Informazione per i giovani del III millennio    numero 20    Marzo 2005

 

 

 

Direttore  Prof. Carlo Monti

Vice Direttore  Maurizio Martini

Redattori  Alessio Lenzi, Mario Lorenzini

 

Redazione

Via Francesco Ferrucci 15

51100 - PISTOIA

Tel.  057322016

e-mail: redazione@gio2000.it

Sito internet: www.gio2000.it

Tipologia: notiziario

 

Pubblicazione registrata presso il Tribunale di Firenze al n. 4971 del 26.06.2000

 

Gli articoli contenuti nel  periodico non rappresentano il pensiero ufficiale della redazione, ma esclusivamente   quello del singolo articolista.

 

ELENCO RUBRICHE

 

Annunci

Comunicati

Cucina

Cultura

Esoterismo, religioni e dintorni

Hobby e tempo libero

Informatica

Istruzione

Lavoro

Musica

Normalità e handicap

Patologia

Racconti e poesia

Riflessioni e critiche

Spazio donna

Sport

 

 

In questo numero:

 

EDITORIALE

Il fiore all'occhiello - Di Mario Lorenzini

COMUNICATI

Un'esperienza unica - Di Mario Lorenzini

 

Novità- Di Maurizio Martini

 

Castelfiaba concorso per bambini e adolescenti - Di Luigi Palmieri

CUCINA

Tutti in cucina (parte sesta) - Di Elisabetta Barsotti

CULTURA

Legittima difesa: le nuove norme - Di Antonella Iacoponi

HOBBY E TEMPO LIBERO

La vite - Di angelo Ricci

INFORMATICA

Un fenomeno chiamato podcasting - Di Alessio Lenzi

 

MUSICA

La musica e noi, il nostro ambiente sonoro, ed i suoi effetti - Di Stefano Delù

NORMALITA' E HANDICAP

Al buio con i vedenti - Di Antonino Cucinotta

 

Il mio progetto Erasmus - intervista a Barbara Aceranti - Di Luisa Bartolucci

 

Quando un lavoro è svolto col cuore
L'esperienza umana, e una testimonianza raccolta da un operatore sociale
- Di Bruno Morassut
PATOLOGIA

La retinite pigmentosa
"La mia compagna di vita" (parte seconda)
- Di Vincenzo Luigi Milanesi

SPORT

Un giorno da tedoforo
- Il viaggio della fiamma olimpica vissuto da vicino
- Di Andrea Bonfiglio

 

 

EDITORIALE

Il fiore all'occhiello

 

Di Mario Lorenzini

 

Periodo elettorale. Grandi scontri tra personaggi politici. E noi, poveri elettori cerchiamo di capirci qualcosa. Facile a dirsi, visto che l’informazione c’è, e in abbondanza, difficile a farsi, per vari motivi.

Tanto per cominciare, la propaganda elettorale non dovrebbe essere rappresentata in un lasso di tempo così breve, a ridosso delle elezioni; dal momento in cui si insedia un nuovo governo, questi dovrebbe illustrare, passo per passo, e continuativamente, il proprio programma preventivato. Ovvero, seguire e, ovviamente realizzare, tutti i punti proposti nella campagna elettorale, così facendo, i cittadini avrebbero una fiducia maggiore, consolidata, nella situazione politica del momento, a tutto vantaggio di una possibile riconferma del governo presente.

Un’altra cosa molto brutta, alla quale abbiamo assistito tutti, è il modo di presentarsi, non quello di proporsi. Che vuol dire? Vuol dire che chi va a queste trasmissioni televisive e non solo, insomma, chi si espone al pubblico, non mostra una bozza di quelli che saranno gli intenti futuri, non si porta dietro una relazione programmatica da far conoscere ai possibili elettori, piuttosto batte sul vecchio, sul già fatto, elencando statistiche e numeri che difficilmente il cittadino comune potrebbe contestare. In aggiunta a questo modus operandi poco chiaro, se ne aggiunge un altro così basso e poco carino, cioè si assiste alla denigrazione dell’opposizione. In termini terra terra, io dico che tu hai fatto peggio di me in questa legislazione appena trascorsa; che è colpa di quello o di quell’altro che c’era prima ancora se le cose vanno così male per i conti pubblici, l’occupazione, la sanità, la sicurezza e bla bla bla. Poi non dico chiaramente ciò che farò se, eventualmente la mia coalizione avrà la maggioranza, non propongo niente di concreto nel futuro, e mi riferisco a quanto da me realizzato con cifre e percentuali sulla cui attendibilità e comprensibilità si potrebbe aprire un dibattito. Sì, il cittadino comune, ma anche quello che legge giornali economici e politici, non può trovarsi che confuso di fronte a cifre che, inoltre, sono differenti a seconda di chi parla. Fonti sbagliate? Corrotte? Pilotate? Interpretazioni o calcoli errati? Aggiustati al proprio tornaconto? Chissà forse non una sola di queste possibilità...E come possiamo noi, decidere obiettivamente? Credo che sia inutile, innanzitutto, anche se bello, rinfrescarsi la mente pensando agli ideali che alcuni partiti hanno rappresentato; ormai non esistono più, e per istinto di sopravvivenza, hanno dovuto mutare, al trascorrere del tempo e degli avvicendamenti politici, nel nome e nei propositi...

In ultima analisi, e questo dimostra, purtroppo, non solo la superficialità dei nostri politici, ma anche la nostra attenzione all’esteriore, non alla sostanza, e questo loro l’hanno capito, “l’immagine” conta più di ogni altra cosa nel mondo attuale, compreso quello politico. Con tutta probabilità, noi non votiamo chi espone un programma chiaro e positivo; ci facciamo influenzare come dire, dal carisma del personaggio politico, che non dimostra incertezze, ma convinzioni, che non risponde con un no comment o col silenzio stampa, con tentennamenti pessimistici ma anzi, non ha paura di apparire in pubblico, di scontrarsi ripetutamente, scendendo in piazza (o facendo una piazzata), con l’innegabile vantaggio di ostentare una certa sicurezza in sé stesso e nel suo partito e, di riflesso, di trasmettere al pubblico un messaggio ipnotico che fa proseliti.

Il meccanismo è lento, (quasi) non ce ne accorgiamo, ma produce sicuramente questi effetti.

La psiche umana è così fatta che ne rimane colpita, e quindi noi pensiamo che quella persona, sta lì, così spavaldamente, non perché è uno sbruffone, un bugiardo patentato o una faccia di bronzo, ma una persona con sani principi e la testa sulle spalle che sicuramente farà al paese soltanto del bene.

Certo la libertà di parola c’è, basta essere rispettosi dei tempi che ci vengono assegnati per gli interventi, mostrare gentilezza ed educazione. In questo modo non ci alteriamo, stiamo rilassati a mo’ di trance, vittime di questo ennesimo gioco di potere, dove noi siamo, come nel “Monopoli”, la parte indispensabile, ma che rappresenta il vero giocatore, vincente o perdente che sia: le pedine.; già, senza di noi non si può giocare, solo perché ci deve essere qualcuno o qualcosa da manipolare che dia alla fine il suo contributo (il voto), come la pedina marca la casella finale del percorso (cioè indica qual è la coalizione che governerà).

Comunque, detto tutto ciò, non vi propongo io, di certo, di spingervi a destra, a sinistra, o in un altro ibrido politico che vi soddisfa. Questo non è un giornale  di parte, e nemmeno un politico.

Solo una cosa posso dire io, da qui; mi piacerebbe tanto sbagliarmi su tutto questo discorso.

Buona lettura a tutti.


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COMUNICATI


Un'esperienza unica

Di Mario Lorenzini


Mi dispiace; davvero tanto. E’ stata una decisione che stavo ponderando già da tempo, rimandavo, riflettevo e poi rimandavo di nuovo. Trovavo una giustificazione, un motivo per andare avanti, e quindi non cambiava nulla. Ma poi ho deciso. E ovviamente, è una cosa che annuncio qui a tutti i lettori che finora hanno letto queste pagine. Questo è l’ultimo numero a cui collaboro. Con l’uscita n. 20 si conclude un’esperienza davvero unica direi. La rivista è nata e cresciuta nel tempo, si è modificata e arricchita, i lettori sono aumentati, e tutto ciò mi ha dato l’entusiasmo per procedere fino ad oggi. Se ho preso questa decisione è soltanto perché i miei impegni si sono accumulati, e le mie “risorse umane”, come si usa dire negli uffici delle amministrazioni pubbliche, verranno rivolte altrove. E stato molto coinvolgente lavorare fianco a fianco con Maurizio e Alessio, scambiarsi opinioni, gestire l’impaginazione degli articoli, avere contatti con gli articolisti, e ad ogni uscita veder crescere la rivista in contenuti, in qualità. Ma come tante cose che nella vita iniziano e finiscono, anche il mio legame con “Giovani del 2000” è terminato. Non ci sono motivazioni negative, semplicemente sento di voler fare altro, di rinnovarmi ulteriormente. Con ciò non dimenticherò certo il giornalino, e nemmeno Alessio e Maurizio; Giovani del 2000 è stata sicuramente per me un’esperienza unica e la porterò sempre nel mio cuore. È non è escluso che comunque possa esser presente come articolista. Auguro un buon proseguimento della rivista e un buon lavoro ai futuri redattori.
 

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Novità

Di Maurizio Martini

 
novità

Informiamo i nostri lettori che potrebbe esserci la possibilità di avere il nostro periodico anche in
versione Braille.
Tuttavia, per poter stabilire l'esatto costo
dell'abbonamento, dobbiamo avere almeno un numero approssimativo
degli interessati a questo tipo di formato.
Quindi, chi desiderasse avere il periodico in braille,
può inviare una e-mail al seguente indirizzo: redazione@gio2000.it
Oppure telefonare ai seguenti numeri:
0573 79 10 57
cell. 360 47 82 01
 

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Castelfiaba concorso per bambini e adolescenti

Di Luigi Palmieri

 

Cari lettori,
colgo l'occasione per presentare a voi tutti il concorso di Castelfiaba. E' l'occasione per far sì che
bambini ed adolescenti scrivano fiabe o favole.
Tra questi giovani autori ci possono essere portatori
di handicap.

Il Castello è tra le fantasie che popolano l'immaginario collettivo con il suo corredo di fate,
maghi, streghe. Re e regine e con una conclusione sempre ricorrente:……….e vissero felici e
contenti.
Quante volte le nonne accanto al caminetto hanno fatto sognare i nipotini facendo loro
sgranare gli occhi a immaginare le scene che parole sempre eguali e sempre nuove
imprimevano nella loro fantasia.
Assicurare uno spazio scenico in cui riprodurre il mondo delle fiabe attraverso la loro
rappresentazione teatrale è sembrato all'Amministrazione comunale di Santa Severina un
mondo veramente efficace per rendere sempre più fruibile da parte delle scuole primarie,
destinatarie originarie della competizione, e da questo momento in poi da parte di tutti,
grandi e piccini, che coltivano il mondo della fantasia, le strutture del Castello Carafa di
Santa Severina.

