grande miglioramento in fatto di salute. La casa dovrebbe essere un luogo
salutare ed energetico, dove ognuno di noi possa attingere forza per affrontare la vita moderna. La casa
dovrebbe essere costruita con finalità salutistiche e non di speculazione edilizia selvaggia. Ormai anche
grandi scienziati sanno che esistono aggressioni geopatogene di vario tipo sulla crosta terrestre, citiamo
anche soltanto le rete ed i nodi Curry, la grande rete diagonale, la rete ed i nodi di Hartmann, le faglie
freatiche, ecc. Il costruire e abitare una casa sana non è soltanto arte-filosofia orientale che porta il nome di
FENG-SHUI. Il vivere bene non è l'indice PIL che cresce, non è la chiusura di Wall Street o la borsa di
Milano in rialzo, queste cose sono per la nostra salute non solo delle stupidaggini, ma sono addirittura
dannose. Capisco che questo è un discorso utopistico, vivere al naturale oggi è diventato un "lusso" dedicato
a pochi. Ma nel limite della nostra possibilità, cerchiamo di vivere al meglio, qui e ora. Il pianeta Terra è una
entità vivente, con un insieme di forze ed energie. Noi siamo soltanto degli ospiti, talvolta molto maleducati,
per nulla attenti e sicuramente poco riconoscenti. Riflettiamo un attimo.

 

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ESOTERISMO, RELIGIONE E DINTORNI

Giovanni Paolo II (una vita per la vita)

Di Natale Todaro e Luigi Palmieri

 

Oggi, alla luce dei fatti che nel mondo accadono, ben sappiamo che la vita è continuamente messa a rischio quasi
quotidianamente. Il pezzo che vi troverete a leggere cari lettori, è dedicato ad un uomo che ci ha insegnato quanto
sia bello spendere
momenti della nostra vita donandosi agli altri. La Persona di cui parliamo, è, come ben
si può intuire dal titolo Karol Wojtyla, ovvero Giovanni Paolo II.
Prima di addentrarci in alcune riflessioni del tutto personali, vogliamo brevemente tracciarne il profilo attraverso
qualche notizia biografica.
Karol Wojtyla, nacque in una piccola città della terra di Polonia il 18 Maggio del lontano 1920. Fin da
piccolo, conobbe la sofferenza, infatti, a soli nove anni perdette la cara madre. Aiutato dal padre e da una zia,
continuò gli studi ottenendo sempre risultati brillanti. Il percorso della sua vita, è ancora segnato dal dolore quando
a ventidue anni, perdette anche il padre. Rimasto orfano di entrambi i genitori, Egli, per aiutare la
famiglia, si mise a lavorare in fabbrica come operaio (umile tra gli umili).
A ventiquattro anni, ecco un'altra prova a cui nella vita è stato sottoposto, tornando a
casa, ebbe un grave incidente stradale dal quale per miracolo ebbe salva la vita.
Gli anni che vanno dal 1939 al 1945, per la Polonia e per il mondo, furono segnati dalla barbarie che la seconda
guerra mondiale insieme all'occupazione nazista produsse. La ragione umana non aveva più trovato posto nei cuori
di coloro che si resero protagonisti di milioni di uccisioni e di deportazioni.
Questi anni drammatici, il giovane Wojtyla, li visse con grande dignità e spirito di sacrificio.
Oltre al lavoro, Egli, coltiva la passione per il teatro e per la poesia, componendo e mettendo in scena opere di
straordinaria qualità. La passione per la poesia, lo seguirà anche durante l'arco del suo pontificato.
Gli anni dell'occupazione nazista, dunque, furono drammatici in quanto, ogni libertà era stata soppressa, perciò,
bisognava vivere nella totale clandestinità per evitare l'arresto e le drammatiche conseguenze che ne sarebbero
scaturite. Intanto, il giovane Karol, lavora e durante qualche breve pausa legge con grande interesse libri di
Filosofia e di letteratura. Una sera, il Signore, fa sentire la sua voce.
Alla fine di una rappresentazione teatrale, un sacerdote vista la grande sensibilità di quel giovane, lo invita ad
entrare in Seminario e lui senza alcuna esitazione risponde positivamente.
Si reca a Krakovia dove viene ammesso al Seminario dove prosegue clandestinamente gli studi teologici.
Laureatosi in Teologia, nel 1946 viene ordinato Sacerdote.
Fin da subito inizia la sua instancabile opera di evangelizzazione rivolgendo il suo sguardo sui problemi che
affliggevano il suo popolo e allacciando un rapporto speciale con i giovani con i quali, amava intrattenersi a lungo.
L'ascesa di Wojtyla nel campo ecclesiastico, prosegue rapidamente e nel 1958, viene ordinato Vescovo e gli
viene assegnata la diocesi di Krakovia. In questi anni combatte con determinazione contro l'ateismo di stato che era
stato imposto dal regime comunista affermatosi in Polonia, come per altro in tutto L'Est Europeo, subito dopo la
fine della seconda guerra mondiale. Nel 1962, partecipa come consigliere del Cardinale Primate di Polonia al
Concilio Vaticano II, voluto da Papa Giovanni XXIII per discutere del difficile momento della Chiesa cattolica,
e proporre eventuali cambiamenti, per renderla più vicina ai fedeli ed ai tempi che stavano cambiando.
Pochi anni dopo, Papa Paolo VI nominerà Karol Wojtyla Cardinale. Egli, in quegli anni, svolge il suo
Ministero, denunciando con forza i soprusi cui erano sottoposti i cattolici,che non potevano liberamente
professare la loro fede. La svolta però si ebbe il 16 Ottobre del 1978, quando, Dalla loggia centrale della
Basilica di S. Pietro in Roma Karol Wojtyla, viene proclamato Papa ed egli assumerà il nome di Giovanni Paolo II.
E' inutile dire, che la notizia lasciò attonita molta gente "colta", in quanto, era il primo Papa venuto dall'Est e
soprattutto il primo Papa straniero dopo ben quattrocento cinquant'anni.
Gli eventuali dubbi, vennero da Lui stesso dissipati quando al momento della solenne Benedizione Urbi et Horbi,
seppe conquistare i cuori dei presenti e non solo con le parole, che qui riportiamo fedelmente:
Se mi sbaglio mi correggerete, e poi:
Non abbiate paura aprite anzi spalancate le porte a Cristo.
Da quel giorno, ebbe inizio un pontificato destinato a lasciare il segno nella storia, in quanto, Giovanni Paolo
II, ha esercitato il Ministero Petrino in maniera straordinaria, toccando ogni angolo della terra nel corso dei suoi
innumerevoli viaggi apostolici ed in ciascuno di essi, ha saputo parlare al cuore della gente, affrontando i problemi
che affliggono l'umanità, come:
la globalizzazione, e le pratiche che vanno contro la vita.
In quasi ventisette anni, Egli, è riuscito a cambiare il corso della storia.
Anche il suo pontificato, fu segnato dalla sofferenza, infatti, il 13 Maggio del 1981, durante l'udienza generale
in Piazza S. Pietro, nel momento in cui il Papa a bordo della Papamobile scoperta passava tra la folla per impartire
la benedizione, un terrorista turco sparò contro di Lui riducendolo in fin di vita, e solo per un miracolo riuscì a
salvarsi dopo un lungo e delicato intervento chirurgico.
Nonostante le innumerevoli sofferenze dovute alla malattia che lo rese sempre più fragile nel fisico, Egli dimostrò
fino all'ultimo di condurre la Chiesa con straordinaria forza interiore e spirito di servizio.
La vita terrena di Papa Wojtyla, termina il 2 Aprile 2005 alle ore 21.37.
Egli, fino all'ultimo, volle testimoniare la grandezza del mistero della sofferenza ed attraverso di essa, rese ancor
più grande il suo pontificato.
Atorno alla sua figura, sono state dette e scritte molte cose tutte di altissimo significato, ora, non resta che
sottolineare ancora una volta le sue straordinarie qualità umane, il suo essere maieuta e grande comunicatore.
Egli, infatti, nel corso del suo pontificato e non solo, ha parlato a tutti e con tutti, ricchi e potenti della terra, ha
gridato forte il suo no alla globalizzazione indiscriminata che rischia di soffocare intere popolazioni.
Inoltre, nei suoi discorsi, è forte la difesa della vita sin dal suo concepimento.
Così, ha contribuito al ritorno della libertà in molti paesi oppressi da regimi totalitari come quello comunista,
insomma, ha cambiato la storia.
In conclusione, bisogna dire, che, grazie alla sua opera, tutti, possiamo dire di sentirci meno soli nel cammino della
vita e nel testimoniare il Vangelo di Dio.

 

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Dopo la morte di Wojtyla è utile riesaminare il periodo più nero del suo pontificato
La teologia della liberazione

Nota introduttiva a cura di Marius.

