Giovani del 2000

 

 

Informazione per i giovani del III millennio    numero 25    Giugno    2007

 

 Direttore  Prof. Carlo Monti

 

Vice Direttore  Maurizio Martini

 

Redattori  Alessio Lenzi, Massimiliano Matteoni

 

Collaboratori di redazione Elena Aldrighetti Consuelo Battistelli Cristina Della Bianca Luigi Palmieri

 

Redazione

 

Via Francesco Ferrucci 15

 

51100 - PISTOIA

 

Tel.  057322016

 

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Sito internet:

www.gio2000.it

 

Tipologia: notiziario

 

Pubblicazione registrata presso il Tribunale di Firenze al n. 4971 del 26.06.2000

 

Gli articoli contenuti nel  periodico non rappresentano il pensiero ufficiale della redazione, ma

esclusivamente   quello del singolo articolista.

 

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Riflessioni e critiche

 

Satira

 

Spazio donna

 

Sport

 

In questo numero

 

Editoriale

 

Le imposizioni della moderna civiltà tecnologica: meno eficienza, più

Costi

Di Mario Lorenzini

 

Cucina

 

Tutti in cucina (parte decima)

Di Elisabetta Barsotti

 

Cultura

 

Ricordo di Giuseppe Garibaldi nel duecentesimo anniversario della nascita

Di Antonino Cucinotta

 

Istruzione

 

Maestri, missionari  e lavoro per   i  ragazzi dei   quartieri  a  rischio

 

Musica

 

Intervista ad Enrico Ruggeri

Di Luisa Bartolucci

 

Racconti e poesie

 

Odori

Di Renzo Coletti

 

Riflessioni e critiche

 

Noticina dell’ora

Di Donato Rossi

 

Giornalisti allarmisti (2) – L’aviaria

Di Mario Lorenzini

 

Sport

 

L’Italia del pallone sorride ancora

Di Andrea Bonfiglio

 

Editoriale

 

Le imposizioni della moderna civiltà tecnologica: meno eficienza, più

costi

di Mario Lorenzini

 

Da sempre, diciamo da alcuni decenni, la tecnologia si è infiltrata nel tessuto sociale, ci ha reso tanti

servigi, ci ha permesso di fare cose in maniera migliore di prima, e consentito altre che prima non si

potevano realizzare. Pensate al fatto di potersi connettere da casa propria e non solo, alla nostra

banca di fiducia e compiere le operazioni più comuni come estratti conti e bonifici, che prima

richiedevano che ci recassimo di persona a uno sportello bancario. L’internet banking è uno di quei

servizi che ha sicuramente un’innegabile vantaggio a fronte di un costo di gestione accettabile.

 

Ma purtroppo, ci sono delle implementazioni tecnologiche che non funzionano altrettanto bene.

Tutti le conosciamo, più o meno, ma nessuno nota esattamente queste situazioni. Vi faccio 3

esempi:

I corrieri;

I distributori automatici di bevande e alimenti;

I treni ad alta velocità.

 

I corrieri.

Quando ordinate della merce che deve arrivare a casa vostra consegnata non con il normale servizio

postale, ma tramite corriere voi vi aspettate la celerità e puntualità di questo mezzo di spedizione.

Alcuni prevedono anche di poter lasciare il proprio numero di telefono per essere contattati dal

corriere, in modo che lui possa trovarci sicuramente in casa. E poi c’è un bel call center da poter

contattare in caso di problemi; apparentemente efficienza e tecnologia fusi assieme per ottimizzare

il servizio. Io vi dico come funzionava un po’ di tempo fa. Il corriere suonava alla porta di casa

vostra e se non vi trovava lasciava un biglietto con il logo della ditta di spedizione e un telefono

cellulare del corriere stesso e quello della ditta di zona. Oppure vi telefonava lui stesso per

concordare una nuova consegna. Successivamente  il numero di cellulare non si poteva lasciare più

(sapete la privacy…), e il normale numero dello spedizioniere locale è stato sostituito da un bel

numero verde al quale rivolgersi in caso di assenza del richiedente. Bastava chiamare il numerino

(gratuito per fortuna) e l’operatore avrebbe contattato il corriere per una nuova consegna; se il

corriere era passato da poco, l’operatore poteva, con un cellulare aziendale, chiamare il corriere

fargli effettuare la riconsegna prima del termine del suo orario di lavoro, nella stessa giornata. Ma le

cose sono cambiate col tempo. Il numero verde sul tagliandino che viene gentilmente appiccicato

sulla vostra cassetta postale non è più gratuito; E’ sempre un numero unico nazionale, ma con un

certo costo al minuto. Se voi lo chiamate vi sorbirete prima una gradevolissima musichetta, poi

dovrete premere uno o più tasti per scegliere tra alcune opzioni come la prenotazione presso il

magazzino, il sollecito della consegna, ecc. alla risposta dell’operatore, non potrete chiedergli di

contattare il corriere, perché questi vi risponderà dicendovi “mi dispiace ma non abbiamo cellulari

aziendali, non siamo in contatto con i corrieri”. Ma vi rendete conto??? Ma se non possono

contattare i corrieri, se non hanno collegamenti diretti con loro a cosa serve chiamare questi

numeri? E poi, siccome l’operatore fa parte di un centro di raccolta nazionale unico, per conoscere

la vostra zona, vi farà perdere del tempo chiedendovi, oltre al numero di ordine stampigliato sul’

avviso, il vostro CAP e città. Tutto questo per prenotare un’altra consegna che comunque il corriere

effettua per tre volte normalmente prima di rimandare la merce al mittente. E senza poter

concordare l’orario. Voi dovrete stare in casa dalle ore 9:00 alle 18:00 senza poter uscire a far la

spesa, lavorare o andare a scuola. Eppure oggi siamo tutti così impegnati, siamo poco presenti in

casa. Sarebbe auspicabile un servizio di consegna non solo veloce, ma anche ad un orario più o

meno preventivamente accordato. Ma non potrete farlo, dovrete chiamare  un telefono unico che

non vi servirà assolutamente a niente se non a farvi perdere tempo, soldi e innervosirvi. Quindi,

inutilità della tecnologia del numero unico (non gratuito, però io il corriere lo pago già, non è colpa

mia se in quel momento non sono in casa) con l’operatore davanti al pc che vede la vostra

spedizione ma che non ci può fare proprio nulla.

 

I distributori automatici di bevande e alimenti

Nella vostra azienda o ente ci sono probabilmente dei distributori automatici, a moneta o chiave

elettronica ricaricabile, che forniscono bevande calde o fredde e alcuni stuzzichini (patatine,

biscotti, ecc.) confezionati. Si inseriscono i soldi richiesti, si seleziona ciò che si vuole premendo un

tasto o digitando un codice che è scritto acanto al merendino o snack, quindi la macchina fornisce

quanto richiesto. Tutto ciò nell’ottica di eliminare, anche qui, l’essere umano. Si è pensato che sia

troppo costoso gestire una specie di piccolo bar con una persona che serva gli avventori. Ma la

verità è proprio contraria.in alcuni posti, anni or sono, mi è capitato di vedere un piccolo stand, che

occupava lo stesso spazio impegnato da un paio di macchinette automatiche. Un signore, seduto ad

un piccolo tavolino, forniva le stesse vivande e bevande (anzi più buone perché ce n’erano anche di

fresche preparate da lui) presenti nei distributori. Spesso queste persone erano a contratti part-time o

particolari, remunerati con un modesto compenso. Inoltre, se si accorgevano che qualche prodotto

stava per esaurirsi, si recavano subito al magazzino per il rifornimento. Le macchine automatiche

invece, almeno la maggior parte di esse, non si accorge della fine di un articolo, non segnala la

mancanza al gestore. Se ne accorgono i fruitori, che, cercando di ottenere un prodotto, vedono che è

esaurito. Lo fanno presente al responsabile del loro ufficio, il quale contatta la ditta fornitrice, che

interviene appena possibile. Io stesso mi sono ritrovato, nel mio ufficio, d’estate, di fronte al

distributore delle bottigliette d’acqua esaurito. In più occasioni la ditta è intervenuta il giorno

successivo e anche quello dopo ancora. E quando si guasta? O ti frega i soldi? Va bene, può

capitare, ma lo sapete quanto costa il tutto? Dico, fra installazione di queste macchine, riparazione,

rifornimento, ecc.? Non tutte hanno lo stesso costo di gestione, ma questo è, pensate un po’,

superiore all’equivalente di un operatore umano “vecchia maniera”, presente lì a servire

manualmente questi prodotti. Anche qui inefficienza e costi maggiori.