Il Comune di Santa Severina, in collaborazione con la Pro Loco "Siberene" organizza la V
edizione di CASTELFIABA.

Sezione A: DRAMMATIZZAZIONE

- Le scuole primarie potranno partecipare con la rappresentazione di una fiaba classica
o inventata. Sarà particolarmente apprezzata la rappresentazione che rivelerà
un'aderenza spiccata al luogo di provenienza degli attori.

Sezione B: SCRITTURA

- Le scuole primarie potranno partecipare con inedite filastrocche, fiabe scritte o dal
singolo
alunno o dall'intera scolaresca.

Sezione C: NARRAZIONE

- Ogni scuola primaria potrà partecipare con una fiaba narrata dagli alunni insieme ai
loro genitori.

Le rappresentazioni si svolgeranno secondo un calendario che verrà comunicato ai
partecipanti a partire dal mese di marzo 2006.

La partecipazione è consentita anche ai gruppi parrocchiali, alle associazioni che
rappresentano il mondo dell'infanzia e ai singoli bambini per ciascuna delle tre sezioni
succitate.

E' consentita, peraltro, la partecipazione a tutti i soggetti suindicati oltreché italiani anche
stranieri, purchè venga assicurata alla giuria la traduzione dei lavori.

Potranno partecipare fuori concorso coloro che abbiano gia vinto per due volte il primo
premio in edizioni precedenti dello stesso concorso. Questi saranno, peraltro, invitati a
fare parte della giuria nella fase finale.

Le richieste di iscrizione dovranno pervenire entro il 31 gennaio 2006 e indirizzate:
a PRO LOCO "SIBERENE"- Segreteria di Castelfiaba 2006-
- Prof.Antonino Pala –
piazza Campo, 16 –
88832 SANTA SEVERINA (KR)
tel.0962/51599;

oppure – via fax- all'Istituto comprensivo "Diodato Borrelli" – nr.0962/51055.

I lavori saranno ammessi al concorso su insindacabile giudizio della giuria.

Il calendario delle rappresentazioni verrà stilato e inviato non appena accertato il numero
delle scuole partecipanti.

La durata delle rappresentazioni non deve superare i 30 minuti.

L'organizzazione assicura per le rappresentazioni una scenografia standard.

Gli elementi scenici di integrazione necessari o la scenografia sono a cura dei partecipanti.

La giuria, tra le opere rappresentate, ne segnalerà tre per ciascuna sezione; queste
entreranno nella fase finale in cui la stessa giuria sarà presieduta da Don Antonio Tarzia,
Direttore della prestigiosa testata "IL GIORNALINO".

A tutti i partecipanti sarà rilasciato un attestato, mentre alle prime tre delle opere
premiate nelle tre sezioni verrà anche assegnato il premio della critica, opera dello scultore
Giuseppe Azzolina.

Importanti riconoscimenti verranno assegnati ad una Casa Editrice e ad uno scrittore di
fiabe segnalatesi nell'anno 2005/2006 nel settore oppure a personalità che si sono distinte in
opere a favore dell'infanzia.

La cerimonia di premiazione si svolgerà il primo sabato di giugno 2006 nella Piazzetta
delle Muse di Santa Severina.

IL SINDACO DEL COMUNE IL PRESIDENTE DELLA
di S.SEVERINA PRO-LOCO SIBERENE
- Dr. Bruno Cortese - - Prof. Antonino Pala –
 

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Tutti in cucina (parte sesta)
Di Elisabetta Barsotti
 
Carissimi amici, ben ritrovati!

La stesura di questo numero è stata, diciamo così, piuttosto travagliata…..
Avevo scritto un pezzo che, però, non mi soddisfava appieno, poi, una sera, guardando una rubrica
di cucina alla tv nella quale si parlava della mela ho avuto un'idea e mi son detta, perché no?
Ecco quindi che mi son precipitata a fare qualche ricerca tra i miei libri e ho messo insieme,
secondo me, un ottimo menù da presentarvi nella quale, protagonista assoluta, dall'antipasto al
dolce, è, appunto, la mela!

Ricca in potassio e vitamina B, povera di proteine e grassi, la mela può essere considerata, a
ragione, un farmaco della natura, un rimedio per un notevole numero
di problemi di salute, quindi, è proprio vero che, una mela al giorno…

Scopriamone i i principali pregi:
E' ben tollerata dai diabetici: contiene fruttosio, uno zucchero che viene assorbito senza l'intervento
dell'insulina; contiene quasi il 2% di fibre, tra
le quali spicca la pectina per i suoi innumerevoli benefici. Questa sostanza tiene sotto controllo la
glicemia, rallentando e regolando l'assorbimento
di zuccheri.
Mangiata cruda ha un'azione astringente, mentre mangiata cotta è un ottimo rimedio contro la
stipsi, grazie all'azione della fibre a della pectina.
E' consigliabile mangiare una mela a fine pasto! Andando contro la teoria che la frutta va assunta
lontano dai pasti, la mela non solo ha proprietà digestive,
ma grazie alle fibre ed al contenuto di acido ossalico, sbianca e pulisce i denti, "massaggiando" la
gengiva.
Abbassa il colesterolo "cattivo" (LDL) e aumenta quello "buono" (HDL) nell'arco di un solo mese.
Il ruolo determinante in questo processo è di nuovo svolto
dalla pectina.
Grazie ad alcuni anti-ossidanti come i bioflavonoidi, aiuta l'organismo nella lotta contro i radicali
liberi, che sono dannosi e causano l'invecchiamento del corpo.
Dunque? Che ne dite? Non è vero il famoso detto popolare "una mela al giorno toglie il medico di
torno?"

E allora, eccovi un po' di idee per portare sulle nostre tavole questo prezioso frutto!


Antipasto di mele e sedano

Ingredienti per 4 persone
2 mele Granny smith
2 gambe di sedano
una decina di noci
maionese

Preparazione
Una volta pulite le mele e il sedano, tagliateli a tocchetti e metteteli in una insalatiera insieme ai
gherigli di noce spezzettati grossolanamente col
coltello.
Aggiungete la maionese a piacere, e mescolate accuratamente il tutto.
Servite in ciotoline singole rivestite da una foglia di lattuga.


Ingredienti per 4 porzioni
350 gr. di riso
200 gr. di taleggio
2 mele delizia
1 cipolla media
1 /2 bicchiere di vino bianco secco
brodo vegetale circa 3/4 di litro
3 cucchiai
olio e.v.o.

sale e pepe

Preparazione
Far appassire la cipolla tritata con l'olio, unire il riso, farlo tostare, mescolando continuamente,
quindi unire il vino bianco e far
evaporare
per circa 1 minuto.
Aggiungere un po' di brodo bollente, sempre mescolando e proseguire la cottura.
Nel frattempo togliere il torsolo alle mele, tagliarne una e mezza a dadini e unirla al riso.
Aggiustare di sale e portare a termine la cottura, aggiungendo brodo finché necessario.
Togliere la crosta al Taleggio, tagliarlo a dadini e mantecarvi il risotto, farlo riposare due minuti,
servire guarnito con la mezza mela rimasta, tagliata
a fettine sottilissime e una macinata di pepe.

Insalata di pollo e mele

Ingredienti per 4 persone
4 petti di pollo belli grossi
2 mele verdi (smith)
curry
maionese
sale

Preparazione
Lavare per bene il pollo e metterlo a
bollire, aggiungendo all'acqua un bel cucchiaio di curry in polvere.
Una volta freddo tagliarlo a cubetti e così, fare anche con le mele che devono essere del tipo più
aspro che riuscite a trovare.
In una ciotola versare della maionese, io non do la dose perché, personalmente, non amo affogare
la roba nella maionese, invece c'è chi la ama alla follia...
quindi regolatevi da voi.
Aggiungere alla maionese abbondante curry, anche qui io non ho una dose... a me piace il sapore
del curry e quindi abbondo, assaggiate e regolatevi a seconda del vostro gusto personale.
Una volta mischiata aggiungerci il pollo e le mele, mescolare abbondantemente e lasciare riposare
in frigo qualche ora prima di servire.
Il giorno dopo questa insalata sarà ancora migliore...
quindi io raddoppio sempre le dosi.
Questo piatto è un ottimo secondo, fresco e, soprattutto, mooooolto appetitoso!

Torta di mele sofficissima

Ingredienti per 8 porzioni
250gr farina
200gr zucchero
vanillina
100gr olio extra vergine d'oliva
130gr latte
un pizzico di sale
3 uova intere
3 mele grattugiate
la scorza di un limone non trattato
succo di ½ limone
50gr di mandorle tritate
1 cucchiaino da caffè di cannella in polvere
1 bustina di lievito

Preparazione
Nel Mixer grattugiare le mele e metterle in un recipiente a parte insieme al succo di limone, alla
buccia e alla cannella.
Mescolare bene in modo che il limone impedisca alle mele di diventare nere.
Tritare finemente le mandorle e unirle al composto di mele.
Sempre nel Mixer sbattere le uova con lo zucchero e la vanillina, aggiungere l'olio, il latte e infine il
sale.
Setacciare
la farina con il lievito e unire al resto.
Mescolare bene a velocità minima.
A questo punto basterà travasare il composto nel recipiente delle mele, dare una bella mescolata con
un cucchiaio di legno, mettere il tutto in uno stampo
e infornare in forno preriscaldato a 180 gradi per circa 40 min.

Queste sono solo un assaggio ma di ricette ne ho tantissime, basta chiedere!
Un abbraccio a tutti e alla prossima!