I clamori di popolare consenso,peraltro tutto emozionale,giunti sul feretro ancora caldo dell'ultimo papa,lo scorso aprile, confermano gli ottimati vaticani nell'avviare, or ora, un interessatissimo, rapido processo di beatificazione per Karol Woytila, processo invero ne' confermato dai fatti mistici richiesti dal caso, ne' auspicato da molti, fuori dalle gerarchie ecclesiali italiane e del resto d'Europa. Oggi come ieri, specie il cattolicesimo brasiliano, estraneo a un coro alquanto ristretto ma potente cui tien mano nel suo silenzio criminoide quasi tutta la stampa, si tien fermo nel dar voce a molte sbertuccianti verità intorno alla vasta opera oscurantista del Papa polacco: una voce ritenuta eccessivamente scomoda in primis dai nostri mass media nazionali, onde neppure un pertugio d'eco se ne rintraccia fra le verbosità anestetiche dei nostri consueti notiziari di regime.
Ci vien fatto un dovere, a tanto, di ripubblicare, a distanza di poche settimane, un prezioso intervento a cura di Viviana Vivarelli, comparso già sulle colonne del periodico BELLA CIAO. Coordinando, fra l'altro, le voci di spicco della megliore teologia brasiliana, la nostra collega poco a poco fa emergere la complessa rete di falsità intessute dall'agiografica vulgata ecclesiale intorno a Giovanni Paolo II: una vulgata le cui astuzie levantine a pochi è dato tuttavia autonomamente riconoscere, nell'odierna Europa opulenta, che trascina distratta (per quanto ancora?) i suoi vani, ultimi giorni bizantini al temibile (temibile anche per Pietro) varco cinese.
I vertici della Chiesa non sono in mano ai poveri nè a chi lotta con i poveri, ma sono in
mano ai potenti e a chi tratta con i potenti
"Il potere è la tentazione più grande per l'essere umano, perché ci dà la
sensazione dell'onnipotenza divina. è pura forza. Ed essendo solo forza, è
distruttivo. Solo la compassione limita il potere, facendo sì che sia benefico.
Compassione e forza sono le due dimensioni fondamentali che costruiscono
l'essere umano ben realizzato." (Leonardo Boff - Teologia della Liberazione,
professore di teologia e filosofo francescano)
Era il luglio del 1993, in Brasile, i bambini di strada (i meninos de rua) venivano
uccisi a centinaia dalla polizia militare e dai vigilantes; a Rio de Janeiro ne
avevano ammazzati 321, impunemente, e quel solo anno la polizia aveva ucciso
1370 persone. Miseria e fame in Brasile, e bambini abbandonati che giravano per
le strade rubacchiando. In Piazza della Candelaria la polizia ne ammazzò otto
tutti insieme nel sonno. Il ritorno della democrazia era una beffa per i poveri e i
bambini erano i più poveri dei poveri, vivevano in uno stato selvaggio come
bestioline in una giungla, dormivano nelle fogne, fiutavano colla, sopravvivevano
come potevano.
Il presidente Itamar Franco convocò un ipocrita vertice sui bambini di strada e
fece fare loro una 'Olimpiadè!!! Una Olimpiade!!! L'interesse durò poche ore, poi
la mattanza riprese. I sacerdoti più vicini alla miseria popolare, in preda alla
disperazione, tentavano tutto quel che potevano. è difficile vivere nella Chiesa,
puoi stare vicino al potere del denaro e della politica, alla curia, o puoi stare
vicino al Cristo vivente che soffre nel povero e lottare contro il potere che
avvilisce l'uomo, che lo riduce alla miseria morale, che lo uccide. Se scegli la
prima via, puoi fare carriera e avere una vita piena di soddisfazioni. Se scegli la
seconda via, la Chiesa ti chiamerà marxista e ti rigetterà. Perchè i vertici della
Chiesa non sono in mano ai poveri nè a chi lotta con i poveri, ma sono in mano
ai potenti e a chi tratta con i potenti.
Ai poveri è rilasciato il fanatismo delle piazze plaudenti. La Teologia della
Liberazione nacque sulla strada del Cristo dimenticato, non su quella della Chiesa
trionfante. Unì coloro che nel Sudamerica lottavano contro l'ingiustizia. Non si
diffuse nei luoghi del potere ecclesiale ma delle comunità di base, che erano
fatte da poveri. Fu l'ispirazione di preti colti, intelligenti, intellettuali ma sensibili,
che sanguinavano del sangue dei poveri, e soffrivano della sofferenza dei poveri,
e vedevano in loro il sangue e la sofferenza del Cristo. Non mancano i poveri in
Brasile, 80 milioni su 150 milioni, e sono più che poveri, sono "miserabili". Come
dice Minà, "i brasiliani poveri hanno due sole cose: la fede e la festa". "In
America Latina non si va da nessuna parte se non si passa per la fede e per la
festa."
Così il prete doveva avvicinare la gente attraverso queste due vie: la fede e il
gioco. "Nessun partito comunista ha portato a termine una rivoluzione in
America latina perchè ha dimenticato queste due vie". Ma il prete poteva
attraversarle. Il marxismo offriva la critica al potere economico che asservisce i
poveri, ma il cristianesimo offriva la fede. Dimensione politica e dimensione
religiosa potevano unirsi. E questa unione fu la Teologia della Liberazione. Il
primo fu Gustavo Gutierrez, un peruviano che venne in Brasile negli anni '60 per
studiare i movimenti di base. Dalla sua inchiesta nacque l'opera "La Teologia
della Liberazione", dedicata a Niki, un prete brasiliano che lavorava con i giovani
e fu assassinato dai militari, Antonio Pereira Neto.
Poi arrivarono gli altri, arrivò Leonardo Boff, e molte donne, sposate con figli,
che diventarono dottori in teologia. E il movimento divenne grande e prese a
espandersi in America Latina. Il marxismo offriva un buono schema razionale,
positivo, semplice, che permetteva di comprendere la logica del potere, ma il
marxismo, riducendo l'uomo a materia, non riusciva a integrare le altre
dimensioni dell'umano. L'uomo non è solo sensi e ragione, l'uomo è ideale e
anima. Il marxismo ha dimenticato anche la dimensione intuitiva e artistica
dell'uomo, l'arte, la bellezza, il gioco. La ragione e il corpo non esauriscono
l'essere umano. In Oriente si ritiene che l'uomo abbia cinque sensi e la ragione è
uno di questi, ma, oltre ai cinque sensi, ci sono facoltà umane che portano
l'uomo ancora più in alto oppure i cinque sensi si possono sublimare a livelli che
superano molto il primo livello grossolano così che anche il corpo e anche la
sessualità possano farsi strada per il divino.
Il marxismo è rimasto al primo livello inferiore, la Chiesa ha ripudiato il corpo e
la sessualità per rifugiarsi in un limbo di astrazione. Ma l'uomo vuole essere
completo, di corpo, sensi, sessualità, ragione, intuizione e anima. O resterà
incompleto come i poveri bambini di strada e i loro feroci aguzzini. Così la via
verso la completezza deve attraversare tutto l'uomo e rendergli tutta la sua
natura, nella sua interezza, come Dio ha voluto. Il prete che crede di camminare
nello spirito e ignora la miseria del corpo non è completo. Il marxista che crede
di camminare nella materia ignorando le esigenze dell'anima non è completo.
Così la Chiesa deve camminare anche le vie del corpo e capire la miseria della
materia, e il rivoluzionario deve camminare anche le vie dello spirito e
riconoscere la grandezza dell'anima.
La Teologia della Liberazione fu l'incontro di due opposte esigenze: la fame che
urlava e lo spirito che voleva ridere. La prima istanza richiedeva che si
oltrepassasse il dato della miseria per cercare le sue cause, la seconda
richiedeva che si restituisse ai poveri la felicità del vivere che non è solo avere la
pancia piena ma anche credere in qualcosa, primariamente nella bellezza
dell'uomo. Il marxismo pretende di portare l'uomo verso il basso ignorando i suoi
bisogni spirituali, la religione pretende di portare l'uomo verso l'alto, ignorando i
suoi bisogni materiali. Entrambi sono incapaci di ridere o di volare. E finiscono
per isterilirsi in gruppi dirigenti che si allontanano dal popolo, che non vivono con
la gente, che precostituiscono élite separate e alienate, le nomenclature
comuniste non diversamente dagli alti gruppi ecclesiali.
Marxismo e clericalismo hanno finito col fondare strutture verticistiche dove il
potere pioveva dall'alto, dove il popolo restava dimenticato e il potere si
cristallizzava. La Russia socialista ereditò la struttura dalla Russia zarista, la
Chiesa di Roma ereditò la struttura della Roma imperiale. Ed entrambe non
furono democratiche e repressero duramente ogni anelito popolare. Diciamo
questo con più forza oggi, con negli occhi la Russia assolutistica di Putin (che ha
fuso il peggio dello zarismo e del capitalismo) e guardando al pontificato
autoritario di Wojtyla, e lo diciamo a maggior ragione oggi, di fronte a governi
che da destra e da sinistra hanno questa pericolosa tendenza o tentazione a
rafforzare gli elementi autoritari del potere, ignorando le istanze popolari.
Lo diciamo soprattutto oggi, perchè le moltitudini hanno ormai maturato un
pensiero diverso, non più passivo e fideistico, ma tale da reclamare una forte
attenzione ai problemi economici e sociali di tutti, calpestati dagli interessi di
pochi, ma questo ormai è intollerabile visto che le moltitudini hanno maturato
una esigenza contraria ai governi verticistici e reclama una democrazia allargata.
Oggi che il paradosso del maggioritario ha trasformato le democrazie in organi di
tutela degli interessi minoritari e i pochi plutocrati pretendono di coartare una
massa che vede peggiorare le proprie condizioni di vita.
Nessun paese socialista ha portato la classe maggioritaria per numero al potere.
Nessuna gerarchia ecclesiale ha difeso dall'alto gli umili in modo concreto e non
verbalistico. Nessun Papa si è privato dei beni della Chiesa per sollevare i poveri
del mondo. Nessun governo socialista ha aumentato i poteri politici dei suoi
cittadini. Ci sono solo due classi al mondo: chi ha il potere e chi non ce l'ha. E
questo vale per il marxismo storico come per la chiesa storica. Vale nei fatti,
perchè i fatti hanno dimostrato che è stato così.
La storia non cammina per realizzare il socialismo, come crede il materialismo
dialettico. La storia cammina solo se ci sono soggetti che hanno la capacità di
cambiare le cose. In fondo sia il marxismo che la Chiesa hanno usato le masse,
non le hanno mai riconosciute come titolari di diritti, non hanno mai dato loro il
diritto storico di cambiare le impostazioni della morale, dell'economia, della
politica. Ma il pensiero nuovo si è diffuso lo stesso e questo pensiero chiede a
gran voce una nuova autonomia, un nuovo tipo di democrazia, l'uscita da una
sudditanza politica, economica e religiosa, ormai intollerabile, il riconoscimento
dei diritti e delle richieste di tutti contro l'arbitrio e i privilegi di pochi, la lotta agli
assolutismi di qualunque natura siano.
Minà dice: "Il capitalismo ha avuto la saggezza di privatizzare i beni materiali e
socializzare i sogni. Se io sono un povero, vivo in una piccola casa, in una favela,
però nella mia televisione posso vedere Hollywood, sognare la possibilità di
vincere alla lotteria, per sorte o per trucco, o aiutato magari dalla magia... Posso
insomma fruire di certe meraviglie. Il socialismo ha fatto il contrario: ha
socializzato i beni materiali e privatizzato i beni simbolici. Nessuno ha diritto di
sognare, solo il partito ha il diritto di farlo. Ma spesso erano sogni pericolosi.
Quando la gente sogna, bisogna invece calarsi nella sua realtà e cercare
alternative per le sue speranze."
FREI BETTO - teologia della liberazione
Frei Betto, domenicano, teologo della liberazione brasiliano, è sociologo e
scrittore. Fra i suoi libri: "La musica nel cuore di un bambino", "Uomo fra gli
uomini", "Battesimo di sangue", "Gli Dei non hanno salvato l'America") è stato