 

I treni ad alta velocità

 

Tra le chicche che da un po’ la tecnologia finge di regalarci non potevano mancare i treni ad alta

velocità. Il progetto TAV è un business per le FS, solo in piccola parte un servizio migliore. E il

rapporto prezzo/prestazioni è divenuto sempre più sconveniente per l’utenza. E le ferrovie non

danno nemmeno l’alternativa. Su tratte importanti, come la Milano - Firenze - Roma, gli Eurostar

hanno soppiantato quasi tutti i treni interregionali e intercity. Ed è soltanto un bluff. Gli Eurostar

non hanno una motrice realmente più potente degli Intercity, anzi non sfruttano nemmeno questa

potenza perché la rete ferroviaria, escluso poche arterie principali, non è adatta a far viaggiare treni

veloci. Quindi su altre linee dove viaggia comunque un treno eurostar e la linea non è delle migliori,

il treno ofrre soltanto il vantaggio del confort, non quello della velocità, però il costo è comunque lo

stesso. Un altro inganno è dato dal fatto che alcuni Eurostar vengono ora soppiantati dai veri e

propri TAV, che altro non sono che Eurostar che viaggiano alla loro piena potenza. Per anni infatti,

le ferrovie ci hanno propinato non gli Eurostar ma dei treni che viaggiavano al di sotto delle loro

possibilità. Tanto per verificare su di noi l’efficienza di tale macchine ; ma non ci hanno fatto

pagare un prezzo da collaudatori: poi, quando hanno deciso che era giunto il momento di farli

correre alla loro velocità reale li hanno chiamati TAV per farci pagare un prezzo diverso

(maggiore). E, ripeto, su molte tratte non c’è nemmeno la possibilità di scegliere: Intercity plus,

Eurostar e TAV. nomi altisonanti che lasciano intuire un servizio di gran classe, ma che più che

altro, di classe hanno solo il prezzo.

 

Insomma, il nodo comune che lega questi tre esempi, lo avrete capito, è il business. La tecnologia,

almeno allo stato attuale, o perlomeno in questo modo così macchinoso e costoso come ci viene

servita, è soltanto fumo negli occhi. Viene usata allo scopo di far entrare denaro nelle tasche di chi è

dietro a tutto questo ambaradan tecnologico. Certo è difficile ribellarci ed evitare questo,

chiamiamolo, periodo di transizione affinché davvero le cose diventino più economiche e funzionali

di quelle fatte a mano di qualche anno fa. Ma non ci vengano a dire in faccia che questa è efficienza

tecnologica a basso costo. Io non ci credo. E voi?

 

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Cucina

 

Tutti in cucina (parte decima)

di Elisabetta Barsotti

 

Amici miei, ben ritrovati!

 

A partire da questo numero, cercherò di farvi visitare un po’ la nostra Italia attraverso i

sapori della sua meravigliosa cucina. Che ne dite, vi piace l’idea?

Il nostro ideale viaggio,  non poteva che iniziare da una delle regioni più belle e a me molto cara…. La

Toscana!

Ho fatto molte ricerche cercando di trovare, tra le tante ricette, quelle più tradizionali e preparate nel

modo più classico…. spero di esserci riuscita!

A tutti i toscani che mi leggono, sono ben accette critiche e correzioni!

Buona lettura e alla prossima con la mia terra natale, La Liguria!

 

 

Cucina e tradizione

 

La cucina toscana è sobria e presenta sapori semplici preparati con sapiente maestria. La semplicità

dei piatti è legata ad una storia territoriale fatta

di miseria e povertà.

Le condizioni di vita difficili imposero alla popolazione di preferire l'utilizzo di alimenti poveri: ecco

che l'olio si preferisce allo strutto e le minestre

alle pastasciutte.

 

L'alimento fondamentale è senza dubbio il pane che è presente sotto mille forme e sapori in tutta la

toscana dal filone, alla ruota, dai crostini alle

focacce, dalla schiacciata con l'olio al pan di ramerino, una gustosa pagnotta aromatizzata con uva

passa e rosmarino.

Il pane toscano risulta, ai più, sciocco. Alcuni ritengono che anche il Sommo Poeta prendesse nota

di questa caratteristica, interpretando alla lettera i versi del Paradiso XVII:

 

“Tu proverai sì come sa di sale

lo pane altrui, e come è duro calle

lo scendere e 'l salir per l'altrui scale..”

 

In realtà il pane toscano è effettivamente meno ricco di sale perché accompagna alimenti molto saporiti come il

pecorino e i salumi, prosciutto salato, salame,

finocchiona (salume in cui sono presenti i semi di finocchio), chiamata anche sbriciolona.

L'assenza di sale, un tempo troppo costoso, rappresenta l'aspetto tipico di semplicità e di povertà che

caratterizzava la cucina di questo territorio. E' proprio con il pane

che nascono numerose ricette toscane come: la panzanella, fatta con pane ammollato nell'acqua,

sbriciolato e mescolato con verdure fresche, la pappa da cuocersi

con pane, aglio, prezzemolo, basilico, sale, olio e pomodoro e la ribollita, nata dalla parsimonia

contadina che riscaldava e ribolliva gli avanzi di questa

zuppa preparata il giorno prima.

 

Anche l’olio fa parte della tradizione della cucina. Con l’olio prodotto nelle colline del Chianti, vengono conditi

quasi tutti i piatti di legumi. Il momento della spremitura rappresenta un vero e proprio periodo di festa, tanto è

vero che in alcune località vengono organizzate delle vere e proprie sagre dell’olio

nuovo. L’olio nuovo, il prodotto appena spremuto, ha un sapore piccantino, ottimo per la fettunta:  pane tagliato

a fette  abbrustolito, sfregato con l’aglio e inbevuto nell’olio, una vera sciccheria!

 

Il vino:

La fama del Chianti ha ormai raggiunto ogni angolo del globo. Sebbene l’area di produzione sia limitata alle

colline del Chianti, sono molteplici le qualità

di vino originarie di questa zona. La varietà di vini permette di soddisfare i diversi gusti e di accompagnare con

il vino più adatto ciascun piatto della

tradizione toscana.

Oltre il già menzionato Chianti, altri vini caratteristici della Toscana sono:l’Est, Est, Est! Il Vinsanto, vino

liquoroso da dessert, ottimo da accompagnare ai cantuccini di Prato, il

bianco Vernaccia di San Giminiano, il Vino Nobile di Montepulciano, il Brunello di Montalcino, l’ Aleatico d’Elba.

 

Ancora oggi è presente in Toscana un'incredibile continuità storica:  esaminando le città toscane

notiamo che Firenze è famosissima per la bistecca, la ribollita,

la trippa, i bomboloni, la schiacciata con l'uva e, nel periodo di Carnevale, i cenci, una sorta di pasta

fritta guarnita di zucchero a velo. La vicina

Prato è conosciuta invece per una cucina diversa,dove a dominare sono i gustosi e croccanti cantucci

da immergere nel vin santo.

A Pistoia la cucina è semplice fatta di pochi ingredienti cucinati sapientemente.

Vanno ricordate la minestra di rigaglie (detta “il carcerato” perché veniva distribuita ai reclusi), la

briachina, un'insalata verde-rossa e i bertoli,

appetitosi spicchi di mela seccati al sole sui cannicci.

Lucca presenta il buccellato, un dolce impastato con acqua, farina lievitata, zucchero, anice ed uvetta,

la Garfagnana d'altronde è la terra del farro,

l'antico cereale romano, la cui minestra oggi è sulle tavole più sofisticate.

A Pisa,invece,domina una cucina caratterizzata dal tartufo e da pesci semplici come anguille e

stoccafisso.

Nella Maremma protagonista, ancora una volta,è la semplicità e piatto simbolo è la famosissima

l'acquacotta piatto unico fatto di niente (di qui l'ironia

del nome), nata per sfamare butteri e carbonai, via via arricchito fino a diventare una gustosa minestra.

Si prepara con acqua, sale, pane, un filo d'olio,

insalate di stagione, uova o funghi e una manciata di pecorino. Tra i dolci tipici si preparano i birilli,

una ciambellina con il miele, i sospiri, chiara

d'uovo montata a zucchero, e la zuccata, un'energetica marmellata.

Mentre le alte montagne offrono come piatto tipico, i deliziosi necci, schiacciatine di farina di

castagne cotte tra due piastre di ferro, magari servite

con la ricotta,il territorio pianeggiante mostra agli ospiti un altro dolce che è una sfoglia di pasta

all'anice definita dall'Artusi “trastullo speciale

della Toscana”, per sottolinearne il sapore delizioso.

 

 

ANTIPASTI

 

Crostini di fegatini

 

Ingredienti per 6 persone

 

350 gr. Di fegatini di pollo

mezza cipolla

un  cucchiaio di capperi

3 filetti di acciughe

Un bicchiere di Brodo (possibilmente di carne) 

Olio extravergine

burro

Sale e Pepe

Salvia

Pane toscano, filoncino, tagliato a fette

 

 Soffriggere la cipolla in quattro cucchiai d’olio

Appena imbiondita aggiungere  fegatini , capperi,acciughe e salvia.

Durante la cottura aggiungete via via il brodo per mantenere il tutto morbido.

Dopo mezz’ora di cottura togliere dal fuoco e tritare il tutto  fino ad ottenere un impasto  piuttosto

cremoso

Rimettere brevemente sul fuoco aggiungere una noce di burro ed aggiustare di sale e pepe .