 

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CULTURA

Legittima difesa: le nuove norme

Di Antonella Iacoponi


Il 25 gennaio 2006, la Camera dei deputati ha approvato a scrutinio segreto con 244 voti a favore e
175 contrari, la modifica della norma che disciplina la legittima difesa, già adottata dal Senato della
Repubblica, il 6 luglio 2005.
L'originario art. 52 del codice penale, che si occupa della tematica in esame, esclude la punibilità
di colui che agisce, per "difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un'offesa
ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all'offesa".
Ad esso, vengono aggiunti due ulteriori commi,
il primo dei quali stabilisce, in caso di violazione di domicilio, la sussistenza del "rapporto di
proporzione di cui al primo comma se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati,
usa un'arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere:
A La propria o altrui incolumità
B I beni propri oaltrui,
quando non vi è desistenza e vi è pericolo d'agressione".
Il comma successivo estende l'ambito di applicazione della norma di cui sopra, ad "ogni altro luogo
ove venga esercitata un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale".
I presupposti del testo approvato sono:
A La violazione di domicilio,
B La mancata desistenza,
C Il pericolo di agressione.
Come abbiamo accennato, la violazione di domicilio ricomprende in sé, - in questo caso -, anche
quella di un qualsiasi luogo di lavoro: un negozio, una azienda, uno studio, e via di seguito, il che
dilata enormemente la portata applicativa della scriminante, riferibile non solo al proprietario, ma
anche ad un vicino di casa, ad un dipendente, ad un socio, oppure ad un cliente.
Il legislatore intende qui rendere effettiva, in assenza dello Stato, la tutela dell'inviolabilità del
domicilio, prevista dalla carta costituzionale, (art. 14 Cost.), e dal codice penale (art. 614 c. 1, c. 2
c. p.), nonchè, della proprietà privata, (si vedano gli artt 42 c. 2 Cost,. 832 ss. C. c.).
La mancata desistenza si concreta nell'assenza di fuga, da parte dell'intruso, di fronte
all'intimazione del soggetto attivo, o alla vista di un'arma.
Ad essa, deve accompagnarsi il pericolo di agressione, ovvero un pericolo percepito come attuale e
incombente, di lesione dell'integrità fisica, o di danneggiamento, o sottrazione di beni materiali.
In virtù della nuova normativa, la presenza dei suddetti requisiti rende sempre lecita la reazione di
colui che si difende con un'arma legalmente detenuta, o con "altro mezzo idoneo"., vale a dire le
cd. armi improprie: spranghe, coltelli, e quant'altro. A tal fine, la disposizione in esame configura il
principio di proporzionalità fra difesa ed offesa, come presunzione legale juris et de jure, che
dispensa "da qualsiasi prova", (art. 2728 c. 1 c. c.). Ciò ha fatto venir meno quello che in origine,
costituiva il fondamento giuridico della scriminante, ovvero il bilanciamento degli interessi
coinvolti, in base al quale, l'interesse dell'aggredito doveva essere salvaguardato con il minor
sacrificio per quello dell'agressore. Fondamento giuridico della disciplina diviene, infatti, la
protezione dell'interesse dell'aggredito, identificato nell'autotutela del cittadino, con uno squilibrio
tale da far scomparire, - nell'ipotesi in esame -, il delitto di eccesso colposo di difesa, di cui all'art.
55 c, p..
In questo quadro, non possiamo non rilevare come risultino sviliti alcuni dei valori basilari, propri
di ogni Stato di diritto.
Così, il diritto alla vita, tutelato all'art. 2 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti e
delle libertà fondamentali, ed all'art. 2 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, la
lesione del quale può divenire necessaria, solamente per salvaguardare la propria o altrui integrità
fisica, non certo i beni propri, né di terze persone.
Così, i diritti inviolabili dell'uomo, di cui all'art. 2 Cost., nonché l'uguaglianza e la pari dignità
sociale, di cui all'art. 3 c. 1 Cost., principi inficiati, anch'essi, dall'attribuzione dello stesso peso alla
vita di un individuo, e al patrimonio di un altro.
Ancora, la certezza del diritto, poiché l'onere della prova non verte più sulla proporzione tra offesa
e difesa, bensì sulla mancata desistenza, e sul pericolo di agressione. Com'è possibile, in concreto,
provare che si è intimato all'intruso di andarsene, o che questi non stava fuggendo?
Il pericolo di agressione, poi, è valutato discrezionalmente dal soggetto attivo; così, ad esempio,
qualora quest'ultimo creda minacciato il proprio patrimonio, egli può arrogarsi la facoltà di uccidere
l'autore della presunta minaccia.
Prima della modifica legislativa, siffatta eventualità era scongiurata dall'applicazione del criterio di
proporzionalità fra difesa ed offesa, che costituiva un efficace strumento, per garantire il rispetto dei
principi sopra menzionati.

 

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HOBBY E TEMPO LIBERO

La vite

 

Di Angelo Ricci

 

Qui continua la costruzione della vigna. E così, dopo che l'innesto si è formato e quindi la gemma è divenuta un tralcio, è doveroso iniziare la detta: (impalatura e filatura)
è bene suddividere in metà, la lunghezza di ogni terrazza, po iniziando da cima nella prima metà viene piantato il primo palo, il quale palo può essere in legno o pure in cemento, l'importante che oltre che essere messo al centro della fila dell'impianto delle viti, è necessario e molto importante la piantatura nel terreno e che sia profonda non meno di quaranta centimetri, perchè essendo il palo di centro, quando le viti saranno cresciute, la vegetazione che si verrà a creare proprio nel punto centrale, il vento vi farà più forza, perchè la barriera vegetativa fungerà da vela e così, è bene piantare anche il primo e l'ultimo palo, detti: (pali di testata) è necessario tener conto della distanza da palo a palo e cioè è consigliabile che ogni otto viti, ve ne sia uno e così, continuerà il lavoro di impalatura per tutta lalungnezza, di ogni terrazza e mantenendo la stessa distanza e la stessa profondità di piantatura di ogni palo.
A questo punto, è bene procedere per la filatura e dopo aver acquistato il filo detto filo da filari, iniziando dal basso, da circa cinquanta centimetri da terra, leghiamo ad un palo di testata, facendo almeno due giri intorno al palo, leghiamo il primo capo del detto filo, e scorrere fino alla testatta opposta, quindi dall'altro lato della terrazza stessa, lì tagliamo il filo e tenendo conto della stessa lunghezza iniziale, ci mettiamo alla stessa altezza da terra, sempre ai cinquanta centimetri, tiriamo molto forte ed energicamente, compiamo i soliti due giri e leghiamo il capo rimanente al filo tirato: la filatura, di solito viene montata a distaza, di cinquanta centimetri un filo dall'altro andando sempre dal basso verso l'alto fino ad un'altezza di due metri, ciò è facoltativo ma è necessario che non sia inferiore al metro e cinquanta.
Dopo aver steso e legato tutti i fili, è necessario legare con dei legacci i quali legacci li possiamo comprare nelle agrarie o nei negozi di agraria, o pure possiamo ricavare gli stessi dalle fronde dei salici, che si trovano lungo i corsi d'acqua, leghiamo ben stretti i detti fili ai nostri pali, e dopo aver completato il tutto passiamo all'incannatura, cioè pianteremo ad oghi vite una canna, la quale è necessaria sia legata ad ogni filo con gli stessi tralci, fino al completamento della vigna, una volta ultimamata l'incannatura, passiamo al lavoro più delicato e il più importante e cominciamo con tagliare il nostro tralcio alla lunghezza di due gemme e con molta delicatezza e attenzione, lo leghiamo alla canna che gli è stata piantata a fianco, continuando così per tutto l'impianto, legando non troppo stretto altrimenti il tralcetto ne soffre e potrebbe seccare.
Quando la vegetazione inizia ad essere di una lunghezza di circa dodici centimetri, è necessario spruzzarla con i prodotti che si trovano nei consorzi agrari, ma per il primo anno sarebbe utile usare la POLTIGLIA BORDOLESE, la quale ha delle proprietà non invasive e protegge molto bene la vegetazione, ed il trattamento detto di RAMATURA, è indispensabile sia rigorosamente ogni sei giorni e sembra un cosa assurda, ma è necessario dare il trattamento anche se piove, altrimenti possono sorgere malattie ad esempio il MAL DI RAME.
Ad ogni trattamento che viene fatto, vediamo crescere a vista d'occhio la vegetazione delle nostre viti e così è necessario quando ha raggiunto circa trenta centimetri, delicatamente è bene legarla sulla sua canna acquistando della raffia e sempre nei consorzi agrari.
Negli anni a venire, poteremo le ormai viti ad una lunghezza di trenta centimetri, rilegheremo il tralcio alla stessa canna, faremo gli stessi trattamenti e cominceremo a raccogliere i primi grappoli, i quali ci potranno cominciare a dare il piccolo contributo in vino, che sia Rosso o pure Bianco e finalmente il terzo anno, comincerà la vera produzione.
Auguro a chi ha la volontà di creare ciò, un buon lavoro e tanta, tanta salute con i suoi buoni raccolti e tanta allegria meritatamente guadagnata.

Premetto che ad iniziare dal terzo anno, necessita lasciare il tralcio di una lunghezza di un metro quindi con molta cura, piegare il tralcio girato sopra il primo filo e passare dal dietro della canna, puntando verso EST.

 