consigliere personale di Lula all'inizio del suo mandato.
"Caro Giovanni Paolo II Sono rimasto esterrefatto con l'esibizione pubblica della
sua immagine devastata dalla malattia. Forse che la curia romana voleva
convincerci che Lei era un superuomo, impedendole di badare tranquillamente
alla sua salute? Gesù non entrò a Gerusalemme montando un asino, in
contrapposizione al cavallo bianco degli imperatori? Perchè' non l'hanno aiutata a
rinunciare, come fece nel 1294 Celestino V, che oggi è annoverato fra i santi
della chiesa cattolica? Forse che conveniva alla curia tenerla al comando della
barca di Pietro perchè i suoi cardinali potessero esercitare il potere di fatto?
Fu nel 1980 che ci conoscemmo, in occasione della sua prima visita in Brasile.
Portai un gruppo di sindacalisti, fra loro c'era Lula, per incontrarla nel Collegio
Santo Americo, a San Paolo. Diluviava e, inzuppati e infreddoliti, aspettammo in
strada il permesso di entrare. Era orami sera quando dom Luiciano Mendes de
Almeida, allora presidente della Conferenza episcopale brasiliana, ci condusse
alla cappella. C'era poca luce e il suo segretario particolare, il padre Stanislaw
Dziwisz, entrò con un vassoio pieno di sacchetti di plastica trasparente.
Affamato, Lula, ne accettò uno, l'aprì e portò alla bocca quelle che sembravano
arachidi. Erano grani del rosario. Lei benedisse i leader degli scioperi operai ed
espresse con chiarezza la sua posizione contro la dittatura militare che ci
governava.
L'anno prima, io l'avevo vista a Pubela e, negli anni successivi, l'avrei rivista a
Roma, in Nicaragua e anche a Cuba che, nel 1998, meritò una sua visita e i suoi
elogi per i progressi nella salute e nell'educazione. Qual è l'impressione che
conservo del suo pontificato? L'ho sempre definita un pontefice con la testa a
destra e il cuore a sinistra. Conservatore in materia di dottrina, era ammirevole
la sua sensibilità per le questioni sociali. Sotto il suo governo, la chiesa cattolica
non ha fatto avanzare il Concilio vaticano II, ha tenuto le donne fuori dalle
funzioni ecclesiastiche, è stata condiscendente con i casi di pedofilia del clero, ha
reagito con reticenza alla corruzione dell'arcivescovo Marcinkus, ha condannato
l'omosessualità come una malattia, ha proibito l'uso dei preservativi e qualsiasi
dibattito sul sacerdozio dei preti sposati.
Tuttavia nell'ambito sociale la sua azione è stata sorprendente: ha appoggiato gli
scioperi anti-totalitari in Polonia e in Brasile; ha chiesto con forza la riforma
agraria al presidente Sarney; ha ricevuto Yasser Arafat e appoggiato la causa
palestinese; ha tenuto le distanze dalla Casa bianca; ha condannato
l'aggressione degli Stati uniti all'Iraq. Quando mi chiedono cosa succede con la
teologia della liberazione, rispondo che, per fortuna, essa è arrivata in Vaticano.
Venti anni fa erano quasi solo i teologi della liberazione a parlare di neo-
liberismo, debito estero, effetti negativi della globalizzazione. Negli ultimi anni
tutti questi temi sono stati presenti nei suoi pronunciamenti e documenti. Quante
volte la sua voce si è levata per chiedere l'annullamento del debito dei paesi più
poveri! Molti vedono il principale segno del suo pontificato nella caduta del muro
di Berlino. Non per il suo anti-comunismo, bensì per il suo anti-totalitarismo. Mai
la sua posizione contro la statocrazia socialista ha significato approvazione del
capitalismo.
La sua dottrina sociale propone la globalizzazione della solidarietè in questo
sistema che fa della concorrenza il suo valore supremo. Ora che lei riposa in
pace, la chiesa si agita per scegliere il suo successore. Prevedo che sarà una
scelta difficile. Gli italiani vorranno riprendere il monopolio del papato, che lei ha
rotto nel 1978, dopo cinquecento anni. Però molti sanno che la chiesa ha bisogno
di abbandonare il suo euro-centrismo se vuole evangelizzare i mondi africano e
asiatico. Un papa nero o dagli occhi a mandorla costituirebbe un segnale forte di
cambiamento di rotta. Quali sfide attendono il nuovo pontefice? Primo,
conquistare quell'empatia che lei aveva con i media e il pubblico. E com'è
malumorata e arcigna, invece, la maggior parte dei cardenali! Poi, aprire il
dibattito interno sulla morale sessuale, le relazioni di genere, il celibato
obbligatorio e il ruolo della donna. Se il valore supremo è l'amore, perchè la
chiesa considera ancor oggi la procreazione la finalità primordiale del
matrimonio? E chi convincerà i giovani a evitare l'Aids con l'astinenza sessuale?
Nel mondo c'è una profonda fame di Dio. Le persone chiedono più spiritualità,
profondità, etica, solidarietà.
Vogliono una pace che sia figlia della giustizia. In questo la chiesa gioca un ruolo
preponderante. Speriamo che il nuovo papa sia come Gesù, che ha annunciato a
tutti il Dio della vita e dell'amore a partire dal suo impegno con i più poveri. Fuori
dai poveri non c'è salvezza per la chiesa. "
MONSIGNOR OSCAR ROMERO
San Salvador. Piccolo paese del Centro America. Grazie a brogli elettorali e
violenza, e all'aiuto americano, sale al potere il generale Carlo H. Romero che
impone una pesante repressione sociale e politica. Gli omicidi di poveri contadini
e di oppositori al regime sono all'ordine del giorno. I massacri sono compiuti da
organizzazioni paramilitari di destra, protette e sostenute dal governo. La chiesa
di Roma appoggia il governo criminale del San Salvador, chiudendo gli occhi sui
suoi delitti. Ma un uomo si mette contro il generale Romero, e, stranamente, ha
il suo stesso cognome, è Monsignor Romero, arcivescovo di San Salvador, una
delle figure più luminose della teologia della Liberazione. Eppure inizialmente era
stato contrario a ogni deviazione dalla stretta linea conservatrice della Chiesa.
Ma, quando il suo amico gesuita, padre Rutilio Grande e due contadini muoiono
assassinati sulla via di Aguilares, quella via è per lui come la via di Damasco per
San Paolo, una rottura radicale col suo passato. Prima di allora Romero era stato
uno studioso tranquillo, reazionario, legato all'Opus Dei, contrario alla Teologia
della Liberazione e agli stessi gesuiti e aveva appoggiato, come gli altri vescovi,
la militarizzazione dell'università e la repressione. Ma l'assassinio di padre Rutilio
e dei due contadini lo sconvolge. Reagisce duramente: vuole sconfiggere
l'impunità. Apre un'inchiesta e chiude per tre giorni scuole e collegi. Accusa
direttamente il potere politico e giuridico. Istituisce una commissione
permanente in difesa dei diritti umani. Le sue parole arrivano alle orecchie di
migliaia di persone.
Una parte della Chiesa lo lascia solo, additandolo come un "istigatore della lotta
di classe e del socialismo". Ogni giorno, senza tregua, Romero attacca la
corruzione del governo, il male del potere. Abbandona la gerarchia e si volge ai
poveri. Sono i poveri che lo evangelizzano, che lo convertono. Dice dell'Opus
Dei: "Non capiscono come io non capivo". Cambia per lui il senso di tutte le
cose: i poveri sono il Cristo nella storia, il Cristo crocifisso. Affronta l'ostilità e
l'incomprensione della Chiesa, del governo, dell'esercito... Roma lo attacca,
dicendo che mette a rischio la Chiesa intera con la sua ostilità al governo ed
all'esercito La sua radio emittente viene distrutta. Ma la scelta dei poveri ha
cambiato la concezione della Chiesa di Romero, che si chiama ora "chiesa
popolare". L'identità cristiana è definita non più dall'appartenenza all'istituzione
ma dall'identificazione con i poveri.
La missione sacerdotale diventa "andare raccogliendo i cadaveri e tutto ciò che
produce la persecuzione della Chiesa". Le scelte politiche vedrono nel popolo il
criterio di valutazione dei partiti politici. In un paese dominato da un governo
criminale di destra, Romero diventa simbolo dell'emancipazione dei poveri e della
lotta per la giustizia.Il 23 marzo 1980 due sicari del governo di destra irrompono
armati nella chiesa dove Monsignor Romero celebra la messa e lo uccidono con
due colpi di pistola.
"Le ultime parole di monsignor Romero furono: "In questo Calice il vino diventa
sangue che è stato il prezzo della salvezza. Possa questo sacrificio di Cristo darci
il coraggio di offrire il nostro corpo e il nostro sangue per la giustizia e la pace
del nostro popolo. Questo momento di preghiera ci trovi saldamente uniti nella
fede e nella speranza".
E i due colpi sordi rimbombarono nel silenzio. " Adesso la Chiesa ha in corso il
suo processo di beatificazione!
(Sunto da:http://www.cdbchieri.it/rassegna_st... e
da:http://www.peacereporter.net/dettag...)
***
Il Sudamerica e il Centroamerica, grazie anche alla CIA e all'interferenza dei
governi americani hanno pagato un alto tributo di morti, torturati, scomparsi e
poveri ai governi criminali della destra sostenuti dagli Stati uniti e protetti dalla
Chiesa di Roma. Il generale Romero, Pinochet, Gonzales, Montts, Banzer, Rosas,
Peron, Rodriguez, Stroessner,... La Chiesa, ogni volta, è stata dalla parte dei
governi di destra, ha benedetto e protetto i peggiori governi del mondo. La
Teologia delle Liberazione è stata condannata, i suoi preti lasciati soli. Wojtila ha
benedetto Pinochet, gli ha dato l'eucarestia anche se le sue vittime hanno
guardato a questo come a un atto blasfemo; quando è caduto in disgrazia ed è
cominciato il processo per i suoi crimini, il Vaticano ha voluto intercedere a suo
favore, così come, a suo tempo, aveva aiutato a mettere in salvo nell'America
latina i peggiori capi nazisti e Wojtyla stesso manda alla Camera dei Lords inglesi
una lettera perchè rifiutino l'estradizione del criminale.
A Santiago del Cile nell'aprile del 1987, Wojtyla è in visita pastorale da Pinochet,
gli stringe la mano, si affaccia con lui al balcone della Moneda. I giornali di destra
cileni scrivono: "Due grandi leader anticomunisti si incontrano". Eppure
Pinochet è un dittatore sanguinario che ha preso il potere, grazie ai bombardieri
americani, con un colpo di stato contro Allende, il presidente democraticamente
eletto, ucciso nel 73 a colpi di bomba nello stesso palazzo della Moneda.
Wojtyla fa di tutto perchè Pinochet non sia processato, causa malattia, e nel 99
rivolge una plateale richiesta di perdono per i crimini da lui commessi. Le Madres
de Plaza de Mayo (l'associazione delle madri delle vittime del regime argentino)
rispondono con una lettera dove si augurano che, da morto, Wojtyla non riceva il
perdono di Dio e vada all'inferno.
Nell'80 Wojtyla appoggia la giunta militare del San Salvador, minacciata dalle
omelie dell'arcivescovo Oscar Romero. Nello stesso anno il sanguinario governo
salvadoregno uccide 10.000 civili, mentre Carter continua a mandargli armi e
dollari. Wojtyla non appoggiò le posizioni di Romero, ma anzi richiamò a Roma il
superiore dei gesuiti del Centro America.
***
"C'è un'enorme contraddizione tra gli atti del Papa e i suoi insegnamenti. Fuori si
presentava come paladino del dialogo, delle libertà, della Tolleranza, della pace e
dell'ecumenismo, e domandò perdono in varie occasioni per gli errori e le
condanne ecclesiastiche del passato, e incontrò i leader spirituali delle altre
confessioni per pregare, tutti uniti, per la pace mondiale. Invece, dentro la
Chiesa, mutilò il diritto di espressione, proibì il dialogo e diede vita a una teologia
dai forti toni fondamentalisti. Il progetto politico-ecclesiastico a cui il Papa lavorò
non ha condotto ad alcuna risoluzione in merito alle questioni dei rapporti con la
Riforma, la modernità e la povertà." (Leonardo Boff).
Viviana Vivarelli

