Giovani del 2000



Informazione per i giovani del III millennio numero 37 Giugno 2010

Direttore: Cav. Virgilio Moreno Rafanelli

Vice Direttore: Maurizio Martini

Redattori: Alessio Lenzi, Luigi Palmieri, Massimiliano Matteoni

Collaboratori di redazione: Elisabetta Barsotti e Elena Cinelli

Redazione: Via Francesco Ferrucci 15 51100 - PISTOIA
Tel. 057322016
E-Mail: redazione@gio2000.it
Sito internet: www.gio2000.it

Tipologia: notiziario

Pubblicazione registrata presso il Tribunale di Firenze al n. 4971 del 26.06.2000

Gli articoli contenuti nel periodico non rappresentano il pensiero ufficiale della redazione, ma esclusivamente quello del singolo articolista.


ELENCO RUBRICHE

In questo numero:

Cucina
Tutti in cucina (parte ventiduesima)
di Elisabetta Barsotti
Cultura
Scilla
di Sara Cacciola
Filosofia, religione e dintorni
Il poeta pound
di Marius
Hobby e tempo libero
Islanda: Tra Europa e America lo stupore dell'acqua e del fuoco
di Gianfranco Pepe
Lettere dal Cuore
Un problema sentimentale e.. non solo
Normalità e handicap
Cecità e sessualità
di Antonino Cucinotta
Racconti e poesie
L'attesa
di Antonella Iacoponi
Riflessioni e critiche
In democrazia, se si vale si va avanti
di Antonino Cucinotta
Spazio donna
La simbologia dei fiori
di Elena Cinelli

Cucina

Tutti in cucina (parte ventiduesima)


di Elisabetta Barsotti

Carissimi lettori, ben ritrovati!

Con questo numero del nostro giornalino, che,questa volta, ho il piacere e l'onore di aprire, siamo arrivati alla trentasettesima uscita. Anche per questo numero estivo, siamo riusciti, almeno così speriamo, a offrirvi contenuti molto interessanti e di spessore scritti per voi dai nostri articolisti.

Venendo a noi, dopo varie indecisioni, ho deciso di proporvi un po' di ricettine dove, protagonista incontrastata, è la melanzana: un frutto della nostra terra gustoso e versatile che io, personalmente, adoro. Ah, dimenticavo! Per finire c'è anche un dolcino buono buono, fresco e veloce da preparare ma da leccarsi i baffi!

Non mi resta che salutarvi e, nell'augurarvi, da parte della redazione tutta, una felice estate, darvi appuntamento al prossimo numero.....Ciao!

Rotolini di Melanzana

Ingredienti per 4 persone

Preparazione:

Su ogni fetta di melanzana poggiare 2 fette di mozzarella e 2 o 3 foglie di basilico. Formare un rotolino che fermerete con uno stecchino da denti. Porre i rotolini in una teglia leggermente unta d'olio e su ognuno mettere un cucchiaio abbondante di salsa di pomodoro. Salare, pepare e condire con un filo d'olio. Passare sotto il grill per una decina di minuti circa.

Gratin di Acciughe e Melanzane

Ingredienti per 4 persone

Preparazione:

Tagliare a fette le melanzane e grigliarle. Disporle sul fondo di una teglia in doppio strato, cospargendo di sale e olio q.b. ogni strato. Tagliare a dadi i pomodori, salarli e disporli sulle melanzane, tenendone da parte una piccola quantità. Disporre quindi sui pomodori le acciughe disliscate con il dorso verso l'alto. Preparare un trito con aglio, basilico, pane grattugiato e cospargere le acciughe. Spargere infine i pomodori rimasti, irrorare con un filo di olio evo e infornare a 200° per 30 minuti circa.

Melanzane Ripiene Estive

Ingredienti per 4 persone

Preparazione:

Tagliate a metà le melanzane e scavatele, mettendo in una terrina la polpa tagliata a cubetti. Se alle melanzane togliete la buccia viola, scavatele un po' meno del normale per evitare buchi sul fondo. Nella terrina insieme ai cubetti di melanzana,aggiungete la polpa di pomodoro, la mozzarella tagliata a cubetti, i due cucchiai di pane grattugiato, un po' di sale, un po' di pepe e mescolate il tutto. Nel frattempo accendete il forno ventilato a 180°. Con il composto ottenuto riempite le melanzane. Sopra ogni metà appoggiate un filetto di acciuga, 3 olive e una spruzzata di grana e provolone grattugiati. Adagiate le melanzane in una pirofila nella quale avrete messo un goccio d'acqua. Mettete un filo d'olio sopra le melanzane e infornate per 25 minuti.

Rigatoni prosciutto e melanzane

Ingredienti per 4 persone

Preparazione:

Lavate le melanzane, tagliatele a dadini, fate perdere l'amarognolo lasciandole spurgare con il sale dentro uno scolapasta per circa 30 minuti. Sciacquatele, asciugatele e friggetele in abbondante olio caldo. Cuocete i rigatoni in acqua salata. Appena saranno cotti, scolateli, conditeli con la salsa di pomodoro e metteteli in una padella. Accendete il fornello a fiamma bassa e rigirate i rigatoni;unite quindi le melanzane, il prosciutto, il parmigiano, un po' di burro, il basilico fresco spezzettato con le mani, la mozzarella ed infine il peperoncino. Spadellate ancora un paio di minuti amalgamando il tutto per bene e servite caldissimi.

Torta Pomodori, Melanzane e Sottilette

Ingredienti per 4 persone

Preparazione:

Per prima cosa lavate i pomodori, tagliateli a fette di medio spessore e disponeteli su un tagliere salandoli per aiutare la fuoriuscita dell'acqua di vegetazione. Tagliate ora la melanzana a fettine e grigliatela sulla piastra o sotto il gril del forno. Srotolate ora la pasta sfoglia e foderate una tortiera bassa (tipo crostata); bucherellate la sfoglia con i rebbi di una forchetta e ricoprite il fondo con le fette di melanzana. Ricoprite le melanzane con le sottilette e, sopra le sottilette, sistemate per bene le fette di pomodoro che avrete ben scolato dalla loro acqua. Spolverizzate con origano e irrorate con un poco d'olio. Ripiegate ora i bordi della pasta sfoglia e infornate in forno già caldo, 180 gradi, per 30 minuti circa o fino a quando la sfoglia non apparirà ben dorata. Ottima anche fredda

Dolcezza Estiva

Ingredienti per 4 persone

Preparazione:

Mescolare molto bene la ricotta con lo yogurt e lo zucchero, unire il cioccolato fuso raffreddato. Bagnare i pavesini con la bagna che desiderate e procedere a strati alternando ai biscotti la cremina preparata fino ad esaurimento. Se volete dare un tocco rosa delicato al vostro dolce, aggiungete poco alchermes o frullato di fragola alla crema dell'ultimo strato. Guarnire a piacere con fragoline o scaglie di cioccolato bianco. Sistemare in frigo per qualche ora, meglio ancora una notte.