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INFORMATICA

Un fenomeno chiamato podcasting

Di Alessio Lenzi

 
Da qualche tempo, nella grande rete delle reti, imperversa un nuovo fenomeno di fruizione di contenuti chiamato
Podcasting. Ma vi chiederete, cosa è mai questo sistema di diffusione?
Si tratta di poter fuire notizie, programmi radiofonici, produzioni personalizzate e quant'altro direttamente
scaricandole su un computer o un lettore portatile di MP3. In fatti, il nome Podcasting proviene dal famoso
lettore musicale della Apple chiamato Ipod, ma questo non significa che occorre necessariamente avere un
oggetto di tale marca per fruire dei contenuti trasmessi, ma oramai, visto che quest'ultimo è divenuto quasi di
fatto uno status simbol della moderna tecnologia, hanno ben pensato di associarvi anche un modo di
trasmissione.
Il grosso vantaggio di questa tecnologia sta nel fatto che non occorre più stare connessi in rete o leggere davanti
ad un computer, ma basta scaricarsi per esempio l'ultima puntata del nostro radiodramma preferito, caricarlo sul
nostro lettorino personale e portarselo con noi per ascoltarlo quando si vuole ed in qualunque posto ci si trovi.
Se pensiamo che oramai la nostra vita sempre più frenetica ci porta ad essere sempre in giro, il vantaggio
diventa notevole. Possiamo non perderci mai la nostra trasmissione preferita non essendo costretti a seguire in
diretta l'evento ma lo scarichiamo e quando ne abbiamo la possibilità lo ascoltiamo sul nostro lettore.
Il bello però di questa tecnologia è anche quello di avere in internet diversi contenuti autoprodotti che trattano
delle più svariate tematiche, in quanto per fare un Podcast non occorre dichiarare nulla, basta un buon
microfono, un computer e fantasia. Dopo lo si pubblica direttamente su internet sul nostro sito ed eccoci, siamo
online pronti per essere ascoltati da chiunque nel mondo.
Ma come si può fruire di questa tecnologia? E' molto semplice, basta navigare in internet in vari siti o inserire in
un motore di ricerca la parola Podcast e si apre attorno a noi un mondo che nemmeno potevamo lontanamente
immaginare. Vi sono comunque fondamentalmente due modi per poter scaricare un podcast sul nostro
computer. Il primo è il più semplice ed alla portata di tutti, o vero, si naviga su un sito che presenta dei podcast e
si scaricano direttamente in formato MP3 i contenuti da esso proposti. Il secondo è il più indicato da chi vuole
seguire sempre con continuità un certo programma avendo costantemente ed in automatico i contenuti
direttamente scaricati in automatico sul proprio sistema. Si tratta di avere installato sul nostro computer un
programma per catturare i podcast, scaricare dai siti fornitori un piccolo file di aggiornamento, farlo vedere al
software che provvederà a tenere aggiornato in automatico il contenuto ogni volta che questo viene aggiornato
da chi lo produce. Il software si può anche configurare in modo che scarichi solo certi contenuti o addirittura
programare gli orari di scaricamento. Tra questi programmi, il più famoso è Ithunes della Apple, ma ve ne sono
altri come ad esempio Ipodder o Juice. Per trovarli basta fare una ricerca su un comune motore ed il gioco è
fatto.
Per avere comunque un buon punto di partenza da cui cominciare, segnalo il sito www.audiocast.it, si tratta di
un bellissimo podcast in italiano chiamato Notizie digitali che è una rubrica quasi settimanale che tratta di notizie
dal mondo internet e nuove tecnologie in generale, davvero ben fatta e molto articolata. Inoltre, da questo sito si
possono reperire moltissime informazioni sul mondo del podcasting ed avere anche notizie su vari podcast
anche in italiano che si trovano in rete. Sul sito si trova anche un numero speciale della rubrica tranquillamente
scaricabile in MP3 che tratta proprio di come realizzare in casa propria un Podcast tutto nostro.
Da qualche tempo, anche mamma RAI si è accorta di questa possibilità e da dopo natale sul sito www.radio.rai.it
nelle pagine riservate ad ogni canale radiofonico, si possono scaricare le puntate di alcune rubriche più famose
tra le quali Con parole mie di Umberto Broccoli, Il ruggito del Coniglio, Radio Anch'io e tante altre. Naturalmente
con il vantaggio detto in precedenza, se non possiamo seguirle in diretta o una trasmissione ci ha
particolarmente colpito e vogliamo tenercela possiamo andare sul sito e scaricarcela.
Direi che con questo nuovo modo di trasmettere, ancora una volta, la cara e vecchia radio si è saputa
aggiornare al passo con i tempi uscendo dai soliti canoni di trasmissione e tornando, finalmente, dopo molto
tempo, libera di esprimersi come avvenne nei lontani anni 70, quando prese vita il fenomeno delle radio libere
che in quel periodo, erano la vera ed unica alternativa alla radio di stato. Tutti sappiamo come oggi le radio
private siano sempre più legate da vincoli di vario genere, forse con il Podcasting ognuno di noi può farsi la
propria radio su misura, dicendo quello che vuole e soprattutto, distribuirlo a chiunque senza censure.
A questo punto auguro a tutti un buon ascolto ed un buon divertimento con questa nuova forma di trasmissione
alternativa.

 

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MUSICA

La musica e noi, il nostro ambiente sonoro, ed i suoi effetti

Di Stefano Delù
 
Che la musica abbia un'effetto su persone, piante ed animali è una cosa nota a
molti. Ma la musica oggi viene usata ormai con scopi mirati, in ogni ambiente
possibile, dagli ascensori, ai ristoranti, ai centri commerciali. Il cosiddetto
"consumo musicale" non è diverso dagli altri prodotti. Non si ascolta più la
musica ma la si usa: uso e compro ciò che mi serve per certi scopi. Nei
supermercati ad esempio si usa musica veloce e ritmata quando ci sono molti
clienti, in modo che questi comprino velocemente ed escano per far posto ad
altri, mentre si usano musiche più tranquille ed orchestrali quando ci sono meno
clienti, in modo che questi si sentano avvolti piacevolmente dall'ambiente e vi
restino più a lungo, cioè facciano acquisti. Le radio adottano un ritmo standard
nel susseguirsi di 2 brani ritmati ed uno moderato, con meno parole possibili in
mezzo, altrimenti l'ascoltatore cambia canale… questo mi serve in auto…

Con queste poche osservazioni si potrebbe pensare che nella nostra epoca la
musica stia perdendo quella funzione che per secoli ha motivato i compositori,
alcuni tra i quali avevano certamente il compito di farci percepire tra le note
qualcosa di più, forse la nostra origine: pensiamo alla grandezza delle
composizioni di un Bach, Händel o Vivaldi, che comunicano più di quanto si
ascolti come melodia ed armonia, la ricerca di qualcosa di più elevato e
spirituale. La musica tuttavia è anche specchio della società dell'uomo.
Fino all'anno mille circa, la musica si tramandava oralmente; giungeva dalla
tradizione delle melodie popolari, dei cantastorie e delle danze, oppure dai
conventi dove la musica aveva il suo ruolo sacrale o religioso, con l'attribuzione
di collegamenti con il cosmo ed i suoi rapporti fisico-matematici. Secondo
Pitagora, i rapporti fisici delle distanze delle note tra loro (studi sul monocordo)
sono simili ai rapporti delle distanze tra i pianeti del sistema solare. Questo
sarebbe l'Ordine divino nel micro come nel macrocosmo che si ritrova anche
nella fisica della musica, nello studio delle frequenze e vibrazioni sonore. Ogni
popolo sulla terra aveva ed ha le sue scale e modi prediletti, così come i diversi
linguaggi verbali, che rispecchiano le sue caratteristiche e tradizioni. Ma con la
scrittura la musica diventa ad uso di tutti coloro che ne comprendono il codice,
si può imparare e viene usata alle corti. I compositori vengono chiamati per
illustrare le vicende importanti, le feste, le cerimonie di corte o le messe. Verso
la fine del XVII secolo nasce la figura del compositore di professione che
comincia a fare della musica un'espressione di se stesso, dei propri moti e
sentimenti. Nella musica antica si cercava di rispettare una certa oggettività
attribuita al suono e alle forme musicali, ma ora i canoni si aprono alle nuove
armonie che vengono "forzate" da una nuova matematica musicale. Bach è il
maestro indiscusso, addirittura in grado di comporre un brano che letto al suo
contrario è esattamente identico. Mentre in passato si era soliti distinguere nove
distanze (comma) all'interno di un tono, con molte più sfumature arcaiche, ora
l'orecchio si abitua a toni e semitoni. Questo compromesso del semitono è la
base per la costruzione in serie del pianoforte che diventa lo strumento di base
per la composizione di quasi tutta la musica moderna dei grandi compositori
occidentali. Le scale basate su distanze musicali diverse dai toni maggiore-
minore, si ritrovano oggi solamente nelle culture orientali o negli antichi canti
gregoriani. Finora il compositore era stato legato al suo datore di lavoro che gli
assicurava il pane: il principe o il vescovo, che gli ordinavano una composizione
per un determinato scopo, con qualche eccezione per l'opera ed il teatro. Ma a
partire da Mozart il compositore osa fare cose che prima non poteva fare:
esprime la propria personalità, si spinge alla ricerca di sfumature psicologiche e
visive. Già alla fine del XVIII secolo, con il perfezionamento degli strumenti
musicali, alcuni compositori cominciano a godere di una certa libertà espressiva
e compongono secondo la propria ispirazione, a rischio di fare la fame. Si
potrebbe dire: l'ego del singolo si vuole esprimere oltre le regole armoniche
della forma antica e cerca la comunicazione di se stesso o dell'ambiente che lo
circonda, la natura, la società o i temi religiosi. Il pubblico si riconosce in questi
stati d'animo, nelle passioni e nei processi psicologici espresse nella musica e
determina il successo o l'insuccesso della sua musica. Il processo si perfeziona e
si individualizza sempre piú, attraverso i periodi musicali del romanticismo, del
tardo romanticismo e decadentismo fino all'impressionismo ed espressionismo e
alla dodecafonia (=tutte le note hanno la stessa importanza e valore e non
dipendono più dai loro rapporti tonica-fondamentale e neanche da melodia,
armonia, ritmo). Dopo questo punto sembra che non si vada piú avanti, a parte il
dilagare della radio e della musica leggera, anzi la musica "colta" comincia a
ripetersi e sembra che il XX secolo non sappia dare più niente di nuovo dopo un
breve periodo di esperimenti con l'elettronica. Ora non é più tanto il
compositore a influenzare il pubblico quanto il contrario, cioè il mercato. Nasce
la musica pop e rock in innumerevoli varianti con il jazz ed altre forme che
portano alla musica commerciale e di consumo. Ma non è tutto qui.
Sembra mancare una nuova musica "classica" che guardi al futuro, tutto è
globalizzato, tutto si mischia con tutto, ma anche questo tutt'uno musicale
incontra i suoi limiti. In fondo oggi siamo al punto in cui tutto diviene
velocemente merce di consumo. Sono quindi le tendenze e le mode a
determinare la produzione e non più i contenuti musicali. Sono le case
discografiche che boccheggiano alla ricerca della salvezza dal download
dell'internet. Si potrebbe paragonare la musica ad un vestito oppure al cibo. La
uso secondo il momento, l'emozione, la situazione. Il suo valore e la sua durata,
i suoi parametri estetici sono legati a tempi brevissimi, il successo di una
stagione e poi via. Forse un pó di luce e nuove idee si trovano nella nuova
musica da film, nei nuovi compositori per l'organo visivo collegati all'industria
di Hollywood che sforna cinema in continuazione e che ha bisogno di colonne
sonore. Ma anche qui il clichè di alcune buone musiche da film comincia a
consumarsi e a ripetersi.