 

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HOBBY E TEMPO LIBERO

Viaggio oltre le montagne dell'Atlante (FANGO, PAGLIA E ANTENNE PARABOLICHE)


Di Claudio d’Ambra

Questa volta scendiamo più a Sud, oltre la catena dell’Atlante, fino al
confine con l’Algeria.
Al di là degli oltre 2000 metri del passo Tizi n Tichkca, il panorama si
spoglia e progressivamente inaridisce: la neve e i boschi lasciano posto ad
arbusti arsi e spinosi prima e in seguito a canyon profondi che ricordano
con nostalgia di quando un tempo le acque di fiumi ormai scomparsi erodevano
le loro pendici. Quindi il deserto a impolverirsi: rocce, pietre, ciottoli,
terra, sabbia. Alla fine, là dove non piove praticamente mai, è proprio come
nelle cartoline: dune rosse a perdita d’occhio, una palma solitaria, un
cammello accovacciato e un nomade berbero con tanto di turbante azzurro e
Ray-Ban scuri a goccia.
Il viaggio procede lento e uniforme, variano solo le tonalità dei colori,
fino a che d’improvviso, al di là di un’altura, si apre una vallata, lunga e
sinuosa, che per un qualche generoso scherzo geologico è riuscita a
proteggere un corso d’acqua, a tratti anche consistente: un’oasi. Il termine
francese “palmerie” rende meglio l’idea di una striscia rigogliosa di palme,
alberi da frutto, orti e foraggio che costeggia il fiume. Un nastro verde,
compatto, che ne asseconda le anse, disegnato con geometrica precisione
dalla portata delle canalizzazioni; oltre la capacità idrica, ancora una
volta, il nulla.
Nella migliore delle ipotesi qui sorge una città: Ouarzazate, Erfoud,
Zagora; nella peggiore una casbah, uno ksar o solo qualche casa sparsa.
La casbah originariamente era un avamposto militare – oggi può essere anche
un ristorante per turisti o un hotel affiliato a una grande catena
internazionale – intorno a cui pastori e contadini hanno costruito le loro
abitazioni. Lo ksar è un villaggio fortificato, eretto da diversi nuclei
familiari che difendevano così i loro accessi all’acqua dagli attacchi degli
ksar vicini. Le ultime sono invece dimore semplici, al nostro occhio anche
molto più di umili, spesso temporanee, alloggio stagionale di pastori
nomadi.
Alcuni elementi accomunano questi, per altro diversi, sistemi urbanistici. I
singoli nuclei abitativi sono di forma cubica – se non piove né tanto meno
nevica a che serve un tetto a punta? –, e le finestre sono poche e piccole
per tenere lontane quanto più possibile sabbia e caldo. I materiali di
costruzione sono quelli a disposizione: sabbia, paglia, eventualmente pietra
(e allora smi parla di una tecnica edile detta “pisè”) o legno di palma
(particolarmente flessibile e resistente). Sembrano castelli di sabbia
destinati a essere portati via dall’acqua non appena arriva – inshallah,
alcuni complessi con tanto di mura di cinta merlate, torrioni e portali
borchiati, altri elementari, minimalisti, quasi l’essenza della casa nei
suoi tratti fondamentali. Tutti, indistintamente, hanno però sul tetto
l’antenna parabolica e il decoder con la scheda piratata, che consente la
visione di quasi 5000 canali satellitari da tutto il mondo e in tutte le
lingue.

Il vecchio e i bambini
Le strade che percorriamo sono una semplice striscia d’asfalto slabbrato,
distesa sulla terra nuda e le automobili, i camion e i pullman ne
rivendicano il diritto di passaggio esclusivo. Biciclette e motorini,
uomini, donne e bambini a cavallo d’asini o su carretti trainati da asini o
ancora a piedi hanno infatti a loro disposizione un’ampia banchina in terra
battuta.
A mezza costa, sul gomito di una curva, in un posteggio delimitato soltanto
da un paracarro malandato, ci fermiamo: il colpo d’occhio della vallata e
dell’oasi in lontananza da qui è spettacolare. La gente del luogo lo sa e si
è organizzata: un vecchio ha costruito una baracca con la sabbia, la paglia
e dei pezzi di lamiera ondulata che chissà dove è riuscito a recuperare. Sul
tetto l’antenna parabolica. Vende geodi, rose del deserto e fossili,
cammellini di peluche, monili in agent berber e cuscussiere in terracotta.
Le stesse identiche cose che si incontrano in qualsiasi altro angolo di
questa porzione di Paese. Un cartellone pubblicitario in alluminio della
Coca Cola, appeso a una parete della baracca, funge da insegna del servizio
bar che consiste in un armadio frigorifero al cui interno trovano posto
bottiglie di plastica di Coca Cola, aranciata di un marchio locale e acqua
minerale, ma solo naturale. In fondo, una porta di ferro dà accesso al
bagno: una turca col secchio per tirare l’acqua a mano.
Non siamo in alta stagione e di turisti questo vecchio ne vedrà pochini,
specialmente qui, ben oltre le mete dei tour più popolari. Tra un auto e
l’altra, tra un pullman e l’altro, rimane tempo per un bicchiere di te
verde, dolce e bollente, e per una sigaretta – magari una di quelle buone,
barattate con un turista in cambio di un braccialettino berbero –, seduto
davanti alla televisione. Chissà se tra i 5000 canali a sua disposizione
riceve anche RAIUNO e se ha mai osservato quei negozi in cui capitano per
caso i personaggi delle soap proprio al momento di una telepromozione?
Poi arrivano i bambini. Hanno sentito il nostro fuoristrada a noleggio
fermarsi e si sono messi a correre verso di noi dallo ksar giù nella valle.
Il loro turno a scuola evidentemente è in un altro orario se sono qui a
chiedere un’elemosina. Ne incontri a gruppi, omogenei per età, che si
spostano a piedi di villaggio in villaggio, da mattina a sera, per andare a
scuola; zainetto di marca taroccato, comprato al mercato, sulle spalle,
jeans e T-Shirt i maschietti, vestito tradizionale e foulard a coprire i
capelli quasi tutte le femminucce; qualche volta anche un grembiulino bianco
o blu. Camminano, corrono, si spintonano e si inseguono giocando sul ciglio
in terra battuta della “nostra” strada, fino a che non tagliano dentro in
perpendicolare e si inoltrano nel deserto, guidati da piste invisibili a un
occhio straniero, fino a scomparire a loro volta dietro un’increspatura
dell’orizzonte. Un’antenna parabolica e 5000 canali attendono a casa anche
loro. Chissà se preferiscono i cartoni animati giapponesi o i documentari
della BBC?