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Cultura

Scilla


di Sara Cacciola

Tutto quello che Scilla è stato,è tutt'oggi e sempre sarà. Un nome carico di magia,mitologia,armonia,che evoca il passato mescolandolo nel nostro presente. Un'ode a Scilla,per tutti coloro che la amano e sono orgogliosi di farlo.

Scilla è il nome di due personaggi femminili della mitologia greca:
la ninfa Scilla, trasformata in mostro marino e solitamente ricordata con Cariddi
la principessa Scilla, figlia di Niso re di Megara
Scilla è un comune della provincia di Reggio Calabria.
Scilla è un genere di piante della famiglia delle Liliacee.
Scilla è un nome proprio di persona italiano femminile.
Scilla è anche un asteroide della fascia principale del sistema solare, scoperto nel 1875.
Agostino Scilla è stato un artista e scienziato siciliano del diciassettesimo secolo.
Kira di Scilla è un personaggio del manga e anime I Cavalieri dello zodiaco.

Scilla è ovviamente il mio paese,la culla che mi ha vista nascere,il nido che mi ha fatto crescere. Un presepe incantato che risplende tutto l'anno nella sua immensa bellezza.Scilla,meravigliosa Scilla. Un piccolo cosmo,un minuscolo puntino nell'universo,del quale però risuona il nome in tutto il mondo.Il nostro piccolo grande amore.

Un po' più di qualcosa si deve aggiungere riguardo al simbolo del nostro paesino:il bellissimo e antichissimo Castello dei nobili Ruffo di Calabria.
Delimitata, a sud e a nord, da due imponenti costoni di roccia (probabilmente granito), costituisce come una sorta di insenatura.
Il più imponente dei citati costoni (noto come la Rocca) è situato a nord ed ospita in cima l'antica fortezza nota come Castello Ruffo.
Ad est della grande roccia, collegata al Castello da una stradina e protesa verso il centro-città, sorge la chiesa arcipretale di Maria SS.
Immacolata, titolare dell'omonima parrocchia arcipretale che comprende tutte e sette le chiese di Scilla e la chiesa della frazione Favazzina.
Sull'altro complesso roccioso, porta della città per chi proviene da Reggio o dalla limitrofa Villa San Giovanni utilizzando la SS18, è posto un
terrazzino, noto come Belvedere Morselli, che offre una magnifica panoramica sullo Stretto e sulla città.
Il belvedere ospita un monumento allo scrittore Ercole Luigi Morselli, innamorato delle suggestioni mitologiche di Marina Grande di Scilla, cantate
da Omero circa duemila e settecento anni fa.
Lo spazio fra le due rocce, circa un chilometro, è occupato dal lungomare Cristoforo Colombo e dalla spiaggia che, costituita da ghiaietta molto fine,
è stata probabilmente ampliata dallo scarico dei materiali risultanti dalla costruzione del tratto dell'autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria.
La chiesa dello Spirito Santo
All'estremo settentrionale del lungomare, proprio ai piedi della grande roccia, è posta la chiesa dello Spirito Santo, in stile tardobarocco,
risalente al 1752.
Scampata ai terremoti del 1783 e del 1908, nonché a numerose mareggiate, come quella del capodanno 1979-'80, fra le più violente degli ultimi
decenni, la chiesa ospita anche un antico quadro (olio su tavola) ed una statua di San Francesco da Paola, venerato come patrono del quartiere.
Dalla primavera del 2007 la chiesa, sotto l'egida dal Ministero per i Beni e le Attività culturali per il suo valore storico-architettonico di rilevanza nazionale, è interessata da lavori di restauro, supervisionati dalla competente Sovrintendenza.
Tradizioni religiose La spiaggia di Marina Grande è il sito dei giochi pirotecnici conclusivi della festa di san Rocco, patrono della città di Scilla, per i quali affluiscono in città numerosi visitatori e appassionati da varie parti della Calabria e della Sicilia orientale,ma anche da molti altri luoghi.

Scilla (anticamente u Scigghiju in dialetto reggino)è un comune di 5.134 abitanti della provincia di Reggio Calabria.
Importante località turistica e balneare poco a nord di Reggio, Scilla costituisce uno tra i borghi più belli e caratteristici d'Italia,meta di artisti in ogni epoca e di ogni nazionalità ed è una frequentatissima meta estiva.
Scilla è situato sull'omonima punta che sorge 22 km a nord del capoluogo: il Promontorio Scillèo proteso sullo Stretto di Messina, che anticamente veniva infatti denominato "Stretto di Scilla".
Storia.
Le origini sono certamente antichissime, confuse tra mitologia, storia, leggenda e poetiche immagini alimentate per millenni dalla suggestività dell'ambiente naturale.
Origine del nome
Scilla veniva anticamente chiamato in greco antico Skylla o Skyllaion, in latino Scylla, dunque il nome di Scilla potrebbe probabilmente significare "scoglio".

La nostra terra è,per comodità,divisa in più zone caratteristiche.
Marina Grande è un quartiere della città di Scilla, in provincia di Reggio Calabria.
È sede della stazione di Scilla delle Ferrovie dello Stato.
Il quartiere è anche noto come Scilla Marina, Marina di Scilla, Lido di Scilla, Spiaggia delle Sirene o, più semplicemente, Spiaggia di Scilla.
San Giorgio: nel centro vero e proprio denominato "San Giorgio" hanno sede il palazzo comunale e la chiesa di San Rocco, patrono di Scilla.
Jeracari: è l'espansione più recente del centro abitato, si è formata circa trent'anni fa ed è costituita prevalentemente da cooperative, inoltre vi
si trova il Campo sportivo comunale. Il quartiere è separato dal centro storico da una piccola zona disabitata e dal cimitero. Un tempo ricca di viti. Ora invece è pieni di condomini.
Marina Grande: è la zona della spiaggia, delimitata, a sud e a nord, da due imponenti costoni di roccia e separata dal centro da una scogliera a strapiombo.
Un'altra attrattiva di Marina Grande è la chiesa cinquecentesca dello Spirito Santo, dove si trova il dipinto di Francesco Celebrano La discesa dello Spirito Santo (1799)