Tostare le fette di pane, rigorosamente toscano, e spalmarle col composto preparato. Servire subito.

 

Panzanella

 

Ingredienti per 4 persone

 

300 gr. Di pane toscano raffermo di almeno 3 giorni

2 pomodori medi da insalata

1 cetriolo piccolo

1 cipolla rossa

8 foglie di basilico

olio extravergine d’oliva

poco aceto

sale e pepe

 

 In una zuppiera mettere il pane affettato (vecchio di 3 giorni) e bagnarlo con acqua lasciandolo

riposare per 5 minuti. Strizzarlo bene per eliminare l’acqua in eccesso. Unire

tutte le verdure affettate. Condire a piacere con aceto olio sale e pepe e mescolare il tutto.

Essendo un piatto  estivo si gusta ancora meglio  se tenuto in frigo almeno 1 ora prima di servire in

tavola.

 

PRIMI PIATTI

 

Ribollita

 

Per la preparazione della ribollita occorre fare qualche premessa:

- La cottura dei fagioli deve essere fatta a fuoco bassissimo altrimenti i fagioli

si rompono vengono svuotati  e rimangono  quasi tutte bucce. L’acqua dev’essere abbondante (2-3litri

) e condita con 2 cucchiai d’olio, 1 pomodoro, 1 spicchio

d’aglio , salvia e sale.

-     Il cavolo nero e il cavolo verza devono essere privati delle costole e tagliati a listarelle. 

-     Il pane toscano dev’essere  raffermo (di almeno una settimana), tagliato a fette alte  1 cm..

Per una migliore riuscita occorre preparare la ribollita almeno un giorno prima della consumazione.

 

Ingredienti per 6 persone

 

300 gr. Di pane raffermo

5 pomodori

500 gr. Di fagioli cannellini secchi

400 gr. Di cavolo nero

300 gr. Di cavolo verza

1 cipolla

1 porro

2 costole di sedano

2 carote

2 spicchi di aglio

1 rametto di timo

1 bicchiere di olio evo

Sale e pepe q.b

 

 In un grande tegame (possibilmente di coccio) mettete a rosolare il trito di cipolla e aglio. Una volta

imbiondito aggiungere il porro il sedano

e le carote affettate molto finemente. unire i pomodori spezzettati,  timo, sale, pepe ed i cavoli

tagliuzzati. Far appassire tutte

le verdure.

Prendete ora i fagioli cotti tenetene circa un quarto da parte e frullate il resto dentro l’acqua di cottura.

Aggiungete il passato alle verdure.

Fate cuocere per circa un’ora o finchè il cavolo nero non sarà ben cotto.

Quando sarà tutto pronto aggiungete i fagioli interi messi da parte; far cuocere ancora qualche minuto,

la preparazione dovrà risultare piuttosto liquida.

Affettate ora il pane e sistematelo sul fondo dei piatti facendo 2 strati. Al momento di servire

riscaldare la zuppa e servire aggiungendo un filo d’olio a crudo. Assolutamente vietato il formaggio!

 

SECONDI

 

Bistecca alla Fiorentina

 

La semplicità che incanta!

 

1 bistecca da 600-800 gr.

Sale

Pepe

 

Non si può parlare di bistecca alla fiorentina senza introdurre l’argomento come si deve, anche perché

la bistecca è senz’altro uno dei piatti più conosciuti in tutto il mondo.

Partiamo  dal taglio:

Innanzitutto per essere una bistecca alla fiorentina deve essere di manzo, vitellone per la precisione e

possibilmente di provenienza chianina e frollata per cinque o sei giorni al massimo. Il taglio deve

essere nella lombata e comprendere l’osso, che deve avere la classica forma a T,  il filetto ed il

controfiletto. Il peso dovrebbe essere compreso tra i 600 e gli 800 grammi e l’altezza della bistecca di

circa 2 dita. Diffidate quindi di bistecche più piccole o più grandi, solo questo è il taglio giusto della

vera Fiorentina!

La cottura:

Se non siete amanti della carne al sangue o leggermente poco cotta... questa ricetta non fa per voi!

Non esiste, infatti, la Fiorentina ben cotta.….

Per la migliore riuscita consigliamo di cuocere la carne sul barbeque. Niente marinature, niente olio e

prezzemolo, niente di niente!

la bistecca va cotta avendo cura di non punzecchiarla con la forchetta ma di girarla o spostarla con una

paletta per barbecue..

Fatela cuocere per circa 5 minuti da un lato poi giratela, salate la parte precedentemente cotta e

rigiratela per altri cinque minuti. Girate e salate la parte che ne ha bisogno e gustatevi la vera bistecca

alla fiorentina così com’è. Accompagnatela con una bella insalata fresca e innaffiatela con una buona

bottiglia di Chianti e sarà il paradiso!

 

Fagioli all’uccelletto

 

Si chiamano fagioli all’uccelletto poiché vengono cucinati come gli uccelletti, quindi con erba salvia e

condimento simile a quello usato per cucinare

gli uccelli. E’ stato l’Artusi a dare questo appellativo ai fagioli cucinati in questa maniera.

 

Ingredienti per 4 persone:

1 kg. Di fagioli cannellini freschi

200 gr. di pomodori maturi a grappolo o pelati

Olio extravergine d’oliva

2 spicchi d’aglio

1 rametto di erba salvia

 

In una pentola ponete i fagioli e copriteli d’acqua, l’acqua deve coprirli per circa 4 dita, unite un

rametto di salvia, uno spicchio d’aglio e un po’ d’olio. Portare ad ebollizione quindi abbassare la

fiamma e portare a cottura. 

In un tegame, preferibilmente di terracotta,   fate rosolare delicatamente i due spicchi d’aglio

rigorosamente vestito, il rametto di salvia e 75 ml di olio d’oliva. Dopo due o tre minuti aggiungete i

pomodori che avrete sbucciato e privato dei semi, fate cuocere fino a che

non otterrete una salsa piuttosto densa, aggiungete allora i fagioli precedentemente lessati, salate e

pepate a piacere.

Proseguite la cottura per circa quindici minuti avendo cura di assaggiare di tanto in tanto per valutarne

meglio il grado di cottura.

 

DOLCI

 

Schiacciata alla fiorentina

 

Ingredienti per 4 persone

 

2 uova

200 gr. zucchero 

200 gr. farina 

3 cucchiai di olio extravergine

 1 Arancia

1 cucchiaio di liquore dolce

1 bustina di lievito per dolci

1 bicchiere di latte

un pizzico di sale

zucchero a velo

 

 Sbattere i tuorli con lo zucchero fino ad ottenere un composto chiaro  e spumoso. Unire la farina, il

latte, l’olio d’oliva,  il succo di un’arancia e la buccia grattugiata, il sale, il liquore ed infine il lievito.

Amalgamare bene tutti gli ingredienti e, quando l’impasto risulterà morbido e liscio, incorporare,

mescolando delicatamente dal basso verso l’alto, le 2 chiare montate a neve ben ferma. versare

l’impasto ottenuto in una teglia rettangolare d’alluminio. Mettere in forno alla temperatura di 180°c

per

circa 30 minuti.

Quando il dolce si sarà raffreddato spolverare con zucchero a velo.

Una variante  prevede anche la possibilità di farcire l’interno della schiacciata con panna montata o

crema chantilly.

 

Cantucci di prato

 

Ingredienti per 8 persone

 

3 uova

3 tuorli

200 gr. Di mandorle

½ bicchiere di latte

400 gr. Farina

250 gr. Zucchero

1 bustina di lievito per dolci

 

Lavorare 2 uova e 3 tuorli con lo zucchero fino ad ottenere un composto chiaro e spumoso. Unire poi,

un po’ per volta la farina, il sale, il latte e il lievito lavorando per ottenere un impasto liscio. Quando

sarà tutto ben amalgamato, unire le mandorle cercando di distribuirle bene nell’impasto che deve

risultare di consistenza piuttosto molle ed appiccicosa.     

In una teglia da forno, ottima la leccarda, stendere un foglio di carta da forno. Formare con l’impasto

dei filoncini larghi circa 3 dita,  adagiarli sulla teglia, spennellarli con l’uovo rimasto leggermente

sbattuto e infornare a forno caldo 150 gradi per circa 30 minuti. 

Sfornare i filoncini e, con un coltello ben affilato, tagliarli in obliquo; i cantuci devono avere uno

spessore di un paio di centimetri. Rimettere i cantucci in forno e lasciarli cuocere per altri 15 minuti in

modo da farli asciugare.

Con questi mitici dolcetti non può assolutamente mancare una bottiglia di ottimo vinsanto!

 

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Cultura

 

Ricordo  di Giuseppe Garibaldi  nel  duecentesimo  anniversario  della  nascita

di Antonino Cucinotta 

 

Cade quest’anno il duecentesimo anniversario della nascita di Giuseppe Garibaldi, valoroso

protagonista del Risorgimento italiano e artefice non secondario dell’Unità d’Italia.