In città a far spese
Il mercato settimanale è come nelle nostre grandi città, che si sposta di
piazza in piazza, ma qui ogni giorno si trasferisce in un altro paese e
costituisce un forte elemento di aggregazione. Chi vuole vendere e chi deve
comprare si dà appuntamento qui. Un piazzale protetto da un basso muro di
sabbia impastata è adibito ad accogliere le bancarelle, ma il commercio è
attivo anche al di fuori e gli ambulanti seduti a terra, i clienti e molti
semplici curiosi creano una strozzatura sulla strada e un conseguente
ingorgo, impensabile altrove e altrimenti. Verdure, legumi e spezie arrivano
da coltivazioni in zona, la carne con i camion frigorifero dai macelli
centrali delle grandi città, mentre abbigliamento e casalinghi portano
spesso l’etichetta “Made in China”.
Lungo la strada che attraversa il paese dove si tiene il mercato, l’unica
esistente che permette di accedervi e di lasciarlo, è intenso il viavai della
gente. Un pastore porta sulle spalle un capretto che ti segue passargli
rumorosamente accanto incuriosito, con gli occhi spalancati e le pupille a
fessura, sollevando il capo. Un camion ci incrocia stracarico di foraggio,
tanto che non basta a entrambi farsi da parte sulla banchina per evitare
quasi di fermarsi una volta fianco a fianco. Il carico fuoriesce dal cassone
telonato e i legacci trattengono a malapena quanto stivato sul tetto, che
deborda fin sul parabrezza davanti al guidatore. Sembra un enorme covone con
le ruote che sobbalza pericolosamente a ogni buca e ondeggia a ogni curva.
Una bambina, calzoncini corti, camicetta graziosa e piedi scalzi attraversa
la strada: è stata al pozzo e porta a casa due taniche d’acqua. Due ragazzi
vestiti all’occidentale camminano mano nella mano; uno regge un sacchetto di
plastica nero, l’unico tipo di shopper che ti danno qui, che tu sia stato in
una farmacia, in un negozio di alimentari della cooperativa o nella piazza
del mercato. Non è una coppia “equivoca”: sono solo due amici. E chiunque
abbia a che fare con noi occidentali – guida, accompagnatore o consierge
d’hotel che sia – è ormai stanco di giustificarli ogni volta e non trattiene
più un po’ di fastidio nella voce. Una famiglia – padre alla guida, figlio
maggiore in piedi tra le sue braccia, madre seduta dietro e in mezzo stretta
tra i corpi dei due genitori la sorellina più piccola – rientra a bordo di
una Motobecane da 100 cc che arranca sbuffando fumo bianco dalla marmitta.
Tutti torneranno a casa questa sera – chi con il cassone del proprio camion
o i basti di verdura e legumi svuotati, chi con il sacchetto nero pieno di
carne e datteri per la cena, chi con un capretto in meno nel recinto ma
chissà cosa di più necessario con sé; chi a piedi, chi sul ciclomotore, chi
a cavallo del mulo o sul carro – tutti torneranno alla loro casa di fango e
paglia con l’antenna parabolica e 5000 canali da tutto il mondo, CNN e
Al-Jazeea, per vedersi Bush vincere le elezioni o lo spot pubblicitario che
promette “Un Ramadan più generoso con le offerte LG Electronics”.

Berberi e arabi
Più avanti entriamo in una città. Intorno alla medina si è sviluppata la
parte moderna che ovunque ha lo stesso aspetto: case a due piani che si
affacciano tutte sulla strada in due sole file disordinate, una al di qua e
una al di là. Appena dietro sempre il nulla. Al piano terra, sotto il
porticato, i garage sono stati convertiti in laboratorio artigiano,
macelleria, panettiere, caffè, farmacia. Al primo piano grate in ferro
battuto alle finestre proteggono invece la privacy di chi vi abita. Sul
tetto, spesso calpestabile e limitato da un parapetto in muratura, ancora
antenne paraboliche, tante quante sono gli appartamenti e le famiglie. Si
può costruire solo con il colore che contraddistingue la zona, o per meglio
dire con la tonalità di rosso che contraddistingue la zona e poi
eventualmente tinteggiare la facciata a calce. Maggiore libertà è concessa
solo per quanto riguarda le porte e le saracinesche dei negozi-garage. La
strada che si allarga, la presenza di un incrocio, una rotonda, un semaforo
e marciapiedi lastricati sono indice di una maggiore importanza e di una
conseguente maggiore ricchezza di tutto il paese. Ma una piazza con la
moschea e un edificio pubblico con le bandiere che sventolano sulla
facciata, spesso proprio una scuola, comunque non mancano mai.
Fatta eccezione per le ore più calde della giornata, la vita si svolge
all’aperto: nei campi o davanti al proprio laboratorio artigiano, ai tavoli
del bar o distesi a terra all’ombra di un muretto. Le donne, quasi mai
sfaccendate, attraversano la città per recarsi al lavoro o a fare compere.
Anche qui sono a piedi, a cavallo del mulo o sui carri trainati da un
cavallo che quasi ovunque costituiscono il servizio di trasporto collettivo
fino ai margini della città.
In queste valli convivono sostanzialmente due razze: quella indigena berbera
e quella araba arrivata con le conquiste, e se negli uomini le differenze
sono difficili da cogliere dalla distanza, per le donne tutto è più
semplice. Vestite di nero, capo e volto coperto sino a lasciar fuori anche
solo un occhio, sono le donne arabe. A volto e spesso anche capo scoperto,
avvolte in un mantello colorato e sgargiante, come un sari indiano, sono
invece le donne berbere. Le più anziane portano ancora evidenti sulla pelle
del viso, delle braccia e delle mani i tatuaggi rituali che ne identificano
la discendenza e marcano le tappe fondamentali del loro sviluppo, in un
articolato linguaggio simbolico.
Il velo che copre teste e volti non è un cappuccio ma un foulard da
indossare seguendo mosse arcaiche e che, come un sipario, può aprirsi
davanti ad amiche e parenti o chiudersi all’arrivo dello straniero.
Raramente è fermato, più spesso è semplicemente trattenuto con le mani sotto
il mento o con i denti se queste dovessero essere impegnate. Il chador,
legato dietro le orecchie, spesso e calato sotto il naso e copre solo la
bocca. La lunga tunica nera ondeggia obliqua proprio a causa del braccio
destro piegato sotto per permettere alla mano di bloccare il velo e
conferisce una sinuosità insolita alla figura che cammina. È un dondolio
sensuale e talvolta eccitante, accompagna occhi scuri e sguardi profondi,
disegnati con il kajal, che sfuggono da sotto il velo.
A sera siamo tutti a casa, noi nella nostra stanza d’albergo, davanti alla
televisione. Melody hits trasmette video musicali di artisti locali che
imitano nei modi e nelle forme i modelli europei e americani. Tentando di
conservare una parvenza, uno stile arabo, mischiano occidente a oriente, con
risultati che ci fanno sorridere di tenerezza. Così, anche queste ragazze
ora sanno che cosa desiderare, le loro mamme che cosa temere e i loro padri
che cosa detestare.
Per quanto in una camera d’albergo e in una terra straniera, mi sento a casa.

 

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RACCONTI E POESIA

Comunque femmina

Di Veronica Franco

Quando si vuole piacere a qualcuno che incuriosisce e desideriamo conoscere, anche una stazione ferroviaria riesce a trasformarsi in un trampolino di lancio se vogliamo provocare… un “amico”.