Al tappeto sonoro si deve aggiungere che oggi tutta la nostra società è piena di
rumori moderni, sconosciuti ai tempo di Beethoven: il traffico, gli uffici, le
officine, i telefonini, le tv sempre accese. Il nostro ambiente non è solo
impregnato di Decibel, di rumore costante che ci occupa anche durante la notte,
ma soprattutto siamo investiti da innumerevoli fonti di basse ed alte frequenze
(Lampade, Computer, radio, telefonini, aerei, satelliti etc.) sia percettibili che
non percettibili che sono fonte di stress. Una cosa impensabile solo qualche
decina di anni fa! Ogni tre minuti ci passa un'aereo sulla testa (vibrazioni) ed
anche in un bosco non si trova il silenzio assoluto. Anche questo condiziona la
nostra percezione, ed anche il mercato della produzione e del consumo musicale.
Si forma un subconscio di massa condizionato dall'ambiente che non conosce
pause, non sa più cosa è il silenzio, la pace, da dove si può veramente
incominciare ad ascoltare, non solo la musica, con le orecchie, ma anche quello
che sta dicendo il nostro prossimo, per non dire a comprenderlo…

Lentamente sembra che stiamo tornando alla fase in cui si usava la musica per
quello a cui doveva servire, cioè per l'ambiente e l'occasione: musica da ballo,
musica da film, musica per rilassarci o per fare ginnastica, musica da sottofondo
o musica da concerto, per funerali, matrimoni, marce militari o per la pubblicità,
per il supermercato… In mezzo a tutto tuttavia, si può trarre ancora musica di
valore, quella che ci piace e ascoltiamo volentieri. La scelta davanti a noi è
gigantesca. Tutta la libreria musicale del mondo è racchiusa nel "chip" una
scatoletta piena di gigabyte in formato mp3..
Ma per tornare la punto potremmo farci una domanda: come mai ascoltiamo una
determinata musica in certi momenti della nostra vita? Raramente riflettiamo su
come tutto questo sia collegato con noi ed in fondo possiamo ammettere che
avremmo bisogno di tutt'altro per calmarci, non per coprire il rumore dei nostri
pensieri e del nostro stress, ma per rifletterci sopra anziché cercare una via di
fuga dai nostri problemi. Così possiamo ascoltare musica in modo cosciente
oppure no, ma un'effetto la musica lo ha sempre, ci piace o ci infastidisce,
oppure inconsapevolmente ci fa spingere il pedale dell'acceleratore. Ed una
musica che ci piace in un certo momento in un altro invece ci annoia. Come
mai? Tutto dipende dai nostri pensieri, dalla fase della vita che stiamo vivendo e
da ciò che abbiamo memorizzato nel nostro conscio e subconscio. Ascoltando la
stessa musica 10 persone diverse hanno ricordi, immagini, pensieri e sensazioni
differenti. Per qualcuno quel brano di musica classica è stupendo, per un altro
incomprensibile o noioso, oppure ricorda delle persone del proprio passato,
mette paura oppure agita le nostre passioni. Magari il compositore voleva dire
tutt'altro poverino... Allora si può dire che la musica può essere anche un
veicolo che ci può servire per osservare quali pensieri ci vengono e per
conoscere meglio noi stessi. Non tutto ciò che ci piace è bello anche per gli altri,
non tutto ciò che è considerato bello ci piace. Il gusto è formato dal nostro
bagaglio di esperienze e ricordi.
Un capitolo interessante è rappresentato dalla musica per l'ambiente o anche
musica da rilassamento, "new classic" ad esempio.
La musica che si usa per rilassarsi è certamente diversa per ognuno. C'è chi si
rilassa con musica americana degli anni 50-60, altri con la classica, i giovani con
musica rock e pop; c'è chi può addirittura studiare ascoltando musica in
sottofondo che per altri sarebbe un gran disturbo. Come detto sopra, non si tratta
tanto della musica quanto del mondo dei nostri pensieri che girano in testa
continuamente e formano la principale musica di sottofondo di noi stessi.
Tuttavia ci sono delle differenze tra le musiche per rilassamento. O prendiamo
semplicemente quello che ci piace di più e allora va bene tutto, - ma qui si tratta
solo di uno svago, di staccare dal quotidiano, non di un vero rilassamento, –
oppure cerchiamo della musica che aiuta a raggiungere uno strato di calma più
profondo. Siamo su una spiaggia, con una temperatura piacevole e niente ci
disturba. Sentiamo il rumore del mare e del vento leggero. Una bella musica
dalla radio ci aiuta a rilassarci. E' veramente quello che ci vuole per superare lo
stress? O non è forse nella vera calma che possiamo trovare le ragioni del nostro
stress? Ecco che qui la musica può avere la sua funzione, non solo rilassare, ma
aiutare a giungere in uno stato di silenzio interiore nel quale possiamo lasciar
salire in noi i pensieri che ci occupano, cioè diveniamo consapevoli di ciò che ci
preoccupa allo scopo di esaminarne le cause e trovare le soluzioni. Spesso si
tratta dei rapporti con determinate persone a noi vicine.

Della buona musica può comunque alzare il livello della nostra vita. Possiamo
cercare della musica di qualità per armonizzare il nostro ambiente, per
accompagnare come sottofondo un buon pranzo oppure per armonizzare
l'ambiente di lavoro o di casa; anche piante ed animali ne possono trarre
vantaggio se la musica non è troppo alta e se è armoniosa. Può essere utile della
musica strumentale dove si usano strumenti acustici e poca elettronica e dei
ritmi moderati. L'arpa è forse lo strumento che più di ogni altro si presta per
questo scopo. Forse ci troviamo di nuovo alle soglie di una nuova epoca in cui la
funzione della musica potrebbe anche essere quella di aiutarci a ritrovare in noi
quell'armonia che proviene dalle nostre origini, che abbiamo dentro da sempre,
che abbiamo quasi dimenticato. Non si tratta di una musica delle sfere che
giunge da universi illimitati e sognanti ma di buona musica che ci può
ricondurre alla nostra realtà quotidiana: lì dove potremmo cambiare certe cose
spiacevoli del nostro carattere, dove possiamo ritrovare l'armonia facendo pace
con il nostro prossimo, o avvicinandoci alla natura e agli animali ritrovandoli
come parte di noi stessi. Questa musica esiste e ci collega interiormente con noi
stessi e con quella parte di noi che sa che ci vuole un certo sforzo per lavorare su
noi stessi e cambiare. Impariamo ad ascoltare (anche chi ci sta vicino) e così
potremo divenire il compositore di noi stessi, della nostra vita e della nostra
anima che si trova in una continua evoluzione spirituale.

 

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NORMALITA' E HANDICAP

Al buio con i vedenti

Di Antonino Cucinotta


Da qualche anno a questa parte la nostra Unione ha preso
l'iniziativa di organizzare manifestazioni al buio con la
partecipazione di vedenti di elevato prestigio sociale, quali uomini
politici che possono appoggiare in Parlamento le richieste
dell'Unione, giornalisti, uomini di cultura ed altri amici.
La prima manifestazione, denominata "Dialoghi al buio", si è
tenuta qualche anno addietro a Milano.
Le personalità invitate venivano introdotte in un locale
completamente al buio, nel quale dovevano muoversi
accompagnati da giovani ciechi preventivamente preparati allo
scopo.
L'intento ufficiale era quello di far constatare agli intervenuti la
condizione di vita di chi non vede.
Stando al resoconto della stampa associativa, il risultato ha messo
in rilievo lo stato di angoscia e di terrore che il buio ha suscitato in
non pochi vedenti.
La seconda manifestazione si è svolta a Roma nel Luglio 2005 e
addirittura ha riguardato una cena al buio. Naturalmente anche qui
sono stati i ciechi a sistemare a tavola vivande e bibite; come si
siano barcamenati "camerieri" e commensali, noi non lo
sappiamo. La stampa associativa sostiene che tutto è andato per il
giusto verso. Ma i diversi articoli riportati a riguardo dal Corriere
Braille del 16/30 Settembre 2005, non sembra che concordino con
tale conclusione.
Il disagio maggiore è stato provato dagli invitati che, non
resistendo al buio, hanno abbandonato anzitempo il ristorante; a
quelli che hanno resistito credo che vada riconosciuta una buona
dose di coraggio anche se hanno palesato non poco disagio e non
pochi inconvenienti. Al buio, nessuno ha potuto vedere, fra l'altro,
"il corno eburneo", simile al dente del narvalo, che è spuntato
vistosamente dalla fronte di P.B. redattrice dell'articolo "Trofiette
al buio pesto". Inoltre, non sono certo rassicuranti e positive per
l'eliminazione dei pregiudizi nei confronti dei ciechi, le
considerazioni del dottore Luca Ajroldi di Robbiate che
attribuisce, alla cerimonia, come testualmente scrive nel suo
articolo " Cinque sensi meno uno", un carattere quasi iniziatico e
sostiene che al momento di abbandonare la sala "cominciando ad
alzarsi e a camminare a tentoni, sorreggendosi come ubriaco,
raggiunse i gradini".
Non meno evidente mi sembra lo sgomento di Angelo Mombelli,
quando, di fronte all'entusiasmo della giornalista Carmen
Lasorella che sosteneva la ripetizione della manifestazione, "ha
avvertito un lungo brivido che gli ha percorso la schiena,
incrociando le dita in segno di scongiuro".
Sono questi gli esempi più eclatanti; ma sono numerosi i disagi e
gli inconvenienti grandi e piccoli che esplicitamente o
implicitamente sono presenti negli altri articoli riguardanti la cena.
Se lo scopo della manifestazione era quello di fare provare a quei
vedenti il disagio che essi hanno provato e che noi ciechi in realtà
non proviamo, dobbiamo constatare che la loro opinione nei nostri
confronti è certamente ulteriormente peggiorata.
Devo confessare di essere sempre stato contrario a tali
manifestazioni che giudico negative, nocive, un po' ciniche e
comunque contrarie ai nostri interessi di riscatto.
Mi auguro che i partecipanti vedenti non abbiano acquisito la
convinzione che i ciechi rieducati vivano quotidianamente i disagi
che essi hanno provato in quel breve spazio di tempo da loro
vissuto " da ciechi".
Val la pena ribadire che noi ciechi assoluti non abbiamo paura del
buio, anche perché viviamo in un'atmosfera indefinita e
indefinibile che, comunque non si identifica con le tenebre
notturne.
Vorrei ancora sottolineare: primo, che noi non camminiamo con
passo incerto e, secondo, che viviamo normalmente lavorando,
partecipando alla vita sociale, creando famiglia ed educando i
nostri figli alla pari e a volte anche meglio di tanti vedenti.
Noi ciechi rieducati abbiamo sempre cercato di mettere in luce le
nostre qualità positive e tenere in ombra le condizioni limitative
della cecità.
Con le manifestazioni al "buio", a me pare che avvenga il
contrario, poiché esse mettono in evidenza gli aspetti negativi di
un comportamento ormai da tempo superato con la rieducazione
senso-percettiva.
Noi non dobbiamo suscitare " pietismo " in nessuno.
Si tratti pure di ministri e di deputati del cui aiuto l'Unione può
avere bisogno, ma dobbiamo ottenere i loro favori imponendoci
alla loro stima e alla loro comprensione per i meriti che riusciamo
ad acquisire con le nostre personali capacità e per la serietà delle
nostre proposte.
E' questo il compito che l'Unione si è imposto per realizzare il
riscatto morale e sociale dei ciechi. Mi meraviglio che i dirigenti
associativi, organizzando le manifestazioni al "buio" abbiamo
disatteso a tale nobile compito.
Auspico quindi che il Presidente Nazionale e i suoi collaboratori,
in avvenire, riflettano meglio sulla opportunità di ripetere tali
manifestazioni, che magari sono spettacolari, ma che incidono
negativamente e nocivamente sul piano della stima sociale cui noi
tutti aspiriamo.