Il suo pensiero rifuggiva da ideologie più o meno segrete e affrontava sempre con coraggio i pericoli a

cui l’ideale patriottico lo esponeva.

Con Mazzini voleva l’indipendenza e la libertà del popolo italiano; voleva l’abbattimento dei tiranni,

degli oppressori e il risorgere degli oppressi a vita nuova e libera.

Riconobbe al Mazzini il merito di averlo avviato a questi alti ideali ma dissentì dall’aspetto dottrinario

e dal metodo di conduzione delle azioni rivoluzionarie. Non fu mai un dinamitardo, un terrorista,

come si direbbe oggi, ma affrontò sempre il nemico a viso aperto.

Fu repubblicano, ma riconobbe la legittimità della monarchia quando i fatti d’Italia lo richiesero; era

anticlericale e il suo sogno era l’abbattimento del Potere Temporale dei Papi, ma sarebbe stato

disposto a combattere con il Papa Pio IX se questi avesse inalberato la bandiera dell’indipendenza,

della libertà e dell’Unità d’Italia. Fu questo il principio che lo tenne al di sopra delle ideologie

particolari, delle fazioni e delle sette segrete. Richiamato dalla guerra del Piemonte all’Austria e dai

sommovimenti che la seguirono nel Lombardo Veneto, in forza dell’ideale patriottico egli tornò in

Italia nel 1848 dal Sud America dove per quattordici anni aveva combattuto per la libertà e

l’indipendenza dell’Uruguay dall’impero del Brasile. Offrì il suo braccio a Carlo Alberto che però lo

rifiutò. Si recò allora a Roma dove, allontanatosi il Papa per paura di tumulti, Mazzini - che vi era

accorso - aveva proclamato la repubblica romana. Qui rifulse il genio militare di Garibaldi, il quale

mise in fuga i soldati napoletani del re Ferdinando IV di Borbone e tenne testa alle soverchianti forze

francesi, inviate per riportare il Papa al potere.

Lasciata Roma, indomito, tentò di eludere la flotta austriaca nell’Adriatico per raggiungere Venezia

che ancora resisteva all’assedio del nemico austriaco. Ma il tentativo fallì e nella pineta di Ravenna gli

morì la moglie Anita che dal Brasile lo aveva seguito in Italia per combattere al suo fianco.

Un umile sacerdote, don Giovanni Verità, coraggiosamente lo accolse in casa sua e lo aiutò ad eludere

i nemici sguinzagliati alla sua cattura.

Negli anni che seguirono, il Cavour, primo ministro del governo sardo, da abile diplomatico,

preparava militarmente il Piemonte per provocare l’Austria e farsi dichiarare guerra che in questo caso

sarebbe stata difensiva, per cui in base ai patti di Plombières, Napoleone III, imperatore dei francesi,

sarebbe venuto in aiuto del Piemonte. Per l’occasione, Garibaldi fu invitato dallo stesso Cavour e dal

re Vittorio Emanuele II ad impegnarsi all’arruolamento dei volontari che, irresistibilmente attratti dal

suo fascino personale, accorsero a migliaia. Nella guerra, sebbene in sottordine, fu assai notevole il

suo contributo alla vittoria con la liberazione delle città di Como, Varese, Sanfermo.

Ma Garibaldi scrisse la sua pagina più radiosa del Risorgimento italiano con la spedizione dei “Mille”,

un’impresa che sa di leggenda se è vero, come è vero, che egli con poco più di mille volontari (le

cosiddette camicie rosse), tutti votati alla morte per realizzare l’Unità d’Italia, riuscì a sconfiggere

l’esercito borbonico ed abbattere la monarchia che dominava nel Regno delle due Sicilie.

Si può certamente dire che la spedizione dei Mille fu un’impresa temeraria, nella quale però, Garibaldi

fortemente credeva, sprezzando i pericoli che l’impresa presentava. La sua perizia militare, una certa

favorevole congiuntura politica internazionale ed anche un pizzico di fortuna consentirono ai

garibaldini di sbarcare e attestarsi il 12/05/1860 a Marsala, in Sicilia, da dove si iniziò la guerra per la

liberazione dell’Isola. I picciotti siciliani, accorsi numerosi, ingrossarono le file garibaldine e tutti

scrissero pagine di straordinario coraggio versando anche il loro sangue nella battaglia di Calatafimi.

A Nino Bixio (il secondo dei Mille, come fu chiamato) che, vista l’asprezza del combattimento,

dubitava della vittoria, Garibaldi, slanciandosi all’attacco, non esitò a rispondere “Nino qui si fa

l’Italia o si muore”.

Calatafimi fu la prima splendida vittoria, seguita dall’occupazione di Palermo con una intelligente

mossa strategica e dalla vittoria di Milazzo con cui si completò la cacciata dei Borboni dalla Sicilia.

La marcia verso Napoli fu una marcia trionfale di Garibaldi osannato dalle popolazioni calabresi.

Raggiunta la città partenopea, egli avrebbe voluto continuare la marcia fino a Roma per abbattere il

Potere Temporale dei Papi. A questo piano, però si oppose Napoleone III, per cui il Cavour, per

evitare guai maggiori, indusse il re Vittorio Emanuele II ad intervenire nell’Italia meridionale a capo

dell’esercito piemontese per fermare l’avanzata dei garibaldini.

A Teano, un paesino della Campania, il re e Garibaldi si incontrarono. Si temeva che, invece di un

incontro, si sarebbe potuto avere uno scontro fra garibaldini e soldati piemontesi, i quali

evidentemente non conoscevano la magnanimità di Garibaldi, verso il quale continuarono sempre ad

assumere un atteggiamento sprezzante e diffidente.

Garibaldi non aveva mai avuto ambizioni personali di potere e aveva sempre avuto particolarmente a

cuore la libertà, l’indipendenza e l’Unità d’Italia. A Teano, dimostrò tale grandezza d’animo salutando

Vittorio Emanuele II come “Re d’Italia”.

Egli non volle per sé nessuna ricompensa né titoli, né altri onori e onorificenze, unico esempio

luminoso di modestia e di altezza spirituale e morale, avrebbe voluto soltanto che i suoi valorosi

volontari venissero inquadrati come regolari nell’esercito piemontese. Ma anche questo desiderio,

seppure legittimo a riconoscimento del rischio di vita di quegli uomini che avevano conquistato un

regno, non  fu esaudito per la grettezza della nomenclatura militare piemontese.

Amareggiato per questo rifiuto, Garibaldi, esaurito il suo compito, novello Cincinnato, si ritirò

nell’isola di Caprera portando con sé soltanto un sacco di fagioli e di semente.

Giuseppe Garibaldi, l’Eroe dei Due Mondi, mantiene ancora oggi il prestigio e il fascino che sempre

esercitò su chi volle seguirlo nelle sue imprese. Le diverse valutazioni e interpretazioni del

Risorgimento italiano, non sempre positive e benevole, non hanno minimamente intaccato la fama e il

prestigio di questo protagonista che per tutta la vita mise tutto se stesso al servizio disinteressato della

causa italiana. Giustamente, le sue leggendarie imprese gli hanno assicurato un posto duraturo nella

storia, anche se non ambì mai a conquistare e sottomettere popoli ma, al contrario, si propose e

combatté per la liberazione dei popoli oppressi da tiranni prepotenti.

Va rilevato che non si tirò mai indietro di fronte ai rischi e fu sempre luminoso esempio di coraggio, di

bontà, di comprensione e di amore verso l’umanità tutta.

La sua magnanimità rifulse infine quando nel 1871 accorse in aiuto della repubblica francese invasa

dai prussiani i quali, a Digione, subirono ad opera sua l’unica sconfitta di quella guerra.

Io mi auguro che ancora oggi i cittadini italiani e soprattutto gli uomini politici, possano attingere da

questo eroe i sentimenti di puro patriottismo, di disinteresse, di amore e di solidarietà verso i più

deboli e i più bisognosi.

 

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Istruzione

 

Maestri, missionari  e lavoro per   i  ragazzi dei   quartieri  a  rischio

di Antonino Cucinotta

 

Quotidianamente siamo angosciati e preoccupati per le notizie di cronaca nera che ci giungono

attraverso i mezzi di comunicazione di massa dalle diverse città del nostro “bel paese”.

Le cronache sono piene di morti ammazzati, di feriti, di sparatorie e accoltellamenti anche in pieno

traffico, di stupri, di insicurezza dei cittadini sia dentro che fuori le mura domestiche, di attentati e di

bambini a rischio spesso anche nell’ambito familiare.

Tutto questo ci dà l’impressione di vivere in un paese di rediviva barbarie. In un paese che ha smarrito

i valori che caratterizzano la civiltà e la nostra storia. Viviamo in una società in parte corrotta, a volte

coinvolgente anche ambienti e personaggi insospettati e insospettabili. Dominano i soprusi, le

intimidazioni e malefatte ignobili nei confronti di tanti onesti cittadini da parte di redivivi “bravi” al

servizio di organizzazioni malavitose.