Il tiepido abbraccio del sole di un mite autunno e le chiacchiere in movimento fino a quel momento hanno riempito il tempo e l’aria di due persone come tante, ma poi nella mente femminile della situazione,prende forza un pensiero: –“lo sento… mi piace e vorrei conoscere il suo “sapore”.- Ecco l’impulso. Il sinuoso desiderio di poggiare la bocca sulla sua si accende e, inevitabilmente , gli occhi “cercano” ; si fermano immaginandosi su quelle labbra in movimento, poi, si spostano subito sullo sguardo. Essi diventano i complici del mio pensiero fissando quasi a penetrare i loro simili, ignorando anche il deciso batter di ciglia.
Lo studio del suo volto appena sopra il mio, diventa un preciso disegno dell’espressione; le mie labbra emettono suoni lasciando appena filtrare le parole attraverso la dentatura, il respiro che ne esce è caldo come il raggio del sole che illumina il viso del mio amico. La gradita compagnia si era accompagnata fino ad allora per mano, non vi era nessun interesse diverso… adesso le mani si stringono istintivamente.
Il tono della sua voce è più pacato ma rimane scherzoso quasi a voler interrompere l’onda di innocente imbarazzo creatasi da quel pensiero e una voce metallica annuncia l’arrivo del treno che aspetto.
Una risata nervosa ed un’esclamazione rimuovono mani e sorrisi ma è il panico: -“devo conoscere il suo “sapore”-. intorno la gente che aspetta come me si stringe avvicinandosi al binario ma io non mi muovo e nessuno di noi due dice più niente. Non ci siamo accorti di esserci avvicinati l’uno all’altra tanto da sentire i nostri odori… il treno sta entrando in stazione, tra poco si fermerà… ecco che si ferma ma i nostri sguardi non si lasciano ancora e le nostre mani continuano a stringersi. –“Dobbiamo salutarci adesso…”- dico sottovoce. Lo slancio affettuoso e amichevole di sempre si trasforma e diventa una calamita bramosa e dolcemente la mia bocca si posa sulla sua e, soltanto per un breve istante la sorpresa di quel gesto ci confonde, ma sono subito le labbra che si schiudono e teneramente la mia saliva si mischia alla sua, fermando il tempo.
Le mani che si stringono adesso sono quattro e, mentre fondiamo i nostri “gusti” rimescolando le nostre cavità orali con dolcezza, i nostri cuori impazziti appiccicati l’uno all’altra risentono la forzata separazione, dalle vesti che ci ricoprono.
Il sole sta tramontando in quel momento e sembra incorniciare il turbamento dipinto sui nostri volti; riprendendo lentamente quanto non posso lasciare anche se avvinghiato alla sua, la mia mano gli regala una carezza mentre il suo braccio mi cinge ancora la vita… -“Scusami ma è stato un desiderio troppo forte… Ti dispiace?… che l’abbia fatto…”- La domanda più scontata dopo un’azione del genere, tra due amici, ma dovevo farla, adesso ho paura di ciò che mi aspetta.
Tenendomi per mano mi aiuta a salire i gradini del vagone senza lasciarmi e un sorriso accattivante, mi dice :-Mi spiace solo che tu debba andare… e sono contento …- si ferma prendendo respiro, -.. mi piace il tuo sapore.-.
Si chiudono gli sportelli e rimane immobile mentre il treno parte.
Io temo di aver rotto qualcosa e guardo dentro di me, in silenzio mentre dal finestrino un paesaggio che conosco mi allontana dalla magia di quel momento.
L’impulso irrefrenabile di richiamarlo subito al telefono si impadronisce di me, a stento riesco a controllarmi e ripongo nella borsa il cellulare. Appoggio le spalle ancora contratte allo schienale del sedile del vagone per riuscire a ritrovare il controllo delle mie emozioni, ma il trillo di quell’aggeggio appena messo via mi scuote. Rispondo ancora pervasa da quel momento, dolce ancora. Lo stomaco mi si chiude ed il fiato sembra non voler uscire dalla mia bocca piena del sapore di quel bacio così dolce quanto appassionato: “E’ lui”- sono bravissima a reagire e subito- Cosa è successo… come mai al telefono?- domando con il cuore che scalpita. –Volevo sapere quando ti rivedrò-.
Questa domanda mi spiazza, non voglio perdere un amico prezioso soltanto perchè ha frainteso… -Beh, abbiamo lezione dopo domani, quindi come d’accordo ci vedremo al solito posto ok?- La risposta ha mantenuto la forma che volevo dargli, nella sua semplicità, ma…

Tutto si controlla nel pieno della razionalità e consapevolezza, la cosa che riesce più difficile se dotati di un’umana sensibilità, sono le emozioni dei sentimenti o meglio, ciò che esse provocano.
Il momento o il modo in cui comincia una “storia” affettiva sono indefinibili e quasi sempre casuali ma il ritorno che se ne ricava è più o meno bello inaspettato semplice e, se nasce l’amore, si può sperare di costruirne una vita a due.
Oltre la casualità quasi sempre, la conoscenza di un nuovo amico ci incuriosisce e ci prende in molti modi se subentra un’impensabile passionalità, le passeggiate e gli incontri magari per comuni interessi, si trasformano in momenti romantici da concludere perdendosi in uno sguardo che può trasportare i nostri sogni o i nostri desideri, molto lontani. Lungo la strada di un mercato sorpresi dalla pioggia dopo infiniti discorsi che spaziano da situazioni tristi o allegre o magari banali, riparati nell’ingresso di un grande negozio dove ci si è rifugiati, senti il suo sguardo che ti scalda e ti penetra tanto da volerlo evitare dall’imbarazzo che ti causa, mentre hai la sensazione delle tue “budella” che senti contorcersi dentro il tuo stomaco. Credi di riuscire ad ovviare elegantemente quella situazione ma poi la sua mano che fino ad allora ti ha guidato prudentemente si trasforma in un mezzo obbligato per intraprendere un determinato percorso. Vorresti sbagliarti perché lui è entrato nella tua vita perché diverso, ancora soffri per il tuo ultimo amore, ma la ragione non ti permette di fuggire quella proposta inaspettata e diretta:-Ho voglia di te…- con l’enfasi adottata in un film d’amore degli anni’ 50.
Non capisci cosa sta accadendo, anche se non più una ragazzina non conosci ancora la disinibizione, soprattutto così esplicita, e nella tua inappropriata ingenuità, ti senti smarrita e, con uno stratagemma, fuggi con la più infantile delle scusanti:-Devo andare si è fatto tardi.-
Si torna insieme alla stazione ed il saluto di sempre, il consueto ed amichevole “bacino” sulla guancia, assume proporzioni gigantesche come tecniche di seduzione.
Da sola mentre torni a casa o ti rifugi nel tuo mondo di sempre con i tuoi pensieri, la tua mente spazia tra le domande più ambigue e naturali della situazione che hai appena vissuto. –Perché anche lui è come tutti gli altri uomini… non ha capito che avevo bisogno soltanto della sua presenza e che mi stava aiutando molto essendomi soltanto amico…-.
Hai bisogno di prendere fiato ma devi ingoiare saliva perché ti accorgi che la bocca è asciutta e ti sembra distare male; -… possibile che mi sia sbagliata di nuovo? No non è possibile come farò adesso a studiarci ancora insieme ? Penserà che sono una stupida e che non vale la pena di interessarsi a me: sono proprio una frana.-
Uno squillo ti riporta alla realtà e rendendoti conto che sei quasi giunta a casa, rispondi ancora confusa, distaccata dalla voce che sentirai dall’altra parte, ha interrotto un pensiero importante.
-Dove sei? Sei arrivata? – è la sua voce preoccupata per te. –Stai bene vero… non ti ho offesa confessandoti che mi piaci molto vero?- ti chiede con il più naturale e dolce dei toni.
Ecco la confusione che ti assale e prima di rispondere ti assicuri di non balbettare. –Si sto bene, ma mi hai sorpresa…- riesci a dire mentre il fiato ti finisce nella gola e sembri perdere la voce.
-Non vedo l’ora sia domani per rivederti… vuoi ancora rivedermi vero?- La risposta che vorresti dargli ti sorprende e tentenni a farlo, poi –Non vedo perché non dovrei. Ora ti saluto perché sono arrivata e devo prepararmi a scendere, ci sentiamo va bene?-.
E’ già domani. Il vederlo per continuare il rapporto di amicizia e collaborazione per come era sempre stato diventa utopia; il primo approccio del solito saluto al mio arrivo ne è la conferma. Senza nessun riferimento preciso all’accaduto la lezione programmata inizia in modo molto distaccato quasi se fosse la prima ed io, sembro non capire niente di quanto spiegatomi. La conclusione di tutte le nuove nozioni, conclude le due ore trascorse l’uno di fronte all’altra e l’atmosfera ideata risulta bizzarra: argomenti e risa quasi nervose proseguono. Lungo il tragitto per riaccompagnarmi nasce la proposta di una sosta su di una panchina nell’attesa dell’orario giusto e, come se dentro di me ci fosse un’altra donna, esce una inspiegabile femminilità, sicura e ben esibita.
D’un tratto mi rendo conto di essere padrona dei miei pensieri e di voler “giocare” con l’uomo davanti a me che non ha più il ruolo dell’amico. I miei occhi non si abbassano e le mie labbra non rimangono chiuse ma, contrariamente al mio carattere domandano: -Dunque ti sei accorto che ti piaccio?- maliziosa e riverente. Parole sicuramente attese per l’immediato risultato: -Si, non sai quanto… ma non voglio perderti, quindi non decido da solo sulla nostra amicizia.- e una carezza mi sfiora la guancia irrigidendomi.
-Cosa ti aspetti da me… non siamo innamorati.- Il suo tono cambia è deciso e immediato: -Forse ho capito male ma pareva tu avessi bisogno di qualcosa di più della semplice amicizia.- Sono offesa e sul mio viso palesemente appare il “broncio”. -Bene visto che è questo che ti preme tanto, possiamo “stare insieme” quando vuoi-.
La mia decisione è quella di “punirmi” per aver creduto ancora in un uomo e, a parer mio, niente è più prezioso della dignità verso se stessi. Fino ad allora sesso e amore non si erano mai divisi nella vita, l’uno era complemento dell’altro ma così facendo, contrastando i miei principi, mi sarei “punita”, maturando verso il genere maschile.
Lo squallore di una camera d’albergo dal nome propizio ad un preludio d’amore, si trasforma nel mio banco d’esame… un duro esame con me stessa. Sono lì insieme a quel ragazzo a me tanto caro, con la convinzione che il suo scopo fosse soltanto una cocente passione per una giovane donna più vulnerabile di altre e la consapevolezza di non essere niente altro di un bel momento da godere.
Il rivestirsi lento e meccanico è il massimo della mia naturalezza ma la sorpresa della sua sensibile attenzione, mi spiazza. –Sei bellissima e mi dispiace non tu abbia capito quanto sia stato importante- prendendomi le mani e abbracciandomi teneramente. –Non volevi che accadesse vero?- continua a domandarmi con fare tranquillo ma rammaricato. Cercando il suo viso la mia risposta arriva “profumata” di un’essenza acidula: -Se sono qui. Non mi hai obbligata no?- e fermandomi sulla porta della camera, continua: -non accadrà mai più se non sarai anche tu a volerlo.-.
Con la sera è arrivato anche disappunto con me stessa, mi sento responsabile di aver forse sciupato una bella amicizia e non oso pensare a come proseguirà. Gli interessi comuni al lavoro allo studio, sembrano essere superflui, -non basteranno certo a rimettere le cose a posto.- penso addormentandomi a notte inoltrata.