 

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Il mio progetto Erasmus - Intervista a Barbara Aceranti

Di Luisa Bartolucci

 
Barbara è una ragazza come tante; ha 24 anni, vive a Roma,
dove studia e lavora. La sua storia è la storia di migliaia
di studentesse, divise fra il lavoro, lo studio, esperienze
all'estero ed un rapporto importante. Barbara, però è non
vedente e questo potrebbe rendere la sua vicenda diversa
dalle altre, giacché, come vedremo attraverso la sua
testimonianza, si trova a dover raggiungere gli stessi
obbiettivi dei suoi colleghi vedenti, servendosi, però, di
altri strumenti e strategie. Tuttavia anche così il suo
percorso somiglia, fortunatamente, a quello di molti giovani
non vedenti, i quali oggi studiano, si laureano, si integrano
nella società dei cosiddetti normodotati. Non l'abbiamo
scelta dunque perchè è stata protagonista di un fatto
insolito, di qualcosa di straordinario, ma perchè il suo è
un iter emblematico, che è bene che chi non è a contatto con
le nostre problematiche conosca, al fine di comprendere che
davvero si può,e non solo a parole, ma soprattutto con i
fatti. La testimonianza, inoltre servirà da stimolo a quanti,
tra di noi si chiedono se sia opportuno osare, sperare,
sognare di ottenere qualcosa in più. Barbara si presenta al
nostro appuntamento in compagnia del suo cane-guida Dafne, un
simpatico Labrador biondo, molto attento ma anche propenso al
giuoco. Dafne assiste all'intervista sdraiata accanto a
noi,ora sonnecchiando, ora sbuffando perchè destata dalle
nostre voci o da altri rumori.
Barbara è iscritta alla terza università di Roma frequenta la
facoltà di Lingue e Comunicazione internazionale e nel
contempo lavora in qualità di centralinista telefonico in
Banca. Un anno fa ha vissuto un'esperienza per lei
rilevante, ha risieduto per diversi mesi a Vienna da sola,
con il solo ausilio del proprio cane-guida. Dice Barbara:
"Questa esperienza è nata un po' per caso. Quando mi sono
iscritta all'università avevo in mente di recarmi all'estero,
sia per migliorare la conoscenza linguistica, che per avere
un contatto più stretto e maggiormente significativo con
una cultura diversa dalla mia. Tuttavia avevo quasi subito
accantonato questo progetto, poiché l'idea di partire da
sola, di rimanere sola un po', mi spaventava, a me sembrava
qualcosa di troppo grande, così ho finito per abbandonare
questo sogno, finché un giorno, mentre ero a lezione è venuto
colui che si occupa di coordinare il progetto Erasmus nella
nostra facoltà. Costui ci ha ricordato che di lì ad una
settimana sarebbe scaduto il termine per la presentazione
delle domande finalizzate alla partecipazione al progetto. Io
credo un po' nei segni del destino, ho interpretato questo
evento come un segno e mi son detta: "Debbo andare!". Non ho
comunicato a nessuno la mia decisione, ho solo inoltrato la
richiesta. Dopo aver verificato che questa di fatto era
stata accettata ho comunicato la notizia ai miei familiari.
Ho scelto Vienna perchè studio il tedesco ed anche perchè ero
già stata lì in vacanza e la città mi era piaciuta davvero
molto. Tramite l'organizzazione della locale università ho
trovato uno studentato nell'estrema periferia, giacché sono
stata ospitata dalla facoltà di Veterinaria, in quanto ero in
possesso di un cane-guida e solo Veterinaria accettava me ed
la mia Dafne. Ogni giorno dovevo farmi circa un'ora di
viaggio per raggiungere l'Università, situata al centro di
Vienna. La prima settimana mia madre è venuta insieme a me e
mi ha mostrato tutti i percorsi, quello dallo studentato
all'università, principalmente, inoltre mi ha spiegato la
posizione di diversi negozi, supermercati, di tutti quei
luoghi, insomma, utili per espletare diverse commissioni, o
per soddisfare le prime necessità. Al termine dei sette
giorni mia madre ha fatto ritorno in Italia, mentre io sono
rimasta. Sempre tramite il progetto Erasmus mi era stata
assegnata una partner, la quale mi ha aiutato davvero molto,
soprattutto al principio, per espletare le differenti
pratiche di carattere burocratico; mi ha anche coadiuvata nel
decidere quali lezioni seguire, si è resa disponibile
mostrandomi l'ubicazione delle aule, accompagnandomi dai
professori e così via. Tra lei e me si è stretta comunque
un'amicizia, così, una volta sbrigate le varie
pratiche,abbiamo iniziato ad uscire insieme anche e solo per
puro divertimento. Ho stretto dei rapporti anche all'interno
del mio studentato, con un numero limitato di persone, anche
perchè fondamentalmente a me non interessava conoscere molta
gente, ho preferito rapporti più profondi.". Ma l'Università
ha posto veti o condizioni alla partecipazione al progetto
per via della disabilità visiva? "La mia disabilità -
chiarisce Barbara - non è stata affatto presa in
considerazione; io rispondevo ai requisiti richiesti per la
partecipazione, inoltre per Vienna vi era disponibilità di
posti. Ovviamente nella domanda veniva precisato che ero uno
studente affetto da minorazione visiva, ma l'interessamento
dell'Università si è fermato lì. E' stato dato tutto per
scontato, forse anche che io avrei risolto autonomamente i
miei problemi, che da sola avrei fatto fronte alle mie
necessità. Non mi è stato proposto nè aiuto, nè sono stata
sottoposta a divieti. Il coordinatore del progetto, a
titolo personale, mi ha comunque
fornito i recapiti delle persone che si erano recate l'anno
precedente a Vienna, al fine di poter avere consigli,
suggerimenti. Inoltre mi ha anche, sempre di sua iniziativa,
lasciato il numero telefonico di certi suoi parenti.". Ed
una volta a Vienna? "A Vienna - prosegue Barbara - per
quanto riguarda l'università posso dire che sì, vi è stata
una grande disponibilità da parte di chi si occupava del
Progetto Erasmus; mi sono stati illustrati i giri che avrei
dovuto fare per espletare le prime pratiche, ma non ho
ricevuto uno specifico aiuto. Mi hanno però segnalato
l'esistenza di un servizio che si occupava della trascrizione
dei testi. Dovevo portare il mio materiale in un certo luogo,
ove avrebbero provveduto a trasformarlo in formato
elettronico dopo qualche giorno. A tale servizio facevano
fronte una ragazza non vedente ed una signora vedente."
Poniamo a Barbara diverse altre domande:
D. - Quali problemi ha comportato il risiedere in uno
studentato che non era quello della tua facoltà? Ciò ti ha
preoccupata?
R. - Ma, non troppo. Io in primo luogo sono abituata a
studiare da sola, quindi non contavo sull'aiuto di persone
che frequentassero i miei stessi corsi, che so, magari per
studiare. L'unica cosa che mi preoccupava era la distanza,
il fatto che dovessi fare un tragitto di quasi un'ora per
recarmi dallo studentato all'Università. Quando avevo dei
buchi di tre o quattro ore... beh era poco piacevole, dovevo
fare tutto in fretta se non volevo rimanere per strada, cosa
non gradevole, se si considera il gelo di Vienna. Alla fine
sono riuscita ad accordarmi con coloro che erano preposte
alla scansione dei testi, per poter fruire di una stanzetta
nell'università dove rimanere e trascorrere queste ore di
buco a studiare. Con il tempo mi sono organizzata. Da
principio è stata dura,ho trascorso anche lunghe ore nel
parco al freddo, con Dafne, tra una lezione e l'altra, perchè
non sapevo proprio dove andare. Poi col tempo, conoscendo
anche altre persone è stato tutto più vivibile..
D. - Come è stata la tua vita con Dafne a Vienna?
R. - Buona. Vienna è organizzata bene come città; non vi
sono grossi problemi per la mobilità; mi spostavo
tranquillamente da sola. Vi sono molti semafori sonori, le
fermate della metropolitana e dei tram sono tutte
annunciate, quindi potevo tranquillamente mettermi
d'accordo con una persona e scendere ad una determinata
fermata, senza temere di sbagliare o non riuscirvi. Per me
era sufficiente conoscere quale mezzo prendere e il nome
delle fermate alle quali scendere per raggiungere una
parte della città autonomamente. Tramite l'associazione
austriaca dei ciechi ho praticato anche dello sport, ho
giocato a torball, mi sono allenata con la squadra di
Vienna. L'essere di fronte alla facoltà di Veterinaria è
stata una vera fortuna, giacché vi era intanto un'area
dove era possibile portare Dafne a giocare con altri
cani e, trattandosi di una zona recintata ero tranquilla.
I primi tempi ho avuto qualche problema; una volta il cane
ha ingerito del veleno per topi ed è stato molto male. Ho
vissuto momenti di panico totale, ho dovuto ricoverare
Dafne per quattro giorni nella clinica di Veterinaria;
sotto questo aspetto è stata una fortuna risiedere proprio
in quello studentato.... Tutti i ragazzi che erano lì,
infatti, amavano gli animali e, nel momento del bisogno,
ho dovuto solo attraversare una strada.
D. - Come hai vissuto senza l'ausilio di Dafne?
R. - Per spostarmi io utilizzo anche il bastone bianco;
così per recarmi all'università, per muovermi, ho fatto
ricorso a questo ausilio.
D. - Vi sono particolari servizi che la città austriaca
offre a chi non vede?
R. - Posso parlare di singole cose,giacché non ero alla
ricerca di specifici servizi e, forse, non ci ho fatto
neanche tanto caso. Ho avuto l'opportunità di visitare dei
musei insieme a persone che sono venute a trovarmi, ma non ho
verificato se vi fossero particolari supporti o del materiale
messo a punto per noi; vi erano le solite guide anche in
voce, pensate per tutti i turisti, non per chi non vede. Ho
visto alcune riproduzioni in scala, come quella del Duomo di
Santo Stefano,il duomo principale di Vienna.
Non mi vengono in mente altri dettagli.
D. - Avendo le tue dispense scannerizzate, forse non hai
avuto grosse difficoltà nel seguire i tuoi corsi...
R. - Il tutto era sempre a discrezione del professore, ve
ne erano di più e meno disponibili. Per studiare non ho
incontrato grosse difficoltà. Da principio ho avuto problemi
con una professoressa che non voleva farmi seguire il corso
poiché vi erano delle ore di laboratorio e lei sosteneva
che, essendo necessario utilizzare il computer e non
essendovi una postazione adattata per i non vedenti, io non
ero nella condizione di lavorare. Di fatto si trattava di
esercizi di ascolto, per i quali bastava solo un clic. Mi
sono dovuta imporre, mi sono presentata lì con Dafne,
obbligandola a fornirmi una postazione; alla fine, con
l'aiuto dei compagni ed un poco anche della stessa insegnante
ho risolto il problema. La professoressa si era impuntata;
talora occorre anche la nostra determinazione: non ci si può
bloccare ogni volta che ci viene detto no.
D. - Sei mesi possono essere pochi, ma risultare anche
molto lunghi a seconda di come li si trascorre. Che traccia ha
lasciato in te questa esperienza?
R. - Sono davvero soddisfatta, contentissima di aver
scelto di partire. Credo che questa possa essere considerata
una grande "Ricompensa" a livello personale; è importante
sapere di avercela fatta sei mesi da sola all'estero, è stato
per me come ricevere un premio. Sono tornata a casa sapendo
di aver dato i miei esami, all'estero, di essermela cavata
da sola, anche nelle cose più semplici, nel fare la spesa...
Io vivo ancora a casa e stare completamente sola e pensare
autonomamente, risolvere ogni cosa, dal rifarsi la stanza,
all'espletare pratiche, pagare l'affitto, recarsi alla posta,
pensare al cane, a se stessi, agli studi... è stata per me
una grande conquista, motivo di grande soddisfazione. La
città così bella, inoltre mi è rimasta davvero nel cuore,
così anche la gente, carina, speciale. Le persone mi sono
state accanto senza forme di pietismo, ma per la pura voglia
di farlo. Per me è stato importante venir trattata come
qualsiasi altro studente dell'Erasmus e non come una persona
che deve essere aiutata perchè affetta da una disabilità.
D. - Che differenze hai trovato, se vi sono, tra il
rapporto che i cittadini viennesi instaurano con le persone
disabili e quello che ad esempio, a Roma, gli abitanti hanno
con noi?
R. - I cittadini austriaci sono diversi da noi. A
prescindere dalla peculiarità di Roma, che è una metropoli
troppo grande, non paragonabile, a mio parere, a nessun'altra
realtà o città, giacché io ritengo vada presa come un caso a
parte; in Austria le persone sono veramente differenti, più
discrete, disponibilissime ad aiutarti, a patto che tu lo
chieda; non sarà mai l'altro a venire da te. Mi è capitato
davvero di rado che mi fosse offerto aiuto senza una
richiesta da parte mia... tuttavia gli austriaci sono
attenti, la loro risposta è sempre stata pronta mentre da noi
spesso le persone non comprendono neanche il perchè gli si
stia chiedendo una mano... qui sembra tutto molto più grande,
maggiormente dispersivo... sarà perchè le persone sono prese
dal caos o dai propri pensieri. In Italia debbo prima
spiegare perchè ho bisogno e poi "forse" ti aiutano... A
Vienna ho incontrato maggiore reattività, consapevolezza.
Ciò che non condivido è che il cieco e/o l'ipovedente è
obbligato ad andare in giro con un simbolo che attesta la
propria cecità, una fascia, una spilletta, con un logo
specifico. Il simbolo deve essere sempre ben visibile,
giacché qualunque incidente o simili si verifichi per strada
se non si indossa alcun segno di riconoscimento, la colpa
ricade non tanto sul normodotato quanto sul non vedente...
Io non sono abituata a ciò, non amo codesti simboli; ho un
cane-guida e trovo che già Dafne sia evidente di per sè, così
mi sono rifiutata di portare altro. Probabilmente, però,
anche questi simboli aiutano i normodotati a notare un non
vedente, dunque a porre una maggiore attenzione.
D. - Quale percorso scolastico hai alle tue spalle?
R. - Ho sempre studiato in scuole comuni e statali, anche
perchè sino all'età di 16 anni il mio residuo visivo mi ha
consentito di leggere e scrivere autonomamente, così non
mi sono mai preoccupata di frequentare istituti speciali.
Sono comunque sempre stata supportata da insegnanti di
sostegno; ho appreso il Braille a partire dalle
elementari, giacché sapevo che un giorno questo sistema mi
sarebbe servito ed infatti così è stato. Ho conseguito
il diploma di perito aziendale corrispondente in lingue
estere, sempre coadiuvata da un'insegnante di sostegno;
alle superiori ho altresì potuto servirmi dei cosiddetti
ripetitori dell'Istituto S. Alessio, che mi hanno aiutata
con i testi di lingue tra le altre cose.
D. - Come hai organizzato i tuoi studi all'università?
R. - Non mi sono trovata bene con l'ufficio accoglienza
disabili della terza università di Roma; appena iscritta
mi sono rivolta a loro, per un aiuto, per un
orientamento... Non li ho trovati, troppo tempo per
ottenere testi registrati, mentre il costo dei testi in
lingue veniva valutato eccessivo e, conseguentemente, mi è
stata negata la trascrizione. I testi in lingua
necessitano di trascrizione in Braille, è indispensabile
conoscere l'esatta grafia delle parole, ho bisogno di
poter avere sotto le mani il libro. Così armatami di
pazienza ho iniziato per mio conto a scannerizzarmi i libri.
In caso di problemi, rappresentati da schemi, tabelle, od
altro mi sono sempre fatta aiutare da chi mi è vicino. Da
quel momento sono andata avanti da sola, non mi sono più
rivolta al servizio accoglienza disabili. Il primo anno mi
era stato messo a disposizione un obbiettore di coscienza,
per accompagnarmi a lezione, comunque l'assistenza offerta
non mi è piaciuta, ho notato molto disinteresse.
D. - La tua vita in questo momento è piuttosto complessa,
studi, lavori e vivi un rapporto affettivo per te molto
importante. Vi è qualcosa che ancora ti manca? Cosa
vorresti consigliare a quei giovani che ancora debbono
organizzarsi una propria esistenza e magari nutrono dei
timori od hanno dei dubbi?
R. - Al momento non credo mi manchi qualcosa, semmai forse
nella mia vita vi sono cose di troppo... debbo mettere un
po' d'ordine, non posso parlare di qualcosa che manca.
Ciò che consiglio è seguire quanto si sente dentro, se si
desidera raggiungere un determinato obbiettivo,od un certo
risultato è bene impegnarsi interamente per raggiungerlo,
giacché solo così sarà possibile ottenerlo, il modo si
trova. Io sono per le soddisfazioni personali.
D. - Il tuo prossimo obbiettivo?
R. - Intanto la laurea, poi si vedrà.
 