Per approfondire, vedi la voce Marina Grande (Scilla).
Chianalea: (a Chjanalèa) ossia Piana delle Galee, nome di un'antica imbarcazione ovvero sinonimo arcaico di pescespada.
Anch'essa zona costiera situata sul versante settentrionale della scogliera che ospita il castello che la divide da Marina Grande.
Chianalea offre solo pochi metri di spiaggia essendo quasi tutta la sua costa costituita da scogli e rocce che rendono pericoloso e difficile entrare
in acqua. Tutta Chianalea è percorsa da un'unica strada che la connette da un lato con il porto e dall'altro con la SS18.
Elemento piacevole della zona è il grande numero di case costruite quasi tutte a ridosso del mare, che le sono valse il soprannome di "piccola Venezia del Sud" .
Si colloca infine a metà tra Marina Grande e Chianalea il già menzionato porto che ospita barche da pesca e, durante il periodo estivo, piccole e medie imbarcazioni da diporto.
Frazioni
Sono inoltre frazioni del comune di Scilla, separate dai quattro quartieri del capoluogo:
Favazzina, situata sulla costa tirrenica, a pochissimi chilometri a nord del capoluogo comunale, è una piccola e accogliente stazione balneare. Melia, in cui sono fiorenti l'agricoltura e l'allevamento, è situata a circa 800 m d'altezza, in una posizione ideale per la vicinanza al mare di Scilla (circa 10 minuti in auto), ed agli stabilimenti montani di Gambarie.
Solano Superiore, situata alle pendici dell'Aspromonte, è molto apprezzata per la mitezza del clima durante il periodo estivo.
È contigua a Solano Inferiore, frazione del comune di Bagnara Calabra.
Apprezzata per la coltivazione delle patate e per l'allevamento dei maiali e delle capre.
Evoluzione demografica
Abitanti censiti ;
Per quel che riguarda l'economia,una delle principali attività cui era dedita la popolazione, fino a qualche anno fa, era la pesca che trovava la sua più alta espressione nella"caccia" al pescespada (pesca tradizionale) condotta con il lontre, una speciale barca a remi usata fino agli anni cinquanta, e successivamente con la
passerella, una speciale barca a motore con una lunga passerella a prua e una alta antenna centrale, detta falere, che serve per rilevare la presenza
del pesce.
L'invito a visitare questo bellissimo angolo di mondo è assicurato.

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Filosofia, religione e dintorni

Il poeta Pound


di Marius

Il Poeta  americano Pound produsse in Italia la parte fondamentale della sua opera , poetica nella sua forma ,ma di pensiero espresso in prosa nella sostanza
: ed in ciò fu pure acuto indagatore dei fenomeni monetari ed economici . zona d' ombra affascinante , sconosciuta al pubblico e a gli accademici , i
quali hanno malamente nota l' invettiva contro l' usura nel quarantacinquesimodei Cantos poundiani . Usura non di vicolo , bensì delle banche universali
e dei creatori del danaro. Pound scoprì ,scavalcando Marx nell' indagine del capitalismo , che il denaro è di chi lo emette, perchè, con tale funzione
lo addebita , mentre dovrebbe accreditarlo, allo Stato e ai cittadini : concessione deputata dallo Stato a privati da 3 secoli (fondazione della Banca
d' Inghilterra nel 1696) , con relativa rinuncia delloStato alla sovranita' monetaria . Debito dei cittadini per titolo(il danaro) che appartiene alle banche, con aggiunta del "tasso", sempre dalle banche stabilito e non dai governi statali. Osservazione da Pound manifestata a Mussolini il 3 gennaio 1933
, a Mussolini al quale il Poeta indico' il sistema di "non far pagare le tasse ai cittadini , tassando il denaro alla Banca Centrale al momento dell' emissione
"  in luogo di bollo virtuale riscosso in misura simbolica. Il Duce , stupefatto, accolse definitivamente le indicazioni poundiane il 23 maggio 1943 :
ma due mesi dopo , la catastrofe militare italiana vanificò l' applicazione del suggerimento. Pound si spinse a chiarire che il denaro che abbiamo in tasca
non è nostro ma rappresenta "debito dei cittadini verso la Banca Centrale" , mentre dovrebbe essere  "ricchezza a credito , nelle tasche dei cittadini"
secondo l' affermazione di Jefferson , padre della Patria americana.

Sulle orme di Pound , suo maestro, l' economista italiano Giacinto Auriti ha rivelato che il problema deve dunque essere ribaltato . restituendo la creazione
del danaro , il controllo del credito e la determinazione del costo( che ,come in Giappone , potrebbe essere ZERO) allo Stato che i cittadini rappresenta.
Il dissidio , verso il 2004, tra il Ministero italiano dell' Economia e il governatore della Banca d' Italia (anche per via dell'euro, ibrido di proprietà
della Banca Centrale Europea , che  è consorzio di banche private comunque non democraticamente espresse) , è cardine : reso di oscura comprensione dal
momento di crisi che viviamo. Perchè il danaro è in realtà di banchieri a cui sono estranei gli interessi dei cittadini "sempre stranieri, senza patria"
, come Pound , unico al mondo, osservò : pagando di persona con 13 anni di manicomio criminale nella propria patria questa rivelazione.

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Hobby e tempo libero

ISLANDA: Tra Europa e America lo stupore dell'acqua e del fuoco


di Gianfranco Pepe

Il grigio del cielo, delle nuvole, a volte della nebbia, che ci ha spesso accompagnato in questo nostro bel viaggio
e che costituisce parte integrante del paesaggio e della vita di questo silenzioso angolo di mondo, custodisce e
nasconde come in uno scrigno i preziosi tesori di questa terra così difficile e particolare.
Basta però che il sole riesca a trapelare tra le nubi accendendo la sua luce, perchè l'Islanda ti regali le sue
sorpresee i suoi colori. Innanzi tutto il bianco, il bianco della neve ancora presente anche in questo periodo in
molte parti del paese, sulle montagne e sui vulcani ma anche in prossimità del mare, il bianco accecante dei
suoi tanti ghiacciai, il bianco roboante delle innumerevoli cascate, il bianco delle piccole pecore che,
generalmente a gruppi di tre - la mamma e i suoi due agnellini -, punteggiano ovunque gli scarni pascoli anche
nelle zone più aspre e remote. Il nero, delle spiaggie, delle estese pianure laviche del sud ricoperte dal verde
giallastro del muschio e dal rosa dei fiori, il nero dei desolati deserti lavici del nord, dei suoi crateri, delle sue
caldere, delle sue giovani e bizzarre formazioni rocciose. Il nero che non ti aspetti dei grandi iceberg contenenti
materiale vulcanico che galleggiano e si sfiorano con altri imponenti blocchi di ghiaccio invece purissimo e
trasparente di un surreale colore azzurro. L'azzurro chiarissimo, a volte più intenso, il turchese trasparente dei
laghetti glaciali, dei laghi vulcanici, dei profondi placidi fiordi, l'azzurro dei tetti delle case in legno e delle
deliziose chiesette dei minuscoli villaggi sul mare, che sfidano con i loro allegri colori la crudezza di una vita
certamente non facile. Il verde raro e prezioso delle piante ad alto fusto, assenti nella maggior parte del
territorio, che riescono faticosamente a crescere solo in pochi luoghi particolarmente favorevoli e protetti.
Ed infine il color lavanda dei lupini glaciali, che come un ondeggiante tappeto, ricoprono di viola a perdita
d'occhio campi, colline e colate laviche.