Le parti che precedono dimostrano quanto una donna anche se penalizzata dall’oscurità nei suoi occhi, possa essere uguale a qualsiasi altra normodotata per passione, emozioni e quant’altro possa essere di preludio ad una storia amorosa della quale tutti gli esseri umani dovrebbero godere. Nel caso soprascritto si antepongono dubbi per il valore di una amicizia con una persona speciale o perlomeno ritenuta tale.
La similitudine delle situazioni tra donne “diverse” in questo articolo scritto per evidenziarle, riporta sicuramente anche ad una realtà di seguito; come una storia nasce può anche finire. I luoghi sono altrettanto comuni: ci si stanca per i problemi che vi possono essere, si tradisce, si ragiona oggettivamente sulla finalità di tale relazione senza più trovarvi il valido scopo che era quello di vivere una vita a due. Allora l’emozione che predomina è quello del dolore o della consapevolezza di un’illusione perché: “troppo bello per essere vero” e ci si ritrova come tutto il resto del mondo femminile in una situazione simile… sole! Pur sapendo che tutto questo è vita e che molte di noi conoscono tutto ciò, la voglia di scriverlo è data dal fatto che per ogni sofferenza d’amore provata, rimane l’amarezza della convinzione che non accadrà più, qualcosa di bello e di brutto ti rimarrà sempre e potremo difenderci meglio diffidando magari degli “amici speciali” e rimanendo di più con i piedi ben piantati interra. La vita è amore e dolore per tutte le femmine che decidono di diventare donne e far parte di questo universo di cui, l’uomo, non potrà mai farne a meno.
 

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RIFLESSIONI E CRITICHE

Quanti giudici

Di Elena Aldrighetti

 

In questi giorni si parla molto della decisione della Spagna di legalizzare le unioni
omosessuali, di permettere loro di adottare bambini e di accorciare a due o tre mesi i
tempi per un divorzio. Come era prevedibile queste decisioni hanno innescato nella nostra
Italia un'ampia discussione. Molti sono saliti in cattedra per pontificare. Vengono citati
brani della Bibbia per sottolineare l'immoralità delle unioni omosessuali, vengono elencati
un'infinità di disturbi psicologici per i bambini che vivono con persone omosessuali. Si
evidenzia la riduzione del "sacro vincolo del matrimonio" ad un disbrigo di una banale
pratica burocratica. Io non sono una psicologa e non sono in grado di dire se i bambini
adottati da coppie omosessuali avranno dei traumi. Posso però riflettere su alcune cose.
Si parla tanto di legge divina e si citano anche i versetti dove Dio avrebbe rifiutato i legami
omosessuali. Però se si parla di legge dello stato, perché mettere in mezzo la religione?
Io credo che due persone che decidano di unire le proprie vite, siano essi eterosessuali
che omosessuali, abbiano il diritto di essere riconosciuti e tutelati dalla legge.
Spesso non si pensa che le persone omosessuali che vivono insieme, qualsiasi cosa
costruiscano insieme, case o proprietà varie, non ereditano l'uno per l'altro.
E' vero, questo problema ce l'ha qualsiasi coppia di conviventi però, le coppie eterosessuali
che vogliono ovviare al rischio che, nel caso di morte del compagno o compagna, ciò che è
stato acquistato insieme si debba dividere con i parenti del defunto/a, possono farlo
sposandosi, le persone dello stesso sesso che convivono, senza la possibilità del
matrimonio civile, non hanno soluzione al problema. Trovo quindi corretto dare pari
opportunità a tutti. Credo anche che non si possano criminalizzare delle persone che
hanno sensazioni diverse dalle nostre. Io da bambina e da adolescente mi sono sempre
sentita attratta dai maschi, però non è così per tutte. Per me è stato naturale avere il
primo ragazzino ma per molte ragazzine non è così. Cosa dovrebbero fare coloro che si
sentono attratti da persone dello stesso sesso? Far finta di nulla e castrarsi? Reprimere i
propri sentimenti ed andare contro la loro natura? Fare una vita "normale" rischiando così
di avere nevrosi e problemi esistenziali? Le diversità sono sempre una ricchezza e si
dovrebbe imparare sempre da chi è diverso da noi. Non si possono globalizzare i
sentimenti. Per quanto riguarda le adozioni, riflettendoci su un po', ripeto di non avere
titoli e argomenti per schierarmi pro o contro. Posso però pensare che, molto
probabilmente, i problemi maggiori che potrebbero avere questi bambini, verranno causati
da tutti coloro che li guarderanno come degli extraterrestri per la loro situazione familiare.
Probabilmente quando frequenteranno la scuola si sentiranno diversi nel non avere una
mamma e un papà, soprattutto perché maestre e compagni di classe li faranno sentire tali.
Va molto di moda parlare di accettazione dell'altro, del diverso, però, a conti fatti, se una
persona non la pensa come noi, non è come noi tendiamo a cambiarla e a convincerla che
solo noi agiamo bene e siamo quindi nel giusto. I bambini sono sicuramente influenzati
dall'ambiente familiare e da ciò che li circonda. So che la società ha dei modelli, degli
standard però vi voglio raccontare un fatto.
Mia figlia, ora ha 19 anni, era una bimba di sei anni e la sorella di mia cognata aveva
appena adottato una bimba peruviana di 5 anni. Si sa, i peruviani sono un po' più scuri di
noi. In casa nostra, né il padre di mia figlia e né io, abbiamo mai fatto aprezzamenti
negativi sulle persone di colore. Un giorno mia figlia mi disse: "Sai mamma che Alicia (così
si chiamava la bimba peruviana) è fortunata?" e io le chiesi il perché e la sua risposta fu
che andava tutti i week end al mare visto che la vedeva sempre abbronzata.
Quindi quella fu la dimostrazione che noi in prima persona influenziamo i pensieri dei
nostri figli. Per quanto riguarda il divorzio veloce credo che sia una cosa giusta.
Penso che quando una persona decida di chiudere il proprio matrimonio, lo faccia dopo
aver riflettuto molto e pensato alla possibilità di restare accanto al coniuge. Spesso si
arriva alla decisione dopo vari tentativi di recupero del rapporto. Il problema è che in una
coppia, accade anche fra fidanzati, c'è sempre chi viene "mollato", difficilmente la
decisione viene presa da entrambi consensualmente.
Accade così che i tribunali diventano dei teatri dove fanno in scena drammi, ripicche,
vendette. Nei matrimoni con figli questi ultimi vengono strumentalizzati per ferire il
coniuge cattivo che se n'è andato. I figli si usano come armi di ricatto, come ostaggi. Gli
viene insegnato ad odiare il papà o la mamma cattivi. Anche quando non vi sono figli, il
coniuge mollato cerca di vendicarsi in ogni modo. Non credo che abbreviare i tempi del
divorzio sia come dire:"avanti divorziate!! Tanto ora è più facile!!"
Se le persone sono superficiali lo sono con o senza divorzio breve. Si può anche restare
sposati ma se ogni coniuge si fa una vita a sé, non è peggio?
L'ipocrisia della famiglia tipo pubblicità del mulino bianco, non è più diseducativa della
civile separazione fra persone che insegnano comunque ai propri figli il rispetto per le idee
altrui? Poi, sì può obbligare qualcuno ad amare?
Io non vorrei mai avere vicino a me una persona che sta con me per pietà.
Molti hanno detto che in Spagna, dove comunque il divorzio si ottiene in un anno, i divorzi
sono molto maggiori che qui da noi. Ma io mi chiedo se la colpa sia solo della legge che
sveltisce i tempi. E poi non è consolante sapere che la gente non divorzia solo per paura.
Allora quante famiglie "false" ci sono in Italia?
Io credo che si debba veramente imparare a rispettare le scelte degli altri,e parlare con
cognizione di causa. Spesso questi benpensanti parlano di problemi che non conoscono,
che non hanno vissuto. Ed è sempre facile fare i conti in tasca agli altri e dire come,
sempre gli altri, debbono vivere. Resto quindi dell'idea che: lo stato debba assolutamente
rimanere laico. Chi non approva le unioni omosessuali, i divorzi, non è obbligato ad essere
omosessuale e a divorziare. Può vivere tranquillamente lasciando vivere gli altri come
meglio credono. Ognuno di noi ha una coscienza e ci deve convivere, quindi pensiamo alla
nostra e a quella degli altri ci penseranno gli altri.
Ognuno agirà secondo la propria coscienza e il giudice supremo ha comunque l'ultima
parola, non noi.

 

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Il mondo dei centralinisti non vedenti

Di Mario Lorenzini

 

Queste cose che sto per elencare sono sotto gli occhi di tutti e sono deleterie per la professione del centralinista. Nessuno sembra badarci, datori di lavoro in testa. E la tecnologiia spesso ci è nemica, contrariamente a quanto si dice.