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Quando un lavoro è svolto col cuore
L'esperienza umana, e una testimonianza raccolta da un operatore sociale
di Bruno Morassut

Mi chiamo Bruno Morassut e sono un Operatore Sociale.
Da circa venticinque anni il mio interesse e il mio desiderio di essere d'aiuto a chi
soffre mi hanno portato ad adoperarmi per approfondire le mie conoscenze non solo
nel campo del disagio sociale in genere, ma anche riguardo a temi più specifici, quali
l'ascolto, la solidarietà, il ruolo della famiglia nella società odierna. Elementi che, se
non adeguatamente presenti, potrebbero essere all'origine di molte problematiche. In
questi anni di esperienza sul territorio ho potuto comprendere quanto sia importante
condividere timori e perplessità con altre persone che stanno vivendo un problema
simile al nostro.
Attualmente sono presidente della Casa del Volontariato Socio Sanitario e dell'Auto
Mutuo Aiuto (a.m.a) di Pordenone, presiedo e gestisco due Centri di Ascolto per il
Disagio Sociale, uno a Pordenone
e uno a Bagnarola di Sesto al Reghena.
Qui tutti coloro che incontrano delle difficoltà a causa delle quali non riescono più a
vivere una vita serena ( dipendenza da alcool, droga, farmaci, disturbi di relazione e
di coppia, rapporti problematici con il cibo, etc.); possono trovare un ascolto attento e
rispettoso. Uno spazio in cui parlare di sé e delle proprie difficoltà senza il timore di
essere giudicati, ma certi di essere accolti con il cuore.
Dal 2001 sono Formatore per Facilitatori di Gruppi di Auto Mutuo Aiuto (A.M.A) e
dal mese di luglio 2005 faccio parte del Comitato permanente della Prefettura sulle
problematiche suicidarie. Inoltre rappresento la provincia di Pordenone nel Comitato
Regionale del Volontariato.
Rivolgo particolare attenzione a tutti i disagi che colpiscono i giovani e svolgo
attività di prevenzione tramite corsi, conferenze e testimonianze. In particolare, nel
2005 ho firmato un patto d'intesa con l'Azienda per i Servizi Sanitari n 6 e con
l'Istituto professionale IPSIA. Un accordo che potrà unire le risorse professionali e
personali di ciascuno al fine di promuovere la salute tra i giovani attraverso strumenti
distinti. Nello specifico mi sto attivando per diffondere tra i ragazzi la cultura del
volontariato e dell'auto mutuo aiuto. Fattori di protezione che potranno contribuire a
garantire una crescita all'insegna del benessere.
Sono convinto che il volontariato sia una preziosa risorsa per la società odierna e che
possa offrire un valido contributo e sostegno sia alle diverse problematiche presenti
nel territorio, sia alla promozione di una cittadinanza attiva.