La dorsale atlantica che divide il continente europeo da quello americano, che si allontanano al ritmo di un paio
di millimetri all’anno, la imponente faglia tettonica così evidente nel parco di Thingvellir, è stata la prima tappa
del nostro itinerario e ci ha immediatamente dato l’idea di una terra geologicamente giovane e in movimento, e
dei contrasti così netti che la caratterizzano. L’isola si sta lentamente ingrandendo, si muovono i ghiacciai, si
muovono le immense colate laviche, si formano nuove caldere, nuovi crateri, nuovi trasparenti caldi laghi.
Le notti più lunghe e gli interminabili giorni, il bianco della neve sul nero della lava, la tristezza di un cielo
uggioso e il radioso, allegro sorriso delle tante belle ragazze, il volo degli uccelli marini che sfiorano i ghiacciai, le
spesse calotte glaciali che ricoprono profonde e grandi caldere sempre pronte ad esplodere. Un cataclisma di
non moltissimi anni fa, scaraventò verso il mare non tanto fiumi di magma incandescente, ma piuttosto enormi
blocchi di ghiaccio alti come palazzi di 3 piani.

. . . E ovviamente ci siamo mossi anche noi!. Io (il direttore), Frediana (la driver), Annarita (la navigatrice), e
Cecilia (l’interprete) che, in perfetta sintonia, a bordo di un suv a trazione integrale bello e confortevole, abbiamo
percorso in senso antiorario il lungo periplo della grande isola, sulle deserte strade islandesi e addentrandoci
talvolta nell’interno su panoramiche piste sterrate.

Lasciata la capitale Reykjavik non degna di particolare interesse, ci siamo subito diretti verso il così detto
”triangolo d’oro”, iniziando come detto dal parco di Thinvellir, luogo magico che ha avuto da sempre una enorme
attrazione ed importanza per i popoli islandesi antichi e moderni. Qui, tra corsi d’acqua, cascate e profonde
spaccature della crosta terrestre,si sono riuniti gli antichi parlamenti e qui è anche nato l’attuale stato islandese.
Poi ci siamo spostati ad ammirare l’unico geyser ormai rimasto nel paese che, con sorprendente puntualità, ogni
pochi minuti esplode, lanciando il suo alto getto verso il cielo. E, a poca distanza, il primo spumeggiante incontro
con una delle cascate più spettacolari dell’isola, quella di Gullfoss che ci ha ipnotizzati con il suo fragore ed i
suoi potenti spruzzi.
Ci siamo avventurati poi verso il cuore selvaggio dell’isola, sulla pista sterrata f208, raggiungendo il
Landmannalaugar, una delle zone vulcaniche più vaste e pittoresche del paese, sostando sul bordo di piccoli
limpidissimi laghi o arrampicandoci e godendo dei singolari panorami delle colorate cime di riolite. E, sulla lunga
via del ritorno verso il mare, una imprevedibile simpaticissima sosta presso una piccola fattoria dove una
sorridentissima signora particolarmente in carne, ci ha rimpinzati di ogni ben di Dio – caffè, tè, toast, formaggi,
biscotti, torte – forse impietosita dalla nostra magrezza per lei eccessiva!. Finalmente a destinazione, dopo una
cenetta ottima come sempre, dalla finestra della nostra camera abbiamo potuto goderci il panorama del non
lontano grande promontorio di Dyrholaey, paradiso di innumerevoli uccelli marini, che si stagliava nel chiarore di
un tramonto senza fine.
Al cospetto di grandi faraglioni che ci osservavano dal mare, abbiamo fatto una lunga passeggiata sulla
nerissima spiaggia di Vik nella debole luce di un’atmosfera metallica, prima di proseguire attraversando estesi
campi di lava ricoperta dal rosa dei fiori, e approdando sulle rive della straordinaria laguna glaciale. Collegata al
mare da uno stretto canale, la vasta laguna che si espande sempre più con il ritrarsi del ghiacciaio, è uno
spettacolo unico al mondo. Abbiamo navigato estasiati tra decine di grandi iceberg dalle forme più varie, alcuni
di colore nero per il contenuto di cenere, altri di ghiaccio purissimo, mentre alcune foche facevano capolino
dall’acqua gelida.
Il silenzio presente ovunque e l’aria pura – l’Islanda è uno dei paesi meno inquinati del mondo – sono stati
temporaneamente annientati dall’assordante frastuono e dall’odore di carburante di 12 motoslitte in sella alle
quali, bardati come gli eroi della vecchia serie televisiva U.F.O., abbagliati dal sole abbiamo attraversato un
tratto dell’infinita distesa di ghiaccio e neve del ghiacciaio Vatnajokul, il terzo del mondo dopo Antartide e
Groenlandia. Ma l’immagine più spettacolare del grande ghiacciaio, in uno di quei momenti che non si
dimenticano, l’abbiamo però goduta poco dopo dal vicino villaggio costiero di Hofn. Nell’atmosfera limpida e
soleggiata, passeggiando nelle tranquille vie sul mare tra deliziose case colorate, d’innanzi a noi l’incantevole
panorama delle frastagliate linque di ghiaccio che, come bianche colate laviche, si stendevano verso il mare.
Con il sole alle spalle, in una splendida luce abbiamo continuato poi verso est, costeggiando a lungo i tortuosi
fiordi orientali tra stupendi e sempre vari paesaggi di terra e di acqua, approdando nella carinissima cittadina di
Sydisfjordur dove abbiamo alloggiato in un piccolo grazioso albergo in legno proprio sulla riva del fiordo.
Viaggiando sotto la pioggia verso nord-ovest ci siamo fermati ai piedi del grande anfiteatro roccioso di Asbyrgi e
alla cascata Dettifoss, quella con la maggior portata d’acqua di tutta l’Europa, arrivando in serata tra le fumarole
odorose di zolfo del lago Myvatn.
Assistiti da una bella giornata, abbiamo deciso di partecipare ad una escursione organizzata alla remota e
selvaggia caldera di Askya, la cui ultima esplosione ha fatto lungamente sentire i suoi negativi effetti persino in
molte parti d’Europa. Abbiamo viaggiato a lungo e guadato più volte col nostro pulmann 4x4 il fiume che
serpeggia tra l’estesa desolata pianura lavica, ma siamo stati costretti a fermarci a causa della troppa neve e a
proseguire faticosamente a piedi per diversi chilometri tra nere formazioni rocciose. Tanta fatica però non è stata
premiata, in quanto una malvagia nebbia calata all’improvviso ci ha negato di assaporare questo luogo
spettacolare, riuscendo solo a fermarci sul bordo del cratere e ad intravedere a malapena l’azzurro trasparente
del caldo lago vulcanico nel quale alcuni temerari, sfidando le ripide pareti innevate, si tuffavano per un bel
bagnetto alquanto insolito!.
Ci è stata poi regalata una magnifica giornata di sole, con la quale abbiamo potuto godere pienamente delle
bellezze del lago Myvatn e dei suoi incredibili dintorni. Fenomeni geotermici, fumarole sbuffanti e ribollenti,
bizzarre e variegate formazioni rocciose tra il verde delle rarissime piante ad alto fusto, ed i resti dell’ultima
eruzione del vulcano attivo Krafla, tra i quali abbiamo camminato a lungo con incantevoli vedute dei dolcissimi
panorami del lago. E, alla fine di una così bella giornata, non ci siamo neppure fatti mancare un libidinoso caldo
bagno termale con lo sfondo delle cime innevate e dei lontani ghiacciai.
Siamo poi giunti nella accogliente e simpatica cittadina di Akureyri, la seconda del paese e capitale del nord,
dove, tra l’altro, ci siamo ritrovati in un bellissimo giardino botanico con tante piante e tantissimi fiori, che
sicuramente non ci aspettavamo a queste latitudini. Lasciando la città, certamente anch’essa non
particolarmente rumorosa e caotica, abbiamo ritrovato la tranquillità su di una lunga strada sterrata, tra panorami
di vasti pascoli e monti innevati, in realtà solo a poche decine di metri sul livello del mare, approdando a
Siglufjordur, all’estremità dell’omonimo fiordo. Come per caso, ci siamo ritrovati a visitare un pittoresco quanto
suggestivo museo della pesca, con le sue originali realizzazioni di vecchie barche, porti, attrezzature ed
abitazioni delle popolazioni costiere. E Cecilia e Annarita non si sono fatte scappare l’occasione di mangiarsi un
bel piattone di succulenti aringhe, la più importante fonte di reddito di queste parti.
Nel lungo trasferimento verso ovest, abbiamo poi costeggiato ancora i fiordi del nord, in un indistricabile
paesaggio di frastagliate lunghe lingue di terra, di mare, di isole ed isolotti.
L’ultima cascata, la cascata lavica, forse la più caratteristica dove, come per magia, dalle profondità di una brulla
colata lavica fuoriescono centinaia di spumeggianti zampilli, donando colore e rumorosa allegria ad un luogo
apparentemente così arido e desolato.
Ed infine, non in un lontano paradiso caraibico come il nome potrebbe lasciar pensare, ma a pochi chilometri
dall’aeroporto internazionale di Keflavik, nel grande e attrezzato centro termale della trasparente Laguna Blù,
l’Islanda ci ha salutato con il suo caldo, avvolgente, ultimo abbraccio, . . . nello stupore dell’acqua e del fuoco.