Assistiamo ad un progressivo allentamento dei vincoli familiari con genitori che non seguono, come

dovrebbero, la crescita educativa dei propri figli sia perché spesso impegnati nel lavoro e sia anche per

le nuove condizioni strutturali delle famiglie. Pertanto i figli sfuggono più facilmente, ancora fanciulli,

all’autorità genitoriale con prevedibili conseguenze sociali indesiderabili.

Vi sono piaghe sociali, come la droga e l’alcolismo, che esercitano forte attrazione sui giovani che vi

si impelagano rovinosamente, il più delle volte, senza via d’uscita. Ciò li spinge spesso verso la

delinquenza per procurarsi il denaro e soddisfare questi loro bisogni. Non sono pochi i giovani della

società contemporanea che perseguono il profitto facile e immediato e poiché non è agevole

raggiungere tale obiettivo lavorando onestamente, ecco che essi sono spinti a seguire percorsi

pericolosi e devianti.

Quando poi si verificano fatti delittuosi particolarmente eclatanti che turbano la coscienza dei

cittadini, allora si invocano rimedi per riportare la tranquillità, come ad esempio con più intensi

interventi della polizia.

Certo, una maggiore vigilanza può ottenere risultati positivi anche se parziali e temporanei, non potrà,

però, mai eliminare in toto la malevolenza umana.

E allora, pur lasciando che le Forze dell’Ordine svolgano al meglio il loro dovere, per ottenere risultati

più proficui e più duraturi, ritengo necessario che si svolga opera di prevenzione più che di

repressione.

Sarebbe, cioè, meglio intervenire precocemente, quando la mente dei bambini è ancora assorbente

capace di acquisire sani principi da seguire nella crescita spirituale, morale e intellettuale. Bisogna

suscitare nei bambini, il rifiuto della violenza, del sopruso, del bullismo e del male nella sua variegata

complessità.

Bisogna suscitare, se non l’amore, almeno il rispetto dei nostri simili, il desiderio di vivere

pacificamente e collaborare per una sempre migliore conduzione della nostra vita.

In particolare ritengo che questo dovrebbe essere compito precipuo dei genitori che dovrebbero

sobbarcarsi di buon grado all’impegno che l’educazione dei figli comporta.

Naturalmente esistono le disuguaglianze sociali che incidono sulla crescita e sulla formazione dei

ragazzi. C’è infatti chi nasce in una villa e chi in una baracca con un unico vano utilizzato per tutti gli

usi. Non può quindi stupire che bambini provenienti da ambienti moralmente, intellettualmente e

socialmente degradati siano costretti a vivere nella strada, con tutti gli inconvenienti e i pericoli che la

strada comporta. Spesso sono elementi disadattati, analfabeti, violenti, trasgressivi, pronti ad

aggregarsi anche alle compagnie più malevoli. Non può quindi sfuggire a nessuno che l’avvenire di

questi ragazzi non possa non essere costituito da deviazioni pericolose, che il più delle volte li portano

alla droga come spacciatori o consumatori, alla delinquenza comune e quindi al carcere come sbocco

più probabile.

L’attività preventiva può portare all’annullamento del male solo eliminando la causa che lo determina

e ciò si può ottenere solo con interventi mirati ad un miglioramento delle condizioni ambientali,

sociali, culturali.

A questo fine, appare fondamentale l’opera non solo dei genitori, ma anche della scuola, per istruire

ed educare al meglio, favorendo una crescita lineare dei giovani che trovi il suo giusto e salutare

compimento nello sbocco lavorativo.

Bisogna intervenire negli ambienti malsani e degradati, nei quartieri a rischio, istituendo scuole

efficienti con dirigenti e insegnanti fortemente motivati, animati da spirito di partecipazione tale da

conquistarsi l’affetto e la fiducia degli allievi e la stima dei genitori per incidere positivamente sulla

maturazione e sul comportamento sociale e morale dei ragazzi. Una scuola aperta, comprensiva, non

repressiva in cui i ragazzi possano trovarsi a loro pieno agio, lieti anche di potervi trascorrere buona

parte della loro giornata; una scuola non autoritaria, ma autorevole, che fornisca cultura formativa e

non nozionistica; una scuola che richieda la collaborazione fattiva dei genitori, senza cui ogni

impegno degli insegnanti viene vanificato.

Per meglio salvaguardare i ragazzi, bisogna evitare che essi vivano nella strada abbandonati a se stessi

durante le ore extrascolastiche. A questo fine, sarà necessaria la creazione di oratori, di cinema

parrocchiali, di associazioni sportive, di biblioteche e di organizzazioni sociali e ricreative,

impegnando in quest’opera preferibilmente uomini di Chiesa e volontari laici che svolgano l’attività

con spirito missionario.

Sbocco naturale di quest’opera meritoria riguardante la crescita educativa e formativa dei ragazzi è il

loro inserimento nell’attività lavorativa con cui conseguano la tranquillità e l’autonomia economica

per poter soddisfare tutti i loro bisogni esistenziali.

Mancando lo sbocco lavorativo, sarà forte per i giovani la tentazione di imboccare strade pericolose e

spesso senza via di ritorno.

Pertanto, appare necessario l’impegno delle organizzazioni statali e sindacali per creare posti di lavoro

che possano assorbire proficuamente le giovani forze lavorative.

 

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Musica

 

Intervista ad Enrico Ruggeri

di Luisa Bartolucci      

 

Anche il 2007 si candida ad essere uno degli anni più

intensi della affollata vita di Enrico Ruggeri.  Il

poliedrico cantautore giunto alla seconda edizione della

trasmissione televisiva "Il bivio" seguita ad esplorare  le

sue differenti potenzialità comunicative.  Ma la televisione

non è tutto, Enrico sta per dare alle stampe il suo sesto

libro  che egli considera un lavoro impegnativo ma ben

riuscito.  Lo abbiamo raggiunto al telefono e con lui abbiamo

realizzato un'intervista a tutto tondo che vi proponiamo.

   D. -  Enrico Ruggeri, dai Decibel sino a "Cuore muscoli e

cervello" ha compiuto un'incredibile evoluzione con qualche

ritorno verso il passato... Cosa può dire in merito?

   R. - Quando si scrivono delle canzoni si cerca sempre di

guardare all'interno delle proprie potenzialità, si tenta di

raccontare storie sempre diverse o di raccontare la stessa

storia servendosi di linguaggi diversi. Credo di essere al

centro di un percorso che, per fortuna è stato  piuttosto

lungo.

   D. - Con i Decibel vi è stato un tentativo di  fare musica

di rottura rispetto a quello che era il panorama italiano del

tempo...

   R. - Beh sì, quando sono usciti i Decibel essi erano

veramente quanto di più diverso potesse esistere rispetto a

quello che si ascoltava in Italia in quegli anni; i gruppi

da noi in quegli anni erano molto romantici, nati per piacere

alle ragazzine, si chiamavano, per chi se li ricorda,  La

Bottega dell'Arte,  Collage. Noi ascoltavamo, probabilmente,

musica totalmente diversa  ci piacevano cose differenti,

venivamo dai viaggi a Londra che si facevano per andare a

sentire i concerti, per cui portammo in Italia una musica che

il nostro paese non conosceva.

   D. -  Fu un'azione molto coraggiosa partecipare a Sanremo

con un pezzo quale "Contessa"...

   R. - Beh sì. "Contessa" era una canzone molto diversa

dalle cose che si ascoltavano in quegli anni, però fu tutto

sommato una scelta felice, giacché il pezzo andò molto bene e

da quel Festival di Sanremo dell'ottanta è partito un po'

tutto.

   D. - Qualcuno si è stupito nel vederla dedicarsi in

seguito  alla scrittura  di canzoni molto intimiste, mentre

in realtà sappiamo che molti gruppi rock hanno tra il loro

repertorio le cosiddette ballate...

   R. - Il punk fu una grande sferzata, però era un tipo di

musica che non prevedeva grandi evoluzioni, si basava tutta

su pochi accordi maggiori e basta. Bisogna anche tener conto

del fatto che ad esempio in Inghilterra Sting  è nato come

cantante e bassista di un gruppo  Punk, così come Elvis

Costello,. Quelli più curiosi hanno poi fatto altre cose

partendo da lì.

   D. - Quali sono i gruppi  che predilige?

   R. - I miei preferiti erano gli Stranglers, i Clash hanno

   dato tantissimo, i Sex Pistols  che furono un po' il

   detonatore... Ma gli Stranglers erano quelli che mi

   piacevano di più.

   D. - Perché l'Italia è rimasta sempre indietro sotto

   questo aspetto?

   R. -  L'Italia è sempre in bilico tra le radici della sua

   musica  molto melodica e la voglia di Europa. E' forse

   giusto che sia così: sposa determinate correnti ma mai

   fino in fondo.

   D. - Che cosa è per lei l'ispirazione?   Come nasce?

   R. - Ma, l'ispirazione è l'osservazione, l'osservazione di

   se stessi, di quello che succede; è un percorso

   abbastanza misterioso.