I centralinisti non vedenti hanno tutti conseguito un regolare titolo di studio che li abilita a tale professione. Hanno capacità nel dialogare, risolvere una conversazione telefonica, apprendono rudimenti di almeno una lingua straniera e, nella fattispecie, si intendono di strumenti elettronici quali i terminali del centralino (compresa la stessa consolle, detta anche P O), strumenti come fax, computer e simili che possono padroneggiare come, e se non meglio, degli altri colleghi vedenti. Ma nella realtà, spesso la nostra considerazione è offuscata. Noi siamo degli invalidi che hanno la “fortuna” di avere un collocamento obbligatorio, un lavoro sicuro. E questo, per tanti datori di lavoro è, ancora oggi, l’unico motivo che ci deve appagare pienamente. La nostra mansione è spesso ricoperta in modo superficiale da commessi, uscieri, portieri e quant’altro di personale che “risponde al telefono” in più al suo normale lavoro. Ecco quindi che noi veniamo considerati solo persone che non hanno poi gran che da fare, - noi rispondiamo al telefono e basta. A parte l’ignoranza che c’è su un lavoro come il nostro, a fronte di tanto bel parlare della nostra professione (il centralinista è l’immagine dell’azienda), il problema sta nel fatto che la nostra mansione, nel vivere comune, è ritenuta accessoria. Infatti, gli ingegneri e gli architetti non bastano mai in un ufficio tecnico di un comune, come pure gli impiegati dell’anagrafe, i giudici in tribunale non sono mai abbastanza, ma i centralinisti? Se ne può fare tranquillamente a meno, sono solo un costo. Certo, per fortuna, ci sono anche tanti di noi che hanno avuto modo di incontrare dirigenti intelligenti e si sono saputi valorizzare e fatti apprezzare da loro.

Ma vorrei esaminare qui quali sono i fattori che hanno contribuito a sminuire una professione come la nostra.

Fattori tecnologici.
Anziché ridurre lo sforzo umano o aumentare la sua produttività, alcune invenzioni vengono usate allo scopo di estromettere il lavoratore, dimostrando che tale compito può essere svolto con un minor numero di persone, o dalla stessa macchina in sostituzione dell’uomo. Per i centralinisti è accaduto lo stesso; la selezione passante è quel dispositivo che consente di raggiungere un determinato interno scavalcando il centralino. Certo, non è necessario attendere la risposta del centralinista e se lo stesso è assente si arriva comunque a contattare la persona voluta. Ma i vantaggi si fermano qui. Molti non sanno che il numero 123xxx è lo stesso xxx che io centralinista passo quando mi chiamano da fuori. Mi spiego con un esempio: poniamo che il mio numero di centralino sia 123111; e che l’ufficio anagrafe sia l’interno 555. Se mi chiamano al numero 123111 ovvero il centralino, io posso passare l’anagrafe, cioè il numero 555. L’utente esterno può anche chiamare direttamente l’anagrafe sostituendo le ultime cifre del numero con quelle dell’interno, quindi facendo 123555 le risponderà subito l’ufficio. Ma se per caso non c’è nessuno all’anagrafe in quel momento o comunque l’impiegato ci mette un po’ di tempo a rispondere, la chiamata viene rimandata al centralino. Io dico che l’interno non risponde, come se l’avessi passata io stesso. Ma spesso accade che la persona non capisce e mi dice “ma perché mi risponde lei, io avevo fatto il numero…”. Ecco, io posso capire che non siano tutti tecnici quelli che chiamano un ufficio, però se non ci fosse questa “innovazione” il problema non si porrebbe nemmeno. Senza contare che noi centralinisti siamo comunque chiamati a rispondere anche a tali comunicazioni, ai rinvii al posto operatore su chiamata in selezione passante. Forse che queste telefonate non dovrebbero ritornare al centralino, dando ancor di più l’impressione di essere veri e propri numeri a sé stante. Ma, purtroppo,la legge prevede che l’utente esterno debba avere comunque una risposta (cioè quella non voluta), sia anche quella del centralinista. E così siamo in due a perder tempo. Inoltre la selezione passante richiede che siano installate presso il centralino un maggior numero di linee entranti, con aggravio dei costi di gestione. Un altro inconveniente della selezione passante è che molte persone si scrivono sulla propria agenda i numeri passanti. Ma col tempo a questi numeri non corrisponde più quella persona o quella mansione, magari il centralinista lo sa, ma non può passare lui la chiamata perché l’utente esterno può fare da solo, in questo modo può succedere che egli insista a chiamare un numero di una stanza vuota per una settimana, poi, alla fine, esasperato dalla mancata risposta, chiami il centralino e noi spieghiamo che a quel numero non corrisponde più nessun utente.
Il centralinista non deve avere la consapevolezza di quel che accade, voglio dire che non controlla più il trafico telefonico.
E che dire delle musiche di cortesia? La vera cortesia sta nel rispondere velocemente e passare, gentilmente, lufficio giusto. Alcuni tipi di fonia su attesa entrano in funzione anche se tutte le linee sono ancora occupate! Solo dopo che si libera almeno una linea la chiamata viene girata al P O, ma l’utente questo non lo sa, e, ovviamente, provate un po’ a immaginare chi sarà la prima persona con cui se la prenderà per la lunga attesa? E anche questo ha un costo, ma che ci volete fare? Un centralino senza musica di attesa non è “al passo coi tempi”…
Un altro dispositivo spesso abbinato al centralino, o peggio ancora, in sostituzione dello stesso, è il risponditore vocale, cioè un marchingegno elettronico che presenta con la sua bella voce sintetizzata o registrata l’azienda, fornendo all’interlocutore una serie di opzioni, vocali o mediante pressione di tasti, con le quali arrivare (prima o poi) all’ufficio giusto. Il povero malcapitato che si sente rispondere da questo apparecchio deve spesso sorbirsi un lungo elenco di scelte da fare, magari suddiviso in più sottomenu; il tutto si traduce con perdita di tempo e possibilità di errore da parte dell’utente. Senza contare tutte quelle persone che possono trovarsi in difficoltà di fronte a tale congegno. Ma, inutile a dirsi, a chi vende questi dispositivi ciò non importa. Non importa perdere un posto di lavoro da centralinista, un rapporto umano e comprensibile con la clientela, e, spesso, non importa neanche risparmiare, poiché questi aggeggi hanno un costo di gestione paragonabile a quello di un dipendente. Ma anche qui è difficile opporsi alla moda…

Fattori umani
Come dicevo sopra, il corso che ci qualifica per lavorare al centralino è piuttosto completo. Nello specifico, ci viene insegnato anche la gestione del centralino, ovvero la sua manutenzione. A parlare coi tecnici dell’impianto e della rete telefonica esterna, a programmare la consolle e l’intero sistema. E altro ancora. Ma…Non ci è dato di operare. Ci sono già ditte esterne, con loro ha già parlato (e deciso) il dirigente, che si intende più, o soltanto, di pratiche amministrative, che di elettronica e informatica. E’ un vero peccato che costui non si voglia “abbassare” a disquisire con chi ne sa più di lui. Di sicuro ne gioverebbe l’azienda, sempre che gli interessi. Lo stesso dicasi non solo per impianti nuovi o aggiuntivi, ma anche per la manutenzione di realtà esistenti. Spesso vengono scomodati tecnici informatici interni o esterni, togliendoli alle loro mansioni più naturali o sprecando tempo e denaro per consulenze di prodotti e servizi, quando il tutto sarebbe facilmente più gestibile dall’operatore del centralino, che, poverino, non fa altro che rispondere al telefono! Per forza! Sono altri a fare il suo lavoro!
E che dire poi della collocazione dell’operatore? Spesso non gli viene assegnata nemmeno una stanza, a differenza di tutti i colleghi. Eppure ci insegnano che il nostro ambiente lavorativo dovrebbe essere una stanza dove non arrivino rumori esterni. In questo modo i disturbi non giungerebbero all’orecchio del centralinista e, il suono del centralino non darebbe fastidio agli altri. Invece accade sovente che la collocazione del centralino sia in comune cogli uscieri, in un transito rumoroso e aperto, di solito di passaggio per il pubblico.
E i corsi? Quelle pratiche di formazione, di aggiornamento che periodicamente interessano tutti i settori degli uffici, tutto il personale, e dai quali noi però siamo esclusi, forse perché non ritenuti all’altezza, o forse semplicemente perché le nostre mansioni, tanto inutili, non hanno bisogno di essere aggiornate con nuove competenze. In questi casi, i nostri dirigenti non dimostrano superiorità, ma solo ottusità mentale.

Conclusione
Quanto appena scritto non esaurisce di sicuro l’argomento. Si potrebbe ancora dire molto, sulla riqualificazione di una professione che dovrebbe articolarsi e coprire campi d’azione tali da essere considerata primaria, invece che di secondo livello. inutile starsi a ripetere, riguardo i corsi esterni per addetto a banche dati o Uffici U.R.P. e simili che altro non fanno che rimarcare capacità già presenti nei soggetti che si accingono a frequentare tali corsi. Ma i titoli spesso non sono spendibili, né come gratificazione puramente di apprezzamento, cioè inserendo mansioni nuove in quello che è il servizio del centralinista, né tantomeno come remunerazioni economiche aggiuntive, visto che tali attestati rilasciati dall’I.RI.FO.R. (Istituto per la ricerca, la formazione e la riabilitazione) non vengono riconosciuti a fini di un qualsivoglia avanzamento di carriera.
Sarebbe equo che chi comanda, o ha modo di giudicare i propri dipendenti, li mettesse anche in grado di esprimersi al meglio delle loro capacità, il tutto a vantaggio dell’ente per cui lavorano.

 

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