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Lettere dal cuore

Un problema sentimentale e.. non solo

Ciao, sono una ragazza non vedente di 35 anni, sono siciliana e vivo a roma da 10 anni per lavoro. tutto sommato posso
ritenermi abbastanza soddisfatta di ciò che sono riuscita a realizzare nel corso della mia esistenza, vivo da sola, lontana
dalla mia famiglia, anche se a volte è parecchio dura, è stata dura anche sciegliere di venire a vivere in una città grande
come roma e lasciare tutto ciò a cui ero abituata, in special modo la vita agiata e tranquilla con i miei familiari a cui
sono particolarmente legata; ho una casa tutta mia che riesco a gestire se pur con qualche difficoltà, ho un lavoro che mi
permette di condurre una vita abbastanza dignitosa; sono riuscita con fatica a costruirmi un discreto tessuto sociale e
soprattutto ho la possibilità di frequentare varie attività: cinema, teatro, corsi e gite varie... Ma c'è un sogno, il mio più
grande sogno, da sempre, che mio malgrado non sono riuscita ancora a realizzare, ovvero quello di crearmi una famiglia
tutta mia, con un compagno da amare e rispettare e a cui dare tutto l'amore possibile... Uno degli scopi principali per cui
ho deciso di venire a vivere a roma è stato proprio quello di poter trovare un compagno, pensavo che in una città così
grande e popolosa fosse molto più facile, ma non è stato così purtroppo, pensavo che in un posto piccolo fosse
praticamente impossibile a causa del pregiudizio che regna sovrano. Quindi a tal proposito voglio esporre in breve ciò
che mi è accaduto in questi 10 anni e chiedere un consiglio su come comportarmi eventualmente in un futuro difronte
ad una situazione del genere... Appena arrivata a roma, alloggiavo all'istituto sant'alessio, dove ho conosciuto il mio
primo amore, premetto che fino ad allora non avevo mai avuto esperienza con i ragazzi, quindi la cosa mi emozionava e
mi spaventava nel contempo. da subito ho capito di provare un forte ed intenso sentimento per questo ragazzo, ma ho
saputo che era fidanzato, dunque non ho osato esprimergli l'interesse che nutrivo nei suoi confronti, anche perchè ero
molto rigida a causa della totale mancanza di esperienza in tal senso. Però continuavo a frequentarlo come amico, mi
batteva il cuore ogni volta che lo incontravo, ma notavo che da parte sua c'era un certo interesse nei miei confronti,
finchè qualche mese dopo, mi comunica che aveva lasciato la sua ragazza, perchè voleva vivere la sua vita e conquistare
la sua indipendenza e la sua autonomia, insomma lottavamo entrambi per gli stessi motivi; anche lui veniva dalla sicilia,
a quel punto mi sono decisa a manifestargli il mio interesse. Da lì sono iniziati i problemi, nel senso che lui ha capito
che io avevo perso la testa per lui, mi fece capire che non era affatto intenzionato ad avere una storia seria, ci avrebbe
pensato soltanto quando si sarebbe sentito realizzato a livello lavorativo, ma in realtà non è stato così semplice, perchè
non prendeva mai una posizione definitiva. Per farla breve, dopo un lungo periodo di totale assenza da parte sua, ci
siamo messi insieme dopo che entrambi abbiamo trovato lavoro e vivevamo ognuno per conto proprio, ma, nonostante
ciò la cosa non è andata ugualmente, è terminata l'anno scorso dopo circa 8 anni. Forse però ho tralasciato un piccolo,
ma importante particolare: lui è affetto da retinite pigmentosa, che come molti di voi sapranno è una malattia
degenerativa che porta progressivamente alla cecità. quindi lui giustificava il fatto di non volersi legare seriammente
dicendo che aveva paura di legarsi ad una persona non vedente e di trasmettere eventualmente la patologia ai figli... Il
consiglio che chiedo è il seguente: io so benissimo che con questa persona non potrò mai avere un futuro, ma non riesco
a dimenticarla e soprattutto non riesco a guardarmi intorno e per questo mi precludo delle occasioni... non so come
aprire completamente il cuore e la mente e sgombrarla da tutti i pensieri negativi, il tempo passa e io vedo sfumare il
mio sogno, tutto questo incide sul mio umore, non ho più entusiasmo per la vita, è come se pian piano stessi sfiorendo,
io sono una ragazza viva e positiva, ma la situazione mi sta sfuggendo di mano. Ho tanta voglia di dare amore ad un
compagno e soprattutto ho un fortissimo istinto materno, non trovo giusto che il mio più grande sogno non debba
realizzarsi. Ringraziando per un'eventuale risposta, un saluto e a risentirci alla prossima. Franci

Risposta

Cara Franci, la paura è sempre stata una cattiva consigliera. Continua a vivere come hai fatto fino ad oggi con serenità,
il che, è servito per realizzarti in gran parte nella vita. Capisco la voglia che hai di completarti anche in quella
sentimentale e soprattutto in quella materna. Io penso che il desiderio di maternità faccia parte di ogni donna. Questa tua
aspirazione però, non deve orientarti verso scelte affrettate che il più delle volte risultano sbagliate. Non aver fretta,
quello a cui tu aspiri è un cammino meraviglioso ma anche pieno di insidie e responsabilità. È quindi fondamentale
avere affianco la cosiddetta: “persona giusta” che ti aiuti a superare qualsiasi ostacolo che la vita quotidianamente ci
riserva. Cara Franci, infine, quello che posso consigliarti è di seguire sempre il tuo cuore, ma non guidarlo o forzarlo...
sentilo e basta. Il resto verrà da sé. Un bacio.