   D. - Lei ha composto numerose canzoni per altri suoi

   colleghi, i quali le hanno portate al successo, basti

   pensare a "Quello che le donne non dicono" interpretata da

   Fiorella Mannoia, ma potremmo citarne tante e tante altre.

   Cosa induce un cantautore a donare una propria canzone  ad

   un altro interprete?

   R. - Non so negli altri casi; per quanto riguarda me è

   portato dai casi della vita: amicizie che nascono,

   affinità, quindi la decisione di far musica assieme. Non

   sono mai stato quello che programmava una cosa magari

   chiamando un collega, dicendogli guarda, ho scritto una

   canzone che puoi cantare solo tu, non ho mai usato questi

   trucchi del mestiere che venivano utilizzati una volta...

   io scrivo per il piacere di scrivere, poi le mie canzoni

   prendono anche direzioni determinate dal caso...

   D. - In seguito con l'album "L'isola dei tesori" lei si è

   riappropriato di alcune di queste canzoni...

   R. - Sì, sì. Beh, quello lo facevo già da tempo in

   concerto, per cui come dire, ho fatto sentire alla gente

   come le avevo scritte ecco.

   D. - Lei ha davvero collaborato con le personalità più

   disparate, anche con Elio e le storie tese...

   R. - Proprio per quanto dicevo prima, per il caso si può

   diventare amico  anche di persone che tra di loro

   probabilmente non diventerebbero amiche; penso ad Elio,

   Tozzi, la Mannoia, Morandi, Mina, Locasciulli sono, queste,

   persone molto lontane tra di loro.

   D. - Parlando di donne, di donne ha scritto molto; ma che

   opinione ne ha?

   R. - Oh mamma! Beh è un'opinione che è cambiata nel corso

   degli anni, perchè la donna ha un effetto abbastanza

   dirompente sull'uomo  su di me in particolare. Basta

   vedere le mie canzoni, all'inizio emergono indubbiamente

   molti conflitti irrisolti e poi, piano piano, la voglia di

   capirle, di conoscerle meglio.

   D. - E cosa non dicono le donne?

   R. - Cos'è che non dicono gli esseri umani! In realtà vi

   sono tante cose che uno non riesce a comunicare all'altro,

   a chi gli sta vicino, per cui sono quelle che potremmo

   catalogare come difficoltà del vivere.

   D.  - Lei è uno dei pochi cantanti ad aver scelto anche

   delle attività parallele, quella di scrittore, di racconti

   e poesie,  insieme a quella di conduttore di programmi

   televisivi, attività nel corso della quale si confronta

   con il video in altra veste. Come nascono queste diverse

   esperienze?

   R.- Queste sono un po' le diverse facce di una stessa

   medaglia, in realtà il mio mestiere è quello di ascoltare

   storie per poi raccontarle rendendole più poetiche o

   maggiormente spettacolari. Questo lo ho fatto

   principalmente scrivendo canzoni ma anche scrivendo libri e

   facendo adesso anche il conduttore televisivo. Però il

   principio è lo stesso: portare agli altri delle cose che

   hanno emozionato me.  Per cui è stato un passaggio

   abbastanza naturale, credevo che fosse più difficile.

   D. - Quando si confronta con la scrittura di un racconto

   come avviene il parto?

   R. -  Come tutti gli altri parti, misteriosamente. Io mi

   metto lì a giocherellare con un foglio bianco, ad un certo

   punto inizio a scrivere qualcosa, o prendo la chitarra, o

   mi alzo e vado al pianoforte, quindi avvengono tutti

   abbastanza nello stesso modo.

   D. - Il suo scrittore preferito?

   R. - Direi Simenon, sarà perchè è quello di cui ho letto

   di più, ma proprio perchè egli è  un insieme di poesia, di

   sintesi, è molto moderno.

   D. - Il suo poeta preferito?

   R. -  Ma debbo dire che io la poesia non è che la conosca

   particolarmente, se proprio debbo scegliere un poeta direi

   Giacomo Leopardi.

   D. -  Per il pessimismo?

   R. -  No, semplicemente per l'acume e per la perfezione

   tecnica. Per me la poesia, sarà per una mia

   deformazione professionale deve essere in rima, deve

   contenere una struttura, deve avere in sé la musicalità

   della parola, altrimenti è troppo facile.

   D.- E' diverso scrivere una poesia dal comporre una

   canzone?

   R.- Sì, comporre una canzone è in assoluto la forma  dello

   scrivere più difficile, per il semplice motivo che devi

   tener conto di una serie  di fattori enorme..

   D.- Lei è anche sportivo, notoriamente tifoso dell'Inter.

   Come nascono queste passioni calcistiche?

   R. - Ma nascono dall'infanzia; mio padre era interista e

   quindi nascono non so neanch'io come, così come mio figlio

   non sa neanche lui perchè sia anch'egli interista... Sono

   quelle cose che poi ti accompagnano per tutta la vita ed

   in un certo senso tengono vivo il bambino che hai dentro.

   D. - L'Inter si sta avviando a vincere un altro scudetto,

   forse questo è un campionato che non soddisfa pienamente,

   per la scarsa competitività di altre squadre; lei cosa ne

   pensa?

   R.- Sì, però è anche vero  che tutti dicono che è un

   campionato facile, però le altre stanno tanti punti sotto.

   Dunque pur essendo un campionato così facile le altre sono

   distanziate di almeno  15 20 punti dall'Inter.  E' un

   campionato frutto di quanto accaduto  negli anni

   precedenti, però è anche vero che non è facile  vincere

   tanto comunque.

   D. - Cosa pensa di Roberto Mancini?

   R. - E' il primo allenatore che è riuscito a coniugare

   risultati e giuoco ed è il primo allenatore che è riuscito

   a far stare sereno uno spogliatoio come quello dell'Inter,

   cosa che negli ultimi quarant'anni non era riuscito a

   nessuno.

   D. -  Sta ancora collaborando con "Controcampo"?

   R. - Sì, mi diverto, dopo aver visto la partita a buttar

   giù due righe.

   D. - Che pensano i tifosi dell'Inter di questa sua

   collaborazione?

   R.-  La trovano divertente.  Io stesso cerco di non

   prendermi troppo sul serio. Il calcio è un argomento sul

   quale la gente non ama scherzare, però  un po' di ironia,

   quando si riesce  sarebbe auspicabile.

   D. - Cosa pensa degli ultimi eventi che hanno colpito il

   calcio, mi riferisco alla chiusura di alcuni stadi...

   R. -  Ma io sono nato in un periodo in cui queste cose...

   io andavo al liceo negli anni settanta e quindi io credo

   che vi siano delle frange di  disagio che hanno bisogno di

   mettersi sotto una bandiera; negli anni settanta  erano

   altre adesso sono queste. Così come  negli anni settanta

   vi erano quelli che rompevano le teste  ma non  avevano

   nulla a che vedere con Che Guevara, quelli  che oggi

   rompono le teste non hanno niente a che  vedere con il

   calcio e con il tifo.

   D. - Ritiene che il Governo sia stato abbastanza

   tempestivo nell'intervenire?

   R. - Il nostro Governo, qualunque esso sia, è sempre... fa

   le leggi, poi tanto vi sono le scappatoie  si esce...  il

   problema dell'Italia è che ognuno fa un po' come gli

   pare, quindi alla fine dopo la prima Domenica si gioca

   anche con la gente, a porte semichiuse, poi socchiuse,

   adesso è tornato  tutto come prima.

   D.- La sua appartenenza alla Nazionale Cantanti  quanto

   tempo le prende e come la vive?

   R. -  Adesso io sono il Presidente dell'associazione, da

   circa un annetto. E' un impegno che  affronto volentieri,

   intanto perchè mi dà la possibilità  di fare qualcosa, di

   rendermi utile,  di mettere la mia fortuna a vantaggio di

   altri. In questo momento riusciamo a portare le famiglie

   agli stadi, giacché noi siamo l'unica realtà

   tranquillizzante  all'interno del calcio.

   D. - L'incontro con Andrea Mirò musicalmente cosa ha

   cambiato in lei?

   R. - Beh, intanto il suo grande talento  la sua grande

   ispirazione e la sua grande tecnica mi hanno sorpreso da

   subito; lei mi ha dato anche dei codici,  nel senso che io

   a volte scrivevo delle cose e non sapevo neanche perchè lo

   facevo. Mentre lei, che proviene dalla musica studiata è

   in grado di  codificare, di scrivere una musica senza

   avere uno strumento davanti è sicuramente una musicista

   nel vero senso della parola...

   D. - Tornando al "Bivio" quale storia l'ha colpita

   maggiormente e come si rapporta con tutte queste vicende

   e con i loro protagonisti?

   R. - E' difficile sceglierne una, sono tutte veramente di

   grande intensità e di grande emozione;  mi rapporto

   innanzitutto con curiosità, sperando sempre che la

   curiosità  mantenga inalterato il rispetto, perchè poi

   l'ospite merita rispetto; vi è sempre un misto di

   impertinenza  e la voglia di tutelare chi ha deciso di

   venire da me a raccontare  una storia.