Testimonianza

questa è una delle tante testimonianze che mi fanno piacere sentire e che mi danno la forza di
continuare questa mia missione sul disagio giovanile incominciata anni fa.
Monica è venuta da me per chiedermi delle informazioni sulla validità dei gruppi di
Auto Mutuo Aiuto (AMA) nei primi giorni del mese di Maggio 2005. Da quel giorno, per curiosità
dice lei, i colloqui con me, sono stati più frequenti e più attenti alla sua problematica.
La testimonianza che mi ha lasciato, quando ha finito il percorso, mi ha fatto capire che
forse a tutti noi basterebbe dedicare del tempo per ascoltare ed essere ascoltati, con il cuore!
Ciao, mi chiamo Monica e ho 17 anni di disagio alle spalle. Sono stata tanto male, ho
sofferto, lottato, perso e con tanta fatica ora sto ritrovando me stessa.
Mi sono sentita tante volte dire ero cattiva, che non mi rendevo conto del male che facevo alla mia
famiglia, che era tutta colpa mia…. fino a crederlo davvero!
Ma cavolo….dov'erano i miei genitori quando io avevo bisogno di loro e non per "soldi"?
Forse perché i miei insegnanti dicevano che ero più matura della mia età, pensavano che non avessi
una disperata richiesta di ascolto e amore?
"Oramai sei grande"…quante volte me lo sono sentita ripetere, quando chiedevo un abbraccio. Ero
talmente grande, che sono ritornata una bambina, a pesare 32 kg…
Quanto odio ho provato nei confronti di me stessa, per quel disperato bisogno di conferme che
chiedevo a mamma e papà e che mi veniva concesso solo se ero "brava" e non davo problemi.
E allora tanto valeva affamarmi per dichiarare che non avevo bisogno di niente e di nessuno, forse
solo della morte…
Nessuno si è mai chiesto, quanto male potevano fare ad una bambina due genitori che litigavano,
urlavano e si denigravano a vicenda e soprattutto se quella bambina, più sensibile di altre, forse
sognava amore e buoni sentimenti e disperatamente ci credeva…
Io penso che gli adulti debbano riflettere se, per caso hanno il potere di far crollare con il loro
comportamento e le loro parole, il mondo in cui crede un bambino.
Provo ancora tanta rabbia nei confronti dei miei genitori, non do a loro la causa dei miei problemi,
semmai li rimprovero, di non aver mai voluto mettersi in discussione. Non credo più a chi mi dice
che ho sofferto solo ed esclusivamente per colpa mia.
Io ero oramai considerata irrecuperabile, ho frequentato le peggiori cliniche per pazzi
(un'esperienza esaltante a 16 anni) i numeri dei miei ricoveri e dei miei tentati suicidi non li ricordo
neanche più!
Devo la mia rinascita a due persone: un operatore sociale e il mio amore, due uomini che hanno
capito e creduto in me, quando io stessa non sapevo più chi ero e cosa volevo.
Cosa importa se le persone intorno a me non credono più nell'amore disinteressato, nell'onestà,
nella dolcezza, nei sentimenti, nel valore dell'ascolto. Io ci credo e ci credono le persone come me.
Ho imparato con fatica ad affrontare la vita un giorno alla volta, a non preoccuparmi del futuro,
perché mi fa star male, a vivere momento per momento, intensamente e a guardare il passato come
un'esperienza che può essere di aiuto agli altri, se mi viene chiesto.
Con i miei… forse non riuscirò mai a perdonare e forse inconsciamente vorrei ancora essere
approvata. Ma anche adesso che sto bene, il nostro rapporto non è cambiato.
Sto cercando di farmene una ragione, perché loro mi hanno dato la VITA, a me il compito di viverla
intensamente nel modo migliore possibile.

 

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PATOLOGIA

La Retinite Pigmentosa
"La mia Compagna di Vita" (parte seconda)


Di Vincenzo Luigi Milanesi

Descrizione personale della Retinite Pigmentosa e
Presentazione del Sito Internet non scientifico: www.francescaruiz.it/vincenzo
E.Mail: vlmilanesi@inwind.it

Mi chiamo Vincenzo Luigi Milanesi, ho quarantadue anni, sono di Roma e sono affetto da
Retinite Pigmentosa dalla nascita. Nel numero precedente, ho presentato il mio sito sulla R.P.
spiegando le motivazioni che mi hanno portato alla sua messa in rete descrivendo in maniera ovviamente non scientifica la Retinite Pigmentosa, e il modo di vedere di un retinopatico.
In questo numero descriverò la sezione "aspetti psicologici della Retinite Pigmentosa" presente nel mio sito realizzata da mia moglie Francesca Ruiz Psicoterapeuta Relazionale e Familiare.

La Retinite Pigmentosa, è una patologia genetica degenerativa altamente invalidante, che ha
grosse ripercussioni sociali e di relazione da parte dell'interessato e/o di chi gli si trova vicino, sia
esso parente, amico o conoscente.

Quando questa malattia emerge nell'infanzia, diviene fondamentale il ruolo dei genitori, i
quali devono riuscire ad accettare loro stessi la patologia per poi far condurre una vita "normale" al
loro figlio senza farlo sentire differente dagli altri. Questa non è una cosa semplice da attuare, infatti
spesso la normale attenzione dei genitori nei confronti dei loro figli, ancor di più se affetti da R.P.,
si trasforma in iperprotettività mettendoli in una sorta di "gabbia dorata" e non favorendo la socializzazione di questi con i loro coetanei; tutto questo si ripercuote negativamente al momento in cui
questi dovranno affrontare da soli le difficoltà della vita trovandosi improvvisamente "diversi" dagli
altri, cadendo molto spesso nella depressione. Atteggiamento di altri genitori, può essere quello di
nascondere al figlio la patologia fin quando questo non cresce e capita che lo venga a scoprire da
solo e ciò avviene quasi sempre quando egli si trova nella fase adolescenziale, fase già difficile di
per sé, dove il giovane perde la fiducia nei confronti dei genitori a causa del fatto che gli hanno nascosto la patologia.

Altra situazione, è quando la R.P. viene diagnosticata in età più avanzata. Qui si può notare
la differenza tra chi è cieco fin dalla nascita, il quale pur rendendosi conto che esiste una percezione
sensoriale a lui sconosciuta, non vive questa mancanza come una privazione affrontando la sua vita
sociale e relazionale nella più totale "normalità". La diagnosi di R.P. fatta ad un adulto, anche con
un buon residuo visivo, suona come una sorta di condanna alla cecità senza possibilità di appello.
L'impatto con questa nuova realtà, può produrre atteggiamenti che vanno dalla depressione
all'isolamento, all'abbandono del posto di lavoro e addirittura alla rottura di legami affettivi consolidati in precedenza, mentre all'opposto può provocare la negazione della patologia facendo finta di niente, mettendo a rischio se stesso e gli altri ad esempio continuando a guidare l'automobile. Non
mancano le persone che si aggrappano ad illusioni, ricorrendo a numerosi viaggi della speranza, illudendosi di trovare soluzioni al problema, invece questi sono fonti di delusioni continue, portando
la persona ogni volta ad un senso di frustrazione sempre più accentuato.
La vita psicologica del retinopatico è scadenzata da alcune situazioni che gli ricordano il suo
handicap, alcuni di questi momenti critici possono essere quando ad esempio, nella fase adolescenziale, non esce la sera con gli amici perché si vergogna di chiedere il posto più illuminato in pizzeria, o di farsi aiutare all'entrata del cinema, ecc.; mentre nella fase adulta questi momenti li possiamo individuare quando smette di guidare, quando non riesce più a leggere, quando arriva il momento di essere accompagnato nei suoi spostamenti, ecc.. Queste situazioni, possono condizionare fortemente la vita di relazione del soggetto con gli altri, creandogli, in alcuni casi, un isolamento dal mondo esterno, e quindi ciascuno di questi momenti può essere la scintilla scatenante
dell'insorgenza della depressione.
Altro problema è quello dei familiari di quest'ultimo, i quali possono rapportarsi alla patologia del congiunto in modi differenti; infatti anche nel caso dei parenti o amici, ci sono comportamenti che vanno dall'iperprotettività, tipico dei genitori, al rifiuto della patologia, avendo raramente
un approccio corretto e bilanciato con le situazioni che si vengono a creare.

La scoperta della R.P. è sempre e comunque un trauma per tutto il nucleo familiare. La presenza di uno psicologo esperto in disabilità visive al momento della diagnosi può aiutare sia l'interessato che i suoi familiari a superare lo shock iniziale. Inoltre, lo psicoterapeuta può aiutare il nucleo familiare quando compaiono le problematiche di vita quotidiana sopra esposte.

 

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SPORT

Un giorno da tedoforo
- Il viaggio della fiamma olimpica vissuto da vicino -

Di Andrea Bonfiglio

Il 15 dicembre 2005 è stato un giorno storico per la provincia di Pistoia e per i suoi abitanti; uno di
quelli per cui, in futuro, i presenti potranno affermare con orgoglio "Io c'ero". In quella data, infatti,
la fiaccola olimpica ha attraversato il territorio per dirigersi alla volta di Lucca. Era da oltre quaranta
anni che l'evento non si verificava all'interno dei confini nazionali ed è stato merito dei Giochi
Invernali di Torino – città dove peraltro si è concluso, il 10 febbraio 2006, questo lungo cammino
iniziato l'otto dicembre 2005 a Roma – se ciò è potuto nuovamente accadere. Ebbene io c'ero
davvero ed ho vissuto quel giovedì da una posizione privilegiata: quella di tedoforo. Ho potuto
assaporare dall'interno il gusto della manifestazione così come gli altri 10.000 compagni d'avventura
(40 nella città di Pistoia, tra i quali alcuni provenienti dal Canada e dagli U.S.A.) che hanno condiviso
con me quella magnifica esperienza. A dire il vero non eravamo soli poiché insieme a noi c'era
tutta quella gente che credeva, crede e sempre crederà ai valori di lealtà e fratellanza che la fiamma
olimpica nella sua essenziale semplicità rappresenta. Avanzando tra gli angusti vicoli della penisola,
difatti, la luce del sacro fuoco di Olimpia ha raggiunto piazze, strade, viali, case e palazzi irradiando
d'una luce nuova i secoli di storia di cui essi erano impregnati. Siamo stati noi tedofori ad accompagnarla
per un breve tratto del suo lungo viaggio vivendo un'emozione intensa, indimenticabile e
forse irripetibile. L'attimo che ha lasciato il segno più profondo nella mia insolita mattinata è stato
quello dell'accensione della torcia. L'attesa che ha preceduto quel momento, per quanto breve, mi è
parsa lunghissima. Ero fermo, immobile all'altezza del punto di partenza, ed aspettavo con crescente
impazienza l'arrivo di Robert, il tedoforo canadese che mi precedeva in staffetta, per ricevere dalle
sue mani l'agognato fuoco. Vederlo finalmente apparire - dopo qualche minuto - in fondo alla via
mi ha rasserenato, ponendomi in condizione di godere appieno il mio momento. In un istante la teda
si è accesa ed improvvisamente i suoi due chilogrammi scarsi, sono iniziati a sembrarmi molti, molti
di più. Nella mano destra, infatti, non stringevo solamente un oggetto, ma sostenevo soprattutto il
peso di ideali millenari che in quei pochi secondi non potevano prescindere dal mio supporto per
diffondere il loro messaggio. I quattrocento metri da percorrere pian piano andavano scemando, eppure
i volti delle persone assiepate sopra i marciapiedi ed appena superate rimanevano nitidi nella
mente. Giunto al termine della mia frazione di percorso ho donato il fuoco appena ricevuto ad un
altro ragazzo e leggendo nei suoi occhi la stessa emozione che poco prima era stata mia, ho provato
un immenso piacere. Aveva ragione Leopardi a sostenere che la bellezza delle cose sta nel desiderio
che le precede ed è per questo motivo che anch'io, oggi , attendo fiducioso e consapevole una seconda occasione.

 

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