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Normalità e handicap

Cecità e sessualità


di Antonino Cucinotta

Ho letto con molto interesse l’articolo “Il corpo negato” dell’amica Alessandra Cordedda, riportato dal Corriere Braille n°15 del 2009, nel quale si tratta la sessualità nei disabili (io qui mi riferisco esclusivamente ai soli minorati della vista).
E’ anche troppo diffusa l’opinione che la cecità sia la minorazione più grave, ancor più appesantita da pregiudizi, prevenzioni, ignoranza ed errori di conoscenza del problema e di corretta valutazione dello stesso.
Si parla spesso a vanvera e si fanno affermazioni che, a volte, denotano scarsa intelligenza; a volte, ignoranza delle situazioni e delle reali potenzialità dei ciechi. Ma sono rimasto vivamente sorpreso negativamente ad aver trovato nell’articolo della Cordedda il pensiero di esperti e della pedagogia moderna riguardante l’opportunità di non parlare ai ciechi dell’attività sessuale dalla quale, in quanto tali, devono essere esclusi. E’ questo un pregiudizio da me sconosciuto e mai sentito tanto da ritenerlo impensabile e non può che farmi solamente sorridere.
Va detto, che se i ragazzi ciechi hanno come educatori gente di mentalità così angusta e retriva, c’è davvero da amareggiarsi e da perdere ogni fiducia nelle capacità di riscatto della categoria. Con ciò essi ritornerebbero alla mentalità oscurantistica che ha caratterizzato la cecità nei secoli scorsi, quando si pensava che un cieco o una cieca non dovesse pensare ad altro che all’impegno di accettare la sofferenza per meglio meritarsi “il Paradiso”. Essi ignorano che quei tempi sono ormai superati ed oggi i minorati della vista d’ambo i sessi, senza altre minorazioni aggiuntive, sono in grado di autogestirsi, di essere artefici del proprio destino e di non dipendere dalla volontà altrui. Tali educatori dovranno quindi convincersi che il ragazzo cieco non può essere considerato un “burattino” nelle mani di taluni adulti ed educatori. Sarà quindi opportuno che essi, per quanto riguarda i ciechi mandino al macero i documenti ufficiali che sanciscono tali anomalie e sostengono che il “sesso” è prerogativa esclusiva dei normo-dotati. Per loro i ciechi non possono avere né autonomia affettiva né capacità sessuali.
Mi pare calzante l’ironia della pedagogista Cordedda quando dice che “così la sindrome di Peter Pan sarebbe diffusa tra i ciechi che rischierebbero di vivere come angeli asessuati e perenni bambini in attesa di crescere”.
Mi piace qui riportare il pensiero della predetta Cordedda che inizia il suo articolo dicendo che “la sessualità è come l’acqua: non può essere attraversata senza sentirsi immersi”. In tale acqua si immergono naturalmente, consapevolmente e coscientemente i ciechi di ambo i sessi soprattutto se rieducati, istruiti, inseriti socialmente e portati a conoscere il problema sessuale attraverso la lettura di libri e di riviste, fra cui Kaleydos, e attraverso conversazioni con i genitori, con amici e con amiche in una realtà disinibita e senza reticenze di alcun genere quale è oggi. Ciò metterà in grado di comprendere i problemi sessuali in generale e individualmente comprendere ciascuno la propria maturazione fisiologica.
Ogni persona, e quindi anche ogni cieco, possiede una propria sensibilità che, ad ogni occasione, fa esplodere il desiderio, l’emozione, il brivido, il sentimento d’amore che spinge irresistibilmente al godimento sessuale. Basta anche una sola parola pronunciata con il sorriso sulle labbra, basta una stretta di mano, una dimostrazione di gradimento dell’occasione perché il giovane apra l’anima all’illusione, alla speranza fondata di poter giungere al fidanzamento o anche alla convivenza.
Bisogna sottolineare che sono le esperienze personali i nostri maestri che ci guidano ad affrontare queste interessanti e propulsive situazioni esistenziali.
Io felice della mia esperienza coniugale, voglio dire ai giovani ciechi di non demordere, di non scoraggiarsi, di farsi una personalità che si imponga all’ammirazione e alla stima altrui fino ad arrivare a trovare la“persona giusta”.
Appare chiaro, come dice anche la Cordedda, che la sessualità è “un elemento primario“ della vita e “l’autonomia personale né è il presupposto”.
Pertanto, al fine della rieducazione sessuale, non ritengo né utile né opportuna la partecipazione dei ciechi a corsi mirati che, secondo me, li metterebbero in cattiva luce, considero, invece, opportuno lo svolgimento di corsi sanitari informativi non solo per i ciechi, ma anche e forse soprattutto per genitori, per esperti, psicologi ed insegnanti per far loro comprendere il comportamento più corretto e più efficace per non reprimere i sentimenti, e per imparare ad usare nella maniera più propria anticoncezionali e altre pratiche connesse.

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Racconti e poesie

L’attesa


di Antonella Iacoponi

- Tornate in casa, contessina,
il vostro cavaliere non verrà,
badate, il suo castello è in rovina.

- No, egli certamente verrà,
me lo ha promesso ed io saprò aspettare,
un mese, un anno, quanto occorrerà.

- Egli non verrà, dovete rientrare:
la notte porta un vento freddo e antico,
la veste di mussola non vi potrà scaldare.

- L’ho messa per il mio dolce amico,
mi chiese di indossarla, con la spilla in argento,
egli verrà presto, ti dico;

- Nuvole nere giungon nel vento,
e sta iniziando a nevicare,
vi prego, vi ammalerete, lo sento!

- Mia dolce ancella, ti devi calmare,
la neve sarà per me soffice brezza,
il gelo non potrà domare

il fuoco del mio cuore, né la mia fierezza…
Ricordo il suo sorriso d’amore,
attendo un abbraccio, una carezza,

una parola, un piccolo fiore…
Mi condurrà sul suo cavallo.
- Cala il buio, si arrende ogni bagliore,

egli non verrà, è stanco il suo cavallo.
- Egli verrà, mia cara ancella,
deporrà ai miei piedi bracciali in corallo,

anelli di ametista, ed una stella.