   D. - Cosa l'ha attratta maggiormente nel corso di queste

   puntate?  Cosa l'ha colpita?

   R. - Mi ha colpito il fatto che il vero mistero del mondo

   è quello che vediamo e non quello che non si vede, perchè

   poi la gente ha un sacco di storie incredibili da

   raccontare.

   D. - Lei si è dedicato anche alla scrittura di colonne

   sonore. Che rapporto ha con il cinema?

   R. - Non mi piace molto il luogo cinema, mi piace guardare

   i film a casa francamente. Al cinema non ci si può alzare,

   non si può fumare, è un luogo restrittivo. Mi piace però

   guardare i film.

   D. - Si confronterà ancora in futuro con la scrittura di

   colonne sonore?

   R. - Me lo auguro, spero che accadrà ,  è una cosa molto

   stimolante.

   D. - Le è mai capitato di incontrare dei non vedenti?

   R. - Beh sì, nel 1987 feci una tournè successiva alla

   vittoria di "Si può dare di più" con una grande orchestra

    e scelsi di essere accompagnato da un allora giovanissimo

cantautore che si chiama Aleandro Baldi,  con il quale ho

vissuto tre o quattro mesi. Stare in tournè vuol dire  vivere

a stretto contatto.

   D. - E' cambiata in quel periodo la sua idea della cecità?

   R. - Beh, io non sono uno che ha preconcetti , ma

   indubbiamente  Aleandro è uno che ti stupisce,  che ti

   spiazza, perchè è una persona iperattiva, è molto ironico,

   con un non vedente capita spesso di dire frasi quali

   ci vediamo dopo ecc. e lui era il primo a ridere ed a

   prendermi in giro dicendo, ad esempio "Sì magari"!

   Aleandro era un tipo molto spiritoso  e naturalmente

   vivere a contatto con un non vedente ti fa capire una cosa

   che sai già, ma che è bello verificare, il fatto di quanto

   siano sviluppati gli altri sensi e quindi Aleandro  è uno

   che entra in un posto e sa dirti, che la stanza è bella, è

   grande, ha un udito così fine che riesce a misurare le

   cose con le orecchie. Una serie di cose che già immaginavo,

   con lui  le ho vissute toccandole con mano.

   D. - Vi è una canzone che avrebbe voluto scrivere?

   R. - Per la verità sono molto contento di quelle che ho

   scritto, però dovendo scegliere forse "Il cuoco di Salò" o

   "La valigia dell'attore" di Francesco De Gregori.

   D. - La canzone che considera più brutta in assoluto?

   R.- Non si dice, debbo dire che accendendo la radio vi è

   solo l'imbarazzo della scelta.

   D.  -  Per concludere vuole inviare un messaggio, od un

   saluto particolare ai nostri lettori?

   R. - Un abbraccio  ed un a presto, poiché io ad Aprile

   ricomincio a far concerti.

 

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Racconti e poesie

 

Odori

di Renzo Coletti

 

Una definizione del Sufismo, può essere “Odore?” Può il linguaggio essere fissato in un

istante come visualizzato da un microscopio? La corsa del pensiero può divenire linguaggio

senza una perdita di significato udibile o leggibile? L’uomo sembra essere condannato da un

principio d’indeterminazione, vedi Eisemberg, in tutte le sue aspirazioni. L’arte può superare

questo limite? Il messaggio che da essa ne deriva può essere assimilato? Come? Una poesia

nasce pensata? Può essere pensata? La mia risposta personale è no! Si può scrivere una sola

parola su un foglio e osservare che senzazione ti cresce dentro e si trasforma in pensiero e il

pensiero cerca la parola successiva della parola scritta, poi la mano o le dita cominciano il loro

movimento in questo spazio tra pensiero e linguaggio, la emotività cresce e il pensiero ora è

anima. Quali altri strumenti possediamo per una materializzazione del pensiero oltre il

linguaggio? Un pittore come crea o può creare la sua opera? Come fissare sulla tela

quell’immagine che gli rode dentro e vuole uscire e creare il quadro? Come il quadro può

essere fotografia o la fotografia quadro? Ancora una volta lo spazio tra pensiero e linguaggio

trova una nuova espressione e una nuova forma che è pennello e colore che si concretizzano in

immagine su tela. Forse un quadro è una serie quasi infinita di fotografie. Istanti fissati in una

successione inconscia di gesti che la mano utilizza per creare una forma? Quanta anima può

contenere un quadro? Ora vediamo la scultura come può inserirsi nello stesso spazio.

L’immagine è ora forma che deve essere plasmata. L’uomo si è evoluto grazie al contributo

idispensabile del pollice verso. Testa mano e lingua. Quale volotà può superare la decisione di

creare da un blocco di marmo una figura umana? Quale calore si può opporre alla freddezza o

al gelo del marmo? Ecco la tomba che diventa vita! La figura umana creata porta con se il

calore della mano che l’ha creata, nel suo modo stesso di essere. Ora passiamo alla Musica.

Quale differenza corre tra un rumore e un suono eed un suono come diventa musica? In questo

ricercare dello spazio che potremmo definire “alla ricerca dell’Anima,” rumore,suono,musica,

si può anche trovare una spiegazione possibile alla Creazione? Direi proprio di sì. Dal caos, o

dal brodo primordiale, si giunge alla forma che può essere definita suono, e dal suono si può

giungere alla Musica che può essere definita? Volontà? Da una posizione statica ad un

movimento, cosa può esserci se non una volontà? Quale volontà si cela in una materia che si

trasforma in vita? Chi suona la Musica? La musica non ha una forma ne una materia, è

vibrazione che diventa armonia. Entra in noi e ci trasforma, senza contenuto proteico o

liquido, né gassoso. Andare oltre esula dalle mie intenzioni. Non sarei soddisfatto di quanto

sopra detto, se non cercassi ancora e ancora una volta mi priettassi o non tentassi di

proiettarmi oltre. Un’arte forse troppo trascurata se intesa come arte, è credo l’odore che può

diventare profumo e ritornare odore in un ciclo infinito di stimolo risposta, o meglio in un

tentativo di perfezione in un susseguirsi di errori. Chi non ha provato la senzazione di un

ritorno all’infanzia attraverso un odore o un profumo? L’odore di una stufa che riscalda o

l’odore della nostra cartella con i libri, o l’odore del corpo di nostra madre o di nostra nonna?

Il profumo del sigaro del nonno o dei fiori del giardino o del pane appena sfornato? Preferite il

dolce della zia?

Un fondista di nuoto, dopo ore di nuotata raggiunge uno stato di incoscienza e mantiene il

contatto con il mondo che lo circonda, che è il mare e la barca che lo segue, attraverso il naso

e le sensazioni che gli portano. Quali occhi sono capaci di tanto? Ora torniamo all’arte. Il

giardinaggio può essere arte? Certamente sì, ma ora soffermiamoci solo sul profumo dei fiori e

immaginiamo un percorso circolare attraverso svariati profumi. Al ritorno nel punto di

partenza, saremo ciò che eravamo prima di fare il giro?Io dico di no! Certo il colore dei nostri

occhi non sarà variato come quello dei nostri capelli, ma qualcosa nel nostro sguardo

certamente sì. Momentaneamente? Quando respiravamo l’odore della legna che ardeva nella

stufa o quello del profumo della torta della zia ecc… ne eravamo veramente coscienti o

semplicemetne ne apprezzavamo o disprezzavamo il risultato? Forse, ma con quegli odori noi

ora riviviamo le emozioni che ci hanno cresciuto e plasmato. Ora immaginiamo un nuovo

percorso, e attraversiamo un altro cerchio in un altro giardino, ove in sottofondo degli

autoparlanti diffondano una musica e aggiungiamo alcune statue di diverso soggetto sediamoci

su una panchina e leggiamo una poesia. Tormando al punto di partenza saremo ancora gli

stessi? No!Cosa sarà cambiato rispetto alla volta precedente? Ecco che ora sto lanciandomi nel

mare dello sconosciuto e dell’immaginario. In realtà, nel primo percorso, già esisteva una

musica e delle sculture e anche una poesia. Semplicemente non ve l’avevo fatto notare. La

musica era la natura con il suo canto degli uccelli, il frusciare delle foglie, lo zamiillare di una

fontana, l’abbaiare lontano di un cane, e forse il guizzare di un pesce in un laghetto con cigni e

pesci colorati, . quale quadro può essere così espressivo? Quale statua può egualiare una pianta

o unaqualsiasi forma di vita? L’arte è appunto l’istante, il qui ora che si trasforma in quadro

statua e musica. L’essere nel divenire. Ma torniamo al secondo percorso. Cosa può essere

accaduto? La musica le statue e la poesia, hanno oscurato i suoni e le forme e i profumi del

primo percorso? Esiste uno stato alterato di coscienza che si può definire sovraccarico

sensoriale. Cosa succede in questo stato? Un novo senso entra in gioco e una sensibilità e una

ricettività che può essere definita un messaggio subliminale, ci penetra e ci coinvolge al di

sopra e nel più profondo meandro dell’Anima. Chi lancia questo messaggio che ci giunge così

celato e impalpabile eppure così profondo? Come dicevo all’inizio, il Sufismo può essere un

odore, proprio per la sua ricerca e la sua successione di sensazioni che si compenetrano e si

fissano in noi come le diverse forme dell’arte che ci raggiungono e ci conducono alle vette più

elevate della coscienza. Quell’odore che ci resta dentro e si trasforma in messaggio profondo

che forse una danza di Derviscio ritrova nel suo girare su un centro del cerchio che ha

sperimentato.