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Riflessioni e critiche

In democrazia, se si vale si va avanti


di Antonino Cucinotta

Diciamo che, in democrazia, nulla può impedire il raggiungimento di qualunque meta esistenziale si voglia conseguire. Importante è avere idee chiare, volontà adeguata e preparazione culturale e psicologica sufficiente, quale che sia il traguardo prefissatosi. Se in particolare si vogliono raggiungere obbiettivi sociali o politici è necessario che gli interessati abbiano un programma da attuare. Quindi, in democrazia tutti gli esseri umani, senza distinzione di sesso, possono prefigersi gli stessi scopi e volendo, di ascendere alle più alte cariche sociale e accedere anche ai luoghi decisionali. È quindi sorprendente che ancora oggi, si ponga continuamente in rilievo la problematicità dell’accesso delle donne alle cariche dirigenziali e politiche. Si, è vero, il numero delle donne che occupano i due rami del Palamento, i Ministeri e altre cariche di alta responsablità, sono veramente poche, ma non credo che tale condizione sia dovuta esclusivamente all’ostilità o alla discriminazione da parte degli uomini. In democrazia, sarebbe infatti assurdo poiché nessuo può impedire ad altri di fare ciò che si vuole realizzare. Secondo me, la causa non sta nell’atteggiamento ostile degli uomini nei confronti delle donne, quanto piùttosto spesso nella carenza di volontà che le donne manifestano alla partecipazione della vita politica e nell’affrontare con scarsa convinzione le problematiche che la politica propone. Questo atteggiamento astensionistico non può meravigliare poiché la vita politica è particolarmente impegnativa e non tutte le donne sono predisposte o sono in condizione di affrontarla. Ma in ogni caso non si può parlare di discriminazione , quanto piuttosto di un senso di responsabilità che tutti dovrebbero avere di fronte ai problemi di grande rilievo chiamati ad affrontare.
Passando a trattare la condizione della donna non vedente in relazione all’accesso alle cariche associative, credo che possano farsi le stesse considerazioni fatte per le vedenti rispetto le aspirazioni politiche delle stesse. Più semplicemente , va detto che tale situazione dipenda dalla minore partecipazione della donna alla competizione politico-associativa. È senz’altro vero che le donne non vedenti che occupano posti dirigenziali nell’Unione sono poche. Le femministe mantengono sempre vivo il dibattito sull’argomento che si rivela quasi sempre in maniera ripetitiva. Infatti il leit motive sembra essere sempre lo stesso. Sembrerebbe voler attribuire tale condizione all’atteggiamento ostativo degli uomini e a sostegno dell’utilità della presenza delle donne nei consigli elettivi Associativi, spesso si mette in evidenza la capacità delle donne di imprimere alla conduzione associativa impulsi creativi evidenziando una maggiore competenza in talune attività associative.
Mi guarderei bene dal negare le capacità positive delle donne e non rientra nelle mie convinzioni considerare le donne meno inteligenti e meno capaci rispetto agli uomini. Penso invece che potenzialmente sia le donne che gli uomini abbiano le medesime capacità intellettive e una comunanza di compentenze variamente distribuite. D’accordo nel sostenere la leggittimità di una maggiore promozione della rappresentanza femminile. D’accordo pure con chi sostiene, come nell’intervento di Maria Buoncristiano nella commissione per le pari opportunità, che “ le donne devono avere le stesse opportunità degli uomini” . A me pare, però che in democrazia questi diritti siano ovvi e scontati e dipende solo dai singoli individui interessati metterli in atto. Mi meraviglio quindi che se ne parli come se si trattasse di principi negati a qualcuno. La polemica femminista, comunque, mi sembra orientata ad addossare la colpa all’atteggiamento ostile degli uomini. Può anche darsi che nell’Unione ci siano ciechi che considerano negativamente la presenza delle donne nei consigli associativi. Ma le donne devono sapere che le cariche dirigenziali nell’Unione sono il risultato di un impegno associativo, di una spiccata personalità e di una lotta per la conquista del traguardo.
Le donne devono ricordare che nessuno offrirà loro in un piatto d’argento la presidenza nazionale o , più modestamente, anche la presidenza di una piccola sezione provinciale. Le donne , quindi, invece di continuare con le loro lamentazioni, abbiano una sufficiente autostima, idee chiare di ciò che vogliono e in questo senso si impegnino; abbiano dei programmi che vanno propagandati con enunciazioni concrete e poi, se necessario anche sgomitare per essere elette.
Se ci sono donne cieche che vogliono dare il loro fattivo contributo alla sempre maggiore affermazione del sodalizio , abbiano l’umiltà di comiciare ad affermarsi presso le loro sezioni provinciali anche con il semplice incarico di consigliere sezionale. Come qualcuno ha detto nel convegno sulle pari opportunità , “In democrazia, se si vale si va avanti”. Le donne, quindi, dimostrino con i fatti di valere.