Posso o voglio fermarmi qui? Qualcosa mi dice che ancora posso inoltrarmi.

Un corpo di donna mi appare e una parte di me si unisce al suo respiro. Desiderio e passione

frugano le mie sorgenti di vita. Onde di piacere e sussurri mi vibrano dentro come corde di

violino, mani avide si tendono ed accarezzano un corpo quasi simili a strumenti di scultore.

Bocche si congiungono e rspirano insieme avide di emozioni. Odori si trasformano in piacere,

Movimenti sono danza dello spirito che si ritrova. Un corpo si apre ad un altro, una nuova

profondità si riempe del seme che sarà pianta e frutto. Un grido di piacere diventa preghiera,

un sospiro è gioia e paace. Il sorriso ora non ha più difese, Ora due corpi si conoscono meglio,

due anime si socchiudono al nuovo sentimento. Quante volte ancora si riuniranno quei corpi

ora sazi per saziarsi ancora e di più? L’insaziabilità di un attimo li atende, Una Fede diventa

Amore.   

 

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Riflessioni e critiche

 

Noticina  dell’ora

di Donato Rossi

 

In finis velocior,rammemorava pure l enigmatica Monaca di Dresda.

La nuova entente cordiale offertasi or ora fra Ratzinger e Kissinger, prelude mi pare a un’ ulteriore e

rapida sintesi storica,essenza del cosiddetto nuovo ordine mondiale,la quale allora,diffondendo

congiuntamente sui popoli un’ ombra di due mani severamente atrofizzate dal dogmatismo(

liberista,da un lato; dall’ altro curiale)potrebbe cancellare indefinitamente( sara’ interessante coglierne

i frutti dall’ immediato,loro nuovo  laboratorio cubano) sino i valori intrinseci di base a ogni sviluppo

umano ulteriore, oltre lo scacco attuale, sul globo: scacco dato dal volgere, specie, delle nuove erranze

umane e raziali (those new earth shakers).

Per noi Europei, questo specificum, questa base, è la personalità storica, dunque l’unità animica e

geopolitica, del mondo mediterraneo (cristiano e non cristiano); e tramite la Slavia cattolica (Varsavia

e Praga) l’unità animica continentale occidentale  con la Slavia ortodossa.

Se non erro, una verifica del presente modus operandi fra quegli accennati “compari globali”, la

darebbe proprio la recentissima, ufficiale  opposizione curiale all’ingresso della Turchia musulmana in

Europa: opzione negativa singolarmente conforme al progetto militare permanente  del Pentagono per

la Turchia nell’intero quadro dello scacchiere mediorientale. Del resto, è forse un “caso” che il

primevo sviluppo allo scudo spaziale, che tutti tanto inquieta, sia stato proposto da Washington sul

terreno di Cechia e Polonia? Non va poi  dimenticato: a Varsavia come a Praga è in atto, fomentata da

governi dell’estrema destra amici degli USA, una revanche sociale pseudo cattolica (tradizionalista in

senso più gretto, id est: una cabala per i bigotti) fortissima, che in casi specifici, anche nei rispettivi

parlamenti nazionali in questione, sfiora l’ingiuria altrui razzista.

     

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Giornalisti allarmisti (2) – L’aviaria

di Mario Lorenzini

 

Si è parlato molto di aviaria negli ultimi tempi. Ma che cos’è? Quanto c’è di vero in quello che

sentiamo dire in giro?

Questo virus è, stando perlomeno al nome stesso, altamente contagioso. La trasmissione avviene

infatti a mezzo animale, nello specifico i volatili; in quanto tali, si presuppone un’alta diffusione. Avis

significa uccello, ecco perché questi sono i portatori del virus.

Attenzione però: essere portatori di un virus, ammalarsi, non significa necessariamente trasmetterlo.

Tra l’altro, ci può essere un’incompatibilità ttrasmissiva tra una malattia esclusivamente di origine

animale e umana, o comunque il fisico umano può avere delle difese più alte e non ammalarsi.

 

A parte questa premessa, capisco che sia sempre bene premunirsi con i dovuti accorgimenti, ogni

precauzione utile ad evitare un contagio, possibile, è giustificata. Si è parlato di pandemia, ovvero

diffusione a livello mondiale del virus, ma i dati oggi risultanti sono più che buoni. In Italia non ci

sono stati accertamenti comprovanti la diffusione del virus, e in genere così è stato nel resto

dell’Europa, perlomeno quella civilmente igienica.

Pare che, infatti, semplici accorgimenti, come evitare di mangiare la carne di pollo per un po’, un

controllo accurato sulle carni lavorate, siano già un buon deterrente per bloccare quest’influenza. Solo

in paesi meno sviluppati (vedi l’esempio della Turchia dove c’è stato un contagio per contatto diretto

tra persone che vivevano in un allevamento di pennuti), o nel punto da dove pare abbia avuto origine il

tutto (Cina tailandia e paesi orientali limitrofi), ci sono stati alcuni casi anche mortali, poche decine di

persone  a dir la verità, che, trovandosi nel focolaio della malattia, quindi tutte più o meno vicine, non

potevano far altro che ammalarsi molto più facilmente.

 

Ora, detto così sembra minimizzare; ma se detto prima poteva essere tranquillizzare, col senno di poi è

vedere le cose in modo oggettivo. Questo è quello che è realmente accaduto.I medici ci hanno sempre

più o meno messo l’anima in pace, dicendo che la cosa era sotto controllo specie con le dovute cure

igienico-sanitarie, e con l’adozione di un vaccino contro l’influenza non proprio mirato ma atto a

rinforzare l’organismo. Pare poi che negli ultimi tempi sia stato messo a punto un vaccino,e che sia

partita la solita sperimentazione.

Anche questa volta i giornalisti hanno fatto un po’ troppo gli amplificatori delle notizie in senso

negativo, senza poterselo permettere, non essendo fisiologi o medici o scienziati.

Neppure io lo sono, non dico di non curarsi, di non premunirsi, ma neanche di buttarsi dalla finestra

perché sicuramente moriremo tutti di aviaria.

Ci sono tante altre malattie, vecchie e nuove, di cui si muore tutti i giorni, ma ormai la notizia è

passata; o sarebbe meglio dire sfruttata? Oggi che l’aviaria imperversa ci si butta a capofitto nella

scrittura di articoli allarmanti e interviste che possono far impaurire milioni di persone che stanno

davanti la tv. Domani, un’altra piaga sociale, una strage di terroristi, un rapimento di una persona

indifesa, queste cose non rappresenteranno altro per il giornalismo, che l’ennesimo business su cui

gettarsi senza scrupoli.

 

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Sport

 

L’Italia del pallone sorride ancora

di Andrea Bonfiglio

 

A distanza di un anno dai campionati mondiali tenutisi in Germania, il calcio italiano si colloca

nuovamente sul gradino più alto del podio. E’ merito del Milan, fresco vincitore della Champion’s

League (sconfitto il Liverpool per 2 a 1 nella finale di Atene, grazie alla doppietta di uno scatenato

Inzaghi), se la stella del calcio nostrano ha continuato a brillare più delle altre. A sorridere, tuttavia,

non sono soltanto i fans rossoneri, difatti la stagione appena conclusa ha donato motivi di felicità ai

tifosi di diverse squadre: gli juventini che dopo le lacrime amare versate la scorsa estate hanno potuto

festeggiare la vittoria del campionato cadetto e la conseguente promozione nella massima serie (al pari

dei napoletani e dei genoani); gli interisti nuovamente scudettati dopo oltre un decennio; i romanisti

che si sono potuti fregiare della coppa Italia; i laziali che nonostante l’iniziale penalizzazione dovuta

agli scandali di calciopoli hanno visto il proprio team centrare la qualificazione in Champion’s

League; i reggini la cui squadra – zavorrata da 11 punti di penalizzazione – ha conquistato una storica

salvezza, nonché tutti i supporters dei clubs che hanno raggiunto il traguardo della permanenza in serie

A soltanto all’ultima giornata. Dopo questi vari festeggiamenti per gli appassionati italiani potrebbe

presentarsi l’occasione di esultare insieme, sotto la stessa bandiera. Tutto dipenderà dalle prestazioni

degli azzurrini di mister Casiraghi, impegnati in Olanda nelle fasi finali del campionato europeo under

21. Chissà che non possa finire come 365 giorni fa a Berlino…

 

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