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Spazio donna

La simbologia dei fiori


di Elena Cinelli

La primavera è sicuramente il periodo migliore per parlare dei fiori e della loro simbologia. In quanto donne, siamo molto legate a queste creature viventi che rappresentano il più bel simbolo della femminilità, trasmettendo con la loro grande solarità gioia di vivere, entusiasmo e vitalità.
Quasi ogni fiore è associato ad un tipo di femminilità ed è stato adottato come nome proprio di donna. Queste piccole meraviglie della natura arricchiscono ogni giorno la nostra vita. Li ammiriamo, li usiamo per adornare la nostra casa... A volte ci soffermiamo a parlare con loro in segreto, sussurrando le nostre angosce e paure, certi che sapranno comprenderci e ascoltarci in religioso silenzio.
Nella simbologia letteraria, così come in quella religiosa, si ritrova spesso il disegno del fiore, collegato ai mille significati del desiderio, del piacere sensuale e terreno, dell'attrazione esercitata dalla bellezza. Una bellezza terrena che però lentamente si consuma fino a spengersi, proprio come il nostro corpo che sboccia nella giovinezza e velocemente appassisce.
Anche il loro linguaggio è molto articolato. Lo possiamo cogliere attraverso la molteplicità dei colori, delle forme e dei profumi che vengono emanati da ogni fiore. Questo linguaggio, fino a due secoli fa, era tenuto in grande considerazione e utilizzato nella letteratura e nella poesia. Oggi il degrado ambientale ha fatto sì che il linguaggio dei fiori passi in secondo piano, oppure addirittura che molti fiori, un tempo comuni, si siano estinti.
Secondo la mitologia esistono sette tipi di fiori che vengono chiamati "fiori degli dei", proprio perchè nell'antichità si riteneva che essi fossero nati dal sangue degli dei caduto sulla terra. In epoca romana queste piccole meraviglie della natura venivano considerate magiche ed erano offerte a persone particolari, creando dei riti speciali per l'occasione.
Ma quali sono questi fiori così particolari? Vediamoli nel dettaglio.
Rosa rossa: universalmente la rosa è simbolo del segreto, delle cose da non rivelare o da trattare con la massima discrezione. I suoi petali, infatti, sono sovrapposti in modo concentrico e si raccolgono intorno ad un bocciolo centrale che in molte varietà non si schiude mai del tutto. Non a caso, la rosa ancora chiusa incarna la castità femminile, mentre quella aperta simboleggia la bellezza effimera della gioventù. Originariamente le rose erano tutte bianche. Un giorno la dea Venere, mentre correva incontro ad uno dei suoi innamorati, mise un piede su un cespuglio di rose e le spine la punsero. I fiori, bagnati dal suo sangue, arrossirono per la vergogna e rimasero di quel colore per sempre. Un'altra leggenda narra che il profeta Maometto, sospettoso dell'infedeltà della sua favorita Aisha, chiese all'Arcangelo Gabriele di aiutarlo a scoprire la verità. L'angelo gli disse di bagnare le rose, se avessero cambiato colore, i suoi dubbi sarebbero stati fondati. Quando Maometto tornò a casa, Aisha gli offrì delle rose rosse. Il profeta le ordinò di lasciarle cadere nel fiume ed esse divennero gialle. In ambito cristiano la rosa senza spine divenne il fiore per eccellenza della Madonna, colei che è nata senza peccato originale, mentre la rosa canina a cinque petali alludeva alle cinque ferite di Gesù in Croce.
Al di là delle varie leggende, la rosa ha influssi sulla sensibilità e rappresenta amore, anche se a colori diversi corrispondono significati diversi. Ad esempio, il colore arancio simboleggia desiderio e fascino, il bianco silenzio, purezza e amore spirituale, il giallo la gelosia, la vergogna e l'infedeltà, il color pesca l'amore segreto, il rosa l'amicizia e la comprensione.
Anemone: deriva dal greco anemos che significa vento. Il significato attribuito a questo delicatissimo fiore di durata molto breve è quello della malattia e dell'abbandono, ma anche quello di speranza e di attesa, espressa dalla sua singolare bellezza. È il fiore nato dal sangue del dio Adone, il giovane amato da Venere che venne sbranato da un cinghiale inviato dal marito ingelosito. Secondo un'altra leggenda ellenistica, Anemone era una ninfa che fece innamorare di sè il vento primaverile Zefiro e la tramontana Borea. La dea dei fiori Chloris, ingelosita, tramutò Anemone in un fiore che si schiudeva sotto il vento di Zefiro, pedendo i suoi petali sotto quello di Borea.
Viola: questo fiore viene annunciato dal profumo che emana, inebriante e inconfondibile. Il genere comprende numerose specie e varietà, anche se la più comune è sicuramente la viola mammola che cresce tappezzando i boschi, le siepi e i margini dei sentieri. Versatile e generosa, la viola è il fiore più adatto per rappresentare l'umiltà e la modestia. Secondo la mitologia, la viola nacque dal sangue di Attis, che si mutilò dopo essere impazzito per volontà della dea Frigia Agdistis, innamorata di lui e respinta.
Giacinto: nella metamorfosi di Ovidio si racconta di questo bellissimo giovinetto amato da Apollo che, senza volerlo, lo ferì a morte col rimbalzo di un disco. Disperato, il dio trasformò il suo sangue in fiore. Un'altra leggenda narra che il giacinto nacque dal sangue di Aiace, suicida per non aver ottenuto le armi di Achille. Nel Cristianesimo questo fiore rappresenta il simbolo di Cristo.
Giglio: nell'antichità classica è detto anche rosa di Giunone per il mito ellenistico che lo faceva nascere da una goccia del suo latte mentre allattava Ercole bambino. In molti passi dell'Antico Testamento questo fiore rappresenta il simbolo di fertilità e spiritualità, anche se successivamente viene associato alla castità e alla purezza. È collegato alla figura della Madonna e si può ritrovare in diversi dipinti con l'assunzione, come l'incoronazione della Vergine di Raffaello del 1503, che rappresenta il sepolcro vuoto di Maria dal quale spuntano gigli e rose.
Narciso: questo fiore dall'aspetto attraente e inconsueto presenta una coppa centrale a trombetta, circondata da una corona di petali tono su tono, a contrasto, sempre nei cromatismi di bianco, giallo e arancio. Gli steli, alti e vigorosi, resistono al vento e alla pioggia.
La simbologia di questo fiore trae ovviamente origine dal famoso mito di Narciso, un ragazzo bellissimo e molto vanesio, che mortificava chiunque lo desiderasse. Mentre era presso uno stagno, desiderò a tal punto la sua immagine riflessa che cadde nell'acqua e affogò. Al suo posto, sulla sponda dello stagno, nacque il fiore che prese il suo nome. Il narciso, dunque, è sinonimo di esagerata autostima, vanità e incapacità di amare.
Garofano rosa: questo fiore rappresenta il simbolo della virtù, della dignità e della nobiltà. Esiste in Europa da molti secoli ed è uno dei fiori più ricchi di storia. Ad esempio, in Francia Napoleone lo scelse per decorare la legio d'onore, mentre i nobili francesi che salivano alla ghigliottina lo portavano all'occhiello.
Secondo la mitologia, il garofano rosa spuntò sulla terra per volontà della dea Matuta protettrice delle nascite. In seguito, quando il Cristianesimo prese il sopravvento sulle credenze pagane, il garofano rosa simboleggiò le lacrime della Madonna, da cui deriva la sua qualità di consolatore delle madri.
Il garofano esiste anche in molti altri colori che assumono significati diversi, anche a seconda dei paesi. Ad esempio, il bianco proclama fedeltà eterna, il giallo l'incertezza dei propri sentimenti di fronte ad una scelta impegnativa, il rosso l'amore passionale.
Al di là di questi miti, ogni fiore ha un suo linguaggio e un suo significato speciale. Ed è proprio nei giardini che possiamo ammirare queste meraviglie della natura che si uniscono al canto degli uccelli per festeggiare il risveglio della Madre Terra dopo il lungo sonno invernale. Sin dall'antichità, infatti, il giardino rappresenta il luogo dove l'energia e le leggi naturali incontrano i sentimenti e l'opera ingegnosa dell'uomo, i suoi bisogni di comprendere l'ambiente in cui vive e di ritrovarsi nelle cose da lui create.
Quante volte, dopo esserci sdraiati sull'erba alla fine di una lunga ed estenuante passeggiata in campagna, ricerchiamo il contatto con la Terra per riequilibrarci ed armonizzare le nostre energie. Quante volte, risucchiati dall'assordante traffico delle macchine e bombardati dal tran tran di ogni giorno, sognamo di staccare da tutto il resto per poterci immergere nella natura e ricaricarci con il suo magico potere. Un potere che troppo spesso abbiamo ignorato e trascurato, a vantaggio dei mezzi tecnologici e del frastuono delle città.
I fiori sono i protagonisti indiscussi del meraviglioso paesaggio naturale. Li cerchiamo, li piantiamo nel nostro giardino, ricorriamo a loro nei momenti più disparati. Secondo un cerimoniale persistente, seppure con forme diverse, l'arte di ogni tempo ha preso ispirazione da ogni tipo di fioritura. Non c'è cosa più bella e suggestiva di un disegno, un quadro o una pittura che rappresentino una figura femminile ritratta tra i fiori. E siamo proprio noi donne a rappresentarli, ad imparare da ognuno di loro, ad incarnare quel simbolo di femminilità che da sempre ci appartiene e ci rende uniche.

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